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2011 Pompei ferita a morte

Numero 52 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno<br />

Direttore Sergio Zavoli<br />

Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno<br />

Anno VI n. 52 € 0,50 tel. 089.969437 - fax 089.969618 - www.ilgiornalista.unisa.it<br />

Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

email: giornalismo@unisa.it<br />

Sped. Abb. Post. - 70% -<br />

CNS/CBPA Sud/Salerno<br />

Territorio<br />

Ricerca storica<br />

su frane e allagamenti:<br />

tormenti antichi<br />

FOSCARI e SCIARROTTA<br />

Pagina 3<br />

La lezione<br />

Satira d’artista<br />

con le vignette<br />

firmate Marassi<br />

CAVALIERE e LIGUORI<br />

Pagina 9<br />

Marcianise<br />

Clochard-pittore<br />

scrive a pagamento<br />

lettere d’amore<br />

MARIO PIO CIRILLO<br />

Pagina 15<br />

Il degrado incombe: in agonia gli scavi archeologici dall’area f legrea alle falde del Vesuvio<br />

<strong>2011</strong>, <strong>Pompei</strong> <strong>ferita</strong> a <strong>morte</strong><br />

Sotto accusa i finanziamenti a singhiozzo e gli interventi in ritardo<br />

I beni archeologici in Campania<br />

versano in uno stato di<br />

abbandono e di incuria. La<br />

carenza di fondi fa sì che i<br />

siti rimangano chiusi ed<br />

inaccessibili ai turisti. Tra le<br />

situazioni di maggior criticità<br />

c’è <strong>Pompei</strong> dove nel giro<br />

di un anno, a causa delle<br />

ondate di maltempo, sono<br />

crollate alcune strutture. Le<br />

risorse stanziate per far<br />

fronte all’emergenza arriveranno<br />

nel 2012, nel frattempo<br />

è vietato l’accesso in ampie<br />

zone degli scavi. Stazionarie<br />

le condizioni di Paestum,<br />

mentre è gravissima la<br />

situazione in cui si trovano i<br />

siti nell’area flegrea.<br />

PIETRO ESPOSITO<br />

DAVIDE SAVINO<br />

FRANCESCO SERRONE<br />

Pagine 12 e 13<br />

Pianeta salute<br />

Prevenzione,<br />

parola<br />

d’ordine<br />

per battere<br />

i tumori<br />

IMMA SOLIMENO<br />

Pagina 16<br />

Presentato il nuovo logo per il rilancio della città<br />

“S” come Salerno<br />

VALENTINA BELLO Pagina 11<br />

Secondigliano<br />

La voragine<br />

del dolore<br />

SIMONE SPISSO<br />

Pagina 6<br />

Raccolta rifiuti<br />

Differenziata<br />

ancora caos<br />

PIETRO ESPOSITO<br />

Pagina 7<br />

La tendenza<br />

Il linguaggio<br />

che cambia<br />

DE LUCIA e DI CICCO<br />

Pagina 8<br />

Il ritorno dell’Ici<br />

La guerra<br />

del mattone<br />

FUSCO e MENNUNI<br />

Pagina 10<br />

Processo<br />

senza<br />

prove<br />

Il libro “Agguato a Giacomo<br />

Mancini” ricostruisce<br />

la storia giudiziaria del<br />

prestigioso politico del<br />

socialismo italiano che<br />

venne condannato dal Tribunale<br />

di Palmi per concorso<br />

esterno in associazione<br />

mafiosa. Dopo poco<br />

più di un anno dal giudizio<br />

di primo grado, la<br />

Corte d’Appello di Reggio<br />

Calabria annullava la sentenza<br />

e, per incompetenza<br />

territoriale, rimandava<br />

tutti gli atti a Catanzaro.<br />

Alla fine di un processo<br />

svoltosi, per volontà dello<br />

stesso imputato, con il rito<br />

abbreviato, il 19 novembre<br />

1999, Mancini veniva<br />

infine assolto perché «il<br />

fatto non sussisteva».<br />

Finiva così un incubo giudiziario,<br />

emblema del particolare<br />

momento storico che il<br />

Paese viveva nei primi anni<br />

Novanta (“Mani Pulite” e il<br />

disfacimento della classe<br />

politica della Prima Repubblica).<br />

In quella vicenda,<br />

raccontata dagli autori Paolini<br />

e Kostner alla Scuola di<br />

Giornalismo dell’Università<br />

di Salerno, furono dimenticati<br />

i principi fondamentali<br />

della democrazia.<br />

MARIA DI NAPOLI<br />

Pagina 5<br />

Meno trasporti con i prodotti low-cost: ambiente più pulito<br />

“Chilometri zero”, affare fatto<br />

Il tour<br />

Mango<br />

presenta<br />

l’ultimo<br />

album<br />

MARIA DI NAPOLI<br />

Pagina 20<br />

Dopo la Calabria e il Veneto,<br />

anche la Campania si attrezza<br />

rispetto ai mercati “Chilometri<br />

zero”. Notevoli i<br />

vantaggi economici per i<br />

consumatori. Le vendite<br />

low-cost riducono anche i<br />

trasporti: meno smog e<br />

ambiente più pulito.<br />

FRANCESCO GIORDANO<br />

Pagina 18<br />

Forum Roma<br />

La radio<br />

resisterà<br />

a tv<br />

e internet<br />

MATTEO MARCELLI<br />

Pagina 21<br />

LA VIGNETTA di Dado<br />

IL PUGNO<br />

Un tempo c’era “la legge è uguale<br />

per tutti”. Ora che è constatato che<br />

così non è, si spera almeno che ci sia<br />

una “crisi uguale per tutti”. I buoni<br />

presupposti ci sono, se si pensa che il<br />

genero di Calisto Tanzi ha aperto<br />

un “kebabbaro” a Parma. Intanto<br />

nelle tavole più trendy della penisola<br />

impazza la moda del “crudismo”.<br />

Un modo per stare in forma, si dice.<br />

O forse solo un altro modo per<br />

risparmiare: il gas ormai è caro<br />

salato. Chissà se la nuova mensa<br />

della casta di Monti si convertirà<br />

alla tendenza.<br />

Giorgia Mennuni


2 Domenica 11 dicembre 2010 News CAMPUS<br />

Joaquin Josè Martinez racconta all’Università di Salerno la sua odissea<br />

Il miglio verde della legge<br />

Ancora 58 stati nel mondo applicano la pena di <strong>morte</strong><br />

unisa news<br />

ASSUNTA LUTRICUSO<br />

Ne “Il miglio verde”, film diretto<br />

da Frank Darabont , John Coffey,<br />

un enorme uomo di colore apparentemente<br />

ritardato mentale,<br />

viene condannato a <strong>morte</strong>, nonostante<br />

la sua innocenza.<br />

E se, invece, l’accusato è davvero<br />

colpevole, come deve comportarsi<br />

la legge? E la società, come reagisce,<br />

di fronte a una condanna<br />

senza ritorno? La pena di <strong>morte</strong>,<br />

applicata ancora in cinquantotto<br />

stati nel mondo, è una delle tematiche<br />

più calde del nostro tempo.<br />

Mercoledì 30 novembre, all’Università<br />

di Salerno, si è tenuto un<br />

convegno sull’argomento.<br />

A raccontare la sua storia, di fronte<br />

a un vastissimo pubblico di giovanissimi,<br />

Joaquin Josè Martinez,<br />

nato in Ecuador, primo straniero<br />

ad uscire vivo dal braccio della<br />

<strong>morte</strong>. Condannato alla sedia elettrica,<br />

a 27 anni, con un processo<br />

irregolare, fu dichiarato innocente,<br />

in seguito alla revisione del<br />

caso. Joaquin ha parlato a studenti<br />

e docenti nell’Aula magna: “Pena<br />

di <strong>morte</strong>: legittima offesa”. La<br />

comunità di Sant’Egidio, impegnata<br />

contro la pena capitale, ha<br />

ricevuto una targa al merito. “Non<br />

c'è Giustizia senza Vita”, questo il<br />

Lo storico Salvatore Lupo presenta il suo libro “L’unificazione italiana”<br />

Un inedito Risorgimento<br />

Le nuove ricerche hanno svelato che il Mezzogiorno<br />

è diverso dalla versione che emerge nei libri di Storia<br />

FRANCESCO SERRONE<br />

L’analisi degli eventi che innescarono il processo<br />

unitario, le sue cause e conseguenze sono<br />

oggetto di vivace discussione da parte di storici<br />

ed appassionati. Un dibattito che, in occasione<br />

delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità<br />

d’Italia, ha assunto in alcuni casi anche una connotazione<br />

politica e che ha portato ad una fulgida<br />

mole di scritti sul periodo risorgimentale.<br />

Tra queste opere è da segnalare lo studio dello<br />

storico Salvatore Lupo autore del libro<br />

“L’unificazione italiana. Mezzogiorno, rivoluzione,<br />

guerra civile”. Libro del quale se n’è parlato<br />

nell’aula Imbucci dell’ex dipartimento di<br />

scienze storiche e sociali dell’Università alla<br />

presenza dello stesso autore. All’incontro, tenutosi<br />

davanti ad una nutrita platea di studenti,<br />

hanno preso parte i docenti Francesco Barra e<br />

Carmine Pinto del Campus di Fisciano e la professoressa<br />

Marcella Marmo dell’Università<br />

Federico II di Napoli.<br />

Lupo ha svolto le sue ricerche con metodo innovativo,<br />

basato sull’approfondimento di questioni<br />

troppo spesso sottovalutate o mai prese in considerazione<br />

quali: l’effettivo peso politico-economico<br />

del Regno delle Due Sicilie nel consesso<br />

internazionale, il ruolo della mafia, del clero e<br />

delle principali famiglie aristocratiche prima e<br />

dopo l’Unità (e le lacerazioni che determinarono<br />

all’interno dei nuclei familiari) e la complessa<br />

questione del brigantaggio (semplice fenomeno<br />

di delinquenza o forma di resistenza al dominio<br />

del nuovo stato o ambedue le cose?).<br />

E’ stata fatta chiarezza innanzitutto «sugli illogici<br />

tentativi di alcune amministrazioni locali di<br />

motto dell’organizzazione umanitaria<br />

cattolica che, fra le altre battaglie,<br />

incoraggia iniziative politiche<br />

e legislative per eliminare la<br />

pena di <strong>morte</strong> e per realizzare e<br />

conformare il diritto penale, sia<br />

alla dignità umana dei carcerati<br />

che ad un efficace mantenimento<br />

dell’ordine pubblico”. Il 29 novembre<br />

si è tenuto a Roma il VI congresso<br />

internazionale dei ministri<br />

della Giustizia, dal titolo “Dalla<br />

moratoria all’abolizione della pena<br />

capitale: No Justice Without Life”.<br />

Il rettore Pasquino, intervenuto<br />

all’evento, ha dichiarato che la<br />

pena di <strong>morte</strong> è un’aberrazione<br />

inventare sagre ed eventi basati su una tradizione<br />

borbonica che, in molti casi, non è mai esistita<br />

così come verso quei revisionismi di stampo<br />

meridionalista tanto in voga nell’ultimo periodo».<br />

E’ emerso come il repentino collasso di<br />

quello che Barra ha definito «il più grande ed<br />

antico regno della penisola» sia stato causato da<br />

una serie di conflitti di lunga durata verso cui la<br />

monarchia non seppe far fronte. Sotto la lente<br />

d’ingrandimento è finita la politica reazionaria<br />

del sovrano Ferdinando II che non riuscì ad<br />

attutire le tensioni causate dalle istanze indipendentiste<br />

della Sicilia (che ebbero una peso decisivo<br />

nel determinare il successo nell’invasione<br />

dell’isola da parte di Garibaldi) e dalla questione<br />

demaniale, attuando inoltre una politica isolazionista<br />

che gli alienò<br />

il sostegno di Francia<br />

e Inghilterra che<br />

cominciarono a guardare<br />

con crescente<br />

simpatia alle idee di<br />

Cavour.<br />

Fratture interne alla<br />

società meridionale<br />

che spianarono la<br />

strada alla caduta del<br />

regno. Caduta che<br />

avvenne non senza<br />

resistenze da parte<br />

della popolazione determinando<br />

una vera e<br />

propria guerra civile<br />

che arrecò gravissimi<br />

danni all’economia ed una forte repressione per<br />

la quale Lupo muove critiche alle fazioni politiche<br />

dei moderati e dei democratici (membri di<br />

entrambi gli schieramenti si dichiararono favorevoli<br />

all’utilizzo dei metodi più spietati per<br />

ripristinare l’ordine). E’ in questa fase che prende<br />

avvio il fenomeno del brigantaggio che Lupo<br />

suddivide in tre fasi, a seconda delle motivazioni<br />

(politiche, economiche e sociali) che spinsero<br />

centinaia di persone a nascondersi sulle montagne<br />

e praticare una guerriglia nei confronti del<br />

nuovo stato.<br />

Una rielaborazione lucida e fredda di un periodo<br />

turbolento della storia del Mezzogiorno che<br />

fece sentire i suoi effetti negli anni a venire.<br />

giuridica. Nel punire il colpevole<br />

bisogna che vi sia speranza e non<br />

disperazione. È intervenuto anche<br />

l’avvocato, nonché Ordinario di<br />

Diritto Penale Andrea Castaldo<br />

che ha dichiarato: «La giustizia<br />

non può attendere tanto, prima<br />

che la certezza della pena si trasformi<br />

condanna, perché oltre alla<br />

pena di <strong>morte</strong>, vi è anche la sofferenza<br />

dell’individuo e della sua<br />

famiglia. La difficoltà nel decidere<br />

se sia giusto o meno uccidere un<br />

essere umano, nonostante si sia<br />

macchiato del più efferato dei<br />

delitti o della più grave delle colpe,<br />

sta nelle differenze ideologiche,<br />

politiche e religiose di ogni Stato ».<br />

Secondo Amnesty International<br />

58 stati (tra cui Arizona, Texas,<br />

Ore-gon, Colorado, Montana,<br />

Ohio) continuano ad applicare la<br />

pena di <strong>morte</strong> nei loro ordinamenti,<br />

mentre 139 (tra cui Alaska,<br />

Illinois, Minnesota), non la applicano.<br />

La pena di <strong>morte</strong>, in Italia,<br />

tranne che per il regicidio, l'alto<br />

tradimento e delitti commessi in<br />

tempo di guerra, fu abolita la<br />

prima volta durante il Regno<br />

d'Italia, nel 1889. La Costituzione<br />

italiana, approvata il 22 dicembre<br />

1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio<br />

1948, abolì definitivamente la<br />

pena di <strong>morte</strong> per tutti i reati<br />

comuni e militari commessi in<br />

tempo di pace, ma essa rimase nel<br />

Codice penale militare di guerra<br />

fino al 1994, quando venne sostituita<br />

dall'ergastolo. Il nostro Paese<br />

ha un ordinamento giuridico<br />

basato sulla reintroduzione del<br />

colpevole nella società. Il carcere<br />

può diventare così un luogo di<br />

recupero del cittadino. La<br />

Repubblica Italiana ha ratificato il<br />

Protocollo n. 13 alla Convenzione<br />

per la salvaguardia dei diritti dell'uomo<br />

e delle libertà fondamentali,<br />

relativo all'abolizione della<br />

pena di <strong>morte</strong> in qualsiasi circostanza.<br />

Direttore<br />

Sergio Zavoli<br />

Direttore Responsabile<br />

Giuseppe Blasi<br />

Coordinamento<br />

Mimmo Liguoro<br />

Marco Pellegrini<br />

Redazione<br />

Valentina Bello, Marina Cavaliere,<br />

Mario Pio Cirillo,<br />

Valentina De Lucia, Emanuela<br />

De Vita, Mariarosaria<br />

Di Cicco, Maria Di Napoli,<br />

Pietro Esposito, Alessio Fusco,<br />

Carmen Galzerano,<br />

Francesco Giordano, Elena<br />

Chiara Liguori, Assunta Lutricuso,<br />

Matteo Marcelli, Federica<br />

Massari, Giorgia Mennuni,<br />

Davide Savino, Francesco<br />

Serrone, Imma Solimeno,<br />

Simone Spisso<br />

Le Firme<br />

Giulio Anselmi, Antonio Caprarica,<br />

Ferruccio De Bortoli,<br />

Tullio De Mauro, Aldo Falivena,<br />

Antonio Ghirelli,<br />

Gianni Letta, Arrigo Levi,<br />

Pierluigi Magnaschi, Renato<br />

Mannheimer, Ezio Mauro,<br />

Raffaele Nigro, Mario Pendinelli,<br />

Arrigo Petacco Vanni<br />

Ronsisvalle, Mario Trufelli,<br />

Walter Veltroni<br />

UNIVERSITA<br />

DEGLI STUDI<br />

DI SALERNO<br />

Prof. Raimondo Pasquino<br />

Rettore dell'Università<br />

Prof. Annibale Elia<br />

Direttore del Dipartimento<br />

di Scienze Politiche, Sociali<br />

e della Comunicazione<br />

Prof. Emilio D'Agostino<br />

Presidente del Comitato<br />

Tecnico-Scientifico<br />

della Scuola di Giornalismo<br />

Prof. Luca Cerchiai<br />

Preside della Facoltà<br />

di Lettere e Filosofia<br />

Autorizzazione del Tribunale di Salerno<br />

e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007<br />

Arti Grafiche Boccia di Salerno<br />

telefono: 089 30 3311<br />

Distribuzione alle edicole<br />

Agenzia DI CANTO S.p.a. di Vito Di Canto<br />

Località Pezzagrande Zona ind. Eboli<br />

tel.0828. 340927<br />

fax: 0828. 340924<br />


TERZA PAGINA Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

3<br />

La terra frana<br />

Abbiamo raccolto in un libro i<br />

risultati di un’indagine storico-archivistica<br />

complessa e<br />

densa di problematiche relativa<br />

allo studio del dissesto<br />

idrogeologico nella provincia<br />

di Salerno in un arco<br />

temporale che copre circa<br />

sessant’anni del XIX secolo.<br />

La ricerca, basata su documenti<br />

di archivio ha inteso<br />

trasformare relazioni, memorie,<br />

lettere e proteste in<br />

un dato statistico che consentisse<br />

di individuare geograficamente<br />

i luoghi interessati<br />

da fenomeni alluvionali<br />

e da frane. L’obiettivo è<br />

stato un recupero della<br />

memoria storica di eventi<br />

naturali che, non raramente,<br />

vanno associati alla cattiva<br />

gestione del territorio da<br />

parte degli uomini. Il recupero<br />

del passato come occasione<br />

di riflessione, ma<br />

anche come insegnamento<br />

per indicare fragilità e criticità<br />

del territorio e spronare<br />

esperti, tecnici e politici ad<br />

effettuare interventi appropriati.<br />

Il territorio salernitano<br />

affrontato nella sua totalità<br />

e, più specificamente per<br />

quanto riguarda le aree della<br />

Costiera Amalfitana e della<br />

Valle dell’Irno, presenta oggi<br />

zone con elevata criticità dal<br />

punto di vista idrogeologico:<br />

l’emergenza frana interessa<br />

non meno di 120 comuni,<br />

mentre l’emergenza idraulica<br />

vede coinvolti almeno 70<br />

comuni del Salernitano. È<br />

questo un dato ufficiale del<br />

2003, pertanto risulta fluttuante<br />

e destinato ad essere<br />

anche più consistente.<br />

GIUSEPPE FOSCARI* e SILVANA SCIARROTTA**<br />

Il problema del grave<br />

disordine del territorio non<br />

ha una dimensione solo italiana<br />

o meridionale, tanto<br />

che il Parlamento Europeo<br />

ha dedicato la Direttiva<br />

2007/60/CE e relativa alla<br />

“Valutazione della gestione<br />

e dei rischi di alluvione”,<br />

nella quale è fortemente sollecitata<br />

la valutazione preliminare<br />

del rischio di alluvioni<br />

mediante un’accurata<br />

descrizione dei casi di fenomeni<br />

idrologici registratisi<br />

nel passato e che hanno<br />

avuto notevoli conseguenze<br />

per l’uomo, l’ambiente, le<br />

attività economiche ed il<br />

patrimonio culturale. In<br />

sostanza nella direttiva è fissato<br />

il principio che solo<br />

un’adeguata conoscenza<br />

storica può consentire una<br />

valutazione dell’opera di<br />

prevenzione e salvaguardia<br />

del territorio che appare<br />

sempre più necessaria e<br />

indifferibile. In tal senso, la<br />

conoscenza della reiterazione<br />

dei fenomeni in una<br />

determinata area nel corso<br />

dell’Ottocento può essere<br />

una fondamentale acquisizione.<br />

La presenza dei toponomi,<br />

poi, ha consentito<br />

un’esatta individuazione dei<br />

luoghi in cui si sono registrati<br />

eventi più o meno<br />

funesti, ed è probabile che se<br />

questi dati fossero stati<br />

disponibili cinquant’anni fa,<br />

molti piani urbanistici<br />

sarebbero stati probabilmente<br />

concepiti in maniera<br />

diversa. Il territorio salernitano,<br />

per venire ai dati (si<br />

veda Tabella 1), presenta<br />

Il volume contiene una<br />

cronologia di alluvioni e<br />

frane con casi di modesta e<br />

media entità, ma anche con<br />

eventi disastrosi che hanno<br />

avuto un impatto notevole<br />

sul territorio e causando<br />

perdite di vite umane. È il<br />

caso, ad esempio, del 24<br />

gennaio 1823 in cui le piogge<br />

incessanti che hanno colpito<br />

l’intera Costiera<br />

Amalfitana hanno prodotto<br />

ben 8 morti; vale anche per<br />

il 21-22 dicembre 1812 con<br />

la <strong>morte</strong> di tre persone a<br />

Positano a causa di una disadue<br />

aree particolarmente<br />

esposte a rischio idrogeologico<br />

(alluvioni e frane), la<br />

Costiera Amalfitana con il<br />

24% dei casi ed il 15% nella<br />

Valle dell’Irno; anche l’A-<br />

Èelevata<br />

la criticità<br />

idrogeologica<br />

in almeno<br />

120 Comuni<br />

L’emergenza<br />

idraulica<br />

interessa<br />

la popolazione<br />

di 70 aree<br />

strosa frana; ancora, il 10<br />

novembre 1817 con una<br />

frana che ha colpito Vietri<br />

causando il decesso di 4 persone.<br />

Casi altrettanto disastrosi<br />

vanno ricordati anche<br />

per la Valle dell’Irno: il 27<br />

giugno 1828 con un’alluvione<br />

ed un morto nella zona di<br />

Bracigliano, il 3 ottobre<br />

1846 un’alluvione con una<br />

vittima in località Pellezzano.<br />

Si tratta solo di alcuni<br />

dei casi rilevati, perché nel<br />

volume sono stati tutti registrati<br />

ed è possibile accertare<br />

la frequenza dei fenomeni<br />

nelle varie zone prese in<br />

considerazione. Le due aree<br />

esaminate sono, dal punto di<br />

vista morfologico ed orografico,<br />

differenti, in quanto la<br />

Valle dell’Irno presenta i tradizionali<br />

problemi di una<br />

zona posta in una conca e<br />

soggetta a possibili fenomeni<br />

naturali per la presenza di<br />

colline e montagne e, cosa<br />

altrettanto importante, per<br />

l’intervento dell’uomo che<br />

dall’inizio dell’Ottocento ha<br />

fatto registrare un aumento<br />

cospicuo del taglio dei<br />

boschi, un incremento delle<br />

aree poste a coltura sino a<br />

toccare zone in declivio. È<br />

questo uno dei fenomeni più<br />

accertati nel corso del XIX<br />

secolo, ossia la spoliazione<br />

delle montagne e la conseguente<br />

fragilità del territorio.<br />

L’altra area, la Costiera<br />

Amalfitana, presenta invece<br />

tratti morfologici caratterizzati<br />

da comunità che si<br />

affacciano tutt’ora sul mare<br />

ed in cui dall’inizio dell’Ottocento<br />

è iniziato un graduale<br />

processo di antropizzazione<br />

non del tutto controllato,<br />

con la presenza di<br />

rigagnoli e torrenti sovente a<br />

ridosso dei centri abitati. Il<br />

caso di Atrani del 9 settembre<br />

<strong>2011</strong> è alquanto emblegro-Nocerino<br />

denota una<br />

percentuale di casi consistente<br />

pari al 14%. Ecco spiegato<br />

il motivo per cui nello<br />

specifico è stata rivolta l’attenzione<br />

alle due aree del<br />

Salernitano più soggette a<br />

criticità naturali.<br />

Il territorio<br />

salernitano<br />

presenta<br />

due zone<br />

molto<br />

esposte<br />

ai rischi:<br />

Valle dell’Irno<br />

e la Costiera<br />

Amalfitana<br />

matico e ci rimanda alla<br />

mente un analogo avvenimento<br />

del 20 gennaio 1760<br />

in cui una donna fu trascinata<br />

in mare dalla furia del<br />

fiume Dragone. Anche se<br />

questo evento non rientra<br />

nell’arco temporale della<br />

ricerca effettuata, ne è stata<br />

reperita traccia nella variegata<br />

documentazione presente<br />

presso l’Archivio di<br />

Stato di Salerno.<br />

Il volume è stato pubblicato<br />

dal Centro Studi “Storia<br />

ed Ecologia del Territoriode<br />

Rivera” ed ha potuto<br />

beneficiare della collaborazione<br />

della Provincia di<br />

Salerno e dell’Archivio di<br />

Stato di Salerno. Oltre a<br />

contenere i dati, ai quali si<br />

rimanda espressamente e<br />

che sono racchiusi anche in<br />

un cd-rom che accompagna<br />

il libro, vi sono pure riferimenti<br />

ad episodi più antichi<br />

utili per costruire quella<br />

banca-dati dei casi di dissesto<br />

idrogeologico che è l’auspicabile<br />

risultato di questa<br />

ricerca unica del genere in<br />

Italia, se si fa eccezione per il<br />

progetto AVI, relativo tuttavia<br />

al XX secolo e non basato<br />

su documenti archivistici<br />

ma su ricostruzioni giornalistiche.<br />

Il libro, infine, è corredato<br />

da un apparato documentario<br />

al quale si può far<br />

riferimento per entrare<br />

ancora più nello specifico<br />

per una migliore comprensione<br />

dei singoli episodi e<br />

delle zone toccate.<br />

La ricerca, che ha una<br />

valenza prevalentemente<br />

storica, diventa tuttavia utilissima<br />

proprio nella direzione<br />

di un accertamento<br />

che parte da lontano delle<br />

aree più soggette a rischio e<br />

se la Costiera Amalfitana si<br />

presenta oggi come la zona<br />

più esposta a fenomeni<br />

naturali, i risultati della<br />

ricerca dimostrano che la<br />

sua labilità territoriale e<br />

paesaggistica deve essere<br />

retrodatata. Ma il discorso<br />

vale anche per la Valle<br />

dell’Irno. Queste due zone<br />

oggi hanno conosciuto un<br />

forte processo di urbanizzazione<br />

e rivelano ulteriori<br />

criticità che si sono acuite<br />

nel tempo per i casi di abusivismo<br />

e per i condoni che<br />

si sono susseguiti nella normativa<br />

italiana.<br />

*Professore associato di Storia<br />

dell’Europa e dell’espansione europea in<br />

età moderna presso la Facoltà<br />

di Scienze Politiche<br />

**Borsista post-dottorato presso la<br />

Facoltà di Scienze Politiche, dottore di<br />

ricerca in Storia dell’Europa mediterranea<br />

dall’antichità all’età contemporanea


4 Domenica<br />

11 dicembre 2010


L’ARTICOLO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

5<br />

Presentato un libro<br />

sulla vicenda giudiziaria<br />

Relatori i prof D’Agostino,<br />

Amato e Franco Piperno,<br />

il giornalista Leporace,<br />

e gli autori del testo:<br />

Kostner e Paolini<br />

A destra un momento dell’incontro,<br />

in basso il professor Franco Piperno<br />

Alla Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno dibattito sulla figura di Giacomo Mancini<br />

