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numero 1/2009 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Collegio <strong>Universitario</strong> “Lamaro Pozzani” - Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoropanoramaper i giovaniCollegio <strong>Universitario</strong> “Lamaro Pozzani” - Via Saredo 74 - Roma - Quadrimestrale - Tariffa R.O.C.: “Poste italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N° 46) art. 1 comma 1, DCB Modena” - anno XLII - n. 1 - gennaio-aprile 2009STATE BUILDINGAFGANISTANIntervista aRory StewartSTATOLa crisi diun concettoMUSICAFabrizioDe AndréCome nasce uno stato


Eccellenza negli studiIl Collegio “Lamaro Pozzani” ospita a Romagratuitamente studenti, di tutte le facoltà e ditutte le regioni, che hanno superato una selezioneseria e accurata, in cui contano solo lapreparazione e le capacità. A loro chiediamo difrequentare con successo l’università, laureandosiin corso e con il massimo dei voti, maanche di partecipare alle attività del Collegio.Più che una laureaI nostri studenti sono diventati docenti e ricercatori, imprenditorie dirigenti d’azienda, professionisti, funzionari della pubblicaamministrazione. Lavorano in Italia e all’estero in posizioni diresponsabilità. Questi risultati sono stati raggiunti anche perchéin Collegio hanno frequentato corsi di economia, diritto, informatica.Hanno viaggiato e imparato a parlare correntemente l’inglesee altre lingue straniere. E hanno incontrato e conosciuto personalitàpolitiche, grandi studiosi, manager di successo.Le iscrizioni al concorso di ammissione per il Collegio <strong>Universitario</strong>“Lamaro Pozzani” possono essere inviate dal 20 aprile al 24 agosto.Leggi il bando e tutte le indicazioni sul sito del Collegio.Un impegno da vivere insiemeVi troverete a fianco di settanta ragazze eragazzi che saranno fra i vostri migliori amici evi aiuteranno a considerare il Collegio la vostra“casa”. Il tempo dello studio, per un giovaneuniversitario, non può che integrarsi con iltempo della vita: un’esperienza di libertà eresponsabilità decisiva per il futuro umano, professionalee culturale di ciascuno.Collegio <strong>Universitario</strong> “Lamaro Pozzani”Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavorowww.collegiocavalieri.it


Sommariopanorama per i giovaniLa costruzionedi uno stato(Foto:iStockphoto/dem10).n. 1, gennaio-aprile 200971618403. Editorialedi Stefano SempliciCome nasce uno stato4. Made from scrapTentativi di intendersi sulle conseguenzedello state building, oggi.di Alfonso Parziale7. Così il popolo si rialzaDopo una guerra si deve ripartire. E lo sifa con una Costituzione.di Nicola Lattanzi10. Diritto e giustizia negli scenaripost-belliciLa ricostruzione del sistema legislativo diun paese che esce da un conflitto armato.di Jelena Pajic12. Il lungo itineriario del cittadinoPolites, civis, citoyen, citizen: i molteplicivolti della cittadinanza nella storia.di Noemi Nocera14. Enigma tra storia e ideologiaLa natio romana nell’Alto Medioevo.di Maria Teresa Rachetta16. La crisi del concetto di statoDal “Re Sole” all’Unione Europea.di Mattia Bacciardi18. L’Afganistan di RoryIntervista a Rory Stewart, uno dei piùimportanti esperti al mondo del paese asiatico.a cura di Paolo Busco23. Si vis pacem para bellum?Le operazioni di peace-keeping, peaceenforcemente peace-building.di Francesca Barreca26. I principali interventi di statebuildingDa “Uphold Democracy” a Unmik.di Gabriel Orazi28. Iraq, ovvero democrazia di caosUna tavola rotonda in Collegio sullasituazione irachena.di Natalia Pazzaglia30. Le fondamenta dello state buildingSguardo sul processo di ricostruzionepost-bellico dal punto di vistainfrastrutturale.di Andrea Traficante32. Finanza e sviluppoProblemi globali e il ruolo delmicrocredito.di Claudia Macaluso36. Supplenti o insegnanti?I mestieri dello state building.di Luca Valerio38. Ingegneria senza frontiereTutto ciò che serve per “costruire” unostato.di Francesca Ronzio39. Post scriptadi Gian Luigi TosatoPrimo Piano40. Lascia che sia fiorito, Signore, ilsuo sentieroDieci anni fa moriva Fabrizio De André.di Carmelo Di Natale e Selene Favuzzi42. De André dopo De AndréLa mostra di Genova: ricordando Faber a10 anni dalla sua scomparsa.di Beatrice Poles44. Un batterio da NobelLa scoperta che ha rivoluzionato iltrattamento delle patologie gastriche.di Manuel Trambaiolli46. Alzati, prendi posizione!Collage di impressioni sul Futurismo eistantanee dalla mostra alle Scuderie delQuirinale.di Selene Favuzzi47. Vestire gli ignudiMetti una sera a teatro...di Carla Giuliano48. Dal CollegioGli incontri serali del Collegio<strong>Universitario</strong> “Lamaro Pozzani”.PANORAMA PER I GIOVANIPeriodico della Federazione Nazionaledei Cavalieri del Lavoro - RomaAnno XLII - n. 1 - gennaio-aprile 2009Direttore responsabileMario SarcinelliDirettore editorialeStefano SempliciSegretario di redazione e impaginazionePiero PolidoroRedazione: Paolo Busco, Carmelo DiNatale, Selene Favuzzi, Carla Giuliano,Nicola Lattanzi, Claudia Macaluso, AlfonsoParziale, Beatrice Poles, Simone Pompei,Maria Teresa Rachetta, Damiano Ricceri,Francesca Ronzio, Sara Simone, LucaValerio, Francesca Zazzara.Direzione: presso il Collegio <strong>Universitario</strong>“Lamaro Pozzani” - Via Saredo 74 -00173 Roma, tel. 0672.971.322 - fax0672.971.326Internet: www.collegiocavalieri.itE-mail: segreteria@collegiocavalieri.itAgli autori spetta la responsabilità degliarticoli, alla direzione l’orientamento scientificoe culturale della Rivista. Né gli uni, nél’altra impegnano la Federazione Nazionaledei Cavalieri del Lavoro.Potete leggere tutti gli articoli della rivistasul sito: www.collegiocavalieri.itAutorizzazione:Tribunale di Roma n. 12031 del 9/3/1968.Stampa:Arti Grafiche Boccia SpaVia Tiberio Claudio Felice, 784131 SalernoFinito di stampare: aprile 2009.ScriveteciPer commenti o per contattare gli autori degliarticoli, potete inviare una e-mail all’indirizzo:panoramagiovani@cavalieridellavoro.it


EditorialeLo stato moderno, secondo una consolidata tradizione, si costituiscesulla base di tre elementi essenziali: il popolo, il territorio,la sovranità. È popolo un insieme di individui che si sentonolegati da un’esperienza di riconoscimento reciproco, che è a untempo effetto e sostegno di una comunanza di lingua, religione,costumi, di tutto ciò insomma che sedimenta una memoria, unastoria, quella comprensione di senso dell’agire e dell’agire quotidianonella quale Max Weber individuava “il presupposto piùelementare della formazione di una comunità”. Per lungo temposi è considerato naturale, scontato il rapporto fra popolo eterritorio. Diciamo più facilmente “noi” con coloro con i qualicondividiamo la prima e fondamentale esperienza dell’abitare,del coltivare e amare una terra, pronti magari a difenderla dallaminaccia degli “altri”, di coloro che vivono appunto al di là deiconfini. Il concetto di sovranità completa la dottrina dello statocon il vincolo di un ordinamento politico e giuridico che è tale inquanto superiorem non recognoscens. Che si tratti del monarcaassoluto di Hobbes, della volontà generale di Rousseau o dellepiù recenti versioni della democrazia rappresentativa come formuladella sovranità popolare, il presupposto rimane quello diun potere che risponde solo a se stesso e le cui leggi non sonosoggette al giudizio di altre autorità, di altri re o parlamenti.Si può essere facilmente tentati di concludere che è propriosulla base di questa definizione che la forma-stato appare il prodottodi una precisa epoca storica e che la suasolidità è ormai scalzata da dinamiche che imporrebberodi immaginare e realizzare nuovimodelli. Le grandi religioni monoteistiche,così come le diverse figure del cosmopolitismorintracciabili nella storia del pensiero,hanno sempre conservato, accanto a quella diidentità politiche separate e potenzialmenteconflittuali, la prospettiva almeno ideale diuna comunità di tutti gli uomini, che ha trovatonuovo slancio in Carte e Dichiarazioni deidiritti, la più importante delle quali è senz’altroquella approvata dalle Nazioni Unite nel1948. Ad un livello diverso e tuttavia pervasivo operano i molti,spesso spontanei fattori di quella che Habermas ha definito unanuova “costellazione post-nazionale”: organizzazioni non governative,internet, movimenti cresciuti intorno a rivendicazioniideali, stili di vita, espressioni della creatività artistica. Tutto ciò,insomma, che consente oggi di sentirsi contemporaneamenteparte di diversi “popoli”, mentre i più tradizionali criteri di appartenenzavengono spesso guardati con sospetto proprio perchétendono a produrre divisioni che, se anche non sfociano nellaviolenza di vere e proprie guerre, alimentano tensioni all’internodegli stessi stati, in particolare quando i confini di questi ultimisono stati tracciati a tavolino dalle potenze coloniali. Il casodell’Iraq è emblematico: uno stato e tre identità (i curdi, i sunnitiLo stato moderno sicostituisce, secondouna consolidatatradizione,sulla base di treelementi essenziali:il popolo, il territorio,la sovranità.e gli sciiti), che faticano a trovare la via della pace e della concordiasotto un’unica bandiera.Ma è la stessa idea di sovranità a diventare problematica.Da una parte perché sottendeva un principio di uguaglianzatanto rigoroso sotto il profilo formale quanto astratto alla provadei fatti e cioè dei concreti rapporti di forza fra i singoli stati. Cisono e ci saranno i più grandi e i più piccoli, i più ricchi e i piùpoveri, con il risultato che la sovranità dei secondi sarà sempreesposta al rischio di essere una sovranità limitata, per riprenderel’espressione usata per decenni a indicare il rapporto fra i paesidell’Europa orientale e l’Unione Sovietica. G8, G20, Consigliodi sicurezza dell’Onu: sono tutti “perimetri” che includono alcunied escludono altri, quasi a ribadire che non tutti sono uguali. Lacircolarità di sovranità e stato viene però fortemente sollecitata,se non spezzata, anche dagli esiti dei grandi processi della globalizzazione.Neppure i paesi più importanti, come hanno traumaticamenteconfermato le vicende di questi ultimi mesi, sono ingrado di governare da soli le conseguenze di una crisi finanziariaed economica, proprio perché la finanza e l’economia non conosconoconfini di “territori”. Occorre il contributo e il sacrificiodi tutti per vincere le sfide ambientali, sanitarie e di giustizia chehanno una dimensione planetaria e che sarebbe quindi illusoriopretendere di imbrigliare nelle leggi di uno stato. L’Unione Europeaè il tentativo forse più interessante di rispondere a questeesigenze avviando, almeno in una delle grandi“regioni” del mondo, una ricomposizione sulivelli diversi e articolati dello stesso potere difare le leggi e di farle rispettare.Perché, allora, continuare a parlare di stato?Una prima risposta, ovvia e non per questomeno legittima, è che appunto lo stato rimanecomunque la cornice principale all’internodella quale si producono le decisioni politicamentee giuridicamente vincolanti per i cittadini,si amministra la giustizia, si riconosconodiritti e si impongono doveri. Non è venutomeno il principio per il quale occorrono ragioniparticolarmente serie per giustificare l’interferenza negli“affari interni” di un altro paese. Ecco perché dalla solidità delleistituzioni e dal loro orientamento più o meno democratico continuanoa dipendere in larga misura la libertà e il destino dellepersone. Può esserci però un’altra ragione. Proprio il necessarioripensamento del significato assoluto della sovranità implica unanuova concettualizzazione del potere e dei suoi meccanismi, aun tempo più attenta all’autonomia degli individui e delle societàintermedie e più sensibile alle responsabilità di una cittadinanzache tende a farsi globale. La frontiera fra noi e gli altri è semprepiù aperta. Idee, valori ed esperienze non possono più muoversia senso unico.Stefano Semplicipanorama per i giovani • 3


Made from scrapTentativi di intendersi sulle conseguenze dello state building, oggi.di Alfonso ParzialeA chi appartiene il male? La domanda,scontata, banale, eppure efficace, apre aun grande numero di interpretazioni, dirisposte. Nel diritto contemporaneo, inmaniera molto grossolana, il male appartienea chi lo compie; degli effetti sitenta di eliminare gli elementi riparabili.Il male è individuale o collettivo; afferisceai soggetti titolari di una personalità“A chi appartiene il male? La domanda,scontata, banale, eppure efficace, apre un grandenumero di interpretazioni, di risposte. Nel dirittocontemporaneo, il male appartiene a chi lo compie”ed è tale, almeno dal punto di vista giuridico,perché tanto ha stabilito una legge,un disposto. Il male esiste perché è giàstato stimato; così è nelle collettività organizzate.Cosa accade quando nessunodecide? Capita alle volte che uno Stato,che è l’organizzazione rispetto alla qualesi regolano i rapporti nel mondo, nasca ocresca debole, incapace, delegittimato. Inquesta situazione di debolezza il dirittoesiste, ma non si applica; le istituzioni nonoffrono al cittadino le soluzioni ai suoi bisogni;le persone soppesano col propriopugno l’interesse, il giusto, l’errore.Ciò premesso, è giustificato tentare la“costruzione” diuno stato? Per usareun’immagineforte, lo state buildingpotrebbe apparirefacilmenteun sopruso, perchéviene perpetrato in gruppo, perché sono ipiù forti ad agire e i deboli a soccombere.È un sopruso, in particolare, quando sitratta di un’occupazione e i valori che siesaltano sono quelli di chi è arrivato, nondi chi risiede. Negli Stati Uniti gli espertisi prendono il gusto di parlare di nationbuilding, nomen omen. L’intervento soffocal’autodeterminazione; ogni popolo ètenuto ad autodeterminarsi, o almeno cosìci è stato insegnato.Supponiamo che l’ordine internazionalesia come una classe di una scuola,nella quale non c’è un maestro. Postoche nessuno dia ordini, allora saranno glialunni a organizzarsi e come accade quasisempre, visto come ragiona la menteumana, gli sviluppi possibili sarannodue. Il primo, probabile, prevede che ipiù grandi si impongano sui più piccoli.Questo fa sì che i più piccoli odino i piùgrandi, che si ingenerino tensione e nuovilitigi. La guerra di tutti contro tutti,soprattutto oggi, non ha vincitori; questoper la semplice ragione che nell’odio,nella violenza, nel terrore, sembra chesiamo tutti a perderci. La seconda opzioneprevede che i più forti aiutino i piùpiccoli; che si mantenga l’ordine, che ipiù rissosi siano messi a tacere. Le relazioniinternazionali possono funzionareesattamente così.Movendo da questa analogia si puòtentare di perforare il diaframma resistentedei rapporti tra gli stati. È possibileentrare in un paese senza volerlo conquistare;in luogo dell’occupazione, si provaFoto: iStockphoto.com (Veni; 7000)4 • n. 1, gennaio-aprile 2009


a incentivare un processo, all’interno delquale i cittadini sono chiamati a ridefinirele basi del diritto, riprendere i commerci,comprendere l’intollerabilità delle violazionidei diritti umani e, possibilmente,affermare la democrazia. Gli strumentipratici da impiegare vanno dall’azionemilitare, alla ricostruzione delle forze dipolizia, al rafforzamento del sistema giudiziario;nei contesti con minori problemistrutturali, come nell’ex Iugoslavia allametà degli anni ’90, le risorse si concentranosul rafforzamento del sistema economicoe sulla sicurezza nelle relazioni.Vista da una prospettivadi lungo periodo, la storiadell’ingerenza dei paesi inaltri contesti esiste da quandoesistono gli stati; può insenso molto lato farsi risalire– credo – all’esperienzadei “mandati” nella Societàdelle Nazioni, qualcosa disimile al moderno state building.Probabilmente quelmodello di gestione sottendevalogiche altre rispetto aquelle della mera promozionedella ricostruzione dellostato; almeno idealmente siricollegava però all’idea diun governo, di una gestionedi situazioni esterne rispettoa quelle dei tradizionaliambiti del poteredello stato. Ovviamente,i segnipiù marcati dellaSopra: un tratto del Murodi Berlino, simbolo delladivisione della Germania dopola Seconda Guerra Mondiale.A sinistra: la sede dell’Onu aNew York.“ricostruzione sifanno forti dopola Seconda GuerraMondiale; dalla caduta del muro diBerlino la scala di questi interventi si èfatta più ampia. Interpreti di questa azionesono oggi le Nazioni Unite, ma ancheun’organizzazione regionale come laNato.Dopo il 1945, invertendo la tendenzapassata, gli Stati Uniti portano avantiun grosso piano di ricostruzione inEuropa ed Estremo Oriente, impiegandograndi risorse economiche ma anchesviluppando un progetto politico particolarmenteinvasivo; ne sono espressionei tribunali di guerra, che ovviamentevanno contestualizzati, ma che ben rappresentanola volontà da parte dell’occupantedi azzerare una classe dirigenteper ristabilire un ordine nuovo. Accantoa queste azioni dall’indubbio saporepolitico, però, si sono affiancate azionivolte al mantenimento dell’efficaciadell’azione dello stato, che costituisconooggi il nucleo dell’azione dispiegatain più contesti.Cambia innanzitutto il livello di decisione,che, pur con qualche incostanza,si sposta dal livello nazionale a quellointernazionale e regionale (Onu, Nato).Cambia forse il modo di imporre nuovesoluzioni, nel senso di una maggioreconcertazione e coinvolgimento delleistituzioni locali. Proprio questo problemadi local ownership, tuttavia, metteDopo il 1945 gli Stati Uniti portano avanti ungrosso piano di ricostruzione in Europa ed EstremoOriente, con grandi risorse economiche ma anchesviluppando un progetto politico invasivo”gli interpreti in difficoltà. Per alcuni unpieno coinvolgimento delle autorità edelle istituzioni locali è prodromico allavera democrazia; per altri è semplicementeun’imposizione mascherata. Nonè certo un segreto che in molti dei paesipanorama per i giovani • 5


Come nasce uno statoCosì il popoloSI RIALZADopo una guerra si deve ripartire. E lo si fa con una Costituzione.di Nicola LattanziLe leggi tacciono in tempo di guerra, dicevaCicerone. Ma non quando ritorna lapace. Per ripartire c’è bisogno di tornarealla normalità. La normalità di un ordinecostituito in cui si possano lasciare allespalle le incertezze in cui la guerra fapiombare la società, che privata di qualsiasiappiglio normativo, svestita dellesue tutele costituzionali, rimane nudadi fronte al dilagare della più completaanarchia giuridica. Se è terribile l’ideadi poter perdere tutto, la casa, la famiglia,altrettanto terribile è l’idea che nullapossa essere fatto per arrestare una furiache non conosce legalità. Anzi, in guerrabasta la più piccola deviazione da unordine per portare in salvo la pelle (BertoltBrecht). Finito tutto, si ha fame e siè stanchi. Ma si sente subito il bisogno diricostruire. Le mani si uniscono nel poggiarei mattoni; allo stesso modo le vocidella gente si raccordano per fondare unnuovo ordinamento, partendo da quelloche negli stati moderni ne è consideratopresupposto imprescindibile: la Costituzione.La realtà è cheanche la guerra,come sottolinea ilgiurista De Martino,ha le sue normegiuridiche, chene regolano mezzie metodi, spesso contenute in convenzioniinternazionali. Come vi è (secondotaluni) un diritto a far guerra, vi è pureun Della Casa per i conflitti: così possonochiamarlo bellum iustum! Su un fronteautonomo combatte, però, il diritto dellagente, quello per il quale i cannoni sono“cose che possono formare oggetto didiritti”, ma che non dà il diritto di usarliimpunemente. Questo diritto in guerra èsottoposto a bombardamenti incessanti,attraverso la mobilitazione, le requisizioni,la subordinazione di ogni altro interesseo valore alla difesa o alla conquista.Nei paesi che escono sconfitti da unconflitto la transizione costituzionale sirende di evidente necessità, poiché è inquesti che i rapporti di forza tra le diverseclassi e razze mutano maggiormente. Ciònon toglie che anche chi porta a casa lavittoria si debba riguardare un attimo allospecchio. Così hanno fatto gli Stati Uniti,in cui, dopo la seconda guerra mondiale,malgrado non si sia giunti a una nuovacostituzione formale, la marcia per i diritticivili ne ha profondamente modificatola sostanza.Il travaglio che conduce alla stesuradefinitiva di una nuova legge fondamentaleè assai lungo e talvolta pure doloroso:occorrono conciliazioni, compromessi,sforzi intellettuali e giochi politici.Non è un caso che non si affrontiil parto costituzionale se non quandosi è avuta una drastica rottura con l’ordinamentopreesistente. Per questo ilconcepimento di un nuovo ordine costituzionaleè rappresentato nella maggiorparte dei casi da una guerra, da una secessioneconcertata (come è avvenuto inCecoslovacchia), o comunque da tuttele ipotesi in cui si assuma come esauritala legittimità dello stato preesistente.L’Europa del Novecento è una chiaraesemplificazione di come transizionecostituzionale significhi cambiamento,momento di svolta e (si spera) di evoluzionedemocratica. È così per la Costituzioneitaliana, che ci ha portato fuoridalla Seconda guerra mondiale; così perla Costituzione spagnola, che ha dato“La Costituzione afgana del 2004 è unprogetto riuscito di combinazione di diritto islamico,tradizioni tribali e diritto moderno”l’addio definitivo al franchismo; pertutte le Costituzioni francesi (compresal’attuale che nasce come risposta ai motidi Algeri); e ancora per le Costituzioninate dopo la caduta del muro di Berlino,la fine dell’Unione Sovietica, la disgregazionedell’ex-Jugoslavia.panorama per i giovani • 7


