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numero 1/2009 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Come La salute nasce nel uno mondo statoIraq, ovverodemocrazia di caosUn’inusuale miscela di testimonianze per delineare le contraddizioni, iproblemi e le speranze di un paese che guarda al passato senza trovare imezzi per costruire da solo il proprio futuro.di fili: per riordinarli servirebbe quella“tranquillità mentale” che gli americaniche passano con i loro mezzi corazzati(tranciando spesso quei fili e scomparendoinsieme all’elettricità) non dannoalla popolazione la possibilità di sperimentare.Ecco le successive slides proiettatedalla dottoressa D’Andrea: ci lascianoallibiti di fronte a un paesaggiourbano a noi tanto familiare, un centrocommerciale di quattro piani, che nonha nulla da invidiare ai paradisi delloshopping occidentali. Siamo a Irbil,nel Kurdistan irakeno. In questa isola(felice?) nel nord dell’Iraq modernità eantichità si confrontano: vecchi mercatie moderni centri commerciali spuntanotra case bellissime. Ci sono taxibianchi e rossi, aeroporti e addiritturafermate degli autobus. Una meravigliache non sembra sposarsi bene con lapovertà del resto del paese, dove sempresalta agli occhi la differenza tra laricchezza dei luoghi di culto e l’estremapovertà delle case normali. I soldiper la ricostruzione ci sono, ma soloriedificando “la propria moralità” questopaese potrebbe salvarsi, suggerisceDaniela.di Natalia PazzagliaFoto: iStockphoto.com (jabennett; Rockfinder)19 febbraio 2009. Si parla di Iraq questasera, nella sala del nostro Collegio “LamaroPozzani”.Le parole del direttore ci ricordanoche stiamo per confrontarci con una delletragedie del nostro tempo, ma anche conun paese che sarà la frontiera sulla qualemisurare le nostre capacità di costruirerelazioni nuove. I nostri relatori ci farannopartecipi di un’affascinante trama diricordi, memorie, testimonianze, trasmettendociciascuno quello che questa terrasignifica, o ha significato, per ognuno diloro.La prima a parlare è Daniela D’Andrea,che definisce l’Iraq “democraziadi caos”: un paese che è tutto e nienteinsieme, ma che comunque raccoglie insé qualcosa che cattura, lasciando nelcuore un’acuta nostalgia. È questa perl’Iraq una situazione, sociale e storica,del tutto particolare, un misto di speranzee rassegnazione: tutto manca al popoloirakeno, ma ciascun abitante di questaterra continua a sentirsi un malek, un re.Servirebbero pace e giustizia, libertà edemocrazia, l’oblio di tutto ciò che dinegativo c’è stato nel passato e la fiduciaverso un futuro tutto da costruire.Ma l’embargo, le guerre, le divisioni etnichesono ferite difficili da rimarginare.Il guardare avanti di questa terra dovrànecessariamente passare attraverso unaricostruzione capillare, a livello politicoed economico.In Iraq fa caldo, ma l’acqua manca.E di fogne non c’è traccia. Per l’acquapotabile è necessario utilizzare quellestesse bottigliette di plastica ormaitanto popolari “in Occidente”, ma chequi diventano solo rifiuti dei quali nonsi sa come disfarsi. È un paese copertoA destra: due soldati americani di stanza inIraq. Sotto il titolo: l’Arco della Vittoria, uncelebre monumento dell’era di Saddam aBaghdad.28 • n. 1, gennaio-aprile 2009

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