Come nasce uno statoFoto: iStockphoto.com (dave9296)Da “Uphold Democracy” a UnmikI principali interventidi state buildingI primi rilevanti interventi di state building furono effettuati al terminedella seconda guerra mondiale, in particolar modo nei riguardi delledue principali potenze che uscirono sconfitte dal conflitto: Germania eGiappone.di Gabriel OraziSopra: il quartier generale della poliziasegreta serba a Pristina (Kosovo),bombardato dalla Nato nel 1999.Con la conferenza di Potsdam (17 luglio-2agosto 1945), Gran Bretagna,Stati Uniti e Unione Sovietica si accordaronosul disegno politico e geograficoche sarebbe risultato alla fine del conflittomondiale. Il documento ivi elaboratoprevedeva per la Germania cinqueobiettivi principali: demilitarizzazione,denazificazione, democratizzazione, decentralizzazionee decartellizzazione. Inquesto senso, l’opera compiuta dalle forzealleate nel territorio tedesco durantetutto il periodo di occupazione e fino allariunificazione tedesca del 1990 rappresentaun emblematico esempio di statebuilding, cioè il tentativo istituzionalizzatodi creazione (o in questo caso di ricreazione)dello stato tedesco su basi democratichee legali attraverso operazionivolte a ripristinare lo stato di diritto e lasicurezza interna.Oltre alle misure prettamente economiche,l’intervento alleato si concentròanche e soprattutto su obiettivi di tiposociale: la denazificazione e la ricostruzionedi istituzioni democratiche. Ciò fureso possibile attraverso la presa di coscienzadelle atrocità dello sterminio, siaattraverso la pubblicazione di inchieste omanifesti che mostravano le barbarie delleoperazioni naziste, sia con la visita forzatadei campi di concentramento. In particolarmodo la denazificazione fu operatasoprattutto attraverso la distruzione ditutte le istituzioni totalitarie e la pubblicaincriminazione dei principali esponentidel partito nazista o delle SS.La ristrutturazione dell’economia tedesca,attenuata a causa degli evidentisacrifici imposti alla popolazione ridottain condizioni di mera sopravvivenza,ricevette un importante aiuto dall’estensionealla Germania dell’European RecoveryProgram nel 1948; inoltre, l’autoritàinternazionale della Ruhr, creatanel 1949 e incaricata della gestione dellaricca regione tedesca le cui grandi risorsedi carbone e acciaio avevano costituitoargomento di contesa fra le nazionieuropee, fu interamente sostituita conil trattato di Parigi del 1951 dalla Ceca,quell’organizzazione internazionale cosìpeculiare da non trovare precedenti e checostituirà le fondamenta dell’odiernaUnione europea.Esperienza simile fu quella del Giappone:con la dichiarazione di Potsdamdel 26 luglio 1945, si intimava la resadell’impero asiatico e si delineavanogià gli interventi da adottare in seguitoall’occupazione del territorio. Fra questi,oltre alla rinuncia del Giappone adaltre pretese territoriali che non fosserole quattro principali isole di Honshu, Hokkaido,Kyushu, Shikoku e altre minori,la dichiarazione conteneva la previsionedella punizione dei responsabili dellecondotte di guerra, l’occupazione delterritorio da parte delle truppe alleate, lariconversione economica e il divieto diqualsiasi produzione di tipo bellico, nonchéil ristabilimento della democrazia ela riaffermazione del rispetto dei dirittiumani fondamentali.L’occupazione del Giappone iniziòufficialmente con la firma della resa il 2settembre 1945 sulla portaerei statunitenseUSS Missouri e terminò solamentecon la conclusione del trattato di SanFrancisco del 28 aprile 1952; l’interoterritorio fu sottoposto alla supervisionedel generale Douglas MacArthur, ilquale curò la distribuzione iniziale dicibo fra la popolazione, l’erogazionedegli aiuti finanziari provenienti dagliStati Uniti e l’incriminazione dei principaliresponsabili dei misfatti di guerra.La figura del generale MacArthur è anchelegata alla manipolazione del processocontro l’imperatore Hirohito: egliriuscì a far addossare l’intera responsabilitàdell’attacco di Pearl Harbour alprimo ministro Hideki Tojo, affinchél’imperatore ne uscisse completamentediscolpato; l’intenzione era di evitareuna delegittimazione della monarchiagiapponese, valido alleato degli StatiUniti al termine del conflitto e successivamente.La ricostruzione dello stato giapponesefu perseguita anche da altri punti26 • n. 1, gennaio-aprile 2009
Come nasce uno statodi vista: attraverso la lotta alle concentrazioniindustriali, le cosiddette Zaibatsu,si tentò di ripristinare il liberomercato; con la riforma agricola del1947 circa il 38% della superficie coltivabilefu espropriata ai latifondisti erivenduta a basso prezzo fra i contadini,per incentivare la piccola proprietà terrierae arginare lo strapotere dei primi;la riforma della costituzione (formalmenteemendata sulla precedente, masostanzialmente un quid novi impostodall’amministrazione americana), ratificatanel 1946, contribuì a rinnovare leistituzioni giapponesi e a sancire il passaggiodella sovranità dall’imperatoreal popolo, al quale furono riconosciutiinviolabili diritti fondamentali.Fra gli interventi statunitensi più recentidi state building si può ricordarequello ad Haiti nel 1995, a seguito delcolpo di stato che aveva costretto all’esilioil primo ministro Jean-Bertrand Aristide.Dopo le azioni repressive a dannodella popolazione nel luglio 1994 el’espulsione dal paese di un gruppo diosservatori internazionali sui diritti umani,il Consiglio