Come nasce uno statofenomeno di transizione politico-costituzionaleè il processo di nation building.L’idea di nazione diviene fattoreprimario per la stabilizzazione e perFoto: iStockphoto.com (MivPiv; MivPiv; csreed)Uno dei principali problemi che sipone dal punto di vista dottrinario èrappresentato dall’analisi dell’assettodei poteri come profilato nei nuovi ordinamentie dalle procedure costituenti,cioè dalle relative forme di legittimazionedemocratica. Il “fatto” costituzionaleimplica una discontinuità rispettoall’ordinamento giuridico preesistentee diviene base per una nuova legittimazionestatale. In un contesto come quellocaratterizzante le situazioni post-belliche,si rende difficoltoso l’inquadramentodella nuova fonte, dal momentoche essa va posta, relativamente alla sua“L’idea di nazione diviene fattore primarioper la stabilizzazione e per l’efficacia del sistema: laCostituzione proviene dal popolo che la fonda, ma alcontempo ha bisogno di essere interiorizzata”nascita, in rapporto con il sistema in cuiessa si inserisce e che contemporaneamentestravolge con la sua stessa venutaa esistenza. Potrebbe sembrare paradossalesostenere un’agiuridicità inizialedella Costituzione, che dovrebbe poiaffermarsi solo per via consuetudinaria,ma la discussione non è di poco conto.C’è, infatti, chi ha sostenuto che il poterecostituentenon potrebbe cheesplicarsi di fattoe che proprio graziealla forza normativadel fattoesso arriverebbea giustificare se stesso, affermandosiper mezzo della concreta esperienzagiuridica.Aldilà di disquisizioni che nemmenovedono i volti delle persone chevivono tali cambiamenti, quello chepiù forte e potente si struttura dietro ill’efficacia del sistema: la Costituzioneproviene dal popolo che la fonda, ma alcontempo ha bisogno di essere interiorizzatadalla coscienza collettiva, poichésolo attraverso la piena assunzioneda parte di questa come paradigma dellagiuridicità, la Carta può acquistareeffettiva vigenza e si può evitare chela nuova cornice giuridica che cercadi porre tutti su uno stesso piano dieguaglianza si riveli troppo debole perresistere alle differenze tra realtà etniche,culturali, linguistiche e razziali.Simbolico è il procedimento che vieneseguito per arrivare alla stesura di untesto costituzionale. L’esperienza ci hadimostrato come si voglia raggiungeretale obiettivo attraverso l’attività di unorgano altamente rappresentativo delledifferenti istanze che un paese racchiude,un corpo in cui si uniscano isentimenti e gli interessi delle diverseetnie, la forza delle tradizioni e un comuneanelito all’innovazione. Per noi èstata l’Assemblea costituente, eletta a8 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statosuffragio universale: e non è un caso.Si aggiungono poi le modalità di lavorodell’Assemblea stessa, articolata incommissioni e sottocommissioni, in cuiIn alto: un villaggio afgano; a sinistra:un carro armato ricorda l’invasionesovietica. Il paese asiatico rappresentaun caso paradigmatico di transizionecostituzionale; la Costituzione del 2004 èriuscita a coniugare tradizione islamica,diritto tribale e diritto moderno.si incrociavano relazioni dei rispettivilavori, a garanzia di un risultato finaleil più possibile frutto di un’unica volontà.In fondo, non è andata male: piùdi 60 anni con una Costituzione che, aldilàdi alcune formulazioni più o menofelici, non ha mai perso di attualità.Il testo costituzionale definitivo, comeaccennato precedentemente, giunge allaconclusione di una serie di fasi intermedie.In ogni processo costituente risultanoinfatti presenti costituzioni transitorie, incui si anticipano“Il concepimento di un nuovo ordine costituzionaleha origine da una guerra, da una secessioneconcertata, o comunque dai casi in cui si assuma comeesaurita la legittimità dello stato”e si sperimentanoi contenuti fondamentalidei principiorganizzatorie finalistici chesaranno propri delnuovo ordinamento costituzionale e chesi vorranno adottare per mezzo di assembleecostituenti e di referendum costituzionali.In queste fasi il gioco si fa piùacceso: si dibatte su quali formulazionivadano preferite e su quali contenuti sianoda inserire o no. Mai come in un testocostituzionale le parole sono di primariaimportanza: esse vanno a informare l’interpretazionedi tutto l’ordinamento giuridico,determinando i caratteri sostanzialialla luce dei quali leggere qualsiasi altrofenomeno normativo. E, cosa che è ancorapiù rilevante, determinano i tratti diun paese, il quale si verrà configurando inun modo piuttosto che in un altro propriosulla base delle previsioni costituzionali.Leggere una Costituzione è comprenderela realtà dello stato che ci troviamodi fronte: in essa sono sintetizzati i suoicaratteri distintivi, in essa si traccianole vie lungo le quali le persone possonoincamminarsi e in essa si apre lo spettrodi possibilità e garanzie riconosciute aicittadini.Uno degli ultimi esperimenti costituzionali,la Costituzione afgana del2004, è un caso paradigmatico di transizionecostituzionale, sia dal punto divista delle vicende da cui ha preso avvio,sia per il modo in cui si è portataavanti la ristrutturazione costituzionaledel paese e per gli sviluppi che essa haavuto. L’11 settembre 2001 ha significatoper l’Afganistan una nuova invasione.L’ennesima prova per il suo assettoordinamentale e forse nessuno sisarebbe aspettato come risultato unaCarta che, cercando di rispettare il principiodi autodeterminazione del popoloafgano, è riuscita a coniugare in modoapprezzabile la tradizione islamica, ildiritto tribale e quello moderno. In baseall’accordo di Bonn, il testo avrebbedovuto rispecchiare i diversi valori delpaese; si è così portato avanti un progettodi sensibilizzazione, che avevaper obiettivo quello di informare le popolazionisul processo costituzionale incorso, cercando al contempo di coglieresuggerimenti e spunti provenienti dallaviva vox delle persone. Si è costituzionalizzatauna Commissione indipendentedell’Afganistan sui diritti umani, alledonne sono stati riconosciuti gli stessidiritti degli uomini, si sono vietate tuttele forme di discriminazione e privilegio.Per la prima volta tutti i cittadinisono stati definiti afgani. Il lavoro ditanti giuristi, fra i quali una delegazionedi italiani che si sono occupati dellaristrutturazione del sistema giudiziario,di rappresentanti internazionali e locali,della gente comune ha dimostratoche non è mai troppo tardi. Con questaCostituzione, pur fra tante difficoltà econtraddizioni e in un contesto che permolti versi rimane “di guerra”, si sonorivisti “aquiloni” nel cielo afgano.panorama per i giovani • 9


Come La salute nasce nel uno mondo statoFoto: iStockphoto.com(manxman; KeithBinns; nordmannjj)Diritto e giustizia negliscenari post-belliciLa ricostruzione del sistema legislativo e giudiziario di un paese cheesce da un conflitto armato richiede interventi “su misura”. Comedimostrano le recenti esperienze, il problema fondamentale risiede nonnel tipo di modello promosso, bensì nella sua accettazione da partedella società. Fermi restando i principi della rule of law.di Jelena PajicLa ricostruzione del sistema legale in contestipost-conflittuali costituisce un fattorecruciale per il successo delle operazioni distate building. Nessun piano di riassettoeconomico, politico o sociale può sperarein risultati duraturi se non viene inscrittoin un più ampio progetto comprendenteil ristabilimento della cosiddetta rule oflaw: un clima di legalità, di certezza deldiritto, di uguaglianza di fronte alla leggesia dei governati sia dei governanti e difiducia nel sistema giudiziario sono riconosciutipacificamente come le necessarieprecondizioni della pace, della democraziae dello sviluppo.Si tratta di un compito delicatissimoche, se da un lato richiede decisioni rapide,dall’altro presuppone la conoscenzadelle peculiarità e dei bisogni dellasocietà coinvolta. Infatti, è scorretto,ma soprattutto controproducente, individuareun’unica formula di intervento,come spesso è stato fatto, e applicarlaunilateralmente da parte degli attori internazionali.Nonostante le migliori intenzioni,questi ultimi, in molti casi, nonsono stati in grado di individuare l’assistenzaappropriata alle diverse situazioni,determinando così il fallimento deipropri sforzi: per l’incapacità del tessutosociale di adeguarsi alle riforme, perchéimpermeabile ai nuovi principi; per lanaturale tendenza all’autodeterminazioneche respinge le imposizioni esterne oper l’opposizione degli stessi magistratiai nuovi modi di procedere. Per evitarequesta sorta di “rigetto”, ogni interventodeve iniziare con lo studio di una molteplicitàdi elementi, che comprendono,fra l’altro, la natura del conflitto, eventualipregresse tradizioni democratiche,la cultura giuridica sottostante, il livellodi istruzione del popolo, l’esistenza diIn queste pagine: alcune immaginidell’Afganistan e la mappa del paeseasiatico.minoranze etniche, linguistiche o religiose,la presenza di eventuali sistemiinformali di soluzione delle controversie.Un esempio può chiarire meglio:la storia giuridica dell’Afganistan ètutt’altro che povera e vanta la presenzadi costituzioni fin dal 1923. Accanto aldiritto statale, si sono storicamente sviluppatialtri due sistemi giuridici paralleli,l’uno costituito dal diritto islamico(per l’insegnamento del quale esistevala facoltà di sharia, distinta dalla facoltàdi giurisprudenza), l’altro da un dirittoinformale e non scritto, basato su consuetudinie codici d’onore, vigente soprattuttonelle zone rurali. Quest’ultimoera in grado di gestire le controversie inmodo più efficiente rispetto alle strutturestatali, contribuendo in maniera mirabileal mantenimento dell’ordine sociale nellearee meno sviluppate. Ebbene: duranteil processo di ricostruzione del paese,questo tratto caratteristico del sistema èstato opportunamente mantenuto in vitae valorizzato, con interventi limitati adalcune correzioni e al suo coordinamentocon lo stato.Queste considerazioni preliminarisono indispensabili per una corretta interpretazionedel compito cui si è chiamati.Lo state building non deve imporreo esportare questo o quel modello distato, ma deve creare i presupposti istituzionalie culturali necessari all’autonomavita e allo sviluppo sostenibile di unasocietà. Lo stesso vale nell’ambito qui10 • n. 1, gennaio-aprile 2009


preso in considerazione: non è questionedi sostituzione agli attori locali, ma disostegno alle riforme di cui essi devonoessere i protagonisti; non di importazionedi esperti e di modelli stranieri, madi mobilitazione delle professionalità nazionalie di promozione di consultazioni;non di offrire la nostra giustizia, ma, perdirla in termini economici, di creare “domandadi giustizia”. Non senza motivo igiuristi ripetono costantemente che l’effettivitàdi un ordinamento, la sua tenutacomplessiva, deriva soprattutto dallaspontanea adesione dei consociati allesue regole, e non tanto dalla forza deterrentedelle sanzioni.È in questa cornice che vanno collocaticorrettamente gli interventi di caratteretecnico-giuridico. Essi si dispieganotradizionalmente secondo due direttriciprincipali: la ricostruzione del sistema legislativoe quella del sistema giudiziario.Infatti negli scenari post-bellici emergono,primariamente, da una parte problemirelativi alla obsolescenza delle leggi, allaloro incompatibilità con gli standard internazionalidi tutela dei diritti umani, allairreperibilità dei testi legislativi causatadalla distruzione di biblioteche, archivi,registri e fonti; dall’altra parte c’è carenzadi giudici e di personale legale competente,per non parlare del clima di corruzioneche contraddistingue tale ambiente.Per quanto riguarda la prima direttrice,gli interventi “a caldo” sono volti allaricognizione e alla revisione delle leggiesistenti più importanti e urgenti (in particolare,civili e penali) e alla stesura dinuovi strumenti legislativi miranti ad assicurarela tutela dei diritti umani e l’eserciziodelle libertà fondamentali. Successivamente,il campo di azione si estendefino ad abbracciare la legislazione di tuttele branche dell’ordinamento, ma questoè un compito di lungo termine che deveessere affidato ai ricostituiti corpi legislativinazionali; in attesa di tale momento,l’esperienza degli attori internazionalisvolge un ruolo importantissimo di coordinamentoe consulenza tecnica.La seconda direttrice, invece, richiedearticolate azioni di riorganizzazione deitribunali, fra i quali l’istituzione di corsidi formazione per giudici e avvocati, losviluppo del sistema universitario, la ricostruzionedelle infrastrutture giudiziarie edetentive. Questi sforzi, però, si rivelerebberovani se non fossero calati in un contestocontrassegnato dalla centralità deiprincipi di indipendenza e separazione delpotere giudiziario da quello politico. Siffattacondizione si raggiunge mediante laprevisione di garanzie istituzionali, qualigli organi di autogoverno della magistratura(sul modello del Csm), e procedurali,quali i criteri di nomina e rimozione dallafunzione che siano trasparenti ed efficientinell’eliminazione di ogni sorta di influssopolitico. Dall’altra parte, a controllarel’operato della magistratura e a controbilanciarnel’indipendenza, si devono predisporrestrumenti quali la pubblicità delprocesso e delle decisioni e sistemi di valutazionedel loro operato.È necessario sottolineare che l’una el’altra direttrice si completano a vicenda,poiché la riforma del corpus juris puòesplicare costruttivamente i suoi effettisolo se l’applicazione delle leggi viene affidataa un corpo giudiziario tecnicamentepreparato e moralmente integro.Tuttavia, se nella teoria tutto sembrafilare liscio, nella pratica non è semprecosì. Infatti, il pericolo di fare passi indietronon si può scongiurare una volta pertutte, come dimostra la recente legge afganasul diritto di famiglia che, nonostantel’esplicito riferimento in costituzionealla parità dei sessi, si presenta gravementelesiva dei diritti delle donne. Corruzione,interessi politici e abuso dei poterida parte delle autorità sono circostanzetutt’altro che eventuali e la possibilità perla comunità internazionale di intervenireè una soluzione solo parziale. A lungo andare,l’assenza di una rinnovata coscienzagiuridica nei cittadini (comprendente nonsolo la volontà di rispettare i diritti umanie la legge, ma anche la pretesa di vederlirispettati dai governanti) vanificherà ognialtro sforzo.Non si deve, quindi, trascurare questoterzo campo di azione, che funge da legantedei primi due. Esso si attua attraverso ladiffusione e la formazione di una culturalegale, nel modo più ampio possibile, frala popolazione, mediante campagne informativevolte a creare consapevolezzadei propri diritti, delle proprie responsabilitàe delle modalità di accesso alla tutelagiurisdizionale.Ogni ricostruzione giuridica che sialungimirante deve cercare di realizzareun equilibrio fra tutte queste variabili. Èqui il fulcro del problema ed è qui chesi gioca la scommessa più importante.Riforme sostenibili richiedono apertura,responsabilità, condivisione delle regolee soprattutto tanto tempo: la rule of lawnon ammette improvvisazioni.panorama per i giovani • 11


Come La salute nasce nel uno mondo statoFoto: iStockphoto.com(mit4711; HultonArchive; gkgraphics)Il lungo itinerario delcittadinoPolites, civis, citoyen, citizen: i molteplici volti della cittadinanza nellastoria. Un’evoluzione che è espressione della complessità della societàe della storia del pensiero umano e che segue un tragitto che sembratrovare conclusione nelle proprie stesse premesse.di Noemi Nocera“Quello di cittadinanza è un concetto dinamico,che rimane tuttavia cardinedel pensiero politico, filosofico, socialedell’umanità, nutrendosi sia di dimostrazionidi carattere teoretico, sia di preteseed esigenze schiettamente fattuali.Per cercare di giungere a una visione ilpiù possibile disambigua della nozione di cittadinanzasi impone quindi come imprescindibileuna disamina sull’evoluzione che taleconcetto ha subito nel corso della storia.La cittadinanza nell’antica GreciaSocrate, analogamente a Protagora, ritenevache l’uomo fosse tale solo in quantorapportato alla società, ovvero in un contestocomunitario retto da leggi. Moviamoquindi le premesse del nostro discorsodalla Grecia, ove con Grecia intendiamoriferirci ad Atene più che a Sparta.Atene è la cittàdell’agorà, dellademocrazia diretta,della comunicazionefra i cittadiniaventi diritto a parteciparealla vita politica. Paradossalmente,la compiuta teorizzazione della nozionedi cittadinanza la troviamo in Aristote-La compiuta teorizzazione della nozione dicittadino si trova paradossalmente in Aristotele,quando ormai la crisi della polis pare inarrestabile”le, quando oramai la crisi della polis pareinarrestabile e il cittadino greco non è piùdirettamente coinvolto nelle faccende delgoverno e si ritrova “inglobato” in un piùvasto organismo statale. Aristotele affermache “non si è cittadini perché si abita in uncerto luogo, né perché si abbiano i diritti civili”,ma sono cittadini solo coloro che hannola capacità di accedere alle “cariche deliberativee giudiziarie”. Dunque, la qualificadi cittadino fungeva da distinguo non solodagli stranieri, ma anche dai meteci, daglischiavi e dalle donne, con ciò implicando edesignando una condizione di privilegio.Il cittadino-sudditoLa dimensione politica che Aristotele elaboraa riguardo della nozione di cittadinanzaviene relativamente a perdersi conl’epoca romana, tanto che Roma pratica ladistinzione fra civis cum e sine sufragio.Nel tardo periodo imperiale verrà infinea configurarsi la forma del cittadino-suddito:la qualifica di cittadino diviene inintelligibilese dissociata dall’idea di sottomissioneall’autorità statale, formula cheverrà ripresa da Bodin e che per Aristotelesarebbe risultata inconcepibile.Da questi pochi dati si deduce quelloche è stato l’alternarsi di un dilemma fondamentale:la cittadinanza è condizionatadalla forma statale a tal punto da non poterpiù essere considerata tale in determinatiregimi? Per Aristotele sì.Bodin, assimilando la nozione di cittadinoa quella di suddito, giunge a conclusioniaffatto differenti.Il cittadino democraticoLo stridente contrasto presente nell’abbinamentodei due termini “cittadino”12 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statoe “suddito” è radicalmente risolto daRousseau, la cui preoccupazione è quelladi “trovare una forma di associazioneche difenda e protegga con tutta la forzacomune la persona e i beni di ciascunassociato e per la quale ciascuno, unendosia tutti, non obbedisca tuttavia che ase stesso e resti libero come prima”. Eglidà già la soluzione nelle premesse, ovverosovrano=cittadino=suddito, fornendol’identikit del cittadino democratico.Nella Dichiarazione dei diritti dell’uomoe del cittadino del 1789 l’influenzarousseauiana è tangibile. Tuttavia, la ridondanteespressione “dell’uomo e delcittadino” risulta perlomeno ambigua. Seil primo articolo della dichiarazione recita“Gli uomini nascono e rimangono liberie uguali nei diritti”, la nozione di citoyennon dovrebbe essere implicita in quella dihomme?La Dichiarazione universale dei dirittidell’uomo del 1948 ha rappresentato, inquesto senso, una svolta epocale. Cosìrecita l’articolo 21: “Ognuno ha diritto dipartecipare al governo del proprio paese,sia direttamente, sia attraverso rappresentantiliberamente scelti”. Si riconosce cosìa tutti gli esseri umani il diritto a vivere inuna democrazia.Nella pagina precedente: l’acropoli diAtene, simbolo dell’antica democraziagreca; Jean Jacques Rousseau. In basso:piazza Tienanmen a Pechino.L’“evaporazione” dello stato-nazioneAbbiamo visto come la nozione di cittadinanzasia epocalmente qualificabile edipendente dalla forma che lo stato assume.Essa è, inoltre, un concetto legato aun sistema normativo e non può basarsi supresupposti conseguenzialisti o intuizionisti,ma deve stabilirsi su base contrattualistica.Se l’uomo ha dei diritti politici, eglinon può che esercitarli in una comunitàpolitica. È su questo che si costruisce ognidemocrazia attuale ed è questa la linea dipensiero lockiana, rousseauiana, kantiana,che tuttavia pone attualmente problemi deltutto nuovi. Oltre ai diritti fondamentali einalienabili che il cittadino deve vederetutelati e di cui, secondo i giusnaturalisti,l’uomo è titolare per natura (libertà negativa),egli, in seguito al patto associativo,cui peraltro aderisce liberamente, ha anchepotere sovrano (libertà positiva). Questo èciò che, secondo Rousseau, dovrebbe essere.Dove sorge il problema?Facciamo una premessa. Con riguardoall’evoluzione dello stato protomoderno inrepubblica democratica, l’invenzione dellanazione, secondo quanto sostenuto dal filosofotedesco Jürgen Habermas, ha svoltoun ruolo catalizzante. Habermas ritieneche i due concetti di “cittadinanza” e “nazionalità”,che fino a poco tempo fa eranosovrapponibili, stiano prendendo stradealquanto diverse. Per cittadinanza (demos)si intende propriamente la condizione giuridico-normativa;per nazionalità (ethnos)la componente socio-culturale. Poiché lacittadinanza democratica si è concretizzatasolo in un contesto nazionale, i termini“popolo di stato” e “nazione” hanno finitoper essere utilizzati in modo equivalente,mentre il secondo ha una specifica connotazionesia politica sia socio-culturale. Ilnesso tra ethnos e demos appare, oggi piùche mai, contingente, anzitutto perché lostato dovrebbe esistere, quale artificio storico,in funzione del cittadino e, con l’introduzionedel concetto di nazione, questopunto fondamentale tende a evaporare.L’omologazione culturale operata daglistati nazionali sui cittadini, non è più,oramai, né pensabile né attuabile. E questoper due dati di fatto fondamentali e paradossalmenteantitetici: la globalizzazionedell’economia (alla quale ha contribuito inmaniera determinante l’informatizzazionedei mezzi di comunicazione) da una parte ela pervadente multiculturalizzazione dellapopolazione all’interno di una stessa nazione(dovuta ai flussi migratori e alla stessaglobalizzazione economica) dall’altra.La prima ha visto la nascita di nuovi attorinella politica mondiale (multinazionali,Ong) e di nuovi pubblici (organizzazioniinternazionali). Alle spinte centripete, sicontrappongono quelle centrifughe, con rivendicazionidi appartenenza a comunità,etnie, classi sociali, dovute alla nascita distridenti tensioni a livello socio-culturaleall’interno della nazione. Ciò non può checreare dubbi riguardo all’essenza del concettodi cittadinanza, ma dall’altro lato puòfar sorgere molte aspettative su di esso.Ciò che non si dovrebbe comunque dimenticareè che la summa essenziale delconcetto stesso di cittadinanza dovrebberimanere il coinvolgimento dei cittadininelle decisioni politiche.Tucidide disse: “Qui ogni personanon è interessata solo ai propri affari, maanche, nello stesso modo, agli affari pubblici:anche coloro i quali sono maggiormenteimpegnati nelle loro occupazioni,sono bene informati sulle questioni politichegenerali – è una nostra peculiarità.Noi non diciamo che un uomo che non siinteressa di politica è uno che pensa soloagli affari propri: noi diciamo che è unoche non ha proprio affari”.Ovviamente, dobbiamo tener contodel fatto che Atene era una piccola comunitàdi non più di ventimila abitanti,che non può quindi essere paragonata allegrandi aggregazioni dell’era moderna e diquella contemporanea, quali, ad esempio,la Cina.Inoltre e in ogni caso, prima di parlaredi cittadinanza digitale e, ancor più, dicittadinanza cosmopolitica, occorrerebbesoprattutto favorire la democratizzazionedei sistemi autoritari, per far sì che tuttiabbiano realmente la possibilità di esserecittadini.I grandi cambiamenti dell’epocacontemporanea, insomma, esigono delleimmediate risposte di tipo pratico, che,almeno per ora, non sembrano sposarsifacilmente con l’utopismo teoretico deifilosofi. In futuro, chissà: pare che il cittadinoabbia ancora molta strada da percorrere...panorama per i giovani • 13