Leader per tutti, lader per i pm<br />

Il sindaco di Cosenza ed ex parlamentare socialista fu accusato dalle parole dei pentiti<br />

ma, in assenza di prove, la Corte d’Appello di Catanzaro sentenziò: “Il fatto non sussiste”<br />

E’ passato molto tempo da quegli anni<br />

(1993 - 1999) che videro il sindaco di Cosenza,<br />

nonché ex parlamentare socialista,<br />

Giacomo Mancini, coinvolto in una lunga<br />

vicenda giudiziaria “senza prove”. Una<br />

faccenda “kafkiana”, svoltasi principalmente<br />

in una piccola aula del tribunale di<br />

Palmi, in provincia di Reggio Calabria,<br />

raccontata nelle pagine del libro di Enzo<br />

Paolini e Francesco Kostner “Ag guato a<br />

Giacomo Mancini” e che ha animato il<br />

dibattito tenutosi nella Scuola di<br />

Giornalismo dell’Università di Salerno.<br />

Tra i relatori, non solo gli autori del testo,<br />

ma anche i docenti del campus di Fisciano,<br />

Tarcisio Amato ed Emilio D’Agostino,<br />

il direttore de Il Quotidiano della Basilicata,<br />

Paride Leporace, il professore<br />

dell’Università della Calabria, Franco<br />

Piperno. Tutti legati a un uomo dai presenti<br />

definito un leader e non un “lader”<br />

come si scrisse sulla stampa dell’epoca.<br />

«Pur stando vicino a Mancini in quegli anni,<br />

in qualità di collaboratore al Comune di<br />

Cosenza, non avevo capito bene la gravità<br />

della vicenda giudiziaria, che ho potuto<br />

riprendere e focalizzare a distanza di molto<br />

tempo con strumenti di interpretazione e<br />

lettura migliori. Solo oggi, analizzando l’attività<br />

dei difensori di Mancini, Enzo Paolini<br />

e Tommaso Sorrentino, posso immaginare<br />

cosa significhi per un uomo esser accusato<br />

da pm che non hanno prove, riscontri». Ha<br />

esordito così Kostner che ha visto nel grande<br />

sindaco di Cosenza una vittima di un<br />

certo giustizialismo del passato, un uomo<br />

valutato con le prove dei cosiddetti pentiti,<br />

spesso opportunisti e pagati. Già i pentiti,<br />

coloro che «venivano reclutati – ha raccontato<br />

Enzo Paolini – dal colonnello Angiolo<br />

Pellegrini – girando nelle carceri di tutta<br />

Italia e mostrando ai detenuti una strana<br />

circolare, nella quale si promettevano sconti<br />

di pena e vantaggi economici a quanti fossero<br />

in grado di riferire “circostanze relative<br />

a Mancini Giacomo”». Ma chi erano costoro?<br />

Un certo Cicillino Fonti o «quanti – ha<br />

continuato Paolini - parlarono di un “summit”<br />

al ristorante “La Sirenetta” di Catanzaro<br />

(che all’epoca era chiuso) tra Giacomo<br />

Mancini e Riccardo Misasi, notoriamente<br />

avversari politici, per concertare la fuga dal<br />

carcere del fascista Franco Freda, che però<br />

in quegli anni non era ancora in prigione».<br />

A nulla servirono le testimonianze di personaggi<br />

come Michele Pantaleone, Emanuele<br />

Macaluso, Francesco Cossiga, Rosario<br />

Villari, Abdon Alinovi, Agostino Cordova,<br />

Giorgio Ruffolo, Valentino Parlato, Paolo<br />

Cabras e Luigi Lombardi Satriani. Costoro<br />

tentarono di spiegare chi fosse l’ex segretario<br />

del partito socialista, quali battaglie politiche<br />

avesse condotto contro la mafia e per<br />

l’affermazione della legalità. Tutto inutile, il<br />

tribunale diede credito alle parole di Fonti,<br />

fatte proprie dal pm Boemi, che condannò<br />

Mancini per concorso esterno in associazione<br />

mafiosa. «Lo stesso pm – ha detto<br />

Paolini - dichiarò che le inchieste di Palermo<br />

su Giulio Andreotti e di Reggio Calabria<br />

su Giacomo Mancini si sostenevano a<br />

vicenda». Sul piano giudiziario, nel 1997, la<br />

Corte d’Appello di Reggio Calabria cassò la<br />

sentenza delle inesperte magistrate di<br />

Palmi, inviando gli atti del processo, per<br />

competenza territoriale, alla procura<br />

distrettuale di Catanzaro. Nel tribunale del<br />

capoluogo calabrese, il 19 novembre del<br />

1999, il giovane dottor Vincenzo Calderazzo,<br />

giudice dell’udienza preliminare, sentenziò<br />

che «il fatto non sussisteva». A seguire<br />

in prima persona quella sentenza fu<br />

Paride Leporace, l’unico cronista calabrese<br />

ad essere presente in aula. «La stampa<br />

nazionale – ha raccontato il direttore de Il<br />

Quotidiano della Basilicata, Leporace –<br />

aveva dato poca importanza a quell’udienza,<br />

tutti credevano fosse una fase del processo<br />

normale, per cui fui il solo a sentire e<br />

riportare le parole conclusive dell’avvocato<br />

della difesa Sorrentino. Ecco perché sono<br />

convinto che nella professione giornalistica<br />

non ci siano verità preconcette, ma sia<br />

necessario andare sempre sul campo, verificare<br />

le fonti, avere un po’ di intuito e, poi,<br />

come nel mio caso, un pizzico di fortuna. Il<br />

processo Mancini mi iniziò alla cronaca<br />

giudiziaria, in quell’occasione ebbi modo di<br />

confrontarmi sia con i testimoni della di-<br />

fesa sia con i cosiddetti collaboratori di giustizia,<br />

imparai a districarmi in un materiale<br />

per noi cronisti incandescente».<br />

Nel libro Kostner e Paolini non solo hanno<br />

riassunto il percorso del sindaco cosentino,<br />

ma hanno narrato anche di un’ostilità tra<br />

pubblici ministeri «dietro i quali – ha affermato<br />

Tarcisio Amato – forse c’era qualcuno.<br />

Ma quale suggeritore aveva ordito la trama<br />

di questa vicenda?». La conclusione è sconcertante,<br />

nelle ultime pagine è lo stesso<br />

Mancini a denunciare il vicecapo della<br />

Polizia di Stato De Gennaro, responsabile di<br />

avere fatto condannare l’ex parlamentare.<br />

Ma allora quale fu l’errore giudiziario? E in<br />

cosa sbaglia ancora la giustizia? «Il problema<br />

– ha detto Franco Piperno – è nella<br />

legislazione premiale creata dall’Italia parlamentare<br />

unita di Berlinguer nella quale<br />

Mancini (e non è un caso) non c’era, fu l’unico<br />

a votare contro tale sistema a favore<br />

dei pentiti. Si pensi che lo stesso Rocco,<br />

autore del codice elaborato negli anni ’30,<br />

era riuscito a impedire l’introduzione della<br />

legislazione premiale nel partito fascista,<br />

proprio perché è un modello che consente<br />

di salvare qualcuno affossando un altro (da<br />

notare lo scrupolo di un legislatore fascista).<br />

Non bisogna ricorrere alle più basse<br />

necessità umane di preservarsi facendo del<br />

male ad un altro, fosse anche un criminale.<br />

Ultimamente è stato scoperto che coloro<br />

che furono condannati a Palermo per la<br />

strage di Borsellino erano innocenti.<br />

Questa legislazione va rivista, dal momento<br />

che non ha neanche risolto il problema<br />

dell’esistenza dell’organizzazione criminale<br />

nel Sud».<br />

Per cui ha concluso il professore D’Agostino<br />

«il modello democratico di organizzazione<br />

della società non può dirsi realizzato;<br />

la democrazia rappresentativa è piena di<br />

incongruenze e distorsioni. Così anche la<br />

prospettiva della giustizia è indicata in direzione<br />

dell’autopossesso; se vuoi fare una<br />

causa a qualcuno o devi semplicemente<br />

difenderti da una accusa sei costretto a<br />

prendere e pagare un avvocato. E quanti<br />

possono farlo?».<br />

Pagina a cura di<br />

MARIA DI NAPOLI


6 Domenica 11 dicembre 2010 PRIMO PIANO<br />

ABBANDONATI DA TUTTI<br />

Sandro Russo:<br />

«No al risarcimento,<br />

per noi solo debiti»<br />

«Non chiediamo nulla, se non di vedere<br />

riconosciuti i nostri diritti». Sandro Russo<br />

è il presidente dell’Associazione che riunisce<br />

i familiari delle vittime della voragine<br />

di Secondigliano.<br />

Da undici anni porta avanti una battaglia<br />

per mantenere viva la memoria. Oltre al<br />

dolore per aver perso i propri cari, i<br />

parenti delle vittime devono ancora fare i<br />

conti con i mancati risarcimenti.<br />

Varie le forme di protesta, organizzate<br />

anche attraverso la creazione di un sito<br />

web (www.lavoraginedisecondigliano.it),<br />

ma dalla sentenza esecutiva emessa dal<br />

Tribunale di Napoli sono già trascorsi 4<br />

anni.<br />

Tutti i tentativi di<br />

ottenere chiarimenti,<br />

finora, si<br />

sono rivelati vani.<br />

Ed anzi, alcuni fra<br />

gli aderenti al<br />

gruppo civico<br />

risultano addirittura<br />

evasori per l’Agenzia<br />

delle Entrate,<br />

per un importo<br />

di 12 mila euro, a causa delle tasse<br />

non pagate per la registrazione della sentenza.<br />

Tra gli aderenti al comitato, qualcuno non<br />

ha nemmeno ricevuto l'acconto del risarcimento.<br />

«La cappella edificata dal Comune<br />

è tutto quello che ci resta» dichiara,<br />

sconsolato, Russo.<br />

«Abbiamo presentato vari progetti per la<br />

riqualificazione dell’area, ma le istituzioni<br />

ci hanno abbandonati». L’ingiustizia continua.<br />

Era un giorno come gli altri, il 23<br />

gennaio 1996. Nella trafficata arteria<br />

al confine tra il quartiere di<br />

Secondigliano e Arzano, denominata<br />

il Quadrivio, accadde però<br />

qualcosa di terribile.<br />

Una voragine larga 27 metri e<br />

profonda 20 inghiottì 11 persone.<br />

Di quella tragedia restano oggi solo<br />

pezzi di cemento, erba incolta e<br />

qualche bottiglia di plastica, alle<br />

spalle della piccola cappella<br />

costruita in via Limitone dai familiari,<br />

in ricordo dei defunti.<br />

Il 23 gennaio ricorrerà il sedicesimo<br />

anniversario dell'esplosione<br />

che ha inghiottito il Quadrivio. I<br />

parenti delle vittime continuano a<br />

chiedere giustizia per quei morti<br />

innocenti. Un processo lungo 14<br />

anni ha condannato a pene irrisorie<br />

solo due imputati su 25.<br />

Ad oggi, le famiglie non hanno<br />

ricevuto alcun risarcimento. La<br />

"Arzano Scal" e la "Sogem", le due<br />

società condannate a pagare con<br />

sentenza definitiva, nel frattempo<br />

sono fallite. Ogni anno, una fiaccolata<br />

in ricordo delle vittime viene<br />

organizzata sul luogo della tragedia<br />

per mantenere viva la memoria.<br />

Poche lacrime, un dolore che si<br />

Sedici anni fa la tragedia del Quadrivio di Secondigliano<br />

Undici cuori<br />

nel precipizio<br />

I familiari delle vittime ancora senza giustizia<br />

rinnova e tanta rabbia, che cresce<br />

giorno dopo giorno.<br />

Nel dimenticatoio è caduta anche<br />

la promessa fatta dal Comune, per<br />

la realizzazione di un monumento<br />

o di una cappella, all'interno del<br />

cimitero di Secondigliano.<br />

Erano le 16,30 quando un'enorme<br />

deflagrazione, accompagnata da<br />

tre boati, squarciò la routine di<br />

quel pomeriggio freddo e uggioso<br />

di fine gennaio. «Sentii un botto.<br />

Poi le urla. I morti non li vidi ma<br />

li sentii. Quelle urla non le<br />

dimenticherò mai». Salvatore<br />

Martiningo si considera un miracolato:<br />

passò dinnanzi alla palazzina<br />

di tre piani che appena cinque<br />

minuti dopo sarebbe stata<br />

inghiottita dalla terra, travolgendo<br />

passanti, auto, negozi.<br />

Le prime voci erano confuse.<br />

Alcuni dissero che era crollata una<br />

scuola, altri parlavano di una<br />

bomba. Dopo circa mezz'ora il<br />

quadro della tragedia inizia però a<br />

delinearsi: in seguito alla violenta<br />

implosione del suolo stradale, causata<br />

dal crollo di una palazzina di<br />

tre piani, si è innescato un incendio<br />

causato dallo scoppio del gas<br />

metano, fuoriuscito dalle tubazioni<br />

che corrono sotto l'asfalto.<br />

Michele Sparaco, Alfonso Scala,<br />

Mario De Girolamo, Giuseppe<br />

Petrellese, Gennaro De Luca,<br />

Emilia Laudati, Francesco Russo,<br />

Pasquale Silvestro, Ciro Vastarella,<br />

Stefania Bellone e Serena De<br />

Santis, di appena 13 anni: questi i<br />

nomi delle 11 persone che hanno<br />

perso la vita in seguito al disastro. Il<br />

corpo della Bellone non è mai stato<br />

ritrovato, e tutt'oggi giace sotto le<br />

macerie.<br />

Al momento dello scoppio erano<br />

in corso i lavori per la costruzione<br />

di una galleria che avrebbe dovuto<br />

collegare Arzano e Miano. Il tunnel<br />

doveva misurare 1500 metri e<br />

agevolare i collegamenti con i<br />

Comuni a nord di Napoli, risparmiando<br />

al Quadrivio migliaia di<br />

transiti al giorno.<br />

Cinque operai della ditta "Sogem"<br />

vi morirono intrappolati: stavano<br />

lavorando nel sottosuolo quando<br />

avvenne il crollo. Due loro colleghi<br />

riuscirono invece a mettersi in<br />

salvo, scappando in tempo dal tunnel.<br />

L'implosione fu il triste e prevedibile<br />

epilogo di una tragedia<br />

annunciata.<br />

Crepe, rumori, scricchiolii. Molte<br />

le proteste e le segnalazioni che<br />

furono inoltrate dai cittadini nei<br />

mesi antecedenti alla strage: ma le<br />

loro istanze vennero ignorate dagli<br />

enti competenti, o messe a tacere<br />

con blande rassicurazioni.<br />

Pagina a cura di<br />

SIMONE SPISSO<br />

Giuseppina Scala<br />

«Alfonso,<br />

morto<br />

per lavoro»<br />

Giuseppina (nella foto a destra) è la<br />

vedova di Alfonso Scala, uno dei cinque<br />

operai deceduti all’interno del tunnel in<br />

costruzione al Quadrivio, per collegare<br />

Arzano e Miano.<br />

«Da tre anni e mezzo lavorava lì, passando<br />

da una ditta all’altra. L’opera doveva essere<br />

completata entro il 30 marzo: era preoccupato<br />

di finire in cassa integrazione ed invece,<br />

in fondo a quella maledetta galleria, ha<br />

trovato la <strong>morte</strong>» sottolinea la donna. Un<br />

mese prima della tragedia, Alfonso era stato<br />

promosso minatore capo.<br />

«E’ morto senza vedere l’aumento in busta<br />

paga» riprende Giuseppina, che apprese<br />

della sorte del marito attraverso i Tg. «Ero a<br />

casa, quando dissero che era scoppiata una<br />

pompa di benzina. Non immaginavo che<br />

Alfonso potesse essere coinvolto nell’incidente».<br />

I resti di Scala<br />

furono recuperati<br />

verso<br />

l’una e trenta<br />

di notte nei<br />

pressi di Miano,<br />

dove erano<br />

stati catapultati<br />

dall’onda<br />

d’urto<br />

causata dall’esplosione.<br />

L’uomo era<br />

padre di tre bimbe. Lucia, che all’epoca<br />

della tragedia aveva 9 anni, cadde in una<br />

grave forma di depressione. Oggi manifesta<br />

la sua rabbia per le promesse fatte e mai<br />

mantenute dai politici, che hanno lasciato<br />

le famiglie delle vittime sole col loro dolore.<br />

«Mio padre ha sacrificato la sua vita per<br />

il lavoro, ma in tanti anni non abbiamo<br />

ricevuto nessun sostegno, né economico<br />

né morale. Vengono solo alle fiaccolate per<br />

fare passerella».<br />

L’unico ricordo che le resta di Alfonso è un<br />

video, girato assieme ai colleghi nel tunnel<br />

della <strong>morte</strong>, un mese e mezzo prima dello<br />

scoppio. «Non abbiamo mai avuto il<br />

coraggio di guardarlo» dice Giuseppina,<br />

scuotendo il capo. «Tante volte ci aveva<br />

confidato che lì sotto rischiava la vita.<br />

Qualcuno poteva evitare il disastro».<br />

Amalia e Angela<br />

«Due figlie<br />

un destino<br />

atroce »<br />

Serena Desantis e Stefania Bellone erano<br />

amiche per la pelle. Il pomeriggio del 23<br />

gennaio 1996 si erano date appuntamento,<br />

come facevano spesso.<br />

Dalla palazzina al Quadrivio di Secondigliano,<br />

dove trovarono la <strong>morte</strong> in circostanze<br />

tragiche, avrebbero dovuto raggiungere<br />

Amalia, la mamma di Serena.<br />

«All’epoca lavoravo in una lavanderia.<br />

Aspettavo mia figlia e Stefania, che dovevano<br />

venire a prendermi in auto - rammenta<br />

la donna -. Verso le 16,30 udii lo<br />

scoppio, e come per istinto mi precipitai<br />

subito in strada. Quando seppi che Serena<br />

non era mai uscita di casa, capii quello che<br />

era accaduto».<br />

Angela (nella foto), mamma di Stefania, era<br />

invece nella sua abitazione al rione Don<br />

Guanella al<br />

momento<br />

della tragedia.<br />

«Vidi le fiamme,<br />

e pensai<br />

che qualcosa<br />

di terribile<br />

fosse accaduto<br />

- spiega -. Col<br />

passare delle<br />

ore, non avevo<br />

più notizie di<br />

mia figlia: così<br />

iniziai a preoccuparmi. Quella notte feci il<br />

giro di tutti gli ospedali, nella speranza<br />

che fosse sopravvissuta allo scoppio, o<br />

che fosse ricoverata in seguito a un incidente<br />

d’auto».<br />

Stefania, invece, non fu mai ritrovata. Tra<br />

le 11 vittime del disastro, è l’unica ancora<br />

sepolta nella fossa scavata dall’esplosione.<br />

Al cimitero di Miano, il Comune le ha<br />

dedicato una piccola cappella: nell’urna,<br />

solo una manciata di terreno in ricordo di<br />

quella giovane vita spezzata.<br />

«Se gli enti preposti avessero dato ascolto<br />

agli allarmi lanciati dai residenti del quartiere,<br />

per i rischi legati alla costruzione di<br />

quel tunnel, le nostre figlie sarebbero<br />

ancora vive» dicono Amalia e Angela.<br />

Dopo 16 anni, continuano a non arrendersi<br />

di fronte all’ingiustizia.


PRIMO PIANO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Dal prossimo 1 gennaio la gestione del ciclo dei rifiuti campani passerà nelle mani delle Province<br />

Spazzatour: Consorzio, no grazie<br />

I rischi: aumento della Tarsu e peggioramento del servizio svolto dai centri minori<br />

