2011 Pompei ferita a morte
Numero 52 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
Numero 52 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno<br />
Direttore Sergio Zavoli<br />
Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno<br />
Anno VI n. 52 € 0,50 tel. 089.969437 - fax 089.969618 - www.ilgiornalista.unisa.it<br />
Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
email: giornalismo@unisa.it<br />
Sped. Abb. Post. - 70% -<br />
CNS/CBPA Sud/Salerno<br />
Territorio<br />
Ricerca storica<br />
su frane e allagamenti:<br />
tormenti antichi<br />
FOSCARI e SCIARROTTA<br />
Pagina 3<br />
La lezione<br />
Satira d’artista<br />
con le vignette<br />
firmate Marassi<br />
CAVALIERE e LIGUORI<br />
Pagina 9<br />
Marcianise<br />
Clochard-pittore<br />
scrive a pagamento<br />
lettere d’amore<br />
MARIO PIO CIRILLO<br />
Pagina 15<br />
Il degrado incombe: in agonia gli scavi archeologici dall’area f legrea alle falde del Vesuvio<br />
<strong>2011</strong>, <strong>Pompei</strong> <strong>ferita</strong> a <strong>morte</strong><br />
Sotto accusa i finanziamenti a singhiozzo e gli interventi in ritardo<br />
I beni archeologici in Campania<br />
versano in uno stato di<br />
abbandono e di incuria. La<br />
carenza di fondi fa sì che i<br />
siti rimangano chiusi ed<br />
inaccessibili ai turisti. Tra le<br />
situazioni di maggior criticità<br />
c’è <strong>Pompei</strong> dove nel giro<br />
di un anno, a causa delle<br />
ondate di maltempo, sono<br />
crollate alcune strutture. Le<br />
risorse stanziate per far<br />
fronte all’emergenza arriveranno<br />
nel 2012, nel frattempo<br />
è vietato l’accesso in ampie<br />
zone degli scavi. Stazionarie<br />
le condizioni di Paestum,<br />
mentre è gravissima la<br />
situazione in cui si trovano i<br />
siti nell’area flegrea.<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
DAVIDE SAVINO<br />
FRANCESCO SERRONE<br />
Pagine 12 e 13<br />
Pianeta salute<br />
Prevenzione,<br />
parola<br />
d’ordine<br />
per battere<br />
i tumori<br />
IMMA SOLIMENO<br />
Pagina 16<br />
Presentato il nuovo logo per il rilancio della città<br />
“S” come Salerno<br />
VALENTINA BELLO Pagina 11<br />
Secondigliano<br />
La voragine<br />
del dolore<br />
SIMONE SPISSO<br />
Pagina 6<br />
Raccolta rifiuti<br />
Differenziata<br />
ancora caos<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
Pagina 7<br />
La tendenza<br />
Il linguaggio<br />
che cambia<br />
DE LUCIA e DI CICCO<br />
Pagina 8<br />
Il ritorno dell’Ici<br />
La guerra<br />
del mattone<br />
FUSCO e MENNUNI<br />
Pagina 10<br />
Processo<br />
senza<br />
prove<br />
Il libro “Agguato a Giacomo<br />
Mancini” ricostruisce<br />
la storia giudiziaria del<br />
prestigioso politico del<br />
socialismo italiano che<br />
venne condannato dal Tribunale<br />
di Palmi per concorso<br />
esterno in associazione<br />
mafiosa. Dopo poco<br />
più di un anno dal giudizio<br />
di primo grado, la<br />
Corte d’Appello di Reggio<br />
Calabria annullava la sentenza<br />
e, per incompetenza<br />
territoriale, rimandava<br />
tutti gli atti a Catanzaro.<br />
Alla fine di un processo<br />
svoltosi, per volontà dello<br />
stesso imputato, con il rito<br />
abbreviato, il 19 novembre<br />
1999, Mancini veniva<br />
infine assolto perché «il<br />
fatto non sussisteva».<br />
Finiva così un incubo giudiziario,<br />
emblema del particolare<br />
momento storico che il<br />
Paese viveva nei primi anni<br />
Novanta (“Mani Pulite” e il<br />
disfacimento della classe<br />
politica della Prima Repubblica).<br />
In quella vicenda,<br />
raccontata dagli autori Paolini<br />
e Kostner alla Scuola di<br />
Giornalismo dell’Università<br />
di Salerno, furono dimenticati<br />
i principi fondamentali<br />
della democrazia.<br />
MARIA DI NAPOLI<br />
Pagina 5<br />
Meno trasporti con i prodotti low-cost: ambiente più pulito<br />
“Chilometri zero”, affare fatto<br />
Il tour<br />
Mango<br />
presenta<br />
l’ultimo<br />
album<br />
MARIA DI NAPOLI<br />
Pagina 20<br />
Dopo la Calabria e il Veneto,<br />
anche la Campania si attrezza<br />
rispetto ai mercati “Chilometri<br />
zero”. Notevoli i<br />
vantaggi economici per i<br />
consumatori. Le vendite<br />
low-cost riducono anche i<br />
trasporti: meno smog e<br />
ambiente più pulito.<br />
FRANCESCO GIORDANO<br />
Pagina 18<br />
Forum Roma<br />
La radio<br />
resisterà<br />
a tv<br />
e internet<br />
MATTEO MARCELLI<br />
Pagina 21<br />
LA VIGNETTA di Dado<br />
IL PUGNO<br />
Un tempo c’era “la legge è uguale<br />
per tutti”. Ora che è constatato che<br />
così non è, si spera almeno che ci sia<br />
una “crisi uguale per tutti”. I buoni<br />
presupposti ci sono, se si pensa che il<br />
genero di Calisto Tanzi ha aperto<br />
un “kebabbaro” a Parma. Intanto<br />
nelle tavole più trendy della penisola<br />
impazza la moda del “crudismo”.<br />
Un modo per stare in forma, si dice.<br />
O forse solo un altro modo per<br />
risparmiare: il gas ormai è caro<br />
salato. Chissà se la nuova mensa<br />
della casta di Monti si convertirà<br />
alla tendenza.<br />
Giorgia Mennuni
2 Domenica 11 dicembre 2010 News CAMPUS<br />
Joaquin Josè Martinez racconta all’Università di Salerno la sua odissea<br />
Il miglio verde della legge<br />
Ancora 58 stati nel mondo applicano la pena di <strong>morte</strong><br />
unisa news<br />
ASSUNTA LUTRICUSO<br />
Ne “Il miglio verde”, film diretto<br />
da Frank Darabont , John Coffey,<br />
un enorme uomo di colore apparentemente<br />
ritardato mentale,<br />
viene condannato a <strong>morte</strong>, nonostante<br />
la sua innocenza.<br />
E se, invece, l’accusato è davvero<br />
colpevole, come deve comportarsi<br />
la legge? E la società, come reagisce,<br />
di fronte a una condanna<br />
senza ritorno? La pena di <strong>morte</strong>,<br />
applicata ancora in cinquantotto<br />
stati nel mondo, è una delle tematiche<br />
più calde del nostro tempo.<br />
Mercoledì 30 novembre, all’Università<br />
di Salerno, si è tenuto un<br />
convegno sull’argomento.<br />
A raccontare la sua storia, di fronte<br />
a un vastissimo pubblico di giovanissimi,<br />
Joaquin Josè Martinez,<br />
nato in Ecuador, primo straniero<br />
ad uscire vivo dal braccio della<br />
<strong>morte</strong>. Condannato alla sedia elettrica,<br />
a 27 anni, con un processo<br />
irregolare, fu dichiarato innocente,<br />
in seguito alla revisione del<br />
caso. Joaquin ha parlato a studenti<br />
e docenti nell’Aula magna: “Pena<br />
di <strong>morte</strong>: legittima offesa”. La<br />
comunità di Sant’Egidio, impegnata<br />
contro la pena capitale, ha<br />
ricevuto una targa al merito. “Non<br />
c'è Giustizia senza Vita”, questo il<br />
Lo storico Salvatore Lupo presenta il suo libro “L’unificazione italiana”<br />
Un inedito Risorgimento<br />
Le nuove ricerche hanno svelato che il Mezzogiorno<br />
è diverso dalla versione che emerge nei libri di Storia<br />
FRANCESCO SERRONE<br />
L’analisi degli eventi che innescarono il processo<br />
unitario, le sue cause e conseguenze sono<br />
oggetto di vivace discussione da parte di storici<br />
ed appassionati. Un dibattito che, in occasione<br />
delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità<br />
d’Italia, ha assunto in alcuni casi anche una connotazione<br />
politica e che ha portato ad una fulgida<br />
mole di scritti sul periodo risorgimentale.<br />
Tra queste opere è da segnalare lo studio dello<br />
storico Salvatore Lupo autore del libro<br />
“L’unificazione italiana. Mezzogiorno, rivoluzione,<br />
guerra civile”. Libro del quale se n’è parlato<br />
nell’aula Imbucci dell’ex dipartimento di<br />
scienze storiche e sociali dell’Università alla<br />
presenza dello stesso autore. All’incontro, tenutosi<br />
davanti ad una nutrita platea di studenti,<br />
hanno preso parte i docenti Francesco Barra e<br />
Carmine Pinto del Campus di Fisciano e la professoressa<br />
Marcella Marmo dell’Università<br />
Federico II di Napoli.<br />
Lupo ha svolto le sue ricerche con metodo innovativo,<br />
basato sull’approfondimento di questioni<br />
troppo spesso sottovalutate o mai prese in considerazione<br />
quali: l’effettivo peso politico-economico<br />
del Regno delle Due Sicilie nel consesso<br />
internazionale, il ruolo della mafia, del clero e<br />
delle principali famiglie aristocratiche prima e<br />
dopo l’Unità (e le lacerazioni che determinarono<br />
all’interno dei nuclei familiari) e la complessa<br />
questione del brigantaggio (semplice fenomeno<br />
di delinquenza o forma di resistenza al dominio<br />
del nuovo stato o ambedue le cose?).<br />
E’ stata fatta chiarezza innanzitutto «sugli illogici<br />
tentativi di alcune amministrazioni locali di<br />
motto dell’organizzazione umanitaria<br />
cattolica che, fra le altre battaglie,<br />
incoraggia iniziative politiche<br />
e legislative per eliminare la<br />
pena di <strong>morte</strong> e per realizzare e<br />
conformare il diritto penale, sia<br />
alla dignità umana dei carcerati<br />
che ad un efficace mantenimento<br />
dell’ordine pubblico”. Il 29 novembre<br />
si è tenuto a Roma il VI congresso<br />
internazionale dei ministri<br />
della Giustizia, dal titolo “Dalla<br />
moratoria all’abolizione della pena<br />
capitale: No Justice Without Life”.<br />
Il rettore Pasquino, intervenuto<br />
all’evento, ha dichiarato che la<br />
pena di <strong>morte</strong> è un’aberrazione<br />
inventare sagre ed eventi basati su una tradizione<br />
borbonica che, in molti casi, non è mai esistita<br />
così come verso quei revisionismi di stampo<br />
meridionalista tanto in voga nell’ultimo periodo».<br />
E’ emerso come il repentino collasso di<br />
quello che Barra ha definito «il più grande ed<br />
antico regno della penisola» sia stato causato da<br />
una serie di conflitti di lunga durata verso cui la<br />
monarchia non seppe far fronte. Sotto la lente<br />
d’ingrandimento è finita la politica reazionaria<br />
del sovrano Ferdinando II che non riuscì ad<br />
attutire le tensioni causate dalle istanze indipendentiste<br />
della Sicilia (che ebbero una peso decisivo<br />
nel determinare il successo nell’invasione<br />
dell’isola da parte di Garibaldi) e dalla questione<br />
demaniale, attuando inoltre una politica isolazionista<br />
che gli alienò<br />
il sostegno di Francia<br />
e Inghilterra che<br />
cominciarono a guardare<br />
con crescente<br />
simpatia alle idee di<br />
Cavour.<br />
Fratture interne alla<br />
società meridionale<br />
che spianarono la<br />
strada alla caduta del<br />
regno. Caduta che<br />
avvenne non senza<br />
resistenze da parte<br />
della popolazione determinando<br />
una vera e<br />
propria guerra civile<br />
che arrecò gravissimi<br />
danni all’economia ed una forte repressione per<br />
la quale Lupo muove critiche alle fazioni politiche<br />
dei moderati e dei democratici (membri di<br />
entrambi gli schieramenti si dichiararono favorevoli<br />
all’utilizzo dei metodi più spietati per<br />
ripristinare l’ordine). E’ in questa fase che prende<br />
avvio il fenomeno del brigantaggio che Lupo<br />
suddivide in tre fasi, a seconda delle motivazioni<br />
(politiche, economiche e sociali) che spinsero<br />
centinaia di persone a nascondersi sulle montagne<br />
e praticare una guerriglia nei confronti del<br />
nuovo stato.<br />
Una rielaborazione lucida e fredda di un periodo<br />
turbolento della storia del Mezzogiorno che<br />
fece sentire i suoi effetti negli anni a venire.<br />
giuridica. Nel punire il colpevole<br />
bisogna che vi sia speranza e non<br />
disperazione. È intervenuto anche<br />
l’avvocato, nonché Ordinario di<br />
Diritto Penale Andrea Castaldo<br />
che ha dichiarato: «La giustizia<br />
non può attendere tanto, prima<br />
che la certezza della pena si trasformi<br />
condanna, perché oltre alla<br />
pena di <strong>morte</strong>, vi è anche la sofferenza<br />
dell’individuo e della sua<br />
famiglia. La difficoltà nel decidere<br />
se sia giusto o meno uccidere un<br />
essere umano, nonostante si sia<br />
macchiato del più efferato dei<br />
delitti o della più grave delle colpe,<br />
sta nelle differenze ideologiche,<br />
politiche e religiose di ogni Stato ».<br />
Secondo Amnesty International<br />
58 stati (tra cui Arizona, Texas,<br />
Ore-gon, Colorado, Montana,<br />
Ohio) continuano ad applicare la<br />
pena di <strong>morte</strong> nei loro ordinamenti,<br />
mentre 139 (tra cui Alaska,<br />
Illinois, Minnesota), non la applicano.<br />
La pena di <strong>morte</strong>, in Italia,<br />
tranne che per il regicidio, l'alto<br />
tradimento e delitti commessi in<br />
tempo di guerra, fu abolita la<br />
prima volta durante il Regno<br />
d'Italia, nel 1889. La Costituzione<br />
italiana, approvata il 22 dicembre<br />
1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio<br />
1948, abolì definitivamente la<br />
pena di <strong>morte</strong> per tutti i reati<br />
comuni e militari commessi in<br />
tempo di pace, ma essa rimase nel<br />
Codice penale militare di guerra<br />
fino al 1994, quando venne sostituita<br />
dall'ergastolo. Il nostro Paese<br />
ha un ordinamento giuridico<br />
basato sulla reintroduzione del<br />
colpevole nella società. Il carcere<br />
può diventare così un luogo di<br />
recupero del cittadino. La<br />
Repubblica Italiana ha ratificato il<br />
Protocollo n. 13 alla Convenzione<br />
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo<br />
e delle libertà fondamentali,<br />
relativo all'abolizione della<br />
pena di <strong>morte</strong> in qualsiasi circostanza.<br />
Direttore<br />
Sergio Zavoli<br />
Direttore Responsabile<br />
Giuseppe Blasi<br />
Coordinamento<br />
Mimmo Liguoro<br />
Marco Pellegrini<br />
Redazione<br />
Valentina Bello, Marina Cavaliere,<br />
Mario Pio Cirillo,<br />
Valentina De Lucia, Emanuela<br />
De Vita, Mariarosaria<br />
Di Cicco, Maria Di Napoli,<br />
Pietro Esposito, Alessio Fusco,<br />
Carmen Galzerano,<br />
Francesco Giordano, Elena<br />
Chiara Liguori, Assunta Lutricuso,<br />
Matteo Marcelli, Federica<br />
Massari, Giorgia Mennuni,<br />
Davide Savino, Francesco<br />
Serrone, Imma Solimeno,<br />
Simone Spisso<br />
Le Firme<br />
Giulio Anselmi, Antonio Caprarica,<br />
Ferruccio De Bortoli,<br />
Tullio De Mauro, Aldo Falivena,<br />
Antonio Ghirelli,<br />
Gianni Letta, Arrigo Levi,<br />
Pierluigi Magnaschi, Renato<br />
Mannheimer, Ezio Mauro,<br />
Raffaele Nigro, Mario Pendinelli,<br />
Arrigo Petacco Vanni<br />
Ronsisvalle, Mario Trufelli,<br />
Walter Veltroni<br />
UNIVERSITA<br />
DEGLI STUDI<br />
DI SALERNO<br />
Prof. Raimondo Pasquino<br />
Rettore dell'Università<br />
Prof. Annibale Elia<br />
Direttore del Dipartimento<br />
di Scienze Politiche, Sociali<br />
e della Comunicazione<br />
Prof. Emilio D'Agostino<br />
Presidente del Comitato<br />
Tecnico-Scientifico<br />
della Scuola di Giornalismo<br />
Prof. Luca Cerchiai<br />
Preside della Facoltà<br />
di Lettere e Filosofia<br />
Autorizzazione del Tribunale di Salerno<br />
e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007<br />
Arti Grafiche Boccia di Salerno<br />
telefono: 089 30 3311<br />
Distribuzione alle edicole<br />
Agenzia DI CANTO S.p.a. di Vito Di Canto<br />
Località Pezzagrande Zona ind. Eboli<br />
tel.0828. 340927<br />
fax: 0828. 340924<br />
‘
TERZA PAGINA Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
3<br />
La terra frana<br />
Abbiamo raccolto in un libro i<br />
risultati di un’indagine storico-archivistica<br />
complessa e<br />
densa di problematiche relativa<br />
allo studio del dissesto<br />
idrogeologico nella provincia<br />
di Salerno in un arco<br />
temporale che copre circa<br />
sessant’anni del XIX secolo.<br />
La ricerca, basata su documenti<br />
di archivio ha inteso<br />
trasformare relazioni, memorie,<br />
lettere e proteste in<br />
un dato statistico che consentisse<br />
di individuare geograficamente<br />
i luoghi interessati<br />
da fenomeni alluvionali<br />
e da frane. L’obiettivo è<br />
stato un recupero della<br />
memoria storica di eventi<br />
naturali che, non raramente,<br />
vanno associati alla cattiva<br />
gestione del territorio da<br />
parte degli uomini. Il recupero<br />
del passato come occasione<br />
di riflessione, ma<br />
anche come insegnamento<br />
per indicare fragilità e criticità<br />
del territorio e spronare<br />
esperti, tecnici e politici ad<br />
effettuare interventi appropriati.<br />
Il territorio salernitano<br />
affrontato nella sua totalità<br />
e, più specificamente per<br />
quanto riguarda le aree della<br />
Costiera Amalfitana e della<br />
Valle dell’Irno, presenta oggi<br />
zone con elevata criticità dal<br />
punto di vista idrogeologico:<br />
l’emergenza frana interessa<br />
non meno di 120 comuni,<br />
mentre l’emergenza idraulica<br />
vede coinvolti almeno 70<br />
comuni del Salernitano. È<br />
questo un dato ufficiale del<br />
2003, pertanto risulta fluttuante<br />
e destinato ad essere<br />
anche più consistente.<br />
GIUSEPPE FOSCARI* e SILVANA SCIARROTTA**<br />
Il problema del grave<br />
disordine del territorio non<br />
ha una dimensione solo italiana<br />
o meridionale, tanto<br />
che il Parlamento Europeo<br />
ha dedicato la Direttiva<br />
2007/60/CE e relativa alla<br />
“Valutazione della gestione<br />
e dei rischi di alluvione”,<br />
nella quale è fortemente sollecitata<br />
la valutazione preliminare<br />
del rischio di alluvioni<br />
mediante un’accurata<br />
descrizione dei casi di fenomeni<br />
idrologici registratisi<br />
nel passato e che hanno<br />
avuto notevoli conseguenze<br />
per l’uomo, l’ambiente, le<br />
attività economiche ed il<br />
patrimonio culturale. In<br />
sostanza nella direttiva è fissato<br />
il principio che solo<br />
un’adeguata conoscenza<br />
storica può consentire una<br />
valutazione dell’opera di<br />
prevenzione e salvaguardia<br />
del territorio che appare<br />
sempre più necessaria e<br />
indifferibile. In tal senso, la<br />
conoscenza della reiterazione<br />
dei fenomeni in una<br />
determinata area nel corso<br />
dell’Ottocento può essere<br />
una fondamentale acquisizione.<br />
La presenza dei toponomi,<br />
poi, ha consentito<br />
un’esatta individuazione dei<br />
luoghi in cui si sono registrati<br />
eventi più o meno<br />
funesti, ed è probabile che se<br />
questi dati fossero stati<br />
disponibili cinquant’anni fa,<br />
molti piani urbanistici<br />
sarebbero stati probabilmente<br />
concepiti in maniera<br />
diversa. Il territorio salernitano,<br />
per venire ai dati (si<br />
veda Tabella 1), presenta<br />
Il volume contiene una<br />
cronologia di alluvioni e<br />
frane con casi di modesta e<br />
media entità, ma anche con<br />
eventi disastrosi che hanno<br />
avuto un impatto notevole<br />
sul territorio e causando<br />
perdite di vite umane. È il<br />
caso, ad esempio, del 24<br />
gennaio 1823 in cui le piogge<br />
incessanti che hanno colpito<br />
l’intera Costiera<br />
Amalfitana hanno prodotto<br />
ben 8 morti; vale anche per<br />
il 21-22 dicembre 1812 con<br />
la <strong>morte</strong> di tre persone a<br />
Positano a causa di una disadue<br />
aree particolarmente<br />
esposte a rischio idrogeologico<br />
(alluvioni e frane), la<br />
Costiera Amalfitana con il<br />
24% dei casi ed il 15% nella<br />
Valle dell’Irno; anche l’A-<br />
Èelevata<br />
la criticità<br />
idrogeologica<br />
in almeno<br />
120 Comuni<br />
L’emergenza<br />
idraulica<br />
interessa<br />
la popolazione<br />
di 70 aree<br />
strosa frana; ancora, il 10<br />
novembre 1817 con una<br />
frana che ha colpito Vietri<br />
causando il decesso di 4 persone.<br />
Casi altrettanto disastrosi<br />
vanno ricordati anche<br />
per la Valle dell’Irno: il 27<br />
giugno 1828 con un’alluvione<br />
ed un morto nella zona di<br />
Bracigliano, il 3 ottobre<br />
1846 un’alluvione con una<br />
vittima in località Pellezzano.<br />
Si tratta solo di alcuni<br />
dei casi rilevati, perché nel<br />
volume sono stati tutti registrati<br />
ed è possibile accertare<br />
la frequenza dei fenomeni<br />
nelle varie zone prese in<br />
considerazione. Le due aree<br />
esaminate sono, dal punto di<br />
vista morfologico ed orografico,<br />
differenti, in quanto la<br />
Valle dell’Irno presenta i tradizionali<br />
problemi di una<br />
zona posta in una conca e<br />
soggetta a possibili fenomeni<br />
naturali per la presenza di<br />
colline e montagne e, cosa<br />
altrettanto importante, per<br />
l’intervento dell’uomo che<br />
dall’inizio dell’Ottocento ha<br />
fatto registrare un aumento<br />
cospicuo del taglio dei<br />
boschi, un incremento delle<br />
aree poste a coltura sino a<br />
toccare zone in declivio. È<br />
questo uno dei fenomeni più<br />
accertati nel corso del XIX<br />
secolo, ossia la spoliazione<br />
delle montagne e la conseguente<br />
