Come La salute nasce nel uno mondo statoLa natio romana nell’Alto Medioevo:ENIGMA TRA STORIAE IDEOLOGIAdi Maria Teresa RachettaIl Medioevo è stato tradizionalmente illuogo in cui l’arte, l’ideologia e talvolta lesocietà stesse hanno cercato le origini diquelle nazioni europee che sarebbero diventatei modelli dell’idea di stato. Originiper lo più abbastanza remote, spesso dotatedi alcune delle caratteristiche proprie delmito, non raramente inventate in età molto“Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente neidocumenti ufficiali e nelle testimonianze narrativecontinua a comparire il nome romano, ma secondodinamiche che spiazzano gli studiosi moderni”vicina a noi. Un Medioevo dotato di unasua propria epicità, in cui certo non si potevapretendere esistessero le radici delleistituzioni statuali moderne, ma che certoera il teatro delle gesta di quella moltitudinedi popoli distinti da origini e tradizioniche secoli dopo si sarebbero trasformati innazioni secondo corrispondenze generalmentebiunivoche. È questa una prospettivadi lunga tradizione, che in Italia ha caratterizzatol’intera storiografiarisorgimentalee ha un padrinoillustre, l’AlessandroManzoni del Discorsosopra alcuni puntidella storia longobardain Italia, secondo un modello giàripetuto innumerevoli volte nello spazio enel tempo, quasi per ogni gruppo umano,più o meno grande, bisognoso di una qualcheforma di legittimazione.Questa prospettiva ha subito revisionianche profonde, che un caso apparentementemolto particolare può aiutarci a illustraree soprattutto a trasformare in unariflessione costruttiva sulla natura dellenationes medievali. Si tratta di quello chegli studiosi hanno definito un “enigmaarchivistico”: prima di esporlo appare necessariofare alcune precisazioni.Nel 211 d.C., con l’editto di Caracalla,la cittadinanza romana venne estesa anchealle popolazioni delle province. Il testodell’editto ci è giunto in condizioni nonottime, generando varie interpretazioniche oggi sembrano convergere su quellasecondo la quale la cittadinanza sarebbestata estesa, a fini prettamente fiscali, allesole élites cittadine, cioè a quelle fascedi popolazione ricche e colte capaci diparlare latino o greco. Oggi, infatti, sappiamoche l’impero non era affatto quelmondo culturalmente omogeneo che si èa lungo immaginato, unito dalla culturagreco-romana, ma che nelle campagne enei piccoli centri le tradizioni, i culti e leFoto: iStockphoto.com (pkfawcett; HultonArchive)14 • n. 1, gennaio-aprile 2009
Come La salute nasce nel uno mondo statolingue locali non solo resistevano, ma sievolvevano persino, mantenendosi in unostato di salute tale da permettere sopravvivenze,nella cultura popolare soprattutto,fino alle soglie dell’età moderna.Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente,nell’Alto Medioevo, nei documentiufficiali e nelle testimonianze narrativecontinua a comparire il nome di “romano”,ma secondo dinamiche tali da spiazzaregli studiosi moderni, che hanno tentatodi comprendere quale fosse il significatodi questa designazione e se e in qualiA sinistra: il castello medievale diCarcassonne (Francia). Sotto: l’imperatoreCaracalla.casi potesse indicare una qualche etnia ostirpe superstite alle invasioni barbariche.Nelle fonti del tempo compaiono effettivamentedei Romàioi, in greco, che peròaltri non sono che coloro i quali noi modernidesigniamo come “bizantini”, quindigli abitanti dell’Impero d’Oriente. Nel suoracconto delle conquiste italiane di Giustinianolo storico Procopio di Cesarea riferisceche gli Italiòtai si erano nuovamentesottomessi ai Romàioi, ricorrendo per gliabitanti della penisola a un nome geograficoe non etnico. Allo stesso modo i re longobardiricorrevano al medesimo concettoterritoriale, denominandosi reges Italiae(titolo che per altro nel XII secolo indicheràil re di Germania candidato al