Impianti e raccolta differenziata<br />

per avvicinare l’intera regione<br />

Campania agli standard europei. È<br />

questo il ritornello che ormai da<br />

17 anni si sente ripetere per uscire<br />

definitivamente dalla perenne<br />

crisi dei rifiuti. Critica, come si sa,<br />

è in particolar modo la situazione<br />

nelle province di Napoli e di<br />

Caserta. Eppure un provvedimento<br />

preso dal governo Berlusconi<br />

durante il famoso Consiglio dei<br />

ministri tenutosi in trasferta nel<br />

capoluogo partenopeo potrebbe<br />

contribuire a peggiorare ulteriormente<br />

la situazione.<br />

L’entrata in vigore della legge<br />

26/2010 prevista per il gennaio<br />

prossimo, infatti, cambierebbe radicalmente<br />

il metodo della gestione<br />

del ciclo dei rifiuti. La competenza,<br />

infatti, passerebbe dalle<br />

mani di consorzi provinciali. Sarebbero<br />

demandati al consorzio<br />

tutte le competenze e le decisioni<br />

in materia e la riscossione della<br />

Tarsu passerebbe nelle mani della<br />

Provincia. Nulla di strano, se non<br />

fosse per due particolarità che<br />

contribuirebbero a formare l’ennesimo<br />

paradosso italiano. La prima<br />

è il fatto che dal 1994 al 2008 tutti<br />

i consorzi regionali che gestivano<br />

la raccolta dei rifiuti sono falliti, la<br />

seconda è la cancellazione della<br />

gestione comunale, che ha permesso<br />

a molti centri di ottenere<br />

ottime percentuali di raccolta differenziata.<br />

Un esempio di tutela<br />

dell’ambiente che vede protagonisti<br />

soprattutto piccoli Comuni<br />

della provincia ma anche capoluoghi<br />

come Salerno, che ha recentemente<br />

raggiunto il traguardo del<br />

70% di raccolta. Un sistema che<br />

con l’entrata in vigore della 26<br />

sarebbe messo completamente in<br />

discussione e che costringerebbe<br />

amministrazioni e cittadini virtuosi<br />

a ricominciare da zero.<br />

Mettere in moto una macchina del<br />

genere potrebbe risultare controproducente,<br />

soprattutto perché<br />

avvierebbe meccanismi di poltrone<br />

e di collaborazioni esterne.<br />

Situazioni ambite da molti, ma<br />

assolutamente inopportune in un<br />

periodo di recessione. «È una legge<br />

che andrebbe cambiata, che fa-<br />

Dal 1994 a oggi<br />

sono fallite<br />

tutte le imprese<br />

che si sono occupate<br />

di “monnezza”<br />

Comuni ”ricicloni”*<br />

*dati Legambiente, a cui non pervengono i dati dei “Comuni<br />

Virtuosi” del Casertano e del Napoletano<br />

7<br />

remo presente anche al nuovo<br />

governo Monti», sono le parole<br />

del presidente della Provincia di<br />

Caserta Domenico Zinzi, che contemporaneamente,<br />

però, sta inviando<br />

in questi giorni ai Comuni<br />

casertani una lettera in cui invita i<br />

sindaci a sottoscrivere delega irrevocabile<br />

all’incasso della Tarsu/Tia<br />

a favore della società Gisec al fine<br />

di permettere alla società provinciale<br />

di subentrare nel servizio di<br />

raccolta rifiuti dal 1 gennaio 2012.<br />

Una logica che sembra non stare<br />

bene nemmeno agli stessi vertici<br />

della Gisec, che hanno fatto sapere<br />

di non essere ancora pronti.<br />

Atteggiamenti condivisi anche da<br />

molti sindaci della Regione, le cui<br />

preoccupazioni trapelano anche<br />

dalle posizioni di altri presidenti di<br />

Provincia come quello di Benevento<br />

Aniello Cimitile: «Al-cune<br />

preoccupazioni dei sindaci sono<br />

legittime - ha detto -. Ma è la legge<br />

che impone la svolta. Sulla Tarsu,<br />

per esempio, capisco le doglianze<br />

perché è un’entrata fondamentale<br />

per i Comuni che corrono anche il<br />

rischio di sforare il Patto di stabilità,<br />

ma i problemi nascono da una<br />

legislazione ambigua che sembra<br />

fatta apposta per generare conflitti<br />

tra le istituzioni. La Provincia di<br />

Benevento può, però, rivendicare<br />

di aver fatto le cose per bene, con<br />

cautela tenendo sotto controllo i<br />

processi ed evitando i guai. Nel<br />

bando, poi, abbiamo cercato di<br />

venire incontro ai Comuni». In<br />

teoria tutti d’accordo, dunque, a<br />

mantenere un sistema di gestione<br />

della raccolta urbana affidato ai<br />

Comuni che sarebbe più produttivo.<br />

Nella questione rientra anche<br />

la grana-Tarsu che, inevitabilmente,<br />

subirebbe un’impennata.<br />

Intanto trapela l’ipotesi di una<br />

proroga ma, nonostante questo, i<br />

primi cittadini che per protesta si<br />

rifiuteranno di inviare i ruoli della<br />

Tarsu, secondo la legge, saranno<br />

destituiti.<br />

Pagina a cura di<br />

PIETRO ESPOSITO<br />

A pochi km da Caserta<br />

Piccoli<br />

borghi<br />

virtuosi<br />

In terra di Gomorra sono molti i Comuni<br />

virtuosi che raggiungono alte percentuali di<br />

differenziata e che con l’entrata in vigore<br />

della nuova legge vedrebbero azzerato il<br />

loro lavoro fatto. A Ruviano, per esempio, i<br />

cittadini hanno scelto di consegnare da soli<br />

i rifiuti nelle isole ecologiche, una percentuale<br />

di riciclo del 60% con un risparmio<br />

che ha permesso di chiudere il bilancio in<br />

pareggio e che mantiene bassa (un 1 euro al<br />

metro quadro) la Tarsu.<br />

Curioso il caso di Camigliano, sempre nella<br />

provincia di Caserta. Nel 2010 il sindaco<br />

Vincenzo Cenname venne premiato come<br />

“Primo Sindaco” dall’Associazione Comuni<br />

Virtuosi, una raccolta differenziata<br />

da percentuali scandinave, pannolini lavabili<br />

all’asilo, una moneta spendibile solo in<br />

paese: l’eco-euro, gettoni dati ai bambini<br />

che riciclavano il vetro. Poi il rifiuto di<br />

avviare le procedure per la legge 26 e il<br />

commissariamento, in soli dieci giorni sollevato<br />

dall’incarico. Nel maggio di quest’anno<br />

si è ripresentato alle elezioni. E ha<br />

rivinto. «Continuo a essere contrario alla<br />

legge – fa sapere – perché cancella quanto<br />

di buono siamo riusciti a fare nei nostri<br />

Comuni». Valle Agricola, Francolise,<br />

Fontegreca, Letino, Cloriano, Pratella, Pietravairano,<br />

Pontelatone tutti Comuni virtuosi<br />

che raggiungono percentuali di differenziata<br />

superiori al 50% e che riescono a<br />

chiudere, attraverso la loro gestione, il<br />

bilancio in pareggio o in attivo. Per questo<br />

motivo i primi cittadini di questi piccoli<br />

centri si sono uniti nel chiedere prima al<br />

presidente della Provincia Zinzi e poi al<br />

Governo la cancellazione della legge per<br />

continuare a investire nei loro sistemi.<br />

L’hinterland napoletano<br />

Rigore<br />

sotto<br />

il Vesuvio<br />

Napoli capitale mondiale della spazzatura.<br />

Un primato triste e che la città e la sua provincia<br />

difficilmente potranno scrollarsi di<br />

dosso nonostante la volontà dei cittadini e<br />

gli sforzi delle amministrazioni. Sforzi<br />

eccezionali soprattutto in Provincia e in<br />

particolare nell’area vesuviana.<br />

La “zona rossa” racchiude più di 500mila<br />

abitanti e lontano dallo scalpore mediatico<br />

ha saputo lavorare per raggiungere risultati<br />

entusiasmanti. Lo scorso luglio hanno<br />

deciso di mettersi insieme e di ripulire l’intera<br />

area metropolitana. Ognuno dei diciannove<br />

Comuni che hanno sottoscritto<br />

il patto si è incaricato di realizzare e di<br />

gestire degli impianti ad hoc per ogni tipo<br />

di rifiuti. A Torre del Greco gli indifferenziati,<br />

a Massa di Somma e Somma<br />

Vesuviana gli impianti per l’organico, a<br />

Ottaviano gli elettrodomestici usati, a<br />

Ercolano gli inerti e i rifiuti laterizi edili,<br />

Striano nei multi materiali, a Cercola il<br />

vetro, a San Sebastiano e Portici sarà allestito<br />

un grande centro di riuso, mentre<br />

San Giuseppe Vesuviano ha messo a<br />

disposizione una vasta area di 8mila metri<br />

quadrati. Questa alleanza e l’inizio della<br />

raccolta porta a porta ha dato dei risultati<br />

sorprendenti. A San Giorgio a Cremano si<br />

raggiunge ormai il 50% della raccolta differenziata,<br />

così come a Ottaviano. Fino ad<br />

arrivare a Portici e San Sebastiano, che<br />

superano il 65%. Impossibile pensarlo<br />

qualche tempo fa.<br />

Un lavoro enorme che potrebbe sparire<br />

con l’entrata in scena del Consorzio.<br />

Non resta che sperare in una proroga<br />

che possa aprire la strada alla cancellazione<br />

della legge.


8 Domenica<br />

11 dicembre 2010 PRIMO PIANO<br />

Neologismi e parole straniere al posto dei vocaboli delle vecchie generazioni<br />

L’italiano, questo sconosciuto<br />

I giovani, protagonisti di questo cambiamento<br />

Internet e cellulari, veicoli di diffusione<br />

«Dobbiamo immaginare il linguaggio<br />

come una struttura ferroviaria,<br />

con binari paralleli, che<br />

ha punti di velocità e punti di lentezza».<br />

È questa l’immagine a cui<br />

Mario Monteleone, docente di<br />

Linguistica all’Università degli<br />

Studi di Salerno, ricorre per<br />

descrivere la lingua italiana.<br />

Perché è così che può sembrare<br />

una lingua che, per conformazione<br />

geografica e storico-politica<br />

del nostro Paese, conserva un<br />

sostrato linguistico eterogeneo.<br />

Oggi, infatti, l’italiano, pur conservando<br />

le cosiddette “parlate<br />

locali”, è influenzato da nuove<br />

parole, mutuate spesso dall’inglese,<br />

ma anche dai mass media e dai<br />

linguaggi settoriali. «In certi casi<br />

– spiega Monteleone – si parla di<br />

desemantizzazione, cioè quando<br />

alcune parole perdono il significato<br />

originale. E questo accade<br />

nel passaggio tra vecchie e nuove<br />

generazioni che, a uno stesso termine,<br />

danno un diverso significato».<br />

Ma i fenomeni di variazione<br />

linguistica sono diversi e dipendono<br />

anche dalla situazione di<br />

chi parla. E infatti il professore<br />

spiega: «Quando il modo di parlare<br />

di un individuo è influenzato<br />

dalla sua provenienza socioculturale,<br />

dall’età e dal sesso si<br />

parla di diastratìa».<br />

Quello che attestano i linguisti è<br />

che parlare in dialetto, usare un<br />

linguaggio “criptato” o neologismi<br />

serve a dare compattezza a<br />

un gruppo, soprattutto tra i giovani,<br />

i più assidui frequentatori di<br />

chat e blog. «Il linguaggio incisivo,<br />

sintetico e fortemente seduttivo<br />

dei nuovi media – afferma<br />

Diana Salzano, docente di Teorie<br />

e tecniche della comunicazione di<br />

massa dell’Ateneo salernitano - si<br />

spiega proprio col bisogno di<br />

compensare la mancanza di prossimità<br />

tra due interlocutori,<br />

caratteristica principale di questi<br />

mezzi di comunicazione».<br />

Durante l’incontro tra amici o<br />

una normale conversazione tra<br />

due o più persone, infatti, un<br />

ruolo fondamentale per la comprensione<br />

delle tesi sostenute<br />

viene proprio dalla possibilità di<br />

ascoltare la voce, di guardarsi<br />

negli occhi, di potersi anche toccare.<br />

Tutto questo, però, viene a<br />

mancare se si instaura una conversazione<br />

in una chat, su un<br />

blog o via messaggi: colui che<br />

invia e chi riceve non si vedono,<br />

non si ascoltano e, oggi sempre<br />

più spesso, a volte non si conoscono.<br />

In molti, infatti, dimenticano<br />

questo importantissimo<br />

limite delle nuove tecnologie e<br />

confondono i due concetti di<br />

connettività tecnica e prossimità.<br />

La prima, infatti, elude la distanza<br />

metrica tra le persone e consente<br />

all’istante lo scambio di<br />

idee. Il termine prossimità, invece,<br />

implica partecipazione, vicinanza<br />

ed empatia tra le persone.<br />

In rete, si tende a polarizzare il<br />

linguaggio attraverso l’uso di faccine,<br />

punti sospensivi, abbreviazioni<br />

che, analizzati superficialmente,<br />

possono sembrare un<br />

modo sgrammaticato e scorretto<br />

di scrittura giovanile, ma che in<br />

realtà aiutano a creare gruppi<br />

coesi, comunità di pratiche che<br />

condividono il tipo di scrittura,<br />

gli interessi, le emozioni e rendono<br />

così impossibile ai nuovi adepti<br />

la comprensione del messaggio.<br />

E invece per gli adulti, i ‘digital<br />

immigrants’ che spesso guardano<br />

e giudicano ‘tout court’ questo<br />

nuovo tipo di linguaggio sintetico,<br />

seduttivo e fortemente allusivo,<br />

è solo uno dei tanti mezzi che<br />

i giovani usano per violare le<br />

regole, un tipo di scrittura assolutamente<br />

scorretto, indecifrabile.<br />

Pagina a cura di<br />

VALENTINA DE LUCIA<br />

MARIAROSARIA DI CICCO<br />

Diana Salzano, docente<br />

di Teorie e tecniche<br />

della comunicazione di massa<br />

all’Università di Salerno<br />

ALLARME ANALFABETISMO<br />

Sette su dieci<br />

in difficoltà<br />

nella lettura<br />

In questo già difficile momento economico<br />

si accende un’altra spia d’allarme che<br />

caratterizza in modo negativo l’Italia: il<br />

71% degli italiani ha serie difficoltà a comprendere<br />

la lingua nella lettura di un testo<br />

di media difficoltà. Ciò significa che solo<br />

«il restante 29% possiede ancora gli strumenti<br />

linguistici per padroneggiare l’uso<br />

della nostra lingua nazionale». E’ questo il<br />

triste quadro presentato pochi giorni fa<br />

dal linguista Tullio De Mauro, ex ministro<br />

della Pubblica istruzione, durante il suo<br />

intervento a un convegno del Consiglio<br />

regionale della Toscana. «Ce lo dicono<br />

due recenti studi internazionali – ha spiegato<br />

De Mauro –<br />

ma qui da noi nessuno<br />

sembra voler<br />

sentire. Il 5% degli<br />

italiani non è neppure<br />

in grado di<br />

decifrare lettere e<br />

cifre, un altro 33%<br />

sa leggere, ma riesce<br />

a decifrare solo<br />

testi di primo livello<br />

su una scala di<br />

cinque ed è a forte rischio di regressione<br />

nell’analfabetismo, un ulteriore 33% - ha<br />

aggiunto il linguista – si ferma a testi di<br />

secondo livello».<br />

Un quadro allarmante, soprattutto se si<br />

considera che la conoscenza della lingua<br />

madre è, o almeno dovrebbe essere, premessa<br />

indispensabile per lo studio delle<br />

altre discipline scolastiche e delle altre lingue,<br />

così come è il punto di partenza<br />

obbligatorio per riuscire a orientarsi e a<br />

trovare spazio nel mondo del lavoro.<br />

SPREAD<br />

Lessico<br />

in crisi<br />

SMARTPHONE<br />

Intelligente<br />

e piccolo<br />

BADANTE<br />

Un lavoro<br />

per stranieri<br />

iPAD<br />

La creatura<br />

di Jobs<br />

TRONISTA<br />

Dal regno<br />

della Tv<br />

Rischio default,<br />

agenzie<br />

di rating. Sono<br />

solo alcune<br />

delle parole<br />

correlate alle<br />

cronache di<br />

questa infausta<br />

congiuntura<br />

economica. Ce lo saremo sentiti<br />

ripetere migliaia di volte che lo<br />

spread a cui si fa riferimento negli<br />

ultimi tempi è il differenziale fra il<br />

rendimento dei titoli tedeschi<br />

(Bund) e quelli italiani (Btp) e che<br />

l’aumento dello spread in realtà è<br />

un indice di debolezza del titolo<br />

che offre un rendimento maggiore.<br />

Termini fino ad oggi misconosciuti<br />

ai più, rimbalzati in maniera<br />

allarmante perché misurano<br />

sostanzialmente lo stato di pericolo<br />

della nostra economia: non a<br />

caso si parla di parole-termometro<br />

del rischio default per l’Italia.<br />

In principio<br />

era un’agenda<br />

elettronica.<br />

Oggi si chiama<br />

smartphone e<br />

non serve solo<br />

a ricordare ora<br />

e data: può<br />

molto di più.<br />

Tradotto in italiano smartphone<br />

significa telefono intelligente, un’evoluzione<br />

del computer palmare,<br />

dalle dimensioni ridotte al punto<br />

che può stare sul palmo di una<br />

mano. Accesso a internet, posta<br />

elettronica, pianificazione delle<br />

attività, fotocamera, rubrica e<br />

contatti personali: ormai questi<br />

nuovi tipi di dispositivi stanno<br />

sostituendo i “vecchi” telefonini e<br />

forse ormai desueti laptop, i computer<br />

portatili, la quale caratteristica<br />

principale è quella di avere<br />

piccole dimensioni in modo da<br />

permetterne l’uso in mobilità.<br />

Nella sua<br />

accezione<br />

propria, il<br />

badante è una<br />

persona che<br />

si prende cu<br />

ra, che bada a<br />

qualcosa o a<br />

qualcuno.<br />

Oggi invece badante è sempre<br />

declinato al femminile, perché<br />

designa una persona che si<br />

prende cura, soprattutto presso<br />

privati, di anziani o disabili. Il<br />

termine, infatti, è documentato<br />

inizialmente nell’ambito burocratico,<br />

per essere poi ripreso e<br />

utilizzato per indicare persone,<br />

nella maggior parte dei casi<br />

immigrate, che si occupano di<br />

anziani o disabili e, ultimamente,<br />

il termine è entrato nella<br />

legge di sanatoria per la regolarizzazione<br />

dei lavoratori stranieri.<br />

L’iPad è un<br />

modello di ta<br />

blet computer<br />

lanciato dalla<br />

Apple e presentato<br />

il 27 gennaio<br />

2010 da<br />

Steve Jobs, du<br />

rante una conferenza<br />

Apple allo Yerba Buena<br />

Center for the Arts Theater di San<br />

Francisco.<br />

Per tablet computer, o tablet puro<br />

o, semplicemente tablet, si intende<br />

una delle varianti dei tablet PC,<br />

caratterizzati da dimensioni compatte<br />

e da uno schermo controllato<br />

da una penna o dalle dita. Poiché<br />

per Jobs i netbook in commercio<br />

possiedono un hardware e una batteria<br />

limitati per poter svolgere<br />

compiti complessi, la Apple ha<br />

deciso di creare l’iPad: un dispositivo<br />

a metà tra un telefono cellulare<br />

evoluto e un computer portatile.<br />

Tronista è un<br />

neologismo<br />

legato al mondo<br />

dello spettacolo<br />

televisivo<br />

italiano,<br />

particolarmente<br />

alla stagione<br />

televisiva<br />

2000/2001 del programma di<br />

intrattenimento quotidiano<br />

“Uomini e donne”, di Maria De<br />

Filippi.<br />

La parola nacque per indicare<br />

un uomo o una donna che sceglieva<br />

di partecipare alla trasmissione<br />

per cercare l’anima<br />

gemella, siedeva su una specie<br />

di trono per farsi corteggiare da<br />

alcuni pretendenti, prima della<br />

scelta definitiva. Oggi il termine<br />

indica anche una persona vanitosa,<br />

che ama stare al centro<br />

dell’attenzione ed essere corteggiata<br />

e ammirata da tutti.


PRIMO PIANO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Riccardo Marassi, storico vignettista de Il Mattino, ospite alla Scuola di Giornalismo<br />

Attenzione, caduta sassi!<br />

9<br />

«In Italia c’è un’anomalia: la satira<br />

è completamente politicizzata,<br />

infatti è concepita quasi esclusivamente<br />

nell’accezione politica.<br />

Inoltre, c’è anche “inflazione” di<br />

satira o presunta tale». Se a dirlo<br />

è Riccardo Marassi, celebre autore<br />

de “I sassi di Marassi” su Il<br />

Mattino, sarà proprio vero. Lui la<br />

satira l’ha conosciuta nei lontani<br />

anni Settanta, durante il periodo<br />

delle cosiddette radio pirata.<br />

La sua passione per la comunicazione<br />

lo porta, appena maggiorenne,<br />

a entrare nel mondo<br />

delle radio. Inizia come conduttore<br />

di una trasmissione di musica<br />

rock, e passa successivamente<br />

a lavorare nel radio giornale, dove<br />

una fortunata intuizione lo porta<br />

a inventare le notizie in chiave<br />

ironica. Eppure, la sua strada non<br />

era certo quella. «Sono nato in<br />

una famiglia borghese e, anche se<br />

mi piaceva disegnare, la mia<br />

famiglia non avrebbe voluto che<br />

io facessi l’artista. Così ho studiato<br />

chimica industriale».<br />

Ma in laboratorio Riccardo è<br />

rimasto ben poco. Il trampolino<br />

di lancio è stato il concorso per<br />

vignettisti dilettanti vinto nel<br />

1983: messo da parte il camice,<br />

Riccardo decide di dedicarsi<br />

completamente alla sua nuova<br />

passione. «Ricordo ancora che in<br />

quell’occasione mio padre esclamò:<br />

“Gesù, chist è pazz!” – racconta<br />

tra le risate dei praticanti<br />

della Scuola di Giornalismo di<br />

Salerno dove è stato ospite – da<br />

allora ho fatto letteralmente la<br />

fame, perché fin da 18 anni non<br />

ho più voluto chiedere niente ai<br />

miei genitori».<br />

Di strada, dai digiuni dei primi<br />

tempi, ne ha fatta. Attualmente,<br />

con il suo stile inconfondibile,<br />

graffiante e mai scontato, è uno<br />

dei vignettisti più apprezzati e<br />

conosciuti in Italia. E proprio nel<br />

nostro Paese, dove la satira è<br />

quasi sempre fortemente schierata,<br />

lui ha deciso con successo di<br />

andare controcorrente.<br />

«Non ho mai concepito la satira<br />

come missione politica, anzi, la<br />

satira militante non mi piace.<br />

Volendo tradurre il mio stile in<br />

termini sportivi, ho sempre visto<br />

la mia ironia come un fioretto,<br />

perché preferisco molto di più<br />

l’allusione leggera agli attacchi<br />

frontali». E proprio in quest’ottica,<br />

Marassi riceve molta più gratificazione<br />

dal suo lavoro come<br />

vignettista a Il Mattino: «È molto<br />

più divertente far ridere in un<br />

giornale generalista e non schierato<br />

politicamente: il pubblico di<br />

lettori è molto più vasto e più difficile<br />

da mettere d’accordo. Far<br />

ridere persone che sono della tua<br />

stessa idea non è satira, è un esercizio<br />

di stile».<br />

Roba da artisti, non certo da professionisti<br />

dell’informazione: Marassi<br />

è ben consapevole della differenza.<br />

Disegnare vignette, anche<br />

se a un osservatore poco<br />

attento può sembrare solo un<br />

lavoro artistico, è molto altro:<br />

«Quando si prepara il disegno si<br />

lavora di testa, sforzandosi e faticando.<br />

È un lavoro molto simile a<br />

quello del meccanico». Le lunghe<br />

ore di lavoro nella sua officinaredazione<br />

di sicuro non sono passate<br />

inosservate. Dall’inizio degli<br />

Satira, politica e non solo: con i praticanti<br />

della Sdg, una lezione all’insegna dell’ironia<br />

Da Tangentopoli<br />

al Cavaliere,<br />

ha preso di mira<br />

vizi e virtù<br />

di politici e personaggi<br />

LA BIOGRAFIA<br />

Ama la montagna, il trekking e le moto. La<br />

sua lunga carriera come vignettista comincia<br />

negli anni ‘70: dopo un’esperienza in una<br />

radio pirata, comincia a disegnare fumetti<br />

per i manifesti e i volantini politici. Dopo<br />

aver vinto un premio per vignettisti dilettanti<br />

nell’83, lascia il suo lavoro di chimico per<br />

dedicarsi unicamente alla satira. Comincia a<br />

collaborare con Paese Sera, poi lavora a<br />

Satyricon, inserto satirico di Repubblica, al<br />

Manifesto e all’inserto de L’Unità, Tango.<br />

Dal 1987 lavora come giornalista grafico a Il<br />

Mattino di Napoli e le sue vignette vengono<br />

pubblicate anche su Il Messaggero e su Linus.<br />

Fuori dalla redazione, Riccardo Marassi è<br />

sposato ed è padre di una bimba.<br />

«La parodia<br />

deve essere sempre<br />

iconoclasta perchè<br />

serve a demolire<br />

il potere»<br />

anni Novanta, durante l’esplosione<br />

dello scandalo di Tangentopoli,<br />

fino ad arrivare agli anni<br />

della seconda Repubblica, tanti<br />

politici e personalità sono stati<br />

punzecchiati dalla sua matita<br />

sferzante e le reazioni non si sono<br />

fatte attendere. A volte con<br />

critiche aspre, come nel caso<br />

della dura reazione dell’entourage<br />

di Bettino Craxi a una vignetta<br />

che ironizzava sul suo ricovero,<br />

altre volte con complimenti del<br />

tutto inattesi. «Una delle più<br />

grandi soddisfazioni personali è<br />

legata a una vignetta pubblicata<br />

dopo l’uccisione di Salvo Lima,<br />

con protagonista il premier di<br />

allora, Giulio Andreotti. Il disegno<br />

raffigurava il capo del Governo<br />

con una pistola puntata alla<br />

tempia, solo che la pallottola,<br />

invece di colpire Andreotti,<br />

uccide Salvo Lima. Immaginate il<br />

mio stupore quando una telefonata<br />

da parte della segreteria<br />

del premier chiedeva una copia<br />

dell’originale della mia vignetta,<br />

che Andreotti in persona aveva<br />

apprezzato molto».<br />

Dopo Tangentopoli, lo scenario<br />

politico italiano cambia radicalmente,<br />

in particolar modo con la<br />

discesa in campo di Silvio Berlusconi.<br />

L’umorismo, spesso tristemente<br />

involontario dell’ex premier,<br />

ha paradossalmente reso<br />

più complicato far ridere le persone:<br />

la satira ai tempi del bunga<br />

bunga non è né facile né scontata.<br />

«La satira è sempre stata l’iperbole<br />

della realtà; ma quando la<br />

realtà è già iperbolica, diventa<br />

complicato superarla e rimani<br />

spiazzato. Sono vent’anni che faccio<br />

vignette su Berlusconi, e sinceramente<br />

non ce la faccio più.<br />

Vorrei poter lavorare in un giornale<br />

dove ogni mattina posso<br />

scegliere di fare satira su quello<br />

che mi piace, anche per esempio<br />

sulla pubblicità dello yogurt».<br />

Da esperto conoscitore del mondo<br />

dell’informazione e forte della<br />

sua lunga esperienza, Marassi ha<br />

poi spiegato ai praticanti il “funzionamento”<br />

della vignetta, la<br />

necessità di conoscere il contesto<br />

nel quale si fa satira e l’importanza<br />

di informare, sia pur divertendo.<br />

«È importante essere sempre<br />

originali ed evitare di ironizzare<br />

imitando lo stile di altri.<br />

Personalmente sono orgoglioso<br />

dei miei lavori quando riesco ad<br />

anticipare i tempi».<br />

Infine, Marassi ha voluto sfatare<br />

un equivoco comune, quello della<br />

necessità di ridere attraverso la<br />

satira. Considerata da sempre<br />

arma per demolire qualsiasi tipo di<br />

potere, fare satira vuol dire molto<br />

più di far ridere. «La vignetta non<br />

deve per forza far ridere. Può, se ci<br />

riesce, anche far pensare». Virtù<br />

rara, di questi tempi.<br />

Pagina a cura di<br />

MARINA CAVALIERE<br />

ELENA CHIARA LIGUORI


10 Domenica<br />

11 dicembre 2010 PRIMO PIANO<br />

L’imposta comunale sugli immobili è sulla via del ritorno e i valori al catasto saranno rivalutati<br />