fragilità del territorio.<br />
L’altra area, la Costiera<br />
Amalfitana, presenta invece<br />
tratti morfologici caratterizzati<br />
da comunità che si<br />
affacciano tutt’ora sul mare<br />
ed in cui dall’inizio dell’Ottocento<br />
è iniziato un graduale<br />
processo di antropizzazione<br />
non del tutto controllato,<br />
con la presenza di<br />
rigagnoli e torrenti sovente a<br />
ridosso dei centri abitati. Il<br />
caso di Atrani del 9 settembre<br />
<strong>2011</strong> è alquanto emblegro-Nocerino<br />
denota una<br />
percentuale di casi consistente<br />
pari al 14%. Ecco spiegato<br />
il motivo per cui nello<br />
specifico è stata rivolta l’attenzione<br />
alle due aree del<br />
Salernitano più soggette a<br />
criticità naturali.<br />
Il territorio<br />
salernitano<br />
presenta<br />
due zone<br />
molto<br />
esposte<br />
ai rischi:<br />
Valle dell’Irno<br />
e la Costiera<br />
Amalfitana<br />
matico e ci rimanda alla<br />
mente un analogo avvenimento<br />
del 20 gennaio 1760<br />
in cui una donna fu trascinata<br />
in mare dalla furia del<br />
fiume Dragone. Anche se<br />
questo evento non rientra<br />
nell’arco temporale della<br />
ricerca effettuata, ne è stata<br />
reperita traccia nella variegata<br />
documentazione presente<br />
presso l’Archivio di<br />
Stato di Salerno.<br />
Il volume è stato pubblicato<br />
dal Centro Studi “Storia<br />
ed Ecologia del Territoriode<br />
Rivera” ed ha potuto<br />
beneficiare della collaborazione<br />
della Provincia di<br />
Salerno e dell’Archivio di<br />
Stato di Salerno. Oltre a<br />
contenere i dati, ai quali si<br />
rimanda espressamente e<br />
che sono racchiusi anche in<br />
un cd-rom che accompagna<br />
il libro, vi sono pure riferimenti<br />
ad episodi più antichi<br />
utili per costruire quella<br />
banca-dati dei casi di dissesto<br />
idrogeologico che è l’auspicabile<br />
risultato di questa<br />
ricerca unica del genere in<br />
Italia, se si fa eccezione per il<br />
progetto AVI, relativo tuttavia<br />
al XX secolo e non basato<br />
su documenti archivistici<br />
ma su ricostruzioni giornalistiche.<br />
Il libro, infine, è corredato<br />
da un apparato documentario<br />
al quale si può far<br />
riferimento per entrare<br />
ancora più nello specifico<br />
per una migliore comprensione<br />
dei singoli episodi e<br />
delle zone toccate.<br />
La ricerca, che ha una<br />
valenza prevalentemente<br />
storica, diventa tuttavia utilissima<br />
proprio nella direzione<br />
di un accertamento<br />
che parte da lontano delle<br />
aree più soggette a rischio e<br />
se la Costiera Amalfitana si<br />
presenta oggi come la zona<br />
più esposta a fenomeni<br />
naturali, i risultati della<br />
ricerca dimostrano che la<br />
sua labilità territoriale e<br />
paesaggistica deve essere<br />
retrodatata. Ma il discorso<br />
vale anche per la Valle<br />
dell’Irno. Queste due zone<br />
oggi hanno conosciuto un<br />
forte processo di urbanizzazione<br />
e rivelano ulteriori<br />
criticità che si sono acuite<br />
nel tempo per i casi di abusivismo<br />
e per i condoni che<br />
si sono susseguiti nella normativa<br />
italiana.<br />
*Professore associato di Storia<br />
dell’Europa e dell’espansione europea in<br />
età moderna presso la Facoltà<br />
di Scienze Politiche<br />
**Borsista post-dottorato presso la<br />
Facoltà di Scienze Politiche, dottore di<br />
ricerca in Storia dell’Europa mediterranea<br />
dall’antichità all’età contemporanea
4 Domenica<br />
11 dicembre 2010
L’ARTICOLO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
5<br />
Presentato un libro<br />
sulla vicenda giudiziaria<br />
Relatori i prof D’Agostino,<br />
Amato e Franco Piperno,<br />
il giornalista Leporace,<br />
e gli autori del testo:<br />
Kostner e Paolini<br />
A destra un momento dell’incontro,<br />
in basso il professor Franco Piperno<br />
Alla Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno dibattito sulla figura di Giacomo Mancini<br />
Leader per tutti, lader per i pm<br />
Il sindaco di Cosenza ed ex parlamentare socialista fu accusato dalle parole dei pentiti<br />
ma, in assenza di prove, la Corte d’Appello di Catanzaro sentenziò: “Il fatto non sussiste”<br />
E’ passato molto tempo da quegli anni<br />
(1993 - 1999) che videro il sindaco di Cosenza,<br />
nonché ex parlamentare socialista,<br />
Giacomo Mancini, coinvolto in una lunga<br />
vicenda giudiziaria “senza prove”. Una<br />
faccenda “kafkiana”, svoltasi principalmente<br />
in una piccola aula del tribunale di<br />
Palmi, in provincia di Reggio Calabria,<br />
raccontata nelle pagine del libro di Enzo<br />
Paolini e Francesco Kostner “Ag guato a<br />
Giacomo Mancini” e che ha animato il<br />
dibattito tenutosi nella Scuola di<br />
Giornalismo dell’Università di Salerno.<br />
Tra i relatori, non solo gli autori del testo,<br />
ma anche i docenti del campus di Fisciano,<br />
Tarcisio Amato ed Emilio D’Agostino,<br />
il direttore de Il Quotidiano della Basilicata,<br />
Paride Leporace, il professore<br />
dell’Università della Calabria, Franco<br />
Piperno. Tutti legati a un uomo dai presenti<br />
definito un leader e non un “lader”<br />
come si scrisse sulla stampa dell’epoca.<br />
«Pur stando vicino a Mancini in quegli anni,<br />
in qualità di collaboratore al Comune di<br />
Cosenza, non avevo capito bene la gravità<br />
della vicenda giudiziaria, che ho potuto<br />
riprendere e focalizzare a distanza di molto<br />
tempo con strumenti di interpretazione e<br />
lettura migliori. Solo oggi, analizzando l’attività<br />
dei difensori di Mancini, Enzo Paolini<br />
e Tommaso Sorrentino, posso immaginare<br />
cosa significhi per un uomo esser accusato<br />
da pm che non hanno prove, riscontri». Ha<br />
esordito così Kostner che ha visto nel grande<br />
sindaco di Cosenza una vittima di un<br />
certo giustizialismo del passato, un uomo<br />
valutato con le prove dei cosiddetti pentiti,<br />
spesso opportunisti e pagati. Già i pentiti,<br />
coloro che «venivano reclutati – ha raccontato<br />
Enzo Paolini – dal colonnello Angiolo<br />
Pellegrini – girando nelle carceri di tutta<br />
Italia e mostrando ai detenuti una strana<br />
circolare, nella quale si promettevano sconti<br />
di pena e vantaggi economici a quanti fossero<br />
in grado di riferire “circostanze relative<br />
a Mancini Giacomo”». Ma chi erano costoro?<br />
Un certo Cicillino Fonti o «quanti – ha<br />
continuato Paolini - parlarono di un “summit”<br />
al ristorante “La Sirenetta” di Catanzaro<br />
(che all’epoca era chiuso) tra Giacomo<br />
Mancini e Riccardo Misasi, notoriamente<br />
avversari politici, per concertare la fuga dal<br />
carcere del fascista Franco Freda, che però<br />
in quegli anni non era ancora in prigione».<br />
A nulla servirono le testimonianze di personaggi<br />
come Michele Pantaleone, Emanuele<br />
Macaluso, Francesco Cossiga, Rosario<br />
Villari, Abdon Alinovi, Agostino Cordova,<br />
Giorgio Ruffolo, Valentino Parlato, Paolo<br />
Cabras e Luigi Lombardi Satriani. Costoro<br />
tentarono di spiegare chi fosse l’ex segretario<br />
del partito socialista, quali battaglie politiche<br />
avesse condotto contro la mafia e per<br />
l’affermazione della legalità. Tutto inutile, il<br />
tribunale diede credito alle parole di Fonti,<br />
fatte proprie dal pm Boemi, che condannò<br />
Mancini per concorso esterno in associazione<br />
mafiosa. «Lo stesso pm – ha detto<br />
Paolini - dichiarò che le inchieste di Palermo<br />
su Giulio Andreotti e di Reggio Calabria<br />
su Giacomo Mancini si sostenevano a<br />
vicenda». Sul piano giudiziario, nel 1997, la<br />
Corte d’Appello di Reggio Calabria cassò la<br />
sentenza delle inesperte magistrate di<br />
Palmi, inviando gli atti del processo, per<br />
competenza territoriale, alla procura<br />
distrettuale di Catanzaro. Nel tribunale del<br />
capoluogo calabrese, il 19 novembre del<br />
1999, il giovane dottor Vincenzo Calderazzo,<br />
giudice dell’udienza preliminare, sentenziò<br />
che «il fatto non sussisteva». A seguire<br />
in prima persona quella sentenza fu<br />
Paride Leporace, l’unico cronista calabrese<br />
ad essere presente in aula. «La stampa<br />
nazionale – ha raccontato il direttore de Il<br />
Quotidiano della Basilicata, Leporace –<br />
aveva dato poca importanza a quell’udienza,<br />
tutti credevano fosse una fase del processo<br />
normale, per cui fui il solo a sentire e<br />
riportare le parole conclusive dell’avvocato<br />
della difesa Sorrentino. Ecco perché sono<br />
convinto che nella professione giornalistica<br />
non ci siano verità preconcette, ma sia<br />
necessario andare sempre sul campo, verificare<br />
le fonti, avere un po’ di intuito e, poi,<br />
come nel mio caso, un pizzico di fortuna. Il<br />
processo Mancini mi iniziò alla cronaca<br />
giudiziaria, in quell’occasione ebbi modo di<br />
confrontarmi sia con i testimoni della di-<br />
fesa sia con i cosiddetti collaboratori di giustizia,<br />
imparai a districarmi in un materiale<br />
per noi cronisti incandescente».<br />
Nel libro Kostner e Paolini non solo hanno<br />
riassunto il percorso del sindaco cosentino,<br />
ma hanno narrato anche di un’ostilità tra<br />
pubblici ministeri «dietro i quali – ha affermato<br />
Tarcisio Amato – forse c’era qualcuno.<br />
Ma quale suggeritore aveva ordito la trama<br />
di questa vicenda?». La conclusione è sconcertante,<br />
nelle ultime pagine è lo stesso<br />
Mancini a denunciare il vicecapo della<br />
Polizia di Stato De Gennaro, responsabile di<br />
avere fatto condannare l’ex parlamentare.<br />
Ma allora quale fu l’errore giudiziario? E in<br />
cosa sbaglia ancora la giustizia? «Il problema<br />
– ha detto Franco Piperno – è nella<br />
legislazione premiale creata dall’Italia parlamentare<br />
unita di Berlinguer nella quale<br />
Mancini (e non è un caso) non c’era, fu l’unico<br />
a votare contro tale sistema a favore<br />
dei pentiti. Si pensi che lo stesso Rocco,<br />
autore del codice elaborato negli anni ’30,<br />
era riuscito a impedire l’introduzione della<br />
legislazione premiale nel partito fascista,<br />
proprio perché è un modello che consente<br />
di salvare qualcuno affossando un altro (da<br />
notare lo scrupolo di un legislatore fascista).<br />
Non bisogna ricorrere alle più basse<br />
necessità umane di preservarsi facendo del<br />
male ad un altro, fosse anche un criminale.<br />
Ultimamente è stato scoperto che coloro<br />
che furono condannati a Palermo per la<br />
strage di Borsellino erano innocenti.<br />
Questa legislazione va rivista, dal momento<br />
che non ha neanche risolto il problema<br />
dell’esistenza dell’organizzazione criminale<br />
nel Sud».<br />
Per cui ha concluso il professore D’Agostino<br />
«il modello democratico di organizzazione<br />
della società non può dirsi realizzato;<br />
la democrazia rappresentativa è piena di<br />
incongruenze e distorsioni. Così anche la<br />
prospettiva della giustizia è indicata in direzione<br />
dell’autopossesso; se vuoi fare una<br />
causa a qualcuno o devi semplicemente<br />
difenderti da una accusa sei costretto a<br />
prendere e pagare un avvocato. E quanti<br />
possono farlo?».<br />
Pagina a cura di<br />
MARIA DI NAPOLI
6 Domenica 11 dicembre 2010 PRIMO PIANO<br />
ABBANDONATI DA TUTTI<br />
Sandro Russo:<br />
«No al risarcimento,<br />
per noi solo debiti»<br />
«Non chiediamo nulla, se non di vedere<br />
riconosciuti i nostri diritti». Sandro Russo<br />
è il presidente dell’Associazione che riunisce<br />
i familiari delle vittime della voragine<br />
di Secondigliano.<br />
Da undici anni porta avanti una battaglia<br />
per mantenere viva la memoria. Oltre al<br />
dolore per aver perso i propri cari, i<br />
parenti delle vittime devono ancora fare i<br />
conti con i mancati risarcimenti.<br />
Varie le forme di protesta, organizzate<br />
anche attraverso la creazione di un sito<br />
web (www.lavoraginedisecondigliano.it),<br />
ma dalla sentenza esecutiva emessa dal<br />
Tribunale di Napoli sono già trascorsi 4<br />
anni.<br />
Tutti i tentativi di<br />
ottenere chiarimenti,<br />
finora, si<br />
sono rivelati vani.<br />
Ed anzi, alcuni fra<br />
gli aderenti al<br />
gruppo civico<br />
risultano addirittura<br />
evasori per l’Agenzia<br />
delle Entrate,<br />
per un importo<br />
di 12 mila euro, a causa delle tasse<br />
non pagate per la registrazione della sentenza.<br />
Tra gli aderenti al comitato, qualcuno non<br />
ha nemmeno ricevuto l'acconto del risarcimento.<br />
«La cappella edificata dal Comune<br />
è tutto quello che ci resta» dichiara,<br />
sconsolato, Russo.<br />
«Abbiamo presentato vari progetti per la<br />
riqualificazione dell’area, ma le istituzioni<br />
ci hanno abbandonati». L’ingiustizia continua.<br />
Era un giorno come gli altri, il 23<br />
gennaio 1996. Nella trafficata arteria<br />
al confine tra il quartiere di<br />
Secondigliano e Arzano, denominata<br />
il Quadrivio, accadde però<br />
qualcosa di terribile.<br />
Una voragine larga 27 metri e<br />
profonda 20 inghiottì 11 persone.<br />
Di quella tragedia restano oggi solo<br />
pezzi di cemento, erba incolta e<br />
qualche bottiglia di plastica, alle<br />
spalle della piccola cappella<br />
costruita in via Limitone dai familiari,<br />
in ricordo dei defunti.<br />
Il 23 gennaio ricorrerà il sedicesimo<br />
anniversario dell'esplosione<br />
che ha inghiottito il Quadrivio. I<br />
parenti delle vittime continuano a<br />
chiedere giustizia per quei morti<br />
innocenti. Un processo lungo 14<br />
anni ha condannato a pene irrisorie<br />
solo due imputati su 25.<br />
Ad oggi, le famiglie non hanno<br />
ricevuto alcun risarcimento. La<br />
"Arzano Scal" e la "Sogem", le due<br />
società condannate a pagare con<br />
sentenza definitiva, nel frattempo<br />
sono fallite. Ogni anno, una fiaccolata<br />
in ricordo delle vittime viene<br />
organizzata sul luogo della tragedia<br />
per mantenere viva la memoria.<br />
Poche lacrime, un dolore che si<br />
Sedici anni fa la tragedia del Quadrivio di Secondigliano<br />
Undici cuori<br />
nel precipizio<br />
I familiari delle vittime ancora senza giustizia<br />
rinnova e tanta rabbia, che cresce<br />
giorno dopo giorno.<br />
Nel dimenticatoio è caduta anche<br />
la promessa fatta dal Comune, per<br />
la realizzazione di un monumento<br />
o di una cappella, all'interno del<br />
cimitero di Secondigliano.<br />
Erano le 16,30 quando un'enorme<br />
deflagrazione, accompagnata da<br />
tre boati, squarciò la routine di<br />
quel pomeriggio freddo e uggioso<br />
di fine gennaio. «Sentii un botto.<br />
Poi le urla. I morti non li vidi ma<br />
li sentii. Quelle urla non le<br />
dimenticherò mai». Salvatore<br />
Martiningo si considera un miracolato:<br />
passò dinnanzi alla palazzina<br />
di tre piani che appena cinque<br />
minuti dopo sarebbe stata<br />
inghiottita dalla terra, travolgendo<br />
passanti, auto, negozi.<br />
Le prime voci erano confuse.<br />
Alcuni dissero che era crollata una<br />
scuola, altri parlavano di una<br />
bomba. Dopo circa mezz'ora il<br />
quadro della tragedia inizia però a<br />
delinearsi: in seguito alla violenta<br />
implosione del suolo stradale, causata<br />
dal crollo di una palazzina di<br />
tre piani, si è innescato un incendio<br />
causato dallo scoppio del gas<br />
metano, fuoriuscito dalle tubazioni<br />
che corrono sotto l'asfalto.<br />
Michele Sparaco, Alfonso Scala,<br />
Mario De Girolamo, Giuseppe<br />
Petrellese, Gennaro De Luca,<br />
Emilia Laudati, Francesco Russo,<br />
Pasquale Silvestro, Ciro Vastarella,<br />
Stefania Bellone e Serena De<br />
Santis, di appena 13 anni: questi i<br />
nomi delle 11 persone che hanno<br />
perso la vita in seguito al disastro. Il<br />
corpo della Bellone non è mai stato<br />
ritrovato, e tutt'oggi giace sotto le<br />
macerie.<br />
Al momento dello scoppio erano<br />
in corso i lavori per la costruzione<br />
di una galleria che avrebbe dovuto<br />
collegare Arzano e Miano. Il tunnel<br />
doveva misurare 1500 metri e<br />
agevolare i collegamenti con i<br />
Comuni a nord di Napoli, risparmiando<br />
al Quadrivio migliaia di<br />
transiti al giorno.<br />
Cinque operai della ditta "Sogem"<br />
vi morirono intrappolati: stavano<br />
lavorando nel sottosuolo quando<br />
avvenne il crollo. Due loro colleghi<br />
riuscirono invece a mettersi in<br />
salvo, scappando in tempo dal tunnel.<br />
L'implosione fu il triste e prevedibile<br />
epilogo di una tragedia<br />
annunciata.<br />
Crepe, rumori, scricchiolii. Molte<br />
le proteste e le segnalazioni che<br />
furono inoltrate dai cittadini nei<br />
mesi antecedenti alla strage: ma le<br />
loro istanze vennero ignorate dagli<br />
enti competenti, o messe a tacere<br />
con blande rassicurazioni.<br />
Pagina a cura di<br />
SIMONE SPISSO<br />
Giuseppina Scala<br />
«Alfonso,<br />
morto<br />
per lavoro»<br />
Giuseppina (nella foto a destra) è la<br />
vedova di Alfonso Scala, uno dei cinque<br />
operai deceduti all’interno del tunnel in<br />
costruzione al Quadrivio, per collegare<br />
Arzano e Miano.<br />
«Da tre anni e mezzo lavorava lì, passando<br />
da una ditta all’altra. L’opera doveva essere<br />
completata entro il 30 marzo: era preoccupato<br />
di finire in cassa integrazione ed invece,<br />
in fondo a quella maledetta galleria, ha<br />
trovato la <strong>morte</strong>» sottolinea la donna. Un<br />
mese prima della tragedia, Alfonso era stato<br />
promosso minatore capo.<br />
«E’ morto senza vedere l’aumento in busta<br />
paga» riprende Giuseppina, che apprese<br />
della sorte del marito attraverso i Tg. «Ero a<br />
casa, quando dissero che era scoppiata una<br />
pompa di benzina. Non immaginavo che<br />
Alfonso potesse essere coinvolto nell’incidente».<br />
I resti di Scala<br />
furono recuperati<br />
verso<br />
l’una e trenta<br />
di notte nei<br />
pressi di Miano,<br />
dove erano<br />
stati catapultati<br />
dall’onda<br />
d’urto<br />
causata dall’esplosione.<br />
L’uomo era<br />
padre di tre bimbe. Lucia, che all’epoca<br />
della tragedia aveva 9 anni, cadde in una<br />
grave forma di depressione. Oggi manifesta<br />
la sua rabbia per le promesse fatte e mai<br />
mantenute dai politici, che hanno lasciato<br />
le famiglie delle vittime sole col loro dolore.<br />
«Mio padre ha sacrificato la sua vita per<br />
il lavoro, ma in tanti anni non abbiamo<br />
ricevuto nessun sostegno, né economico<br />
né morale. Vengono solo alle fiaccolate per<br />
fare passerella».<br />
L’unico ricordo che le resta di Alfonso è un<br />
video, girato assieme ai colleghi nel tunnel<br />
della <strong>morte</strong>, un mese e mezzo prima dello<br />
scoppio. «Non abbiamo mai avuto il<br />
coraggio di guardarlo» dice Giuseppina,<br />
scuotendo il capo. «Tante volte ci aveva<br />
confidato che lì sotto rischiava la vita.<br />
Qualcuno poteva evitare il disastro».<br />
Amalia e Angela<br />
«Due figlie<br />
un destino<br />
atroce »<br />
Serena Desantis e Stefania Bellone erano<br />
amiche per la pelle. Il pomeriggio del 23<br />
gennaio 1996 si erano date appuntamento,<br />
come facevano spesso.<br />
Dalla palazzina al Quadrivio di Secondigliano,<br />
dove trovarono la <strong>morte</strong> in circostanze<br />
tragiche, avrebbero dovuto raggiungere<br />
Amalia, la mamma di Serena.<br />
«All’epoca lavoravo in una lavanderia.<br />
Aspettavo mia figlia e Stefania, che dovevano<br />
venire a prendermi in auto - rammenta<br />
la donna -. Verso le 16,30 udii lo<br />
scoppio, e come per istinto mi precipitai<br />
subito in strada. Quando seppi che Serena<br />
non era mai uscita di casa, capii quello che<br />
era accaduto».<br />
Angela (nella foto), mamma di Stefania, era<br />
invece nella sua abitazione al rione Don<br />
Guanella al<br />
momento<br />
della tragedia.<br />
«Vidi le fiamme,<br />
e pensai<br />
che qualcosa<br />
di terribile<br />
fosse accaduto<br />
- spiega -. Col<br />
passare delle<br />
ore, non avevo<br />
più notizie di<br />
mia figlia: così<br />
iniziai a preoccuparmi. Quella notte feci il<br />
giro di tutti gli ospedali, nella speranza<br />
che fosse sopravvissuta allo scoppio, o<br />
che fosse ricoverata in seguito a un incidente<br />
d’auto».<br />
Stefania, invece, non fu mai ritrovata. Tra<br />
le 11 vittime del disastro, è l’unica ancora<br />
sepolta nella fossa scavata dall’esplosione.<br />
Al cimitero di Miano, il Comune le ha<br />
dedicato una piccola cappella: nell’urna,<br />
solo una manciata di terreno in ricordo di<br />
quella giovane vita spezzata.<br />
«Se gli enti preposti avessero dato ascolto<br />
agli allarmi lanciati dai residenti del quartiere,<br />
per i rischi legati alla costruzione di<br />
quel tunnel, le nostre figlie sarebbero<br />
ancora vive» dicono Amalia e Angela.<br />
Dopo 16 anni, continuano a non arrendersi<br />
di fronte all’ingiustizia.
