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Minori l’oltraggio infinito

Numero 58 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno<br />

Direttore Sergio Zavoli<br />

Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno<br />

Anno VII n. 58 € 0,50 tel. 089.969437 - fax 089.969618 - www.ilgiornalista.unisa.it<br />

Domenica 25 marzo 2012<br />

email: giornalismo@unisa.it<br />

Sped. Abb. Post. - 70% -<br />

CNS/CBPA Sud/Salerno<br />

Eventi d’Italia<br />

Salerno crocevia<br />

nel cammino<br />

verso l’Unità<br />

GIUSEPPE DI GENIO<br />

Pagina 3<br />

La riflessione<br />

La scrittura<br />

e il decalogo<br />

dell’umorismo<br />

GIOVANNANTONIO FORABOSCO<br />

Pagina 5<br />

Ellis Island a New York<br />

Il primo passo<br />

verso il sogno<br />

della Grande Mela<br />

l’inviata MARIA DI NAPOLI<br />

Pagina 8<br />

La vicenda di Sarah Scazzi strumentalizzata da stampa e televisione<br />

<strong>Minori</strong>, <strong>l’oltraggio</strong> <strong>infinito</strong><br />

L’informazione si piega sempre più alle regole dei reality show<br />

Spettacolarizzazione o diritto<br />

di cronaca? Il caso di<br />

Sarah Scazzi, la ragazzina<br />

uccisa ad Avetrana nell’agosto<br />

del 2010, somiglia sempre<br />

più ad un thriller. Gli<br />

ingredienti ci sono tutti: la<br />

vittima, i sospettati, i punti<br />

oscuri, la ricerca del movente,<br />

le indagini; psicologi,<br />

criminologi, magistrati che<br />

ricostruiscono, passo dopo<br />

passo, il delitto nei salotti<br />

televisivi, arrivando addirittura<br />

ad inscenare un processo<br />

(mediatico) con tanto di<br />

colpevolisti e innocentisti.<br />

MARINA CAVALIERE<br />

CARMEN GALZERANO<br />

ELENA CHIARA LIGUORI<br />

Pagine 12 e 13<br />

Unisa<br />

Valdesi<br />

e protestanti<br />

nel Belpaese<br />

al tempo<br />

medievale<br />

SIMONE SPISSO<br />

Pagina 2<br />

Andrea Russo e le sue sculture di carta<br />

Origami all’ombra del Vesuvio<br />

SIMONE SPISSO Pagina 14<br />

Arte Moderna<br />

La guerra<br />

dei musei<br />

BELLO, DI CICCO eESPOSITO<br />

Pagine 16 e 17<br />

Torraca nel Cilento<br />

La capitale<br />

del risparmio<br />

FRANCESCO SERRONE<br />

Pagina 9<br />

Stalking<br />

Le voci<br />

mute<br />

MARIO PIO CIRILLO<br />

Pagina 10<br />

Circumvesuviana<br />

Cercasi<br />

biglietto<br />

ALESSIO FUSCO<br />

Pagina 11<br />

Evasori<br />

mala<br />

gente<br />

In Italia la cifra che ogni<br />

anno viene sottratta all’erario<br />

è di circa 120 miliardi:<br />

2.000 euro a persona. La<br />

lotta all’evasione fiscale si è<br />

intensificata con il governo<br />

Monti, recenti blitz della<br />

Guardia di Finanza hanno<br />

evidenziato una situazione<br />

allarmante, specialmente a<br />

Napoli e in Campania.<br />

I controlli in città hanno evidenziato<br />

che quattro commercianti<br />

su cinque non<br />

adempiono agli obblighi<br />

fiscali arrivando all’85% di<br />

evasione. La presenza dei<br />

militari ha fatto alzare la<br />

media degli incassi fino al<br />

900%. Situazione simile<br />

anche ad Avellino (71%),<br />

Benevento (80%) e Caserta<br />

(83%). Mentre è uso comune<br />

tra i privati non dichiarare<br />

quello che si possiede,<br />

così ci si imbatte in persone<br />

disoccupate al volante di<br />

una Porsche.<br />

Intanto nel capoluogo campano<br />

i commercianti continuano<br />

a non fare gli scontrini,<br />

noncuranti delle sanzioni.<br />

Abbiamo visitato alcuni<br />

esercizi commerciali per<br />

renderci conto della situazione.<br />

I risultati sono stati<br />

sconcertanti.<br />

DAVIDE SAVINO<br />

Pagina 6<br />

La parola al presidente della Federazione campana della bcc<br />

La banca che non è una banca<br />

Teatro Mercadante<br />

Schiavitù,<br />

in scena<br />

una storia<br />

di dolore<br />

IMMA SOLIMENO<br />

Pagina 18<br />

È una banca, ma non chiamatela<br />

così. Il credito cooperativo<br />

ha forte radici nel<br />

passato ma si è evoluto. Il<br />

presidente della federazione<br />

campana della bcc ha spiegato<br />

agli studenti della<br />

Scuola di Giornalismo la<br />

storia di questo settore.<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