Come La salute nasce nel uno mondo statoLa natio romana nell’Alto Medioevo:ENIGMA TRA STORIAE IDEOLOGIAdi Maria Teresa RachettaIl Medioevo è stato tradizionalmente illuogo in cui l’arte, l’ideologia e talvolta lesocietà stesse hanno cercato le origini diquelle nazioni europee che sarebbero diventatei modelli dell’idea di stato. Originiper lo più abbastanza remote, spesso dotatedi alcune delle caratteristiche proprie delmito, non raramente inventate in età molto“Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente neidocumenti ufficiali e nelle testimonianze narrativecontinua a comparire il nome romano, ma secondodinamiche che spiazzano gli studiosi moderni”vicina a noi. Un Medioevo dotato di unasua propria epicità, in cui certo non si potevapretendere esistessero le radici delleistituzioni statuali moderne, ma che certoera il teatro delle gesta di quella moltitudinedi popoli distinti da origini e tradizioniche secoli dopo si sarebbero trasformati innazioni secondo corrispondenze generalmentebiunivoche. È questa una prospettivadi lunga tradizione, che in Italia ha caratterizzatol’intera storiografiarisorgimentalee ha un padrinoillustre, l’AlessandroManzoni del Discorsosopra alcuni puntidella storia longobardain Italia, secondo un modello giàripetuto innumerevoli volte nello spazio enel tempo, quasi per ogni gruppo umano,più o meno grande, bisognoso di una qualcheforma di legittimazione.Questa prospettiva ha subito revisionianche profonde, che un caso apparentementemolto particolare può aiutarci a illustraree soprattutto a trasformare in unariflessione costruttiva sulla natura dellenationes medievali. Si tratta di quello chegli studiosi hanno definito un “enigmaarchivistico”: prima di esporlo appare necessariofare alcune precisazioni.Nel 211 d.C., con l’editto di Caracalla,la cittadinanza romana venne estesa anchealle popolazioni delle province. Il testodell’editto ci è giunto in condizioni nonottime, generando varie interpretazioniche oggi sembrano convergere su quellasecondo la quale la cittadinanza sarebbestata estesa, a fini prettamente fiscali, allesole élites cittadine, cioè a quelle fascedi popolazione ricche e colte capaci diparlare latino o greco. Oggi, infatti, sappiamoche l’impero non era affatto quelmondo culturalmente omogeneo che si èa lungo immaginato, unito dalla culturagreco-romana, ma che nelle campagne enei piccoli centri le tradizioni, i culti e leFoto: iStockphoto.com (pkfawcett; HultonArchive)14 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come La salute nasce nel uno mondo statolingue locali non solo resistevano, ma sievolvevano persino, mantenendosi in unostato di salute tale da permettere sopravvivenze,nella cultura popolare soprattutto,fino alle soglie dell’età moderna.Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente,nell’Alto Medioevo, nei documentiufficiali e nelle testimonianze narrativecontinua a comparire il nome di “romano”,ma secondo dinamiche tali da spiazzaregli studiosi moderni, che hanno tentatodi comprendere quale fosse il significatodi questa designazione e se e in qualiA sinistra: il castello medievale diCarcassonne (Francia). Sotto: l’imperatoreCaracalla.casi potesse indicare una qualche etnia ostirpe superstite alle invasioni barbariche.Nelle fonti del tempo compaiono effettivamentedei Romàioi, in greco, che peròaltri non sono che coloro i quali noi modernidesigniamo come “bizantini”, quindigli abitanti dell’Impero d’Oriente. Nel suoracconto delle conquiste italiane di Giustinianolo storico Procopio di Cesarea riferisceche gli Italiòtai si erano nuovamentesottomessi ai Romàioi, ricorrendo per gliabitanti della penisola a un nome geograficoe non etnico. Allo stesso modo i re longobardiricorrevano al medesimo concettoterritoriale, denominandosi reges Italiae(titolo che per altro nel XII secolo indicheràil re di Germania candidato al titoloimperiale!). Nel 970 Liutprando, vescovodi Cremona, si recò in visita all’imperatorebizantino Niceforo Foca, il quale affermòche Liutprando e il suo signore, l’imperatoredel Sacro Romano Impero OttoneI di Sassonia, non erano romani ma longobardi.Liutprando rispose che per lui ilnome di “romano” era sinonimo di quantodi più ignobile esistesse al mondo. Eppurenell’800, quando Carlo Magno era statoincoronato a Roma, era stato acclamato,come ci tramandano le cronache ufficialiraccolte negli Annales Francorum, conle parole: “A Carlo, augusto, coronato daDio, grande e pacifico imperatore romano,vita e vittoria!”. A pronunciare questa formula,sicuramente vera perché attestata dadiverse altre fonti antiche, erano i cittadinidell’Urbe, che ritenevano di essere i legittimielettori del nuovo, sacro, imperatore. Laparola “romano”, quindi, ha qui un significatoristretto relativo all’orgoglio di unacittà ormai meno che l’ombra del passato,ma soprattutto una valenza ideologica, secondocui un impero che fosse universalee (in senso strettamente politico) cristianonon poteva che essere romano. E in effettiancora due generazioni imperiali dopo,Ottone III di Sassonia, imperatore dal 996al 1002, figlio della principessa bizantinaTeofano e posseduto dal sogno di installarela sua corte sul Palatino, recava sul suosigillo la scritta “Renovatio imperii Romanorum”,in cui torna il concetto di romanitàprettamente ideologico e politico. Questainterpretazione del termine è confermatadalla totale assenza, fino al IX secolo inoltrato,nei documenti giuridici italiani, diindividui che si proclamino romani a frontedi una discreta presenza dei longobardi.Anche nelle cronache e nelle epistole diromani non c’è traccia alcuna, a fronte dinumerose testimonianze di longobardi tracui la famosa Historia Langobardorum diPaolo Diacono. Le uniche eccezioni sonofacilmente spiegabili: si tratta di abitantidella città di Roma o della Pentapoli edell’Esarcato (oggi non casualmente dettoRomagna), i domini bizantini in Italia.A partire dal X secolo i documentiprivati tornano a riempirsi di “romani” (odi natio romana), accanto ai “longobardi”(o di natio langobarda) che inizianoa diventare sempre meno e si avviano asparire, lentamente ma inesorabilmente.La discontinuità che abbiamo riscontratonei secoli in cui le uniche entità “romane”erano un impero lungamente retto dauna dinastia proveniente dalla Sassonia,una delle terre meno romanizzate (e cristianizzate)dell’Occidente, e Bisanzio ciimpediscono di ritenere che i nuovi “romani”possano essere i discendenti dellepopolazioni latine o italiche latinizzate.La risposta all’enigma è sorprendente mailluminante: i “romani” dei documentisono coloro i quali si servivano, per i loroatti, del diritto romano. I medesimi individui,segnatamente ecclesiastici, potevanodefinirsi “romani” negli atti in cui agivanocome membri della gerarchia entro lacornice del diritto romano, “longobardi”quando trattavano le loro questioni privatesecondo le leges langobardorum, indipendentementedall’ormai sfumata etnia diappartenenza e in base a esigenze eminentementepratiche. Con il passare del tempoil rafforzarsi dell’organizzazione temporaledella chiesa, la ripresa degli studi umanisticie il progresso sociale resero l’usodel diritto romano, molto più evoluto e capacedi adattarsi ai dinamismi di società inrapida espansione, dapprima largamentemaggioritario e infine esclusivo.Un caso come questo non può che rendereevidente come anche le epoche chepiù sembrano sfuggire a una comprensioneglobale delle loro dinamiche culturalie sociali profonde possono in realtà, inpunti “sensibili”, fornire fondamentali indizidel lungo tragitto percorso al loro internoda quegli elementi che costituirannola modernità, che nelle epoche cosiddette“buie” non hanno mai cessato di formarsied evolvere.panorama per i giovani • 15


Come nasce uno statoLA CRISI DEL CONCETTO DISTATOsa di sovranità, ovvero dell’esercizio illimitatoe incontrastato della forza sui sudditie sul suo territorio. In secondo luogo,lo stato è limitato dai suoi confini. Questedue caratteristiche lo differenziano da altreorganizzazioni politiche preesistenti comela polis greca, l’impero romano, le cittàmedievali, la Lega anseatica o la confederazioneelvetica. La pretesa al dominioassoluto sui propri sudditi, in particolare, èchiaramente affermata in Niccolò Machiavelli,Jean Bodin o Thomas Hobbes, consideratii primi teorici dello stato. Ne segueche lo stato, cui l’aggettivo “moderno” èattaccato come un pleonasmo, è una formanuova di organizzazione politica. La suanascita può essere determinata nel tempo enello spazio: l’Europa dopo il XIV secolo.Altri considerano lo stato un’espressionenaturale, cioè sviluppatasi spontaneamente,della società. Una risposta decisamenteprovocatoria potrebbe essere che lo stato,che trova nella coercizione il suo unicostrumento di finanziamento, non è piùnaturale di quanto non lo siano il furto el’omicidio. Come distingue il sociologoFranz Oppenheimer, esistono due modidi accaparrarsi i mezzi di sostentamento:il mezzo economico (tramite il lavoro elo scambio volontario) e il mezzo politico(tramite il furto e la coercizione). Lo statoapparterrebbe, per i suoi caratteri di nonvolontarietà e coattività, indubbiamentealla seconda categoria.duzione, è una critica feroce al concetto ealla necessità dello stato. Lo stesso stato chedomina la politica occidentale da almenotre secoli e mezzo (la data di nascita vienespesso associata alla pace di Westphalia del1648) e la cui eternità viene spesso consideratauna categoria dello spirito. Ma è davverocosì? Sul serio lo stato è un’istituzionenaturale, eterna e indispensabile? Questoarticolo cercherà di dare una risposta (negativa)a tutte e tre le domande.Innanzitutto, con Max Weber possiamodefinire lo stato come “il monopolio dellaviolenza (legittima) su un territorio”. Taledefinizione attribuisce allo stato una pretediMattia BacciardiFoto: iStockphoto.com (cydebergerac; LUke1138)La serrata critica intellettuale e le numeroserivoluzioni succedutesi negli ultimitrecento anni hanno avuto quest’unico,sostanziale effetto sul concetto di stato:farci passare da “l’Etat c’est moi” del presuntuosoLuigi XIV al pretenzioso, maegualmente effimero, “lo stato siamo noi”dei nostri giorni.Detto in altre parole, l’invasione deiMcDonald, cui assistiamo da trent’anni aquesta parte, esprime una carica rivoluzionarianei confronti delle categorie politicheoccidentali maggiore di quella esercitata daimoti nazionalistici del 1848, dalla democratizzazionedella rappresentanza politicae persino dalla rivoluzione d’ottobre. Laprima infatti, in quanto espressione dell’abbattimentodelle barriere doganali e dellaglobalizzazione dei consumi e della pro-A destra: il Reno a Strasburgo. Sopra: ilsimbolo del Re Sole sulla cancellata diVersailles.16 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statoA questo proposito è interessanteanalizzare alcune implicazioni pratichedell’estensione del concetto di stato, tramitei concetti di democrazia e nazionalismo,intesi proprio al fine di creare neipopoli sentimenti di fedeltà e attaccamentoal proprio stato. Un esempio è datodal fatto che nel diritto penale modernoi crimini più severamente puniti non sonoquelli contro privati cittadini ma quelliperpetrati ai danni dello stato e dei suoiservitori (tradimento, renitenza alla leva,attentato alla vita dei capi di stato, evasionefiscale, contraffazione della moneta).Ancor maggiore è l’impressione chesi ricava dall’evoluzione della guerra, cheha assunto un carattere totale, di pari passocon il rafforzarsi della presa ideologicadello stato sui cittadini. Così mentre leguerre rinascimentali erano schermagliedi eserciti, spesso mercenari, di pochecentinaia di soldati che lasciavano il piùdelle volte incolumi i civili, le due guerremondiali hanno il carattere di guerre civili,in cui gran parte della popolazionemaschile veniva arruolata forzosamente egli scontri non solo non risparmiavano maanzi erano spesso volontariamente rivolticontro le popolazioni (si pensi ai bombardamentiaerei contro i civili inaugurati aGuernica dai nazisti).Proprio i massacri della Grande Guerrahanno indotto il pensiero sociologico aripensare lo studio dello stato, non da ultimoper negargli i caratteri di assolutezzae atemporalità che gli erano sempre statiassociati. Ma ancor più evidente è l’effettoche la Seconda Guerra Mondiale, coni suoi cinquantacinque milioni di morti,in gran parte civili, ha scatenato nellepopolazioni del mondo libero. Per stessaammissione dei suoi fondatori (Schuman,Adenauer e Monnet) la Comunità Europeaaveva come primo obiettivo quello difare in modo che lungo il Reno non avvenisseropiù spargimenti di sangue. Perfarlo, i padri fondatori dell’Europa unitapensarono bene di rendere gli stati europeieconomicamente interdipendenti, liberalizzandoil mercato dei due beni indispensabiliper fare la guerra: il carbone el’acciaio. Fedeli in questo alla massima diBastiat secondo la quale “un confine chenon è attraversato dalle merci, sarà prestoattraversato dagli eserciti”.Per questo stesso motivo, la globalizzazionedei mercati e l’abbattimento dellefrontiere, con la libera circolazione dellepersone e delle merci che ne consegue, contribuisconosenza dubbio al mantenimentodi pacifiche e stabili relazioni tra i popoli.“Le doux commerce” di Montesquieu, dicui il protezionismo strisciante nei discorsipolitici degli ultimi mesi è fiero avversario,contribuisce a migliorare il benesseredi tutti popoli che vi partecipano e nonsolo di quelli che godono di un vantaggiocomparato (Ricardo). Inoltre, riducendoil potere sovrano degli stati, mettendo incontatto popoli e persone e disperdendole decisioni di consumo e produzione tramilioni di individui, evita quei conflitti diinteressi tra monopoli e nazionalismi chefurono la causa della Grande Guerra.Rimane da rispondere all’ultima domanda:lo stato è davvero indispensabile?Rispondere che se così non fosse sarebbegià scomparso significherebbe giustificarefatalisticamente la realtà. Alcuni ritengonoche la funzione prima dello statosia di garantire la sicurezza pubblica e ilrispetto dei contratti e che essa non possaessere demandata. L’emergere di cortiinternazionali di arbitraggio privato e ilcrescere del ruolo delle truppe mercenarienelle ultime guerre (i famosi contractor inIraq) ci spinge a dubitare anche di questo.Quel che è sicuro è che lo stato stia perdendoparte delle funzioni e della legittimitàche fino a ieri sembravano assicuratee a giudicare dalla storia è difficile farsi ditutto ciò un’opinione negativa.La Comunità europea è un progettoambizioso e di lunga data: prima chenell’evoluzione politica del secondodopoguerra affonda le sue radicinel sogno di numerosi intellettualicosmopoliti del XIX e XX secolo.Le due “guerre civili europee”che si avvicendarono nel corsodi vent’anni caricarono tuttavia leélite politiche di un arduo compito:trasformare un’ideale repubblicadelle lettere partorita dalle menti dipochi intellettuali lungimiranti, in unprogetto politico concreto e stabile,capace di scongiurare nuove guerree dare prosperità ai popoli europei.Fu così che dalla collaborazionedi tre ambiziosi statisti: KonradAdenauer, cancelliere tedesco, RobertSchuman, primo ministro francese,e Dean Acheson, segretario di statoamericano, nacquero prima la Cecanel 1951 (Comunità economica delcarbone e dell’acciaio) e poi la Ceenel 1957 (Comunità economicaeuropea). Il progetto era fedelealla prudente logica funzionalistaabbracciata dal politico franceseJean Monnet e prevedeva chel’integrazione economica facesseda volano a quella politica. Fu cosìche dopo trent’anni di espansione,in cui la Comunità europea giunsea inglobare gran parte degli stati aOvest della cortina di ferro, nel 1992si giunse al Trattato di Maastrichte alla fondazione dell’Unioneeuropea. L’Ue è un’ambiziosa quantocomplessa costruzione istituzionalecon lo scopo di estendere lacooperazione intergovernativa allapolitica estera e all’amministrazionedella giustizia. Tuttavia le complicateregole decisionali, i veti incrociatidei paesi restii a rinunciare così infretta alla propria sovranità statale el’ulteriore allargamento ai dieci paesidell’Europa dell’Est avvenuto nel 2004ha reso l’Ue un organismo politicodifficilmente governabile. Il resto ècronaca, con le due bocciature delTrattato Costituzionale nella primaveradel 2005 in Francia e Olanda el’ulteriore rifiuto irlandese di accettareil Trattato di Lisbona nel Giugno 2007,ultimo tentativo in ordine di tempo dirilanciare la cooperazione europeasnellendone e semplificandone leprocedure decisionali.panorama per i giovani • 17


Come nasce uno statoL’Afganistandi RoryEx-diplomatico inglese e professore a Harvard, Rory Stewart è uno deipiù importanti esperti mondiali di Afganistan. È a capo di TurquoiseMountain Foundation, un’organizzazione non governativa che operaa Kabul. Lo abbiamo intervistato per chiedergli qual è la situazione equali sono le prospettive dell’intervento internazionale in Afganistan.a cura di Paolo Busco18 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statoL’appuntamento è per le dieci all’OrielCafé di Sloane Square, centro di Londra,uno dei luoghi di riferimento dell’establishmentpolitico ed economico londinese.Ambiente sobrio e pacato, già quasi desertoa quell’ora della mattina: i banchierie gli avvocati d’affari hanno già fattocolazione e iniziano a sciamare convulsamentefuori del locale, agitando braccia,ombrelli e ventiquattrore per richiamarel’attenzione di qualche tassista. Rory Stewartarriva con cinque minuti di anticipo,come si conviene a un perfetto anglosassone,educato a Eaton e poi a Oxford. Cisediamo subito al nostro tavolo, inizia luia rivolgermi alcune domande: vuole informazionisul Collegio “Lamaro Pozzani”,sui Cavalieri del Lavoro, sui miei desideridi intraprendere la carriera diplomatica. Èmolto “well-mannered”, come direbberogli inglesi, ci tiene a farmi sentire a mioagio e a non far pesare la collezione deisuoi incarichi prestigiosi e delle sue onorificenze.Decidiamo di rompere il ghiacciocon tre porzioni della tipica englishbreakfast (due per lui – che l’indomanisarebbe partito di nuovo per l’Afganistane non avrebbe più visto cibo sostanziosoper mesi – e una per me – che l’indomanimi sarei comodamente svegliato in un hotellondinese). È difficile intervistare unapersona come Rory Stewart. Nell’impostarele domande avevo pensato a un tonoformale e rigoroso, come si conviene nellecircostanze in cui l’intervistato, sebbenegiovanissimo, sia persona di tale famae prestigio. Mi sbagliavo. Usa quel tonoamichevole e appassionato di chi amaciò a cui si dedica e ci tiene realmente atrasmettere a chi ascolta quella passione.Penso che lo spessore di Rory (ha pretesosin da subito che smettessi di far precedereal suo nome qualsivoglia titolo, da Mr.a Professor) si veda anche da questo.L’Afganistan ha una storia molto anticae radicata per quanto riguarda il culto elo sviluppo delle cosiddette “arti tradizionali”,che risale ai tempi di Alessandro ilGrande. Per circa 2500 anni la posizioneassolutamente centrale dell’Afganistannel continente asiatico ha reso possibile aisuoi abitanti di entrare in contatto con formeculturali che sono l’espressione di popoliassai diversi (basti pensare ai popoliche abitavano la Cina o anche la Turchiao la Grecia). Tutto questo ha reso l’Afganistanun crogiuolo molto interessante distili e tradizioni artistiche assai peculiari.Il problema però è che tutta la produzioneartistica e culturale, compreso il relativoknow-how, è stata spazzata via datrent’anni di guerra [contro l’Unione Sovietica,N.d.R], che hanno visto un esododi massa di profughi afgani verso l’Irane il Pakistan. Ad esempio, vi sono moltianziani in Afganistan che un tempo eranofra i più stimati artisti del legno e dellaceramica e che sono stati costretti dallaguerra ad abbandonare la loro attività perdedicarsi alla vendita di frutta o bestiame,per garantire un minimo sostentamentoalle loro famiglie. La scommessa di TurquoiseMountain è quella di creare prodottiche possano essere appetibili ancheper compratori stranieri, assicurando, ovenecessario, anche il contributo di progettistie designers di fama internazionale chepossano incrementare la qualità della nostraproduzione. Ad esempio, nel campodella ceramica non ci limitiamo a lavorarecon i produttori locali, ma coinvolgiamoa vari livelli persone provenienti da altripaesi che siano esperti nelle diverse fasidella lavorazione.Rory, Turquoise Mountain Foundationtiene in grande considerazione concettiquali le tradizioni, il senso dell’onore elo spirito di appartenenza della comunitàafgana con la quale lavora. Si puòsostenere che proprio la sottovalutazionedi questo aspetto ha giocato un ruoloimportante nel compromettere la granparte degli sforzi profusi dagli statioccidentali per attivare un processo distate building in Afganistan?La questione del senso di appartenenza,dell’onore e delle tradizioni è senza dubbiodi fondamentale importanza, e nonsolo perché con essa ci misuriamo nelnostro lavoro quotidiano nella città diKabul. Infatti, nell’ottica più ampia dellapresenza straniera in Afganistan, una delleproblematiche più serie che gli operatoriinternazionali si trovano ad affrontare èproprio quella di riuscire ad evitare che laloro presenza venga percepita dal popoloafgano come un’offesa e un’umiliazione.Molti afgani con cui ho parlato mi hannospesso detto: “Io ho sempre vissuto in unacapanna e dal momento in cui la comunitàinternazionale ha puntato i propri occhisull’Afganistan sono stato rimproveratodi vivere nel tipo sbagliato di capanna,Nella pagina precedente: il professor RoryStewart. In queste pagine: alcune immaginidei lavori della Turquoise MountainFoundation in Afganistan.Foto: Rory Stewart e Turquoise Mountain Foundation.Rory, l’organizzazione non governativada te diretta risulta sotto alcuni puntidi vista differente dalle altre ong: TurquoiseMountain Foundation non silimita a fornire sostegno economico efinanziario a una comunità di persone,ma piuttosto aspira a creare una sortadi circolo virtuoso all’interno dellacomunità stessa, con l’obiettivo di raggiungereforme di sviluppo sostenibile.Potresti darci qualche informazione inpiù in merito ai piani di business developmentdi questa attività?panorama per i giovani • 19


Come nasce uno statodi allevare il tipo sbagliato di pecore, dinon trattare bene le donne, di non riuscira capire l’importanza dell’educazione o ilvalore della democrazia”. E ovviamente,davanti a questo tipo di affermazioni, gliafgani si sentono profondamente umiliatie reagiscono persino con rabbia. Io credoche sia importante sviluppare progettiche abbiano un approccio diverso. Sitratterebbe in sostanza di dire agli afgani:“L’Afganistan è un paese fantastico; lavostra architettura, la vostra arte dovrebberoessere motivo di profondo orgoglioper voi; e allo stesso tempo potrebberoessere attività dalle quali trarre sostentamentoe anche profitto economico”. Equesto discorso vale non solo nel mondodelle Ong, ma anche dal punto di vista piùampio dello state building. Perché se gliafgani si rendono conto di poter controllarequesto processo costruttivo e di poterneessere parte attiva, potranno anche considerarlorispettoso della loro cultura, dellatradizione e, in generale, saranno più portatia darne una valutazione positiva.Rory, al fine di garantire che una ongpossa lavorare in modo efficace e sicuroin una particolare area, è necessarioacquisire una sorta di legittimazioneda parte della comunità che vive inquell’area. Come sei riuscito a creare emantenere l’ottima reputazione di cuiTurquoise Mountain gode fra la gentedi Murad Khane?Turquoise Mountain è una ong molto vicinaalla comunità con la quale opera, maanche molto vulnerabile. Ogni giorno, lostaff di quasi duecento persone di TurquoiseMountain vive con la gente di MuradKhane, entra nellesue case, nei palazzidella anticaKabul, lavorafianco a fianco congli abitanti dellazona. E quandoio cammino perle strade di Kabul,capita spesso che inegozianti escanofuori dai loro negozie afferrandomiper il bracciomi dicano con uncerto astio: “Non mi piace affatto quelloche stai facendo con la mia abitazione, nonmi piace come stai rimettendo in piedi ilmio palazzo”. E poiché siamo da questopunto di vista abbastanza deboli, non potendodisporre dei mezzi e del denaro concui altre ong si assicurano la protezionedei loro operatori, dobbiamo cercar di rendereconto ogni giorno alla popolazionedel nostro operato, ascoltare le loro richiestee venire incontro alle loro esigenze. Eall’inizio abbiamo incontrato gravissimiproblemi: almeno per i primi quattro mesinessuno era disponibile ad affittarci unostabile per la sede della nostra organizzazione,non volevano saperne della nostrapresenza nella zona. Abbiamo dovuto negoziareinstancabilmente per quattro mesiprima di ricevere un invito scritto da partedella comunità a iniziare i nostri lavori. Ingenerale, ogni giorno cerchiamo di stareattentissimi alle preoccupazioni della popolazionedi Murad Khane. Preoccupazioniche vanno dalla volontà di gestiregli spazi pubblici del quartiere secondocerte regole, alla necessità di garantire laprivacy delle famiglie che vivono negliedifici che ristrutturiamo. Molto spesso,ad esempio, ci chiedono di costruire murio divisori che possano proteggere appuntol’intimità delle famiglie proprietarie delleabitazioni sulle quali lavoriamo. Altre volteci chiedono di costruire scuole maternee, anche se la costruzione di scuole maternenon rientra fra gli obiettivi di TurquoiseMountain, cerchiamo comunque di venireincontro alle loro esigenze, così che vi possaessere una sorta di scambio reciproco.Molti commentatori dimostrano uncerto scetticismo sull’efficacia degliaiuti umanitari inviati in Afganistan.Molto spesso si sono intraprese opereconformi a un’idea tutta occidentaledi ricostruzione, senza capire se ciòrispondesse effettivamente alle esigenzedella società afgana. Quali sono leattività alle quali Turquoise Mountainsi dedica per far sì che le reali esigenzedella comunità siano effettivamentesoddisfatte? Riuscite a garantire la localownership dei progetti intrapresi?TURQUOISE MOUNTAINTurquoise Mountain Foundation è una ong fondata nel 2006 da Hamid Karzai, presidentedell’Afganistan, dal principe Carlo d’Inghilterra e dal Professor Rory Stewart, che ne èdirettore generale.L’obiettivo di Turquoise Mountain Foundation è di ristrutturare il quartiere di MuradKhane, nella parte antica della città di Kabul, realizzando progetti di rigenerazioneurbana che rendano il quartiere vivibile per i suoi abitanti e che facciano anche tornareall’antico splendore i palazzi e le costruzioni della città, testimonianza di forme d’arteormai quasi completamente perdute.Turquoise Mountain Foundation ha realizzato anche l’Institute for Afghan Arts andArchitecture (scuola per l’arte e l’architettura afgana), con l’obiettivo di istruire giovaniuomini e donne afgane alle arti tradizionali che da secoli caratterizzano la culturadel paese asiatico. I prodotti realizzati dagli studenti della scuola sono destinati allavendita in mercati interni e anche straieri e i relativi profitti sono interamente reinvestitinell’interesse degli abitanti del quartiere di Murad Khane.Per ulteriori informazioni: www.turquoisemountain.org20 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statoVorrei rispondere prima sugli aiuti e poimi concentrerò sulla seconda parte. Il piùgrande limite all’efficacia degli aiuti inviatiin Afganistan non è costituito tanto dallevalutazioni di carattere politico e militaredei donatori. Questo problema ha semmaiun risvolto quasi filosofico: è giusto che ipaesi donatori compiano valutazioni di caratterepolitico o militare nell’inviare aiutiin Afganistan? Personalmente ritengo chepossa considerarsi giusto. Sarebbe anziingenuo ritenere il contrario. Il limite fondamentale,come dicevo, è un altro: quellodegli sprechi. Lo scorso anno, dei 3,5miliardi di dollari inviati in Afganistan,più di un terzo sono stati usati per pagaresocietà di consulenza internazionale etecnici stranieri. Un ministro afgano mi hainvitato qualche tempo fa nel suo studiomentre stava verificando alcuni reports dispesa delle società di consulenza: ne avevacosì tanti impilati l’uno sull’altro da riempirel’intera scrivania. A ciò si aggiunganopoi le spese di carattere burocratico, quelleper la sicurezza, gli stipendi dei funzionariinternazionali e sarà facile capire in chemodo finisca buona parte dell’impegno finanziariodei paesi che hanno donato fondiall’Afganistan.Per quanto riguarda la questione dei risultatiimmediatamente visibili e di grandeimpatto mediatico perseguiti da alcuniprogetti e la sostenibilità di lungo terminecui essi dovrebbero invece mirare, bisognaguardare alle ragioni che stanno dietro alledonazioni effettuate a favore dell’Afganistan.Molti dei donatori [Stati, enti pubblicio privati, N.d.R.] non hanno intenzionedi mantenere a lungo la loro presenza inAfganistan, pertanto non si impegnanoin progetti di lungo termine che aspirinoa raggiungere la piena sostenibilità. Perquanto riguarda Turquoise Mountain, epasso alla seconda parte della domanda, iodico sempre di ascoltare in via prioritariala popolazione del luogo, non solo nel definirei progetti, ma anche nel pianificarnel’attività esecutiva. Se vi sono due modidi fare una certa cosa, bisogna seguire il“modo afgano”, e questo è un concettoculturalmente nuovo per molte ong. Tifaccio un esempio: lo scorso novembre imiei architetti, che sono inglesi, tedeschi,statunitensi, volevano piantare alcuni alberi.Un anziano del posto ha però protestatodicendo che in Afganistan gli alberi non sipiantano a novembre ma a marzo. Da lì èpartita una interminabile discussione nellaquale si fronteggiavano, da una parte,un gruppo di architetti di mezzo mondo edall’altra un gruppo di agricoltori afgani.La mia idea (e non vale solo per gli alberi)è che non vi sia motivo per disattenderele richieste e le osservazioni degli afgani.Queste liti sono molto frequenti, accadonoalmeno dieci volte al giorno, perché igruppi di esperti internazionali hanno leidee molto chiare su come procedere nelleloro attività. Ad esempio, qualche tempofa ho portato un canadese esperto nellalavorazione della ceramica in Afganistan.Si tratta di una persona che lavora argillaimportata dalla Cina, pre-trattata consolventi chimici, lavorata con una serie dicomplicati utensili elettrici. È ovvio che,una volta giunta in Afghanistan, questapersona, nel vedere gli abitanti del luogoche lavorano argilla grezza appena estrattadal terreno si senta in un certo senso legittimataa imporre il suo punto di vista e acriticare ciò che osserva. Ma questa criticaè insostenibile: implicherebbe dover importarein Afganistan argilla cinese, utensilielettrici stranieri, tecnologie sofisticatenon disponibili a Kabul.Alcuni temono che la massiccia presenzainternazionale potrebbe in un certosenso minare la legittimità del nuovogoverno afgano. In particolare, secondoalcuni critici, quando la popolazionevede arrivare nel paese un gran numerodi attori stranieri, tende a pensareche il governo non stia lavorando benee non sia un buon governo. Che ne pensi?È vero che serpeggia questo tipo dimalcontento fra la popolazione civile?Bella domanda! Anche questa volta vorreirispondere distinguendo due diversiprofili: il primo è quello delle strutture percosì dire “parallele” al governo afgano chesono state create dalle ong e dagli altri organiinternazionali e l’altro attiene al gradodi insofferenza degli afgani nei confrontiFoto: Rory Stewart e Turquoise Mountain Foundation.panorama per i giovani • 21