PRIMO PIANO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
Dal prossimo 1 gennaio la gestione del ciclo dei rifiuti campani passerà nelle mani delle Province<br />
Spazzatour: Consorzio, no grazie<br />
I rischi: aumento della Tarsu e peggioramento del servizio svolto dai centri minori<br />
Impianti e raccolta differenziata<br />
per avvicinare l’intera regione<br />
Campania agli standard europei. È<br />
questo il ritornello che ormai da<br />
17 anni si sente ripetere per uscire<br />
definitivamente dalla perenne<br />
crisi dei rifiuti. Critica, come si sa,<br />
è in particolar modo la situazione<br />
nelle province di Napoli e di<br />
Caserta. Eppure un provvedimento<br />
preso dal governo Berlusconi<br />
durante il famoso Consiglio dei<br />
ministri tenutosi in trasferta nel<br />
capoluogo partenopeo potrebbe<br />
contribuire a peggiorare ulteriormente<br />
la situazione.<br />
L’entrata in vigore della legge<br />
26/2010 prevista per il gennaio<br />
prossimo, infatti, cambierebbe radicalmente<br />
il metodo della gestione<br />
del ciclo dei rifiuti. La competenza,<br />
infatti, passerebbe dalle<br />
mani di consorzi provinciali. Sarebbero<br />
demandati al consorzio<br />
tutte le competenze e le decisioni<br />
in materia e la riscossione della<br />
Tarsu passerebbe nelle mani della<br />
Provincia. Nulla di strano, se non<br />
fosse per due particolarità che<br />
contribuirebbero a formare l’ennesimo<br />
paradosso italiano. La prima<br />
è il fatto che dal 1994 al 2008 tutti<br />
i consorzi regionali che gestivano<br />
la raccolta dei rifiuti sono falliti, la<br />
seconda è la cancellazione della<br />
gestione comunale, che ha permesso<br />
a molti centri di ottenere<br />
ottime percentuali di raccolta differenziata.<br />
Un esempio di tutela<br />
dell’ambiente che vede protagonisti<br />
soprattutto piccoli Comuni<br />
della provincia ma anche capoluoghi<br />
come Salerno, che ha recentemente<br />
raggiunto il traguardo del<br />
70% di raccolta. Un sistema che<br />
con l’entrata in vigore della 26<br />
sarebbe messo completamente in<br />
discussione e che costringerebbe<br />
amministrazioni e cittadini virtuosi<br />
a ricominciare da zero.<br />
Mettere in moto una macchina del<br />
genere potrebbe risultare controproducente,<br />
soprattutto perché<br />
avvierebbe meccanismi di poltrone<br />
e di collaborazioni esterne.<br />
Situazioni ambite da molti, ma<br />
assolutamente inopportune in un<br />
periodo di recessione. «È una legge<br />
che andrebbe cambiata, che fa-<br />
Dal 1994 a oggi<br />
sono fallite<br />
tutte le imprese<br />
che si sono occupate<br />
di “monnezza”<br />
Comuni ”ricicloni”*<br />
*dati Legambiente, a cui non pervengono i dati dei “Comuni<br />
Virtuosi” del Casertano e del Napoletano<br />
7<br />
remo presente anche al nuovo<br />
governo Monti», sono le parole<br />
del presidente della Provincia di<br />
Caserta Domenico Zinzi, che contemporaneamente,<br />
però, sta inviando<br />
in questi giorni ai Comuni<br />
casertani una lettera in cui invita i<br />
sindaci a sottoscrivere delega irrevocabile<br />
all’incasso della Tarsu/Tia<br />
a favore della società Gisec al fine<br />
di permettere alla società provinciale<br />
di subentrare nel servizio di<br />
raccolta rifiuti dal 1 gennaio 2012.<br />
Una logica che sembra non stare<br />
bene nemmeno agli stessi vertici<br />
della Gisec, che hanno fatto sapere<br />
di non essere ancora pronti.<br />
Atteggiamenti condivisi anche da<br />
molti sindaci della Regione, le cui<br />
preoccupazioni trapelano anche<br />
dalle posizioni di altri presidenti di<br />
Provincia come quello di Benevento<br />
Aniello Cimitile: «Al-cune<br />
preoccupazioni dei sindaci sono<br />
legittime - ha detto -. Ma è la legge<br />
che impone la svolta. Sulla Tarsu,<br />
per esempio, capisco le doglianze<br />
perché è un’entrata fondamentale<br />
per i Comuni che corrono anche il<br />
rischio di sforare il Patto di stabilità,<br />
ma i problemi nascono da una<br />
legislazione ambigua che sembra<br />
fatta apposta per generare conflitti<br />
tra le istituzioni. La Provincia di<br />
Benevento può, però, rivendicare<br />
di aver fatto le cose per bene, con<br />
cautela tenendo sotto controllo i<br />
processi ed evitando i guai. Nel<br />
bando, poi, abbiamo cercato di<br />
venire incontro ai Comuni». In<br />
teoria tutti d’accordo, dunque, a<br />
mantenere un sistema di gestione<br />
della raccolta urbana affidato ai<br />
Comuni che sarebbe più produttivo.<br />
Nella questione rientra anche<br />
la grana-Tarsu che, inevitabilmente,<br />
subirebbe un’impennata.<br />
Intanto trapela l’ipotesi di una<br />
proroga ma, nonostante questo, i<br />
primi cittadini che per protesta si<br />
rifiuteranno di inviare i ruoli della<br />
Tarsu, secondo la legge, saranno<br />
destituiti.<br />
Pagina a cura di<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
A pochi km da Caserta<br />
Piccoli<br />
borghi<br />
virtuosi<br />
In terra di Gomorra sono molti i Comuni<br />
virtuosi che raggiungono alte percentuali di<br />
differenziata e che con l’entrata in vigore<br />
della nuova legge vedrebbero azzerato il<br />
loro lavoro fatto. A Ruviano, per esempio, i<br />
cittadini hanno scelto di consegnare da soli<br />
i rifiuti nelle isole ecologiche, una percentuale<br />
di riciclo del 60% con un risparmio<br />
che ha permesso di chiudere il bilancio in<br />
pareggio e che mantiene bassa (un 1 euro al<br />
metro quadro) la Tarsu.<br />
Curioso il caso di Camigliano, sempre nella<br />
provincia di Caserta. Nel 2010 il sindaco<br />
Vincenzo Cenname venne premiato come<br />
“Primo Sindaco” dall’Associazione Comuni<br />
Virtuosi, una raccolta differenziata<br />
da percentuali scandinave, pannolini lavabili<br />
all’asilo, una moneta spendibile solo in<br />
paese: l’eco-euro, gettoni dati ai bambini<br />
che riciclavano il vetro. Poi il rifiuto di<br />
avviare le procedure per la legge 26 e il<br />
commissariamento, in soli dieci giorni sollevato<br />
dall’incarico. Nel maggio di quest’anno<br />
si è ripresentato alle elezioni. E ha<br />
rivinto. «Continuo a essere contrario alla<br />
legge – fa sapere – perché cancella quanto<br />
di buono siamo riusciti a fare nei nostri<br />
Comuni». Valle Agricola, Francolise,<br />
Fontegreca, Letino, Cloriano, Pratella, Pietravairano,<br />
Pontelatone tutti Comuni virtuosi<br />
che raggiungono percentuali di differenziata<br />
superiori al 50% e che riescono a<br />
chiudere, attraverso la loro gestione, il<br />
bilancio in pareggio o in attivo. Per questo<br />
motivo i primi cittadini di questi piccoli<br />
centri si sono uniti nel chiedere prima al<br />
presidente della Provincia Zinzi e poi al<br />
Governo la cancellazione della legge per<br />
continuare a investire nei loro sistemi.<br />
L’hinterland napoletano<br />
Rigore<br />
sotto<br />
il Vesuvio<br />
Napoli capitale mondiale della spazzatura.<br />
Un primato triste e che la città e la sua provincia<br />
difficilmente potranno scrollarsi di<br />
dosso nonostante la volontà dei cittadini e<br />
gli sforzi delle amministrazioni. Sforzi<br />
eccezionali soprattutto in Provincia e in<br />
particolare nell’area vesuviana.<br />
La “zona rossa” racchiude più di 500mila<br />
abitanti e lontano dallo scalpore mediatico<br />
ha saputo lavorare per raggiungere risultati<br />
entusiasmanti. Lo scorso luglio hanno<br />
deciso di mettersi insieme e di ripulire l’intera<br />
area metropolitana. Ognuno dei diciannove<br />
Comuni che hanno sottoscritto<br />
il patto si è incaricato di realizzare e di<br />
gestire degli impianti ad hoc per ogni tipo<br />
di rifiuti. A Torre del Greco gli indifferenziati,<br />
a Massa di Somma e Somma<br />
Vesuviana gli impianti per l’organico, a<br />
Ottaviano gli elettrodomestici usati, a<br />
Ercolano gli inerti e i rifiuti laterizi edili,<br />
Striano nei multi materiali, a Cercola il<br />
vetro, a San Sebastiano e Portici sarà allestito<br />
un grande centro di riuso, mentre<br />
San Giuseppe Vesuviano ha messo a<br />
disposizione una vasta area di 8mila metri<br />
quadrati. Questa alleanza e l’inizio della<br />
raccolta porta a porta ha dato dei risultati<br />
sorprendenti. A San Giorgio a Cremano si<br />
raggiunge ormai il 50% della raccolta differenziata,<br />
così come a Ottaviano. Fino ad<br />
arrivare a Portici e San Sebastiano, che<br />
superano il 65%. Impossibile pensarlo<br />
qualche tempo fa.<br />
Un lavoro enorme che potrebbe sparire<br />
con l’entrata in scena del Consorzio.<br />
Non resta che sperare in una proroga<br />
che possa aprire la strada alla cancellazione<br />
della legge.
8 Domenica<br />
11 dicembre 2010 PRIMO PIANO<br />
Neologismi e parole straniere al posto dei vocaboli delle vecchie generazioni<br />
L’italiano, questo sconosciuto<br />
I giovani, protagonisti di questo cambiamento<br />
Internet e cellulari, veicoli di diffusione<br />
«Dobbiamo immaginare il linguaggio<br />
come una struttura ferroviaria,<br />
con binari paralleli, che<br />
ha punti di velocità e punti di lentezza».<br />
È questa l’immagine a cui<br />
Mario Monteleone, docente di<br />
Linguistica all’Università degli<br />
Studi di Salerno, ricorre per<br />
descrivere la lingua italiana.<br />
Perché è così che può sembrare<br />
una lingua che, per conformazione<br />
geografica e storico-politica<br />
del nostro Paese, conserva un<br />
sostrato linguistico eterogeneo.<br />
Oggi, infatti, l’italiano, pur conservando<br />
le cosiddette “parlate<br />
locali”, è influenzato da nuove<br />
parole, mutuate spesso dall’inglese,<br />
ma anche dai mass media e dai<br />
linguaggi settoriali. «In certi casi<br />
– spiega Monteleone – si parla di<br />
desemantizzazione, cioè quando<br />
alcune parole perdono il significato<br />
originale. E questo accade<br />
nel passaggio tra vecchie e nuove<br />
generazioni che, a uno stesso termine,<br />
danno un diverso significato».<br />
Ma i fenomeni di variazione<br />
linguistica sono diversi e dipendono<br />
anche dalla situazione di<br />
chi parla. E infatti il professore<br />
spiega: «Quando il modo di parlare<br />
di un individuo è influenzato<br />
dalla sua provenienza socioculturale,<br />
dall’età e dal sesso si<br />
parla di diastratìa».<br />
Quello che attestano i linguisti è<br />
che parlare in dialetto, usare un<br />
linguaggio “criptato” o neologismi<br />
serve a dare compattezza a<br />
un gruppo, soprattutto tra i giovani,<br />
i più assidui frequentatori di<br />
chat e blog. «Il linguaggio incisivo,<br />
sintetico e fortemente seduttivo<br />
dei nuovi media – afferma<br />
Diana Salzano, docente di Teorie<br />
e tecniche della comunicazione di<br />
massa dell’Ateneo salernitano - si<br />
spiega proprio col bisogno di<br />
compensare la mancanza di prossimità<br />
tra due interlocutori,<br />
caratteristica principale di questi<br />
mezzi di comunicazione».<br />
Durante l’incontro tra amici o<br />
una normale conversazione tra<br />
due o più persone, infatti, un<br />
ruolo fondamentale per la comprensione<br />
delle tesi sostenute<br />
viene proprio dalla possibilità di<br />
ascoltare la voce, di guardarsi<br />
negli occhi, di potersi anche toccare.<br />
Tutto questo, però, viene a<br />
mancare se si instaura una conversazione<br />
in una chat, su un<br />
blog o via messaggi: colui che<br />
invia e chi riceve non si vedono,<br />
non si ascoltano e, oggi sempre<br />
più spesso, a volte non si conoscono.<br />
In molti, infatti, dimenticano<br />
questo importantissimo<br />
limite delle nuove tecnologie e<br />
confondono i due concetti di<br />
connettività tecnica e prossimità.<br />
La prima, infatti, elude la distanza<br />
metrica tra le persone e consente<br />
all’istante lo scambio di<br />
idee. Il termine prossimità, invece,<br />
implica partecipazione, vicinanza<br />
ed empatia tra le persone.<br />
In rete, si tende a polarizzare il<br />
linguaggio attraverso l’uso di faccine,<br />
punti sospensivi, abbreviazioni<br />
che, analizzati superficialmente,<br />
possono sembrare un<br />
modo sgrammaticato e scorretto<br />
di scrittura giovanile, ma che in<br />
realtà aiutano a creare gruppi<br />
coesi, comunità di pratiche che<br />
condividono il tipo di scrittura,<br />
gli interessi, le emozioni e rendono<br />
così impossibile ai nuovi adepti<br />
la comprensione del messaggio.<br />
E invece per gli adulti, i ‘digital<br />
immigrants’ che spesso guardano<br />
e giudicano ‘tout court’ questo<br />
nuovo tipo di linguaggio sintetico,<br />
seduttivo e fortemente allusivo,<br />
è solo uno dei tanti mezzi che<br />
i giovani usano per violare le<br />
regole, un tipo di scrittura assolutamente<br />
scorretto, indecifrabile.<br />
Pagina a cura di<br />
VALENTINA DE LUCIA<br />
MARIAROSARIA DI CICCO<br />
Diana Salzano, docente<br />
di Teorie e tecniche<br />
della comunicazione di massa<br />
all’Università di Salerno<br />
ALLARME ANALFABETISMO<br />
Sette su dieci<br />
in difficoltà<br />
nella lettura<br />
In questo già difficile momento economico<br />
si accende un’altra spia d’allarme che<br />
caratterizza in modo negativo l’Italia: il<br />
71% degli italiani ha serie difficoltà a comprendere<br />
la lingua nella lettura di un testo<br />
di media difficoltà. Ciò significa che solo<br />
«il restante 29% possiede ancora gli strumenti<br />
linguistici per padroneggiare l’uso<br />
della nostra lingua nazionale». E’ questo il<br />
triste quadro presentato pochi giorni fa<br />
dal linguista Tullio De Mauro, ex ministro<br />
della Pubblica istruzione, durante il suo<br />
intervento a un convegno del Consiglio<br />
regionale della Toscana. «Ce lo dicono<br />
due recenti studi internazionali – ha spiegato<br />
De Mauro –<br />
ma qui da noi nessuno<br />
sembra voler<br />
sentire. Il 5% degli<br />
italiani non è neppure<br />
in grado di<br />
decifrare lettere e<br />
cifre, un altro 33%<br />
sa leggere, ma riesce<br />
a decifrare solo<br />
testi di primo livello<br />
su una scala di<br />
cinque ed è a forte rischio di regressione<br />
nell’analfabetismo, un ulteriore 33% - ha<br />
aggiunto il linguista – si ferma a testi di<br />
secondo livello».<br />
Un quadro allarmante, soprattutto se si<br />
considera che la conoscenza della lingua<br />
madre è, o almeno dovrebbe essere, premessa<br />
indispensabile per lo studio delle<br />
altre discipline scolastiche e delle altre lingue,<br />
così come è il punto di partenza<br />
obbligatorio per riuscire a orientarsi e a<br />
trovare spazio nel mondo del lavoro.<br />
SPREAD<br />
Lessico<br />
in crisi<br />
SMARTPHONE<br />
Intelligente<br />
e piccolo<br />
BADANTE<br />
Un lavoro<br />
per stranieri<br />
iPAD<br />
La creatura<br />
di Jobs<br />
TRONISTA<br />
Dal regno<br />
della Tv<br />
Rischio default,<br />
agenzie<br />
di rating. Sono<br />
solo alcune<br />
delle parole<br />
correlate alle<br />
cronache di<br />
questa infausta<br />
congiuntura<br />
economica. Ce lo saremo sentiti<br />
ripetere migliaia di volte che lo<br />
spread a cui si fa riferimento negli<br />
ultimi tempi è il differenziale fra il<br />
rendimento dei titoli tedeschi<br />
(Bund) e quelli italiani (Btp) e che<br />
l’aumento dello spread in realtà è<br />
un indice di debolezza del titolo<br />
che offre un rendimento maggiore.<br />
Termini fino ad oggi misconosciuti<br />
ai più, rimbalzati in maniera<br />
allarmante perché misurano<br />
sostanzialmente lo stato di pericolo<br />
della nostra economia: non a<br />
caso si parla di parole-termometro<br />
del rischio default per l’Italia.<br />
In principio<br />
era un’agenda<br />
elettronica.<br />
Oggi si chiama<br />
smartphone e<br />
non serve solo<br />
a ricordare ora<br />
e data: può<br />
molto di più.<br />
Tradotto in italiano smartphone<br />
significa telefono intelligente, un’evoluzione<br />
del computer palmare,<br />
dalle dimensioni ridotte al punto<br />
che può stare sul palmo di una<br />
mano. Accesso a internet, posta<br />
elettronica, pianificazione delle<br />
attività, fotocamera, rubrica e<br />
contatti personali: ormai questi<br />
nuovi tipi di dispositivi stanno<br />
sostituendo i “vecchi” telefonini e<br />
forse ormai desueti laptop, i computer<br />
portatili, la quale caratteristica<br />
principale è quella di avere<br />
piccole dimensioni in modo da<br />
permetterne l’uso in mobilità.<br />
Nella sua<br />
accezione<br />
propria, il<br />
badante è una<br />
persona che<br />
si prende cu<br />
ra, che bada a<br />
qualcosa o a<br />
qualcuno.<br />
Oggi invece badante è sempre<br />
declinato al femminile, perché<br />
designa una persona che si<br />
prende cura, soprattutto presso<br />
privati, di anziani o disabili. Il<br />
termine, infatti, è documentato<br />
inizialmente nell’ambito burocratico,<br />
per essere poi ripreso e<br />
utilizzato per indicare persone,<br />
nella maggior parte dei casi<br />
immigrate, che si occupano di<br />
anziani o disabili e, ultimamente,<br />
il termine è entrato nella<br />
legge di sanatoria per la regolarizzazione<br />
dei lavoratori stranieri.<br />
L’iPad è un<br />
modello di ta<br />
blet computer<br />
lanciato dalla<br />
Apple e presentato<br />
il 27 gennaio<br />
2010 da<br />
Steve Jobs, du<br />
rante una conferenza<br />
Apple allo Yerba Buena<br />
Center for the Arts Theater di San<br />
Francisco.<br />
Per tablet computer, o tablet puro<br />
o, semplicemente tablet, si intende<br />
una delle varianti dei tablet PC,<br />
caratterizzati da dimensioni compatte<br />
e da uno schermo controllato<br />
da una penna o dalle dita. Poiché<br />
per Jobs i netbook in commercio<br />
possiedono un hardware e una batteria<br />
limitati per poter svolgere<br />
compiti complessi, la Apple ha<br />
deciso di creare l’iPad: un dispositivo<br />
a metà tra un telefono cellulare<br />
evoluto e un computer portatile.<br />
Tronista è un<br />
neologismo<br />
legato al mondo<br />
dello spettacolo<br />
televisivo<br />
italiano,<br />
particolarmente<br />
alla stagione<br />
televisiva<br />
2000/2001 del programma di<br />
intrattenimento quotidiano<br />
“Uomini e donne”, di Maria De<br />
Filippi.<br />
La parola nacque per indicare<br />
un uomo o una donna che sceglieva<br />
di partecipare alla trasmissione<br />
per cercare l’anima<br />
gemella, siedeva su una specie<br />
di trono per farsi corteggiare da<br />
alcuni pretendenti, prima della<br />
scelta definitiva. Oggi il termine<br />
indica anche una persona vanitosa,<br />
che ama stare al centro<br />
dell’attenzione ed essere corteggiata<br />
e ammirata da tutti.
PRIMO PIANO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
Riccardo Marassi, storico vignettista de Il Mattino, ospite alla Scuola di Giornalismo<br />
Attenzione, caduta sassi!<br />
9<br />
«In Italia c’è un’anomalia: la satira<br />
è completamente politicizzata,<br />
infatti è concepita quasi esclusivamente<br />
nell’accezione politica.<br />
Inoltre, c’è anche “inflazione” di<br />
satira o presunta tale». Se a dirlo<br />
è Riccardo Marassi, celebre autore<br />
de “I sassi di Marassi” su Il<br />
Mattino, sarà proprio vero. Lui la<br />
satira l’ha conosciuta nei lontani<br />
anni Settanta, durante il periodo<br />
delle cosiddette radio pirata.<br />
La sua passione per la comunicazione<br />
lo porta, appena maggiorenne,<br />
a entrare nel mondo<br />
delle radio. Inizia come conduttore<br />
di una trasmissione di musica<br />
rock, e passa successivamente<br />
a lavorare nel radio giornale, dove<br />
una fortunata intuizione lo porta<br />
a inventare le notizie in chiave<br />
ironica. Eppure, la sua strada non<br />
era certo quella. «Sono nato in<br />
una famiglia borghese e, anche se<br />
mi piaceva disegnare, la mia<br />
famiglia non avrebbe voluto che<br />
io facessi l’artista. Così ho studiato<br />
chimica industriale».<br />
Ma in laboratorio Riccardo è<br />
rimasto ben poco. Il trampolino<br />
di lancio è stato il concorso per<br />
vignettisti dilettanti vinto nel<br />
1983: messo da parte il camice,<br />
Riccardo decide di dedicarsi<br />
completamente alla sua nuova<br />
passione. «Ricordo ancora che in<br />
quell’occasione mio padre esclamò:<br />
“Gesù, chist è pazz!” – racconta<br />
tra le risate dei praticanti<br />
della Scuola di Giornalismo di<br />
Salerno dove è stato ospite – da<br />
allora ho fatto letteralmente la<br />
fame, perché fin da 18 anni non<br />
ho più voluto chiedere niente ai<br />
miei genitori».<br />
Di strada, dai digiuni dei primi<br />
tempi, ne ha fatta. Attualmente,<br />
con il suo stile inconfondibile,<br />
graffiante e mai scontato, è uno<br />
dei vignettisti più apprezzati e<br />
conosciuti in Italia. E proprio nel<br />
nostro Paese, dove la satira è<br />
quasi sempre fortemente schierata,<br />
lui ha deciso con successo di<br />
andare controcorrente.<br />
«Non ho mai concepito la satira<br />
come missione politica, anzi, la<br />
satira militante non mi piace.<br />
Volendo tradurre il mio stile in<br />
termini sportivi, ho sempre visto<br />
la mia ironia come un fioretto,<br />
perché preferisco molto di più<br />
l’allusione leggera agli attacchi<br />
frontali». E proprio in quest’ottica,<br />
Marassi riceve molta più gratificazione<br />
dal suo lavoro come<br />
vignettista a Il Mattino: «È molto<br />
più divertente far ridere in un<br />
giornale generalista e non schierato<br />
politicamente: il pubblico di<br />
lettori è molto più vasto e più difficile<br />
da mettere d’accordo. Far<br />
ridere persone che sono della tua<br />
stessa idea non è satira, è un esercizio<br />
di stile».<br />
Roba da artisti, non certo da professionisti<br />
dell’informazione: Marassi<br />
è ben consapevole della differenza.<br />
Disegnare vignette, anche<br />
se a un osservatore poco<br />
attento può sembrare solo un<br />
lavoro artistico, è molto altro:<br />
«Quando si prepara il disegno si<br />
lavora di testa, sforzandosi e faticando.<br />
È un lavoro molto simile a<br />
quello del meccanico». Le lunghe<br />
ore di lavoro nella sua officinaredazione<br />
di sicuro non sono passate<br />
inosservate. Dall’inizio degli<br />
Satira, politica e non solo: con i praticanti<br />
della Sdg, una lezione all’insegna dell’ironia<br />
Da Tangentopoli<br />
al Cavaliere,<br />
ha preso di mira<br />
vizi e virtù<br />
di politici e personaggi<br />
LA BIOGRAFIA<br />
Ama la montagna, il trekking e le moto. La<br />
sua lunga carriera come vignettista comincia<br />