di Sicurezza dell’Onuapprovò la risoluzione 940, autorizzandol’impiego di ogni mezzo per favorireil ritorno del governo eletto democraticamente.Su questi presupposti si basòl’operazione “Uphold Democracy”, promossadal governo Usa e operante fra il19 settembre 1994 e il 31 marzo 1995.L’operazione in sé può ritenersi un ottimoesempio di state building: essa, sortacome intervento militare armato, si risolsein una sostanziale missione di peacekeeping.Tale operazione contò su circa23.000 soldati ed ebbe come obiettivola sostituzione delle vecchie istituzionidi repressione attraverso la creazione diun nuovo corpo di polizia e la ristrutturazionedell’apparato giudiziario, nonchéil rinnovamento totale della struttura digoverno haitiana con l’ausilio di elezionilocali e parlamentari. L’operazione“Uphold Democracy” fu poi rimpiazzatanel marzo 1995 con la missione Onu-Unmih.Tale operazione, se da un lato fu considerataun perfetto esempio di intervento,per la rapidità e per l’efficacia delle soluzionipromosse, è stata a lungo criticataper lo scadimento della situazione politicainterna del paese diversi anni dopo: taleesito è stato attribuito al repentino e affrettatoritiro delle truppe Usa prima chel’operazione potesse dirsi conclusa nelmarzo del 1995.Situazione completamente diversa sipresentò nei Balcani e specialmente congli interventi effettuati durante i conflittidi Bosnia e Kosovo. Per quanto riguardala Bosnia, le operazioni Onu furono apiù riprese affiancate da interventi anchedella Nato: Unprofor fu istituita nel 1992dalla risoluzione 743 del Consiglio di Sicurezzaper addivenire a una soluzionedel conflitto in Iugoslavia. Essa, contandosu circa 39.000 unità, ebbe diversi mandati,via via modificati lungo il corso delconflitto: rilevano soprattutto la distribuzionedi 34.600 tonnellate di beni di primanecessità, il controllo delle tre enclavidemilitarizzate di Slavonia Orientale,Slavonia Occidentale e Kraijna, dell’aeroportodi Sarajevo, della no-flight zoneassieme alla Nato, e infine del rispetto delcessate il fuoco in seguito agli accordi dipace di Dayton del 14 dicembre 1995. Accantoall’operazione Unprofor si collocala corrispondente operazione Nato “ForzaDeliberata”, svoltasi nel periodo compresofra il 30 agosto e il 20 settembre 1995e consistente in un bombardamento intesoa minare la capacità militare dell’esercitoserbo.Per quanto riguarda il Kosovo, la situazionefu più complicata: a seguitodelle pressioni per l’indipendenza dellaregione kossovara da parte dell’Uçk e lesanguinose repressioni del governo serbo,la comunità internazionale portò al tavolodelle trattative le varie fazioni; tuttavia,a seguito del fallimento dei negoziati diRambouillet, in particolare in seguitoall’abbandono della delegazione serbadel 18 febbraio 1999, la Nato decise d’intervenirecon una serie di attacchi aereiper convincere la Serbia al rispetto dellecondizioni stabilite nelle summenzionatetrattative. L’intervento Nato fu effettuatoanche a causa dell’impossibilità di addivenirea un’intesa in seno al Consiglio diSicurezza dell’Onu per i veti di Russia eCina.In seguito alla parziale capitolazioneserba, con la risoluzione 1244 del 10 giugno1999, il Consiglio di Sicurezza decisel’intervento di un contingente dell’Onu,missione Unmik, coordinato con una missionedella Nato, la Kfor; tutto questo fureso possibile dalla decisione della RussiaIl prossimo futuro delle missioniL’invasione americana dell’Iraq,iniziata il 20 marzo 2003, è destinata,secondo le recenti affermazioni delpresidente americano Obama, aterminare entro il 31 agosto 2010, conil ritiro pressoché totale delle truppe:resterà un corpo limitato di uominiper garantire un supporto logisticoaddestrativoalle forze locali e per laprotezione dei civili.Situazione completamente oppostain Afganistan: l’attuale strategiaamericana è in fase di revisione,ma resistono ancora dei puntifermi. Le elezioni presidenziali,previste per l’aprile di questo anno,rappresenteranno un banco di provaper il paese e necessiteranno di unincremento delle truppe impiegatenella sicurezza. Altri obiettivi discussial vertice Nato di Strasburgo, in aprile,hanno riguardato il rafforzamento delgoverno centrale e delle autonomielocali e l’incremento degli sforziper combattere la coltivazione delpapavero da oppio, anche attraversol’istituzione di un corpo di polizia antinarcotici.di non porre il veto alla risoluzione, dopoche fu garantita la presenza nella missioneanche di truppe russe, a salvaguardiadella Serbia.Il mandato della missione Unmik sipuò dividere in quattro grandi compiti: iprimi due, riguardanti la polizia e l’amministrazionecivile, furono svolti in cooperazionecon la Nato, mentre il terzo,riguardante la democratizzazione e lariviviscenza delle istituzioni, e il quarto,relativo alla ricostruzione e allo sviluppoeconomico, furono realizzati in cooperazionerispettivamente con l’Ocse e conl’Ue. Più precisamente, Unmik avrebbedovuto garantire il ritorno sicuro dei rifugiatinelle terre d’origine, la promozionedei diritti umani fondamentali e il mantenimentodell’ordine e della legge.Sicuramente, Unmik rappresenta unodei rari casi di coordinamento di variee diverse organizzazioni internazionali,dall’Onu alla Nato, dall’Ocse all’Ue, tutteimpegnate nel medesimo territorio e conl’obiettivo comune di ristabilire la pace ela sicurezza in un territorio a lungo travagliatoda lotte intestine.panorama per i giovani • 27