Come nasce uno statodelle ong; considera infatti che la popolazionepotrebbe essersi stancata della presenzastraniera per molte altre ragioni oltrea quella della perdita di legittimazione delgoverno. Quanto al primo punto, hai ragione,questo è un discorso fondamentale. Laragione principale della presenza stranierain Afganistan deve essere rintracciata nelfatto che i precedenti governi afgani sisono dimostrati completamente incapaci digestire la cosa pubblica; hanno creato crisiumanitarie senza precedenti, disordini socialidi ogni tipo. Questo significa che, ineffetti, la comunità internazionale svolgeun qualche ruolo significativo e direi necessarioin Afganistan. D’altra parte però,soprattutto nel lungo termine, è necessarioche il governo acquisti la sua autonomia,che il controllo passi in mani afgane. L’ovvia,normale risposta alla tua domanda èche la presenza straniera dovrebbe averecarattere solamente transitorio. In realtàperò, tradurre questo principio in terminiconcreti è estremamente difficile: difattinon è sicuro che nel futuro gli afgani conformerannoil loro operare ai canoni chegli occidentali ritengono necessari, opportunio, almeno, desiderabili. Ed è per questoche spesso gli stranieri sono scettici,sono restii a delegare compiti e mansionial governo afgano. Voglio dire, ci troviamonella situazione in cui gli stranieri parlanomolto di local ownership, di state buildinggestito dagli afgani, ma poi, di fatto, sonomolto poco disponibili a mettere in praticatali affermazioni. D’altra parte il problemaè serio: la maggior parte dei dirigenti dellaburocrazia afgana ha un livello di istruzioneche non supera quello della scuolaelementare. Il 60% della popolazione afganaversa nell’analfabetismo. Mancano infrastrutturedi ogni tipo: a Kabul, una cittàdi 5 milioni di abitanti, non c’è un sistemafognario e l’elettricità e l’acqua correntesono spesso beni di lusso. Per questo motivo,la nostra sfida deve essere quella dicombinare la teoria della local ownership,le affermazioni di principio di cui parlavamo,che sono sicuramente molto buone,con la realtà. E la realtà è che fra 25 annil’Afganistan si troverà ancora in una situazioneimperfetta. L’Afganistan odierno haun ritardo di circa quaranta anni sul Pakistan,per quanto riguarda le infrastrutture,l’esercito, l’organizzazione del governo,la tenuta dello stato di diritto. Pertanto, sesaremo fortunati e se profonderemo grandisforzi, l’Afganistan sarà fra 25 anni ciòche il Pakistan è adesso e ciò giustificheràancora la presenza straniera. Perciò, perrispondere alla tua domanda sulla presenzastraniera in Afganistan, posso dirti chela questione non sarà risolta sulla base diquesta o quella teoria dello state building osulla base delle teorie dell’autodeterminazione.Sarà risolta perché gli stranieri perderannoqualsiasi tipo di interesse nell’Afganistan.Si stancheranno di spendere soldie torneranno a casa.Per l’Islam l’ospitalità è un valore sacroe inviolabile. Un passaggio del Coranorecita che il cibo di una persona bastaper due, il cibo di due persone bastaper quattro e quello di quattro per otto.Tu hai attraversato a piedi l’Afganistancon pochissimo equipaggiamentoe quasi senza cibo. Ovviamente non èfacile né corretto procedere per generalizzazioni,ma hai trovato le personeospitali nei tuoi confronti?Ho trovato la gente dell’Afganistan incredibilmenteospitale nei miei confronti. Ioho attraversato l’Afganistan nel periodo incui non esisteva un governo afgano, durantel’attacco americano, e sono riuscito aportare a termine il mio viaggio sano e salvosolo ed esclusivamente perché gli abitantidei villaggi si sono presi cura di me.Avrebbero potuto derubarmi, uccidermi,invece ogni notte mi hanno offerto un giaciglio,un pezzo di pane, la loro protezione.Spesso mi hanno accompagnato lungo lavia. D’altra parte, il valore dell’ospitalitàè legato a doppio filo a quello dell’onore.È anche sulla base del modo di trattare gliospiti che si misura la reputazione di unuomo in Afganistan. La società afgana èmolto educata e premurosa. Incontrare unostraniero per la strada e non invitarlo a entrarein casa propria, è inconcepibile per uncittadino afgano. È anche vero che questoè un concetto abbastanza difficile da capireper un europeo. Alcuni amici statunitensi ebritannici mi chiedono spesso come facessia non sentirmi in colpa nel condividereil cibo e la casa di persone molto povere,spesso indigenti. È ovvio che spesso, nellasciare la dimora dei miei ospiti, infilavodi nascosto dieci dollari sotto il cuscino,come segno di riconoscenza. Il punto,però, è un altro. Quando un afgano ti ospitanella sua casa, non solo fa un favore a te,ma lo fa anche a se stesso, mostrando davantiagli altri la sua generosità.Chi è Rory StewartIl Professor Rory Stewart nasce aHong Kong nel 1973. Passa la suainfanzia fra la Scozia, la Malesiae il Vietnam, al seguito dei suoigenitori, diplomatici di professione.Dopo gli studi presso la prestigiosascuola di Eaton, consegue unalaurea in storia e filosofia al BalliolCollege dell’Università di Oxford,dove svolge anche le mansioni dieducatore dei principi William edHarry di Inghilterra. Dopo una brevecarriera nell’esercito britannico,entra nei ranghi della diplomaziaufficiale, lavorando dapprima inIndonesia e poi in Montenegro,subito dopo la guerra in Kosovo.Durante l’ultima guerra in Iraq vienenominato dalle forze della Coalizionevice-governatore delle province diMaysan and Dhi Qar, nel sud delpaese. Come riconoscimento deisuoi servigi, la Regina Elisabetta II gliconferisce la prestigiosa onorificenzadell’Order of the British Empire.Nel 2004 è Fellow del Carr Center forHuman Rights Policy dell’Universitàdi Harvard, negli Stati Uniti, e dal2009 assume il ruolo di direttoredel Centro per i Diritti umani pressola medesima istituzione. Sempreall’Università di Harvard il Prof.Stewart è Ryan Family Professor,titolare della cattedra di HumanRights Policy.È fondatore e direttore generale diTurquoise Mountain Foundation,una ong presieduta dal principeCarlo d’Inghilterra e dal presidenteafgano Hamid Karzai. Dal 2000 al2002 intraprende un viaggio a piediche lo porta ad attraversare migliaiadi chilometri attraverso il Pakistan,l’Afghanistan, l’Iraq, l’India e il Nepal.È autore di numerosi libri, fra cuiThe Places in Between (trad. italianaIn Afganistan), un bestseller del“New York Times”, e di molte altrepubblicazioni.Vive attualmente fra Boston e Kabule scrive regolarmente su quotidiani eriviste di rilievo internazionale, come“The Guardian”, “The New YorkTimes”, “Time”, “The Sunday Times”e “The Financial Times”. La storiadella sua vita sarà il soggetto di unfilm nel quale l’attore statunitenseOrlando Bloom interpreterà il ruolo diRory Stewart.22 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come La salute nasce nel uno mondo statoSi vis pacemPARA BELLUM?Le operazioni di peace-keeping, peace-enforcement e peace-buildingnel sistema delle Nazioni Unite.di Francesca Barrecaspesso indebitamente assimilate:le operazioni di peace-keeping,peace-enforcemente peace-building,che possono svolgersi o nosotto l’egida delle NazioniUnite, rappresentano fenomeni distinti.Le peace-keeping operations vengonopredisposte in una fase immediatamentesuccessiva al raggiungimento di una treguatra le parti in conflitto per garantireil mantenimento dell’ancora fragile pace,attraverso il monitoraggio delle operazioniesecutive degli accordi stipulati.Le operazioni di peace-enforcement sonofinalizzate a imporre, attraverso l’applicazionedella forza militare, il ripristinodella pace collocandosi, pertanto, in unafase antecedente alla sospensione degliscontri armati, a sostegno degli eventualisforzi diplomatici. Infine le peacebuildingoperations, a differenza delleoperazioni di peace-keeping, consistonoin processi di lungo periodo, successivi alconflitto, diretti al consolidamento dellapace.Per meglio definire le funzioni e leprocedure esecutive dei tre strumenti,analizziamoli distintamente.Foto: iStockphoto.com (Malven)Ripercorrendo a ritroso il pensiero degliantichi filosofi e storici, greci e latini,scopriamo che la guerra, oggi consideratatanto deprecabile quanto condannabile,nel passato era invece apprezzatacome uno stato naturale dell’uomo, nonchéstrumento necessario per il mantenimentodell’ordine sociale. Quanto èrimasto di questa concezione nel sistemapolitico e giuridico moderno? La secondaguerra mondiale segna il momento diun’inversione di tendenza: se nel dirittointernazionale classico agli stati erariconosciuto il pieno diritto di ricorrerealla violenza bellica per tutelare qualsiasitipologia di interesse nazionale,dal 1945 la comunità internazionale haassunto come fine supremo la conservazionedella pace. Tuttavia, sebbene laCarta delle Nazioni Unite interdica l’usodella forza, non sono escluse eccezioni.Infatti nel sistema di sicurezza collettivaistituito dall’Onu, a determinate condizionie per il perseguimento della pace,il Consiglio di sicurezza è legittimatoad adottare misure di carattere militaree a creare forze di pace quali mezzi perlo svolgimento delle peace operations.Come si evolvono e come si collocanoqueste operazioni nel sistema delle NazioniUnite?È importante, innanzitutto, chiarire laportata di alcune nozioni“Peace-keepingNel 1948, il Consiglio di sicurezza istituìla United Nations Truce Supervision Organizationper vigilare sul rispetto degliaccordi di pace stipulati dopo la primaguerra arabo-israeliana. Si trattava dellaprima operazione di peace-keeping dellastoria. Pochi anni più tardi il diplomaticocanadese Lester Pearson, vincitoredel premio Nobel per la pace, promossel’istituzione della United Nations PeacekeepingForce per risolvere la crisi diSuez, divenendo da allora il padre fondatoredelle operazioni per il mantenimentodella pace. Le peace-keeping operationssono così definite dalle stesse NazioniUnite: “le attività di mantenimento dellapace rappresentano una maniera di aiutarequei paesi dilaniati dai conflitti a crearele condizioni per una pace sostenibile.Gli operatori di pace delle Nazioni Unite– soldati e ufficiali, polizia e personalecivile proveniente da molti paesi – monitoranoe osservano i processi di paceche emergono nelle situazioni successivealla fine di un conflitto e assistono le particoinvolte nel conflitto nell’attuazioneLe attività di mantenimento della pacerappresentano una maniera di aiutare i paesidilaniati dai conflitti a creare le condizioniper una pace sostenibile”dell’accordo di pace che esse hanno sottoscritto”(dal sito ufficiale delle NazioniUnite, http://www.un.org/Depts/dpko/dpko/faq_italian/q1.htm). I connotati delpeace-keeping hanno subito alcune innovazioninel corso dei decenni: nato comestrumento per monitorare il rispetto de-panorama per i giovani • 23


Come La salute nasce nel uno mondo statoFoto: iStockphoto.com (michaelgzc; mdurstewitz)per il ripristino delle legittime autoritànazionali. L’avvio di una missione dipeace-keeping presuppone una richiestaformale, dunque il consenso, dello statosul cui territorio l’operazione dovrà svolgersi.Spetta al Consiglio di sicurezza autorizzareuna missione di pace attraversola definizione di un mandato che ne indichigli scopi; l’istituzione o la modificadi un mandato devono essere approvatemediante risoluzione da almeno novedei quindici stati membri, salvo il poteredi veto riconosciuto ai cinque membripermanenti (Cina, Federazione russa,Francia, Regno Unito e Usa). Un ruolofondamentale è attribuito anche al Segretariatogenerale, che procede alle necessarieconsultazioni con gli stati membri,le parti belligeranti, eventuali attoriregionali e i paesi potenziali finanziatorie compie un’attenta analisi della situazionemilitare in atto, dei contingenti edelle risorse disponibili e delle possibiliimplicazioni di un intervento, notificandonei risultati al Consiglio. Dopo l’approvazionedel mandato il Segretariogenerale procede alla conclusione degliaccordi necessari con gli stati membri e,attraverso il Dipartimento delle operagliimpegni di pace assunti dalle partiin conflitto e favorire il risultato deglisforzi diplomatici, dalla fine della guerrafredda, grazie alla caduta dei vincoli postial Consiglio di sicurezza dal bipolarismo,si è evoluto in un sistema multidimensionale(il peace-keeping di secondagenerazione) in cui un ruolo maggiorerispetto al passato è riconosciuto allacomponente civile, non più impiegatasolo per fini umanitari o assistenziali dicarattere secondario rispetto all’attivitàL’International Reconciliation Year 2009militare ma anche in ambiti strettamenteconnessi al problema della sicurezza. Ilcampo di azione delle operazioni multifunzionalisi estende oggi anche all’assistenzadei rifugiati, la tutela dei dirittiumani fondamentali, il consolidamentodelle condizioni necessarie a uno statodi diritto, il sostegno economico e socialenonché la supervisione sul correttosvolgimento delle procedure elettorali.Gli interventi hanno comunque caratteretransitorio, limitato al tempo necessarioIl 20 novembre 2006, nella sua 61 a sessione, l’Assemblea generale delle NazioniUnite, su iniziativa del Brasile, dell’Argentina, di El Salvador, del Guatemala,del Nicaragua e dell’Honduras, considerando l’urgenza e la centralità del ruolodella riconciliazione nei paesi sconvolti dalla guerra, ha proclamato il 2009 annointernazionale della riconciliazione. Tutti i governi, le organizzazioni internazionalie quelle non governative sono invitate, a tal fine, a promuovere ed elaborareprogrammi educativi, sociali e culturali diretti alla diffusione della cultura dellariconciliazione quale suprema forma di dialogo. Alcune ong (ad esempio lafondazione tedesca Ser) hanno già elaborato efficaci piani di azione cheattribuiscono un ruolo importante non solo agli istituti educativi ma anche a chi haa disposizione strumenti per assicurare una diffusione davvero generalizzata delmessaggio come i mass-media, con una partecipazione diretta del mondo artistico,cinematografico e sportivo. L’anno culminerà con una cerimonia, presieduta dalSegretario generale Ban Ki Moon, con la consegna dei premi per i migliori progettirealizzati.24 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come La salute nasce nel uno mondo statozioni di pace (Dpko), istituito nel 1992per fronteggiare la crescente domandadi peace operations, dirige e gestisce ilcomplesso delle operazioni strategiche.Il sistema di comando risulta particolarmentecomplesso a causa della sovrapposizionedi una serie di funzionie competenze che fanno capo a diversisoggetti responsabili. Spesso al verticedi una missione di peace-keeping vieneposto un rappresentante speciale del Segretariogenerale, per la gestione dell’attivitàpolitica e diplomatica e il coordinamentodi tutte le componenti dellamissione; d’altro canto responsabile perle operazioni militari è il comandantedella forza, nominato dal Segretario,salvo approvazione del Consiglio di sicurezza,e posto al vertice dei comandidei diversi contingenti statali. Le risorseamministrative e tecnologiche e la logisticarisultano invece gestite dal Dipartimentodi supporto sul campo. Infinela sicurezza del personale impiegato èincombenza dello stato ospitante nonchédi un ufficiale designato, generalmenteindividuato in quello di più alto gradostanziato nel paese. È sempre competenzaesclusiva del Consiglio di sicurezzadisporre la chiusura dell’operazione seIn alto: il ponte simbolo della città diMostar, una delle più duramente colpitedalla guerra della Bosnia-Erzegovinanegli anni Novanta. In basso: un trattodel Canale di Suez, il primo scenario incui vennero impiegate le truppe di peacekeepingdell’Onu.gli scopi del mandato risultano raggiunti.Le spese per il finanziamento dellepeace-operations, attenendo alla pace ealla sicurezza internazionale, vengonoripartite obbligatoriamente fra gli statimembri sebbene l’onere maggiore ricadasui membri permanenti del Consigliodi sicurezza; come complemento le NazioniUnite sollecitano gli stati al versamentodi ulteriori contributi volontari.Peace-buildingSi tratta di un processo, nato dopo lafine della Guerra fredda e connesso alpeace-keeping multidimensionale, cherichiede lunghi periodi di attuazione perporre le fondamenta di una pace stabilee duratura attraverso una serie di misureche possono consistere nell’organizzazionee supervisione delle operazionielettorali e nel ripristino dello stato didiritto, nella ricostruzione istituzionaleed economica, nella ristrutturazionedel settore sicurezza, nella garanzia deidiritti umani e nel reinserimento degliex-combattenti nel tessuto sociale. Unruolo preponderante è affidato in questocontesto alla Commissione di peace-building,un nuovo organo intergovernativoconsultivo istituito congiuntamentedall’Assemblea generale e dal Consigliodi sicurezza nel dicembre del 2005:essa favorisce il dialogo tra i principaliattori del peace-building, proponendolinee strategiche integrate e distribuendole risorse a disposizione. L’architetturaistituzionale è completata dal Fondofiduciario del peace-building e da unbibliografiaForadori P., Caschi blu e processidi democratizzazione: le operazionidi peace-keeping, Vita e pensiero,Milano 2007.Gargiulo P., Le peace-keepingoperations delle Nazioni Unite,Editoriale Scientifica, Napoli 2000.Leone L., Srebrenica: i giorni dellavergogna, Infinito, Roma 2005.Pineschi L., Le operazioni delleNazioni Unite per il mantenimentodella pace, Cedam, Padova 1999.Pontecorvo C.M., Somalia e NazioniUnite, Cedam, Padova 1995.Sciso E., L’intervento in Kosovo,Giuffrè, Milano 2002.ufficio di supporto alle operazioni dellaCommissione.Peace-enforcementUno spazio intermedio tra il peace-keepinge l’aggressione armata è occupatodal peace-enforcement. Mentre nelleoperazioni di peace-keeping il divietodi ricorrere alla forza subisce un’eccezioneesclusivamente per fini di legittimadifesa, in una missione di peaceenforcement,comunque autorizzata dalConsiglio, la forza diviene lo strumentoordinario per imporre la pace in situazioniin cui la soluzione del conflitto appareancora lontana.Il fallimento di una serie di recentipeace-operations, quale la missione inBosnia-Erzegovina del 1995, conclusasicon il massacro compiuto dalle milizieserbe a Srebrenica, ha messo in evidenzal’importanza di distinguere le operazionidi peace-keeping da quelle di peaceenforcement,poiché in nessun caso leforze impiegate per le prime possono essereconsiderate idonee a svolgere vere eproprie operazioni militari, con il graverischio di porre in pericolo le vite di chi,militare o civile, sia stanziato in territoriche necessitano l’intervento della comunitàinternazionale per il ripristino dellapace.panorama per i giovani • 25