Casa dolce casa, un po’ salata<br />

Avere casa, per l’italiano medio, è<br />

quasi un miraggio. In alcuni casi è<br />

similare, in termini di probabilità,<br />

alla vincita al superenalotto. Trovare<br />

la giusta abitazione, entrare<br />

in contatto con il proprietario,<br />

giungere a un congruo prezzo di<br />

vendita e poi prepararsi al fantomatico<br />

incontro per la concessione<br />

del mutuo immobiliare.<br />

Riuscire ad avere un aiuto dalle<br />

banche è un privilegio per pochi<br />

eletti. Che poi, proprio di eletti,<br />

non si dovrebbe parlare perché –<br />

una volta acquistato l’immobile –<br />

comincia l’inferno. Quindi, più<br />

che eletti, forse “ingenui” è più<br />

appropriato. Appena il cittadino<br />

diventa proprietario, il mattone<br />

comincia a scottare e scoppia la<br />

guerra con l’addestrato nemico<br />

che risponde al nome di “Fisco”.<br />

Tasse, imposte, quote, contributi,<br />

aliquote. L’apparato impositivo costruito<br />

sui beni immobili è ben<br />

Il governo Monti è deciso a reintrodurre l’Ici<br />

In alternativa, l’Irpef sulla prima abitazione<br />

congegniato per far impazzire le<br />

menti dei poveri comuni mortali e<br />

la buona novella del neo governo<br />

Monti di reintrodurre l’Ici non farà<br />

che annebbiare le poche certezze<br />

rimaste agli infausti proprietari.<br />

L’Ici è sulla via del ritorno, dunque.<br />

Ma non sono ancora chiare le vie<br />

che l’imposta percorrerà per entrare<br />

nelle tasche degli italiani. Il ritorno<br />

all’Ici di vecchia maniera è<br />

poco quotato dagli esperti del settore:<br />

i tempi sono cambiati e il rischio<br />

di eccessiva impopolarità è<br />

troppo alto per non preoccupare i<br />

vertici dell’esecutivo. I 3,5 miliardi<br />

di euro all’anno (in media 177 euro<br />

per 19,7 milioni di abitazioni), che<br />

entrerebbero nel borsellino dello<br />

Stato, potrebbero aumentare se si<br />

arrivasse all’aggiornamento dei valori<br />

catastali che costituiscono la<br />

base imponibile per tutto il fisco<br />

immobiliare. Nei catasti di tutta I-<br />

talia il valore degli immobili è nettamente<br />

inferiore a quello di mercato<br />

(basti pensare che i valori attuali<br />

sono aggiornati al 1992) quindi<br />

la rivalutazione delle rendite – il<br />

cui esame è in via di avviamento –<br />

è più che necessario. L’agenzia del<br />

Territorio ha stimato che i valori di<br />

mercato delle abitazioni principali<br />

sono mediamente 3,59 volte più e-<br />

levati degli imponibili a fini Ici; la<br />

rivalutazione potrebbe fruttare alle<br />

casse statali 60 miliardi di euro.<br />

Una delle soluzioni alternative al<br />

ripristino della vecchia Ici è l’anticipazione<br />

del debutto dell’Imu<br />

(Imposta municipale unica), ad<br />

oggi prevista per il gennaio 2013.<br />

Ma, ben più – secondo alcuni –<br />

ragionevole, sarebbe la reintroduzione<br />

dell’Irpef (imposta sui redditi<br />

delle persone fisiche) sui redditi<br />

fondiari. Oggi l’Irpef, infatti, si paga<br />

solo sugli immobili diversi dalla<br />

prima casa.<br />

Tutti questi meccanismi dovrebbero,<br />

però, essere accompagnati da<br />

un sistema efficace di detrazioni,<br />

meglio se differenziate in base al<br />

reddito del contribuente o al valore<br />

del patrimonio. Le altre ipotesi sul<br />

tavolo sono poco attuabili. Come<br />

quella, nata da un idea del Parlamento,<br />

di far pagare di più chi<br />

possiede più abitazioni. Popolare,<br />

ma poco concreta. Secondo l’agenzia<br />

del Territorio, il 5% dei proprietari<br />

più ricchi possiede il 23,1% delle<br />

rendite catastali di tutte le case.<br />

Al 50% delle famiglie più povere fa<br />

capo, invece, solo il 20,1% delle<br />

rendite. Tante voci e opinioni diverse.<br />

C’è addirittura chi sostiene<br />

che, per aumentare gli introiti dello<br />

Stato, basterebbe una stretta della<br />

definizione di “abitazione principale”,<br />

così da far aumentare gli immobili<br />

tassati come seconda casa.<br />

Nelle prossime settimane i<br />

misteri sul futuro delle nostre<br />

tasche verranno svelati. Intanto,<br />

godiamoci l’amarcord della “casa<br />

dolce casa”. Giusto in tempo,<br />

prima di assaggiare il gusto della<br />

“casa amara casa”.<br />

Pagina a cura di<br />

ALESSIO FUSCO<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

L’ASSESSORE È FAVOREVOLE<br />

Bonaiuto: «Serve<br />

maggiore equità,<br />

ma bisogna pagare»<br />

«Pagare le tasse non fa piacere a nessuno,<br />

ma è un atto di civiltà contribuire per il<br />

benessere della collettività». E’ la risposta<br />

dell’assessore salernitano all’Annona Alfonso<br />

Bonaiuto alla domanda di cosa ne<br />

pensa di un ritorno dell’Ici. «In questo<br />

preciso momento di difficoltà economica<br />

– ha detto – è un urgenza imprescindibile.<br />

Però nel lungo periodo bisognerebbe<br />

revisionare la norma. Non è sbagliato pagare<br />

l’Ici, servirebbe solo più equità. Per<br />

molti la prima casa è un sogno che rincorrono<br />

per tutta la vita, bisognerebbe cercare<br />

anche di premiare chi riesce a comprarsene<br />

una». Gli introiti che porterebbe l’Ici<br />

in caso di reintegro<br />

con la riforma<br />

Monti andrebbero<br />

direttamente ai<br />

Comuni che avrebbero<br />

più risorse<br />

per cercare di far<br />

quadrare i bilanci,<br />

anche se l’assessore<br />

Bonaiuto è un po’<br />

diffidente: «A chi<br />

non piacerebbe ricevere<br />

nuovi fondi, ma per adesso tutto è<br />

molto surreale, ancora non sappiamo la<br />

percentuale che riceveremo . E poi speriamo<br />

che il Governo non usi la politica di<br />

compensazione, eliminando alcuni degli<br />

incentivi importanti che adesso vengono<br />

stanziati ai Comuni. Questo non risolverebbe<br />

il problema». Intanto la manovra<br />

correttiva del governo Monti va avanti e a<br />

breve si capirà in che modo farà il suo<br />

ritorno in scena la vecchia tassa sugli<br />

immobili di proprietà.<br />

FRANCIA<br />

Il Paese delle tasse<br />

sull’inquilino<br />

GERMANIA<br />

Il mattone<br />

conviene ancora<br />

INGHILTERRA<br />

Premiate<br />

le piccole dimore<br />

SPAGNA<br />

Anche la rendita<br />

fa la sua parte<br />

Taxe froncièr, così chiamano in Francia la<br />

tassa che colpisce gli immobili privati. Le<br />

aliquote possono variare in un range molto<br />

ampio, arrivando fino al 20%. L’aliquota<br />

francese è così alta perché il valore catastale<br />

dei beni non viene aggiornato dagli anni<br />

70 e dunque risulta sensibilmente inferiore<br />

all’effettivo<br />

valore di mercato.<br />

In ter-<br />

mini reali,<br />

la taxe froncière<br />

si concre-<br />

tizza in<br />

una tas-<br />

s a z i o n e<br />

pari al re ddito<br />

derivante<br />

da circa<br />

una men-<br />

silità di affitto<br />

che si<br />

potrebbe ottenere<br />

da un appartamento<br />

similare. Ma la sostanziale differenza con<br />

gli altri Paesi sta nel fatto che, mentre nelle<br />

altre Nazioni europee la tassazione sugli<br />

immobili si esaurisce con l’omologa dell’Ici<br />

italiana, in Francia si paga la taxe d’habitation<br />

che grava sull’inquilino.<br />

La Germania, come gli altri Paesi europei,<br />

non colpisce le rendite sulla prima abitazione.<br />

In Italia, invece esiste una tassazione<br />

sulle rendite ma solo sulla seconda casa<br />

e viene chiamata Irpef (imposta sui redditi<br />

delle persone fisiche). L’imposta fondiaria<br />

nello Stato tedesco si chiama invece<br />

Grundsteuer<br />

ed è calcolata<br />

in base a un<br />

sistema di<br />

moltipli-<br />

catori. Secondo<br />

u-<br />

na recente<br />

stati-<br />

stica del<br />

quotidia-<br />

no tedesco<br />

Die Welt, il<br />

43% degli abitanti in<br />

Germania,<br />

posseggono<br />

una proprietà immobiliare.<br />

Tutto il resto vive in affitto. Per questo<br />

motivo, la domanda di appartamenti in<br />

affitto è da sempre molto alta. Questo<br />

rende l’acquisto di un immobile in locazione<br />

ancora un investimento redditizio e<br />

sicuro.<br />

La Council tax in Inghilterra è la tassa comunale<br />

che equivale alla nostra Ici ed è<br />

mensile. Secondo un recente sondaggio inglese<br />

si paga dalle 90 alle 150 sterline al<br />

mese. Gli inglesi però sembrano lamentarsi<br />

sempre di più di questa tassa che considerano<br />

iniqua perché colpisce più i poveri e<br />

non i bene-<br />

stanti. Questa<br />

tassa sem-<br />

pre secondo<br />

gli inglesi<br />

è poi cost<br />

a n t e -<br />

mente in<br />

aumen- to. Il<br />

Governo taglia i<br />

contribu-<br />

ti ai Comuni,<br />

co-<br />

me è successo<br />

per molti anni in<br />

Italia, i quali re- periscono le risorse<br />

mancanti aumentando le tasse locali.<br />

Bisogna però spezzare anche una lancia a<br />

favore del sistema inglese perché per le case<br />

che hanno un valore inferiore alle 125 mila<br />

sterline le tasse dovute al governo sono<br />

dello 0%, cioè nulle.<br />

L’Impuesto sobre Bienes Inmuebles, in<br />

Spagna, è dovuta dalle persone fisiche e<br />

giuridiche proprietarie di immobili.<br />

L’aliquota varia da un minimo dello 0,4%<br />

ad un massimo del 1,1%. Per chi acquista<br />

una casa ci sono però altre spese: le imposte<br />

comunali (“Tasas”). Possono esservi<br />

delle imposte<br />

per la raccolta<br />

rifiuti, gli scarichi fognari,<br />

il prosciugamento<br />

delle acque<br />

e così via.<br />

Q u e s t e<br />

spese general-<br />

mente<br />

non supe-<br />

rano alcune<br />

centinaia di euro<br />

all’anno. Solo la prima casa è e-<br />

sente dall’imposta sulle rendite, mentre<br />

sulla seconda casa si paga Impuesto sobre<br />

la renta de las personas físicas. In Spagna<br />

vige anche un’imposta patrimoniale, pagata<br />

dagli straniere senza permesso di soggiorno<br />

sui beni immobili.


PRIMO PIANO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Salerno ha un nuovo logo nato da un’idea del guru milanese Massimo Vignelli<br />

Il sindaco: fondamentale la collaborazione con il progettista per trasformare la città<br />

11<br />

«The things you do not find,<br />

design. Ciò che non trovi, disegnalo.<br />

Non è che si disegna per partito<br />

preso. Si disegna quando ci<br />

serve una cosa particolare che non<br />

si riesce a trovare». Una filosofia di<br />

vita per il graphic designer di fama<br />

internazionale Massimo Vignelli,<br />

che ha presentato (lo scorso 22<br />

novembre) con una lectio magistralis<br />

“Design is one”, introdotta<br />

dal sindaco Vincenzo De Luca al<br />

teatro Verdi di Salerno, il nuovo<br />

logo realizzato per promuovere<br />

l’immagine, gli eventi, il turismo e<br />

i prodotti della città campana.<br />

Nel tentativo di rendere competitiva<br />

una cittadina che vuole affrancarsi<br />

dalla realtà di provincia,<br />

l’Amministrazione di Salerno ha<br />

voluto sottolineare il suo processo<br />

di rinnovamento urbano anche attraverso<br />

una clamorosa operazione<br />

di brand identity, coinvolgendo<br />

una delle più influenti personalità<br />

a livello mondiale.<br />

Il logo essenziale e di forte efficacia<br />

espressiva, rappresenta una “S”<br />

stilizzata di colore giallo, inscritta<br />

in un cerchio, disegnata in un carattere<br />

piuttosto classico che,<br />

come un sole al tramonto si specchia<br />

nell’azzurro del cielo e del<br />

mare. Le curve della “S” come<br />

semplice suggestione, ricordano la<br />

coda di un delfino o la silhouette<br />

di un cavalluccio marino.<br />

«Abituare gli occhi, ma soprattutto<br />

il cuore al nuovo simbolo di Salerno».<br />

Questo, l’appello espresso<br />

dal primo cittadino rivolgendosi a<br />

tutti coloro che amano la propria<br />

città. « La concentrazione di opere<br />

affidate ai maggiori architetti<br />

viventi è il frutto di una visione i-<br />

niziale che ci ha portato all’attuazione<br />

di un disegno consapevole<br />

di intervento urbanistico che punti<br />

all’eccellenza – dice De Luca - la<br />

scelta di collaborare con Massimo<br />

Vignelli si rivela fondamentale per<br />

la trasformazione urbana di Salerno,<br />

la quale ci consente di competere<br />

a livello internazionale, offrendo<br />

così ai nostri giovani una<br />

grande occasione di arricchimento<br />

culturale. Immaginiamo che la<br />

nostra città possa svilupparsi sulla<br />

base di un modello simile a quello<br />

di realtà come Cannes, Salisburgo<br />

ed Edimburgo dove si coniugano<br />

tre elementi fondamentali: turismo,<br />

accoglienza e cultura».<br />

I quotidiani locali e nazionali parlano<br />

di Salerno come un caso e-<br />

semplare nella dimensione mondiale.<br />

Una piccola città che con il<br />

passare degli anni sta acquistando<br />

maggiore identità. E così, il noto<br />

architetto milanese ha voluto<br />

tentare un esperimento mai provato,<br />

sviluppato attraverso la realizzazione<br />

di una nuova identità visiva:<br />

nel corso della lectio ha presentato<br />

un primo progetto più<br />

strettamente istituzionale, attraverso<br />

il redesign dell’araldo comunale<br />

riservato agli atti e ai documenti<br />

di natura amministrativa e,<br />

in secondo luogo, un marchio che<br />

funzioni da brand internazionale<br />

capace di fare riconoscere questa<br />

“perla” campana in tutto il mondo.<br />

D’altronde, non è tutto oro ciò che<br />

luccica: c’è sempre una voce fuori<br />

campo pronta a travasare la più<br />

irridente creatività anti-Vignelli e<br />

anti-De Luca. Da Facebook a<br />

Twitter, sono i giovani cittadini a<br />

“Il brand deve<br />

comunicare<br />

la suggestione,<br />

ma necessita<br />

di abitudine<br />

e spirito<br />

d’osservazione”<br />

scatenare le proteste, lamentando i<br />

costi eccessivi dell’opera, l’estrema<br />

semplicità del logo, considerato di<br />

scarso impatto emotivo, nonché in<br />

alcun modo legato agli elementi<br />

storici, paesaggistici o naturalistici<br />

della città. Insomma, il popolo<br />

“No S” sembra pronto alla guerra.<br />

Brandendo fortunatamente solo<br />

matite e photoshop.<br />

Malgrado i dissapori, l’incontro<br />

con il grande maestro ha lasciato<br />

un segno. Vignelli si è rivolto al<br />

Una “S” che si tuffa nel blu<br />

A sinistra, Massimo Vignelli<br />

durante la sua lectio<br />

al teatro Verdi di Salerno<br />

e sotto con la moglie Lella<br />

pubblico presentando la straordinaria<br />

varietà dei suoi lavori realizzati<br />

dal 1954 ad oggi. Lui, insieme<br />

alla moglie Lella, oltre ad essere<br />

una coppia rappresentano una<br />

squadra (Vignelli Associates).<br />

Entrambi architetti, cresciuti nel<br />

clima post-liberazione, sono stati<br />

tra i maggiori protagonisti del<br />

design nel recupero del movimento<br />

moderno: “Un ambiente in cui<br />

l’architetto deve saper fare tutto<br />

dal cucchiaio alla città”. Concettualmente<br />

contrari a qualsiasi<br />

forma di consumismo e di moda,<br />

ritengono che l’oggetto debba rispecchiare,<br />

di per sé, l’essenza del<br />

giusto e non del bello. Qualità e<br />

durata, il principio dei loro progetti:<br />

«Le cose per essere ancora u-<br />

sabili non devono poter passare<br />

nel tempo».<br />

In seguito alla sua lezione, curiosando<br />

sul web, mi sono ritrovata<br />

a leggere un pezzetto di una sua<br />

intervista, che diceva: «Noi siamo<br />

arrivati al punto di vivere del nostro<br />

design. Abbiamo le nostre sedie,<br />

i nostri piatti, le nostre posate,<br />

Il progetto<br />

per Poltronova:<br />

nel 1964 Vignelli<br />

disegna Saratoga<br />

un divano<br />

dalle forme pulite<br />

e dalla grande spazialità<br />

Le curve<br />

della “esse”<br />

ricordano<br />

la coda<br />

di un delfino<br />

o quella<br />

dell’ippocampo<br />

i nostri divani. E questa è una necessità,<br />

in fin dei conti, disegniamo<br />

quello che non troviamo». Immagino<br />

che poter vivere nelle proprie<br />

cose sia un valore inestimabile,<br />

dove il posto in cui ti trovi è<br />

fatto solo di te e dei tuoi ricordi...<br />

Pagina a cura di<br />

VALENTINA BELLO<br />

Quei geni<br />

che creano<br />

il design<br />

La grande ricchezza del design<br />

e delle industrie, che in esso<br />

hanno creduto fin dagli anni<br />

50, è rappresentato dall’innovazione<br />

imprenditoriale e dalla<br />

peculiarità stilistica di grandi<br />

progettisti. Massimo Vignelli<br />

è stato capace di rappresentare<br />

il volto di questo sistema,<br />

disegnando marchi,<br />

logotipi, cataloghi, inviti, annunci,<br />

pagine pubblicitarie,<br />

segnaletiche ambientali.<br />

Nasce a Milano il 10 gennaio<br />

1931 e con la collaborazione<br />

della moglie Lella, attraverso<br />

la Vignelli Associates, ha segnato<br />

la storia della grafica e<br />

della comunicazione. Massimo<br />

si è laureato in architettura<br />

al Politecnico di Milano e all’Università<br />

di Venezia, Lella,<br />

invece, a Venezia con una successiva<br />

specializzazione negli<br />

Stati Uniti.<br />

È il 1960, insieme aprono a<br />

Milano uno studio di architettura<br />

e design. In questi anni,<br />

producono per Knoll International<br />

e Poltronova, per la<br />

quale disegnano, nel 1964, Saratoga:<br />

un divano dalle forme<br />

pulite e dalla grande spazialità.<br />

Ben presto, la coppia<br />

decide di trasferirsi a New<br />

York e aprire, nel 1965, un secondo<br />

studio (Unimark International).<br />

Lavorano per grandi<br />

industrie come l'American<br />

Airlines, Benetton, Ducati e<br />

contribuiscono, in collaborazione<br />

con il designer olandese<br />

Bob Noorda, alla realizzazione<br />

della segnaletica per<br />

le metropolitane di Milano e<br />

New York.<br />

Nel 1989, curano l'aspetto grafico<br />

per il Tg2 della Rai. Uno<br />

dei prodotti più famosi nato<br />

dal loro estro creativo è lo<br />

“Stendig Calendar”, realizzato<br />

nel 1966, attualmente esposto<br />

al Moma di New York. Vignelli,<br />

inoltre, è stato presidente<br />

dell’Agi (Alliance Graphique<br />

Internationale), dell’-<br />

Aiga (American Institute of<br />

Graphic Art), vicepresidente<br />

dell’Architectural League di<br />

New York, nonché membro<br />

dell’Isda (Industrial Designers<br />

Society of America).<br />

Numerosi i premi da elencare<br />

e i riconoscimenti a lui conferiti.<br />

Il più importante, nel 1964,<br />

il Compasso d'Oro dell'Adi<br />

(Associazione Disegno Industriale)<br />

per Compact, un<br />

servizio da tavola in resina<br />

melamminica prodotto dalla<br />

Articoli Plastici di Cologno<br />

Monzese e il secondo, nel<br />

1998, per la grafica di informazione<br />

per la Cosmit, società<br />

che gestisce l’attuale<br />

Salone Internazionale del<br />

Mobile di Milano.


12 Domenica 11 dicembre 2010 SPECIALE<br />

Gli Scavi di <strong>Pompei</strong> franano a causa delle infiltrazioni e della scarsa manutenzione<br />