negli anni ‘70: dopo un’esperienza in una<br />
radio pirata, comincia a disegnare fumetti<br />
per i manifesti e i volantini politici. Dopo<br />
aver vinto un premio per vignettisti dilettanti<br />
nell’83, lascia il suo lavoro di chimico per<br />
dedicarsi unicamente alla satira. Comincia a<br />
collaborare con Paese Sera, poi lavora a<br />
Satyricon, inserto satirico di Repubblica, al<br />
Manifesto e all’inserto de L’Unità, Tango.<br />
Dal 1987 lavora come giornalista grafico a Il<br />
Mattino di Napoli e le sue vignette vengono<br />
pubblicate anche su Il Messaggero e su Linus.<br />
Fuori dalla redazione, Riccardo Marassi è<br />
sposato ed è padre di una bimba.<br />
«La parodia<br />
deve essere sempre<br />
iconoclasta perchè<br />
serve a demolire<br />
il potere»<br />
anni Novanta, durante l’esplosione<br />
dello scandalo di Tangentopoli,<br />
fino ad arrivare agli anni<br />
della seconda Repubblica, tanti<br />
politici e personalità sono stati<br />
punzecchiati dalla sua matita<br />
sferzante e le reazioni non si sono<br />
fatte attendere. A volte con<br />
critiche aspre, come nel caso<br />
della dura reazione dell’entourage<br />
di Bettino Craxi a una vignetta<br />
che ironizzava sul suo ricovero,<br />
altre volte con complimenti del<br />
tutto inattesi. «Una delle più<br />
grandi soddisfazioni personali è<br />
legata a una vignetta pubblicata<br />
dopo l’uccisione di Salvo Lima,<br />
con protagonista il premier di<br />
allora, Giulio Andreotti. Il disegno<br />
raffigurava il capo del Governo<br />
con una pistola puntata alla<br />
tempia, solo che la pallottola,<br />
invece di colpire Andreotti,<br />
uccide Salvo Lima. Immaginate il<br />
mio stupore quando una telefonata<br />
da parte della segreteria<br />
del premier chiedeva una copia<br />
dell’originale della mia vignetta,<br />
che Andreotti in persona aveva<br />
apprezzato molto».<br />
Dopo Tangentopoli, lo scenario<br />
politico italiano cambia radicalmente,<br />
in particolar modo con la<br />
discesa in campo di Silvio Berlusconi.<br />
L’umorismo, spesso tristemente<br />
involontario dell’ex premier,<br />
ha paradossalmente reso<br />
più complicato far ridere le persone:<br />
la satira ai tempi del bunga<br />
bunga non è né facile né scontata.<br />
«La satira è sempre stata l’iperbole<br />
della realtà; ma quando la<br />
realtà è già iperbolica, diventa<br />
complicato superarla e rimani<br />
spiazzato. Sono vent’anni che faccio<br />
vignette su Berlusconi, e sinceramente<br />
non ce la faccio più.<br />
Vorrei poter lavorare in un giornale<br />
dove ogni mattina posso<br />
scegliere di fare satira su quello<br />
che mi piace, anche per esempio<br />
sulla pubblicità dello yogurt».<br />
Da esperto conoscitore del mondo<br />
dell’informazione e forte della<br />
sua lunga esperienza, Marassi ha<br />
poi spiegato ai praticanti il “funzionamento”<br />
della vignetta, la<br />
necessità di conoscere il contesto<br />
nel quale si fa satira e l’importanza<br />
di informare, sia pur divertendo.<br />
«È importante essere sempre<br />
originali ed evitare di ironizzare<br />
imitando lo stile di altri.<br />
Personalmente sono orgoglioso<br />
dei miei lavori quando riesco ad<br />
anticipare i tempi».<br />
Infine, Marassi ha voluto sfatare<br />
un equivoco comune, quello della<br />
necessità di ridere attraverso la<br />
satira. Considerata da sempre<br />
arma per demolire qualsiasi tipo di<br />
potere, fare satira vuol dire molto<br />
più di far ridere. «La vignetta non<br />
deve per forza far ridere. Può, se ci<br />
riesce, anche far pensare». Virtù<br />
rara, di questi tempi.<br />
Pagina a cura di<br />
MARINA CAVALIERE<br />
ELENA CHIARA LIGUORI
10 Domenica<br />
11 dicembre 2010 PRIMO PIANO<br />
L’imposta comunale sugli immobili è sulla via del ritorno e i valori al catasto saranno rivalutati<br />
Casa dolce casa, un po’ salata<br />
Avere casa, per l’italiano medio, è<br />
quasi un miraggio. In alcuni casi è<br />
similare, in termini di probabilità,<br />
alla vincita al superenalotto. Trovare<br />
la giusta abitazione, entrare<br />
in contatto con il proprietario,<br />
giungere a un congruo prezzo di<br />
vendita e poi prepararsi al fantomatico<br />
incontro per la concessione<br />
del mutuo immobiliare.<br />
Riuscire ad avere un aiuto dalle<br />
banche è un privilegio per pochi<br />
eletti. Che poi, proprio di eletti,<br />
non si dovrebbe parlare perché –<br />
una volta acquistato l’immobile –<br />
comincia l’inferno. Quindi, più<br />
che eletti, forse “ingenui” è più<br />
appropriato. Appena il cittadino<br />
diventa proprietario, il mattone<br />
comincia a scottare e scoppia la<br />
guerra con l’addestrato nemico<br />
che risponde al nome di “Fisco”.<br />
Tasse, imposte, quote, contributi,<br />
aliquote. L’apparato impositivo costruito<br />
sui beni immobili è ben<br />
Il governo Monti è deciso a reintrodurre l’Ici<br />
In alternativa, l’Irpef sulla prima abitazione<br />
congegniato per far impazzire le<br />
menti dei poveri comuni mortali e<br />
la buona novella del neo governo<br />
Monti di reintrodurre l’Ici non farà<br />
che annebbiare le poche certezze<br />
rimaste agli infausti proprietari.<br />
L’Ici è sulla via del ritorno, dunque.<br />
Ma non sono ancora chiare le vie<br />
che l’imposta percorrerà per entrare<br />
nelle tasche degli italiani. Il ritorno<br />
all’Ici di vecchia maniera è<br />
poco quotato dagli esperti del settore:<br />
i tempi sono cambiati e il rischio<br />
di eccessiva impopolarità è<br />
troppo alto per non preoccupare i<br />
vertici dell’esecutivo. I 3,5 miliardi<br />
di euro all’anno (in media 177 euro<br />
per 19,7 milioni di abitazioni), che<br />
entrerebbero nel borsellino dello<br />
Stato, potrebbero aumentare se si<br />
arrivasse all’aggiornamento dei valori<br />
catastali che costituiscono la<br />
base imponibile per tutto il fisco<br />
immobiliare. Nei catasti di tutta I-<br />
talia il valore degli immobili è nettamente<br />
inferiore a quello di mercato<br />
(basti pensare che i valori attuali<br />
sono aggiornati al 1992) quindi<br />
la rivalutazione delle rendite – il<br />
cui esame è in via di avviamento –<br />
è più che necessario. L’agenzia del<br />
Territorio ha stimato che i valori di<br />
mercato delle abitazioni principali<br />
sono mediamente 3,59 volte più e-<br />
levati degli imponibili a fini Ici; la<br />
rivalutazione potrebbe fruttare alle<br />
casse statali 60 miliardi di euro.<br />
Una delle soluzioni alternative al<br />
ripristino della vecchia Ici è l’anticipazione<br />
del debutto dell’Imu<br />
(Imposta municipale unica), ad<br />
oggi prevista per il gennaio 2013.<br />
Ma, ben più – secondo alcuni –<br />
ragionevole, sarebbe la reintroduzione<br />
dell’Irpef (imposta sui redditi<br />
delle persone fisiche) sui redditi<br />
fondiari. Oggi l’Irpef, infatti, si paga<br />
solo sugli immobili diversi dalla<br />
prima casa.<br />
Tutti questi meccanismi dovrebbero,<br />
però, essere accompagnati da<br />
un sistema efficace di detrazioni,<br />
meglio se differenziate in base al<br />
reddito del contribuente o al valore<br />
del patrimonio. Le altre ipotesi sul<br />
tavolo sono poco attuabili. Come<br />
quella, nata da un idea del Parlamento,<br />
di far pagare di più chi<br />
possiede più abitazioni. Popolare,<br />
ma poco concreta. Secondo l’agenzia<br />
del Territorio, il 5% dei proprietari<br />
più ricchi possiede il 23,1% delle<br />
rendite catastali di tutte le case.<br />
Al 50% delle famiglie più povere fa<br />
capo, invece, solo il 20,1% delle<br />
rendite. Tante voci e opinioni diverse.<br />
C’è addirittura chi sostiene<br />
che, per aumentare gli introiti dello<br />
Stato, basterebbe una stretta della<br />
definizione di “abitazione principale”,<br />
così da far aumentare gli immobili<br />
tassati come seconda casa.<br />
Nelle prossime settimane i<br />
misteri sul futuro delle nostre<br />
tasche verranno svelati. Intanto,<br />
godiamoci l’amarcord della “casa<br />
dolce casa”. Giusto in tempo,<br />
prima di assaggiare il gusto della<br />
“casa amara casa”.<br />
Pagina a cura di<br />
ALESSIO FUSCO<br />
GIORGIA MENNUNI<br />
L’ASSESSORE È FAVOREVOLE<br />
Bonaiuto: «Serve<br />
maggiore equità,<br />
ma bisogna pagare»<br />
«Pagare le tasse non fa piacere a nessuno,<br />
ma è un atto di civiltà contribuire per il<br />
benessere della collettività». E’ la risposta<br />
dell’assessore salernitano all’Annona Alfonso<br />
Bonaiuto alla domanda di cosa ne<br />
pensa di un ritorno dell’Ici. «In questo<br />
preciso momento di difficoltà economica<br />
– ha detto – è un urgenza imprescindibile.<br />
Però nel lungo periodo bisognerebbe<br />
revisionare la norma. Non è sbagliato pagare<br />
l’Ici, servirebbe solo più equità. Per<br />
molti la prima casa è un sogno che rincorrono<br />
per tutta la vita, bisognerebbe cercare<br />
anche di premiare chi riesce a comprarsene<br />
una». Gli introiti che porterebbe l’Ici<br />
in caso di reintegro<br />
con la riforma<br />
Monti andrebbero<br />
direttamente ai<br />
Comuni che avrebbero<br />
più risorse<br />
per cercare di far<br />
quadrare i bilanci,<br />
anche se l’assessore<br />
Bonaiuto è un po’<br />
diffidente: «A chi<br />
non piacerebbe ricevere<br />
nuovi fondi, ma per adesso tutto è<br />
molto surreale, ancora non sappiamo la<br />
percentuale che riceveremo . E poi speriamo<br />
che il Governo non usi la politica di<br />
compensazione, eliminando alcuni degli<br />
incentivi importanti che adesso vengono<br />
stanziati ai Comuni. Questo non risolverebbe<br />
il problema». Intanto la manovra<br />
correttiva del governo Monti va avanti e a<br />
breve si capirà in che modo farà il suo<br />
ritorno in scena la vecchia tassa sugli<br />
immobili di proprietà.<br />
FRANCIA<br />
Il Paese delle tasse<br />
sull’inquilino<br />
GERMANIA<br />
Il mattone<br />
conviene ancora<br />
INGHILTERRA<br />
Premiate<br />
le piccole dimore<br />
SPAGNA<br />
Anche la rendita<br />
fa la sua parte<br />
Taxe froncièr, così chiamano in Francia la<br />
tassa che colpisce gli immobili privati. Le<br />
aliquote possono variare in un range molto<br />
ampio, arrivando fino al 20%. L’aliquota<br />
francese è così alta perché il valore catastale<br />
dei beni non viene aggiornato dagli anni<br />
70 e dunque risulta sensibilmente inferiore<br />
all’effettivo<br />
valore di mercato.<br />
In ter-<br />
mini reali,<br />
la taxe froncière<br />
si concre-<br />
tizza in<br />
una tas-<br />
s a z i o n e<br />
pari al re ddito<br />
derivante<br />
da circa<br />
una men-<br />
silità di affitto<br />
che si<br />
potrebbe ottenere<br />
da un appartamento<br />
similare. Ma la sostanziale differenza con<br />
gli altri Paesi sta nel fatto che, mentre nelle<br />
altre Nazioni europee la tassazione sugli<br />
immobili si esaurisce con l’omologa dell’Ici<br />
italiana, in Francia si paga la taxe d’habitation<br />
che grava sull’inquilino.<br />
La Germania, come gli altri Paesi europei,<br />
non colpisce le rendite sulla prima abitazione.<br />
In Italia, invece esiste una tassazione<br />
sulle rendite ma solo sulla seconda casa<br />
e viene chiamata Irpef (imposta sui redditi<br />
delle persone fisiche). L’imposta fondiaria<br />
nello Stato tedesco si chiama invece<br />
Grundsteuer<br />
ed è calcolata<br />
in base a un<br />
sistema di<br />
moltipli-<br />
catori. Secondo<br />
u-<br />
na recente<br />
stati-<br />
stica del<br />
quotidia-<br />
no tedesco<br />
Die Welt, il<br />
43% degli abitanti in<br />
Germania,<br />
posseggono<br />
una proprietà immobiliare.<br />
Tutto il resto vive in affitto. Per questo<br />
motivo, la domanda di appartamenti in<br />
affitto è da sempre molto alta. Questo<br />
rende l’acquisto di un immobile in locazione<br />
ancora un investimento redditizio e<br />
sicuro.<br />
La Council tax in Inghilterra è la tassa comunale<br />
che equivale alla nostra Ici ed è<br />
mensile. Secondo un recente sondaggio inglese<br />
si paga dalle 90 alle 150 sterline al<br />
mese. Gli inglesi però sembrano lamentarsi<br />
sempre di più di questa tassa che considerano<br />
iniqua perché colpisce più i poveri e<br />
non i bene-<br />
stanti. Questa<br />
tassa sem-<br />
pre secondo<br />
gli inglesi<br />
è poi cost<br />
a n t e -<br />
mente in<br />
aumen- to. Il<br />
Governo taglia i<br />
contribu-<br />
ti ai Comuni,<br />
co-<br />
me è successo<br />
per molti anni in<br />
Italia, i quali re- periscono le risorse<br />
mancanti aumentando le tasse locali.<br />
Bisogna però spezzare anche una lancia a<br />
favore del sistema inglese perché per le case<br />
che hanno un valore inferiore alle 125 mila<br />
sterline le tasse dovute al governo sono<br />
dello 0%, cioè nulle.<br />
L’Impuesto sobre Bienes Inmuebles, in<br />
Spagna, è dovuta dalle persone fisiche e<br />
giuridiche proprietarie di immobili.<br />
L’aliquota varia da un minimo dello 0,4%<br />
ad un massimo del 1,1%. Per chi acquista<br />
una casa ci sono però altre spese: le imposte<br />
comunali (“Tasas”). Possono esservi<br />
delle imposte<br />
per la raccolta<br />
rifiuti, gli scarichi fognari,<br />
il prosciugamento<br />
delle acque<br />
e così via.<br />
Q u e s t e<br />
spese general-<br />
mente<br />
non supe-<br />
rano alcune<br />
centinaia di euro<br />
all’anno. Solo la prima casa è e-<br />
sente dall’imposta sulle rendite, mentre<br />
sulla seconda casa si paga Impuesto sobre<br />
la renta de las personas físicas. In Spagna<br />
vige anche un’imposta patrimoniale, pagata<br />
dagli straniere senza permesso di soggiorno<br />
sui beni immobili.
PRIMO PIANO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
Salerno ha un nuovo logo nato da un’idea del guru milanese Massimo Vignelli<br />
Il sindaco: fondamentale la collaborazione con il progettista per trasformare la città<br />
11<br />
«The things you do not find,<br />
design. Ciò che non trovi, disegnalo.<br />
Non è che si disegna per partito<br />
preso. Si disegna quando ci<br />
serve una cosa particolare che non<br />
si riesce a trovare». Una filosofia di<br />
vita per il graphic designer di fama<br />
internazionale Massimo Vignelli,<br />
che ha presentato (lo scorso 22<br />
novembre) con una lectio magistralis<br />
“Design is one”, introdotta<br />
dal sindaco Vincenzo De Luca al<br />
teatro Verdi di Salerno, il nuovo<br />
logo realizzato per promuovere<br />
l’immagine, gli eventi, il turismo e<br />
i prodotti della città campana.<br />
Nel tentativo di rendere competitiva<br />
una cittadina che vuole affrancarsi<br />
dalla realtà di provincia,<br />
l’Amministrazione di Salerno ha<br />
voluto sottolineare il suo processo<br />
di rinnovamento urbano anche attraverso<br />
una clamorosa operazione<br />
di brand identity, coinvolgendo<br />
una delle più influenti personalità<br />
a livello mondiale.<br />
Il logo essenziale e di forte efficacia<br />
espressiva, rappresenta una “S”<br />
stilizzata di colore giallo, inscritta<br />
in un cerchio, disegnata in un carattere<br />
piuttosto classico che,<br />
come un sole al tramonto si specchia<br />
nell’azzurro del cielo e del<br />
mare. Le curve della “S” come<br />
semplice suggestione, ricordano la<br />
coda di un delfino o la silhouette<br />
di un cavalluccio marino.<br />
«Abituare gli occhi, ma soprattutto<br />
il cuore al nuovo simbolo di Salerno».<br />
Questo, l’appello espresso<br />
dal primo cittadino rivolgendosi a<br />
tutti coloro che amano la propria<br />
città. « La concentrazione di opere<br />
affidate ai maggiori architetti<br />
viventi è il frutto di una visione i-<br />
niziale che ci ha portato all’attuazione<br />
di un disegno consapevole<br />
di intervento urbanistico che punti<br />
all’eccellenza – dice De Luca - la<br />
scelta di collaborare con Massimo<br />
Vignelli si rivela fondamentale per<br />
la trasformazione urbana di Salerno,<br />
la quale ci consente di competere<br />
a livello internazionale, offrendo<br />
così ai nostri giovani una<br />
grande occasione di arricchimento<br />
culturale. Immaginiamo che la<br />
nostra città possa svilupparsi sulla<br />
base di un modello simile a quello<br />
di realtà come Cannes, Salisburgo<br />
ed Edimburgo dove si coniugano<br />
tre elementi fondamentali: turismo,<br />
accoglienza e cultura».<br />
I quotidiani locali e nazionali parlano<br />
di Salerno come un caso e-<br />
semplare nella dimensione mondiale.<br />
Una piccola città che con il<br />
passare degli anni sta acquistando<br />
maggiore identità. E così, il noto<br />
architetto milanese ha voluto<br />
tentare un esperimento mai provato,<br />
sviluppato attraverso la realizzazione<br />
di una nuova identità visiva:<br />
nel corso della lectio ha presentato<br />
un primo progetto più<br />
strettamente istituzionale, attraverso<br />
il redesign dell’araldo comunale<br />
riservato agli atti e ai documenti<br />
di natura amministrativa e,<br />
in secondo luogo, un marchio che<br />
funzioni da brand internazionale<br />
capace di fare riconoscere questa<br />
“perla” campana in tutto il mondo.<br />
D’altronde, non è tutto oro ciò che<br />
luccica: c’è sempre una voce fuori<br />
campo pronta a travasare la più<br />
irridente creatività anti-Vignelli e<br />
anti-De Luca. Da Facebook a<br />
Twitter, sono i giovani cittadini a<br />
“Il brand deve<br />
comunicare<br />
la suggestione,<br />
ma necessita<br />
di abitudine<br />
e spirito<br />
d’osservazione”<br />
scatenare le proteste, lamentando i<br />
costi eccessivi dell’opera, l’estrema<br />
semplicità del logo, considerato di<br />
scarso impatto emotivo, nonché in<br />
alcun modo legato agli elementi<br />
storici, paesaggistici o naturalistici<br />
della città. Insomma, il popolo<br />
“No S” sembra pronto alla guerra.<br />
Brandendo fortunatamente solo<br />
matite e photoshop.<br />
Malgrado i dissapori, l’incontro<br />
con il grande maestro ha lasciato<br />
un segno. Vignelli si è rivolto al<br />
Una “S” che si tuffa nel blu<br />
A sinistra, Massimo Vignelli<br />
durante la sua lectio<br />
al teatro Verdi di Salerno<br />
e sotto con la moglie Lella<br />
pubblico presentando la straordinaria<br />
varietà dei suoi lavori realizzati<br />
dal 1954 ad oggi. Lui, insieme<br />
alla moglie Lella, oltre ad essere<br />
una coppia rappresentano una<br />
squadra (Vignelli Associates).<br />
Entrambi architetti, cresciuti nel<br />
clima post-liberazione, sono stati<br />
tra i maggiori protagonisti del<br />
design nel recupero del movimento<br />
moderno: “Un ambiente in cui<br />
l’architetto deve saper fare tutto<br />
dal cucchiaio alla città”. Concettualmente<br />
contrari a qualsiasi<br />
forma di consumismo e di moda,<br />
ritengono che l’oggetto debba rispecchiare,<br />
di per sé, l’essenza del<br />
giusto e non del bello. Qualità e<br />
durata, il principio dei loro progetti:<br />
«Le cose per essere ancora u-<br />
sabili non devono poter passare<br />
nel tempo».<br />
In seguito alla sua lezione, curiosando<br />
sul web, mi sono ritrovata<br />
a leggere un pezzetto di una sua<br />
intervista, che diceva: «Noi siamo<br />
arrivati al punto di vivere del nostro<br />
design. Abbiamo le nostre sedie,<br />
i nostri piatti, le nostre posate,<br />
Il progetto<br />
per Poltronova:<br />
nel 1964 Vignelli<br />
disegna Saratoga<br />
un divano<br />
dalle forme pulite<br />
e dalla grande spazialità<br />
Le curve<br />
della “esse”<br />
ricordano<br />
la coda<br />
di un delfino<br />
o quella<br />
dell’ippocampo<br />
i nostri divani. E questa è una necessità,<br />
in fin dei conti, disegniamo<br />
quello che non troviamo». Immagino<br />
che poter vivere nelle proprie<br />
cose sia un valore inestimabile,<br />
dove il posto in cui ti trovi è<br />
fatto solo di te e dei tuoi ricordi...<br />
Pagina a cura di<br />
VALENTINA BELLO<br />
Quei geni<br />
che creano<br />
il design<br />
La grande ricchezza del design<br />
e delle industrie, che in esso<br />
hanno creduto fin dagli anni<br />
50, è rappresentato dall’innovazione<br />
imprenditoriale e dalla<br />
peculiarità stilistica di grandi<br />
progettisti. Massimo Vignelli<br />
è stato capace di rappresentare<br />
il volto di questo sistema,<br />
disegnando marchi,<br />
logotipi, cataloghi, inviti, annunci,<br />
pagine pubblicitarie,<br />
segnaletiche ambientali.<br />
Nasce a Milano il 10 gennaio<br />
1931 e con la collaborazione<br />
della moglie Lella, attraverso<br />
la Vignelli Associates, ha segnato<br />
la storia della grafica e<br />
della comunicazione. Massimo<br />
si è laureato in architettura<br />
al Politecnico di Milano e all’Università<br />
di Venezia, Lella,<br />
invece, a Venezia con una successiva<br />
specializzazione negli<br />
Stati Uniti.<br />
È il 1960, insieme aprono a<br />
Milano uno studio di architettura<br />
e design. In questi anni,<br />
producono per Knoll International<br />
e Poltronova, per la<br />
quale disegnano, nel 1964, Saratoga:<br />
un divano dalle forme<br />
pulite e dalla grande spazialità.<br />
Ben presto, la coppia<br />
decide di trasferirsi a New<br />
York e aprire, nel 1965, un secondo<br />
studio (Unimark International).<br />
Lavorano per grandi<br />
industrie come l'American<br />
Airlines, Benetton, Ducati e<br />
contribuiscono, in collaborazione<br />
con il designer olandese<br />
Bob Noorda, alla realizzazione<br />
della segnaletica per<br />
le metropolitane di Milano e<br />
New York.<br />
Nel 1989, curano l'aspetto grafico<br />
per il Tg2 della Rai. Uno<br />
dei prodotti più famosi nato<br />
dal loro estro creativo è lo<br />
“Stendig Calendar”, realizzato<br />
nel 1966, attualmente esposto<br />
al Moma di New York. Vignelli,<br />
inoltre, è stato presidente<br />
dell’Agi (Alliance Graphique<br />
Internationale), dell’-<br />
Aiga (American Institute of<br />
Graphic Art), vicepresidente<br />
dell’Architectural League di<br />
New York, nonché membro<br />
dell’Isda (Industrial Designers<br />
Society of America).<br />
Numerosi i premi da elencare<br />
e i riconoscimenti a lui conferiti.<br />
Il più importante, nel 1964,<br />
il Compasso d'Oro dell'Adi<br />
(Associazione Disegno Industriale)<br />
per Compact, un<br />
servizio da tavola in resina<br />
melamminica prodotto dalla<br />
Articoli Plastici di Cologno<br />
Monzese e il secondo, nel<br />
1998, per la grafica di informazione<br />
per la Cosmit, società<br />
che gestisce l’attuale<br />
Salone Internazionale del<br />
Mobile di Milano.
