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1909TRA - Caroline Imbert

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vendeva, per 1000 sterline, al Museo di South Kensington (oggi Victoria & Albert Museum)<br />

di Londra, un altro ‘pezzo’ proveniente da Orvieto: il mosaico con la Natività della<br />

Vergine, originariamente sulla facciata del Duomo, rimosso per restauri negli anni<br />

1785-87 e finito a Roma, presso l’antiquario romano Pio Marinangeli, dove Murray lo acquista<br />

nel 1891 172 .<br />

Nel grande cantiere neogotico della città affiorano i primi reperti ceramici, regolarmente<br />

depositati dal Comune nel Museo dell’Opera del Duomo; i primi, almeno documentati,<br />

distinti da quelli di epoca classica, sono i “vasi e i cocci diversi trovati in via Pertusa” che,<br />

col numero d’inventario 172-176, compaiono nella “Nota degli oggetti di proprietà del<br />

Municipio depositati nei Musei dell’Opera del Duomo”, redatta il 25 gennaio 1897 173 .<br />

Delle ceramiche medievali si comprende l’importanza storica: sono ‘memorie patrie’ e, come<br />

tali, da conservare in museo, ma non ancora oggetti da collezione. I modi della nascita<br />

di un’attenzione verso le produzioni fittili medievali e proto-rinascimentali non differiscono<br />

molto da quelle viste in altre realtà italiane ed europee. In questi anni di fine Ottocento,<br />

a Orvieto come nel resto dell’Europa e in America, sono le ceramiche rinascimentali,<br />

l’istoriato, ad attirare l’attenzione. Nel 1891, mentre dieci pozzi medievali tornavano<br />

alla luce durante i lavori per la nuova Funicolare 174 , l’avvocato Alfonso Giulietti di<br />

Orvieto, suocero di Gian Francesco Gamurrini, arredando con gusto eclettico il proprio<br />

palazzo, farà affrescare ventiquattro piatti rinascimentali a riflessi metallici nella grande fascia<br />

a mensole e cornicione che, illusoriamente, sorregge le volte del soffitto di una delle<br />

sale del palazzo 175 . Il 23 novembre 1896, Carlo Franci, nei ruoli già indicati, richiama l’attenzione<br />

del Comune su “una maiolica smaltata delle fabbriche di Deruta portante la data<br />

1580 e delle dimensioni di 0,35 per 0,50 circa, rappresentante S. Michele Arcangelo in<br />

piedi che uccide il drago”, “esistente all’esterno sopra la porta” della chiesa rurale di Rotecastello<br />

176 .<br />

All’ultimo decennio dell’Ottocento risalgono gli acquisti di ceramica effettuati sia da Bode,<br />

non altrimenti noti se non per quanto scrive Valentiner nel 1913, sia da Godefroy<br />

Brauer. Quest’ultimo compra a Firenze, anche presso lo stesso Murray, e poi rivende al<br />

Museo del Louvre, nel 1897 e nel 1901. In quest’anno cede al museo parigino, per 1.500<br />

franchi, un vaso orvietano, ovoide, a due anse, con decorazioni raffiguranti un ampio motivo<br />

vegetale le cui ramificazioni terminano con cinque protomi a forma di ‘pigna’ (o fio-<br />

172 La vendita ebbe un grande risalto sulla stampa, sollevando dibattiti sull’autenticità dell’opera e l’opportunità<br />

o meno dell’esportazione, cfr. Manieri Elia - Tucker, 2001; Riccetti, 2002, pp. 76-81; cfr. infra, nota<br />

341. Su Marinangeli, Pollak, 1994, p. 146. Per avere un quadro di riferimento sul dibattito circa le leggi<br />

di tutela e l’esportazione, contemporaneo degli avvenimenti, v. Barellini, 1890.<br />

173 AOPSM, b. 33, f. 102 (cit. in Riccetti, 2001, p. 43, nota 76, ma con data 21 gennaio). Pur in assenza di<br />

specificazioni circa la possibile datazione dei reperti depositati, i “vasi e cocci”, sono raccolti sotto la voce<br />

“Museo Civico”, mentre gli altri, di epoca classica, sono sotto la voce “Museo Etrusco”.<br />

174 Klakovicz, 1976, pp. 235-236.<br />

175 Riccetti, 2001, p. 50 (anche per la bibliografia).<br />

176 Franci sollecita al Comune la presa in consegna e la schedatura della maiolica: Archivio di Stato di Terni,<br />

Sezione di Orvieto (d’ora in poi ASO), Ispettorato Monumenti e Scavi, b. 8, fasc. 38, docc. 5050, 23 novembre<br />

1896 (in un primo momento, Franci identifica il soggetto con “S. Giorgio”, che poi cassa e inserisce<br />

a matita, sull’interlineo, la nuova lettura) e 5051, 25 novembre 1896.<br />

59<br />

L. Riccetti

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