Il crollo della nostra storia<br />

Si attendono i fondi europei che arriveranno l’anno prossimo<br />

e intanto continuano i cedimenti e buona parte del sito è inaccessibile<br />

Combattere<br />

la crisi<br />

con la cultura<br />

«Fatevi un panino con Dante».<br />

Rimarrà per sempre negli annali<br />

della politica italiana la frase che<br />

pronunciò l’ex ministro dell’Economia<br />

Giulio Tremonti a<br />

proposito dei tagli alla Cultura<br />

effettuati dall’ultimo governo<br />

Berlusconi.<br />

Tralasciando l’accostamento tra<br />

il Poeta e il prosciutto, la tesi si<br />

può smontare dimostrando che<br />

la cultura nutre le menti e<br />

potrebbe, se sfruttata a dovere,<br />

rimpinguare le casse dello stato.<br />

Il patrimonio di cui la storia ha<br />

fatto dono all’intera regione<br />

Campania rappresenta un valore<br />

inestimabile, ogni altra<br />

landa del Pianeta vorrebbe ricavarne<br />

un pezzetto. Lo dimostra<br />

il caso Ercolano, dove<br />

dal 2001 la manutenzione è nelle<br />

mani di una società americana<br />

che più che per lo spirito di<br />

sopravvivenza della storia è stata<br />

attratta dai monument-dollari,<br />

ben prima dell’eroico salvataggio<br />

del Colosseo di Diego<br />

Tod’s Della Valle. E anche se, a<br />

dire il vero, le antiche mura di<br />

Hercolaneum non ridono, sicuramente<br />

a piangere è <strong>Pompei</strong>, in<br />

compagnia degli altri Comuni<br />

vesuviani, di Paestum e dei<br />

Campi Flegrei.<br />

Tragico non è solo il Poeta che<br />

viveva in una delle case della<br />

città, “sfrattata” dalla spaventosa<br />

e terribile eruzione del Vesuvio<br />

del 79 d. C., ma è lo stato del<br />

sito. Mura cadute a causa di<br />

infiltrazioni d’acqua, duemila<br />

anni dopo la loro costruzione.<br />

Operai per la manutenzione<br />

assenti, gli interventi si effettuano<br />

quando il peggio è accaduto.<br />

E cosa direbbe Poppea<br />

dello stato della sua villa di<br />

Oplontis? A Paestum gli archeologi<br />

hanno scoperto tombe<br />

elleniche, ma devono aspettare,<br />

i fondi non ci sono.<br />

Stesso vale anche per altri siti<br />

del Vesuviano dove non si è finito<br />

di scavare per mancanza di<br />

denaro e gli interventi spesso<br />

vengono effettuati da stranieri,<br />

come i russi che hanno recuperato<br />

altre aree della Villa di Arianna<br />

dell’antica Stabiae. Ai<br />

Campi Flegrei poi i reperti sono<br />

sul serio un problema. Ormai<br />

sono inghiottiti dall’espansione<br />

urbanistica e si ritrovano a fianco<br />

a capannoni, case, addirittura<br />

nei parcheggi di centri commerciali.<br />

Non trovatene altri però,<br />

altrimenti non si può costruire.<br />

Il punto è che l’archeologia non<br />

può essere intesa in termini economici,<br />

ma può creare indotto<br />

economico. In fondo sulle monete<br />

da due euro c’è stampata<br />

proprio l’effige di Dante.<br />

In Campania esiste uno dei siti<br />

archeologici più importanti al<br />

mondo. Un tesoro culturale che<br />

tutti ci invidiano. Una risorsa turistica<br />

che i Romani, inconsapevolmente,<br />

ci hanno lasciato e la lava<br />

del Vesuvio ha conservato fino al<br />

Settecento, quando gli scavi hanno<br />

riportato alla luce la splendida<br />

<strong>Pompei</strong> e i suoi tesori.<br />

I resti dell’antica città ai piedi del<br />

vulcano sono diventati, nel tempo,<br />

una delle mete obbligate per i turisti<br />

di tutto il mondo, ma di recente<br />

<strong>Pompei</strong> è tornata ad affollare le<br />

pagine dei giornali, non per il suo<br />

valore archeologico ma per i crolli<br />

dovuti al maltempo. Circa un anno<br />

fa le forti piogge crearono infiltrazioni<br />

nei muri della “Schola<br />

Armaturarum” che si sbriciolò<br />

rapidamente, dopo poco toccò ad<br />

un muro della “Casa del Moralista”.<br />

La notizia fece il giro del mondo.<br />

Molte personalità straniere commentarono<br />

l’accaduto in modo<br />

negativo e l’ex ministro per i Beni e<br />

le Attività Culturali, Sandro Bondi,<br />

ci stava rimettendo il posto.<br />

A quel punto fu chiaro a tutti che il<br />

problema non era solo il dissesto<br />

idrogeologico del territorio o il<br />

naturale deperimento di strutture<br />

costruite duemila anni fa, ma l’incuria<br />

e l’abbandono degli Scavi.<br />

Così si corse ai ripari, ognuno diceva<br />

la sua e si ipotizzò perfino una<br />

cordata di imprenditori privati per<br />

il recupero del sito archeologico,<br />

ma lo Stato, prendendo tutti in<br />

contropiede, sbloccò i fondi Ue.<br />

Circa 105 milioni di euro arriver-<br />

anno nelle casse della Soprintendenza<br />

Speciale per i Beni Archeologici<br />

di Napoli e <strong>Pompei</strong>, per risolvere<br />

il problema dei crolli. I<br />

soldi però arriveranno nel 2012 e<br />

nel frattempo, dopo un anno, continuano<br />

i cedimenti. Lo scorso 27<br />

ottobre, infatti, nei pressi di “Porta<br />

Parlano gli addetti alla sorveglianza<br />

«PERDIAMO I PEZZI<br />

ECISFRUTTANO»<br />

Gli straordinari<br />

non pagati<br />

da sei mesi<br />

«Se si vuole potare una pianta lo si<br />

deve fare dai rami e non dalle<br />

radici altrimenti la pianta è destinata<br />

ad appassire». E’ la significativa<br />

metafora con la quale<br />

Antonio descrive la situazione che<br />

si sta vivendo a <strong>Pompei</strong>. Con alle<br />

spalle oltre trent’anni di esperienza<br />

ha toccato con mano gli effetti<br />

dei tagli alle spese effettuati nel<br />

corso degli anni. «Quando sono<br />

arrivato a <strong>Pompei</strong> - racconta - eravamo<br />

in trecento tra addetti vari<br />

ed operai. Oggi siamo più o meno<br />

un centinaio. Se prima ciascun<br />

addetto aveva una determinata<br />

zona da controllare, adesso ne<br />

deve sorvegliare una molto più<br />

grande pari a quella precedentemente<br />

controllata da quattro persone.<br />

Ciò ci costringe a continui<br />

turni di lavoro e, in molti casi, a<br />

fare gli straordinari».<br />

E proprio gli straordinari non vengono<br />

pagati da oltre sei mesi. «I<br />

colleghi che vanno in pensione -<br />

dichiara un altro lavoratore - non<br />

vengono progressivamente sostituiti<br />

da nuovi custodi con il risultato<br />

che molti di noi, hanno difficoltà<br />

a poter effettuare le ferie».<br />

Ma le critiche più dure riguardano<br />

la gestione dei restauri e la manutenzione<br />

ordinaria.<br />

Prima vi erano degli operai presenti<br />

sul sito in grado quindi di<br />

intervenire tempestivamente ad<br />

ogni minimo problema. Oggi<br />

invece bisogna ricorrere a ditte<br />

specializzate per le quali occorre<br />

aspettare un certo lasso di tempo<br />

a dispetto dell’urgenza che richiederebbero<br />

certi interventi. Lavori<br />

effettuati senza alcun controllo da<br />

parte degli addetti (è interdetto<br />

loro l’accesso) per cui «non sappiamo<br />

come vengono realizzati<br />

con il concreto rischio, in caso di<br />

interventi superficiali, che tali<br />

Nola” è crollato un muro di “Opus<br />

incertum”. Pochi giorni dopo, il 7<br />

novembre, arriva a <strong>Pompei</strong> il commissario<br />

Ue per le politiche regionali,<br />

Johannes Hahn il quale dichiara:<br />

«Faremo in modo che i<br />

lavori possano iniziare nel primo<br />

trimestre del 2012». Intanto la<br />

problemi si ripresentino nello<br />

stesso modo poco tempo dopo».<br />

Motivo per cui in molte aree è vietato<br />

l’accesso ai turisti per la rabbia<br />

di chi paga il biglietto e non<br />

può effettuare una visita completa<br />

degli scavi. Una situazione inaccettabile<br />

che, nonostante le solite<br />

promesse d’intervento dei vari<br />

politici di turno, non sembra<br />

destinata ad essere risolta. Anche<br />

perché quando sono stati sbloccati<br />

fondi dell’Unione Europea, questi<br />

sono finiti da tutt’altra parte<br />

vista la mancanza di progetti seri.<br />

Eppure, nonostante i problemi, il<br />

sito continua ad essere una meta<br />

ambitissima. Ma se si continua su<br />

questa strada è chiaro che ben<br />

presto i visitatori ne prenderanno<br />

altre di strade.<br />

situazione nel sito archeologico<br />

non sembra cambiare. Non esiste<br />

più la manutenzione ordinaria, di<br />

conseguenza questi 105 milioni di<br />

euro per un intervento di manutenzione<br />

straordinaria sono solo<br />

una piccola parte di quanto invece<br />

si dovrebbe investire per la messa<br />

in sicurezza e il restauro della città.<br />

Ad oggi su 66 ettari di scavi, una<br />

buona parte è interdetta ai visitatori,<br />

ci sono transenne e segnali di<br />

divieto ovunque.<br />

Passeggiando su via dell’Abbondanza,<br />

si alternano strutture pericolanti<br />

a strutture da restaurare,<br />

non ci sono cartelli con notizie sui<br />

resti, né tantomeno percorsi tematici,<br />

i cani randagi passeggiano<br />

indisturbati tra le rovine. L’unico<br />

modo per capire la vita dell’antica<br />

città è procurarsi una guida. Per<br />

chi viene qui in visita sembra di<br />

trovarsi in una città fantasma, distrutta<br />

e abbandonata. Eppure il<br />

sito archeologico di <strong>Pompei</strong> conta<br />

più di 2 milioni di visitatori all’anno,<br />

con un notevole picco nei mesi<br />

che vanno da aprile ad ottobre. I<br />

turisti, per lo più stranieri, sono<br />

disposti a pagare 11 euro per<br />

vedere i pochi resti accessibili della<br />

antica città vesuviana. Negli ultimi<br />

dieci anni sono passati oltre 20<br />

milioni di visitatori a <strong>Pompei</strong>.<br />

Questa risorsa sembra non sfruttata<br />

a dovere. In questi periodi di<br />

crisi e di scarsa crescita si<br />

dovrebbe pensare al patrimonio<br />

culturale che abbiamo e che non<br />

sfruttiamo per poter rilanciare il<br />

nostro Paese e <strong>Pompei</strong> è l’esempio<br />

di cosa si potrebbe fare e invece<br />

non si fa. Si preferisce aspettare e<br />

intervenire quando è necessario,<br />

senza capire che è questo il<br />

momento necessario per intervenire<br />

e rilanciare il nostro patrimonio<br />

archeologico e culturale<br />

apprezzato in tutto il mondo.


SPECIALE Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

L’area tra Pozzuoli e Cuma è disseminata di reperti romani non visitabili e colmi di rifiuti<br />

Campi Flegrei, tesori dimenticati<br />

13<br />

I resti antichi difficili da raggiungere<br />

Mancano i soldi per ripristinarli e custodirli<br />

Che gli antichi Romani avessero<br />

una particolare sensibilità e attenzione<br />

per il territorio dei Campi<br />

Flegrei è cosa ormai risaputa.<br />

Sono, infatti, innumerevoli i ritrovamenti<br />

archeologici da Pozzuoli a<br />

Cuma, passando per Miseno, Baia,<br />

Bacoli ed Arco Felice. Una vasta a-<br />

rea disseminata di tesori che però<br />

rimangono inaccessibili ai turisti e<br />

versano nell’abbandono e nell’incuria<br />

più totale. Vuoi la difficoltà<br />

per raggiungere i luoghi dove sono<br />

situati, vuoi la mancanza di fondi<br />

per assumere personale che si<br />

occupi dei siti, fatto sta che queste<br />

meraviglie sono fuori dai giri dei<br />

tour operators e difficilmente visitati<br />

da turisti fai da te. Un patrimonio<br />

che porterebbe denaro e posti<br />

di lavoro se valorizzato a dovere. A<br />

Pozzuoli, ad esempio, l’unico luogo<br />

accessibile ai turisti è l’Anfiteatro<br />

Flavio, il terzo d’Italia per grandezza,<br />

dietro al Colosseo e all’Anfiteatro<br />

di Capua. I resti sono visitati<br />

da circa 10mila turisti all’anno,<br />

un po’ pochi vista la rilevanza culturale<br />

di cui godono. Il sito puteolano<br />

soffre della scarsità di collegamenti<br />

con Napoli. Poco distante<br />

dai resti dell’Anfiteatro, sulla via<br />

che porta alla Solfatara, è stata costruita,<br />

da pochi anni, una strada<br />

per collegare Pozzuoli a Quarto,<br />

durante i lavori è stato ritrovato un<br />

enorme complesso cittadino che si<br />

ipotizza sia vasto come <strong>Pompei</strong>. Il<br />

sito, però, non è stato rinvenuto<br />

totalmente poiché la strada è stata<br />

costruita sopra i muri romani,<br />

visto che all’epoca, ed ancora oggi,<br />

mancavano i fondi per poterlo<br />

riportare alla luce. I pochi resti<br />

visibili, ma inaccessibili, sono pieni<br />

di vegetazione e versano in condizioni<br />

di totale abbandono. Fa male<br />

vedere gli intonaci perfettamente<br />

conservati che lentamente cadranno<br />

per colpa dell’incuria.<br />

Stessa situazione al Tempio di Nettuno,<br />

sempre a pochi metri dall’Anfiteatro:<br />

il sito è colmo di rifiuti<br />

ed ovviamente è inaccessibile ai<br />

turisti. Situazione simile anche a<br />

Bacoli, alla Piscina Mirabilis,<br />

splendida manifestazione ingegneristica<br />

del genio romano. Si tratta<br />

di una cisterna profonda 15, larga<br />

25 e lunga 75 metri, utilizzata per<br />

rifornire di acqua le navi della classe<br />

“Misenensis” della flotta romana<br />

di istanza nel porto di Miseno.<br />

Lo splendido complesso è visitabile<br />

solo quando la signora Immacolata,<br />

una vecchietta del posto che è<br />

la fiduciaria delle chiavi, è disposta<br />

ad aprire il sito ai visitatori, molto<br />

spesso ha da fare e quindi non la<br />

trovi a casa. Per chi parla italiano è<br />

facile capire se la signora sia disposta<br />

o meno ad aprire, qualche difficoltà<br />

si incontra se si è stranieri,<br />

visto che Immacolata non parla<br />

inglese. Altro sito inaccessibile ai<br />

visitatori è il Tempio di Venere sul<br />

porto di Baia: le rovine sono recintate<br />

e dall’esterno si vedono rifiuti<br />

sparsi oltre alla vegetazione che<br />

cresce sui muri.<br />

Ma i siti archeologici dimenticati<br />

non finiscono qui. Andando da<br />

Pozzuoli a Quarto si percorre una<br />

strada, via Campana, costruita dai<br />

Romani, che univa il porto di<br />

Pozzuoli all’arteria principale che<br />

portava a Roma, la Domitiana. In<br />

questa zona, alcuni scavi recenti<br />

hanno riportato alla luce i magazzini<br />

in cui sostavano le merci<br />

prima di essere portate a Roma.<br />

Per fortuna una parte di questi<br />

resti è visibile ed accessibile, ma<br />

non grazie alla Soprintendenza,<br />

bensì al supermercato “Metro”, visto<br />

che il sito insiste proprio nel<br />

parcheggio dello store a pochi<br />

passi dalle auto in sosta. Con il passare<br />

dei secoli la bellezza di questi<br />

luoghi è rimasta immutata, mentre<br />

la sensibilità e l’attenzione delle<br />

persone, rispetto a quella dei Romani,<br />

è andata via via scomparendo,<br />

quasi a volersi dimenticare dell’esistenza<br />

di questi tesori.<br />

Pagine a cura di<br />

PIETRO ESPOSITO<br />

DAVIDE SAVINO<br />

FRANCESCO SERRONE<br />

PAESTUM, POTENZIALITÀ INESPRESSE<br />

Tremila anni di storia<br />

racchiusi in<br />

pochi chilometri<br />

quadrati. Il sito di<br />

Paestum che continua<br />

a lasciarci tracce<br />

dell’antichità (appena<br />

il mese scorso<br />

sono state rivenute<br />

ventiquattro tombe<br />

a fossa del sesto secolo a.c) ha da sempre<br />

suscitato grande fascino da parte di<br />

archeologi ed intellettuali.<br />

Fin dalla metà del '700 numerosi personaggi<br />

di spicco dell'intellighenzia europea<br />

(tra cui Goethe, Shelley, Canova,<br />

Winckelmann e Piralesi) compirono<br />

viaggi formativi e mondani per visitare le<br />

rovine dell'antica città di Poseidonia ed<br />

ammirarne gli imponenti templi, gli edifici<br />

pubblici, le strade e le mura fortificate<br />

(lunghe in tutto cinque chilometri e<br />

dotate di ventotto torri).<br />

L’area dei templi<br />

è ben collegata<br />

ma nessuno lo sa<br />

A partire dagli anni '50 del novecento è<br />

cominciato il turismo di massa che ha<br />

reso famoso il sito in tutto il mondo. Tra<br />

i punti di forza c'è la relativa facilità con<br />

la quale si può raggiungere Paestum ben<br />

collegata alle principali vie di comunicazione<br />

tramite il vicino aeroporto, l’autostrada<br />

o la ferrovia. La zona inoltre risente<br />

sicuramente meno di alcuni dei problemi<br />

che si riscontrano nel napoletano e<br />

che avrebbero potuto scoraggiare l’arrivo<br />

dei visitatori. Paestum è inserita all’interno<br />

del Parco Nazionale del Cilento e<br />

Vallo di Diano ed è stata riconosciuta<br />

dall’Unesco patrimonio dell’umanità.<br />

Ma, anche in questo caso, i fondi a disposizione<br />

scarseggiano. Le risorse servono<br />

a malapena a garantire l’ordinaria manutenzione<br />

dei monumenti e il pagamento<br />

degli stipendi del personale. Al momento<br />

non sono in atto progetti di restauro,<br />

né sono in programma mostre da tenersi<br />

nel grande e rinnovato museo archeologico<br />

nazionale sito all’interno dell’area<br />

per le quali servirebbero stanziamenti<br />

straordinari. Certo la situazione è sicuramente<br />

migliore rispetto ad altri siti campani<br />

ma l’impressione è che, come accade<br />

troppo spesso in Italia, si hanno a<br />

disposizione enormi potenzialità non<br />

ancora sfruttate appieno. Tra gli addetti<br />

ai lavori molti auspicano una maggiore<br />

opera di promozione di tali risorse che,<br />

se abbinate alle bellezze paesaggistiche<br />

con la creazione di itinerari turistico-culturali,<br />

potrebbero costituire il volano per<br />

lo sviluppo del territorio.<br />

Reperto nel parcheggio di un supermercato a Pozzuoli<br />

ERCOLANO<br />

In mani<br />

americane<br />

OPLONTIS<br />

Sculture<br />

nei depositi<br />

VILLA ARIANNA<br />

Si rischia<br />

di chiudere<br />

VILLA S. MARCO<br />

Lavori<br />

mai finiti<br />

PUTEOLI<br />

Inaugurato<br />

e abbandonato<br />

L’antica Hercolaneum<br />

è<br />

dopo <strong>Pompei</strong><br />

il sito archeologico<br />

dell’antichità<br />

più<br />

importante.<br />

Nel 2001 la<br />

manutenzione<br />

dell’area è passata nelle mani<br />

degli americani. La Packard<br />

Humanities Institute, infatti,<br />

finanzia gli interventi di restauro<br />

e di manutenzione del sito<br />

attraverso un contratto di collaborazione<br />

pubblico-privato che<br />

dal 2006 può contare sul sostegno<br />

di uno sponsor d’eccezione:<br />

la scuola di archeologia British<br />

School at Rome.<br />

Gli statunitensi infatti hanno<br />

preteso che a effettuare gli interventi<br />

fossero uomini di propria<br />

fiducia.<br />

La Villa di<br />

Poppea è inserita<br />

dal 1997<br />

nei beni Unesco,<br />

ma nel<br />

2010 è stata<br />

visitata da appena<br />

32mila<br />

persone. Il sito<br />

è attualmente interessato da interventi<br />

di restauro che durano ormai<br />

da circa quattro anni. I tetti che<br />

ricoprirono la Villa, e che hanno<br />

garantito la conservazione degli<br />

affreschi, mostrano qui, come in<br />

tutta l'area pompeiana, segni di<br />

cedimento. Gli imponenti solai si<br />

stanno trasformando in rischio per<br />

la Villa di Oplontis. Dal giardino<br />

che circondava la vasca, provengono<br />

sculture in marmo, copie romane<br />

degli originali greci, che hanno<br />

fatto la fortuna di Oplontis, ma che<br />

restano chiusi nei depositi.<br />

Villa Arianna è<br />

la villa d’otium<br />

più antica di<br />

Stabiae, risalente<br />

al II secolo<br />

a. C. Situata<br />

all’estremità<br />

ovest della collina<br />

di Varano<br />

al confine tra Castellammare di<br />

Stabia e Gragnano, il sito non è<br />

conosciuto neppure tra gli stessi<br />

abitanti stabiesi. L’ingresso è libero,<br />

ma la posizione in cui si trova non<br />

è facilmente raggiungibile e per<br />

questo non riesce ad attirare molti<br />

visitatori. Il sito fu più volte scavato<br />

e ricoperto dai Borbone che<br />

andavano in cerca di beni preziosi.<br />

I tagli al settore dal prossimo<br />

primo gennaio metteranno a<br />

rischio l’apertura, con la presenza<br />

di soli due custodi a coprire tutti i<br />

turni, anche quelli notturni.<br />

Come la Villa<br />

Arianna,<br />

anche Villa<br />

San Marco si<br />

trova sulla collina<br />

di Varano<br />

e sempre come<br />

l’altro sito non è<br />

stato completamente<br />

scavato e non lo si farà per<br />

mancanza di fondi. Villa San<br />

Marco è stata costruita durante<br />

l’età augustea, ed è stata notevolmente<br />

ampliata con l’aggiunta di<br />

ambienti panoramici, il giardino e<br />

la piscina durante l’età claudia. Si<br />

trova in una posizione molto difficile<br />

da raggiungere, nascosta fra<br />

vecchi casolari e terre coltivate.<br />

Attualmente è interessata da interventi<br />

di restauro e i previsti lavori<br />

per la creazione di un centro logistico<br />

di uffici per il turismo non<br />

sono stati ultimati.<br />

A via Campi<br />

Flegrei, affacciato<br />

sul meraviglioso<br />

panorama<br />

che dà su<br />

Capo Miseno<br />

si trova l’ennesimo<br />

scempio<br />

dell’archeologia<br />

campana: lo Stadio di<br />

Antonino Pio. Inaugurato nel 2008<br />

alla presenza del governatore della<br />

Campania, allora Antonio Bassolino,<br />

dopo un intervento di restauro<br />

costato otto milioni di euro,<br />

il sito di interesse mondiale versa<br />

in uno stato di abbandandono. Un<br />

monumento di rara bellezza inaccessibile<br />

per mancanza di personale<br />

addetto e ricoperto da erbacce.<br />

Non c’è nessun progetto per l’apertura<br />

dello Stadio che l’imperatore<br />

Antonino Pio dedicò duemila<br />

anni fa al suo predecessore Adriano.


14 Domenica<br />

11 dicembre 2010


IL PERSONAGGIO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Le confessioni di un clochard che intinge il pennello nel suo animo e vende lettere d’amore<br />