12 Domenica 11 dicembre 2010 SPECIALE<br />
Gli Scavi di <strong>Pompei</strong> franano a causa delle infiltrazioni e della scarsa manutenzione<br />
Il crollo della nostra storia<br />
Si attendono i fondi europei che arriveranno l’anno prossimo<br />
e intanto continuano i cedimenti e buona parte del sito è inaccessibile<br />
Combattere<br />
la crisi<br />
con la cultura<br />
«Fatevi un panino con Dante».<br />
Rimarrà per sempre negli annali<br />
della politica italiana la frase che<br />
pronunciò l’ex ministro dell’Economia<br />
Giulio Tremonti a<br />
proposito dei tagli alla Cultura<br />
effettuati dall’ultimo governo<br />
Berlusconi.<br />
Tralasciando l’accostamento tra<br />
il Poeta e il prosciutto, la tesi si<br />
può smontare dimostrando che<br />
la cultura nutre le menti e<br />
potrebbe, se sfruttata a dovere,<br />
rimpinguare le casse dello stato.<br />
Il patrimonio di cui la storia ha<br />
fatto dono all’intera regione<br />
Campania rappresenta un valore<br />
inestimabile, ogni altra<br />
landa del Pianeta vorrebbe ricavarne<br />
un pezzetto. Lo dimostra<br />
il caso Ercolano, dove<br />
dal 2001 la manutenzione è nelle<br />
mani di una società americana<br />
che più che per lo spirito di<br />
sopravvivenza della storia è stata<br />
attratta dai monument-dollari,<br />
ben prima dell’eroico salvataggio<br />
del Colosseo di Diego<br />
Tod’s Della Valle. E anche se, a<br />
dire il vero, le antiche mura di<br />
Hercolaneum non ridono, sicuramente<br />
a piangere è <strong>Pompei</strong>, in<br />
compagnia degli altri Comuni<br />
vesuviani, di Paestum e dei<br />
Campi Flegrei.<br />
Tragico non è solo il Poeta che<br />
viveva in una delle case della<br />
città, “sfrattata” dalla spaventosa<br />
e terribile eruzione del Vesuvio<br />
del 79 d. C., ma è lo stato del<br />
sito. Mura cadute a causa di<br />
infiltrazioni d’acqua, duemila<br />
anni dopo la loro costruzione.<br />
Operai per la manutenzione<br />
assenti, gli interventi si effettuano<br />
quando il peggio è accaduto.<br />
E cosa direbbe Poppea<br />
dello stato della sua villa di<br />
Oplontis? A Paestum gli archeologi<br />
hanno scoperto tombe<br />
elleniche, ma devono aspettare,<br />
i fondi non ci sono.<br />
Stesso vale anche per altri siti<br />
del Vesuviano dove non si è finito<br />
di scavare per mancanza di<br />
denaro e gli interventi spesso<br />
vengono effettuati da stranieri,<br />
come i russi che hanno recuperato<br />
altre aree della Villa di Arianna<br />
dell’antica Stabiae. Ai<br />
Campi Flegrei poi i reperti sono<br />
sul serio un problema. Ormai<br />
sono inghiottiti dall’espansione<br />
urbanistica e si ritrovano a fianco<br />
a capannoni, case, addirittura<br />
nei parcheggi di centri commerciali.<br />
Non trovatene altri però,<br />
altrimenti non si può costruire.<br />
Il punto è che l’archeologia non<br />
può essere intesa in termini economici,<br />
ma può creare indotto<br />
economico. In fondo sulle monete<br />
da due euro c’è stampata<br />
proprio l’effige di Dante.<br />
In Campania esiste uno dei siti<br />
archeologici più importanti al<br />
mondo. Un tesoro culturale che<br />
tutti ci invidiano. Una risorsa turistica<br />
che i Romani, inconsapevolmente,<br />
ci hanno lasciato e la lava<br />
del Vesuvio ha conservato fino al<br />
Settecento, quando gli scavi hanno<br />
riportato alla luce la splendida<br />
<strong>Pompei</strong> e i suoi tesori.<br />
I resti dell’antica città ai piedi del<br />
vulcano sono diventati, nel tempo,<br />
una delle mete obbligate per i turisti<br />
di tutto il mondo, ma di recente<br />
<strong>Pompei</strong> è tornata ad affollare le<br />
pagine dei giornali, non per il suo<br />
valore archeologico ma per i crolli<br />
dovuti al maltempo. Circa un anno<br />
fa le forti piogge crearono infiltrazioni<br />
nei muri della “Schola<br />
Armaturarum” che si sbriciolò<br />
rapidamente, dopo poco toccò ad<br />
un muro della “Casa del Moralista”.<br />
La notizia fece il giro del mondo.<br />
Molte personalità straniere commentarono<br />
l’accaduto in modo<br />
negativo e l’ex ministro per i Beni e<br />
le Attività Culturali, Sandro Bondi,<br />
ci stava rimettendo il posto.<br />
A quel punto fu chiaro a tutti che il<br />
problema non era solo il dissesto<br />
idrogeologico del territorio o il<br />
naturale deperimento di strutture<br />
costruite duemila anni fa, ma l’incuria<br />
e l’abbandono degli Scavi.<br />
Così si corse ai ripari, ognuno diceva<br />
la sua e si ipotizzò perfino una<br />
cordata di imprenditori privati per<br />
il recupero del sito archeologico,<br />
ma lo Stato, prendendo tutti in<br />
contropiede, sbloccò i fondi Ue.<br />
Circa 105 milioni di euro arriver-<br />
anno nelle casse della Soprintendenza<br />
Speciale per i Beni Archeologici<br />
di Napoli e <strong>Pompei</strong>, per risolvere<br />
il problema dei crolli. I<br />
soldi però arriveranno nel 2012 e<br />
nel frattempo, dopo un anno, continuano<br />
i cedimenti. Lo scorso 27<br />
ottobre, infatti, nei pressi di “Porta<br />
Parlano gli addetti alla sorveglianza<br />
«PERDIAMO I PEZZI<br />
ECISFRUTTANO»<br />
Gli straordinari<br />
non pagati<br />
da sei mesi<br />
«Se si vuole potare una pianta lo si<br />
deve fare dai rami e non dalle<br />
radici altrimenti la pianta è destinata<br />
ad appassire». E’ la significativa<br />
metafora con la quale<br />
Antonio descrive la situazione che<br />
si sta vivendo a <strong>Pompei</strong>. Con alle<br />
spalle oltre trent’anni di esperienza<br />
ha toccato con mano gli effetti<br />
dei tagli alle spese effettuati nel<br />
corso degli anni. «Quando sono<br />
arrivato a <strong>Pompei</strong> - racconta - eravamo<br />
in trecento tra addetti vari<br />
ed operai. Oggi siamo più o meno<br />
un centinaio. Se prima ciascun<br />
addetto aveva una determinata<br />
zona da controllare, adesso ne<br />
deve sorvegliare una molto più<br />
grande pari a quella precedentemente<br />
controllata da quattro persone.<br />
Ciò ci costringe a continui<br />
turni di lavoro e, in molti casi, a<br />
fare gli straordinari».<br />
E proprio gli straordinari non vengono<br />
pagati da oltre sei mesi. «I<br />
colleghi che vanno in pensione -<br />
dichiara un altro lavoratore - non<br />
vengono progressivamente sostituiti<br />
da nuovi custodi con il risultato<br />
che molti di noi, hanno difficoltà<br />
a poter effettuare le ferie».<br />
Ma le critiche più dure riguardano<br />
la gestione dei restauri e la manutenzione<br />
ordinaria.<br />
Prima vi erano degli operai presenti<br />
sul sito in grado quindi di<br />
intervenire tempestivamente ad<br />
ogni minimo problema. Oggi<br />
invece bisogna ricorrere a ditte<br />
specializzate per le quali occorre<br />
aspettare un certo lasso di tempo<br />
a dispetto dell’urgenza che richiederebbero<br />
certi interventi. Lavori<br />
effettuati senza alcun controllo da<br />
parte degli addetti (è interdetto<br />
loro l’accesso) per cui «non sappiamo<br />
come vengono realizzati<br />
con il concreto rischio, in caso di<br />
interventi superficiali, che tali<br />
Nola” è crollato un muro di “Opus<br />
incertum”. Pochi giorni dopo, il 7<br />
novembre, arriva a <strong>Pompei</strong> il commissario<br />
Ue per le politiche regionali,<br />
Johannes Hahn il quale dichiara:<br />
«Faremo in modo che i<br />
lavori possano iniziare nel primo<br />
trimestre del 2012». Intanto la<br />
problemi si ripresentino nello<br />
stesso modo poco tempo dopo».<br />
Motivo per cui in molte aree è vietato<br />
l’accesso ai turisti per la rabbia<br />
di chi paga il biglietto e non<br />
può effettuare una visita completa<br />
degli scavi. Una situazione inaccettabile<br />
che, nonostante le solite<br />
promesse d’intervento dei vari<br />
politici di turno, non sembra<br />
destinata ad essere risolta. Anche<br />
perché quando sono stati sbloccati<br />
fondi dell’Unione Europea, questi<br />
sono finiti da tutt’altra parte<br />
vista la mancanza di progetti seri.<br />
Eppure, nonostante i problemi, il<br />
sito continua ad essere una meta<br />
ambitissima. Ma se si continua su<br />
questa strada è chiaro che ben<br />
presto i visitatori ne prenderanno<br />
altre di strade.<br />
situazione nel sito archeologico<br />
non sembra cambiare. Non esiste<br />
più la manutenzione ordinaria, di<br />
conseguenza questi 105 milioni di<br />
euro per un intervento di manutenzione<br />
straordinaria sono solo<br />
una piccola parte di quanto invece<br />
si dovrebbe investire per la messa<br />
in sicurezza e il restauro della città.<br />
Ad oggi su 66 ettari di scavi, una<br />
buona parte è interdetta ai visitatori,<br />
ci sono transenne e segnali di<br />
divieto ovunque.<br />
Passeggiando su via dell’Abbondanza,<br />
si alternano strutture pericolanti<br />
a strutture da restaurare,<br />
non ci sono cartelli con notizie sui<br />
resti, né tantomeno percorsi tematici,<br />
i cani randagi passeggiano<br />
indisturbati tra le rovine. L’unico<br />
modo per capire la vita dell’antica<br />
città è procurarsi una guida. Per<br />
chi viene qui in visita sembra di<br />
trovarsi in una città fantasma, distrutta<br />
e abbandonata. Eppure il<br />
sito archeologico di <strong>Pompei</strong> conta<br />
più di 2 milioni di visitatori all’anno,<br />
con un notevole picco nei mesi<br />
che vanno da aprile ad ottobre. I<br />
turisti, per lo più stranieri, sono<br />
disposti a pagare 11 euro per<br />
vedere i pochi resti accessibili della<br />
antica città vesuviana. Negli ultimi<br />
dieci anni sono passati oltre 20<br />
milioni di visitatori a <strong>Pompei</strong>.<br />
Questa risorsa sembra non sfruttata<br />
a dovere. In questi periodi di<br />
crisi e di scarsa crescita si<br />
dovrebbe pensare al patrimonio<br />
culturale che abbiamo e che non<br />
sfruttiamo per poter rilanciare il<br />
nostro Paese e <strong>Pompei</strong> è l’esempio<br />
di cosa si potrebbe fare e invece<br />
non si fa. Si preferisce aspettare e<br />
intervenire quando è necessario,<br />
senza capire che è questo il<br />
momento necessario per intervenire<br />
e rilanciare il nostro patrimonio<br />
archeologico e culturale<br />
apprezzato in tutto il mondo.
SPECIALE Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
L’area tra Pozzuoli e Cuma è disseminata di reperti romani non visitabili e colmi di rifiuti<br />
Campi Flegrei, tesori dimenticati<br />
13<br />
I resti antichi difficili da raggiungere<br />
Mancano i soldi per ripristinarli e custodirli<br />
Che gli antichi Romani avessero<br />
una particolare sensibilità e attenzione<br />
per il territorio dei Campi<br />
Flegrei è cosa ormai risaputa.<br />
Sono, infatti, innumerevoli i ritrovamenti<br />
archeologici da Pozzuoli a<br />
Cuma, passando per Miseno, Baia,<br />
Bacoli ed Arco Felice. Una vasta a-<br />
rea disseminata di tesori che però<br />
rimangono inaccessibili ai turisti e<br />
versano nell’abbandono e nell’incuria<br />
più totale. Vuoi la difficoltà<br />
per raggiungere i luoghi dove sono<br />
situati, vuoi la mancanza di fondi<br />
per assumere personale che si<br />
occupi dei siti, fatto sta che queste<br />
meraviglie sono fuori dai giri dei<br />
tour operators e difficilmente visitati<br />
da turisti fai da te. Un patrimonio<br />
che porterebbe denaro e posti<br />
di lavoro se valorizzato a dovere. A<br />
Pozzuoli, ad esempio, l’unico luogo<br />
accessibile ai turisti è l’Anfiteatro<br />
Flavio, il terzo d’Italia per grandezza,<br />
dietro al Colosseo e all’Anfiteatro<br />
di Capua. I resti sono visitati<br />
da circa 10mila turisti all’anno,<br />
un po’ pochi vista la rilevanza culturale<br />
di cui godono. Il sito puteolano<br />
soffre della scarsità di collegamenti<br />
con Napoli. Poco distante<br />
dai resti dell’Anfiteatro, sulla via<br />
che porta alla Solfatara, è stata costruita,<br />
da pochi anni, una strada<br />
per collegare Pozzuoli a Quarto,<br />
durante i lavori è stato ritrovato un<br />
enorme complesso cittadino che si<br />
ipotizza sia vasto come <strong>Pompei</strong>. Il<br />
sito, però, non è stato rinvenuto<br />
totalmente poiché la strada è stata<br />
costruita sopra i muri romani,<br />
visto che all’epoca, ed ancora oggi,<br />
mancavano i fondi per poterlo<br />
riportare alla luce. I pochi resti<br />
visibili, ma inaccessibili, sono pieni<br />
di vegetazione e versano in condizioni<br />
di totale abbandono. Fa male<br />
vedere gli intonaci perfettamente<br />
conservati che lentamente cadranno<br />
per colpa dell’incuria.<br />
Stessa situazione al Tempio di Nettuno,<br />
sempre a pochi metri dall’Anfiteatro:<br />
il sito è colmo di rifiuti<br />
ed ovviamente è inaccessibile ai<br />
turisti. Situazione simile anche a<br />
Bacoli, alla Piscina Mirabilis,<br />
splendida manifestazione ingegneristica<br />
del genio romano. Si tratta<br />
di una cisterna profonda 15, larga<br />
25 e lunga 75 metri, utilizzata per<br />
rifornire di acqua le navi della classe<br />
“Misenensis” della flotta romana<br />
di istanza nel porto di Miseno.<br />
Lo splendido complesso è visitabile<br />
solo quando la signora Immacolata,<br />
una vecchietta del posto che è<br />
la fiduciaria delle chiavi, è disposta<br />
ad aprire il sito ai visitatori, molto<br />
spesso ha da fare e quindi non la<br />
trovi a casa. Per chi parla italiano è<br />
facile capire se la signora sia disposta<br />
o meno ad aprire, qualche difficoltà<br />
si incontra se si è stranieri,<br />
visto che Immacolata non parla<br />
inglese. Altro sito inaccessibile ai<br />
visitatori è il Tempio di Venere sul<br />
porto di Baia: le rovine sono recintate<br />
e dall’esterno si vedono rifiuti<br />
sparsi oltre alla vegetazione che<br />
cresce sui muri.<br />
Ma i siti archeologici dimenticati<br />
non finiscono qui. Andando da<br />
Pozzuoli a Quarto si percorre una<br />
strada, via Campana, costruita dai<br />
Romani, che univa il porto di<br />
Pozzuoli all’arteria principale che<br />
portava a Roma, la Domitiana. In<br />
questa zona, alcuni scavi recenti<br />
hanno riportato alla luce i magazzini<br />
in cui sostavano le merci<br />
prima di essere portate a Roma.<br />
Per fortuna una parte di questi<br />
resti è visibile ed accessibile, ma<br />
non grazie alla Soprintendenza,<br />
bensì al supermercato “Metro”, visto<br />
che il sito insiste proprio nel<br />
parcheggio dello store a pochi<br />
passi dalle auto in sosta. Con il passare<br />
dei secoli la bellezza di questi<br />
luoghi è rimasta immutata, mentre<br />
la sensibilità e l’attenzione delle<br />
persone, rispetto a quella dei Romani,<br />
è andata via via scomparendo,<br />
quasi a volersi dimenticare dell’esistenza<br />
di questi tesori.<br />
Pagine a cura di<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
DAVIDE SAVINO<br />
FRANCESCO SERRONE<br />
PAESTUM, POTENZIALITÀ INESPRESSE<br />
Tremila anni di storia<br />
racchiusi in<br />
pochi chilometri<br />
quadrati. Il sito di<br />
Paestum che continua<br />
a lasciarci tracce<br />
dell’antichità (appena<br />
il mese scorso<br />
sono state rivenute<br />
ventiquattro tombe<br />
a fossa del sesto secolo a.c) ha da sempre<br />
suscitato grande fascino da parte di<br />
archeologi ed intellettuali.<br />
Fin dalla metà del '700 numerosi personaggi<br />
di spicco dell'intellighenzia europea<br />
(tra cui Goethe, Shelley, Canova,<br />
Winckelmann e Piralesi) compirono<br />
viaggi formativi e mondani per visitare le<br />
rovine dell'antica città di Poseidonia ed<br />
ammirarne gli imponenti templi, gli edifici<br />
pubblici, le strade e le mura fortificate<br />
(lunghe in tutto cinque chilometri e<br />
dotate di ventotto torri).<br />
L’area dei templi<br />
è ben collegata<br />
ma nessuno lo sa<br />
A partire dagli anni '50 del novecento è<br />
cominciato il turismo di massa che ha<br />
reso famoso il sito in tutto il mondo. Tra<br />
i punti di forza c'è la relativa facilità con<br />
la quale si può raggiungere Paestum ben<br />
collegata alle principali vie di comunicazione<br />
tramite il vicino aeroporto, l’autostrada<br />
o la ferrovia. La zona inoltre risente<br />
sicuramente meno di alcuni dei problemi<br />
che si riscontrano nel napoletano e<br />
che avrebbero potuto scoraggiare l’arrivo<br />
dei visitatori. Paestum è inserita all’interno<br />
del Parco Nazionale del Cilento e<br />
Vallo di Diano ed è stata riconosciuta<br />
dall’Unesco patrimonio dell’umanità.<br />
Ma, anche in questo caso, i fondi a disposizione<br />
scarseggiano. Le risorse servono<br />
a malapena a garantire l’ordinaria manutenzione<br />
dei monumenti e il pagamento<br />
degli stipendi del personale. Al momento<br />
non sono in atto progetti di restauro,<br />
né sono in programma mostre da tenersi<br />
nel grande e rinnovato museo archeologico<br />
nazionale sito all’interno dell’area<br />
per le quali servirebbero stanziamenti<br />
straordinari. Certo la situazione è sicuramente<br />
migliore rispetto ad altri siti campani<br />
ma l’impressione è che, come accade<br />
troppo spesso in Italia, si hanno a<br />
disposizione enormi potenzialità non<br />
ancora sfruttate appieno. Tra gli addetti<br />
ai lavori molti auspicano una maggiore<br />
opera di promozione di tali risorse che,<br />
se abbinate alle bellezze paesaggistiche<br />
con la creazione di itinerari turistico-culturali,<br />
potrebbero costituire il volano per<br />
lo sviluppo del territorio.<br />
Reperto nel parcheggio di un supermercato a Pozzuoli<br />
ERCOLANO<br />
In mani<br />
americane<br />
OPLONTIS<br />
Sculture<br />
nei depositi<br />
VILLA ARIANNA<br />
Si rischia<br />
di chiudere<br />
VILLA S. MARCO<br />
Lavori<br />
mai finiti<br />
PUTEOLI<br />
Inaugurato<br />
e abbandonato<br />
L’antica Hercolaneum<br />
è<br />
dopo <strong>Pompei</strong><br />
il sito archeologico<br />
dell’antichità<br />
più<br />
importante.<br />
Nel 2001 la<br />
manutenzione<br />
dell’area è passata nelle mani<br />
degli americani. La Packard<br />
Humanities Institute, infatti,<br />
finanzia gli interventi di restauro<br />
e di manutenzione del sito<br />
attraverso un contratto di collaborazione<br />
pubblico-privato che<br />
dal 2006 può contare sul sostegno<br />
di uno sponsor d’eccezione:<br />
la scuola di archeologia British<br />
School at Rome.<br />
Gli statunitensi infatti hanno<br />
preteso che a effettuare gli interventi<br />
fossero uomini di propria<br />
fiducia.<br />
La Villa di<br />
Poppea è inserita<br />
dal 1997<br />
nei beni Unesco,<br />
ma nel<br />
2010 è stata<br />
visitata da appena<br />
32mila<br />
persone. Il sito<br />
è attualmente interessato da interventi<br />
di restauro che durano ormai<br />
da circa quattro anni. I tetti che<br />
ricoprirono la Villa, e che hanno<br />
garantito la conservazione degli<br />
affreschi, mostrano qui, come in<br />
tutta l'area pompeiana, segni di<br />
cedimento. Gli imponenti solai si<br />
stanno trasformando in rischio per<br />
la Villa di Oplontis. Dal giardino<br />
che circondava la vasca, provengono<br />
sculture in marmo, copie romane<br />
degli originali greci, che hanno<br />
fatto la fortuna di Oplontis, ma che<br />
restano chiusi nei depositi.<br />
Villa Arianna è<br />
la villa d’otium<br />
più antica di<br />
Stabiae, risalente<br />
al II secolo<br />
a. C. Situata<br />
all’estremità<br />
ovest della collina<br />
di Varano<br />
al confine tra Castellammare di<br />
Stabia e Gragnano, il sito non è<br />
conosciuto neppure tra gli stessi<br />
abitanti stabiesi. L’ingresso è libero,<br />
ma la posizione in cui si trova non<br />
è facilmente raggiungibile e per<br />
questo non riesce ad attirare molti<br />
visitatori. Il sito fu più volte scavato<br />
e ricoperto dai Borbone che<br />
andavano in cerca di beni preziosi.<br />
I tagli al settore dal prossimo<br />
primo gennaio metteranno a<br />
rischio l’apertura, con la presenza<br />
di soli due custodi a coprire tutti i<br />
turni, anche quelli notturni.<br />
Come la Villa<br />
Arianna,<br />
anche Villa<br />
San Marco si<br />
trova sulla collina<br />
di Varano<br />
e sempre come<br />
l’altro sito non è<br />
stato completamente<br />
scavato e non lo si farà per<br />
mancanza di fondi. Villa San<br />
Marco è stata costruita durante<br />
l’età augustea, ed è stata notevolmente<br />
ampliata con l’aggiunta di<br />
ambienti panoramici, il giardino e<br />
la piscina durante l’età claudia. Si<br />
trova in una posizione molto difficile<br />
da raggiungere, nascosta fra<br />
vecchi casolari e terre coltivate.<br />
Attualmente è interessata da interventi<br />
di restauro e i previsti lavori<br />
per la creazione di un centro logistico<br />
di uffici per il turismo non<br />
sono stati ultimati.<br />
A via Campi<br />
Flegrei, affacciato<br />
sul meraviglioso<br />
panorama<br />
che dà su<br />
Capo Miseno<br />
si trova l’ennesimo<br />
scempio<br />
dell’archeologia<br />
campana: lo Stadio di<br />
Antonino Pio. Inaugurato nel 2008<br />
alla presenza del governatore della<br />
Campania, allora Antonio Bassolino,<br />
dopo un intervento di restauro<br />
costato otto milioni di euro,<br />
il sito di interesse mondiale versa<br />
in uno stato di abbandandono. Un<br />
monumento di rara bellezza inaccessibile<br />
per mancanza di personale<br />
addetto e ricoperto da erbacce.<br />
Non c’è nessun progetto per l’apertura<br />
dello Stadio che l’imperatore<br />
Antonino Pio dedicò duemila<br />
anni fa al suo predecessore Adriano.