Come nasce uno statoFoto: iStockphoto.com (dave9296)Da “Uphold Democracy” a UnmikI principali interventidi state buildingI primi rilevanti interventi di state building furono effettuati al terminedella seconda guerra mondiale, in particolar modo nei riguardi delledue principali potenze che uscirono sconfitte dal conflitto: Germania eGiappone.di Gabriel OraziSopra: il quartier generale della poliziasegreta serba a Pristina (Kosovo),bombardato dalla Nato nel 1999.Con la conferenza di Potsdam (17 luglio-2agosto 1945), Gran Bretagna,Stati Uniti e Unione Sovietica si accordaronosul disegno politico e geograficoche sarebbe risultato alla fine del conflittomondiale. Il documento ivi elaboratoprevedeva per la Germania cinqueobiettivi principali: demilitarizzazione,denazificazione, democratizzazione, decentralizzazionee decartellizzazione. Inquesto senso, l’opera compiuta dalle forzealleate nel territorio tedesco durantetutto il periodo di occupazione e fino allariunificazione tedesca del 1990 rappresentaun emblematico esempio di statebuilding, cioè il tentativo istituzionalizzatodi creazione (o in questo caso di ricreazione)dello stato tedesco su basi democratichee legali attraverso operazionivolte a ripristinare lo stato di diritto e lasicurezza interna.Oltre alle misure prettamente economiche,l’intervento alleato si concentròanche e soprattutto su obiettivi di tiposociale: la denazificazione e la ricostruzionedi istituzioni democratiche. Ciò fureso possibile attraverso la presa di coscienzadelle atrocità dello sterminio, siaattraverso la pubblicazione di inchieste omanifesti che mostravano le barbarie delleoperazioni naziste, sia con la visita forzatadei campi di concentramento. In particolarmodo la denazificazione fu operatasoprattutto attraverso la distruzione ditutte le istituzioni totalitarie e la pubblicaincriminazione dei principali esponentidel partito nazista o delle SS.La ristrutturazione dell’economia tedesca,attenuata a causa degli evidentisacrifici imposti alla popolazione ridottain condizioni di mera sopravvivenza,ricevette un importante aiuto dall’estensionealla Germania dell’European RecoveryProgram nel 1948; inoltre, l’autoritàinternazionale della Ruhr, creatanel 1949 e incaricata della gestione dellaricca regione tedesca le cui grandi risorsedi carbone e acciaio avevano costituitoargomento di contesa fra le nazionieuropee, fu interamente sostituita conil trattato di Parigi del 1951 dalla Ceca,quell’organizzazione internazionale cosìpeculiare da non trovare precedenti e checostituirà le fondamenta dell’odiernaUnione europea.Esperienza simile fu quella del Giappone:con la dichiarazione di Potsdamdel 26 luglio 1945, si intimava la resadell’impero asiatico e si delineavanogià gli interventi da adottare in seguitoall’occupazione del territorio. Fra questi,oltre alla rinuncia del Giappone adaltre pretese territoriali che non fosserole quattro principali isole di Honshu, Hokkaido,Kyushu, Shikoku e altre minori,la dichiarazione conteneva la previsionedella punizione dei responsabili dellecondotte di guerra, l’occupazione delterritorio da parte delle truppe alleate, lariconversione economica e il divieto diqualsiasi produzione di tipo bellico, nonchéil ristabilimento della democrazia ela riaffermazione del rispetto dei dirittiumani fondamentali.L’occupazione del Giappone iniziòufficialmente con la firma della resa il 2settembre 1945 sulla portaerei statunitenseUSS Missouri e terminò solamentecon la conclusione del trattato di SanFrancisco del 28 aprile 1952; l’interoterritorio fu sottoposto alla supervisionedel generale Douglas MacArthur, ilquale curò la distribuzione iniziale dicibo fra la popolazione, l’erogazionedegli aiuti finanziari provenienti dagliStati Uniti e l’incriminazione dei principaliresponsabili dei misfatti di guerra.La figura del generale MacArthur è anchelegata alla manipolazione del processocontro l’imperatore Hirohito: egliriuscì a far addossare l’intera responsabilitàdell’attacco di Pearl Harbour alprimo ministro Hideki Tojo, affinchél’imperatore ne uscisse completamentediscolpato; l’intenzione era di evitareuna delegittimazione della monarchiagiapponese, valido alleato degli StatiUniti al termine del conflitto e successivamente.La ricostruzione dello stato giapponesefu perseguita anche da altri punti26 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statodi vista: attraverso la lotta alle concentrazioniindustriali, le cosiddette Zaibatsu,si tentò di ripristinare il liberomercato; con la riforma agricola del1947 circa il 38% della superficie coltivabilefu espropriata ai latifondisti erivenduta a basso prezzo fra i contadini,per incentivare la piccola proprietà terrierae arginare lo strapotere dei primi;la riforma della costituzione (formalmenteemendata sulla precedente, masostanzialmente un quid novi impostodall’amministrazione americana), ratificatanel 1946, contribuì a rinnovare leistituzioni giapponesi e a sancire il passaggiodella sovranità dall’imperatoreal popolo, al quale furono riconosciutiinviolabili diritti fondamentali.Fra gli interventi statunitensi più recentidi state building si può ricordarequello ad Haiti nel 1995, a seguito delcolpo di stato che aveva costretto all’esilioil primo ministro Jean-Bertrand Aristide.Dopo le azioni repressive a dannodella popolazione nel luglio 1994 el’espulsione dal paese di un gruppo diosservatori internazionali sui diritti umani,il Consiglio di Sicurezza dell’Onuapprovò la risoluzione 940, autorizzandol’impiego di ogni mezzo per favorireil ritorno del governo eletto democraticamente.Su questi presupposti si basòl’operazione “Uphold Democracy”, promossadal governo Usa e operante fra il19 settembre 1994 e il 31 marzo 1995.L’operazione in sé può ritenersi un ottimoesempio di state building: essa, sortacome intervento militare armato, si risolsein una sostanziale missione di peacekeeping.Tale operazione contò su circa23.000 soldati ed ebbe come obiettivola sostituzione delle vecchie istituzionidi repressione attraverso la creazione diun nuovo corpo di polizia e la ristrutturazionedell’apparato giudiziario, nonchéil rinnovamento totale della struttura digoverno haitiana con l’ausilio di elezionilocali e parlamentari. L’operazione“Uphold Democracy” fu poi rimpiazzatanel marzo 1995 con la missione Onu-Unmih.Tale operazione, se da un lato fu considerataun perfetto esempio di intervento,per la rapidità e per l’efficacia delle soluzionipromosse, è stata a lungo criticataper lo scadimento della situazione politicainterna del paese diversi anni dopo: taleesito è stato attribuito al repentino e affrettatoritiro delle truppe Usa prima chel’operazione potesse dirsi conclusa nelmarzo del 1995.Situazione completamente diversa sipresentò nei Balcani e specialmente congli interventi effettuati durante i conflittidi Bosnia e Kosovo. Per quanto riguardala Bosnia, le operazioni Onu furono apiù riprese affiancate da interventi anchedella Nato: Unprofor fu istituita nel 1992dalla risoluzione 743 del Consiglio di Sicurezzaper addivenire a una soluzionedel conflitto in Iugoslavia. Essa, contandosu circa 39.000 unità, ebbe diversi mandati,via via modificati lungo il corso delconflitto: rilevano soprattutto la distribuzionedi 34.600 tonnellate di beni di primanecessità, il controllo delle tre enclavidemilitarizzate di Slavonia Orientale,Slavonia Occidentale e Kraijna, dell’aeroportodi Sarajevo, della no-flight zoneassieme alla Nato, e infine del rispetto delcessate il fuoco in seguito agli accordi dipace di Dayton del 14 dicembre 1995. Accantoall’operazione Unprofor si collocala corrispondente operazione Nato “ForzaDeliberata”, svoltasi nel periodo compresofra il 30 agosto e il 20 settembre 1995e consistente in un bombardamento intesoa minare la capacità militare dell’esercitoserbo.Per quanto riguarda il Kosovo, la situazionefu più complicata: a seguitodelle pressioni per l’indipendenza dellaregione kossovara da parte dell’Uçk e lesanguinose repressioni del governo serbo,la comunità internazionale portò al tavolodelle trattative le varie fazioni; tuttavia,a seguito del fallimento dei negoziati diRambouillet, in particolare in seguitoall’abbandono della delegazione serbadel 18 febbraio 1999, la Nato decise d’intervenirecon una serie di attacchi aereiper convincere la Serbia al rispetto dellecondizioni stabilite nelle summenzionatetrattative. L’intervento Nato fu effettuatoanche a causa dell’impossibilità di addivenirea un’intesa in seno al Consiglio diSicurezza dell’Onu per i veti di Russia eCina.In seguito alla parziale capitolazioneserba, con la risoluzione 1244 del 10 giugno1999, il Consiglio di Sicurezza decisel’intervento di un contingente dell’Onu,missione Unmik, coordinato con una missionedella Nato, la Kfor; tutto questo fureso possibile dalla decisione della RussiaIl prossimo futuro delle missioniL’invasione americana dell’Iraq,iniziata il 20 marzo 2003, è destinata,secondo le recenti affermazioni delpresidente americano Obama, aterminare entro il 31 agosto 2010, conil ritiro pressoché totale delle truppe:resterà un corpo limitato di uominiper garantire un supporto logisticoaddestrativoalle forze locali e per laprotezione dei civili.Situazione completamente oppostain Afganistan: l’attuale strategiaamericana è in fase di revisione,ma resistono ancora dei puntifermi. Le elezioni presidenziali,previste per l’aprile di questo anno,rappresenteranno un banco di provaper il paese e necessiteranno di unincremento delle truppe impiegatenella sicurezza. Altri obiettivi discussial vertice Nato di Strasburgo, in aprile,hanno riguardato il rafforzamento delgoverno centrale e delle autonomielocali e l’incremento degli sforziper combattere la coltivazione delpapavero da oppio, anche attraversol’istituzione di un corpo di polizia antinarcotici.di non porre il veto alla risoluzione, dopoche fu garantita la presenza nella missioneanche di truppe russe, a salvaguardiadella Serbia.Il mandato della missione Unmik sipuò dividere in quattro grandi compiti: iprimi due, riguardanti la polizia e l’amministrazionecivile, furono svolti in cooperazionecon la Nato, mentre il terzo,riguardante la democratizzazione e lariviviscenza delle istituzioni, e il quarto,relativo alla ricostruzione e allo sviluppoeconomico, furono realizzati in cooperazionerispettivamente con l’Ocse e conl’Ue. Più precisamente, Unmik avrebbedovuto garantire il ritorno sicuro dei rifugiatinelle terre d’origine, la promozionedei diritti umani fondamentali e il mantenimentodell’ordine e della legge.Sicuramente, Unmik rappresenta unodei rari casi di coordinamento di variee diverse organizzazioni internazionali,dall’Onu alla Nato, dall’Ocse all’Ue, tutteimpegnate nel medesimo territorio e conl’obiettivo comune di ristabilire la pace ela sicurezza in un territorio a lungo travagliatoda lotte intestine.panorama per i giovani • 27


Come La salute nasce nel uno mondo statoIraq, ovverodemocrazia di caosUn’inusuale miscela di testimonianze per delineare le contraddizioni, iproblemi e le speranze di un paese che guarda al passato senza trovare imezzi per costruire da solo il proprio futuro.di fili: per riordinarli servirebbe quella“tranquillità mentale” che gli americaniche passano con i loro mezzi corazzati(tranciando spesso quei fili e scomparendoinsieme all’elettricità) non dannoalla popolazione la possibilità di sperimentare.Ecco le successive slides proiettatedalla dottoressa D’Andrea: ci lascianoallibiti di fronte a un paesaggiourbano a noi tanto familiare, un centrocommerciale di quattro piani, che nonha nulla da invidiare ai paradisi delloshopping occidentali. Siamo a Irbil,nel Kurdistan irakeno. In questa isola(felice?) nel nord dell’Iraq modernità eantichità si confrontano: vecchi mercatie moderni centri commerciali spuntanotra case bellissime. Ci sono taxibianchi e rossi, aeroporti e addiritturafermate degli autobus. Una meravigliache non sembra sposarsi bene con lapovertà del resto del paese, dove sempresalta agli occhi la differenza tra laricchezza dei luoghi di culto e l’estremapovertà delle case normali. I soldiper la ricostruzione ci sono, ma soloriedificando “la propria moralità” questopaese potrebbe salvarsi, suggerisceDaniela.di Natalia PazzagliaFoto: iStockphoto.com (jabennett; Rockfinder)19 febbraio 2009. Si parla di Iraq questasera, nella sala del nostro Collegio “LamaroPozzani”.Le parole del direttore ci ricordanoche stiamo per confrontarci con una delletragedie del nostro tempo, ma anche conun paese che sarà la frontiera sulla qualemisurare le nostre capacità di costruirerelazioni nuove. I nostri relatori ci farannopartecipi di un’affascinante trama diricordi, memorie, testimonianze, trasmettendociciascuno quello che questa terrasignifica, o ha significato, per ognuno diloro.La prima a parlare è Daniela D’Andrea,che definisce l’Iraq “democraziadi caos”: un paese che è tutto e nienteinsieme, ma che comunque raccoglie insé qualcosa che cattura, lasciando nelcuore un’acuta nostalgia. È questa perl’Iraq una situazione, sociale e storica,del tutto particolare, un misto di speranzee rassegnazione: tutto manca al popoloirakeno, ma ciascun abitante di questaterra continua a sentirsi un malek, un re.Servirebbero pace e giustizia, libertà edemocrazia, l’oblio di tutto ciò che dinegativo c’è stato nel passato e la fiduciaverso un futuro tutto da costruire.Ma l’embargo, le guerre, le divisioni etnichesono ferite difficili da rimarginare.Il guardare avanti di questa terra dovrànecessariamente passare attraverso unaricostruzione capillare, a livello politicoed economico.In Iraq fa caldo, ma l’acqua manca.E di fogne non c’è traccia. Per l’acquapotabile è necessario utilizzare quellestesse bottigliette di plastica ormaitanto popolari “in Occidente”, ma chequi diventano solo rifiuti dei quali nonsi sa come disfarsi. È un paese copertoA destra: due soldati americani di stanza inIraq. Sotto il titolo: l’Arco della Vittoria, uncelebre monumento dell’era di Saddam aBaghdad.28 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come La salute nasce nel uno mondo statoSuo marito, Louay Shabani, ci parladell’Iraq vissuto con lo sguardo dichi vive le difficoltà del proprio paesedall’esterno, osservandole da lontano.Dopo dieci anni passati in Italia sognandodi tornare nella sua terra, anche perlui arriva il momento di paragonare ilsogno alla realtà, di affrontare lo shockdel ritorno, di mettere a dura prova la suaconsapevolezza di trovare le cose cambiate.In un piccolo paesino del Nord la gente,la sua gente, gli parla del passato, diquando, sotto il regime di Saddam, nonsi viveva poi così male: bastava limitarsia non esprimere le proprie idee politichee il gioco era fatto. Il problema attuale èpoi quello delle divisioni tra i gruppi etnici:in questa terra che è un “patchworkdi minoranze etniche, religiose ed economiche”ognuno vuole affermare lapropria libertà, negando quella dell’altro.Gli irakeni avrebbero davvero bisognodi “essere educati alla libertà e di imparareche essa finisce dove inizia quellaaltrui”. Ma non è facile, ora che tantigruppi etnici, repressi per anni, ritrovanodi colpo la loro libertà. C’è bisogno ditanta comprensione nel “paese tra i duefiumi”, in questo mosaico di etnie doveognuno resta nel suo cantuccio. Ciò chemanca non è soltanto una chiara strategiadi ricostruzione materiale e spirituale: inquesto nuovo Iraq “democratico, liberalee federale” non c’è traccia di una culturatendente all’unione... “Nel nome delpadre, del figlio e dello spirito santo”:così comincia il suo discorso (in arabo)don Aiman. Illustrandoci la situazionedei cristiani in Iraq, ci parla delle persecuzionida essi sofferte, ma soprattuttodi come questa piccola minoranza (3%sul totale) ha saputo integrarsi e viverenella società musulmana irakena. Accusatida Saddam di essere alleati degliamericani,oggi i cristiani guardano al futurocon paura e apprensione, sentendosiancora trattati da traditori, in questa terrache è anche il loro paese.A prendere la parola è ora la professoressaMirella Galletti, che ci parla deicurdi, popolo indo-europeo insediato inuna regione divisa tra Turchia, Siria, Irane Iraq. Negli anni ’70, all’epoca del suoprimo contatto diretto con il Kurdistanirakeno, la professoressa si trova di frontele contraddizioni in cui vive questapopolazione, che rivendica la propria autonomiadal governo di Baghdad. Dopola fine della Prima guerra mondiale el’intervento della Società delle Nazioni,i curdi irakeni avevano goduto della tutelainternazionale, vedendosi finalmentericonosciuti alcuni diritti fondamentaliai fini dello sviluppo della loro identità(quale ad esempio la possibilità di insegnarela lingua curda nelle scuole). Neglianni ’80, però, furono oggetto di una durissimarepressione da parte di Saddam,che usò contro di loro perfino devastantiarmi chimiche. Dopo la fine della Guerradel golfo, la risoluzione 688 dell’Onu segnòun punto di svolta, creando la regioneautonoma del Kurdistan irakeno, sottotutela internazionale. Da allora, c’è statoin questa regione un vero e proprio svilupposeparato rispetto al resto del paese:una progressiva “curdizzazione” dellazona, in contrapposizione all’“arabizzazione”voluta, e imposta, da Saddam. Ilproblema adesso, fa capire la professoressa,sorge per i cristiani irakeni, che sitrovano in mezzo, tra arabi e curdi. L’ultimoa parlare è Saadie Kalaf Kadhim,tornato in Iraq nel 2004, dopo 25 anni dilontananza.Del suo paese fa conoscere al mondola cultura, le meraviglie dei 2.400 sitiarcheologici non ancora scoperti e la cucina.A dinner in Baghdad, si legge sulsuo sito web: le ricette irakene sono ininglese, nella speranza che anche il suopaese cambi e sappia guardare al futurocome egli ha fatto.La nostra conferenza si concludecon le immagini di un gruppo di volontariitaliani, in viaggio verso l’Iraqper dare il loro aiuto presso un ospedalelocale. In dodici giorni sessanta bambinivengono curati, segno tangibile che,in questo paese eterogeneo alla ricercadella sua armonia, ci sono ancora oasidove si è in grado di amare e incontrarsinella pace.Il 19 febbraio il Collegio ha ospitatouna tavola rotonda sull’Iraq,con loscopo di far conoscere, tramite letestimonianze di chi da questo paeseproviene, o ne è stato visitatore attentoe perspicace, la situazione attuale.L’incontro è stato organizzato daDaniela D’Andrea, assistente capoufficio per l’Islam del Pontificioconsiglio per il dialogo interreligioso.A far crescere in lei il desiderio diconoscenza per l’Iraq è stato il marito,il dottor Louay Shabani, addettoculturale presso l’ambasciata irakena,con il quale ha recentemente visitato“il paese tra i due fiumi”.Alle loro voci si è aggiunta quelladi don Danna Aiman, sacerdotesiro-antiocheno della diocesi diMosul, in Italia da sei mesi, e dellaprofessoressa Mirella Galletti,docente del mondo islamico e curdoall’Orientale di Napoli e all’Universitàdi Caserta. Esperta di quel mondo, siè recata in Iraq più volte a partire daglianni ’70.L’incontro si è concluso con latestimonianza del dottor Saadie KalafKadhim, sciita originario di Baghdad.In Italia da 20 anni, ha rivisto la suaterra nel 2004.COLLEGIO UNIVERSITARIO“LAMAROPOZZANI”panorama per i giovani • 29