Antonio, il Van Gogh dei poveri<br />

15<br />

Un tozzo di pane, un sorso di<br />

vino. Il miracolo non è il risveglio<br />

del Cristo morente nel film<br />

del ’55 con il Marcellino in bianco<br />

e nero, ma quello di accendere<br />

un sorriso sul volto di un<br />

angelo della strada. Tanto basta,<br />

infatti, a far felice Antonio<br />

Mandarino, l’artista evanescente<br />

relegato a Marcianise, in un cantuccio<br />

di terra colorato come la<br />

sua tavolozza, lungo la Provinciale<br />

che conduce all’imbocco<br />

delle autostrade. Occhio languido,<br />

il volto canuto e increspato<br />

dai solchi del tempo e della fame,<br />

le mani contratte per il freddo<br />

pungente, costellate di macchie e<br />

schizzi di vernice colorata: il pittore,<br />

filosofo e poeta mi osserva<br />

e si lascia andare a un emozionate<br />

discorso – fiume sul suo travagliato<br />

modus vivendi: «Per un<br />

pittore vero è più importante<br />

dipingere che mangiare. Per il<br />

poeta afflitto la priorità appartiene<br />

alla scrittura. E’ quando<br />

dipingo e scrivo che mi nutro<br />

della mia arte. In quel momento<br />

avverto una sensazione meravigliosa,<br />

un impeto che mi trasporta<br />

quasi in un’altra dimensione,<br />

fuori dal mondo, nel bello,<br />

nel pulito, nell’amore, nel “grande”,<br />

anche se non mi piace essere<br />

grande».<br />

Nella sua piccola catapecchia<br />

mancano riscaldamento, acqua e<br />

luce e lo spazio è occupato da un<br />

materasso, una seggiola senza<br />

schienale e una piccola scrivania<br />

logora dove il clochard scrive<br />

versi, libri e lettere d’amore che<br />

può comporre, anche a richiesta,<br />

in cambio di piccole somme di<br />

denaro. «Scrivo lettere d’amore<br />

da quando avevo tredici anni –<br />

racconta - Ho letto tanto, ho letto<br />

quel che più potevo leggere.<br />

Bisogna leggere per essere, per<br />

capire, per sentirsi in comunione<br />

con sé stessi e con il mondo.<br />

Questo mese ho venduto una lettera<br />

e due poesie. Il mese scorso<br />

sono riuscito a vendere otto componimenti.<br />

Il prezzo? 5 euro per<br />

coppia. Scrivo d’amore perché l’amore<br />

è fuoco, è devastazione…»<br />

Mandarino fa una pausa, accende<br />

una sigaretta tenendola fra le<br />

mani a coppa, tira una boccata e<br />

mi fissa tra le prime volute di<br />

fumo biancastro. Il suo sguardo si<br />

fa più intenso, tanto che molte<br />

delle cose che dice vengono offuscate<br />

dalla vena di tristezza che si<br />

agita dietro i suoi occhi supplichevoli.<br />

Poi continua: «L’amore è<br />

una medaglia a due facce: è devastazione<br />

quando ti spezza le pareti<br />

nei meandri del cuore, quando<br />

ti sbatte per terra come un demone<br />

senza testa e tu urli, e là fuori<br />

piove e non c’è una mano che ti<br />

accarezza , né di una vecchia, né<br />

di una giovane, né di un maschio<br />

né di una femmina. Esso ti porta<br />

inevitabilmente nel silenzio, nella<br />

solitudine, e lentamente, inesorabilmente,<br />

come un motore a<br />

scoppio ritardato, come un veleno<br />

sottile, ti uccide. Ecco che l’amore<br />

può essere disperazione,<br />

quel grande amore che tu hai creduto<br />

di avere in seno, e che rende<br />

la vita una grande bugia. Poi c’è<br />

un altro amore: l’amore vero,<br />

quello degli angeli, quello di Dio,<br />

del suo nome, che su tutto aleggia<br />

Ha scelto di vivere in una baracca<br />

tenuta in piedi dalla forza della speranza<br />

“Sono autodidatta<br />

e la pittura mi porta<br />

in una dimensione<br />

fuori dal mondo<br />

nel bello e nel pulito”<br />

Alcuni quadri<br />

del clochard<br />

e la locandina<br />

esposta<br />

all’esterno<br />

della bottega<br />

e tutto investe…».<br />

Ma lui è soprattutto un pittore.<br />

Campi fioriti, paesaggi innevati,<br />

scorci urbani, ma anche personaggi<br />

stravaganti, strane forme di<br />

ibridazione tra uomini e animali,<br />

occhi fluttuanti: le sue tele sono<br />

uno squarcio sugli angoli più<br />

profondi e nascosti dell’animo<br />

umano, strani sogni di luce e<br />

ombra. «Dentro di me ci sono<br />

due diverse nature – dice<br />

Mandarino –. La prima è legata<br />

alla necessità di dipingere, la<br />

seconda, invece, ben più acuta e<br />

cifrata, è quella dell’arte che ti<br />

circola nel sangue. Perché io ho<br />

cominciato dal nulla. Circa quarant’anni<br />

fa trovai dei barattoli di<br />

Antonio Mandarino<br />

nella sua baracca-studio<br />

al viale Carlo III<br />

di Marcianise<br />

dove dipinge e scrive<br />

La biografia<br />

Proveniente da una famiglia di origini umili,<br />

Antonio Mandarino nasce a Marcianise il 17<br />

luglio 1950. Dopo la scuola elementare,<br />

comincia a scrivere brevi componimenti e lettere<br />

d’amore. Nel 1974 esplode la passione per<br />

la pittura: allontanatosi dal nucleo familiare,<br />

infatti, va a vivere in fitto, nella casa dove scopre<br />

e coltiva senza sosta il suo talento con i<br />

pennelli e i colori, cominciando a dipingere su<br />

tavolette di compensato. Da sempre appassionato<br />

di Vincent Van Gogh e Antonio Ligabue,<br />

comincia a professare l’ideale del’artista bohemièn,<br />

allestendo per le strade di Marcianise la<br />

sua “galleria” en plein air e vivendo di espedienti.<br />

Oltre a dipingere, infatti, pulisce a<br />

richiesta cantine e camini per gli abitanti del<br />

comprensorio. Si sposa due volte, la prima nel<br />

1968, quando il matrimonio naufragò, qualche<br />

anno dopo, per il suo ossessivo amore per l’arte.<br />

Con enormi sacrifici porta avanti i cinque<br />

figli nati dai due matrimoni. Nel frattempo<br />

continua a leggere e scrivere: Manzoni,<br />

Petrarca e Dante sono alcuni dei suoi autori<br />

preferiti. Al 2010 risale il furto di alcune sue<br />

tele e “damigiane ornate”. Attualmente vive<br />

nella sua baracca a Viale Carlo III.<br />

vernice in una casa vecchia che<br />

mia madre aveva affittato per me,<br />

poiché ero un fuggiasco senza<br />

meta. Accanto ai recipienti di<br />

metallo con dentro i colori, c’erano<br />

alcuni pezzi di legno e, in un<br />

angolo, coperti dalla polvere, riuscii<br />

a scorgere dei pennelli. Poi<br />

una notte, tra il 4 e il 5 marzo del<br />

’74, incominciai a dipingere su<br />

carta, fogli e tavolette di compensato.<br />

Non c’è mai stato un<br />

quadro che ho fatto per il successo,<br />

per diventare qualcuno, per<br />

far contento gli altri. La sola cosa<br />

che mi ha spinto, oltre alla necessità,<br />

è stata quella di avvertire il<br />

senso di ciò che sono e concretizzarlo,<br />

perché sentivo di non essere<br />

nulla. Sono autodidatta, non c’è<br />

stato mai nessuno che mi abbia<br />

insegnato. Nessuno ti insegna a<br />

scrutarti dentro».<br />

Il suo impero di tela Antonio lo<br />

ha costruito tutto da solo, una<br />

pennellata alla volta. Enormi<br />

tavole dipinte a caratteri cubitali,<br />

esposte a mo’ di cartelli all’esterno<br />

della sua baracca, informano<br />

autisti e passanti della sua condizione:<br />

“Aiutatemi ad essere onesto”,<br />

“Fame, freddo e debiti…eccomi”,<br />

“Vivere senza esistere”.<br />

Nemmeno l’iscrizione “Studio<br />

Artistico”, che capeggia all’ingresso<br />

della “bottega”, riesce a<br />

rendere la realtà meno dura di<br />

quella che è. Per arrivare dal pit-<br />

tore bisogna infatti farsi largo<br />

tra mobili vecchi, anticaglie e<br />

strumenti di fortuna che fanno<br />

da cornice al suo “angolo di<br />

lavoro”. Lamiere rivestite di feltro<br />

e addobbate con piante rampicanti<br />

completano il resto della<br />

piccola costruzione, che spicca<br />

da lontano per i colori accesi<br />

delle tele che la circondano.<br />

«Quando piove è amaro... e non<br />

si ferma nessuno – confida -. Ho<br />

impiegato quasi due mesi a<br />

costruire la mia bottega, dall’inizio<br />

di maggio ai principi di<br />

luglio. Ora ho dovuto mettere<br />

una trave per reggere il tetto,<br />

perché il peso dell’acqua ha<br />

infradiciato e spezzato i sostegni<br />

che c’erano. Vorrei uno studio<br />

artistico, un container dove dentro<br />

non ci piove, perché nella<br />

mia baracca piove e, quando<br />

viene giù a catinelle, devo mettere<br />

le bacinelle per terra, per raccogliere<br />

l’acqua». Difficile restare<br />

indifferenti quando a chiedere<br />

aiuto è qualcuno che grida senza<br />

voce. Gli appelli di Mandarino si<br />

susseguono da molti anni ormai,<br />

ma l’unico effetto sortito, a<br />

quanto pare, sembra sia stato<br />

solo il suo spostamento da una<br />

zona all’altra del territorio marcianisano:<br />

dalle scale della chiesa<br />

di S. Carlo, di fronte a piazza<br />

Umberto I, al Viale Carlo III, alla<br />

piazzola davanti al vecchio<br />

Teatro Mugnone, alla località<br />

Santella nei pressi dell’Ospedale<br />

fino al ritorno sulla Strada<br />

Provinciale, nei pressi del Big<br />

Maxi Cinema. Le condizioni,<br />

vistosamente precarie e difficili,<br />

in cui versa attualmente lo sfortunato<br />

artista, destano probabilmente<br />

l’attenzione non solo di<br />

acquirenti e curiosi.<br />

Per un momento Antonio perde<br />

l’aria del pittore e poeta di strada<br />

del <strong>2011</strong>, “Cavaliere dei pezzenti”,<br />

come egli stesso si è definito e<br />

acquista l’aura di un bohemièn di<br />

fine ottocento, stanco, sfibrato da<br />

questa epoca, un fratello di un<br />

altro tempo. Rifugge nella lettura<br />

e nella erudizione “fai da te” per<br />

trovare conforto. «La filosofia –<br />

dichiara - è un modo per esprimersi<br />

e per appagare l’animo<br />

stesso. A volte parlo con me stesso<br />

e mi ascolto. La filosofia è<br />

esser saggio, comprensivo, amabile,<br />

cortese. Il filosofo è un professore,<br />

spesso anche di sé stesso.<br />

Si può essere filosofi anche<br />

essendo analfabeti».<br />

Poi conclude: «Le mie opere<br />

nascono a seconda di come mi<br />

sento: quando sono triste esce un<br />

bianco e nero, se mi sento felice,<br />

soddisfatto, esce il sole che<br />

risplende dentro me e sulle tele.<br />

Se avverto dentro di me l’incedere<br />

di un evento catastrofico esce<br />

un pagliaccio e a quel punto mi<br />

dico: ridi pagliaccio, ridi tu che<br />

puoi: un giorno tutto passerà…»<br />

Pagina a cura di<br />

MARIO PIO CIRILLO


16 Domenica 11 dicembre 2010 TERRITORIO<br />

Il segreto è organizzare campagne di informazione sui rischi che minacciano la salute<br />

Prevenzione, invitata speciale<br />

Tra la Regione Campania e il<br />

Comune di Napoli da mesi è in<br />

corso un confronto serrato sulla<br />

realizzazione del termovalorizzatore<br />

di Acerra. Per ora, il progetto<br />

di costruzione è fermo perché la<br />

gara d’appalto è andata deserta per<br />

ben tre volte. L’emergenza rifiuti<br />

continua a dominare il dibattito<br />

politico in Campania e un tema<br />

molto controverso resta quello<br />

degli inceneritori. In Italia, sono<br />

51 i termovalorizzatori in funzione:<br />

si tratta di grossi impianti utilizzati<br />

per ridurre il volume visibile<br />

dei rifiuti da conferire in discarica.<br />

Dal risultato della combustione<br />

vengono prodotte quantità notevoli<br />

di ceneri, fumi e polveri di cui<br />

non possono essere trascurati possibili<br />

danni alla salute e all’ambiente,<br />

in particolare quelli provocati<br />

dalle diossine e dai metalli pesanti.<br />

Si tratta, secondo la classificazione<br />

Diossine e metalli pesanti degli inceneritori<br />

pericolosi veicoli di patologie tumorali<br />

Airc (International agency for<br />

research on cancer), di cancerogeni<br />

certi per l’uomo.<br />

Evitare o ridurre i rischi causati da<br />

un’esposizione alle sostanze nocive<br />

è l’obiettivo della prevenzione primaria,<br />

rivolta a soggetti sani. Nel<br />

caso dei cancerogeni, è impossibile<br />

identificare una soglia di esposizione<br />

alla sostanza al di sotto della<br />

quale si annulla il rischio di sviluppare<br />

il tumore correlato. Ciò dipende<br />

dal fatto che la suscettibilità<br />

al tumore ha una componente soggettiva.<br />

È evidente, però che all’aumentare<br />

dell’esposizione, aumenta<br />

il rischio. L’unico modo per evitare<br />

di contrarre la malattia, è<br />

scongiurare qualsiasi contatto con<br />

le sostanze cancerogene. Informare<br />

sui rischi è un primo passo<br />

verso una maggiore consapevolezza<br />

dei pericoli che si corrono al loro<br />

contatto.<br />

Uno studio molto recente in Italia<br />

ha stimato un notevole aumento<br />

del rischio per tutti i tipi di tumore<br />

nella popolazione femminile, analizzando<br />

un campione di donne<br />

residenti dal 1990 al 2003 nel raggio<br />

di 3,5 chilometri da due impianti<br />

di incenerimento contigui<br />

(Progetto Enhance Health. 2007).<br />

Un altro studio significativo, condotto<br />

in Inghilterra su 72 inceneritori<br />

e su una popolazione di 14<br />

milioni di persone, ha evidenziato<br />

che, all’allontanarsi degli impianti,<br />

diminuiva in maniera significativa<br />

l’incidenza dei tumori. (Cancer<br />

incidence near municipal solid<br />

wasteincinerators in Great Britain,<br />

Br J. Cancer 1996).Una serie di evidenze<br />

scientifiche ha permesso di<br />

dimostrare, nel corso degli anni, i<br />

danni provocati dalle emissioni di<br />

sostanze cancerogene da parte<br />

degli inceneritori di vecchia generazione.<br />

Ciò trova conferma anche<br />

nelle parole dell’Associazione italiana<br />

di epidemiologia (Aie): «Gli<br />

impianti di vecchia generazione<br />

hanno comportato l’esposizione<br />

ambientale della popolazione residente<br />

a livelli elevati di sostanze<br />

tossiche. Studi non contestabili<br />

hanno messo in evidenza eccessi di<br />

tumori riconducibili all’esposizione<br />

a diossine». D’altra parte, non<br />

esistono ancora sul piano scientifico-epidemiologico<br />

prove in grado<br />

di stabilire che gli inceneritori<br />

attualmente in funzione sul territorio<br />

italiano abbiano impatti minori<br />

sul rischio di sviluppare patologie<br />

neoplastiche. Eppure, è evidente<br />

che l’inceneritore non risolve il<br />

problema della spazzatura, sia perché<br />

lo sposta in atmosfera e in<br />

discarica, sia perché è in contrasto<br />

con la riduzione dei rifiuti e il riciclo<br />

dei materiali. Potenziare la raccolta<br />

differenziata significa depotenziare<br />

l’attività degli inceneritori,<br />

che, una volta costruiti con notevole<br />

dispiego di risorse economiche,<br />

hanno bisogno di una fonte<br />

continua di rifiuti per alimentarli.<br />

Pagina a cura di<br />

IMMA SOLIMENO<br />

L’ONCOLOGA: CAMBIARE STILE DI VITA<br />

La dottoressa Maddalena<br />

Bianco è<br />

specialista in oncologia<br />

e responsabile<br />

dell’Unità o-<br />

perativa semplice di<br />

Oncologia dell’ospedale<br />

di Gragnano.<br />

Che spazio c’è<br />

per la prevenzione<br />

primaria nella sua attività clinica<br />

quotidiana?<br />

I pazienti che osservo sono già affetti da<br />

neoplasie, per cui è fuori tempo parlare<br />

con loro di prevenzione primaria del<br />

tumore già presente. Per questi pazienti è<br />

importante comunque stabilire protocolli<br />

di prevenzione primaria, perché essi sono<br />

più a rischio dei soggetti sani nello sviluppare<br />

un secondo tumore. Le pratiche di<br />

prevenzione che consiglio riguardano<br />

soprattutto lo stile di vita: astensione dal<br />

Istituzioni e scuole<br />

in prima linea<br />

al fianco dei medici<br />

fumo, ridurre il consumo di grassi saturi,<br />

come quelli animali, aumentare il consumo<br />

di fibre. Molto dipende anche dal singolo<br />

paziente e dall’attività lavorativa che<br />

svolge.<br />

Ritiene che l’informazione prodotta<br />

sulla prevenzione primaria sia sufficiente?<br />

A chi spetta il compito di veicolare<br />

tale informazione?<br />

Penso che sia un aspetto della medicina<br />

finora troppo trascurato, su cui si dovrebbe<br />

puntare maggiormente l’attenzione. In<br />

primo luogo, alla scuola e alle istituzioni<br />

in generale spetta il compito di promuo-<br />

vere la prevenzione primaria. Questo,<br />

attraverso campagne di sensibilizzazione<br />

che possono avere un maggior impatto<br />

sociale rispetto al singolo medico: campagne<br />

anti-fumo, educazione alimentare<br />

e sessuale. Le istituzioni potrebbero<br />

intervenire, per esempio, attraverso la<br />

bonifica di aree industriali dismesse, in<br />

cui si faceva uso di amianto. Pensiamo<br />

all’area di Bagnoli, a nord di Napoli. Nei<br />

luoghi di lavoro, si dovrebbe prestare<br />

maggiormente attenzione all’utilizzo dei<br />

“cancerogeni professionali”, come il benzene.<br />

Chi deve consigliare per primo la prevenzione?<br />

Spetterebbe, a mio avviso, anche al medico<br />

di medicina generale e al pediatra di<br />

base. È con loro, più che con lo specialista,<br />

che le famiglie hanno contatti molto<br />

più frequenti. Dei propri pazienti conoscono<br />

le condizioni di vita, le abitudini<br />

alimentari e lavorative.<br />

PAPILLOMA<br />

Un vaccino<br />

per le donne<br />

LEUCEMIE<br />

Traffico<br />

sotto accusa<br />

ALIMENTI<br />

Anche il cibo<br />

ha il suo peso<br />

RAGGI SOLARI<br />

Vietate<br />

le lampade<br />

Il tumore della cervice<br />

uterina è stata<br />

la prima neoplasia<br />

riconosciuta dall’Organizzazione<br />

Mondiale della<br />

Sanità come totalmente<br />

riconducibile<br />

ad un’infezione: si<br />

stima che nel 95 per<br />

cento dei casi può essere ricondotta ad un’infezione<br />

genitale da papilloma virus umano<br />

(HPV), sessualmente trasmesso.<br />

Sono ben 3500 i casi di carcinoma del collo<br />

dell’utero diagnosticati in Italia ogni anno,<br />

ma il dato più allarmante è che oltre 1500<br />

donne muoiono a causa di questo tumore.<br />

Una strategia efficace di prevenzione primaria<br />

è la vaccinazione contro il papilloma<br />

virus. In Italia, a partire dal 2008, è in corso<br />

una campagna di offerta del vaccino gratuita,<br />

promossa dal ministero della Salute: è<br />

rivolta alle ragazze che hanno un’età compresa<br />

tra gli 11 e i 12 anni.<br />

Negli ultimi anni, si<br />

registra un aumento<br />

dei tumori<br />

infantili. In particolare,<br />

una monografia<br />

recente dell’Associazione<br />

italiana<br />

registri tumori ha<br />

messo in luce un<br />

incremento del 1,6<br />

per cento annuo per le leucemie e del 4,6 per<br />

cento per i linfomi nei bambini. Una causa<br />

possibile può essere individuata nell’ambiente:<br />

l’inquinamento atmosferico e l’uso massiccio<br />

di combustibili fossili sono particolarmente<br />

dannosi per l’infanzia. L’unica forma<br />

di prevenzione primaria è cambiare radicalmente<br />

il nostro stile di vita: riducendo l’uso<br />

delle automobili in città e diminuendo le<br />

occasioni di esposizione dei bambini all’inquinamento<br />

atmosferico. Una politica che le<br />

istituzioni, Comuni in testa, dovrebbero<br />

attuare è aumentare le zone a traffico limitato<br />

nelle città esposte a questo rischio.<br />

Anche un’alimentazione<br />

scorretta può<br />

rappresentare un<br />

rischio per l’insorgenza<br />

del cancro.<br />

Negli ultimi decenni,<br />

istituzioni pubbliche<br />

e organismi<br />

scientifici sono corse<br />

ai ripari, in molti<br />

Paesi del mondo, promuovendo, attraverso<br />

campagne di sensibilizzazione, abitudini alimentari<br />

e stili di vita più sani al fine di scongiurare<br />

nella popolazione i fattori di rischio<br />

di tumori. In particolare, l’American cancer<br />

society ha diffuso nel 2002 le linee guida su<br />

nutrizione e attività fisica per la prevenzione<br />

del cancro. Tra le più importanti: mangiare<br />

cibi sani, prediligendo quelli che provengono<br />

da fonti vegetali, ridurre il consumo di alimenti<br />

ad alta densità energetica, prestare<br />

attenzione ai metodi di lavorazione, cottura e<br />

conservazione, adottare uno stile di vita fisicamente<br />

attivo.<br />

Principale fattore<br />

di rischio dell’insorgenza<br />

di tumori<br />

cutanei è rappresentato<br />

da<br />

un’elevata esposizione<br />

alle radiazioni<br />

solari, in<br />

particolare ai raggi<br />

ultravioletti, che<br />

possono determinare alterazioni a livello<br />

del Dna presente nel nucleo delle cellule<br />

dell’epidermide.<br />

Secondo studi recenti, ci sarebbe una<br />

stretta relazione tra lo sviluppo di un<br />

melanoma e l’uso di lampade abbronzanti:<br />

un rischio di contrarre il tumore pari<br />

addirittura al 75 per cento per le persone<br />

con un’età inferiore ai 35 anni. Questo da<br />

solo dovrebbe scoraggiare i giovani all’uso<br />

costante e prolungato dei lettini solari. La<br />

prevenzione primaria si può fare prendendo<br />

una serie di precauzioni durante<br />

l’esposizione al sole.


TERRITORIO<br />

Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

17<br />

Il male oscuro colpisce sempre più persone ma con la cura giusta è possibile guarire<br />

Depressione: il ghiaccio è rotto<br />

Secondo l’Oms, è la seconda causa di malattia in tutto il mondo<br />

“La depressione colpisce a caso: si<br />

tratta di una malattia, non di uno<br />

stato d'animo”. Questa frase dello<br />

scrittore marocchino Tahar Ben<br />

Jelloun riassume il concetto democratico<br />

di quella che ormai è la<br />

seconda causa di malattia al<br />

mondo, secondo l’Oms, l’Organizzazione<br />

mondiale della sanità. In<br />

passato era chiamata “melanconia”,<br />

parola che deriva dal greco e significa<br />

bile nera. Sebbene non siano<br />

state evidenziate ancora caratteristiche<br />

genetiche specifiche, sono<br />

molti i fattori che supportano la<br />

teoria dell’esistenza di un inadeguato<br />

funzionamento dei sistemi<br />

di neurotrasmissione di quelle<br />

sostanze come la serotonina da cui<br />

dipendono le regolazioni del nostro<br />

umore. Oltre a questi squilibri<br />

biochimici sono molte le cause che<br />

portano una persona allo sviluppo<br />

di una sindrome depressiva come<br />

la predisposizione familiare e personale.<br />

C’è inoltre una componente<br />

ereditaria. I soggetti più esposti<br />

sono soprattutto le persone dotate<br />

di una notevole sensibilità e intelligenza.<br />

È noto infatti che molti<br />

grandi del passato come scrittori,<br />

scienziati, poeti, pittori e musicisti<br />

soffrivano di problemi psichici.<br />

Le manifestazioni cliniche della<br />

depressione sono varie: umore<br />

basso, indebolimento della memoria,<br />

cattiva concentrazione, bassa<br />

autostima, eccesivo senso di colpa,<br />

mancanza di fiducia, senso di<br />

impotenza fino all’ideazione suicidaria.<br />

Queste riguardano la sfera<br />

emotivo-cognitiva mentre tra<br />

quelle neurovegetative ci sono l’anedonia<br />

(incapacità a provare piacere),<br />

la diminuzione del desiderio<br />

sessuale, l’insonnia, la perdita di<br />

appetito, l’agitazione, l’affaticamento<br />

e la sensazione di star peggio<br />

al mattino. Bisogna appurare se<br />

il problema dell’umore è molto<br />

invalidante per una persona<br />

soprattutto in ambito lavorativo.<br />

Ad accompagnare l’insieme degli<br />

elementi che provoca la malattia<br />

c’è la componente ansiosa.<br />

Tuttavia con una corretta cura farmacologica<br />

e una buona psicoterapia<br />

si può uscire dal tunnel. La persona<br />

depressa è da considerarsi a<br />

tutti gli effetti malata e perciò il<br />

problema non deve essere preso<br />

sottogamba da familiari o amici.<br />

Anzi, questi dovrebbero dimostrare<br />

ancor di più affetto verso il proprio<br />

caro anche se quest’ultimo si<br />

mostra freddo e ha solo voglia di<br />

stare da solo. Sono solo gli effetti<br />

della malattia. Qualsiasi manifestazione<br />

di gioia da parte dei suoi<br />

cari, qualsiasi cosa che normalmente<br />

gli provocava piacere, nel<br />

suo stato gli è completamente<br />

indifferente. Si sente enormemente<br />

in colpa nel vedere gli altri impegnarsi<br />

a dargli una serenità che<br />

solo il tempo e una cura ben fatta<br />

possono realizzare. Quindi incoraggiare<br />

e sostenere la persona<br />

amata nel primo periodo di terapia<br />

è essenziale perché inizialmente ci<br />

sono solo effetti collaterali ai farmaci<br />

quali cefalea, disturbi<br />

gastrointestinali e sedazione. Però<br />

col tempo arrivano i benefici e il<br />

soggetto si sente sempre meglio.<br />

Fino al momento in cui riprende le<br />

sue normali attività e i sintomi spariscono.<br />

Allora c’è una diminuzione<br />

di somministrazione di antidepressivi<br />

da parte del medico.<br />

Quando non ci si accorge che questi<br />

farmaci non sono più necessari,<br />

possono sovraeccitare e si può sfociare<br />

nella mania, considerata da<br />

alcuni come l’opposto della<br />

depressione. Mentre in quest’ultima<br />

la persona che ne è affetta è<br />

cosciente del suo stato, nelle mania<br />

ne è completamente inconsapevole.<br />

I sintomi sono l’umore elevato<br />

fino all’eccitazione, l’aumento di<br />

energia e la grandiosità cioè la percezione<br />

che si è capaci di far tutto<br />

come un dio perciò nei casi più<br />

gravi si parla di deliri di onnipotenza.<br />

I problemi più frequenti riguardano<br />

la sfera sessuale (infedeltà,<br />

rapporti promiscui o non protetti)<br />

e la sfera economica (spese pazze<br />

in divertimenti e imprudenti investimenti).<br />

Questi episodi sono preceduti<br />

da una diminuita necessità<br />

di dormire per giorni o intere settimane.<br />

La prima volta che si presenta<br />

un stato del genere, deve<br />

intervenire il medico per decidere<br />

di somministrare uno stabilizzatore<br />

dell’umore o, se è necessaria,<br />

Pagina a cura di<br />

FEDERICA MASSARI<br />

un’ospedalizzazione psichiatrica.<br />

Esclusi casi particolarmente gravi,<br />

di tutto questo si può guarire.<br />

Anche se una persona è destinata<br />

tutta la vita ad andare magari saltuariamente<br />

da uno psicoterapeuta<br />

o a prendere il farmaco indicato<br />

come cura di mantenimento, la<br />

soluzione sta nel pensare che come<br />

ad esempio un malato di diabete<br />

assume insulina così chi soffre di<br />

disturbi della psiche è destinato a<br />

curarsi. Il rimedio c’è, allora, perché<br />

non guarire?<br />

Abuso<br />

di farmaci<br />

Al giorno d’oggi erroneamente si<br />

dice che il tavor, il più comune tra<br />

gli ansiolitici, non si nega a nessuno.<br />

Sono poche ormai le persone<br />

che non hanno mai sofferto di<br />

ansia, o di insonnia o di un attacco<br />

di panico. È difficile che un<br />

paziente al primo campanello di<br />

allarme vada dal solo vero specialista<br />

in materia, ovvero lo psichiatra.<br />

Nonostante non si pensi<br />

quasi più che la psichiatria sia la<br />

branca dei pazzi, ancora c’è qualcuno<br />

restio ad andarci. Quindi si<br />

va dal medico di base e successivamente,<br />

se il disturbo persiste,<br />

dal neurologo, che fanno lavori<br />

affini ma diversi da quello dello<br />

psichiatra, che si trova spesso a<br />

dover modificare una cura errata<br />

somministrata dai suoi colleghi.<br />

Mensile di cultura e informazione sportiva


18 Domenica<br />

11 dicembre 2010<br />

In tempo di crisi, boom di iniziative che garantiscono alimenti freschi ai consumatori<br />