14 Domenica<br />
11 dicembre 2010
IL PERSONAGGIO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
Le confessioni di un clochard che intinge il pennello nel suo animo e vende lettere d’amore<br />
Antonio, il Van Gogh dei poveri<br />
15<br />
Un tozzo di pane, un sorso di<br />
vino. Il miracolo non è il risveglio<br />
del Cristo morente nel film<br />
del ’55 con il Marcellino in bianco<br />
e nero, ma quello di accendere<br />
un sorriso sul volto di un<br />
angelo della strada. Tanto basta,<br />
infatti, a far felice Antonio<br />
Mandarino, l’artista evanescente<br />
relegato a Marcianise, in un cantuccio<br />
di terra colorato come la<br />
sua tavolozza, lungo la Provinciale<br />
che conduce all’imbocco<br />
delle autostrade. Occhio languido,<br />
il volto canuto e increspato<br />
dai solchi del tempo e della fame,<br />
le mani contratte per il freddo<br />
pungente, costellate di macchie e<br />
schizzi di vernice colorata: il pittore,<br />
filosofo e poeta mi osserva<br />
e si lascia andare a un emozionate<br />
discorso – fiume sul suo travagliato<br />
modus vivendi: «Per un<br />
pittore vero è più importante<br />
dipingere che mangiare. Per il<br />
poeta afflitto la priorità appartiene<br />
alla scrittura. E’ quando<br />
dipingo e scrivo che mi nutro<br />
della mia arte. In quel momento<br />
avverto una sensazione meravigliosa,<br />
un impeto che mi trasporta<br />
quasi in un’altra dimensione,<br />
fuori dal mondo, nel bello,<br />
nel pulito, nell’amore, nel “grande”,<br />
anche se non mi piace essere<br />
grande».<br />
Nella sua piccola catapecchia<br />
mancano riscaldamento, acqua e<br />
luce e lo spazio è occupato da un<br />
materasso, una seggiola senza<br />
schienale e una piccola scrivania<br />
logora dove il clochard scrive<br />
versi, libri e lettere d’amore che<br />
può comporre, anche a richiesta,<br />
in cambio di piccole somme di<br />
denaro. «Scrivo lettere d’amore<br />
da quando avevo tredici anni –<br />
racconta - Ho letto tanto, ho letto<br />
quel che più potevo leggere.<br />
Bisogna leggere per essere, per<br />
capire, per sentirsi in comunione<br />
con sé stessi e con il mondo.<br />
Questo mese ho venduto una lettera<br />
e due poesie. Il mese scorso<br />
sono riuscito a vendere otto componimenti.<br />
Il prezzo? 5 euro per<br />
coppia. Scrivo d’amore perché l’amore<br />
è fuoco, è devastazione…»<br />
Mandarino fa una pausa, accende<br />
una sigaretta tenendola fra le<br />
mani a coppa, tira una boccata e<br />
mi fissa tra le prime volute di<br />
fumo biancastro. Il suo sguardo si<br />
fa più intenso, tanto che molte<br />
delle cose che dice vengono offuscate<br />
dalla vena di tristezza che si<br />
agita dietro i suoi occhi supplichevoli.<br />
Poi continua: «L’amore è<br />
una medaglia a due facce: è devastazione<br />
quando ti spezza le pareti<br />
nei meandri del cuore, quando<br />
ti sbatte per terra come un demone<br />
senza testa e tu urli, e là fuori<br />
piove e non c’è una mano che ti<br />
accarezza , né di una vecchia, né<br />
di una giovane, né di un maschio<br />
né di una femmina. Esso ti porta<br />
inevitabilmente nel silenzio, nella<br />
solitudine, e lentamente, inesorabilmente,<br />
come un motore a<br />
scoppio ritardato, come un veleno<br />
sottile, ti uccide. Ecco che l’amore<br />
può essere disperazione,<br />
quel grande amore che tu hai creduto<br />
di avere in seno, e che rende<br />
la vita una grande bugia. Poi c’è<br />
un altro amore: l’amore vero,<br />
quello degli angeli, quello di Dio,<br />
del suo nome, che su tutto aleggia<br />
Ha scelto di vivere in una baracca<br />
tenuta in piedi dalla forza della speranza<br />
“Sono autodidatta<br />
e la pittura mi porta<br />
in una dimensione<br />
fuori dal mondo<br />
nel bello e nel pulito”<br />
Alcuni quadri<br />
del clochard<br />
e la locandina<br />
esposta<br />
all’esterno<br />
della bottega<br />
e tutto investe…».<br />
Ma lui è soprattutto un pittore.<br />
Campi fioriti, paesaggi innevati,<br />
scorci urbani, ma anche personaggi<br />
stravaganti, strane forme di<br />
ibridazione tra uomini e animali,<br />
occhi fluttuanti: le sue tele sono<br />
uno squarcio sugli angoli più<br />
profondi e nascosti dell’animo<br />
umano, strani sogni di luce e<br />
ombra. «Dentro di me ci sono<br />
due diverse nature – dice<br />
Mandarino –. La prima è legata<br />
alla necessità di dipingere, la<br />
seconda, invece, ben più acuta e<br />
cifrata, è quella dell’arte che ti<br />
circola nel sangue. Perché io ho<br />
cominciato dal nulla. Circa quarant’anni<br />
fa trovai dei barattoli di<br />
Antonio Mandarino<br />
nella sua baracca-studio<br />
al viale Carlo III<br />
di Marcianise<br />
dove dipinge e scrive<br />
La biografia<br />
Proveniente da una famiglia di origini umili,<br />
Antonio Mandarino nasce a Marcianise il 17<br />
luglio 1950. Dopo la scuola elementare,<br />
comincia a scrivere brevi componimenti e lettere<br />
d’amore. Nel 1974 esplode la passione per<br />
la pittura: allontanatosi dal nucleo familiare,<br />
infatti, va a vivere in fitto, nella casa dove scopre<br />
e coltiva senza sosta il suo talento con i<br />
pennelli e i colori, cominciando a dipingere su<br />
tavolette di compensato. Da sempre appassionato<br />
di Vincent Van Gogh e Antonio Ligabue,<br />
comincia a professare l’ideale del’artista bohemièn,<br />
allestendo per le strade di Marcianise la<br />
sua “galleria” en plein air e vivendo di espedienti.<br />
Oltre a dipingere, infatti, pulisce a<br />
richiesta cantine e camini per gli abitanti del<br />
comprensorio. Si sposa due volte, la prima nel<br />
1968, quando il matrimonio naufragò, qualche<br />
anno dopo, per il suo ossessivo amore per l’arte.<br />
Con enormi sacrifici porta avanti i cinque<br />
figli nati dai due matrimoni. Nel frattempo<br />
continua a leggere e scrivere: Manzoni,<br />
Petrarca e Dante sono alcuni dei suoi autori<br />
preferiti. Al 2010 risale il furto di alcune sue<br />
tele e “damigiane ornate”. Attualmente vive<br />
nella sua baracca a Viale Carlo III.<br />
vernice in una casa vecchia che<br />
mia madre aveva affittato per me,<br />
poiché ero un fuggiasco senza<br />
meta. Accanto ai recipienti di<br />
metallo con dentro i colori, c’erano<br />
alcuni pezzi di legno e, in un<br />
angolo, coperti dalla polvere, riuscii<br />
a scorgere dei pennelli. Poi<br />
una notte, tra il 4 e il 5 marzo del<br />
’74, incominciai a dipingere su<br />
carta, fogli e tavolette di compensato.<br />
Non c’è mai stato un<br />
quadro che ho fatto per il successo,<br />
per diventare qualcuno, per<br />
far contento gli altri. La sola cosa<br />
che mi ha spinto, oltre alla necessità,<br />
è stata quella di avvertire il<br />
senso di ciò che sono e concretizzarlo,<br />
perché sentivo di non essere<br />
nulla. Sono autodidatta, non c’è<br />
stato mai nessuno che mi abbia<br />
insegnato. Nessuno ti insegna a<br />
scrutarti dentro».<br />
Il suo impero di tela Antonio lo<br />
ha costruito tutto da solo, una<br />
pennellata alla volta. Enormi<br />
tavole dipinte a caratteri cubitali,<br />
esposte a mo’ di cartelli all’esterno<br />
della sua baracca, informano<br />
autisti e passanti della sua condizione:<br />
“Aiutatemi ad essere onesto”,<br />
“Fame, freddo e debiti…eccomi”,<br />
“Vivere senza esistere”.<br />
Nemmeno l’iscrizione “Studio<br />
Artistico”, che capeggia all’ingresso<br />
della “bottega”, riesce a<br />
rendere la realtà meno dura di<br />
quella che è. Per arrivare dal pit-<br />
tore bisogna infatti farsi largo<br />
tra mobili vecchi, anticaglie e<br />
strumenti di fortuna che fanno<br />
da cornice al suo “angolo di<br />
lavoro”. Lamiere rivestite di feltro<br />
e addobbate con piante rampicanti<br />
completano il resto della<br />
piccola costruzione, che spicca<br />
da lontano per i colori accesi<br />
delle tele che la circondano.<br />
«Quando piove è amaro... e non<br />
si ferma nessuno – confida -. Ho<br />
impiegato quasi due mesi a<br />
costruire la mia bottega, dall’inizio<br />
di maggio ai principi di<br />
luglio. Ora ho dovuto mettere<br />
una trave per reggere il tetto,<br />
perché il peso dell’acqua ha<br />
infradiciato e spezzato i sostegni<br />
che c’erano. Vorrei uno studio<br />
artistico, un container dove dentro<br />
non ci piove, perché nella<br />
mia baracca piove e, quando<br />
viene giù a catinelle, devo mettere<br />
le bacinelle per terra, per raccogliere<br />
l’acqua». Difficile restare<br />
indifferenti quando a chiedere<br />
aiuto è qualcuno che grida senza<br />
voce. Gli appelli di Mandarino si<br />
susseguono da molti anni ormai,<br />
ma l’unico effetto sortito, a<br />
quanto pare, sembra sia stato<br />
solo il suo spostamento da una<br />
zona all’altra del territorio marcianisano:<br />
dalle scale della chiesa<br />
di S. Carlo, di fronte a piazza<br />
Umberto I, al Viale Carlo III, alla<br />
piazzola davanti al vecchio<br />
Teatro Mugnone, alla località<br />
Santella nei pressi dell’Ospedale<br />
fino al ritorno sulla Strada<br />
Provinciale, nei pressi del Big<br />
Maxi Cinema. Le condizioni,<br />
vistosamente precarie e difficili,<br />
in cui versa attualmente lo sfortunato<br />
artista, destano probabilmente<br />
l’attenzione non solo di<br />
acquirenti e curiosi.<br />
Per un momento Antonio perde<br />
l’aria del pittore e poeta di strada<br />
del <strong>2011</strong>, “Cavaliere dei pezzenti”,<br />
come egli stesso si è definito e<br />
acquista l’aura di un bohemièn di<br />
fine ottocento, stanco, sfibrato da<br />
questa epoca, un fratello di un<br />
altro tempo. Rifugge nella lettura<br />
e nella erudizione “fai da te” per<br />
trovare conforto. «La filosofia –<br />
dichiara - è un modo per esprimersi<br />
e per appagare l’animo<br />
stesso. A volte parlo con me stesso<br />
e mi ascolto. La filosofia è<br />
esser saggio, comprensivo, amabile,<br />
cortese. Il filosofo è un professore,<br />
spesso anche di sé stesso.<br />
Si può essere filosofi anche<br />
essendo analfabeti».<br />
Poi conclude: «Le mie opere<br />
nascono a seconda di come mi<br />
sento: quando sono triste esce un<br />
bianco e nero, se mi sento felice,<br />
soddisfatto, esce il sole che<br />
risplende dentro me e sulle tele.<br />
Se avverto dentro di me l’incedere<br />
di un evento catastrofico esce<br />
un pagliaccio e a quel punto mi<br />
dico: ridi pagliaccio, ridi tu che<br />
puoi: un giorno tutto passerà…»<br />
Pagina a cura di<br />
MARIO PIO CIRILLO
16 Domenica 11 dicembre 2010 TERRITORIO<br />
Il segreto è organizzare campagne di informazione sui rischi che minacciano la salute<br />
Prevenzione, invitata speciale<br />
Tra la Regione Campania e il<br />
Comune di Napoli da mesi è in<br />
corso un confronto serrato sulla<br />
realizzazione del termovalorizzatore<br />
di Acerra. Per ora, il progetto<br />
di costruzione è fermo perché la<br />
gara d’appalto è andata deserta per<br />
ben tre volte. L’emergenza rifiuti<br />
continua a dominare il dibattito<br />
politico in Campania e un tema<br />
molto controverso resta quello<br />
degli inceneritori. In Italia, sono<br />
51 i termovalorizzatori in funzione:<br />
si tratta di grossi impianti utilizzati<br />
per ridurre il volume visibile<br />
dei rifiuti da conferire in discarica.<br />
Dal risultato della combustione<br />
vengono prodotte quantità notevoli<br />
di ceneri, fumi e polveri di cui<br />
non possono essere trascurati possibili<br />
danni alla salute e all’ambiente,<br />
in particolare quelli provocati<br />
dalle diossine e dai metalli pesanti.<br />
Si tratta, secondo la classificazione<br />
Diossine e metalli pesanti degli inceneritori<br />
pericolosi veicoli di patologie tumorali<br />
Airc (International agency for<br />
research on cancer), di cancerogeni<br />
certi per l’uomo.<br />
Evitare o ridurre i rischi causati da<br />
un’esposizione alle sostanze nocive<br />
è l’obiettivo della prevenzione primaria,<br />
rivolta a soggetti sani. Nel<br />
caso dei cancerogeni, è impossibile<br />
identificare una soglia di esposizione<br />
alla sostanza al di sotto della<br />
quale si annulla il rischio di sviluppare<br />
il tumore correlato. Ciò dipende<br />
dal fatto che la suscettibilità<br />
al tumore ha una componente soggettiva.<br />
È evidente, però che all’aumentare<br />
dell’esposizione, aumenta<br />
il rischio. L’unico modo per evitare<br />
di contrarre la malattia, è<br />
scongiurare qualsiasi contatto con<br />
le sostanze cancerogene. Informare<br />
sui rischi è un primo passo<br />
verso una maggiore consapevolezza<br />
dei pericoli che si corrono al loro<br />
contatto.<br />
Uno studio molto recente in Italia<br />
ha stimato un notevole aumento<br />
del rischio per tutti i tipi di tumore<br />
nella popolazione femminile, analizzando<br />
un campione di donne<br />
residenti dal 1990 al 2003 nel raggio<br />
di 3,5 chilometri da due impianti<br />
di incenerimento contigui<br />
(Progetto Enhance Health. 2007).<br />
Un altro studio significativo, condotto<br />
in Inghilterra su 72 inceneritori<br />
e su una popolazione di 14<br />
milioni di persone, ha evidenziato<br />
che, all’allontanarsi degli impianti,<br />
diminuiva in maniera significativa<br />
l’incidenza dei tumori. (Cancer<br />
incidence near municipal solid<br />
wasteincinerators in Great Britain,<br />
Br J. Cancer 1996).Una serie di evidenze<br />
scientifiche ha permesso di<br />
dimostrare, nel corso degli anni, i<br />
danni provocati dalle emissioni di<br />
sostanze cancerogene da parte<br />
degli inceneritori di vecchia generazione.<br />
Ciò trova conferma anche<br />
nelle parole dell’Associazione italiana<br />
di epidemiologia (Aie): «Gli<br />
impianti di vecchia generazione<br />
hanno comportato l’esposizione<br />
ambientale della popolazione residente<br />
a livelli elevati di sostanze<br />
tossiche. Studi non contestabili<br />
hanno messo in evidenza eccessi di<br />
tumori riconducibili all’esposizione<br />
a diossine». D’altra parte, non<br />
esistono ancora sul piano scientifico-epidemiologico<br />
prove in grado<br />
di stabilire che gli inceneritori<br />
attualmente in funzione sul territorio<br />
italiano abbiano impatti minori<br />
sul rischio di sviluppare patologie<br />
neoplastiche. Eppure, è evidente<br />
che l’inceneritore non risolve il<br />
problema della spazzatura, sia perché<br />
lo sposta in atmosfera e in<br />
discarica, sia perché è in contrasto<br />
con la riduzione dei rifiuti e il riciclo<br />
dei materiali. Potenziare la raccolta<br />
differenziata significa depotenziare<br />
l’attività degli inceneritori,<br />
che, una volta costruiti con notevole<br />
dispiego di risorse economiche,<br />
hanno bisogno di una fonte<br />
continua di rifiuti per alimentarli.<br />
Pagina a cura di<br />
IMMA SOLIMENO<br />
L’ONCOLOGA: CAMBIARE STILE DI VITA<br />
La dottoressa Maddalena<br />
Bianco è<br />
specialista in oncologia<br />
e responsabile<br />
dell’Unità o-<br />
perativa semplice di<br />
Oncologia dell’ospedale<br />
di Gragnano.<br />
Che spazio c’è<br />
per la prevenzione<br />
primaria nella sua attività clinica<br />
quotidiana?<br />
I pazienti che osservo sono già affetti da<br />
neoplasie, per cui è fuori tempo parlare<br />
con loro di prevenzione primaria del<br />
tumore già presente. Per questi pazienti è<br />
importante comunque stabilire protocolli<br />
di prevenzione primaria, perché essi sono<br />
più a rischio dei soggetti sani nello sviluppare<br />
un secondo tumore. Le pratiche di<br />
prevenzione che consiglio riguardano<br />
soprattutto lo stile di vita: astensione dal<br />
Istituzioni e scuole<br />
in prima linea<br />
al fianco dei medici<br />
fumo, ridurre il consumo di grassi saturi,<br />
come quelli animali, aumentare il consumo<br />
di fibre. Molto dipende anche dal singolo<br />
paziente e dall’attività lavorativa che<br />
svolge.<br />
Ritiene che l’informazione prodotta<br />
sulla prevenzione primaria sia sufficiente?<br />
A chi spetta il compito di veicolare<br />
tale informazione?<br />
Penso che sia un aspetto della medicina<br />
finora troppo trascurato, su cui si dovrebbe<br />
puntare maggiormente l’attenzione. In<br />
primo luogo, alla scuola e alle istituzioni<br />
in generale spetta il compito di promuo-<br />
vere la prevenzione primaria. Questo,<br />
attraverso campagne di sensibilizzazione<br />
che possono avere un maggior impatto<br />
sociale rispetto al singolo medico: campagne<br />
anti-fumo, educazione alimentare<br />
e sessuale. Le istituzioni potrebbero<br />
intervenire, per esempio, attraverso la<br />
bonifica di aree industriali dismesse, in<br />
cui si faceva uso di amianto. Pensiamo<br />
all’area di Bagnoli, a nord di Napoli. Nei<br />
luoghi di lavoro, si dovrebbe prestare<br />
maggiormente attenzione all’utilizzo dei<br />
“cancerogeni professionali”, come il benzene.<br />
Chi deve consigliare per primo la prevenzione?<br />
Spetterebbe, a mio avviso, anche al medico<br />
di medicina generale e al pediatra di<br />
base. È con loro, più che con lo specialista,<br />
che le famiglie hanno contatti molto<br />
più frequenti. Dei propri pazienti conoscono<br />
le condizioni di vita, le abitudini<br />
alimentari e lavorative.<br />
PAPILLOMA<br />
Un vaccino<br />
per le donne<br />
LEUCEMIE<br />
Traffico<br />
sotto accusa<br />
ALIMENTI<br />
Anche il cibo<br />
ha il suo peso<br />
RAGGI SOLARI<br />
Vietate<br />
le lampade<br />
Il tumore della cervice<br />
uterina è stata<br />
la prima neoplasia<br />
riconosciuta dall’Organizzazione<br />
Mondiale della<br />
Sanità come totalmente<br />
riconducibile<br />
ad un’infezione: si<br />
stima che nel 95 per<br />
cento dei casi può essere ricondotta ad un’infezione<br />
genitale da papilloma virus umano<br />
(HPV), sessualmente trasmesso.<br />
Sono ben 3500 i casi di carcinoma del collo<br />
dell’utero diagnosticati in Italia ogni anno,<br />
ma il dato più allarmante è che oltre 1500<br />
donne muoiono a causa di questo tumore.<br />
Una strategia efficace di prevenzione primaria<br />
è la vaccinazione contro il papilloma<br />
virus. In Italia, a partire dal 2008, è in corso<br />
una campagna di offerta del vaccino gratuita,<br />
promossa dal ministero della Salute: è<br />
rivolta alle ragazze che hanno un’età compresa<br />
tra gli 11 e i 12 anni.<br />
Negli ultimi anni, si<br />
registra un aumento<br />
dei tumori<br />
infantili. In particolare,<br />
una monografia<br />
recente dell’Associazione<br />
italiana<br />
registri tumori ha<br />
messo in luce un<br />
incremento del 1,6<br />
per cento annuo per le leucemie e del 4,6 per<br />
cento per i linfomi nei bambini. Una causa<br />
possibile può essere individuata nell’ambiente:<br />
l’inquinamento atmosferico e l’uso massiccio<br />
di combustibili fossili sono particolarmente<br />
dannosi per l’infanzia. L’unica forma<br />
di prevenzione primaria è cambiare radicalmente<br />
il nostro stile di vita: riducendo l’uso<br />
delle automobili in città e diminuendo le<br />
occasioni di esposizione dei bambini all’inquinamento<br />
atmosferico. Una politica che le<br />
istituzioni, Comuni in testa, dovrebbero<br />
attuare è aumentare le zone a traffico limitato<br />
nelle città esposte a questo rischio.<br />
Anche un’alimentazione<br />
scorretta può<br />
rappresentare un<br />
rischio per l’insorgenza<br />
del cancro.<br />
Negli ultimi decenni,<br />
istituzioni pubbliche<br />
e organismi<br />
scientifici sono corse<br />
ai ripari, in molti<br />
Paesi del mondo, promuovendo, attraverso<br />
campagne di sensibilizzazione, abitudini alimentari<br />
e stili di vita più sani al fine di scongiurare<br />
nella popolazione i fattori di rischio<br />
di tumori. In particolare, l’American cancer<br />
society ha diffuso nel 2002 le linee guida su<br />
nutrizione e attività fisica per la prevenzione<br />
del cancro. Tra le più importanti: mangiare<br />
cibi sani, prediligendo quelli che provengono<br />
da fonti vegetali, ridurre il consumo di alimenti<br />
ad alta densità energetica, prestare<br />
attenzione ai metodi di lavorazione, cottura e<br />
conservazione, adottare uno stile di vita fisicamente<br />
attivo.<br />
Principale fattore<br />
di rischio dell’insorgenza<br />
di tumori<br />
cutanei è rappresentato<br />
da<br />
un’elevata esposizione<br />
alle radiazioni<br />
solari, in<br />
particolare ai raggi<br />
ultravioletti, che<br />
possono determinare alterazioni a livello<br />
del Dna presente nel nucleo delle cellule<br />
dell’epidermide.<br />
Secondo studi recenti, ci sarebbe una<br />
stretta relazione tra lo sviluppo di un<br />
melanoma e l’uso di lampade abbronzanti:<br />
un rischio di contrarre il tumore pari<br />
addirittura al 75 per cento per le persone<br />
con un’età inferiore ai 35 anni. Questo da<br />
solo dovrebbe scoraggiare i giovani all’uso<br />
costante e prolungato dei lettini solari. La<br />
prevenzione primaria si può fare prendendo<br />
una serie di precauzioni durante<br />
l’esposizione al sole.
TERRITORIO<br />
Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
17<br />
Il male oscuro colpisce sempre più persone ma con la cura giusta è possibile guarire<br />
Depressione: il ghiaccio è rotto<br />
Secondo l’Oms, è la seconda causa di malattia in tutto il mondo<br />
“La depressione colpisce a caso: si<br />
tratta di una malattia, non di uno<br />
stato d'animo”. Questa frase dello<br />
scrittore marocchino Tahar Ben<br />
Jelloun riassume il concetto democratico<br />
di quella che ormai è la<br />
seconda causa di malattia al<br />
mondo, secondo l’Oms, l’Organizzazione<br />
mondiale della sanità. In<br />
passato era chiamata “melanconia”,<br />
parola che deriva dal greco e significa<br />
bile nera. Sebbene non siano<br />
state evidenziate ancora caratteristiche<br />
genetiche specifiche, sono<br />
molti i fattori che supportano la<br />
teoria dell’esistenza di un inadeguato<br />
funzionamento dei sistemi<br />
di neurotrasmissione di quelle<br />
sostanze come la serotonina da cui<br />
dipendono le regolazioni del nostro<br />
umore. Oltre a questi squilibri<br />
biochimici sono molte le cause che<br />
portano una persona allo sviluppo<br />
di una sindrome depressiva come<br />
la predisposizione familiare e personale.<br />
C’è inoltre una componente<br />
ereditaria. I soggetti più esposti<br />
sono soprattutto le persone dotate<br />
di una notevole sensibilità e intelligenza.<br />
È noto infatti che molti<br />
grandi del passato come scrittori,<br />
scienziati, poeti, pittori e musicisti<br />
soffrivano di problemi psichici.<br />
Le manifestazioni cliniche della<br />
depressione sono varie: umore<br />
basso, indebolimento della memoria,<br />
cattiva concentrazione, bassa<br />
autostima, eccesivo senso di colpa,<br />
mancanza di fiducia, senso di<br />
impotenza fino all’ideazione suicidaria.<br />
Queste riguardano la sfera<br />
emotivo-cognitiva mentre tra<br />
quelle neurovegetative ci sono l’anedonia<br />
(incapacità a provare piacere),<br />
la diminuzione del desiderio<br />
sessuale, l’insonnia, la perdita di<br />
appetito, l’agitazione, l’affaticamento<br />
e la sensazione di star peggio<br />
al mattino. Bisogna appurare se<br />
il problema dell’umore è molto<br />
invalidante per una persona<br />
soprattutto in ambito lavorativo.<br />
Ad accompagnare l’insieme degli<br />
elementi che provoca la malattia<br />
c’è la componente ansiosa.<br />
Tuttavia con una corretta cura farmacologica<br />
e una buona psicoterapia<br />
si può uscire dal tunnel. La persona<br />
depressa è da considerarsi a<br />
tutti gli effetti malata e perciò il<br />
problema non deve essere preso<br />
sottogamba da familiari o amici.<br />
Anzi, questi dovrebbero dimostrare<br />
ancor di più affetto verso il proprio<br />
caro anche se quest’ultimo si<br />
mostra freddo e ha solo voglia di<br />
stare da solo. Sono solo gli effetti<br />
della malattia. Qualsiasi manifestazione<br />
di gioia da parte dei suoi<br />
cari, qualsiasi cosa che normalmente<br />
gli provocava piacere, nel<br />
suo stato gli è completamente<br />
indifferente. Si sente enormemente<br />
in colpa nel vedere gli altri impegnarsi<br />
a dargli una serenità che<br />
solo il tempo e una cura ben fatta<br />
possono realizzare. Quindi incoraggiare<br />
e sostenere la persona<br />
amata nel primo periodo di terapia<br />
è essenziale perché inizialmente ci<br />
sono solo effetti collaterali ai farmaci<br />
quali cefalea, disturbi<br />
gastrointestinali e sedazione. Però<br />