titoloimperiale!). Nel 970 Liutprando, vescovodi Cremona, si recò in visita all’imperatorebizantino Niceforo Foca, il quale affermòche Liutprando e il suo signore, l’imperatoredel Sacro Romano Impero OttoneI di Sassonia, non erano romani ma longobardi.Liutprando rispose che per lui ilnome di “romano” era sinonimo di quantodi più ignobile esistesse al mondo. Eppurenell’800, quando Carlo Magno era statoincoronato a Roma, era stato acclamato,come ci tramandano le cronache ufficialiraccolte negli Annales Francorum, conle parole: “A Carlo, augusto, coronato daDio, grande e pacifico imperatore romano,vita e vittoria!”. A pronunciare questa formula,sicuramente vera perché attestata dadiverse altre fonti antiche, erano i cittadinidell’Urbe, che ritenevano di essere i legittimielettori del nuovo, sacro, imperatore. Laparola “romano”, quindi, ha qui un significatoristretto relativo all’orgoglio di unacittà ormai meno che l’ombra del passato,ma soprattutto una valenza ideologica, secondocui un impero che fosse universalee (in senso strettamente politico) cristianonon poteva che essere romano. E in effettiancora due generazioni imperiali dopo,Ottone III di Sassonia, imperatore dal 996al 1002, figlio della principessa bizantinaTeofano e posseduto dal sogno di installarela sua corte sul Palatino, recava sul suosigillo la scritta “Renovatio imperii Romanorum”,in cui torna il concetto di romanitàprettamente ideologico e politico. Questainterpretazione del termine è confermatadalla totale assenza, fino al IX secolo inoltrato,nei documenti giuridici italiani, diindividui che si proclamino romani a frontedi una discreta presenza dei longobardi.Anche nelle cronache e nelle epistole diromani non c’è traccia alcuna, a fronte dinumerose testimonianze di longobardi tracui la famosa Historia Langobardorum diPaolo Diacono. Le uniche eccezioni sonofacilmente spiegabili: si tratta di abitantidella città di Roma o della Pentapoli edell’Esarcato (oggi non casualmente dettoRomagna), i domini bizantini in Italia.A partire dal X secolo i documentiprivati tornano a riempirsi di “romani” (odi natio romana), accanto ai “longobardi”(o di natio langobarda) che inizianoa diventare sempre meno e si avviano asparire, lentamente ma inesorabilmente.La discontinuità che abbiamo riscontratonei secoli in cui le uniche entità “romane”erano un impero lungamente retto dauna dinastia proveniente dalla Sassonia,una delle terre meno romanizzate (e cristianizzate)dell’Occidente, e Bisanzio ciimpediscono di ritenere che i nuovi “romani”possano essere i discendenti dellepopolazioni latine o italiche latinizzate.La risposta all’enigma è sorprendente mailluminante: i “romani” dei documentisono coloro i quali si servivano, per i loroatti, del diritto romano. I medesimi individui,segnatamente ecclesiastici, potevanodefinirsi “romani” negli atti in cui agivanocome membri della gerarchia entro lacornice del diritto romano, “longobardi”quando trattavano le loro questioni privatesecondo le leges langobardorum, indipendentementedall’ormai sfumata etnia diappartenenza e in base a esigenze eminentementepratiche. Con il passare del tempoil rafforzarsi dell’organizzazione temporaledella chiesa, la ripresa degli studi umanisticie il progresso sociale resero l’usodel diritto romano, molto più evoluto e capacedi adattarsi ai dinamismi di società inrapida espansione, dapprima largamentemaggioritario e infine esclusivo.Un caso come questo non può che rendereevidente come anche le epoche chepiù sembrano sfuggire a una comprensioneglobale delle loro dinamiche culturalie sociali profonde possono in realtà, inpunti “sensibili”, fornire fondamentali indizidel lungo tragitto percorso al loro internoda quegli elementi che costituirannola modernità, che nelle epoche cosiddette“buie” non hanno mai cessato di formarsied evolvere.panorama per i giovani • 15