Le fondamentadello state buildingSguardo sul processo di ricostruzione post-bellico dal punto di vistainfrastrutturale, trascurando, per un solo istante, la visione giuridica delproblema.di Andrea TraficanteUna ricostruzione post-conflitto deve essere,nella visione proposta dalla Bancamondiale, un “sostegno alla transizionedal conflitto alla pace grazie alla ricostruzionedel contesto socio-economico di unpaese”: il problema che sorge dall’analisidi questa definizione è quello di individuare,progettare e infine formare ilcontesto in cui la popolazione si dovràmuovere. Molto spesso è stata propostauna visione esclusivamente giuridica di“contesto socio-economico”, posticipando,o al limite anche trascurando, la parteinfrastrutturale: le conseguenza di questotipo di scelta sono tuttora visibili nei paesipiù duramente colpiti da conflitti.Per analizzare meglio la situazione,è necessario visualizzare lo stato in cuisi trova un paese a seguito di un conflitto.Sempre più spesso, i conflitti hannoluogo in zone in cui la lotta avviene trafazioni che si contendono non ricchezzenel senso “classico” del termine, ma fontidi sostegno indispensabili per la sopravvivenza,prima fra tutte l’acqua: la causascatenante, quindi, non si individua più,o meglio esclusivamente, in differenze ditipo religioso e culturale, ma è fortementelegata alle tematiche di sostegno e aiuto,anche di tipo umanitario. Da queste riflessioniscaturisce la considerazione che èposta alla base delle tante critiche mossenei confronti di tutte quelle organizzazioni,governative e non, che hanno agitonel segno della ricostruzione trascurandol’aspetto infrastrutturale. Di fatto, la primamossa è stata spesso effettuata nelladirezione di una profonda ristrutturazio-ne degli apparati legislativi e giudiziari:ancora più spesso, la prima mossa è stataanche l’ultima.Fissare l’attenzione sul ripristinodelle infrastrutture andate distrutte durantei combattimenti o progettare nuoveopere é il primo passo da compiere permigliorare la vita di ogni giorno di interepopolazioni, spesso sopravvissute alunghe e feroci guerre. Si possono farevari esempi: un pozzo permette l’accessoa risorse idriche altrimenti inaccessibili,una strada permette di ridurre drasticamentei tempi di trasporto di beni e persone,per non parlare dei benefici derivantidalla presenza di un ospedale o diuna postazione sanitaria in zone isolateo inaccessibili. Questi sono risultati chesi riescono a “vedere” in tempi relativamentebrevi dal momento in cui le opererisultano compiute e agibili. Diverso è ilcaso di installazioni che, nonostante sianoa carattere strutturale, hanno un finedi tipo socio-culturale che si apprezzasolo col tempo: è il caso delle scuole e ditutti quei luoghi in cui si sviluppano nonsolo il sapere scientifico, ma l’aggregazionesociale della comunità.Se, infatti, la ricostruzione infrastrutturaleha un’impronta prettamente ingegneristica,indicando con questo termineun qualcosa di fortemente “materiale”,non bisogna affatto trascurare il signifi-Foto: iStockphoto.com (BirdImages;lagereek; archives)30 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come nasce uno statoFinanza e sviluppo:problemi globali e il ruolo del microcreditoDalla teoria alla pratica: il mercato del credito, le asimmetrieinformative e la sfida dello state building.di Claudia MacalusoLa grave crisi finanziaria attuale ha lasciatoemergere, tra le altre cose, l’insoddisfacentepreparazione economica di buona parte deicittadini europei, nonché l’etica lacunosadi molti tra gli amministratori e i dirigentidelle più importanti istituzioni finanziariemondiali. Queste considerazioni hannotroppo spesso spinto giornalisti e politici aconiare slogan tendenziosi come “le banchepagheranno” o “puniremo i banchieri” oanche “la crisi la devono pagare i padroni”.Questi accessi di ira, in parte comprensibilima irragionevoli, evidenziano ancora di piùcome le interrelazioni del sistema finanziariocon quello economico siano compresepoco e apprezzate ancora meno.I sistemi finanziario ed economicoNon vi è crescita senza sistema finanziario,bisogna affermarlo una volta per tutte.La fondamentale funzione del sistema finanziarioè quella di ridistribuire le risorsefinanziarie (il denaro, o meglio, il potered’acquisto) tra i risparmiatori e gli investitori.I primi, soggetti in surplus finanziarioperché in possesso di risorse maggiori delleloro esigenze di consumo, sono tipicamentele famiglie; i secondi, in deficit perchésempre bisognosi di risorse finanziarie eccedentile loro dotazioni, sono tipicamentelo stato e le imprese. Il risparmio delle famiglieviene quindi raccolto dal sistema finanziarioe distribuito ai soggetti prenditoridi fondi, secondo la redditività dei rispettiviprogetti d’investimento. Un sistema finanziarioè efficiente se riesce a selezionare efinanziare i migliori progetti d’investimento,avendo riguardo ai profili di rendimentoe di rischio (efficienza allocativa). Infine,un cenno soltanto all’efficienza informativa,tale per cui un sistema finanziario efficienteè in grado di generare, distribuiree assimilare le informazioni sui prenditoridi fondi nel più breve tempo possibile (peresempio, attraverso movimenti dei prezzidei titoli o dei tassi d’interesse).Un’antica distinzione, spesso dichiaratasuperata ma ancora utile, è quella trasistemi market-oriented o di tipo anglosassonee sistemi bank-oriented o di tipoeuropeo. Nei primi il mercato è sviluppato,di grandi dimensioni ed efficiente. Visono molte grandi imprese ad azionariatodiffuso e la maggior parte sono quotate.Il risparmio delle famiglie è tipicamentedetenuto in titoli come azioni e obbligazionie i prestiti alle imprese sono per lopiù sotto forma obbligazionaria. Esempi disistemi finanziari orientati al mercato sonogli Stati Uniti e il Regno Unito. Nei sistemiorientati alla banca, come l’Italia, la Germaniae la Francia, il risparmio delle famiglieè detenuto principalmente sotto formadi depositi e la quota di prestiti concessialle imprese sotto forma di finanziamentibancari è estremamente rilevante. I mercatisono piccoli e le società quotate poche e didimensioni spesso medio-piccole.Asimmetrie d’informazione eavversione al rischioTorniamo alla questione dell’efficienza. Visono alcuni fondamentali ostacoli al suoraggiungimento in un sistema finanziario,tra cui la presenza di asimmetrie informative(Ackerlof, Stiglitz). Se consideriamolo scambio tra datori e prenditori di fondi,infatti, emerge immediatamente uno squilibrioinformativo tra i due. Dal punto divista del risparmiatore, le imprese sonopraticamente tutte uguali. Non ha manieradi conoscere il grado di rischio effettivodei singoli progetti d’investimento propostidall’impresa, né sa se alle dichiarazionid’intenti seguiranno azioni più o menorischiose. L’impresa ha in mano tutta l’informazionerilevante e, una volta ricevuti ifondi dall’ignaro risparmiatore, può farneciò che vuole. Controllare l’impresa è, peril singolo datore di fondi, troppo costosoe comunque arduo. Pensiamo ai pensionatiche investono il loro risparmio in obbligazionio titoli di stato: come potrebbero monitorarel’attività produttiva dell’impresacui hanno fatto credito ovvero l’andamentodel debito pubblico nazionale? Comepotrebbero influire sull’impresa o sullapubblica amministrazione se le dinamicheosservate fossero a loro sfavorevoli? Nonresta che fidarsi. E rischiare.Il rischio è spesso al centro dei probleminel mercato del credito. Se questo fossetroppo elevato a livello di sistema, lo stessomercato fallirebbe. Se, infatti, i risparmiatoriconstatassero la loro impotenza e decidessero,di conseguenza, di tenere i lororisparmi sotto il materasso, poco ci sarebbeda fare per le imprese “affamate di fondi”.Se poi domandassero un tasso d’interessemolto alto per prestare alle imprese il lorodenaro, fenomeni quali moral hazard eadverse selection avrebbero facilmente lameglio.Di cosa stiamo parlando? Schematizzandomolto, si ha moral hazard quandol’impresa, costretta a pagare un tasso d’interessemolto elevato per ricevere i fondidi cui ha bisogno, è incentivata a intraprendereprogetti d’investimento con un tassodi rendimento altrettanto elevato (quindipiù rischiosi). In buona sostanza, il comportamentoavverso al rischio del datore difondi causa un aumento del rischio stesso.Definiamo, invece, adverse selection quellasituazione per cui i tassi d’interesse (chesono il costo del credito) sono tanto elevatida scoraggiare le imprese “sicure” (e quindimeno redditizie) dal chiedere prestiti,lasciando sul mercato solo quelle più redditizie(e quindi più rischiose). Di nuovo,un comportamento razionale e apparentementeprudente ha causato un aumentodel rischio complessivo cui sono esposti irisparmiatori.Tutti questi fenomeni rischiano di paralizzareil mercato del credito. I risparmiatorisono infatti coscienti di questi rischi, diqueste asimmetrie d’informazione: chi dinoi presterebbe del denaro ad uno sconosciutosenza pensarci tre volte? E chi nonha mai sentito il proverbio “fidarsi è bene,non fidarsi è meglio”?Tuttavia, il mercato del credito esiste.I mercati di Borsa nei sistemi marketorientede le banche in quelli bank-orientedriducono le asimmetrie informative edevitano disastrosi market failures. Come?I primi con la tendenza alla perfetta efficienzainformativa e tramite la frammentazionedel credito: ogni investitore, infatti,finanzia e si assume il rischio solo di unapiccola parte dell’azienda, basandosi suun set informativo il più possibile completo,aggiornato e veritiero. Le banche, dalcanto loro, selezionano preventivamente iprenditori di fondi sulla base di requisiti32 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come La salute nasce nel uno mondo statopatrimoniali e di affidabilità (screening) eraccolgono informazioni durante la vita delprestito, attente a ogni segnale di aumentodel rischio (monitoring). Le imprese così sifinanziano a costi ragionevoli, il risparmiocircola ed è remunerato, gli investimenti sirealizzano e l’economia cresce.Il meccanismo finanziario, poiché basatosulla fiducia, è di per sé fragile e incontesti connotati da squilibri può incrinarsi:i mercati risentono del pessimismoe le banche soffrono delle crisi di fiduciache nascono, spesso, da quelle politiche.Guerra civile, conflitti armati, instabilitàpolitica, energetica, economica e monetariasono alcuni dei fenomeni che, ove siprolunghino nel tempo, possono portare alcollasso del sistema finanziario: le borsechiudono, le banche falliscono, l’economiacrolla su se stessa, la crisi colpisce prima leimprese, poi i lavoratori, infine le famiglie.Il risparmio viene riallocato in manieraimproduttiva, ad esempio in beni rifugioo sotto il classico materasso, così penalizzandosia i risparmiatori che le imprese, eresta inerte, talvolta per periodi indefiniti.La paura si diffonde e le asimmetrie informativesi fanno prepotenti, paralizzano ilsistema.La Grameen BankNon vi sono imprenditori senza finanziatorialle spalle. Ricostruire uno stato, ridaredignità a un’economia ferita dalla guerra èimpossibile senza la rifondazione del suosistema finanziario. E questo per sopravvivereha bisogno di fiducia, di certezze, diassicurazioni. Una percezione del rischioestremamente elevata è il grande nemico,come sempre. In contesti dove è impossibilepensare di impiantare in breve tempomercati o gruppi bancari solidi, il microcreditopuò essere una soluzione.Piccolo, agile, con profonde radici locali,il microcredito sfrutta le conoscenze,le parentele e la solidarietà tra gli individui.Si sviluppa su scala squisitamentemicroeconomica, finanziando le idee e lecoscienze degli individui prima ancora chele imprese e permettendo a un sistema economicofrustrato da guerre e recessioni diricostruirsi dal basso, premiando lo spiritodi sopravvivenza, la capacità di reazionee la saldezza delle relazioni sociali. Ilproblema dell’asimmetria e del controlloviene risolto ingegnosamente attraversoun meccanismo di peer monitoring. Ilprestito viene infatti concesso a gruppi dipersone (e più spesso di donne, il cui coefficientedi affidabilità è maggiore) e nonai singoli, instaurando un meccanismo diresponsabilità solidale sicché se un soggettodel gruppo non paga la propria rata, saràl’intero gruppo a farsene carico. Il costodi informazione viene quindi traslato dallabanca al gruppo. Mentre per una bancatradizionale il costo di monitoring sarebbeinsostenibile, a causa di incertezza del diritto,condizioni socio-economiche instabilie dimensioni troppo piccole per sfruttareeventuali economie di scala, per il gruppo,che ha dalla sua le relazioni di parentela odi clan, ottenere informazioni, agire da moralsuasor ed esercitare uno stretto controllosociale è semplice del tutto naturale. Ilcosto complessivo per la società si abbassae l’economia trova basi per ripartire.Il microcredito, quindi, come rispostaal sottosviluppo economico e sociale? Asentire Muhammad Yunus, fondatore diGrameen Bank e premio Nobel per la Pace2006, sì. Nata nel 1976 come esperimentoper combattere la povertà rurale, Grameenè dal 1983 una vera e propria banca cheoffre credito, per piccole somme e senzagaranzia, ai poveri di tutto il mondo, perl’avvio di attività economiche le più disparate.Al luglio 2005, Grameen Bank avevaeffettuato prestiti a più di 5 milioni disoggetti, 96% dei quali donne, con un tassodi recupero dei crediti del 99%. Come silegge sul sito ufficiale della Grameen, “unsistema di credito dovrebbe essere basatosul background sociale del territorio e nonsu tecniche bancarie preconfezionate. Dovrebbe,inoltre, adottare un atteggiamentoprogressista e progressivo: lo sviluppo è unprocesso di lungo periodo che dipende inlarga parte dalle aspirazioni e dalla tenaciadegli agenti economici. […] Il microcreditoche Grameen Bank svolge è basatosu questa premessa: non è la mancanza diabilità che impoverisce i poveri. I poverihanno abilità che rimangono inutilizzate osottoutilizzate. Grameen Bank crede, quindi,che la povertà non sia creata dai poveri,ma dalle istituzioni e dalle politiche che licircondano. Per sradicare la povertà, tuttoquello di cui abbiamo bisogno è cambiarele istituzioni e le politiche per lo sviluppoe/o crearne di nuove. Grameen Bank noncrede che la carità sia la giusta risposta allapovertà. Piuttosto le permette di perpetuarsi.Crea dipendenza e distrugge l’iniziativaindividuale, l’imprenditorialità. La sola rispostaalla povertà è liberare la creativitàe l’energia che c’è in ogni essere umano”.La finanza, insomma, come strumento pergli uomini e le per loro imprese, e non viceversa:una lezione importante, non soloper le economie in difficoltà e i paesi in viadi sviluppo, ma anche per l’Occidente, invischiatoin una crisi di fiducia e di valori,prima ancora che di borsa.La cooperazioneal credito in ItaliaNei secoli passati l’Italia fu teatrodella nascita e dello sviluppodi istituzioni creditizie in favoredei segmenti meno fortunatidella popolazione. Le casse dirisparmio, ad esempio, sorte agliinizi dell’Ottocento, erano istituti neiquali convivevano due anime: quellarivolta all’esercizio del credito equella dedicata a interventi di utilitàsociale nei confronti delle comunitàdi riferimento. Negli anni Novantasono state oggetto di una radicaletrasformazione che ne ha modificatosia l’assetto giuridico che l’operativitàe sono oggi presenti sul territoriosotto forma di spa.Le banche di credito cooperativo ecasse rurali, invece, rappresentanotuttora un unicum nel panoramacreditizio italiano. La lorocaratteristica principale è quelladi essere società cooperativeper azioni, mutualistiche e locali,sostenute dal principio “una testaun voto”. Si tratta di un sistema natocome risposta a un’idea economicache ha radici profonde nel contestosociale della fine dell’Ottocento: ilnuovo pensiero cristiano socialedella enciclica di Leone XIII, laRerum Novarum. Partendo da queipresupposti, il movimento dellacooperazione di credito ha fattodell’intermediazione bancaria larisposta alle esigenze della persona,innanzitutto quella di sconfiggerel’usura dilagante. Le banche dicredito cooperativo-casse rurali sonoancora oggi aziende caratterizzateda una formula imprenditorialespecifica, i cui principi fondamentalisono la cooperazione, la mutualitàe il localismo. Sono imprese aproprietà diffusa, che perseguonola logica del vantaggio e non lamassimizzazione del dividendo, inun legame totale e permanente con ilterritorio. Un modello da valorizzare,oggi come non mai.panorama per i giovani • 33


Come La salute nasce nel uno mondo statoFoto: iStockphoto.com (ilbusca; Kativ)In principio fuBretton WoodsIl ruolo svolto dalle istituzioni finanziarie internazionali per favorirela crescita economica dei paesi in via di sviluppo fra luci, ombre esperanze per il futuro.di Elisa GiacaloneTutto ebbe inizio nel luglio 1944: a BrettonWoods, presso l’hotel Mount Washington,44 nazioni firmarono gli accordicon cui si istituivano il Fondo monetariointernazionale e la Banca mondiale. Ifondatori si proponevano di creare unastruttura volta alla cooperazione economica,per evitare il protezionismo commercialee valutario che, disintegrandol’economia internazionale, prolungò lagrande crisi economica del ’29. Più precisamente,la Banca mondiale fu istituitacon lo scopo di ristrutturare le economieeuropee mediante l’erogazione di prestitibibliografiaP. Krugman e M. Obstfeld, EconomiaInternazionale, Hoepli, Milano 2007.G. Schlitzer, Il Fondo monetario Internazionale,Il Mulino, Bologna 2005.www.imf.orgwww.worldbank.orgper finanziare progetti specifici, mentre ilFmi fu preposto alla supervisione e al monitoraggiodel funzionamento del sistemamonetario internazionale. In particolare, icompiti principali di quest’ultimo eranomantenere la parità del cambio fra le valute,promuovere la cooperazione monetariainternazionale, facilitare l’ampliamentodel commercio mondiale, fornire assistenzatecnica specialistica in materia economicae di politica monetaria ai membriche ne avessero fatto richiesta, rendere leproprie risorse temporaneamente disponibili,sotto adeguate garanzie, per aiutaregli stati membri a risanare le loro bilancedei pagamenti, senza minare la prosperitànazionale e internazionale.Nel 1971 con la crisi del regime dicambi fissi venne meno il ruolo primariodel Fmi, quello cioè di garantire la stabilitàmonetaria. I paesi furono lasciati liberidi decidere come determinare i tassidi cambio e il fondo dovette reinventarsi,concentrandosi su altre funzioni quali, adesempio, la sorveglianza sulle politichedei paesi aderenti, in particolare di quelliin via di sviluppo, bisognosi di un creditoa più lungo termine. Oltre alla funzionedi supervisione e coordinamento, il Fmiiniziò a svolgere un importante ruolo difinanziatore. In seguito agli shock petroliferidegli anni ’70 e con la crisi deidebiti in quelli ’80, molti paesi ricorseroai prestiti del Fmi. Negli ultimi anni ilfondo si è trovato a fronteggiare diversecrisi finanziarie (Messico, 1994-95; Asiaorientale, 1997; Russia, 1998; Brasile,1998-99; Argentina, 2001) e la transizionedei paesi orientali verso un’economiadi mercato. La principale fonte di risorseper il Fmi è costituita dalla quota disottoscrizione versata dai paesi membri,dalle riserve auree e dagli Sdr (SpecialDrawing Rights, diritti speciali di prelievo,un’unità di conto creata dal fondonel 1969). Ogni paese detiene una quotadel fondo, basata su specifici indicatorifinanziari ed economici. Per ottenere l’accessoal credito i paesi devono presentareuna relazione (che prende il nome diletter of intent) in cui lo stato beneficiarioillustra le modalità di restituzione delprestito stesso; a tale relazione viene allegatoanche un piano di risanamento dicui prendono visione i paesi membri e cheviene giudicato dall’executive board. Sequest’ultimo ritiene il programma soddisfacenteautorizza la concessione del prestito.È da sottolineare, però, che gli Usada soli detengono circa il 17% del fondoe godendo di un diritto di veto nelle modifichestatutarie hanno ampia influenza.Al di là della composizione, il Fmi non èstato esente da critiche, negli ultimi anni,34 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Come La salute nasce nel uno mondo statocon riguardo ai criteri di impiego dellesue risorse. Si può affermare che le politichedi prestito del Fmi, oltre a risponderea criteri economici, sono sensibili anchea fattori che riflettono l’importanza di unpaese rispetto alla comunità finanziariainternazionale e rispetto alle politiche internazionali.C’è addirittura chi sostieneche il Fmi conceda i prestiti sulla basedi pressioni delle grandi banche internazionalipreoccupate per i loro crediti.Quindi, mediante l’erogazione di nuoviprestiti non solo salva (bail out) i paesiin difficoltà ma nel contempo risolleva ibilanci delle grandi banche. Questi incentividistorti causano però il problema delmoral hazard. Il rischio in questo casoè che le banche internazionali finiscanocon l’indurre un paese a sovraindebitarsi,sapendo che alla fine vi sarà un qualchesalvataggio da parte del Fmi. Problemaanalogo potrebbe essere causato dal debtrelief, che si articola in due programmi diprestito: Heavily Indebted Poor Countries(Hipc) e Multilateral Debt Relief Initiative(Mdri). In particolare a questo ultimopartecipano anche la Banca mondiale(tramite l’International DevelopmentFund) e l’African Development Fund.Esso prevede la cancellazione del 100%del debito di determinati paesi in via disviluppo per permettere loro il raggiungimentodei Millennium Development Goals.Un’altra critica al Fmi, mossa tra glialtri dall’economista Joseph Stiglitz nellibro Globalization and its discontents(trad. it. La globalizzazione e i suoi oppositori,Einaudi, Torino 2002) riguardail piano di risanamento che l’istituzioneconcorda con il paese. In genere, infatti,le misure consigliate dal Fmi riguardanodrastici tagli alla spesa pubblica e ai salari,aumento dei tassi d’interesse per favorirel’affluenza di capitali esteri, a scapitodegli imprenditori locali. Tali scelte politichenon sempre rispondono alle esigenzedelle singole economie e finiscono perrivelarsi inefficaci o perfino d’ostacoloper il superamento della crisi.Negli ultimi anni e sino al 2008, ilFmi (ma anche la Banca mondiale) haperso rilievo. Ciò è da imputare al miglioramentodelle prospettive economiche efinanziarie di molti paesi, alla presenza digrandi liquidità sui mercati e alla concorrenzadelle banche ordinarie e dei fondidi sviluppo dei paesi asiatici, dell’AmericaLatina e del Medio Oriente. Con lacrisi economica mondiale in corso, però,il Fmi è tornato ad assumere un ruolo diprimaria importanza: tutto il mondo lo reputail punto di riferimento per la ripresadell’economia. Gli interventi previsti dalfondo sono molteplici. Le risorse a disposizioneverranno triplicate, verrà inoltrerealizzata un’emissione da 250 miliardidi dollari in diritti speciali di prelievo inmodo da aumentare la liquidità globale.In questo scenario si fa sempre più preponderanteil ruolo della Cina che pareinteressata ad acquistare circa 40 miliardidi dollari di obbligazioni emesse dal Fmi.Naturalmente, a fronte di questo maggioreimpegno, la tigre asiatica richiederà unmaggior peso nei diritti di voto all’internodel fondo, visto che attualmente detienepoco più del 3% del capitale. Ciòimplica l’accettazione da parte dei paesioccidentali di una riduzione del propriopeso a vantaggio delle nuove potenzemondiali. Sono previste anche nuoveforme di prestito (sarà possibile riceverefinanziamenti ancora prima del manifestarsidi una crisi in modo da evitarerecessioni) e una maggiore supervisionefinanziaria che, una volta garantita la ripresa,potrebbe o dovrebbe comportareaumenti dei requisiti patrimoniali minimiin modo da evitare che le banche siassumano rischi eccessivi. Tali misuresecondo Dominique Strauss Kahn (Direttoregenerale del Fmi) rappresentano“un punto di svolta nel funzionamentodel Fmi e lo metteranno nelle condizionidi assolvere ancora meglio il suo ruolo diprotagonista della scena globale”.Ecco le principali forme di prestitoerogate dal Fmi.Stand by arrangement: questotipo di strumento è mirato a fornireassistenza nei casi di deficittemporanei o ciclici e i rimborsi devonoessere effettuati entro cinque anni.Viene erogato ai paesi di cui vieneapprovato il piano di risanamento.Extended fund facility: prestito a lungotermine mirato a sanare gli squilibri conl’estero causati da problemi strutturali.Il periodo di rimborso è di sette anni.L’extended fund facility e lo stand byarrangement comportano un interesseche è calcolato come media di alcunitassi di mercato a breve termine.Supplemental reserve facility:utilizzato per soccorrere i membriche attraversano un periodo di crisifinanziaria. L’ammontare delle risorsenon è definito ma deciso caso percaso. I fondi vengono erogati a untasso penalizzante crescente nel tempoper favorire un rimborso accelerato.Emergency assistance: per paesiche hanno sofferto conflitti o sono staticolpiti da disastri naturali. Comportaun interesse minimo e tempi dirimborso entro cinque anni.Poverty reduction and growth facilitye Exogenous shocks facility: strumentidi prestito creati per sostenere nel mediotermine i programmi di riforma e diriduzione della povertà nei paesi in via disviluppo. L’Esf è stato recentemente resopiù flessibile per permettere un interventotempestivo in caso di shock. Il tasso diinteresse è dello 0,5% e il periodo dirimborso varia dai cinque ai dieci anni.Flexible credite line: linea di creditoflessibile utilizzata con lo scopo diprevenire eventuali crisi. La durata ditale prestito va dai sei mesi a un anno.L’accesso a tal prestito viene stabilitocaso per caso.I prestiti del Fmi non coprono maiintegralmente i bisogni dei paesi membri,ma fungono da catalizzatore per altreforme di finanziamento. In aggiuntaalle risorse ordinarie (menzionatenell’articolo) il Fmi può avvalersi di altrelinee di credito supplementari attivabili insituazioni che minacciano la stabilità e ilfunzionamento del sistema monetario efinanziario internazionale. Inoltre il Fmi hala facoltà di prendere a prestito da paesinon membri.panorama per i giovani • 35


Come La salute nasce nel uno mondo statoI mestieri dello state buildingSupplenti o insegnanti?La crescita dell’interesse per lo state building ha determinato anche unaumento dei professionisti che lavorano in questo campo. Tuttavia, èforse il momento di chiedersi che cosa esattamente deve saper fare chisi occupa di “costruire uno stato”.di Luca ValerioDa quando sono entrate nell’agenda politicainternazionale, le attività di state buildingsi sono sviluppate velocemente. Esebbene la pratica sia arrivata prima dellateoria, è stato sin da subito chiaro che sitrattava di attività interdisciplinari.Ma quali figure professionali sono statecoinvolte in concreto nello state building,e quali hanno buone probabilità dilavorare in questo campo nel futuro?Le cose cambiano considerevolmentea seconda di che cosa intendiamo perstate building, dato che quest’etichetta èusata per operazioni con finalità e metodimolto diversi.Usando la classificazione suggerita dauno dei maggiori esperti del settore, FrancisFukuyama, il più semplice tipo di statebuilding è il rafforzamento di uno statodebole, cioè uno stato in cui l’autoritàstatale esiste, ma pur avendo una capacitàaccettabile di gestire alcuni dei suoi doveri,come la politica economica, è piuttostocarente in altri campi quali la protezionecivile o la difesa della proprietà privata (èil caso di paesi sudamericani come Perù eMessico) oppure è debole su tutta la linea(soprattutto paesi africani come Ghana eKenya). Gli operatori principali di questosettore sono la Banca mondiale e il Fondomonetario internazionale, che concedonoaiuti economici agli stati che ne hanno bisogno,posto che rispettino alcuni criteri diperformance che servono a garantire (anchese molti li reputano insufficienti) chei fondi erogati siano spesi effettivamenteper motivi di interesse pubblico. Questotipo di operazioni richiede professionistidel campo economico-finanziario, che assegnanoi fondi, gestiscono il loro trasferimentoe offrono consulenza agli amministratoripubblici del paese beneficiario.Altra interessante figura è quella degliosservatori elettorali, che fanno da garanti(senza però reale autorità) sulle procedureelettorali del paese; sono soprattuttooperatori dell’Unione europea o del Consigliod’Europa, mentre l’Onu preferisceoccuparsi del supporto tecnico all’organizzazionedelle elezioni.Un secondo tipo di intervento è la ricostruzionedi stati indeboliti o giovani,che non sono in grado di sopravvivereautonomamente. Ciò accade solitamentein paesi che hanno sofferto, nel passatorecente, di gravi conflitti interni; l’esempiopiù noto è quello della Bosnia, i cuigoverni, sin dagli accordi di Dayton del1995, sono coadiuvati dal Peace ImplementationCouncil (Pic), un organismointernazionale che si occupa di facilitarela fase di transizione verso la piena democraziae l’economia di mercato. Il Picrappresenta un esperimento unico nel suogenere: convogliando operatori diplomaticidi numerosi paesi occidentali e tutte leorganizzazioni internazionali che operanoin Bosnia nel suo organo esecutivo, l’HighRepresentative for Bosnia and Herzegovina,collabora infatti tanto all’edificazionedi nuove istituzioni politiche quantoall’introduzione di riforme in campopolitico ed economico, nella prospettivadi farsi progressivamente da parte fino aquando i cittadini di Bosnia ed Erzegovinanon saranno in grado di vivere dasoli. Tutto lascia pensare che questa nonsia che la prima di una serie di esperienzeche, in futuro, richiederanno professionisti“ad hoc”.Il tipo più radicale di state building èinvece la ricostruzione post-bellica, cioèil supporto a paesi in cui l’apparato stataleè stato completamente distrutto da unconflitto armato. Gli ultimi quindici annihanno offerto più di un esempio: Afganistan,Somalia, Kosovo, Iraq. Tipicamente,queste operazioni implicano l’interventodiretto di altri stati o coalizioni internazionalinel territorio del paese, a cominciaredalle forze militari – sia perché l’ordinepubblico è condizione necessaria per losviluppo di qualsiasi altra funzione statale,sia perché è l’unico modo di evitarerazzie, genocidi e violenze.In assenza di strutture amministrativee burocratiche, è necessario interveniredirettamente anche nell’assistenzasanitaria, nelle opere di sanità pubblicae negli affari giudiziari. Questo implicaFoto: iStockphoto.com(Yuri_Arcus; narvikk; millerpd)36 • n. 1, gennaio-aprile 2009


che professionisti stranieri si assumanodirettamente la responsabilità di questefunzioni. Nella maggior parte dei casi,essi dipendono dalle forze armate (e sitratterà quindi di medici militari e professionistidel genio militare, mentre lagiustizia è amministrata dai tribunalimilitari formati dagli ufficiali delle forzeoccupanti) o dalle organizzazioni nongovernative (e saranno quindi medici,ingegneri e urbanisti volontari). Fannoeccezione le gravi violazioni dei dirittiumani: amministratori e leader politici diprecedenti governi possono essere giudicatida una corte di giustizia internazionalecome il tribunale per i diritti umanidell’Aja, in Olanda. È quanto è accadutoal leader serbo Slobodan Milosevic nel2002.Solo a seguito della messa a regimedi queste funzioni si ha un salto di qualità.Le forze occupanti possono formareun’autorità che vicaria lo stato, come laCoalition Provisional Authority in Iraq,a sancire il passaggio della responsabilitàda militari a professionisti della diplomazia,della politica o della pubblicaamministrazione – esemplificato, nel casodell’Iraq, dal passaggio di testimone dalgenerale Jay Garner al diplomatico PaulBremer nel 2003.La fase terminale, almeno sulla carta,è rappresentata dal trasferimento diresponsabilità dall’autorità straniera a unnuovo stato formato dagli autoctoni. È ilmomento più delicato: Afganistan e Iraqhanno dimostrato che il successo non èaffatto garantito.Come lo stesso Fukuyama fa notare,tuttavia, la vera distinzione fra i tipi di statebuilding è forse un’altra. L’approcciotradizionale delle ong e degli aiuti internazionaliè quello di portare un aiuto direttoalle popolazioni in difficoltà, in modo dapoter verificare i frutti del proprio lavoro.Questo tipo di attività interessa soprattuttoprofessionisti di ciascuna area: in particolare,medici e dirigenti di ong.In Kenya l’organizzazione statale è carentesotto molti aspetti (nella foto sopra: unapiazza della capitale Nairobi). Sotto: uncarro armato abbandonato testimoniauna delle numerose guerre che hannoattraversato la Somalia, paese in cui è statonecessario l’intervento internazionale.Tuttavia, per molti queste attività sarebberoviziate da un equivoco di fondo.Se il nostro scopo è favorire la crescita delpaese che vogliamo aiutare, difficilmenteci riusciremo fornendo servizi una tantume sostituendoci agli attori locali chedovrebbero imparare a occuparsene. Nonsolo: autorevoli osservatori sostengonoche in molti paesi africani il know-howdell’amministrazione statale fosse addiritturamaggiore all’indomani della loroindipendenza che alle soglie del TerzoMillennio, forse proprio a causa di questepolitiche.Se si terrà conto di questa posizione,è facile prevedere che in futuro acquisterannointeresse le figure dei tecnicidella pubblica amministrazione da unlato, e quelle di formatori e istitutoridall’altro.Una cosa è certa: gli interessi chesostengono lo state building non sonodestinati a indebolirsi, ma a rafforzarsi.Dunque, è probabile che un numerosempre maggiore di lavoratorisarà impiegato in quella che per ora èun’attività svolta in modo incidentaleda professionisti o accademici di disciplineafferenti alle attività fondamentalidello stato, e che in futuro potrebbediventare una vera e propria scelta dicarriera.panorama per i giovani • 37