col tempo arrivano i benefici e il<br />
soggetto si sente sempre meglio.<br />
Fino al momento in cui riprende le<br />
sue normali attività e i sintomi spariscono.<br />
Allora c’è una diminuzione<br />
di somministrazione di antidepressivi<br />
da parte del medico.<br />
Quando non ci si accorge che questi<br />
farmaci non sono più necessari,<br />
possono sovraeccitare e si può sfociare<br />
nella mania, considerata da<br />
alcuni come l’opposto della<br />
depressione. Mentre in quest’ultima<br />
la persona che ne è affetta è<br />
cosciente del suo stato, nelle mania<br />
ne è completamente inconsapevole.<br />
I sintomi sono l’umore elevato<br />
fino all’eccitazione, l’aumento di<br />
energia e la grandiosità cioè la percezione<br />
che si è capaci di far tutto<br />
come un dio perciò nei casi più<br />
gravi si parla di deliri di onnipotenza.<br />
I problemi più frequenti riguardano<br />
la sfera sessuale (infedeltà,<br />
rapporti promiscui o non protetti)<br />
e la sfera economica (spese pazze<br />
in divertimenti e imprudenti investimenti).<br />
Questi episodi sono preceduti<br />
da una diminuita necessità<br />
di dormire per giorni o intere settimane.<br />
La prima volta che si presenta<br />
un stato del genere, deve<br />
intervenire il medico per decidere<br />
di somministrare uno stabilizzatore<br />
dell’umore o, se è necessaria,<br />
Pagina a cura di<br />
FEDERICA MASSARI<br />
un’ospedalizzazione psichiatrica.<br />
Esclusi casi particolarmente gravi,<br />
di tutto questo si può guarire.<br />
Anche se una persona è destinata<br />
tutta la vita ad andare magari saltuariamente<br />
da uno psicoterapeuta<br />
o a prendere il farmaco indicato<br />
come cura di mantenimento, la<br />
soluzione sta nel pensare che come<br />
ad esempio un malato di diabete<br />
assume insulina così chi soffre di<br />
disturbi della psiche è destinato a<br />
curarsi. Il rimedio c’è, allora, perché<br />
non guarire?<br />
Abuso<br />
di farmaci<br />
Al giorno d’oggi erroneamente si<br />
dice che il tavor, il più comune tra<br />
gli ansiolitici, non si nega a nessuno.<br />
Sono poche ormai le persone<br />
che non hanno mai sofferto di<br />
ansia, o di insonnia o di un attacco<br />
di panico. È difficile che un<br />
paziente al primo campanello di<br />
allarme vada dal solo vero specialista<br />
in materia, ovvero lo psichiatra.<br />
Nonostante non si pensi<br />
quasi più che la psichiatria sia la<br />
branca dei pazzi, ancora c’è qualcuno<br />
restio ad andarci. Quindi si<br />
va dal medico di base e successivamente,<br />
se il disturbo persiste,<br />
dal neurologo, che fanno lavori<br />
affini ma diversi da quello dello<br />
psichiatra, che si trova spesso a<br />
dover modificare una cura errata<br />
somministrata dai suoi colleghi.<br />
Mensile di cultura e informazione sportiva
18 Domenica<br />
11 dicembre 2010<br />
In tempo di crisi, boom di iniziative che garantiscono alimenti freschi ai consumatori<br />
Risparmio di qualità a “km 0”<br />
In alcuni comuni della regione<br />
Campania i mercati di Campagna<br />
Amica a "km 0" rappresentano<br />
ormai una realtà consolidata,<br />
offrendo una valida alternativa alle<br />
logiche della grande distribuzione<br />
e portando la qualità e la genuinità<br />
sulla tavola e sulla bocca di tutti.<br />
Tutto è partito da una raccolta<br />
firme della Coldiretti in due regioni:<br />
in Calabria e in Veneto, infatti,<br />
le Amministrazioni hanno approvato<br />
leggi a favore dei cibi a “kilometro<br />
zero". Adesso è realtà anche<br />
in Campania, ove, i piccoli<br />
imprenditori con il supporto della<br />
Coldiretti garantiscono prodotti<br />
freschi ai consumatori. In questo<br />
modo si promuovono i prodotti<br />
locali in mense, ristoranti ed<br />
anche nella grande distribuzione<br />
con un duplice obiettivo: salvaguardare<br />
l'ambiente abbattendo le<br />
emissioni dei gas serra generati dai<br />
mezzi di trasporto e limitare i<br />
La Campania si mette al passo con il market-farm<br />
E con i trasporti ridotti c’è meno inquinamento<br />
costi sempre più elevati che bisogna<br />
sostenere per rifornire di carburante<br />
aerei, camion e navi. La<br />
linea di ristoranti "a kilometri<br />
zero" che è nata a Padova e si è<br />
estesa anche a Salerno, infatti, prevede<br />
che cibi e materie prime<br />
siano reperiti in un raggio che non<br />
superi i 100 km. L'idea è quindi<br />
quella di fornire un'alternativa che<br />
sia insieme ecologica, qualitativamente<br />
elevata ed enogastronomicamente<br />
geolocalizzata.<br />
I primi 10 mesi di attività del<br />
primo circuito campano di ristoranti<br />
a “Km zero”, attivo in provincia<br />
di Salerno, sono estremamente<br />
positivi infatti è sempre crescente<br />
il numero di clienti che ricerca in<br />
cucina i prodotti del territorio. I<br />
ristoranti del circuito “Km zero” si<br />
sono impegnati ad acquistare i<br />
prodotti da impiegare in cucina<br />
direttamente dalle imprese agricole<br />
che presidiando il territorio producono<br />
eccellenze introvabili<br />
altrove. Ben venga il piano di<br />
rafforzamento proposto dall’assessore<br />
regionale dell’Agricoltura,<br />
Gianfranco Nappi, per aumentare<br />
la conoscenza e il consumo delle<br />
produzioni tipiche e tradizionali<br />
campane nella ristorazione locale,<br />
infatti solo attraverso le filiera<br />
corta è possibile ritrovare il legame<br />
con il territorio coerentemente<br />
con il progetto di Coldiretti per<br />
una filiera tutta agricola e tutta italiana.<br />
Un progetto che prevede<br />
oltre 20.000 punti di vendita diretta,<br />
in filiera corta, aperti in tutto il<br />
paese, un modello organizzativo<br />
già presente in Campania con la<br />
prima vendita diretta organizzata,<br />
ove è possibile acquistare oltre 200<br />
tipologie di produzioni locali fresche<br />
o trasformate, quali ortofrutta,<br />
olio, vino con un risparmio<br />
minimo del 30% rispetto alla distribuzione<br />
tradizionale. Qualche<br />
esempio? Un pasto, prima di giungere<br />
nella cucina di un ristorante<br />
qualsiasi, percorre in media oltre<br />
1900 km su camion, navi o aerei.<br />
Secondo l’indagine della Coldiretti,<br />
un vino australiano, per giungere<br />
sulle tavole italiane, deve viaggiare<br />
per oltre 16.000 chilometri; consumando<br />
9.6 kg di carburante ed<br />
emettendo 29,3 kg di anidride carbonica.<br />
“Con la crisi, l'affermazione<br />
degli acquisti diretti dagli agricoltori<br />
è il frutto - sostiene la<br />
Coldiretti - della ricerca della combinazione<br />
ottimale tra qualità,<br />
sicurezza e prezzo, ma anche della<br />
crescente percezione della responsabilita'<br />
sociale ed ambientale che<br />
ha ogni atto di acquisto. Nei mercati<br />
degli agricoltori di 'Campagna<br />
Amica' - continua la Coldiretti - si<br />
trovano prodotti locali del territorio<br />
che non devono affrontare lunghi<br />
trasporti con mezzi inquinanti,<br />
messi in vendita direttamente dall'agricoltore<br />
nel rispetto di precise<br />
regole comportamentali e di un<br />
codice etico ambientale, sotto la<br />
verifica di un sistema di controllo<br />
di un ente terzo.<br />
Pagina a cura di<br />
FRANCESCO GIORDANO<br />
NASCE IL MADE IN TERRA<br />
Il Sannio risponde<br />
sempre meglio alla<br />
domanda di turismo<br />
di qualità e<br />
punta sulle buone<br />
tradizioni e i prodotti<br />
genuini che<br />
vengono dalla terra<br />
per creare un’altra<br />
occasione di promozione<br />
del distretto<br />
agroalimentare<br />
locale. Il mercatino della terra a “km<br />
zero” infatti, darà la possibilità ai produttori<br />
locali di promuoversi gratuitamente e<br />
di diffondere una buona pratica: l’acquisto<br />
diretto da chi produce. “Made in terra –<br />
afferma il presidente della Coldiretti<br />
Benevento Gennaro Masiello – è frutto<br />
del protocollo d’intesa tra Coldiretti e<br />
Comune di Cerreto Sannita per la valorizzazione<br />
dei prodotti del nostro Sannio”. ”.<br />
L’iniziativa vedrà l’esposizione di numerose<br />
aziende agricole della zona, che per-<br />
Condividere valori<br />
ed esperienze<br />
con grande creatività<br />
metteranno l’acquisto di numerosi e<br />
genuini prodotti agroalimentari del territorio.<br />
Prodotto di ottima qualità a costi<br />
contenuti, eliminando gli intermediari dal<br />
percorso. Altro aspetto importante è l’assaggio<br />
del prodotto prima dell’acquisto:<br />
come si può comprare l’olio senza averlo<br />
degustato sul pane o insieme ai fagioli? I<br />
ristoranti di Cerreto Sannita hanno di<br />
fatto proposto gratuitamente abbinamenti<br />
straordinari con l’olio nuovo dimostrando<br />
grande creatività ed energia. Il<br />
bello di Made in terra è proprio questo:<br />
l’incontro tra le persone e la condivisione<br />
di valori e di esperienze.<br />
AVELLINO<br />
Valorizzato<br />
il territorio<br />
BENEVENTO<br />
Costi<br />
contenuti<br />
CASERTA<br />
Zio Paperone<br />
fa la spesa<br />
NAPOLI<br />
Mercatino<br />
del biologico<br />
SALERNO<br />
Ristoranti<br />
low cost<br />
Favorire lo<br />
sviluppo del<br />
commercio<br />
attraverso la<br />
valorizzazione<br />
del territorio<br />
e la collaborazione<br />
con<br />
gli altri soggetti<br />
istituzionali presenti sul<br />
territorio.<br />
Ed è proprio per perseguire tale<br />
scopo che nasce il“Mercatino a<br />
km zero”, una sorta di fiera domenicale<br />
dei prodotti tipici locali e<br />
di stagione. Importanza che viene<br />
data a quegli alimenti che vengono<br />
prodotti a Montemiletto e<br />
nella zona che circonda il Paese,<br />
per un raggio di circa settanta<br />
chilometri. L'agrimercato ha il<br />
pregio di far dialogare piccoli<br />
produttori e consumatori rigorosamente<br />
bio.<br />
Realizzato in<br />
collaborazione<br />
con Coldiretti,<br />
“Made in Terra”<br />
sarà volto<br />
a promuovere<br />
la filiera corta<br />
e l’agricoltura<br />
di qualità. L’iniziativa vedrà l’esposizione<br />
di numerose aziende<br />
agricole della zona, che permetteranno<br />
l’acquisto di numerosi e<br />
genuini prodotti agroalimentari<br />
del territorio. Ottima qualità a<br />
costi contenuti, eliminando gli<br />
intermediari dal percorso produttore-consumatore.<br />
La prossima<br />
data di Made in terra è stata<br />
già decisa: l’8 dicembre a Cerreto<br />
Sannita in occasione della Festa<br />
dell’Immacolata e la fiera di<br />
Natale. Un’0ccasione per unire<br />
l’utile al dilettevole.<br />
"Conquista<br />
anche la copertina<br />
di Topolino<br />
il mercato<br />
degli a-<br />
gricoltori a<br />
chilometri<br />
zero che nell'ultimo<br />
numero<br />
affascina clienti comuni<br />
perché offre ''tutta roba sana, coltivata<br />
come si deve'' e persino l'attento<br />
Paperon De Paperoni ''che<br />
dopo aver perso un capitale cerco<br />
di risparmiare come posso''. "Il<br />
calo di vendite dei suoi supermercati<br />
- riferisce la Coldiretti - spinge<br />
Paperone a fare un giro al mercato<br />
degli agricoltori dove fanno<br />
la spesa anche i sui nipoti. I prodotti<br />
sono coltivati nelle terre<br />
intorno a Paperopoli cosi si evitano<br />
lunghi viaggi inquinanti per<br />
il trasporto e sono più buoni.<br />
A Napoli, in<br />
zona Vomero,<br />
( p i a z z a<br />
degli Artisti)<br />
ogni prima<br />
domenica del<br />
mese, dalle<br />
ore 08.00 alle<br />
20.00, si tiene<br />
il mercatino del biologico al quale<br />
partecipano circa 20 produttori<br />
della zona.<br />
Si possono acquistare frutta ed<br />
ortaggi di stagione, frutta secca,<br />
legumi secchi, olio e vino, miele ed<br />
altri prodotti dell’alveare, formaggi,<br />
conserve vegetali (marmellate,<br />
creme di castagne, passate<br />
di pomodoro, ortaggi sott’olio),<br />
cereali (orzo, farro), pasta,<br />
prodotti da forno (pane, dolci) e<br />
liquori. Anche Napoli è al passo<br />
con i tempi per garantire la freschezza<br />
dei prodotti.<br />
La Coldiretti<br />
di Salerno<br />
proporrà dal<br />
12 dicembre<br />
prossimo il<br />
primo circuito<br />
dei ristoranti<br />
a chilometri<br />
zero della<br />
provincia.<br />
Nel loro menù solo piatti a base<br />
di prodotti locali, acquistati<br />
direttamente dagli agricoltori.<br />
Un valore reale che aiuta la crescita<br />
del territorio, garantendo la<br />
riscoperta di sapori genuini ed<br />
educa ad un consumo etico che<br />
salvaguardia l'ambiente.<br />
Un progetto che prevede la vendita<br />
diretta come reale strumento<br />
per battere tutte le crisi accorciando<br />
la filiera e ridando il giusto<br />
valore ai soldi spesi dai consumatori.
TERRITORIO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
Al via la I edizione di CineCibo, Festival internazionale a tema gastromico<br />
tanti gli appuntamenti, tra proiezioni e degustazioni di prodotti tipici locali<br />
Scena prima, ciak si mangia<br />
19<br />
La connessione c’è. Cinema e<br />
cucina si sono sempre incrociati,<br />
davanti e dietro la telecamera.<br />
Sceneggiature, ambientazioni, ma<br />
anche attori che diventano chef e<br />
cibi che diventano protagonisti di<br />
film. A ufficializzare il matrimonio<br />
tra mister cinema e lady cucina<br />
ci ha pensato CineCibo, il<br />
primo Festival Internazionale<br />
cinematografico a tema gastronomico.<br />
Organizzato da Donato Ciociola,<br />
sotto la direzione artistica di<br />
Nicola Acunzo e con la presidenza<br />
onoraria di Michele Placido, l’evento,<br />
che si propone di valorizzare<br />
la corretta alimentazione e il<br />
cinema di qualità, si è tenuto nella<br />
splendida cornice della Paestum<br />
dei templi.<br />
«Nasce a tavola l’idea di CineCibo,<br />
dal mio incontro con Nicola<br />
Acunzo e Michele Placido», racconta<br />
Donato Ciociola che spiega<br />
di come in realtà il cinema sia<br />
sempre stato attento alle questioni<br />
gastronomiche. A partire dalla<br />
prima proiezione dei fratelli<br />
Lumière, non è mai finito l’idillio<br />
tra la cucina e il cinema, un connubio<br />
perfetto, un legame stretto<br />
e indissolubile che li vede spesso<br />
complici, con il cibo che fa da protagonista<br />
o comunque da legante.<br />
Un programma ricco di gustosi<br />
appuntamenti ha allietato la tre<br />
giorni cilentana: dai dibattiti ai<br />
convegni, dagli spazi dedicati alla<br />
vincente formula dello Show<br />
Cooking alla cena spettacolo con<br />
Michele Placido, passando per le<br />
“Vie di Cinecibo”, percorsi tematici<br />
nella Piana del Sele per far<br />
conoscere le bellezze dei paesaggi<br />
con l’auspicio che possano<br />
diventare un giorno location di<br />
film e fiction.<br />
Il tutto nel suggestionante scena-<br />
A Paestum stand gastronomici<br />
dimostrazioni culinarie<br />
e Show cooking<br />
per la prima edizione di CineCibo<br />
il Festival internazionale del cinema<br />
a tema gastronomico<br />
rio del borgo ellenico. «Paestum è<br />
il cuore del Parco Nazionale del<br />
Cilento per la sua caratterizzazione<br />
storica e perché ha saputo<br />
rispondere sapientemente alle esigente<br />
del turismo con strutture<br />
ricettive di altissimo livello», scelta<br />
dunque per niente casuale<br />
secondo Ciociola.<br />
Non manca la competizione,<br />
sono due i concorsi cinematografici<br />
dedicati al cibo: uno per i<br />
lungometraggi e uno per i cortometraggi.<br />
Una manifestazione giovanissima<br />
e che proprio ai giovani talenti<br />
della gastronomia e dell’arte si<br />
rivolge: sono soprattutto le scuole<br />
ad aver animato le giornate di<br />
CineCibo come spettatori di una<br />
delle numerose proiezioni o da<br />
protagonisti nello Show Cooking.<br />
Positiva dunque la risposta del<br />
pubblico, non tanto quella del territorio:<br />
«L’evento ha avuto più<br />
risalto al di fuori della Campania.<br />
Ma questo, purtroppo è un problema<br />
generale per le cose buone<br />
che si fanno in queste zone. C’è<br />
poca sensibilità», fanno sapere<br />
dall’organizzazione. E dopo aver<br />
assaporato le prelibatezze locali,<br />
si può ammirare il parco archeologico<br />
di Paestum, custode di<br />
importanti reperti risalenti alla<br />
civiltà greca.<br />
Un goloso weekend, dunque, per<br />
rivedere film di qualità accompagnati<br />
da tipicità locali e per visitare<br />
il sud della provincia di Salerno,<br />
quel Cilento ricco di tradizioni<br />
culturali, di diversità enogastronomiche<br />
e di bellezze naturali.<br />
Pagine a cura di<br />
CARMEN GALZERANO<br />
ELENA CHIARA LIGUORI<br />
La Compagnia del Mistero alla kermesse<br />
Aggiungi<br />
un posto al killer<br />
La cena con delitto<br />
porta il teatro tra la gente<br />
La dimostrazione della scuola Perugina<br />
A lezione<br />
di cioccolato<br />
L’oro nero dei Maya<br />
protagonista delle pellicole<br />
La mostra dell’associazione ParvaRes<br />
Il lato gustoso<br />
di arte e design<br />
Film e buona tavola<br />
rivisitati da artisti campani<br />
Se le persone non vanno a<br />
teatro, allora c’è bisogno di<br />
portare il teatro nei posti<br />
dove la gente va. Con questo<br />
spirito nasce<br />
la Compagnia<br />
del Mistero,<br />
che ha<br />
animato la<br />
serata inaugurale<br />
di CineCibo<br />
con<br />
lo spettacolo<br />
Welcome to<br />
Flamingo<br />
Hotel.<br />
«È il discorso<br />
della montagna che va da<br />
Maometto», sintetizza Giovanna<br />
Chirico, fondatrice<br />
della compagnia teatrale.<br />
«Superiamo la barriera che<br />
di solito c’è tra attori e spettatori<br />
proponendo al pubblico<br />
una serie di spettacoli<br />
interattivi in giallo con le<br />
stesse caratteristiche della<br />
“Cena con<br />
delitto”».<br />
Ogni storia<br />
ruota infatti<br />
attorno ad un<br />
delitto,fra<br />
intrighi amorosi,<br />
giochi di<br />
potere, interessi<br />
economici<br />
e riti<br />
magici.<br />
Il pubblico<br />
partecipante ha il ruolo di<br />
investigatore: al termine<br />
dello spettacolo dovrà scovare<br />
gli elementi utili all’indagine<br />
e smascherare l’assassino.<br />
Anche il cioccolato può<br />
essere d’autore. I visitatori di<br />
CineCibo hanno potuto<br />
partecipare ad una dimostrazione<br />
di<br />
Massimiliano<br />
Guidubaldi,<br />
uno dei<br />
Maestri<br />
Cioccolatieri<br />
della scuola<br />
Perugina.<br />
«L’abbinamento<br />
tra cinema<br />
e cioccolato<br />
negli<br />
ultimi anni<br />
sta spopolando: si sono<br />
moltiplicati i film che prendono<br />
spunto da questo<br />
abbinamento. E la ragione è<br />
semplice, il cioccolato ci<br />
attrae tutti, la passione u-<br />
guale», dice il Maestro.<br />
Dalle atmosfere da favola<br />
de La fabbrica del cioccolato<br />
alla sensualità di Luca<br />
Argentero e<br />
Violante<br />
Placido in<br />
Lezioni di<br />
cioccolato,<br />
l’oro nero dei<br />
Maya porta<br />
inevitabilmente<br />
a pensieri<br />
passionali.<br />
«C’è<br />
sempre la<br />
storiella d’amore<br />
nei film che trattano<br />
di cibo, e in particolare di<br />
cioccolato – scherza Guidubaldi<br />
– perché nessuno<br />
resiste al cioccolato, come<br />
d’altronde alla passione».<br />
CineCibo non è solo degustazioni<br />
dei prodotti locali e<br />
proiezione di film a tema<br />
gastronomico.Tra una mozzarella<br />
e un<br />
film, nel Festival<br />
trova<br />
spazio anche<br />
un’interessante<br />
esposizione<br />
di arte<br />
contemporanea<br />
organizzata<br />
dall’associazione<br />
culturale<br />
ParvaRes.<br />
Arte e cibo sono un binomio<br />
italiano inscindibile,<br />
soprattutto nel Sud Italia, in<br />
cui l’arte trova spunto dai<br />
sapori e dai prodotti tipici e<br />
il cibo diventa arte a tavola.<br />
«L’unione è semplice – dice<br />
Vincenzo Pepe, direttore<br />
artistico della mostra – ci<br />
sono molti spunti a cui<br />
attingere per<br />
fare arte con<br />
il cibo».<br />
Gli stili in<br />
mostra sono<br />
tanti e differenti<br />
per colori<br />
e forme,<br />
ma hanno un<br />
unico collante,<br />
il cibo.<br />
Sandali decorati<br />
con<br />
una forchetta, candelabri<br />
fatti da cucchiai piegati<br />
hanno attirano la curiosità<br />
dei visitatori del Festival,<br />
rendendolo un’esperienza<br />
completa.
20 Domenica 11 dicembre 2010 EVENTI<br />
La prima tappa del tour <strong>2011</strong> è stata a Mercato San Severino al Gran Teatro Mediterraneo<br />
Mango vola alto con gli aquiloni<br />
Il nuovo album racconta sentimenti profondi e valori ormai dimenticati<br />
La voce di Lagonegro<br />
E' il 6 novembre 1954: a<br />
Lagonegro, città della<br />
provincia di Potenza, nasce<br />
Pino Mango. La sua<br />
diventerà una voce originale<br />
che fonde la melodia<br />
italiana con sonorità<br />
tipiche di altre culture<br />
come quella a-mericana,<br />
anglosassone o irlandese.<br />
E conierà un vero e<br />
proprio stile, tutto basato<br />
su continui cambi di<br />
pendenza: salite e discese<br />
dove la voce risalta<br />
senza esitazione: un cultore<br />
strenuo della perfezione<br />
stilistica. Tra le<br />
canzoni che lo hanno reso<br />
celebre, Bella d’estate,<br />
Oro, Mediterraneo, Ti<br />
porto in Africa.<br />
Era dal 2007, con “L’albero<br />
delle fate” , che Mango non<br />
realizzava un nuovo disco di<br />
inediti. Quest’anno il cantautore<br />
lucano torna sulle<br />
scene con “La terra degli<br />
aquiloni”, portando in alto la<br />
sua musica, ma soprattutto i<br />
sentimenti, le emozioni. La<br />
prima tappa del tour è stata<br />
Mercato San Severino, in<br />
provincia di Salerno, dove lo<br />
abbiamo incontrato.<br />
«La terra degli aquiloni – ci<br />
racconta Mango - raccoglie<br />
tante fantasie, è una terra<br />
immaginata attraverso il<br />
gioco dei bambini. Non solo,<br />
è anche fantasia nel senso<br />
più positivo del termine, una<br />
fantasia che emoziona. E l’emozione<br />
di solito viene dalla<br />
malinconia o dalla tristezza».<br />
Nel testo che dà il nome<br />
al disco si legge “la tristezza<br />
è una cosa seria, va d’accordo<br />
con il cuore e nella terra<br />
degli aquiloni ha parecchio<br />
da fare”. I brani, quindi, si<br />
presentano, fin da subito,<br />
delicati, poetici, ricchi di<br />
quei valori che già le nuove<br />
generazioni rimpiangono,<br />
perché sembrano non far<br />
più parte di questo mondo.<br />
Ma cos’è l’emozione? «L’-<br />
emozione vera – sostiene il<br />
cantante - è quella che si<br />
prova dentro, è quella che si<br />
ha mentre si salgono le scalette<br />
prima di arrivare sul<br />
palco, quando ti tremano le<br />
ginocchia; se in quel momento<br />
qualcuno ti dovesse<br />
chiedere come ti chiami, tu<br />
non sapresti rispondere».<br />
Traccia dopo traccia, la voce<br />
di Mango ha ancora molto<br />
da dire e da insegnare, come<br />
nella canzone “Guarda L’Italia<br />
Che Bella”, ninna-nanna<br />
d’amore per un Paese che<br />
sembra aver dimenticato la<br />
propria dignità e l’importanza<br />
della propria bellezza.<br />
C’è spazio in questo album<br />
anche per qualcosa di insolito,<br />
perché raramente accade<br />
che Mango inserisca nei<br />
suoi dischi canzoni inedite<br />
di altri autori. Evidentemente<br />
è stato impossibile<br />
sottrarsi al fascino de “Il Rifugio”,<br />
composizione di<br />
Maurizio Fabrizio e Guido<br />
Morra, tra i più nobili autori<br />
della canzone italiana (“Almeno<br />
Tu Nell’Universo”; “I<br />
Migliori Anni Della Nostra<br />
Vita” etc.). Ad accompagnare<br />
le parole eleganti, evocative<br />
è la musica, classica e allo<br />
stesso tempo moderna, popolare<br />
– che non è pop – e<br />
insieme ricercata.<br />
I temi cambiano e si aggiungono<br />
ai racconti personali<br />
ma ciò che rimane è la voce<br />
cristallina dell’artista, quella<br />
scala di note armonico/vocali<br />
che sembra dipingere su<br />
Pagina a cura di<br />
MARIA DI NAPOLI<br />
tela bianca un paesaggio ricco<br />
di colore e regala ogni<br />
volta nuove sfumature. Pino<br />
conquista ancora la critica e<br />
il pubblico: i fan lo seguono<br />
in tutta Italia e, spesso, spinti<br />
dalla passione acquistano<br />
anche biglietti per più tappe<br />
di uno stesso tour. E quando<br />
un concerto si chiude, ciò<br />
che resta è il messaggio lanciato<br />
dal cantautore: continuare<br />
ad alimentare la speranza<br />
e la volontà su un pianeta<br />
afflitto da incertezze e<br />
sofferenze. Fare ancora un<br />
po’ di strada per trovare la<br />
Terra Degli Aquiloni.
