Come La salute nasce nel uno mondo statoFoto: iStockphoto.com(Yuri_Arcus; Fontmonster)Ingegneria senza frontiereTutto ciò che serve per “costruire” uno stato.di Francesca RonzioSuccessivamente alla spedizione dei Mille,diceva Massimo D’Azeglio (o secondoaltri Ferdinando Martini), “fatta l’Italia,bisogna fare gli italiani”: oggigiorno sipotrebbe dire: “Fondato uno stato bisognacostruirlo” intendendo, con questa affermazione,che uno stato non è solo unacostituzione o una bandiera, ma è ancheinfrastrutture, ospedali, ponti, strade e altro.Sembra evidente che affinché uno statorisulti completo e in grado di assicurareuno standard di vita accettabile ai suoi cittadini,non solo questi aspetti, ma anchealtri devono essere ugualmente considerati,pianificati e sviluppati in quanto unostato che si concentri esclusivamente suuno solo di essi rischia di essere come untavolino traballante a causa di una gambapiù lunga delle altre.È proprio per questo motivo che l’attivitàdei medici, dei giuristi, degli scienziatipolitici ma anche degli ingegneri odegli architetti diventa fondamentale perlo state building.È con questo fine che nasce un’organizzazionecome Ingegneri senza frontiere(Isf), un’associazione di ingegneri,docenti, ricercatori nonché studenti dellefacoltà di ingegneria che si propone comefine quello di costruire e realizzare operetecnologicamente valide laddove ce n’èbisogno. Si legge nello statuto dell’associazione:“l’attività di Isf si propone dicreare uno spazio di progetto comune aNord e a Sud del mondo in cui elaborare,realizzare e diffondere pratiche e tecnicheingegneristiche in grado di favorirela piena realizzazione di tutti gli individuie comunità umane”, specificando chele diciture Nord e Sud del mondo nonsono da intendersi in senso meramentegeografico, ma vogliono far riferimentoa fattori socio-economici più complessi,ovvero vogliono indicare situazionidi benessere economico e povertà che,purtroppo, caratterizzano intere nazionio comunità.Per riuscire a raggiungere i suoiobiettivi l’associazione si propone diutilizzare essenzialmente tre strumenti:i progetti tecnici, quelli di educazionee ricerca, quelli di formazione. I pro-getti tecnici si propongono di realizzareopere materiali e di dare un contributoconcreto allo sviluppo e al benesseredelle comunità umane. I progettidi educazione e ricerca nascono conla finalità di promuovere gli ideali e ipropositi che costituiscono la missiondell’associazione; i progetti di formazione,invece, riguardano i tecnici daqualificare per metterli in grado di gestireautonomamente gli impianti e lestrutture costruiti dai membri dell’associazione.Ingegneri senza frontiere è presentecapillarmente sul territorio in quanto èformata da associazioni che si sviluppanoall’interno dei singoli atenei in manieraautonoma e curano numerosi e variegatiprogetti, tutti ispirati dai valorie dagli ideali dell’Isf. L’impegno degliassociati è totalmente libero e su basevolontaria: questo vuol dire che l’attivitàdei membri non è in alcun modo retribuita.È da segnalare che spesso all’internodi questi progetti viene inserita anchela preparazione della tesi e l’attivitàdi ricerca dei laureandi, che riescono inquesto modo ad avere un primo contattocon realtà non sempre facili.Tra i progetti di respiro internazionalericordiamo quelli del gruppo attivopresso gli atenei romani, che staper intraprendere un nuovo progetto inTanzania concernente l’approvvigionamentoenergetico, la disponibilità dirisorse idriche e la possibilità di finanziareil tutto tramite progetti di microcredito.Il gruppo di Torino, invece, èattualmente impegnato, tra le varie attività,nella progettazione di un sistemaper la tutela delle acque in Burkina Fasoed è stato protagonista della costruzionedi due serre con annessi impiantidi irrigazione in Bosnia Herzegovinaa beneficio dell’associazione di donneBrezanke. Anche il gruppo genovese èmolto attivo, con una serie di progettiin numerosi paesi in via di sviluppo siadel continente africano sia di quello sudamericano.Ovviamente, questi sonosolo alcuni esempi del lavoro di questiingegneri: come diceva Einstein, rivoltoa colleghi e ingegneri, “l’uomo e lasua sicurezza devono costituire la primapreoccupazione di ogni avventura tecnologica.Non lo dimenticate quandosarete immersi nei vostri calcoli e nellevostre equazioni”.38 • n. 1, gennaio-aprile 2009
post scriptaIl tema dello State building – lo testimoniano i pregevolicontributi di questo fascicolo – solleva delicate questioni didiritto e politica internazionale. La non ingerenza negli affariinterni degli Stati costituisce un principio fondamentaleai fini di una pacifica convivenza fra le nazioni.Ma non è più un principio assoluto. Puòtollerare eccezioni in talune circostanze; adesempio, per ragioni di difesa nei confrontidi organizzazioni terroristiche o atti di pirateria,ovvero per la tutela di elementari dirittidi popolazioni inermi, in balia di guerre civilio atti di violenza indiscriminata di gruppicriminali o della stessa autorità costituita.Vi è però il rischio che l’intervento travalichiin arbitraria invasione della sovranitàaltrui, nell’imposizione della legge del piùforte sui soggetti statuali più deboli. Per questola sua legittimità è subordinata a condizioni precise. Nondeve scaturire da decisioni unilaterali; deve basarsi sul consensodello Stato interessato o – in mancanza – sul sostegno di unaparte consistente della comunità internazionale.Le operazioni di ricostruzione (o, se del caso, costruzione)di uno Stato si inseriscono nel quadro giuridico ora ricordato.Ma al di là del diritto, il fenomeno si presta a considerazioniVi è il rischioche l’interventointernazionaletravalichi inarbitraria invasionedella sovranitàaltrui. Per questoè subordinato acondizioni precise.che lo spiegano e condizionano sul piano politico. Gli interventidi State building rispondono ad una precisa esigenza di unasocietà globale. Lo sottolinea bene Alfonso Parziale richiamandosialle concezioni di Fukuyama. Uno Stato debole, povero,dilaniato da lotte interne rappresenta un fattoredi instabilità e turbativa per la sicurezzae il benessere di tutti. Aiutarlo ad uscire daquesta situazione risponde dunque ad un interessegenerale.Non si tratta in ogni caso di un’operazionesemplice. Abbandonati vecchi schemidi stampo protezionistico (per non dire, coloniale),occorre coinvolgere nel processola popolazione locale, nel rispetto della suacultura e delle sue tradizioni, base necessariaper i successivi sviluppi e innovazioni. Èquesto un punto sul quale insistono – a ragione– numerosi scritti qui pubblicati. Ma non basta. Per la suariuscita, un’operazione di State building deve disporre di risorseumane, economiche e anche militari (se del caso) in misuraadeguata. La loro mancanza è causa di ripetuti fallimenti. Leistituzioni internazionali e gli Stati più forti dovrebbero farsenecarico; spesso non lo fanno o non sono in grado di farlo, contutti i contraccolpi negativi che puntualmente ne conseguono.Gian Luigi Tosatopanorama per i giovani • 39