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numero 1/2009 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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post scriptaIl tema dello State building – lo testimoniano i pregevolicontributi di questo fascicolo – solleva delicate questioni didiritto e politica internazionale. La non ingerenza negli affariinterni degli Stati costituisce un principio fondamentaleai fini di una pacifica convivenza fra le nazioni.Ma non è più un principio assoluto. Puòtollerare eccezioni in talune circostanze; adesempio, per ragioni di difesa nei confrontidi organizzazioni terroristiche o atti di pirateria,ovvero per la tutela di elementari dirittidi popolazioni inermi, in balia di guerre civilio atti di violenza indiscriminata di gruppicriminali o della stessa autorità costituita.Vi è però il rischio che l’intervento travalichiin arbitraria invasione della sovranitàaltrui, nell’imposizione della legge del piùforte sui soggetti statuali più deboli. Per questola sua legittimità è subordinata a condizioni precise. Nondeve scaturire da decisioni unilaterali; deve basarsi sul consensodello Stato interessato o – in mancanza – sul sostegno di unaparte consistente della comunità internazionale.Le operazioni di ricostruzione (o, se del caso, costruzione)di uno Stato si inseriscono nel quadro giuridico ora ricordato.Ma al di là del diritto, il fenomeno si presta a considerazioniVi è il rischioche l’interventointernazionaletravalichi inarbitraria invasionedella sovranitàaltrui. Per questoè subordinato acondizioni precise.che lo spiegano e condizionano sul piano politico. Gli interventidi State building rispondono ad una precisa esigenza di unasocietà globale. Lo sottolinea bene Alfonso Parziale richiamandosialle concezioni di Fukuyama. Uno Stato debole, povero,dilaniato da lotte interne rappresenta un fattoredi instabilità e turbativa per la sicurezzae il benessere di tutti. Aiutarlo ad uscire daquesta situazione risponde dunque ad un interessegenerale.Non si tratta in ogni caso di un’operazionesemplice. Abbandonati vecchi schemidi stampo protezionistico (per non dire, coloniale),occorre coinvolgere nel processola popolazione locale, nel rispetto della suacultura e delle sue tradizioni, base necessariaper i successivi sviluppi e innovazioni. Èquesto un punto sul quale insistono – a ragione– numerosi scritti qui pubblicati. Ma non basta. Per la suariuscita, un’operazione di State building deve disporre di risorseumane, economiche e anche militari (se del caso) in misuraadeguata. La loro mancanza è causa di ripetuti fallimenti. Leistituzioni internazionali e gli Stati più forti dovrebbero farsenecarico; spesso non lo fanno o non sono in grado di farlo, contutti i contraccolpi negativi che puntualmente ne conseguono.Gian Luigi Tosatopanorama per i giovani • 39

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