EVENTI<br />
Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
Decimo forum dell’Osservatorio sulla radiofonia internazionale nella nostra lingua<br />
Tre giorni di confronti, esperienze e colloqui per la diffusione delle notizie<br />
Nel mondo si parla ItalRadio<br />
21<br />
Siamo abituati a pensare alla<br />
radio come ad un mezzo utile a<br />
intrattenere un guidatore nel<br />
traffico o tutt’al più una donna di<br />
casa intenta a sbrigare le sue faccende.<br />
A questa visione, imposta<br />
alle nuove generazioni dalla diffusione<br />
delle ormai imperanti<br />
nuove tecnologie, si affianca<br />
quella forse ancor più evidente, e<br />
per certi aspetti pericolosa, di<br />
una radio che rincorre internet e<br />
tv, nel tentativo di accaparrarsi<br />
un numero sempre maggiore di<br />
consumatori. Consumatori,<br />
appunto, non utenti. Ma se è<br />
questo il target del mezzo radio,<br />
allora non resta molto per quello<br />
che davvero questo strumento<br />
dovrebbe rappresentare. Ancora<br />
più ristretto poi è lo spazio che<br />
nell’immaginario comune occupa<br />
la diffusione radiofonica in<br />
lingua italiana. Una lingua che<br />
cela un patrimonio culturale in<br />
grado di spaziare tra i più disparati<br />
ambiti e di muoversi in aree<br />
geografiche impensabili. L’Osservatorio<br />
sulla radiofonia internazionale<br />
in lingua italiana<br />
Italradio nasce proprio da questa<br />
esigenza: promuovere l’uso della<br />
lingua italiana nella radiodiffusione<br />
valorizzando al contempo<br />
un mezzo ormai considerato<br />
superato. Un progetto di Luigi<br />
Cobisi e Paolo Morandotti,<br />
rispettivamente segretario generale<br />
e coordinatore scientifico<br />
dell’osservatorio, che dal ‘96 a<br />
oggi ha saputo intessere una rete<br />
di collaborazioni tuttora vitale e<br />
propositiva. Il decimo forum di<br />
Italradio si è aperto giovedì 24<br />
alla redazione de “La Civiltà<br />
Cattolica” di Roma, con un colloquio<br />
incentrato su pubblicazioni<br />
dedicate alla radio, tra cui<br />
ricordiamo il volume sui 60 anni<br />
L’emittenza<br />
nella scuola<br />
Luigi Cobisi<br />
segretario generale<br />
di ItalRadio<br />
e in basso<br />
la console dello studio<br />
della sala Marconi<br />
di Radio Vaticana<br />
Enrico Bellodi è professore<br />
di lettere a Bologna.<br />
Laureato nel 2001 con una<br />
tesi sul radio ascolto (successivamente<br />
pubblicata<br />
anche grazie<br />
all’ausilio di<br />
Luigi Cobisi),<br />
ha ricevuto il<br />
p r e m i o<br />
Italradio <strong>2011</strong><br />
al termine<br />
della terza<br />
sessione del<br />
d e c i m o<br />
forum dell’osservatorio.<br />
Un riconoscimento<br />
che viene assegnato<br />
ogni anno dal 1998. Lo scorso<br />
anno è stato conferito a<br />
Giuseppe Blasi, coordinatore<br />
della nostra Scuola di<br />
Giornalismo. Il presidente<br />
di Italradio, Nader Javaheri,<br />
ha consegnato a Bellodi la<br />
medaglia di Pietro Bembo,<br />
opera del maestro orafo fiorentino<br />
Paolo Penco. Bellodi<br />
ha ricevuto il premio<br />
come riconoscimento per<br />
«l'opera di promozione<br />
della radiofonia italofona<br />
per i giovani attraverso l'incontro<br />
personale<br />
e diretto<br />
per un utilizzo<br />
consapevole<br />
dei<br />
media conoscendone<br />
le<br />
modalità produttive<br />
ed<br />
espressive».<br />
Nella sua attività<br />
di insegnante delle<br />
scuole superiori infatti<br />
Enrico Bellodi con il suo<br />
entusiasmo coinvolge spesso<br />
i suoi giovani studenti,<br />
cercando di trasmettere<br />
loro la sua passione, proponendo<br />
visite a stazioni<br />
radio ed integrando i programmi<br />
disciplinari con<br />
nozioni di radiofonia e<br />
radioascolto.<br />
Onda Media<br />
Broadcast<br />
«Paragono le onde medie<br />
italiane ad un giardino che<br />
ha vissuto tempi fastosi ed<br />
ora si ritrova trascurato e in<br />
stato di abbandono». Sono<br />
le parole dell’ing.<br />
Roberto<br />
Furlan promotore<br />
della<br />
stazione in<br />
onda media<br />
di Bologna<br />
“Onda Media<br />
Broadcast”.<br />
Una stazione<br />
la sua che ha<br />
la potenza «di una stufetta»,<br />
come ammette lui stesso,<br />
ma è sufficiente a fornire un<br />
buon prodotto, seppur fruibile<br />
in una dimensione locale,<br />
con risultati soddisfacenti<br />
e buoni rapporti d’ascolto.<br />
Mosso da una passione<br />
viscerale per la radio, che fin<br />
da piccolo lo inchiodava al<br />
suo apparecchio ad ascoltare<br />
per ore i racconti di Radio<br />
di Radio Capodistria presentato<br />
da Lara Drcic e Donatella Pohar.<br />
Venerdì 25 la Sala Marconi di<br />
Radio Vaticana a Palazzo Pio ha<br />
invece ospitato la prima sessione<br />
di lavoro del forum, un confronto<br />
di esperienze sulla radiofonia<br />
in lingua italiana cui hanno partecipato,<br />
oltre alle colleghe di<br />
Radio Capodistria, Dusica Maticki<br />
e Sandra Zivanovic di Radio<br />
Serbia, Alessandro Prokorov<br />
della Voce della Russia e Stefano<br />
Cobino ex voce di Radio Budapest,<br />
oltre ad Au-gusto Chollet<br />
di Radiotelevisione Svizzera,<br />
Laura Cornero della Comunità<br />
Radiotelevisiva Italofona e Concetta<br />
Corselli di Radio Cairo. A<br />
fare gli onori di casa Rosario<br />
Tronnolone conduttore di<br />
“Orizzonti Cristiani”. E’ stata l’occasione<br />
per Morandotti e Cobisi<br />
di tracciare un bilancio sulla<br />
comunicazione radiofonica in<br />
italiano e sullo stato di attività<br />
dell’osservatorio. Un bilancio per<br />
certi versi impietoso ma ricco di<br />
PREMIO <strong>2011</strong> BOLOGNA LOREDANA CORNERO<br />
Mosca, Furlan ha voluto<br />
dimostrare come sia possibile,<br />
in maniera autonoma<br />
e senza spese eccessive,<br />
sfruttare le enormi po-tenzialità<br />
delle<br />
onde medie.<br />
Unico neo, il<br />
fatto che a<br />
fronte della<br />
facilità con<br />
cui tecnicamente<br />
ha<br />
potuto mettere<br />
su il suo<br />
impianto non<br />
ci sia stata una risposta<br />
normativa e burocratica<br />
dello stesso livello.<br />
È un peccato che il servizio<br />
pubblico ritenga di non<br />
dover utilizzare tutta la<br />
capacità trasmissiva assegnata<br />
al nostro Paese e che<br />
al contempo non aiuti le<br />
persone come Roberto<br />
Furlan con una legislazione<br />
adeguata.<br />
Una strategia<br />
per difenderci<br />
Loredana Cornero lavora<br />
alla direzione generale della<br />
Rai ed è presente al forum<br />
come segretario generale<br />
della Comunità Radiotelevisiva<br />
Italofona. Una<br />
realtà che esiste<br />
da 25 anni<br />
e che «in questi<br />
ultimi tempi<br />
- dice la<br />
Cornero - sta<br />
cercando di<br />
trovare una<br />
posizione più<br />
pragmatica e fattiva.<br />
Siamo sì un insieme di radio<br />
che parlano in italiano, ma<br />
da anni abbiamo un grande<br />
appoggio da parte delle istituzioni<br />
accademiche di lingua<br />
italiana come ad esempio<br />
l’Accademia della Crusca,<br />
proprio nell’ottica di<br />
una diffusione e promozione<br />
ancora maggiore della<br />
nostra lingua».<br />
spunti interessanti. Nel ’96, anno<br />
di nascita dell’osservatorio, 14<br />
stazioni su onda media e 13 su<br />
onda corta trasmettevano in lingua<br />
italiana: ad oggi la diffusione<br />
radiofonica in italiano si è drasticamente<br />
ridotta. «Alcune di queste<br />
realtà sono passate al web,<br />
altre sul satellite - spiega<br />
Morandotti - un orizzonte che<br />
lascia pensare come la radiofonia<br />
in italiano sia al tramonto».<br />
Internet non aiuta: «Essere<br />
costretti a pagare un abbonamento<br />
per poter ascoltare un’emittente<br />
per cui prima mi bastava<br />
una radiolina, mi fa sentire<br />
molto consumatore e poco utente<br />
- continua il coordinatore<br />
scientifico - . Eppure c’è ancora<br />
spazio per una comunicazione in<br />
italiano. A dimostrazione di questo,<br />
la seconda sessione di lavoro<br />
ha visto la produzione di una trasmissione<br />
registrata negli studi di<br />
Radio Vaticana cui hanno partecipato<br />
i giornalisti presenti alla<br />
sessione mattutina e durante la<br />
quale si è dato vita ad una diretta<br />
con lo studio radio presso la Fiera<br />
del Libro "Gaudeamus" di Bucarest,<br />
dove l’Italia è ospite d’onore.<br />
Il forum si è poi chiuso il<br />
giorno successivo con una visita<br />
alla stazione di Radio Vaticana di<br />
S.Maria di Galeria con un colloquio<br />
tenuto dal prof. Filippo<br />
Giannetti dell’Università di Pisa<br />
assieme all’ing. Costantino Pacifici<br />
sul tema «La sfida della diffusione,<br />
tra nuove tecnologie e<br />
capacità tecniche eredità di una<br />
consolidata esperienza».<br />
Pagina a cura di<br />
MATTEO MARCELLI<br />
Per Loredana Cornero<br />
quello della diffusione dell’italofonia<br />
«è un problema<br />
di strategia paese. C’è ancora<br />
un interesse assai vivace<br />
per la nostra<br />
lingua che<br />
esula dalla<br />
tipica e stereotipata<br />
simpatia italiana.<br />
Gli italiani<br />
portano<br />
avanti una<br />
loro cultura e<br />
conoscenza<br />
che va oltre i luoghi comuni.<br />
La nostra Lingua - conclude-<br />
ha una sua dignità<br />
culturale ma anche un’utilità<br />
economica e commerciale.<br />
La questione vera è<br />
che l’italiano è poco sostenuto<br />
da un sistema paese<br />
che non è minimamente<br />
confrontabile ad esempio<br />
con quello che appoggia la<br />
francofonia».
22 Domenica<br />
11 dicembre 2010 RUBRICHE<br />
Il libro di Francesco Grana. Prefazione di Fulvio Tessitore<br />
Il cortile dei gentili<br />
Prezioso contributo al dialogo interreligioso<br />
"Agnostici, che a motivo della questione su<br />
Dio non trovano pace; persone che soffrono<br />
a causa dei loro peccati e hanno desiderio<br />
di un cuore puro, sono più vicini al<br />
Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli "di<br />
routine", che nella Chiesa vedono ormai<br />
soltanto l’apparato, senza che il loro cuore<br />
sia toccato da questo, dalla fede". Lucidissima<br />
e sconvolgente è l'analisi di Benedetto<br />
XVI. Il suo pontificato diventa così il<br />
tempo della nuova evangelizzazione,<br />
soprattutto nei Paesi occidentali che stanno<br />
vivendo una progressiva secolarizzazione<br />
della società. "Io penso - afferma<br />
Ratzinger - che la Chiesa dovrebbe anche<br />
oggi aprire una sorta di "cortile dei gentili"<br />
dove gli uomini possano in una qualche<br />
maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo<br />
e prima che abbiano trovato l’accesso<br />
al suo mistero, al cui servizio sta la vita<br />
interna della Chiesa".<br />
Alle parole del Papa fanno eco quelle scritte<br />
dal cardinale Michele Giordano, scomparso<br />
il 2 dicembre 2010, nel suo ultimo<br />
articolo che viene ora pubblicato postumo<br />
dal giornalista Francesco Antonio Grana<br />
nel suo nuovo libro "Il cortile dei gentili",<br />
edito da L'Orientale Editrice. "La Chiesa -<br />
scriveva il porporato - deve essere un<br />
segno credibile, dando agli uomini del<br />
nostro tempo in modo inequivocabile la<br />
testimonianza evangelica di distacco dal<br />
danaro e dai beni di questo mondo, di<br />
distacco dal potere e da tutto ciò che lo<br />
conferisce o lo mantiene; quindi una testimonianza<br />
di povertà, di disinteresse, di<br />
umiltà, di sincerità, di purezza, di carità". E<br />
aggiungeva: "Il nostro modo incoerente di<br />
vivere la fede è oggi per molti una pietra<br />
d'inciampo, uno scandalo".<br />
Il cortile dei gentili può essere la soluzione<br />
alla cristianofobia, termine nuovo nel<br />
lessico pontificio? Può contribuire al dialogo<br />
interreligioso, alla conoscenza delle<br />
diverse realtà, delle diverse culture, alla<br />
convivenza di tutti i popoli del pianeta?<br />
Può riabilitare in Europa e in tutto il<br />
mondo occidentale Dio e i valori della<br />
fede cristiana? Francesco Antonio Grana<br />
analizza l'idea ratzingeriana del cortile<br />
dei gentili, sottolineandone le differenze<br />
con la "cattedra dei non credenti" realizzata<br />
oltre venti anni fa a Milano dal cardinale<br />
Carlo Maria Martini, e tratteggia,<br />
alla vigilia dell'anno della fede, il profilo<br />
del pontificato di Benedetto XVI teso a<br />
rimettere al centro la questione di Dio.<br />
Il volume di Grana è arricchito dalla prefazione<br />
di Fulvio Tessitore, già Rettore<br />
dell'Università di Napoli "Federico II" e<br />
Senatore della Repubblica, che nel 1994,<br />
insieme all'allora cardinale Joseph<br />
Ratzinger, inaugurò l'anno accademico<br />
della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale.<br />
"Mi compiaccio - scrive Tessitore<br />
- per il generoso entusiasmo di Francesco<br />
Antonio Grana e mi complimento con lui<br />
per la fedeltà che sa concepire per<br />
Benedetto XVI e per la gratitudine che sa<br />
conservare verso il cardinale Giordano,<br />
due grandi uomini di Chiesa".<br />
L’Orientale Editrice<br />
Corso Vittorio Emanuele, 286 -<br />
80135 Napoli<br />
Tel./fax 081405981<br />
Lib.EditOrientale@iol.it<br />
Quando si fa fatica<br />
anche solo a parlare<br />
a cura di<br />
GIORGIA MENNUNI<br />
L’essere umano è pigro. È pigro quando deve<br />
fare, ma è pigro anche quando deve parlare. E<br />
allora cosa fa? Per evitare di utilizzare troppo<br />
fiato – secondo lui più che prezioso – e spiegare<br />
i concetti articolando frasi complesse, si<br />
appropria di alcuni nomi concreti e dà luogo<br />
alla proliferazione dei verbi da essi derivati. Si<br />
chiamano, parola dei linguisti, verbi “denominali”<br />
o “aggettivali” (a seconda che nascano da<br />
un nome o da un aggettivo).<br />
Le forme più diffuse di questo modo di rendere<br />
la lingua ancora più sintetica di quello<br />
che è già sono da ricercare nel gergo comune<br />
e, molto spesso, vestono gli abiti di un verbo<br />
“normale” e non derivato. Si pensi a “commissariare”<br />
o a “criminalizzare”. Gli ambiti in cui<br />
questo fenomeno è più frequente sono<br />
soprattutto le mura del tanto amato quanto<br />
odiato universo burocratese. “Attenzionare”,<br />
“appuntamentare”, “scadenzare”, “efficientare”,<br />
“riscadenzare”, “urgenzare”: le orecchie dei<br />
linguisti doc sono sul punto di sanguinare ma<br />
non possono non ammettere che le parole<br />
che viaggiano a queste basse frequenze sono<br />
ormai realtà.<br />
Come funziona il meccanismo di proliferazione?<br />
La regola di formazione è sempre la<br />
stessa: a un nome, come “appuntamento”,<br />
“scadenza” o “urgenza”, o a un aggettivo, come<br />
“efficiente”, viene applicata la desinenza verbale<br />
“-are” della prima coniugazione. Si formano<br />
così nuovi verbi, transitivi o intransitivi,<br />
che hanno il vantaggio linguistico di essere<br />
estremamente sintetici, e che permettono,<br />
con un'unica parola, di esprimere un concetto<br />
che altrimenti avrebbe richiesto una perifrasi<br />
(“appuntamentare” per “fissare uno o più<br />
appuntamenti”, “scadenzare” per “fissare una<br />
serie di scadenze”, “efficientare” per “rendere<br />
efficiente”).<br />
L’atteggiamento di mal visione nei confronti<br />
di queste forme verbali è comprensibile e<br />
naturale ma, quando si parla di linguistica, l’estetica<br />
lascia il tempo che trova. È l’obiettività,<br />
invece, il principio cardine con cui vanno<br />
osservati i cambiamenti del nostro modo di<br />
parlare e interagire.
ITALIA/MONDO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />
23<br />
I vitalizi vanno in pensione<br />
Il premier Mario Monti: «Siamo la terza economia dell’Europa<br />
e ci appelliamo al senso di urgenza e responsabilità di tutti gli italiani»<br />
“Rigore, crescita, equità” hanno<br />
orientato la manovra finanziaria<br />
del Consiglio dei Ministri:<br />
“lacrime e sangue” è ciò che si<br />
aspettano gli italiani per il prossimo<br />
futuro. Una visione forse<br />
un po’apocalittica.<br />
L’obiettivo di Monti e della sua<br />
squadra è quello di raggiungere il<br />
pareggio di bilancio nel 2013.<br />
Una prospettiva decisamente<br />
ottimista.<br />
Ciò che è importante per una<br />
flotta durante la burrasca è non<br />
perdere la fiducia nel nocchiero<br />
e magari che sia il primo a rinunciare<br />
alla sua razione di rancio se<br />
il fondo della pentola si comincia<br />
a intravedere. Verso questo<br />
senso inizia ad andare la riforma<br />
sui vitalizi dei parlamentari contenuta<br />
nella manovra.<br />
Dal primo gennaio 2012 si passerà<br />
anche per le pensioni degli<br />
onorevoli al sistema contributivo:<br />
rendite che potranno essere<br />
percepite solo al compimento<br />
del sessantesimo anno d’età per<br />
chi ha occupato gli scranni di<br />
Montecitorio per due o più mandati,<br />
sessantacinque per chi è<br />
stato parlamentare per una sola<br />
legislatura.<br />
Ad oggi, sono 2.238 i titolari di<br />
vitalizi con una spesa annua di<br />
218 milioni, ma dal primo gennaio<br />
saranno 228 gli ex deputati<br />
che vedranno slittare la pensione<br />
di 10 o 15 anni. Una riforma<br />
doverosa considerando che quelle<br />
degli ex parlamentari non<br />
saranno le uniche pensioni a slittare.<br />
Monti lancia infatti «un<br />
appello al senso di urgenza e<br />
responsabilità» per arrivare rapidamente<br />
anche al varo degli<br />
interventi sulle pensioni. E ricorda<br />
che se l'Italia non riuscisse a<br />
fare ciò che deve «le conseguenze<br />
sarebbero molto gravi per<br />
tutti». Tra le ipotesi in studio del<br />
Governo c’è un innalzamento tra<br />
i 41 e i 43 anni di contributi per<br />
uscire dal lavoro a qualsiasi età.<br />
L’adeguamento dell’età pensionabile<br />
delle donne a quella degli<br />
uomini, che allo stato attuale<br />
dovrebbe partire nel 2014 per<br />
arrivare gradualmente a 65 anni<br />
nel 2026, dovrebbe invece prendere<br />
il via l’anno prossimo per<br />
chiudersi nel 2016 o al massimo<br />
nel 2020. È stato annunciato<br />
anche il blocco dell’inflazione,<br />
ossia l’adeguamento della pensione<br />
al costo della vita.<br />
Riforme impopolari che hanno<br />
già messo sul piede di guerra i<br />
sindacati: il segretario Spi Cgil<br />
Carla Cantone propone al ministro<br />
del Welfare Fornero di<br />
«andare a prendere le risorse da<br />
chi le ha, da quelle categorie<br />
veramente privilegiate come i<br />
parlamentari, i manager e i dirigenti»<br />
mentre il collega della Cisl<br />
Bonanni chiede un incontro per<br />
La nuova manovra finanziaria colpirà anche i parlamentari<br />
«fare chiarezza».<br />
L’esecutivo Monti aveva pensato<br />
anche di ridurre le disparità tra<br />
le diverse aliquote contributive:<br />
quelle dei lavoratori autonomi<br />
dovrebbero salire di due punti<br />
percentuali (al 23%) con un<br />
incremento nelle casse dell’Inps<br />
di circa 1,2 miliardi di euro.<br />
Fino a poche ore prima del<br />
Consiglio dei Ministri c’era<br />
incertezza sulla riforma patrimoniale,<br />
o meglio il tetto oltre il<br />
quale farla scattare. Sulla questione<br />
contrapposti il Partito<br />
Democratico «chiediamo una<br />
soglia più bassa» e Pdl «ipotizzabile<br />
solo in casi estremi».<br />
Queste alcune delle riforme contenute<br />
nel provvedimento che il<br />
premier Monti ha illustrato il 30<br />
novembre a Bruxelles, al vertice<br />
dei ventisette ministri delle<br />
Finanze dell’Unione Euro-pea, in<br />
attesa del vertice dei leader europei,<br />
previsto per l’8 e il 9 dicembre<br />
che Monti ha definito «fondamentale.<br />
Ciò che sarà deciso o<br />
non deciso - ha aggiunto - avrà il<br />
verdetto dei mercati. Mercati<br />
che non ho mai demonizzato<br />
anche se non vanno presi come<br />
divinità».<br />
È all’interno dell’Ue che Monti<br />
vuol «vedere l’Italia in modo più<br />
possibile incisivo nel dibattito -<br />
ricordando che - è importante<br />
stare accanto a Germania e<br />
Francia, essendo la terza economia<br />
in zona euro ma - precisa -<br />
lo vogliamo fare con il metodo<br />
comunitario». Un chiaro messaggio<br />
che il nostro nocchiero ha<br />
lanciato alla cancelliera Merkel e<br />
al presidente francese Sarkozy.<br />
ALTERMINE<br />
L’ODISSEA<br />
DEL GOVERNO<br />
Fumata bianca a Bruxelles:<br />
secondo quanto scrive il sito<br />
di “Le Soir”, il principale quotidiano<br />
francofono, è stato<br />
raggiunto un accordo per formare<br />
un governo in Belgio,<br />
dopo una crisi da guinnes dei<br />
primati, durata 535 giorni.<br />
Sei partiti chiamati a formare<br />
le nuova coalizione federale.<br />
L'intesa verte su un documento<br />
programmatico di centottantacinque<br />
pagine, all’esame<br />
degli esperti dei partiti e dai<br />
negoziatori.<br />
Il nuovo esecutivo dovrebbe<br />
essere guidato dal socialista<br />
Elio Di Rupo, di origine italiana.<br />
Di Rupo sarebbe il primo<br />
ministro francofono e vallone<br />
dal 1974.<br />
Pare volgere al termine l’odissea<br />
del governo belga, che più<br />
volte negli ultimi mesi sembrava<br />
sul punto di essere risolta:<br />
da ultimo, lo scorso 8 ottobre,<br />
lo stesso Di Rupo sembrava<br />
a un passo dalla soluzione,<br />
salvo poi arrendersi a poche<br />
settimane di distanza.<br />
Iran, assalto all’ambasciata inglese. Il ministro Terzi: «episodio intollerabile»<br />
Primavera araba, secondo atto<br />
Trionfo in Egitto dei Fratelli Musulmani: si teme la deriva islamista<br />
Era il 4 novembre 1979 quando cinquantadue<br />
membri dell’ambasciata americana furono<br />
presi in ostaggio e rimasero prigionieri degli<br />
attivisti del regime di Khomeini per 444 giorni,<br />
fino al 20 gennaio 1981. A trent’anni di distanza,<br />
lo scorso 29 novembre, la folla inferocita ha<br />
assaltato e devastato l’ambasciata inglese.<br />
Contemporaneamente è stato attaccato anche<br />
il complesso diplomatico di Parco Gholak, nel<br />
nord della città, dove sono stati presi in ostaggio<br />
sei dipendenti, liberati dalla polizia.<br />
La Gran Bretagna è colpevole, agli occhi dei<br />
manifestanti, di aver reso più duro l’embargo<br />
per rallentare il programma nucleare e<br />
infatti domenica 26 novembre il Parlamento<br />
aveva votato l’espulsione dell’ambasciatore<br />
di Sua Maestà.<br />
Il governo iraniano ha biasimato l’assalto e ha<br />
assicurato che tutelerà le sedi diplomatiche nel<br />
rispetto delle regole internazionali, anche se la<br />
linea ufficiale del regime di Ahmadinejad è che<br />
l’ira degli studenti è, come ha affermato il presidente<br />
del Parlamento Ali Larijani, «conseguenza<br />
di secoli di tentativi di dominazione<br />
della Gran Bretagna». Immediata la reazione<br />
di Cameron: è stato richiamato in patria il personale<br />
diplomatico mentre sono state date 48<br />
ore a quello iraniano per lasciare Londra.<br />
Anche Parigi, Berlino e Oslo hanno ritirato i<br />
rispettivi ambasciatori.<br />
In Italia, il ministro degli Esteri Giulio Terzi, a<br />
Bruxelles nei giorni dell’assalto, ha chiesto alla<br />
Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano<br />
e ha dichiarato: «L’assalto alla sede britannica<br />
è intollerabile» . Ha poi richiamato da<br />
Teheran l’ambasciatore Alberto Bradanini. A<br />
pesare sul piatto della bilancia è soprattutto il<br />
possibile embargo sul petrolio: dall’Iran proviene<br />
infatti il 13 per cento del nostro greggio.<br />
«Quello dell’Iran – commenta Adalgiso<br />
Amendola, docente di Filosofia del Diritto<br />
dell’Università di Salerno – è un nodo non<br />
sciolto da molto tempo. Certo questi ultimi<br />
tumulti vanno letti nel contesto della<br />
Primavera araba. Sarebbe catastrofico se la si<br />
mettesse sul piano del rapporto tra Nazioni. In<br />
Pagina a cura di<br />
EMANUELA DE VITA<br />
Belgio<br />
generale si avverte il deficit storico di politica<br />
unitaria dell’Unione Europea».<br />
Espressione della Primavera araba è certamente<br />
la soglia del 50 per cento raggiunta dai<br />
Fratelli Musulmani in Egitto alle prime elezioni<br />
democratiche dopo la caduta di<br />
Mubarak. L’ascesa al potere della confraternita<br />
di Ikhwan, promossa da una partecipazione<br />
al voto intensa e corale, lascia sul chi va là<br />
gli osservatori occidentali: la domanda cruciale<br />
è se saranno davvero interlocutori<br />
moderati come si sono presentati durante la<br />
campagna elettorale.<br />
«Paragonare i Fratelli Musulmani ai fondamentalisti<br />
islamici – spiega il professore<br />
Amendola – è un punto di vista tipicamente<br />
occidentale. Il risultato del voto in Egitto è<br />
legato ai movimenti di piazza che infiammano<br />
il mondo arabo da diversi mesi. Per capire<br />
meglio queste elezioni, bisognerebbe capire<br />
cosa è successo nelle piazze, chi sono gli attivisti<br />
che hanno guidato le insurrezioni».<br />
Nelle settimane precedenti il voto s’era infatti<br />
infiammata di nuovo la rivolta in piazza Tahrir,<br />
a difesa della rivoluzione tradita dall’egemonia<br />
del Consiglio Supremo delle Forze Armate : i<br />
morti, anche stavolta, sono stati decine.<br />
«Le elezioni – conclude il professore dell’Università<br />
di Salerno – sono state espressione dell’insoddisfazione<br />
e della rabbia del popolo contro<br />
la volontà di placare la ventata di democrazia<br />
alzatasi lo scorso gennaio».