Come La salute nasce nel uno mondo statoFoto: iStockphoto.com(Yuri_Arcus; Fontmonster)Ingegneria senza frontiereTutto ciò che serve per “costruire” uno stato.di Francesca RonzioSuccessivamente alla spedizione dei Mille,diceva Massimo D’Azeglio (o secondoaltri Ferdinando Martini), “fatta l’Italia,bisogna fare gli italiani”: oggigiorno sipotrebbe dire: “Fondato uno stato bisognacostruirlo” intendendo, con questa affermazione,che uno stato non è solo unacostituzione o una bandiera, ma è ancheinfrastrutture, ospedali, ponti, strade e altro.Sembra evidente che affinché uno statorisulti completo e in grado di assicurareuno standard di vita accettabile ai suoi cittadini,non solo questi aspetti, ma anchealtri devono essere ugualmente considerati,pianificati e sviluppati in quanto unostato che si concentri esclusivamente suuno solo di essi rischia di essere come untavolino traballante a causa di una gambapiù lunga delle altre.È proprio per questo motivo che l’attivitàdei medici, dei giuristi, degli scienziatipolitici ma anche degli ingegneri odegli architetti diventa fondamentale perlo state building.È con questo fine che nasce un’organizzazionecome Ingegneri senza frontiere(Isf), un’associazione di ingegneri,docenti, ricercatori nonché studenti dellefacoltà di ingegneria che si propone comefine quello di costruire e realizzare operetecnologicamente valide laddove ce n’èbisogno. Si legge nello statuto dell’associazione:“l’attività di Isf si propone dicreare uno spazio di progetto comune aNord e a Sud del mondo in cui elaborare,realizzare e diffondere pratiche e tecnicheingegneristiche in grado di favorirela piena realizzazione di tutti gli individuie comunità umane”, specificando chele diciture Nord e Sud del mondo nonsono da intendersi in senso meramentegeografico, ma vogliono far riferimentoa fattori socio-economici più complessi,ovvero vogliono indicare situazionidi benessere economico e povertà che,purtroppo, caratterizzano intere nazionio comunità.Per riuscire a raggiungere i suoiobiettivi l’associazione si propone diutilizzare essenzialmente tre strumenti:i progetti tecnici, quelli di educazionee ricerca, quelli di formazione. I pro-getti tecnici si propongono di realizzareopere materiali e di dare un contributoconcreto allo sviluppo e al benesseredelle comunità umane. I progettidi educazione e ricerca nascono conla finalità di promuovere gli ideali e ipropositi che costituiscono la missiondell’associazione; i progetti di formazione,invece, riguardano i tecnici daqualificare per metterli in grado di gestireautonomamente gli impianti e lestrutture costruiti dai membri dell’associazione.Ingegneri senza frontiere è presentecapillarmente sul territorio in quanto èformata da associazioni che si sviluppanoall’interno dei singoli atenei in manieraautonoma e curano numerosi e variegatiprogetti, tutti ispirati dai valorie dagli ideali dell’Isf. L’impegno degliassociati è totalmente libero e su basevolontaria: questo vuol dire che l’attivitàdei membri non è in alcun modo retribuita.È da segnalare che spesso all’internodi questi progetti viene inserita anchela preparazione della tesi e l’attivitàdi ricerca dei laureandi, che riescono inquesto modo ad avere un primo contattocon realtà non sempre facili.Tra i progetti di respiro internazionalericordiamo quelli del gruppo attivopresso gli atenei romani, che staper intraprendere un nuovo progetto inTanzania concernente l’approvvigionamentoenergetico, la disponibilità dirisorse idriche e la possibilità di finanziareil tutto tramite progetti di microcredito.Il gruppo di Torino, invece, èattualmente impegnato, tra le varie attività,nella progettazione di un sistemaper la tutela delle acque in Burkina Fasoed è stato protagonista della costruzionedi due serre con annessi impiantidi irrigazione in Bosnia Herzegovinaa beneficio dell’associazione di donneBrezanke. Anche il gruppo genovese èmolto attivo, con una serie di progettiin numerosi paesi in via di sviluppo siadel continente africano sia di quello sudamericano.Ovviamente, questi sonosolo alcuni esempi del lavoro di questiingegneri: come diceva Einstein, rivoltoa colleghi e ingegneri, “l’uomo e lasua sicurezza devono costituire la primapreoccupazione di ogni avventura tecnologica.Non lo dimenticate quandosarete immersi nei vostri calcoli e nellevostre equazioni”.38 • n. 1, gennaio-aprile 2009


post scriptaIl tema dello State building – lo testimoniano i pregevolicontributi di questo fascicolo – solleva delicate questioni didiritto e politica internazionale. La non ingerenza negli affariinterni degli Stati costituisce un principio fondamentaleai fini di una pacifica convivenza fra le nazioni.Ma non è più un principio assoluto. Puòtollerare eccezioni in talune circostanze; adesempio, per ragioni di difesa nei confrontidi organizzazioni terroristiche o atti di pirateria,ovvero per la tutela di elementari dirittidi popolazioni inermi, in balia di guerre civilio atti di violenza indiscriminata di gruppicriminali o della stessa autorità costituita.Vi è però il rischio che l’intervento travalichiin arbitraria invasione della sovranitàaltrui, nell’imposizione della legge del piùforte sui soggetti statuali più deboli. Per questola sua legittimità è subordinata a condizioni precise. Nondeve scaturire da decisioni unilaterali; deve basarsi sul consensodello Stato interessato o – in mancanza – sul sostegno di unaparte consistente della comunità internazionale.Le operazioni di ricostruzione (o, se del caso, costruzione)di uno Stato si inseriscono nel quadro giuridico ora ricordato.Ma al di là del diritto, il fenomeno si presta a considerazioniVi è il rischioche l’interventointernazionaletravalichi inarbitraria invasionedella sovranitàaltrui. Per questoè subordinato acondizioni precise.che lo spiegano e condizionano sul piano politico. Gli interventidi State building rispondono ad una precisa esigenza di unasocietà globale. Lo sottolinea bene Alfonso Parziale richiamandosialle concezioni di Fukuyama. Uno Stato debole, povero,dilaniato da lotte interne rappresenta un fattoredi instabilità e turbativa per la sicurezzae il benessere di tutti. Aiutarlo ad uscire daquesta situazione risponde dunque ad un interessegenerale.Non si tratta in ogni caso di un’operazionesemplice. Abbandonati vecchi schemidi stampo protezionistico (per non dire, coloniale),occorre coinvolgere nel processola popolazione locale, nel rispetto della suacultura e delle sue tradizioni, base necessariaper i successivi sviluppi e innovazioni. Èquesto un punto sul quale insistono – a ragione– numerosi scritti qui pubblicati. Ma non basta. Per la suariuscita, un’operazione di State building deve disporre di risorseumane, economiche e anche militari (se del caso) in misuraadeguata. La loro mancanza è causa di ripetuti fallimenti. Leistituzioni internazionali e gli Stati più forti dovrebbero farsenecarico; spesso non lo fanno o non sono in grado di farlo, contutti i contraccolpi negativi che puntualmente ne conseguono.Gian Luigi Tosatopanorama per i giovani • 39


Lascia che sia fiorito,Signore, il suo sentieroDieci anni fa moriva Fabrizio De André, capace ancora oggi di estasiarecon l’estrema semplicità delle sue melodie popolari e la poesia dei suoitesti.di Carmelo Di Natale e Selene FavuzziA volte pare che provenga dall’alto: dallasomma vetta della poesia, dal dolcissimoinno sacro, dal canto della pura e sublimebellezza, dalla speranza in un mondo migliore.A volte pare invece di sentire la suavoce provenire dal fango, dalla carne chesoffre, dall’urlo di chi è precipitato nel baratro,dal gemito di dolore, dall’amarezzache sorge senza il sudario della compassione,o dalla rabbia sarcastica dell’invettiva.In certi momenti quella voce sembracantare il cielo e l’inferno, bene e maleche si confondono, uniti assieme ormaiin un unico corpo che pulsa ed è la vita.In altri invece prendono forma e respirodalla vibrazione di quelle corde vocali,la rassegnazione e l’anarchia, unite permano, e ancora sprazzi di bianco e nero, etutti i colori, e morte e speranza e miseria,alte e sublimi nella loro umiltà. È impossibiledeterminare con esattezza da doveprovenga; troppi echi e troppe storie portacon sé... ma una cosa è certa: la voce diFabrizio De André non ha mai smesso dicantare l’uomo.De André nasce a Genova nel quartieredella Foce, il 18 febbraio del 1940.A causa della guerra la madre fugge nellasua casa di campagna a Revignano d’Asti,mentre il padre è costretto a nascondersidai fascisti. Questo luogo sarà fondamentaleper la sua crescita: il ricordo d’unainfanzia felice e spensierata trascorsacorrendo nei campi e seguendo il lavorodei contadini lo segnerà profondamente.Il piccolo Fabrizio era disperato all’ideadi dover tornare a Genova dopo la guerra:sin dalla prima elementare mostra il suocarattere insofferente agli spazi chiusi,alla disciplina e all’ipocrisia. Trascorre lesue ultime vacanze a Revignano, diventaamico del giovane Paolo Villaggio (idue saranno presto inseparabili) e sognadi poter un giorno ricomprare l’amato casolare,che sta per essere venduto, quasicome il “ragazzo della via Gluck”.Si applica il minimo indispensabilealle scuole superiori, inizia invece a suonarela chitarra e comporre canzoni, nonchéa nutrirsi di libri e ideali anarchici,poetici, musicali: Bakunin e Malatesta,Kropotkin e Stirner, Villon e Dostoevskij,con l’osannato Brassens. Passa le serateda universitario assieme agli amici LuigiTenco e Gino Paoli. Nel 1960 compone leprime canzoni, poi sposa Enrica Mignon enasce il piccolo Cristiano.Foto: iStockphoto.com (1joe)40 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Primo pianoQueste sono le parole di Fabrizioriguardo al suo esordio: “Se una vocemiracolosa non avesse interpretato nel1967 La Canzone di Marinella, con tuttaprobabilità avrei terminato gli studidi legge per dedicarmi all’avvocatura.Ringrazio Mina per aver truccato le cartea mio favore e soprattutto a vantaggiodei miei virtuali assistiti”. La canzoneebbe un enorme successo e lo pose inaspettatamentein cima a tutte le classifiche,avanti a Morandi, Mina stessa,Battisti e perfino ai Beatles. La grandezzadi De André sta però nel rifiuto deicompromessi e nell’aver sempre evitatodi rinunciare alla propria individualità,senza seguire la chimera del successo oi favori del pubblico.Fortemente influenzato da autoricome Dylan, Cohen, Brel e dall’amatissimoBrassens, Fabrizio ha nutritola sua poetica di un’attenta e raffinataricerca stilistica, musicologica e filologica,attingendo alle fonti più diverse:dalla letteratura inglese medievale(Geordie) a Cecco Angiolieri (S’i fossefoco), dall’Antologia di Spoon River(da cui è tratto uno dei suoi album piùriusciti, Non al denaro, non all’amorené al cielo) ai Fiori del Male, passandoper le tradizioni musicali provenzale,genovese e napoletana, sposando inmodo mirabile musica “colta” e musicapopolare.Benché impossibile da etichettareentro categorie stilistiche codificate, lamusica di Faber (il suo soprannome),soprattutto nei primi album, ha spessoassunto la forma della ballata e dellachanson: è qui che l’influenza del maestroGeorge Brassens si fa più marcataed evidente. In questa fase, oltreall’immancabile chitarra acustica, DeAndré si serve di una strumentazionemolto ampia, in cui non mancano quasimai i fiati (specie clarinetto e flauto) e ilviolino, interpretato in genere dal figlioCristiano, eccellente polistrumentista.Nel concept album Tutti morimmo astento il poeta genovese si fa addiritturaaccompagnare da un’intera orchestra,la Philarmonia di Roma, direttadai fratelli Reverberi. Non mancanotuttavia esempi d’arrangiamento minimalista,come la struggente Tre Madri,tratta dal concept La buona novella, incui immagina un toccante dialogo a seitra Maria, Gesù crocifisso, le madri diTito e Dimaco (secondo l’apocrifo Protovangelodi Giacomo i due malfattoricrocifissi accanto a Cristo) e gli stessiladroni: l’autore sceglie un accompagnamentocon i soli violino e chitarra,creando un’atmosfera rarefatta carica diuna sacralità laica. Dà i brividi il celeberrimoduetto che Fabrizio e Cristianointonano su questo pezzo nell’ultimoconcerto prima della morte del maestrogenovese.La sera del 27 agosto del 1979 DeAndré viene sequestrato assieme allacompagna Dori Ghezzi (Fabrizio avevafrattanto divorziato dalla prima moglieEnrica) in Sardegna, dove rimarràprigioniero dell’anonima sequestri perquattro mesi. Persino dopo un’esperienzacosì drammatica Faber dichiaròdi aver perdonato i suoi aguzzini (noni mandanti del sequestro), di avernepercepito la debolezza, come rivela lacanzone Hotel Supramonte. La mortedel padre, e del fratello Marco, la piccolaLuvi che cresce, il matrimonio conDori, la morte della madre, successidiscografici: gioie e dolori si alternanorapidi nell’ultimo periodo della vita delcantautore e la produzione artistica raggiungevette mai toccate prima.Nella seconda parte della sua carriera,De André si stacca infatti, piùo meno volutamente, dalla chanson eda Brassens, per dare alla sua musicaun respiro più ampio. Fondamentali daquesto punto di vista sono il doppio albumIn concerto con la Pfm, tratto dauna serie di memorabili concerti in cuiil maestro genovese reinterpreta alcunidei suoi classici in chiave folk rock(grazie agli arrangiamenti della Pfm),soprattutto Creuza de Mä, per molti ilvertice poetico della sua discografia. Inquest’ultimo album, i cui testi sono tuttiin dialetto genovese, la musica di DeAndré si apre a forme stilistiche nuove,inesplorate, contaminandosi con lamusica popolare ligure e, più in generale,con la grande tradizione del folkitaliano. Fabrizio utilizza adesso anchestrumenti “etnici”, come mandolino ecetre, e perfino qualche chitarra elettricae qualche sintetizzatore. Creuzade Mä, oltre a raccontare Genova conocchio fine e profondo, rappresenta unvero e proprio libro di musicologia etocca vette stilistiche mai raggiunteprima. Le sperimentazioni sono ancorapiù avanzate nel concept AnimeSalve, l’ultimo, fantastico, capolavorodi “Faber”: in questo album il grande“cantastorie” (come egli stesso amavadefinirsi) esplora la bossa nova, iltango, il free jazz, la fusion, riprendela chanson, giungendo a una contaminazionetanto musicologicamente elevataquanto straordinaria nel lirismopoetico. Anime Salve rappresenta sicuramenteil livello più alto della suaricerca stilistica.Nelle sue canzoni, Faber ha volutoe saputo raccontare l’uomo così com’è,in tutta la sua profondità, con sguardopietoso e discreto, rifiutando stilizzazionifacili e moralismi falsi e ipocriti. Hacantato i vinti, gli esclusi, gli emarginati.Ha esplorato i pensieri della prostituta,le paure del drogato, il rancore dell’impiccato,il disagio del transessuale, isentimenti dell’omosessuale, l’orgogliodel suicida, il dissenso del terrorista,la furia del violento e del pervertito, laleggerezza del fannullone. Ha cantato,da non cristiano ma da uomo spirituale,l’umanità straordinaria del Nazareno, ilsuo amore incondizionato per l’uomoe per il mondo nonché la sua vittoria,vittoria di Servo sofferente capace di“insegnare l’amore”, come afferma Titoal termine del capolavoro Il testamentodi Tito, tratto dal concept album Labuona novella. Tutta la produzione diFabrizio è intrisa in effetti di una pietasnon comune e, al contempo, di una fortissimainsofferenza per ogni forma difariseismo moralista e “giudicone”. Lasua simpatia per l’uomo si accompagnanaturalmente a un grande amore per lavita e per tutto ciò che è vita, amore cosìprofondo e viscerale da portarlo spessoa riflettere sulla morte e sul suo significatoesistenziale (sono tantissimi i braniin cui Faber affronta il tema della morte,basti pensare a La Morte, Morire perdelle idee, Il testamento, La ballata diMiché e tanti altri ancora).Da tempo malato di tumore, Fabriziomuore la notte dell’11 gennaio1999, in una clinica di Milano, circondatodall’affetto di Dori e dei suoi cari.Si spegne un uomo che non ha avuto pudorenel mostrarsi sin nell’intimo dellasua anima, o vergogna a vestire i cenci ecoprirsi di fango per recare un messaggioal cielo: canta melodie senza tempoche parlano d’umanità.panorama per i giovani • 41


De André dopo De AndréLa mostra di Genova: ricordando Faber a dieci anni dalla sua scomparsa.di Beatrice PolesCon l’arrivo del decennale della mortedi Fabrizio De André, sembra che tutto ilmondo si sia fermato a rendere omaggioal cantautore genovese. Per diverse settimanesi è sentito ripetere ovunque il suonome: ogni giornale, ogni emittente televisiva,ogni collega, amico e fan ha volutocommemorarlo. Si è detto così tanto chesembra si sia detto tutto.Tra tante parole, spesso banali o superficiali,è difficile trovare quelle adattea rappresentare questo artista profondo einsofferente, a cui non si addicono cerimonieo epitaffi: qualsiasi frase appareriduttiva.Forse è proprio questo il punto, DeAndré ha dato così tanto a tutti quelli chelo hanno ascoltato, comunicando intimamentecon ognuno, che non è possibiledescriverlo in maniera univoca, perchénon è più uno solo, ma è tanti De Andrédiversi quanti sono i suoi appassionati eraccontare la sua storia significa raccontarela storia di chi, grazie a lui, si è trovatocambiato.La capacità di regalare parole e melodieche diventano immediatamente personalihanno trasformato questo poeta in unamico. Un amico discreto, ma “così presentenella storia dei sentimenti di questopaese” (Ivano Fossati), che ha lasciato unvuoto immenso dietro di sé, una mancanzadolorosa.E mentre tanti hanno scelto di coltivarneil ricordo in silenzio, altri hannosentito il bisogno di dire qualcosa eprovare per questa via ad allontanare ilrimpianto e la commozione che neglianni hanno sempre accompagnato ognimemoria o aneddoto sul conto di Faber.Numerosissime sono state perciò le manifestazioniorganizzate in suo onore inogni parte d’Italia, dalle letture dei suoitesti ai concerti-tributo.Anche Genova, la sua città, ha sceltodi ricordare Fabrizio e gli ha dedicatouna mostra negli spazi del Palazzo Ducale(fino al 3 Maggio 2009).Organizzata dalla Fondazione FabrizioDe André e curata de Vittorio Bo, GuidoHarari, Vincenzo Mollica e Pepi Morgia,la mostra è un percorso multimediale einterattivo (il progetto e la realizzazionesono stati infatti affidati allo Studio Azzurro,specializzato nelle installazioni divideo-arte).Il visitatore può entrare in contatto conl’opera e la vita del cantautore attraversomanoscritti, fotografie, testimonianzedi collaboratori e amici. Tuttavia, non siSopra: Genova, la città natale di FabrizioDe André.trova davanti a una semplice esposizione,ma è libero di trovare il suo personale percorsoemozionale attraverso l’esplorazionedelle cinque sale della mostra.C’è la “sala degli schermi”, in cuisono presentati in modo originale i temicari a Fabrizio: l’amore e le donne, laguerra, l’anarchia, la libertà, i diseredatie la morte. Una sezione è infine dedicataal suo rapporto con la città di Genova.C’è poi la “sala della musica”, dedicataalla sua opera e in cui il visitatore puòapprofondire la conoscenza degli albumattraverso l’uso di tavoli con touchscreen, sui quali vengono mostrate foto,spartiti originali, filmati. Nella terza sala,quella “dei tarocchi”, prendono vita moltidei personaggi delle storie di Fabrizio,mentre nella “sala della vita” è possibileguardare le video testimonianze di collaboratori,amici e familiari. Nella “saladel cinema”, infine, vengono proiettati“non-stop” filmati, soprattutto inediti,sulla vita del cantautore.Più che una mostra, allora, è un’ulterioree preziosa testimonianza di affetto,che in quanto tale non rischia di scaderenel cliché o nella sterile adulazione di unfantasma. D’altronde, per tutti quelli chelo amano, De André è una presenza vivae attuale, “qualcosa che sai che ti appartiene,ma non potresti definire” (RenzoPiano).Foto: iStockphoto.com (peeterv)42 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Primo pianoViaggio tra gli album di Fabrizio De André di Beatrice PolesVOLUME 1 (1967)È il primo album di FabrizioDe André dopo alcuni45 giri come La canzonedi Marinella, La guerradi Piero, La canzonedell’amore perduto o Amoreche vieni, amore che vai.L’incipit dell’album, chevede la collaborazione diGian Piero Reverberi, è ladrammatica Preghiera ingennaio, scritta per l’amicoLuigi Tenco, morto suicida.L’attenzione è incentrata suitemi più che sulle melodie:l’amore sacro e profanodella famosissima Boccadi rosa o di Via del Campo,la cognizione del dolore,l’esaltazione dei diseredati,la religiosità di Spiritual e Sichiamava Gesù, la ribellionecontro le ingiustizie. Sisente fortemente l’influssodei cantautori francesi e inparticolare di Brassens, dicui De André tradusse moltipezzi.TUTTI MORIMMO ASTENTO (1968)Il periodo delle cosiddettecanzoni, caratterizzato dallaprovocazione e dalla rabbia,culmina in quest’album, incui i diseredati, i drogati(Cantico dei drogati),gli impiccati (La ballatadegli impiccati), sono iprotagonisti incontrastati. Lamorte, specialmente quellaspirituale, fa da sfondoalle melodie barocche.Filastrocche cantate da coridi bambini narrano di guerreapocalittiche (Girotondo).VOLUME 3 (1968)Anche in Volume 3 prevalela scelta dei temi, inparticolare l’idea di homohomini lupus. L’albumcontiene molti dei suoimaggiori successi, comeLa canzone di Marinellae Amore che vieni, amoreche vai, riarrangiate ereincise per l’occasione.Altrettanto importantil’amara Ballata del Miche’e Il gorilla (da Brassens) ola trasformazione in musicadell’irriverente sonetto diCecco Angiolieri S’i fossefoco.LA BUONA NOVELLA(1970)Traendo ispirazione daivangeli apocrifi, con questoconcept-album De Andréracconta la storia di Gesù.Tutto l’album è un’allegoria:paragona – dal punto divista etico-sociale – leistanze del movimentostudentesco del ’68 alleidee rivoluzionarie diCristo. Un Cristo carico diumanità (l’album si aprecon Laudate dominum esi conclude con Laudatehominem) e come lui anchegli altri protagonisti: Maria(L’infanzia di Maria, AveMaria o ancora Il sogno diMaria), Giuseppe, i ladroni(Il testamento di Tito) e leloro madri. Il disco ricevetteun’accoglienza controversa,ma resta la testimonianzapiù bella della religiositàumana di De André.NON AL DENARO, NONALL’AMORE NÉ AL CIELO(1971)Con la collaborazione diFabrizio Bentivoglio e diNicola Piovani, il disconasce dal desiderio ditrasformare in canzoni alcunidei testi de L’antologia diSpoon River di E.L. Masters.L’umanità dolente che siracconta nei versi di DeAndré ha trovato nella mortela salvezza e le amarezzee i fallimenti sono narratisenza bugie dai protagonisti:Un giudice, Un blasfemo, Unchimico, Un ottico, Un mattoe Il suonatore Jones.STORIA DI UN IMPIEGATO(1973)L’album, il più politico di DeAndré (che fu addiritturaposto sotto controllodalla polizia e dai servizisegreti), ricevette critichecontroverse. Narra levicende personali di unimpiegato che, dopo averascoltato un canto delmaggio francese (riadattatoin Canzone del maggio),matura un suo progetto diribellione, in un alternarsi disogno (Al ballo mascheratoe Sogno numero due) erealtà (Il bombarolo), mafallisce e viene carcerato.In questo stesso albumVerranno a chiederti delnostro amore.CANZONI (1974)L’album è soprattuttoun insieme di pezzi giàpubblicati e di traduzioni diautori amati da De André:Leonard Cohen, ancoraBrassens e Bob Dylan (Viadella povertà).VOLUME 8 (1975)Nato dalla collaborazionecon Francesco De Gregori, èun album molto complesso.I due artisti collaboranoalla pari e sono evidenti leinflessioni stilistiche di DeGregori nei testi, che nelnon essere esplicitamentenarrativi, assumono unaforza straordinaria (La cattivastrada, Oceano, Canzoneper l’estate). Intimamentebiografiche invece sonol’eccezionale Amico fragile eGiugno ’73.RIMINI (1978)È una raccolta discontinuae indecisa, molto triste,con influenze dylaniane(Avventura a Durango è unatraduzione del cantautoreamericano), a cui De Andrélavora assieme a MassimoBubola. I testi sono piùcomplessi e visionari,frutto della precedentecollaborazione con DeGregori (si pensi a Sally o aVolta la Carta).FABRIZIO DE ANDRÉ(1981)L’album non ha titolo, comefosse un primo album inassoluto. Viene anchechiamato L’indiano per ilpellerossa in copertina.In effetti, vengono quiraccontate le vicende deinativi d’America (FiumeSand Creek). Ma soprattuttoquesto è il disco delrapimento, della rabbia perun sequestro durato quattromesi, da parte di una bandadi sardi a Tempio Pausania.Questa terribile esperienzaè raccontata in HotelSupramonte.CREUZA DE MÄ (1984)L’undicesimo album in studioè considerato una pietramiliare della musica etnica.Tutti i testi sono in dialettogenovese, le sonoritàmediterranee suggerisconoil gusto dell’invenzione,anche grazie all’usosapiente di strumentimusicali inusitati.LE NUVOLE (1990)Questo album sembrainafferrabile, con laparte musicale curatameticolosamente – tanto daapparire un po’ fredda – etesti belli come sempre masofferti, in bilico tra vecchioe nuovo. Ottocento è amarae grottesca, come amarisono I monti di Mola e Ladomenica delle salme.Anche Don Raffaè è unadichiarazione di sconfittadietro una facciata divertita.ANIME SALVE (1996)È l’ultimo capolavoro di DeAndré, scritto con IvanoFossati, il disco della maturitàtotale, con nuove storiedi emarginati, travestiti(Prinçesa), zingari, disperati.Da molti considerato il suotestamento spirituale, èestremamente intenso econtiene pezzi come Animesalve, sulla solitudine;Khorakhanè, dedicata ai Rom;la splendida ed ermeticaDolcenera; SmisurataPreghiera, dalla preghiera delgrande Álvaro Mutis.panorama per i giovani • 43