Risparmio di qualità a “km 0”<br />

In alcuni comuni della regione<br />

Campania i mercati di Campagna<br />

Amica a "km 0" rappresentano<br />

ormai una realtà consolidata,<br />

offrendo una valida alternativa alle<br />

logiche della grande distribuzione<br />

e portando la qualità e la genuinità<br />

sulla tavola e sulla bocca di tutti.<br />

Tutto è partito da una raccolta<br />

firme della Coldiretti in due regioni:<br />

in Calabria e in Veneto, infatti,<br />

le Amministrazioni hanno approvato<br />

leggi a favore dei cibi a “kilometro<br />

zero". Adesso è realtà anche<br />

in Campania, ove, i piccoli<br />

imprenditori con il supporto della<br />

Coldiretti garantiscono prodotti<br />

freschi ai consumatori. In questo<br />

modo si promuovono i prodotti<br />

locali in mense, ristoranti ed<br />

anche nella grande distribuzione<br />

con un duplice obiettivo: salvaguardare<br />

l'ambiente abbattendo le<br />

emissioni dei gas serra generati dai<br />

mezzi di trasporto e limitare i<br />

La Campania si mette al passo con il market-farm<br />

E con i trasporti ridotti c’è meno inquinamento<br />

costi sempre più elevati che bisogna<br />

sostenere per rifornire di carburante<br />

aerei, camion e navi. La<br />

linea di ristoranti "a kilometri<br />

zero" che è nata a Padova e si è<br />

estesa anche a Salerno, infatti, prevede<br />

che cibi e materie prime<br />

siano reperiti in un raggio che non<br />

superi i 100 km. L'idea è quindi<br />

quella di fornire un'alternativa che<br />

sia insieme ecologica, qualitativamente<br />

elevata ed enogastronomicamente<br />

geolocalizzata.<br />

I primi 10 mesi di attività del<br />

primo circuito campano di ristoranti<br />

a “Km zero”, attivo in provincia<br />

di Salerno, sono estremamente<br />

positivi infatti è sempre crescente<br />

il numero di clienti che ricerca in<br />

cucina i prodotti del territorio. I<br />

ristoranti del circuito “Km zero” si<br />

sono impegnati ad acquistare i<br />

prodotti da impiegare in cucina<br />

direttamente dalle imprese agricole<br />

che presidiando il territorio producono<br />

eccellenze introvabili<br />

altrove. Ben venga il piano di<br />

rafforzamento proposto dall’assessore<br />

regionale dell’Agricoltura,<br />

Gianfranco Nappi, per aumentare<br />

la conoscenza e il consumo delle<br />

produzioni tipiche e tradizionali<br />

campane nella ristorazione locale,<br />

infatti solo attraverso le filiera<br />

corta è possibile ritrovare il legame<br />

con il territorio coerentemente<br />

con il progetto di Coldiretti per<br />

una filiera tutta agricola e tutta italiana.<br />

Un progetto che prevede<br />

oltre 20.000 punti di vendita diretta,<br />

in filiera corta, aperti in tutto il<br />

paese, un modello organizzativo<br />

già presente in Campania con la<br />

prima vendita diretta organizzata,<br />

ove è possibile acquistare oltre 200<br />

tipologie di produzioni locali fresche<br />

o trasformate, quali ortofrutta,<br />

olio, vino con un risparmio<br />

minimo del 30% rispetto alla distribuzione<br />

tradizionale. Qualche<br />

esempio? Un pasto, prima di giungere<br />

nella cucina di un ristorante<br />

qualsiasi, percorre in media oltre<br />

1900 km su camion, navi o aerei.<br />

Secondo l’indagine della Coldiretti,<br />

un vino australiano, per giungere<br />

sulle tavole italiane, deve viaggiare<br />

per oltre 16.000 chilometri; consumando<br />

9.6 kg di carburante ed<br />

emettendo 29,3 kg di anidride carbonica.<br />

“Con la crisi, l'affermazione<br />

degli acquisti diretti dagli agricoltori<br />

è il frutto - sostiene la<br />

Coldiretti - della ricerca della combinazione<br />

ottimale tra qualità,<br />

sicurezza e prezzo, ma anche della<br />

crescente percezione della responsabilita'<br />

sociale ed ambientale che<br />

ha ogni atto di acquisto. Nei mercati<br />

degli agricoltori di 'Campagna<br />

Amica' - continua la Coldiretti - si<br />

trovano prodotti locali del territorio<br />

che non devono affrontare lunghi<br />

trasporti con mezzi inquinanti,<br />

messi in vendita direttamente dall'agricoltore<br />

nel rispetto di precise<br />

regole comportamentali e di un<br />

codice etico ambientale, sotto la<br />

verifica di un sistema di controllo<br />

di un ente terzo.<br />

Pagina a cura di<br />

FRANCESCO GIORDANO<br />

NASCE IL MADE IN TERRA<br />

Il Sannio risponde<br />

sempre meglio alla<br />

domanda di turismo<br />

di qualità e<br />

punta sulle buone<br />

tradizioni e i prodotti<br />

genuini che<br />

vengono dalla terra<br />

per creare un’altra<br />

occasione di promozione<br />

del distretto<br />

agroalimentare<br />

locale. Il mercatino della terra a “km<br />

zero” infatti, darà la possibilità ai produttori<br />

locali di promuoversi gratuitamente e<br />

di diffondere una buona pratica: l’acquisto<br />

diretto da chi produce. “Made in terra –<br />

afferma il presidente della Coldiretti<br />

Benevento Gennaro Masiello – è frutto<br />

del protocollo d’intesa tra Coldiretti e<br />

Comune di Cerreto Sannita per la valorizzazione<br />

dei prodotti del nostro Sannio”. ”.<br />

L’iniziativa vedrà l’esposizione di numerose<br />

aziende agricole della zona, che per-<br />

Condividere valori<br />

ed esperienze<br />

con grande creatività<br />

metteranno l’acquisto di numerosi e<br />

genuini prodotti agroalimentari del territorio.<br />

Prodotto di ottima qualità a costi<br />

contenuti, eliminando gli intermediari dal<br />

percorso. Altro aspetto importante è l’assaggio<br />

del prodotto prima dell’acquisto:<br />

come si può comprare l’olio senza averlo<br />

degustato sul pane o insieme ai fagioli? I<br />

ristoranti di Cerreto Sannita hanno di<br />

fatto proposto gratuitamente abbinamenti<br />

straordinari con l’olio nuovo dimostrando<br />

grande creatività ed energia. Il<br />

bello di Made in terra è proprio questo:<br />

l’incontro tra le persone e la condivisione<br />

di valori e di esperienze.<br />

AVELLINO<br />

Valorizzato<br />

il territorio<br />

BENEVENTO<br />

Costi<br />

contenuti<br />

CASERTA<br />

Zio Paperone<br />

fa la spesa<br />

NAPOLI<br />

Mercatino<br />

del biologico<br />

SALERNO<br />

Ristoranti<br />

low cost<br />

Favorire lo<br />

sviluppo del<br />

commercio<br />

attraverso la<br />

valorizzazione<br />

del territorio<br />

e la collaborazione<br />

con<br />

gli altri soggetti<br />

istituzionali presenti sul<br />

territorio.<br />

Ed è proprio per perseguire tale<br />

scopo che nasce il“Mercatino a<br />

km zero”, una sorta di fiera domenicale<br />

dei prodotti tipici locali e<br />

di stagione. Importanza che viene<br />

data a quegli alimenti che vengono<br />

prodotti a Montemiletto e<br />

nella zona che circonda il Paese,<br />

per un raggio di circa settanta<br />

chilometri. L'agrimercato ha il<br />

pregio di far dialogare piccoli<br />

produttori e consumatori rigorosamente<br />

bio.<br />

Realizzato in<br />

collaborazione<br />

con Coldiretti,<br />

“Made in Terra”<br />

sarà volto<br />

a promuovere<br />

la filiera corta<br />

e l’agricoltura<br />

di qualità. L’iniziativa vedrà l’esposizione<br />

di numerose aziende<br />

agricole della zona, che permetteranno<br />

l’acquisto di numerosi e<br />

genuini prodotti agroalimentari<br />

del territorio. Ottima qualità a<br />

costi contenuti, eliminando gli<br />

intermediari dal percorso produttore-consumatore.<br />

La prossima<br />

data di Made in terra è stata<br />

già decisa: l’8 dicembre a Cerreto<br />

Sannita in occasione della Festa<br />

dell’Immacolata e la fiera di<br />

Natale. Un’0ccasione per unire<br />

l’utile al dilettevole.<br />

"Conquista<br />

anche la copertina<br />

di Topolino<br />

il mercato<br />

degli a-<br />

gricoltori a<br />

chilometri<br />

zero che nell'ultimo<br />

numero<br />

affascina clienti comuni<br />

perché offre ''tutta roba sana, coltivata<br />

come si deve'' e persino l'attento<br />

Paperon De Paperoni ''che<br />

dopo aver perso un capitale cerco<br />

di risparmiare come posso''. "Il<br />

calo di vendite dei suoi supermercati<br />

- riferisce la Coldiretti - spinge<br />

Paperone a fare un giro al mercato<br />

degli agricoltori dove fanno<br />

la spesa anche i sui nipoti. I prodotti<br />

sono coltivati nelle terre<br />

intorno a Paperopoli cosi si evitano<br />

lunghi viaggi inquinanti per<br />

il trasporto e sono più buoni.<br />

A Napoli, in<br />

zona Vomero,<br />

( p i a z z a<br />

degli Artisti)<br />

ogni prima<br />

domenica del<br />

mese, dalle<br />

ore 08.00 alle<br />

20.00, si tiene<br />

il mercatino del biologico al quale<br />

partecipano circa 20 produttori<br />

della zona.<br />

Si possono acquistare frutta ed<br />

ortaggi di stagione, frutta secca,<br />

legumi secchi, olio e vino, miele ed<br />

altri prodotti dell’alveare, formaggi,<br />

conserve vegetali (marmellate,<br />

creme di castagne, passate<br />

di pomodoro, ortaggi sott’olio),<br />

cereali (orzo, farro), pasta,<br />

prodotti da forno (pane, dolci) e<br />

liquori. Anche Napoli è al passo<br />

con i tempi per garantire la freschezza<br />

dei prodotti.<br />

La Coldiretti<br />

di Salerno<br />

proporrà dal<br />

12 dicembre<br />

prossimo il<br />

primo circuito<br />

dei ristoranti<br />

a chilometri<br />

zero della<br />

provincia.<br />

Nel loro menù solo piatti a base<br />

di prodotti locali, acquistati<br />

direttamente dagli agricoltori.<br />

Un valore reale che aiuta la crescita<br />

del territorio, garantendo la<br />

riscoperta di sapori genuini ed<br />

educa ad un consumo etico che<br />

salvaguardia l'ambiente.<br />

Un progetto che prevede la vendita<br />

diretta come reale strumento<br />

per battere tutte le crisi accorciando<br />

la filiera e ridando il giusto<br />

valore ai soldi spesi dai consumatori.


TERRITORIO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Al via la I edizione di CineCibo, Festival internazionale a tema gastromico<br />

tanti gli appuntamenti, tra proiezioni e degustazioni di prodotti tipici locali<br />

Scena prima, ciak si mangia<br />

19<br />

La connessione c’è. Cinema e<br />

cucina si sono sempre incrociati,<br />

davanti e dietro la telecamera.<br />

Sceneggiature, ambientazioni, ma<br />

anche attori che diventano chef e<br />

cibi che diventano protagonisti di<br />

film. A ufficializzare il matrimonio<br />

tra mister cinema e lady cucina<br />

ci ha pensato CineCibo, il<br />

primo Festival Internazionale<br />

cinematografico a tema gastronomico.<br />

Organizzato da Donato Ciociola,<br />

sotto la direzione artistica di<br />

Nicola Acunzo e con la presidenza<br />

onoraria di Michele Placido, l’evento,<br />

che si propone di valorizzare<br />

la corretta alimentazione e il<br />

cinema di qualità, si è tenuto nella<br />

splendida cornice della Paestum<br />

dei templi.<br />

«Nasce a tavola l’idea di CineCibo,<br />

dal mio incontro con Nicola<br />

Acunzo e Michele Placido», racconta<br />

Donato Ciociola che spiega<br />

di come in realtà il cinema sia<br />

sempre stato attento alle questioni<br />

gastronomiche. A partire dalla<br />

prima proiezione dei fratelli<br />

Lumière, non è mai finito l’idillio<br />

tra la cucina e il cinema, un connubio<br />

perfetto, un legame stretto<br />

e indissolubile che li vede spesso<br />

complici, con il cibo che fa da protagonista<br />

o comunque da legante.<br />

Un programma ricco di gustosi<br />

appuntamenti ha allietato la tre<br />

giorni cilentana: dai dibattiti ai<br />

convegni, dagli spazi dedicati alla<br />

vincente formula dello Show<br />

Cooking alla cena spettacolo con<br />

Michele Placido, passando per le<br />

“Vie di Cinecibo”, percorsi tematici<br />

nella Piana del Sele per far<br />

conoscere le bellezze dei paesaggi<br />

con l’auspicio che possano<br />

diventare un giorno location di<br />

film e fiction.<br />

Il tutto nel suggestionante scena-<br />

A Paestum stand gastronomici<br />

dimostrazioni culinarie<br />

e Show cooking<br />

per la prima edizione di CineCibo<br />

il Festival internazionale del cinema<br />

a tema gastronomico<br />

rio del borgo ellenico. «Paestum è<br />

il cuore del Parco Nazionale del<br />

Cilento per la sua caratterizzazione<br />

storica e perché ha saputo<br />

rispondere sapientemente alle esigente<br />

del turismo con strutture<br />

ricettive di altissimo livello», scelta<br />

dunque per niente casuale<br />

secondo Ciociola.<br />

Non manca la competizione,<br />

sono due i concorsi cinematografici<br />

dedicati al cibo: uno per i<br />

lungometraggi e uno per i cortometraggi.<br />

Una manifestazione giovanissima<br />

e che proprio ai giovani talenti<br />

della gastronomia e dell’arte si<br />

rivolge: sono soprattutto le scuole<br />

ad aver animato le giornate di<br />

CineCibo come spettatori di una<br />

delle numerose proiezioni o da<br />

protagonisti nello Show Cooking.<br />

Positiva dunque la risposta del<br />

pubblico, non tanto quella del territorio:<br />

«L’evento ha avuto più<br />

risalto al di fuori della Campania.<br />

Ma questo, purtroppo è un problema<br />

generale per le cose buone<br />

che si fanno in queste zone. C’è<br />

poca sensibilità», fanno sapere<br />

dall’organizzazione. E dopo aver<br />

assaporato le prelibatezze locali,<br />

si può ammirare il parco archeologico<br />

di Paestum, custode di<br />

importanti reperti risalenti alla<br />

civiltà greca.<br />

Un goloso weekend, dunque, per<br />

rivedere film di qualità accompagnati<br />

da tipicità locali e per visitare<br />

il sud della provincia di Salerno,<br />

quel Cilento ricco di tradizioni<br />

culturali, di diversità enogastronomiche<br />

e di bellezze naturali.<br />

Pagine a cura di<br />

CARMEN GALZERANO<br />

ELENA CHIARA LIGUORI<br />

La Compagnia del Mistero alla kermesse<br />

Aggiungi<br />

un posto al killer<br />

La cena con delitto<br />

porta il teatro tra la gente<br />

La dimostrazione della scuola Perugina<br />

A lezione<br />

di cioccolato<br />

L’oro nero dei Maya<br />

protagonista delle pellicole<br />

La mostra dell’associazione ParvaRes<br />

Il lato gustoso<br />

di arte e design<br />

Film e buona tavola<br />

rivisitati da artisti campani<br />

Se le persone non vanno a<br />

teatro, allora c’è bisogno di<br />

portare il teatro nei posti<br />

dove la gente va. Con questo<br />

spirito nasce<br />

la Compagnia<br />

del Mistero,<br />

che ha<br />

animato la<br />

serata inaugurale<br />

di CineCibo<br />

con<br />

lo spettacolo<br />

Welcome to<br />

Flamingo<br />

Hotel.<br />

«È il discorso<br />

della montagna che va da<br />

Maometto», sintetizza Giovanna<br />

Chirico, fondatrice<br />

della compagnia teatrale.<br />

«Superiamo la barriera che<br />

di solito c’è tra attori e spettatori<br />

proponendo al pubblico<br />

una serie di spettacoli<br />

interattivi in giallo con le<br />

stesse caratteristiche della<br />

“Cena con<br />

delitto”».<br />

Ogni storia<br />

ruota infatti<br />

attorno ad un<br />

delitto,fra<br />

intrighi amorosi,<br />

giochi di<br />

potere, interessi<br />

economici<br />

e riti<br />

magici.<br />

Il pubblico<br />

partecipante ha il ruolo di<br />

investigatore: al termine<br />

dello spettacolo dovrà scovare<br />

gli elementi utili all’indagine<br />

e smascherare l’assassino.<br />

Anche il cioccolato può<br />

essere d’autore. I visitatori di<br />

CineCibo hanno potuto<br />

partecipare ad una dimostrazione<br />

di<br />

Massimiliano<br />

Guidubaldi,<br />

uno dei<br />

Maestri<br />

Cioccolatieri<br />

della scuola<br />

Perugina.<br />

«L’abbinamento<br />

tra cinema<br />

e cioccolato<br />

negli<br />

ultimi anni<br />

sta spopolando: si sono<br />

moltiplicati i film che prendono<br />

spunto da questo<br />

abbinamento. E la ragione è<br />

semplice, il cioccolato ci<br />

attrae tutti, la passione u-<br />

guale», dice il Maestro.<br />

Dalle atmosfere da favola<br />

de La fabbrica del cioccolato<br />

alla sensualità di Luca<br />

Argentero e<br />

Violante<br />

Placido in<br />

Lezioni di<br />

cioccolato,<br />

l’oro nero dei<br />

Maya porta<br />

inevitabilmente<br />

a pensieri<br />

passionali.<br />

«C’è<br />

sempre la<br />

storiella d’amore<br />

nei film che trattano<br />

di cibo, e in particolare di<br />

cioccolato – scherza Guidubaldi<br />

– perché nessuno<br />

resiste al cioccolato, come<br />

d’altronde alla passione».<br />

CineCibo non è solo degustazioni<br />

dei prodotti locali e<br />

proiezione di film a tema<br />

gastronomico.Tra una mozzarella<br />

e un<br />

film, nel Festival<br />

trova<br />

spazio anche<br />

un’interessante<br />

esposizione<br />

di arte<br />

contemporanea<br />

organizzata<br />

dall’associazione<br />

culturale<br />

ParvaRes.<br />

Arte e cibo sono un binomio<br />

italiano inscindibile,<br />

soprattutto nel Sud Italia, in<br />

cui l’arte trova spunto dai<br />

sapori e dai prodotti tipici e<br />

il cibo diventa arte a tavola.<br />

«L’unione è semplice – dice<br />

Vincenzo Pepe, direttore<br />

artistico della mostra – ci<br />

sono molti spunti a cui<br />

attingere per<br />

fare arte con<br />

il cibo».<br />

Gli stili in<br />

mostra sono<br />

tanti e differenti<br />

per colori<br />

e forme,<br />

ma hanno un<br />

unico collante,<br />

il cibo.<br />

Sandali decorati<br />

con<br />

una forchetta, candelabri<br />

fatti da cucchiai piegati<br />

hanno attirano la curiosità<br />

dei visitatori del Festival,<br />

rendendolo un’esperienza<br />

completa.


20 Domenica 11 dicembre 2010 EVENTI<br />

La prima tappa del tour <strong>2011</strong> è stata a Mercato San Severino al Gran Teatro Mediterraneo<br />

Mango vola alto con gli aquiloni<br />

Il nuovo album racconta sentimenti profondi e valori ormai dimenticati<br />

La voce di Lagonegro<br />

E' il 6 novembre 1954: a<br />

Lagonegro, città della<br />

provincia di Potenza, nasce<br />

Pino Mango. La sua<br />

diventerà una voce originale<br />

che fonde la melodia<br />

italiana con sonorità<br />

tipiche di altre culture<br />

come quella a-mericana,<br />

anglosassone o irlandese.<br />

E conierà un vero e<br />

proprio stile, tutto basato<br />

su continui cambi di<br />

pendenza: salite e discese<br />

dove la voce risalta<br />

senza esitazione: un cultore<br />

strenuo della perfezione<br />

stilistica. Tra le<br />

canzoni che lo hanno reso<br />

celebre, Bella d’estate,<br />

Oro, Mediterraneo, Ti<br />

porto in Africa.<br />

Era dal 2007, con “L’albero<br />

delle fate” , che Mango non<br />

realizzava un nuovo disco di<br />

inediti. Quest’anno il cantautore<br />

lucano torna sulle<br />

scene con “La terra degli<br />

aquiloni”, portando in alto la<br />

sua musica, ma soprattutto i<br />

sentimenti, le emozioni. La<br />

prima tappa del tour è stata<br />

Mercato San Severino, in<br />

provincia di Salerno, dove lo<br />

abbiamo incontrato.<br />

«La terra degli aquiloni – ci<br />

racconta Mango - raccoglie<br />

tante fantasie, è una terra<br />

immaginata attraverso il<br />

gioco dei bambini. Non solo,<br />

è anche fantasia nel senso<br />

più positivo del termine, una<br />

fantasia che emoziona. E l’emozione<br />

di solito viene dalla<br />

malinconia o dalla tristezza».<br />

Nel testo che dà il nome<br />

al disco si legge “la tristezza<br />

è una cosa seria, va d’accordo<br />

con il cuore e nella terra<br />

degli aquiloni ha parecchio<br />

da fare”. I brani, quindi, si<br />

presentano, fin da subito,<br />

delicati, poetici, ricchi di<br />

quei valori che già le nuove<br />

generazioni rimpiangono,<br />

perché sembrano non far<br />

più parte di questo mondo.<br />

Ma cos’è l’emozione? «L’-<br />

emozione vera – sostiene il<br />

cantante - è quella che si<br />

prova dentro, è quella che si<br />

ha mentre si salgono le scalette<br />

prima di arrivare sul<br />

palco, quando ti tremano le<br />

ginocchia; se in quel momento<br />

qualcuno ti dovesse<br />

chiedere come ti chiami, tu<br />

non sapresti rispondere».<br />

Traccia dopo traccia, la voce<br />

di Mango ha ancora molto<br />

da dire e da insegnare, come<br />

nella canzone “Guarda L’Italia<br />

Che Bella”, ninna-nanna<br />

d’amore per un Paese che<br />

sembra aver dimenticato la<br />

propria dignità e l’importanza<br />

della propria bellezza.<br />

C’è spazio in questo album<br />

anche per qualcosa di insolito,<br />

perché raramente accade<br />

che Mango inserisca nei<br />

suoi dischi canzoni inedite<br />

di altri autori. Evidentemente<br />

è stato impossibile<br />

sottrarsi al fascino de “Il Rifugio”,<br />

composizione di<br />

Maurizio Fabrizio e Guido<br />

Morra, tra i più nobili autori<br />

della canzone italiana (“Almeno<br />

Tu Nell’Universo”; “I<br />

Migliori Anni Della Nostra<br />

Vita” etc.). Ad accompagnare<br />

le parole eleganti, evocative<br />

è la musica, classica e allo<br />

stesso tempo moderna, popolare<br />

– che non è pop – e<br />

insieme ricercata.<br />

I temi cambiano e si aggiungono<br />

ai racconti personali<br />

ma ciò che rimane è la voce<br />

cristallina dell’artista, quella<br />

scala di note armonico/vocali<br />

che sembra dipingere su<br />

Pagina a cura di<br />

MARIA DI NAPOLI<br />

tela bianca un paesaggio ricco<br />

di colore e regala ogni<br />

volta nuove sfumature. Pino<br />

conquista ancora la critica e<br />

il pubblico: i fan lo seguono<br />

in tutta Italia e, spesso, spinti<br />

dalla passione acquistano<br />

anche biglietti per più tappe<br />

di uno stesso tour. E quando<br />

un concerto si chiude, ciò<br />

che resta è il messaggio lanciato<br />

dal cantautore: continuare<br />

ad alimentare la speranza<br />

e la volontà su un pianeta<br />

afflitto da incertezze e<br />

sofferenze. Fare ancora un<br />

po’ di strada per trovare la<br />

Terra Degli Aquiloni.


