aree, soprattutto del Mezzogiorno d'Italia, fino a qualcheanno fa immuni abbiamo assistito e registriamo il proliferaredi organizzazioni di tipo paramafioso; essendo un modellovincente, è stato importato, con effetti di inquinamento dellavita sociale e politica e della tranquilla convivenza civilein quelle regioni che è perfettamente superfluo ricordare.Un ulteriore passaggio che ho apprezzato - in realtà hoapprezzato tutta la relazione, ma mi sembra di doverevidenziare in particolare qualche punto, per tentare di dareun mio contributo, per quel poco che può valere - è quello cheriguarda il rapporto tra mafia e politica, tra struttura diCosa nostra ed esponenti politici collegati. I politici hannocommesso il tragico errore, che qualcuno ha pagato con lavita, di credere che fossero loro a strumentalizzare la mafia.E' vero esattamente il contrario. In tutta la sua storia lamafia non ha mai accettato rapporti di subalternità conchicchessia, né con la massoneria né con la politica né conaltre organizzazioni con le quali per ragioni dibusiness di volta in volta ha ritenuto di entrare incontatto. Il primato della autonomia mafiosa non è mai statomesso in discussione, una subalternità non sarà mairilevabile, neanche nei confronti della politica o diimportanti esponenti politici che con essa hanno avutorapporti.Credo che questo sia molto giusto e che riguardisoprattutto la vicenda dell'onorevole Lima. Con l'omicidioLima, probabilmente, si sancisce la fine di un'epoca neirapporti tra mafia e politica e l'attuale granderesponsabilità politica di tutti noi è quella di dare subitocorso alla nuova risposta politica che tutti i cittadiniitaliani attendono, anche quelli siciliani. Mi piace che anchequesto nella relazione sia indicato in quel finale che hotrovato molto opportuno e per il quale, come siciliano, sonograto al presidente. E' la verità che tutti noi, che piùabitualmente di altri frequentiamo la nostra amatissima etormentatissima isola, registriamo. C'è una caduta di quelconsenso al quale, con ragione, faceva cenno il collegaButtitta: era un consenso spesso più determinatodall'intimidazione, anche latente, che non da una sorta diadesione e nel quale vi erano anche grandi responsabilitàdell'inefficienza della presenza dello Stato; però questavasta area di consenso c'era. Dopo le stragi del 1992 ho vistopersone camminare per strada e piangere e non è stata soltantol'emozione e l'indignazione del momento; sono passati moltimesi e ancora, soprattutto a Palermo - parlo di<strong>Pag</strong>. 1721questa perché è la città che più frequento ma lo stesso valealtrove - emergono una grande presa di coscienza e un granderifiuto di questa sanguinaria e spietata organizzazione.Avviandomi alla conclusione, mi permetto di dire, signorpresidente, che, sulla base dei miei ricordi, c'è una piccolama importante correzione da fare. Non fu Nino Salvo a
telefonare a Buscetta ma Ignazio. Nino Salvo scappò da Palermocon il suo yacht e se ne andò in Grecia, risulta da indaginiche abbiamo fatto noi personalmente. Questa ricostruzionedelle fonti attraverso le quali ristabilire un ordine deirapporti tra l'onorevole Lima ...MASSIMO BRUTTI. Il matrimonio del figlio ...GIUSEPPE MARIA AYALA. Della figlia. Sì, sospese ilmatrimonio della figlia. Successe questo a Palermo: il 23aprile 1981 venne ucciso Bontate e tale omicidio è un fatto divalenza impressionante.<strong>PRESIDENTE</strong>. Il regicidio, sì.GIUSEPPE MARIA AYALA. Il regicidio. L'11 maggio 1981Totò Inzerillo. A questo punto Nino Salvo non capisce piùniente, prende lo yacht e se ne va; Ignazio rimane.<strong>PRESIDENTE</strong>. E telefona a Buscetta.GIUSEPPE MARIA AYALA. Abbiamo tutta una serie diintercettazioni telefoniche ... No, non riesce a trovareBuscetta. Non riuscì mai a parlargli perché non aveva ilnumero di Buscetta in Brasile. Allora si rivolge a Lo Presti,che era il cugino, poi anche lui ucciso con la lupara bianca.Lo Presti telefona a Milano ad uno vicino a Buscetta - hocercato questa mattina di ricordare il nome però ne sonopassati migliaia e questo non lo ricordo più - che era amicodi Lo Presti e che questi dava per scontato che avesse ilnumero di Buscetta. Costui gli dice che non ce l'ha però sacome trovarlo e ci sono tutte queste telefonate, che poi noiabbiamo trovato. Da lì inizia la vicenda giudiziaria deiSalvo. Ignazio Salvo è stato indiziato in base all'articolo416-bis del codice penale e poi è accaduto tutto ilresto che ben si sa: è stato condannato con sentenzadefinitiva dalla giustizia italiana; è stato condannato consentenza definitiva da Cosa nostra, perché è stato uccisol'anno scorso (anche lì per chiudere quel rapporto che avevacome caposaldo l'onorevole Lima). Devo riconoscere che lefonti sono perfettamente indicate ed è veramente equivocolasciar supporre che questa parte della relazione si possafondare su giudizi politici dei pentiti (cito testualmentel'onorevole Fumagalli Carulli). I pentiti non esprimono alcungiudizio politico. I pentiti raccontano fatti, circostanze epersonaggi che ne sono stati protagonisti. Possono esserecredibili o possono non esserlo; compito della magistratura equello di verificare, attraverso la ricerca ed il ritrovamentodi riscontri, se siano credibili. Dai fatti così come sonoriferiti, quando sono credibili si possono, anzi si ha ildovere di far derivare conseguenze attinenti allaresponsabilità politica che vi è connessa. Ma il giudiziopolitico non parte dal pentito.Il giudizio politico è un dovere quando dobbiamo assumerela responsabilità di tenere in vita, come mai si è fatto inquesto paese - e con questo concludo - la profonda distinzioneche deve esserci in una democrazia tra responsabilità politicae responsabilità penale. Sono due cose completamente diverse e
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