Primo pianoFoto: iStockphoto.com (Sage78)Un batterio daNobelLa scoperta che ha rivoluzionato il trattamento delle patologie gastriche.di Manuel TrambaiolliQuando si parla di premio Nobel inmedicina, viene istintivo pensare a unostudioso o a un gruppo di studiosi chegiungono con perseveranza, coraggio etenacia a compiere fondamentali scopertee cercano di convincere la comunitàscientifica della validità delle loro ricerche.Non sempre questo è possibile,soprattutto agli inizi, perché l’indifferenzae lo scetticismo degli altri scienziatisono spesso di ostacolo. Questo avvenneanche per il prof. Robin Warren, premioNobel 2005 per le sue ricerche sull’Helicobacterpylori.Fin dagli albori della batteriologia,veniva dato per evidente il fattoche i batteri non sono in grado di sopravviverenell’ambiente acido dellostomaco. Prima del 1961, le biopsiedella mucosa gastrica venivano eseguiteinizialmente con il gastroscopiorigido e successivamente con quellosemiflessibile e servivano per rimuoveretumori o ulcere. Tuttavia le descrizionimicroscopiche dei preparatierano maggiormente concentrate sullecaratteristiche anatomo-patologichedi queste malattie più che sull’analisiistologica della mucosa. Durante l’esecuzionedell’esame e la fissazione delcampione, la mucosa gastrica subivaun processo di autolisi con conseguentescomparsa di tutti i microrganismieventualmente adesi ad essa.L’introduzione del gastroscopio flessibilead opera di Hirschowitz consentìdi eseguire biopsie gastriche sempre piùfrequenti che permisero al dottor Whitehead,nel 1972, di elaborare una classificazionebasata sulle caratteristiche dellamucosa dello stomaco. Le immagini relativea pazienti affetti da gastrite cronicache Whitehead osservò al microscopiomostravano un’infiltrazione di tipoinfiammatorio e una pronunciata distorsionee atrofia dell’epitelio superficiale,con una marcata irregolarità delle cellule.Warren utilizzò questa classificazionecon qualche modifica e le patologie gastricheiniziarono ad apparire sotto unaluce diversa.L’avventura con l’Helicobacter pyloriiniziò nel giugno 1979. A quel tempoWarren era membro del College of Pathologistsof Australia e lavorava come patologoal Royal Perth Hospital. Durantel’esecuzione di una biopsia, osservò casualmentela presenza di piccoli batteri ricurvisulla superficie della mucosa gastrica.Incuriosito da questa scoperta, decisedi approfondire i suoi studi con l’utilizzodel microscopio elettronico e ottenne44 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Primo pianoconferma della presenza nel campionebioptico esaminato di batteri di forma ricurva,localizzati nello strato superficialedi muco e tra i microvilli delle cellule epiteliali.I colleghi del professor Warren eranotuttavia molto scettici sull’importanzadella sua scoperta: “Tutti sanno che lostomaco è sterile e i batteri, qualora sianopresenti, sono da ritenere solo secondarialla gastrite”, si sentì dire. Per questo losfidarono a individuare ulteriori casi. Daquanto aveva notato al microscopio, Warrenera però convinto del contrario; decisedunque di accettare la sfida e proseguirele ricerche per poter dimostrare scientificamentele sue intuizioni. Con sua grandesorpresa, riuscì a ripetere le stesse osservazioniin un numero significativo dibiopsie.Un’altra domanda che si sentiva spessoporre era perché fino ad allora nessunoscienziato avesse mai descritto la presenzadi questi batteri sulla mucosa gastrica.Dopo un’accurata ricerca bibliografica,scoprì che nel corso degli anni molti studiosiavevano osservato e analizzato questimicrorganismi su biopsie veterinarie dicavie, ma queste descrizioni erano generalmentepoco conosciute e spesso ritenuteirrilevanti dagli stessi autori.Warren continuò le sue ricerche, maper dimostrare che Helicobacter pyloriaveva un ruolo eziologico fondamentalenella genesi delle gastriti croniche e delleulcere peptiche aveva bisogno di biopsiedi mucose apparentemente intatte e noncon lesioni visibili, quali ulcere o carcinomi,come aveva sempre avuto in precedenza.Fu allora che incontrò il dottor BarryMarshall, il quale, interessato al suo lavoro,acconsentì a fornirgli una serie di biopsieda antro gastrico apparentemente normaleper confermare tali scoperte. Dopouna serie di biopsie eseguite su pazientisecondo un dettagliato protocollo clinicoche elencava ogni tipo di sintomo, i duericercatori ottennero risultati inaspettati.Prima di tutto i batteri spesso non eranocorrelati a nessuna sintomatologia significativae in secondo luogo le descrizionigastroscopiche mostravano che l’ulceraduodenale era strettamente dipendentedall’infezione batterica.Confortato da queste evidenze scientifiche,nel 1983 Warren decise di inviarealla rivista The Lancet una lettera che illustravale ricerche svolte prima dell’incontrocon Barry Marshall, mentre quest’ultimoallegò un riassunto del loro lavorocongiunto. Proprio Marshall fu poi invitatoa esporre le loro scoperte alla conferenzasul Campylobacter di Bruxelles, suscitandogrande interesse in Martin Skirrowche presiedeva l’assemblea.Arrivò quindi il momento di inviarein forma ufficiale i risultati degli esperimenticondotti nel periodo 1979-83 a TheLancet; in questa occasione, in manieradel tutto inattesa, si ripresentarono i dubbie le perplessità da parte della comunitàscientifica che avevano caratterizzato leprime fasi delle loro ricerche. Fu proprioMartin Skirrow che giocò un ruolo crucialein questa situazione: informato delloscetticismo e delle riserve dei revisori, decisedi ripetere gli esperimenti di Warrene Barry nel suo laboratorio, alla ricerca diconferme. I risultati che ottenne furonoidentici a quelli dei due ricercatori: questofu sufficiente per convincere The Lancet apubblicare l’articolo senza alcuna modificanel 1984.Le ricerche si moltiplicarono nei decennisuccessivi ad opera di studiosi diHelicobacter pyloriH. pylori è un microrganismo a formadi bastoncello ricurvo e rappresentail principale fattore patogenetico dellagastrite cronica, dell’ulcera gastrica eduodenale.Sono stati sviluppati numerosi testdiagnostici per il rilevamento di H.pylori che si distinguono in invasivie non invasivi. Tra le indagini noninvasive occorre ricordare il dosaggiodegli anticorpi anti-H. pylori,l’identificazione del batterio nellefeci e il cosiddetto urea breath test,mentre le metodiche invasive sonorappresentate dall’individuazionemicroscopica del batterio su biopsiegastriche, dall’esame colturale odalla ricerca del Dna di H. pyloritramite Pcr (reazione a catena dellepolimerasi).Gastrite cronicaLa gastrite cronica èun’infiammazione cronicadella mucosa gastrica causataprincipalmente da H. pylori, cheinteressa l’antro dello stomaco dasola o unitamente a quella del corpoe del fondo. Nella maggioranza deipazienti è asintomatica; qualorai sintomi siano presenti, sonorappresentati da dolore o senso dipesantezza post-prandiale, sazietàprecoce, meteorismo.Ulcera pepticaL’ulcera peptica è una lesione cheinteressa la mucosa di una zona deltratto digerente superiore (stomacoo duodeno) esposta all’azionedel succo gastrico ed è causataprincipalmente da H. pylori o daFans (farmaci antinfiammatori nonsteroidei).tutto il mondo e vennero elaborati originalimetodi diagnostici e terapeutici daldottor Marshall. Ai giorni nostri è riconosciutal’importanza dell’Helicobacter pylori,visto e largamente ignorato per oltre100 anni, ma l’aspetto più significativodel lavoro condotto da questi due scienziati,cui è stato conferito il premio Nobel2005 per la medicina, è che patologie untempo a elevata incidenza e gravate dasevere complicanze possono essere oggiefficacemente trattate farmacologicamente,evitando in questo modo interventichirurgici di resezione gastrica altamentedemolitivi.panorama per i giovani • 45


Primo pianoA sinistra: Luigi Russolo, La rivolta, 1911.ALZATI,PRENDI POSIZIONE!Collage di impressioni sul Futurismo e istantanee dalla mostra alleScuderie del Quirinale.di Selene FavuzziSul palcoscenico: rumori, silenzi improvvisi;il senso delle parole, ormai marce eabusate, è lacerato.Nei progetti di nuove città: grattacieli, ascensorie rapide metropolitane; la morte della fatiscenteestetica è annunciata a gran voce.Sulla tela: colori smaglianti, accostati in rapidepennellate; la prospettiva è frantumatae uccisa, ne viene esposto il cadavere penzolantedalla forca, monito a tutti gli astanti.Fra le note musicali: i suoni dell’intonarumori,l’assassinio della melodia, lospartito strappato.Lo spettatore è attonito, indignato, sconvolto.Luci e ombre, il suono del tuono, il rombodell’auto, la risata scomposta, clacson,voci di folla.Dove sono finiti l’armonia, la bellezza, ladolcezza e la rassicurante simmetria dellaBelle Epoque?Possibile che non abbiano lasciato altroche un logoro feticcio morente, che lanuova arte deride?E lanci di frutta marcia, urla, insulti, lancidi tavoli e sedie, risse, cazzotti, forzedell’ordine, arresti.Impossibile rimanere indifferenti: o seicon loro o sei contro.Il pubblico applaude sempre?Se almeno restasse seduto sino alla fine,senza urlare e alzarsi prima!Non è un’arte da salotto.“Alzati, prendi posizione!”. Persino i vuotie i silenzi paiono gridare a gran vocequeste parole.È ciò che vogliono i depositari della nuovaarte, “i primitivi d’una sensibilità trasformata”,come si definiscono: il nuovoche scanna il vecchio e fradicio gustopassato.Lo scandalo, la provocazione, l’insultoservono a far alzare lo spettatore passivodalla sedia; deve pensare, decidere, lottareper le sue idee, scontrarsi col vicino disedia.Questo è il futurismo.E ancora oggi non cessa di provocare reazioniin ogni spettatore.Ancora oggi, dopo cento anni dal suocertificato di nascita: la pubblicazione diTommaso Marinetti del suo Manifesto futuristasu “Le Figaro” di Parigi, il 20 Febbraiodel 1909.L’uomo nuovo nasce dal rombo del motoree dalla velocità di una corsa in automobile,assunta a simbolo della modernità,“più bella della Nike di Samotracia”.L’uomo nuovo deve scardinare i saperitradizionali con la violenza travolgentedell’innovazione.In letteratura deve distruggere la sintassi,abolendo la punteggiatura e l’abuso degliaggettivi, declinando i verbi all’infinito,scrivendo le parole “come capitano”,componendo per onomatopee e suoni: èstupido scrivere cento pagine al posto diuna, è stupida la verosimiglianza.Un inno alla libertà?Nacque così la poetica futurista rivoluzionaria.E a chi si domanda ancora il perchédell’adesione al fascismo del suo fondatore,si può ribadire che la sua sia statauna poetica, appunto, e non una politica,rivoluzionaria.Il centenario dalla nascita del movimentoviene celebrato a Roma alle Scuderie delQuirinale dal 20 Febbraio al 24 Maggio2009 dalla mostra Futurismo Avanguardia-Avanguardie,curata da Ester Coen, incollaborazione con il Centre Pompidou diParigi, e la Tate Modern di Londra.La mostra mette in scena il primo futurismo,con opere di Carrà, Boccioni, Balla,Severini e Soffici, e si articola su due piani:al primo vi sono le opere divise pertemi (uno per ogni sala): la luce, gli statid’animo, suoni rumori e odori, il tempo ei ritmi, le linee forza.Al secondo piano le opere futuriste sonoesposte accanto a opere di altri movimentiartistici, quali il cubismo (con opere diPicasso e Braque), il vorticismo inglese, ilsincronismo americano; altre avanguardiedi rottura e innovazione (da cui il titolodella mostra).Al giorno d’oggi, svanita ormai l’epoca artisticache cercava nella rivoluzione, nelloscandalo e nella guerra un modo per abbatterela staticità della cultura del propriotempo, queste opere paiono quasi dellegrottesche caricature: figure dai tratti piùspesso concettuali che istintuali.Pienamente inserito nel flusso creativo dellamodernità del proprio momento storico,il futurismo ne esalta ogni aspetto, “scagliandola sua sfida alle stelle”, come recitanole parole conclusive del Manifesto.Impossibile rimanere indifferenti: o seicon loro o sei contro.Foto: Scuderie del Quirinale; Carla Giuliano.46 • n. 1, gennaio-aprile 2009


Primo pianoMetti una sera a teatro:VESTIRE GLI IGNUDIPirandello racconta la lotta tra la società e un’anima fragile come quelladi Ersilia Drei, in cerca di un personaggio tutto per sé, vittima di chiglielo scriverà.di Carla GiulianoSopra: Vanessa Gravina, protagonista dellospettacolo Vestire gli ignudi.Il gioco delle parti, tre bravi attori, un testodrammatico e l’aleggiare sinuoso diPirandello: ed ecco che dietro il sipario,nelle salette di prova che nessuno immaginacostellino quel palcoscenico così imponente,prende forma Vestire gli ignudi.“Un testo di Pirandello”, ci racconta LucaBiagini, il “demone” della situazione “èassieme un regalo e una sfida: un regaloperché la sua genialità, come quella deigrandi, sta nel rendere ogni battuta perfettaper essere detta su un palco, interpretata;una sfida perché il mondo di ognipersonaggio è talmente complesso chepuò essere avvicinato solo con pudore,timore... e tanto lavoro di preparazionedietro le quinte!”.Tutto all’inizio sembra semplice: unaragazza ingenua e innamorata ha scopertoche il promesso sposo sta per convolare anozze con un’altra e, non reggendo al do-lore, ha tentato di togliersi la vita. L’hannosalvata in extremis, un giornalista hariportato la sua storia sul quotidiano piùletto, un romanziere s’è interessato a lei...tutto è bene quel che finisce bene quindi?E allora perché lei è così tormentata, confusa,tremante?Ersilia Drei (Vanessa Gravina) non èl’eroina determinata, innocente e appassionatache ci si aspetterebbe... dice di séche “non ho mai avuto la forza di esserequalche cosa... Dio mio, neanche unacosa... che so, di creta, impastata con lemani, che se ti casca, si spezza e per terrai rottami [i cocci] almeno ti dicono cheera una cosa, che ora non è più”. Questamancanza di volontà ha lasciato campolibero agli uomini che hanno popolato lasua storia, ognuno desideroso di occuparequel suo vuoto emotivo per trarne vantaggio,ognuno tutto compreso in una parterecitata a beneficio della società e di Ersiliastessa, mentre lei è l’unica ad avereun’anima.Ecco il fatuo ed egocentrico tenente LaSpiga, che pur di amare per un momentol’idea dell’amore, del sogno, si è impegnatocon lei in una promessa subito priva divalore se non come biglietto per poche oredi effimero Paradiso; il cupo console diSmirne (Luca Biagini), che per non essereattratto dall’innocenza di Ersilia le combinal’amore con il tenente, ma non resistepoi alla tentazione e le toglie “col viziol’unica gioia della mia vita – che quasinon mi pareva vera – la felicità di sentirmipromessa”, e infine il romanziere LodovicoNota (Luigi di Berti), l’unico che ha unminimo di pietà per lei, ma non nasconde ilsuo vero fine: appropriarsi della sua storia,della sua anima, per renderla finalmente“la storia”, vera o falsa che sia non importa,che cerca da sempre.Mentre tutti sono impegnati a esigerequalcosa da Ersilia, lei si trova a fare iconti con le conseguenze delle sue debolezze:per aver amato La Spiga ha perso ilrispetto del console Grotti, per aver cedutoa quest’ultimo ha perso di vista la suabambina che è precipitata dal tetto e si ètrovata senza più nulla, per essersi concessaal primo passante in strada ha persodefinitivamente il rispetto per se stessa eha tentato di togliersi la vita. E per averenarrato qualcosa di tutti i suoi tormentia un giornalista (vil razza dannata!) primadi morire ha attirato nuovamente a séi suoi carnefici: il tenente tutto pentito epronto a fare ammenda (ma sarà il primoa condannarla scoprendo la relazionecon il console), il console decisissimo asmentire tutto ma soprattutto a negarle lapossibilità di rifarsi una vita senza di lui,la gente comune col suo disprezzo, di cuiè metafora la governante Onoria, qualunquista,così disponibile per il personaggio“famoso”, così spietata per l’angelo cadutoe menzognero...Ma la menzogna raccontata (il velenoper dimenticare l’amore tradito) non eraper vivere, solo per crearsi “una vestinadecente, quella che era stata per me comeun sogno, là – e che mi fu strappata subito,anch’essa – quella di fidanzata; maper morirci … e basta”. E allora per dimostrarealmeno quella verità, per liberarsidal laccio che la stringe sempre più nelleparole di chi esige qualcosa da lei, restasolo la strada estrema... quella che restituiscel’angelo al suo cielo, ricordandocidi essere, di agire, se non vogliamo chesiano gli altri a farlo per noi.panorama per i giovani • 47


Dal CollegioUn profilo della RussiaIncontro in Collegio con Rosario Alessandrello, Presidente delGruppo Lombardo dei Cavalieri del Lavoro, che ha parlato dellasituazione politica ed economica in Russia.incontriTutti gli incontri del Collegio <strong>Universitario</strong> “Lamaro Pozzani” diquesto periodo.Potrete trovare maggiori informazioni su questi eventi e sulCollegio all’indirizzo www.collegiocavalieri.itL’incontro del 10marzo ha vistoospite del Collegioil Presidente delGruppo Lombardodei Cavalieri delLavoro Rosario A-lessandrello, che,come presidentedella Camera diCommercio Italo-Russa, ha parlatodella situazione diquesto grande statoin seguito allacrisi economica.Il Cavaliere A-lessandrello ha descrittoinnanzituttole caratteristichegenerali dellaRussia, indispensabiliper capirnele problematiche:la popolazione,l’estensione delSopra: Rosario Alessandrello, Presidente delGruppo Lombardo dei Cavalieri del Lavoro edella Camera di Commercio Italo-Russa.territorio, la distribuzioneirregolaredella ricchezza,le aspettative e lecondizioni di vita.Ha poi compiutoun excursus storico,trattando dellapolitica di Gorbaciove soprattuttodi Putin, che haportato la Russia acrescere notevolmentedal puntodi vista economicofino al 2008.La crisi hacolpito duramenteil paese, che tral’altro ha dovuto edeve ancora fronteggiaresituazionicome la guerra inGeorgia e le variefaide nella regionedel Caucaso, cosìcome il problemadella distribuzionedel gas all’Europa,rispetto alquale si prospettala possibilitàdi giungere a unpatto energetico.Alessandrello si èinfine soffermatosul rapporto Usa-Russia, sottolineandocome non cisiano alternativepraticabili alla instaurazionedi unclima di reciprocafiducia.19.01.09. Il caos deterministico.Il professor Luca Biferale, fisico dell’Università “Tor Vergata”di Roma e dell’Infn, parla del caos deterministico, forse larivoluzione culturale più grande degli ultimi trent’anni.22.01.09. Il rifiuto del trattamento sanitario.Un incontro con Lorenzo D’Avack, ordinario di Filosofiadel diritto all’Università di Roma 3, sul rifiuto informato deltrattamento sanitario.26.01.09. Incontro con Deloitte & Touche.Gli studenti del Collegio incontrano Roberto Tentori, Presidentedella Deloitte & Touche Spa.06.02.09. La situazione Darfur.Un incontro e una discussione sul dramma della regionesudanese del Darfur con l’ambasciatore Lorenzo Angeloni.09.02.09. Che cos’è il liberalismo?I professori Giovanni Orsina e Franco Chiarenza rispondonoalla domanda: “Che cos’è il liberalismo?”.19.02.09. L’Iraq oggi.Una tavola rotonda per comprendere la situazione e i problemidell’Iraq.23.02.09. La figura di Lelio Basso.Ospite in Collegio il professor Giacomo Marramao, ordinario diFilosofia politica presso l’Università di Roma 3, che ha parlatodella figura di Lelio Basso.02.03.09. Il federalismo fiscale.Federalismo fiscale: ne hanno parlato Carlo Lottieri ePiercamillo Falasca, autori del libro Come il federalismo fiscalepuò salvare il Mezzogiorno.30.03.09. L’osservazione dello spazio.L’osservazione dello spazio da Galileo ai telescopi moderni:questo l’argomento dell’incontro con Emilio Corsi, presidentedell’Unione astrofili italiani.48 • n. 1, gennaio-aprile 2009


www.cavalieridellavoro.itNotizie e informazioni aggiornate settimanalmenteI CavalieriUn archivio con l’elenco di tutti i Cavalieri del Lavoronominati dal 1901 a oggi e più di 550 schede biografichecostantemente aggiornateLa FederazioneChe cos’è la Federazione Nazionale dei Cavalieri delLavoro, la composizione degli organi, lo statuto e leschede di tutti i presidentiI GruppiLe pagine dei Gruppi regionali, con news, eventi e tuttele informazioni più richiesteLe attivitàGli obiettivi della Federazione, la tutela dell’ordine, ipremi per gli studenti e i convegniIl CollegioIl Collegio <strong>Universitario</strong> “Lamaro-Pozzani” di Roma e inostri studenti di eccellenzaLe pubblicazioniI volumi e le collane pubblicati dalla Federazione, larivista “Panorama per i Giovani” e tutti gli indici di“Civiltà del Lavoro”L’onorificenzaLa nascita e l’evoluzione dell’Ordine al Merito del Lavoro,le leggi e le procedure di selezioneLa StoriaTutte le informazioni su più di cento anni di storia...e inoltre news e gallerie fotografiche sulla vita dellaFederazione.


È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazioneed è in questo che noi crediamo.Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singolaproduzione.È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa,ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmenteogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura.Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza.L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazineo un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande.È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clientiè al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato.Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.

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