EVENTI<br />

Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Decimo forum dell’Osservatorio sulla radiofonia internazionale nella nostra lingua<br />

Tre giorni di confronti, esperienze e colloqui per la diffusione delle notizie<br />

Nel mondo si parla ItalRadio<br />

21<br />

Siamo abituati a pensare alla<br />

radio come ad un mezzo utile a<br />

intrattenere un guidatore nel<br />

traffico o tutt’al più una donna di<br />

casa intenta a sbrigare le sue faccende.<br />

A questa visione, imposta<br />

alle nuove generazioni dalla diffusione<br />

delle ormai imperanti<br />

nuove tecnologie, si affianca<br />

quella forse ancor più evidente, e<br />

per certi aspetti pericolosa, di<br />

una radio che rincorre internet e<br />

tv, nel tentativo di accaparrarsi<br />

un numero sempre maggiore di<br />

consumatori. Consumatori,<br />

appunto, non utenti. Ma se è<br />

questo il target del mezzo radio,<br />

allora non resta molto per quello<br />

che davvero questo strumento<br />

dovrebbe rappresentare. Ancora<br />

più ristretto poi è lo spazio che<br />

nell’immaginario comune occupa<br />

la diffusione radiofonica in<br />

lingua italiana. Una lingua che<br />

cela un patrimonio culturale in<br />

grado di spaziare tra i più disparati<br />

ambiti e di muoversi in aree<br />

geografiche impensabili. L’Osservatorio<br />

sulla radiofonia internazionale<br />

in lingua italiana<br />

Italradio nasce proprio da questa<br />

esigenza: promuovere l’uso della<br />

lingua italiana nella radiodiffusione<br />

valorizzando al contempo<br />

un mezzo ormai considerato<br />

superato. Un progetto di Luigi<br />

Cobisi e Paolo Morandotti,<br />

rispettivamente segretario generale<br />

e coordinatore scientifico<br />

dell’osservatorio, che dal ‘96 a<br />

oggi ha saputo intessere una rete<br />

di collaborazioni tuttora vitale e<br />

propositiva. Il decimo forum di<br />

Italradio si è aperto giovedì 24<br />

alla redazione de “La Civiltà<br />

Cattolica” di Roma, con un colloquio<br />

incentrato su pubblicazioni<br />

dedicate alla radio, tra cui<br />

ricordiamo il volume sui 60 anni<br />

L’emittenza<br />

nella scuola<br />

Luigi Cobisi<br />

segretario generale<br />

di ItalRadio<br />

e in basso<br />

la console dello studio<br />

della sala Marconi<br />

di Radio Vaticana<br />

Enrico Bellodi è professore<br />

di lettere a Bologna.<br />

Laureato nel 2001 con una<br />

tesi sul radio ascolto (successivamente<br />

pubblicata<br />

anche grazie<br />

all’ausilio di<br />

Luigi Cobisi),<br />

ha ricevuto il<br />

p r e m i o<br />

Italradio <strong>2011</strong><br />

al termine<br />

della terza<br />

sessione del<br />

d e c i m o<br />

forum dell’osservatorio.<br />

Un riconoscimento<br />

che viene assegnato<br />

ogni anno dal 1998. Lo scorso<br />

anno è stato conferito a<br />

Giuseppe Blasi, coordinatore<br />

della nostra Scuola di<br />

Giornalismo. Il presidente<br />

di Italradio, Nader Javaheri,<br />

ha consegnato a Bellodi la<br />

medaglia di Pietro Bembo,<br />

opera del maestro orafo fiorentino<br />

Paolo Penco. Bellodi<br />

ha ricevuto il premio<br />

come riconoscimento per<br />

«l'opera di promozione<br />

della radiofonia italofona<br />

per i giovani attraverso l'incontro<br />

personale<br />

e diretto<br />

per un utilizzo<br />

consapevole<br />

dei<br />

media conoscendone<br />

le<br />

modalità produttive<br />

ed<br />

espressive».<br />

Nella sua attività<br />

di insegnante delle<br />

scuole superiori infatti<br />

Enrico Bellodi con il suo<br />

entusiasmo coinvolge spesso<br />

i suoi giovani studenti,<br />

cercando di trasmettere<br />

loro la sua passione, proponendo<br />

visite a stazioni<br />

radio ed integrando i programmi<br />

disciplinari con<br />

nozioni di radiofonia e<br />

radioascolto.<br />

Onda Media<br />

Broadcast<br />

«Paragono le onde medie<br />

italiane ad un giardino che<br />

ha vissuto tempi fastosi ed<br />

ora si ritrova trascurato e in<br />

stato di abbandono». Sono<br />

le parole dell’ing.<br />

Roberto<br />

Furlan promotore<br />

della<br />

stazione in<br />

onda media<br />

di Bologna<br />

“Onda Media<br />

Broadcast”.<br />

Una stazione<br />

la sua che ha<br />

la potenza «di una stufetta»,<br />

come ammette lui stesso,<br />

ma è sufficiente a fornire un<br />

buon prodotto, seppur fruibile<br />

in una dimensione locale,<br />

con risultati soddisfacenti<br />

e buoni rapporti d’ascolto.<br />

Mosso da una passione<br />

viscerale per la radio, che fin<br />

da piccolo lo inchiodava al<br />

suo apparecchio ad ascoltare<br />

per ore i racconti di Radio<br />

di Radio Capodistria presentato<br />

da Lara Drcic e Donatella Pohar.<br />

Venerdì 25 la Sala Marconi di<br />

Radio Vaticana a Palazzo Pio ha<br />

invece ospitato la prima sessione<br />

di lavoro del forum, un confronto<br />

di esperienze sulla radiofonia<br />

in lingua italiana cui hanno partecipato,<br />

oltre alle colleghe di<br />

Radio Capodistria, Dusica Maticki<br />

e Sandra Zivanovic di Radio<br />

Serbia, Alessandro Prokorov<br />

della Voce della Russia e Stefano<br />

Cobino ex voce di Radio Budapest,<br />

oltre ad Au-gusto Chollet<br />

di Radiotelevisione Svizzera,<br />

Laura Cornero della Comunità<br />

Radiotelevisiva Italofona e Concetta<br />

Corselli di Radio Cairo. A<br />

fare gli onori di casa Rosario<br />

Tronnolone conduttore di<br />

“Orizzonti Cristiani”. E’ stata l’occasione<br />

per Morandotti e Cobisi<br />

di tracciare un bilancio sulla<br />

comunicazione radiofonica in<br />

italiano e sullo stato di attività<br />

dell’osservatorio. Un bilancio per<br />

certi versi impietoso ma ricco di<br />

PREMIO <strong>2011</strong> BOLOGNA LOREDANA CORNERO<br />

Mosca, Furlan ha voluto<br />

dimostrare come sia possibile,<br />

in maniera autonoma<br />

e senza spese eccessive,<br />

sfruttare le enormi po-tenzialità<br />

delle<br />

onde medie.<br />

Unico neo, il<br />

fatto che a<br />

fronte della<br />

facilità con<br />

cui tecnicamente<br />

ha<br />

potuto mettere<br />

su il suo<br />

impianto non<br />

ci sia stata una risposta<br />

normativa e burocratica<br />

dello stesso livello.<br />

È un peccato che il servizio<br />

pubblico ritenga di non<br />

dover utilizzare tutta la<br />

capacità trasmissiva assegnata<br />

al nostro Paese e che<br />

al contempo non aiuti le<br />

persone come Roberto<br />

Furlan con una legislazione<br />

adeguata.<br />

Una strategia<br />

per difenderci<br />

Loredana Cornero lavora<br />

alla direzione generale della<br />

Rai ed è presente al forum<br />

come segretario generale<br />

della Comunità Radiotelevisiva<br />

Italofona. Una<br />

realtà che esiste<br />

da 25 anni<br />

e che «in questi<br />

ultimi tempi<br />

- dice la<br />

Cornero - sta<br />

cercando di<br />

trovare una<br />

posizione più<br />

pragmatica e fattiva.<br />

Siamo sì un insieme di radio<br />

che parlano in italiano, ma<br />

da anni abbiamo un grande<br />

appoggio da parte delle istituzioni<br />

accademiche di lingua<br />

italiana come ad esempio<br />

l’Accademia della Crusca,<br />

proprio nell’ottica di<br />

una diffusione e promozione<br />

ancora maggiore della<br />

nostra lingua».<br />

spunti interessanti. Nel ’96, anno<br />

di nascita dell’osservatorio, 14<br />

stazioni su onda media e 13 su<br />

onda corta trasmettevano in lingua<br />

italiana: ad oggi la diffusione<br />

radiofonica in italiano si è drasticamente<br />

ridotta. «Alcune di queste<br />

realtà sono passate al web,<br />

altre sul satellite - spiega<br />

Morandotti - un orizzonte che<br />

lascia pensare come la radiofonia<br />

in italiano sia al tramonto».<br />

Internet non aiuta: «Essere<br />

costretti a pagare un abbonamento<br />

per poter ascoltare un’emittente<br />

per cui prima mi bastava<br />

una radiolina, mi fa sentire<br />

molto consumatore e poco utente<br />

- continua il coordinatore<br />

scientifico - . Eppure c’è ancora<br />

spazio per una comunicazione in<br />

italiano. A dimostrazione di questo,<br />

la seconda sessione di lavoro<br />

ha visto la produzione di una trasmissione<br />

registrata negli studi di<br />

Radio Vaticana cui hanno partecipato<br />

i giornalisti presenti alla<br />

sessione mattutina e durante la<br />

quale si è dato vita ad una diretta<br />

con lo studio radio presso la Fiera<br />

del Libro "Gaudeamus" di Bucarest,<br />

dove l’Italia è ospite d’onore.<br />

Il forum si è poi chiuso il<br />

giorno successivo con una visita<br />

alla stazione di Radio Vaticana di<br />

S.Maria di Galeria con un colloquio<br />

tenuto dal prof. Filippo<br />

Giannetti dell’Università di Pisa<br />

assieme all’ing. Costantino Pacifici<br />

sul tema «La sfida della diffusione,<br />

tra nuove tecnologie e<br />

capacità tecniche eredità di una<br />

consolidata esperienza».<br />

Pagina a cura di<br />

MATTEO MARCELLI<br />

Per Loredana Cornero<br />

quello della diffusione dell’italofonia<br />

«è un problema<br />

di strategia paese. C’è ancora<br />

un interesse assai vivace<br />

per la nostra<br />

lingua che<br />

esula dalla<br />

tipica e stereotipata<br />

simpatia italiana.<br />

Gli italiani<br />

portano<br />

avanti una<br />

loro cultura e<br />

conoscenza<br />

che va oltre i luoghi comuni.<br />

La nostra Lingua - conclude-<br />

ha una sua dignità<br />

culturale ma anche un’utilità<br />

economica e commerciale.<br />

La questione vera è<br />

che l’italiano è poco sostenuto<br />

da un sistema paese<br />

che non è minimamente<br />

confrontabile ad esempio<br />

con quello che appoggia la<br />

francofonia».


22 Domenica<br />

11 dicembre 2010 RUBRICHE<br />

Il libro di Francesco Grana. Prefazione di Fulvio Tessitore<br />

Il cortile dei gentili<br />

Prezioso contributo al dialogo interreligioso<br />

"Agnostici, che a motivo della questione su<br />

Dio non trovano pace; persone che soffrono<br />

a causa dei loro peccati e hanno desiderio<br />

di un cuore puro, sono più vicini al<br />

Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli "di<br />

routine", che nella Chiesa vedono ormai<br />

soltanto l’apparato, senza che il loro cuore<br />

sia toccato da questo, dalla fede". Lucidissima<br />

e sconvolgente è l'analisi di Benedetto<br />

XVI. Il suo pontificato diventa così il<br />

tempo della nuova evangelizzazione,<br />

soprattutto nei Paesi occidentali che stanno<br />

vivendo una progressiva secolarizzazione<br />

della società. "Io penso - afferma<br />

Ratzinger - che la Chiesa dovrebbe anche<br />

oggi aprire una sorta di "cortile dei gentili"<br />

dove gli uomini possano in una qualche<br />

maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo<br />

e prima che abbiano trovato l’accesso<br />

al suo mistero, al cui servizio sta la vita<br />

interna della Chiesa".<br />

Alle parole del Papa fanno eco quelle scritte<br />

dal cardinale Michele Giordano, scomparso<br />

il 2 dicembre 2010, nel suo ultimo<br />

articolo che viene ora pubblicato postumo<br />

dal giornalista Francesco Antonio Grana<br />

nel suo nuovo libro "Il cortile dei gentili",<br />

edito da L'Orientale Editrice. "La Chiesa -<br />

scriveva il porporato - deve essere un<br />

segno credibile, dando agli uomini del<br />

nostro tempo in modo inequivocabile la<br />

testimonianza evangelica di distacco dal<br />

danaro e dai beni di questo mondo, di<br />

distacco dal potere e da tutto ciò che lo<br />

conferisce o lo mantiene; quindi una testimonianza<br />

di povertà, di disinteresse, di<br />

umiltà, di sincerità, di purezza, di carità". E<br />

aggiungeva: "Il nostro modo incoerente di<br />

vivere la fede è oggi per molti una pietra<br />

d'inciampo, uno scandalo".<br />

Il cortile dei gentili può essere la soluzione<br />

alla cristianofobia, termine nuovo nel<br />

lessico pontificio? Può contribuire al dialogo<br />

interreligioso, alla conoscenza delle<br />

diverse realtà, delle diverse culture, alla<br />

convivenza di tutti i popoli del pianeta?<br />

Può riabilitare in Europa e in tutto il<br />

mondo occidentale Dio e i valori della<br />

fede cristiana? Francesco Antonio Grana<br />

analizza l'idea ratzingeriana del cortile<br />

dei gentili, sottolineandone le differenze<br />

con la "cattedra dei non credenti" realizzata<br />

oltre venti anni fa a Milano dal cardinale<br />

Carlo Maria Martini, e tratteggia,<br />

alla vigilia dell'anno della fede, il profilo<br />

del pontificato di Benedetto XVI teso a<br />

rimettere al centro la questione di Dio.<br />

Il volume di Grana è arricchito dalla prefazione<br />

di Fulvio Tessitore, già Rettore<br />

dell'Università di Napoli "Federico II" e<br />

Senatore della Repubblica, che nel 1994,<br />

insieme all'allora cardinale Joseph<br />

Ratzinger, inaugurò l'anno accademico<br />

della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale.<br />

"Mi compiaccio - scrive Tessitore<br />

- per il generoso entusiasmo di Francesco<br />

Antonio Grana e mi complimento con lui<br />

per la fedeltà che sa concepire per<br />

Benedetto XVI e per la gratitudine che sa<br />

conservare verso il cardinale Giordano,<br />

due grandi uomini di Chiesa".<br />

L’Orientale Editrice<br />

Corso Vittorio Emanuele, 286 -<br />

80135 Napoli<br />

Tel./fax 081405981<br />

Lib.EditOrientale@iol.it<br />

Quando si fa fatica<br />

anche solo a parlare<br />

a cura di<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

L’essere umano è pigro. È pigro quando deve<br />

fare, ma è pigro anche quando deve parlare. E<br />

allora cosa fa? Per evitare di utilizzare troppo<br />

fiato – secondo lui più che prezioso – e spiegare<br />

i concetti articolando frasi complesse, si<br />

appropria di alcuni nomi concreti e dà luogo<br />

alla proliferazione dei verbi da essi derivati. Si<br />

chiamano, parola dei linguisti, verbi “denominali”<br />

o “aggettivali” (a seconda che nascano da<br />

un nome o da un aggettivo).<br />

Le forme più diffuse di questo modo di rendere<br />

la lingua ancora più sintetica di quello<br />

che è già sono da ricercare nel gergo comune<br />

e, molto spesso, vestono gli abiti di un verbo<br />

“normale” e non derivato. Si pensi a “commissariare”<br />

o a “criminalizzare”. Gli ambiti in cui<br />

questo fenomeno è più frequente sono<br />

soprattutto le mura del tanto amato quanto<br />

odiato universo burocratese. “Attenzionare”,<br />

“appuntamentare”, “scadenzare”, “efficientare”,<br />

“riscadenzare”, “urgenzare”: le orecchie dei<br />

linguisti doc sono sul punto di sanguinare ma<br />

non possono non ammettere che le parole<br />

che viaggiano a queste basse frequenze sono<br />

ormai realtà.<br />

Come funziona il meccanismo di proliferazione?<br />

La regola di formazione è sempre la<br />

stessa: a un nome, come “appuntamento”,<br />

“scadenza” o “urgenza”, o a un aggettivo, come<br />

“efficiente”, viene applicata la desinenza verbale<br />

“-are” della prima coniugazione. Si formano<br />

così nuovi verbi, transitivi o intransitivi,<br />

che hanno il vantaggio linguistico di essere<br />

estremamente sintetici, e che permettono,<br />

con un'unica parola, di esprimere un concetto<br />

che altrimenti avrebbe richiesto una perifrasi<br />

(“appuntamentare” per “fissare uno o più<br />

appuntamenti”, “scadenzare” per “fissare una<br />

serie di scadenze”, “efficientare” per “rendere<br />

efficiente”).<br />

L’atteggiamento di mal visione nei confronti<br />

di queste forme verbali è comprensibile e<br />

naturale ma, quando si parla di linguistica, l’estetica<br />

lascia il tempo che trova. È l’obiettività,<br />

invece, il principio cardine con cui vanno<br />

osservati i cambiamenti del nostro modo di<br />

parlare e interagire.


ITALIA/MONDO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

23<br />

I vitalizi vanno in pensione<br />

Il premier Mario Monti: «Siamo la terza economia dell’Europa<br />

e ci appelliamo al senso di urgenza e responsabilità di tutti gli italiani»<br />

“Rigore, crescita, equità” hanno<br />

orientato la manovra finanziaria<br />

del Consiglio dei Ministri:<br />

“lacrime e sangue” è ciò che si<br />

aspettano gli italiani per il prossimo<br />

futuro. Una visione forse<br />

un po’apocalittica.<br />

L’obiettivo di Monti e della sua<br />

squadra è quello di raggiungere il<br />

pareggio di bilancio nel 2013.<br />

Una prospettiva decisamente<br />

ottimista.<br />

Ciò che è importante per una<br />

flotta durante la burrasca è non<br />

perdere la fiducia nel nocchiero<br />

e magari che sia il primo a rinunciare<br />

alla sua razione di rancio se<br />

il fondo della pentola si comincia<br />

a intravedere. Verso questo<br />

senso inizia ad andare la riforma<br />

sui vitalizi dei parlamentari contenuta<br />

nella manovra.<br />

Dal primo gennaio 2012 si passerà<br />

anche per le pensioni degli<br />

onorevoli al sistema contributivo:<br />

rendite che potranno essere<br />

percepite solo al compimento<br />

del sessantesimo anno d’età per<br />

chi ha occupato gli scranni di<br />

Montecitorio per due o più mandati,<br />

sessantacinque per chi è<br />

stato parlamentare per una sola<br />

legislatura.<br />

Ad oggi, sono 2.238 i titolari di<br />

vitalizi con una spesa annua di<br />

218 milioni, ma dal primo gennaio<br />

saranno 228 gli ex deputati<br />

che vedranno slittare la pensione<br />

di 10 o 15 anni. Una riforma<br />

doverosa considerando che quelle<br />

degli ex parlamentari non<br />

saranno le uniche pensioni a slittare.<br />

Monti lancia infatti «un<br />

appello al senso di urgenza e<br />

responsabilità» per arrivare rapidamente<br />

anche al varo degli<br />

interventi sulle pensioni. E ricorda<br />

che se l'Italia non riuscisse a<br />

fare ciò che deve «le conseguenze<br />

sarebbero molto gravi per<br />

tutti». Tra le ipotesi in studio del<br />

Governo c’è un innalzamento tra<br />

i 41 e i 43 anni di contributi per<br />

uscire dal lavoro a qualsiasi età.<br />

L’adeguamento dell’età pensionabile<br />

delle donne a quella degli<br />

uomini, che allo stato attuale<br />

dovrebbe partire nel 2014 per<br />

arrivare gradualmente a 65 anni<br />

nel 2026, dovrebbe invece prendere<br />

il via l’anno prossimo per<br />

chiudersi nel 2016 o al massimo<br />

nel 2020. È stato annunciato<br />

anche il blocco dell’inflazione,<br />

ossia l’adeguamento della pensione<br />

al costo della vita.<br />

Riforme impopolari che hanno<br />

già messo sul piede di guerra i<br />

sindacati: il segretario Spi Cgil<br />

Carla Cantone propone al ministro<br />

del Welfare Fornero di<br />

«andare a prendere le risorse da<br />

chi le ha, da quelle categorie<br />

veramente privilegiate come i<br />

parlamentari, i manager e i dirigenti»<br />

mentre il collega della Cisl<br />

Bonanni chiede un incontro per<br />

La nuova manovra finanziaria colpirà anche i parlamentari<br />

«fare chiarezza».<br />

L’esecutivo Monti aveva pensato<br />

anche di ridurre le disparità tra<br />

le diverse aliquote contributive:<br />

quelle dei lavoratori autonomi<br />

dovrebbero salire di due punti<br />

percentuali (al 23%) con un<br />

incremento nelle casse dell’Inps<br />

di circa 1,2 miliardi di euro.<br />

Fino a poche ore prima del<br />

Consiglio dei Ministri c’era<br />

incertezza sulla riforma patrimoniale,<br />

o meglio il tetto oltre il<br />

quale farla scattare. Sulla questione<br />

contrapposti il Partito<br />

Democratico «chiediamo una<br />

soglia più bassa» e Pdl «ipotizzabile<br />

solo in casi estremi».<br />

Queste alcune delle riforme contenute<br />

nel provvedimento che il<br />

premier Monti ha illustrato il 30<br />

novembre a Bruxelles, al vertice<br />

dei ventisette ministri delle<br />

Finanze dell’Unione Euro-pea, in<br />

attesa del vertice dei leader europei,<br />

previsto per l’8 e il 9 dicembre<br />

che Monti ha definito «fondamentale.<br />

Ciò che sarà deciso o<br />

non deciso - ha aggiunto - avrà il<br />

verdetto dei mercati. Mercati<br />

che non ho mai demonizzato<br />

anche se non vanno presi come<br />

divinità».<br />

È all’interno dell’Ue che Monti<br />

vuol «vedere l’Italia in modo più<br />

possibile incisivo nel dibattito -<br />

ricordando che - è importante<br />

stare accanto a Germania e<br />

Francia, essendo la terza economia<br />

in zona euro ma - precisa -<br />

lo vogliamo fare con il metodo<br />

comunitario». Un chiaro messaggio<br />

che il nostro nocchiero ha<br />

lanciato alla cancelliera Merkel e<br />

al presidente francese Sarkozy.<br />

ALTERMINE<br />

L’ODISSEA<br />

DEL GOVERNO<br />

Fumata bianca a Bruxelles:<br />

secondo quanto scrive il sito<br />

di “Le Soir”, il principale quotidiano<br />

francofono, è stato<br />

raggiunto un accordo per formare<br />

un governo in Belgio,<br />

dopo una crisi da guinnes dei<br />

primati, durata 535 giorni.<br />

Sei partiti chiamati a formare<br />

le nuova coalizione federale.<br />

L'intesa verte su un documento<br />

programmatico di centottantacinque<br />

pagine, all’esame<br />

degli esperti dei partiti e dai<br />

negoziatori.<br />

Il nuovo esecutivo dovrebbe<br />

essere guidato dal socialista<br />

Elio Di Rupo, di origine italiana.<br />

Di Rupo sarebbe il primo<br />

ministro francofono e vallone<br />

dal 1974.<br />

Pare volgere al termine l’odissea<br />

del governo belga, che più<br />

volte negli ultimi mesi sembrava<br />

sul punto di essere risolta:<br />

da ultimo, lo scorso 8 ottobre,<br />

lo stesso Di Rupo sembrava<br />

a un passo dalla soluzione,<br />

salvo poi arrendersi a poche<br />

settimane di distanza.<br />

Iran, assalto all’ambasciata inglese. Il ministro Terzi: «episodio intollerabile»<br />

Primavera araba, secondo atto<br />

Trionfo in Egitto dei Fratelli Musulmani: si teme la deriva islamista<br />

Era il 4 novembre 1979 quando cinquantadue<br />

membri dell’ambasciata americana furono<br />

presi in ostaggio e rimasero prigionieri degli<br />

attivisti del regime di Khomeini per 444 giorni,<br />

fino al 20 gennaio 1981. A trent’anni di distanza,<br />

lo scorso 29 novembre, la folla inferocita ha<br />

assaltato e devastato l’ambasciata inglese.<br />

Contemporaneamente è stato attaccato anche<br />

il complesso diplomatico di Parco Gholak, nel<br />

nord della città, dove sono stati presi in ostaggio<br />

sei dipendenti, liberati dalla polizia.<br />

La Gran Bretagna è colpevole, agli occhi dei<br />

manifestanti, di aver reso più duro l’embargo<br />

per rallentare il programma nucleare e<br />

infatti domenica 26 novembre il Parlamento<br />

aveva votato l’espulsione dell’ambasciatore<br />

di Sua Maestà.<br />

Il governo iraniano ha biasimato l’assalto e ha<br />

assicurato che tutelerà le sedi diplomatiche nel<br />

rispetto delle regole internazionali, anche se la<br />

linea ufficiale del regime di Ahmadinejad è che<br />

l’ira degli studenti è, come ha affermato il presidente<br />

del Parlamento Ali Larijani, «conseguenza<br />

di secoli di tentativi di dominazione<br />

della Gran Bretagna». Immediata la reazione<br />

di Cameron: è stato richiamato in patria il personale<br />

diplomatico mentre sono state date 48<br />

ore a quello iraniano per lasciare Londra.<br />

Anche Parigi, Berlino e Oslo hanno ritirato i<br />

rispettivi ambasciatori.<br />

In Italia, il ministro degli Esteri Giulio Terzi, a<br />

Bruxelles nei giorni dell’assalto, ha chiesto alla<br />

Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano<br />

e ha dichiarato: «L’assalto alla sede britannica<br />

è intollerabile» . Ha poi richiamato da<br />

Teheran l’ambasciatore Alberto Bradanini. A<br />

pesare sul piatto della bilancia è soprattutto il<br />

possibile embargo sul petrolio: dall’Iran proviene<br />

infatti il 13 per cento del nostro greggio.<br />

«Quello dell’Iran – commenta Adalgiso<br />

Amendola, docente di Filosofia del Diritto<br />

dell’Università di Salerno – è un nodo non<br />

sciolto da molto tempo. Certo questi ultimi<br />

tumulti vanno letti nel contesto della<br />

Primavera araba. Sarebbe catastrofico se la si<br />

mettesse sul piano del rapporto tra Nazioni. In<br />

Pagina a cura di<br />

EMANUELA DE VITA<br />

Belgio<br />

generale si avverte il deficit storico di politica<br />

unitaria dell’Unione Europea».<br />

Espressione della Primavera araba è certamente<br />

la soglia del 50 per cento raggiunta dai<br />

Fratelli Musulmani in Egitto alle prime elezioni<br />

democratiche dopo la caduta di<br />

Mubarak. L’ascesa al potere della confraternita<br />

di Ikhwan, promossa da una partecipazione<br />

al voto intensa e corale, lascia sul chi va là<br />

gli osservatori occidentali: la domanda cruciale<br />

è se saranno davvero interlocutori<br />

moderati come si sono presentati durante la<br />

campagna elettorale.<br />

«Paragonare i Fratelli Musulmani ai fondamentalisti<br />

islamici – spiega il professore<br />

Amendola – è un punto di vista tipicamente<br />

occidentale. Il risultato del voto in Egitto è<br />

legato ai movimenti di piazza che infiammano<br />

il mondo arabo da diversi mesi. Per capire<br />

meglio queste elezioni, bisognerebbe capire<br />

cosa è successo nelle piazze, chi sono gli attivisti<br />

che hanno guidato le insurrezioni».<br />

Nelle settimane precedenti il voto s’era infatti<br />

infiammata di nuovo la rivolta in piazza Tahrir,<br />

a difesa della rivoluzione tradita dall’egemonia<br />

del Consiglio Supremo delle Forze Armate : i<br />

morti, anche stavolta, sono stati decine.<br />

«Le elezioni – conclude il professore dell’Università<br />

di Salerno – sono state espressione dell’insoddisfazione<br />

e della rabbia del popolo contro<br />

la volontà di placare la ventata di democrazia<br />

alzatasi lo scorso gennaio».

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