Pagina 7<br />

Luca Aquino<br />

Figlio<br />

del Sannio<br />

principe<br />

del jazz<br />

EMANUELA DE VITA<br />

Pagina 19<br />

LA VIGNETTA di Dado<br />

IL PUGNO<br />

“Il lavoro è una priorità”. È l'ultima<br />

uscita di Angelino Alfano, “apprendista”<br />

segretario del Pdl, che mal<br />

cela i desiderata del vero leader del<br />

partito: nessun intervento su giustizia<br />

e tv. Dopo questo, dopo il forfait<br />

di Berlusconi dato a Vespa per non<br />

mettere in difficoltà il delfino, e<br />

dopo la mancata telefonata al<br />

seminario di Orvieto, una domanda<br />

dovrebbe sorgere spontanea al<br />

giovane, rampante segretario: Ma<br />

che ci sto a fare qui(d)?<br />

Matteo Marcelli


2 Domenica 25 marzo 2012 News CAMPUS<br />

Unisa: un seminario sui temi dell’Inquisizione e della Riforma ecclesiastica<br />

Gli eretici del Valdismo<br />

Analisi del movimento protestante nato nel Medioevo<br />

unisa news<br />

SIMONE SPISSO<br />

I temi della Riforma protestante e<br />

dell’Inquisizione al centro di un<br />

seminario ospitato dall’Università<br />

di Salerno.<br />

Il dipartimento di Scienze politiche,<br />

sociali e della comunicazione<br />

ha proposto un’analisi del<br />

Valdismo: movimento protestante<br />

nato nel XII secolo dal<br />

mercante Valdo, che nel decennio<br />

1170-80 scelse la povertà<br />

evangelica, costituendo il primo<br />

nucleo della corrente.<br />

Sin dagli inizi, il Valdismo si<br />

scontrò con l’opposizione della<br />

Chiesa cattolica: al rifiuto del<br />

programma dei valdesi da parte<br />

del III Concilio Lateranense<br />

(1179) seguì infatti la scomunica<br />

del Concilio di Verona (1184).<br />

Emarginati dall’istituzione ecclesiastica,<br />

i valdesi conobbero tuttavia<br />

una larghissima diffusione nel<br />

periodo del basso Medioevo. «La<br />

loro disobbedienza al potere costituito<br />

della Chiesa fece di loro dei<br />

veri e propri scismatici» ha osservato<br />

il professor Alfonso Tortora,<br />

tra i relatori dell’importante convegno.<br />

«Il Valdismo divenne quindi il<br />

bersaglio prediletto del tribunale<br />

della Santa Inquisizione, fino allo<br />

sterminio dei suoi adepti nel 1561,<br />

insediarono a Napoli, lungo la dorsale<br />

che dall’Irpinia conduce alla<br />

Capitale».<br />

Ben tollerato e perfino difeso, dalla<br />

popolazione e dalla Chiesa locale, il<br />

Valdismo si espanse tra il XIII e il<br />

XIV secolo anche in Lombardia e<br />

in Linguadoca, giungendo fino in<br />

Provenza. Il fenomeno divenne<br />

così espressione del nesso molto<br />

stretto che lega i grandi movimenti<br />

di dissenso religioso e la riforma<br />

della Chiesa.<br />

Al dibattito ha preso parte anche il<br />

professor Claudio Azzara dell’ateneo<br />

salernitano, che si è soffermato<br />

sulle implicazioni storiche di questa<br />

nuova situazione. «L’eresia<br />

cessa di essere considerata un delitto<br />

religioso e dottrinario, e dall’arrivo<br />

dei valdesi in poi diventa un<br />

crimine perseguibile anche a livello<br />

penale. L’eretico viene infatti paragonato<br />

al reo di lesa maestà». La<br />

repressione dell’eresia divenne funzionale<br />

alla ristrutturazione della<br />

monarchia ecclesiastica, a partire<br />

dall’XI secolo, in un periodo in cui<br />

la Chiesa non si vergognava di far<br />

sfoggio della propria ricchezza e<br />

della propria potenza.<br />

Il Valdismo si propose quindi come<br />

fenomeno religioso dedito alla<br />

riscoperta della Chiesa delle origini,<br />

a partire dalla lettura del<br />

Vangelo. Ai valdesi furono riconosciute<br />

la libertà di culto e la pienezza<br />

dei diritti civili soltanto durante<br />

l’età napoleonica. Il movimento<br />

Emozioni, sogni, paure e disagi degli studenti<br />

I veri “sentimenti in gioco”<br />

Nuovo lavoro della professoressa Selvaggio<br />

Viaggio nell’universo giovani per conoscerli da vicino<br />

VALENTINA DE LUCIA<br />

frutto dell’alleanza tra la Chiesa e<br />

la Spagna: entrambe preoccupate<br />

dalla possibile nascita di uno Stato<br />

protestante nel cuore dell’Italia<br />

meridionale».<br />

Gli insediamenti valdesi, soprattutto<br />

al Sud, furono estremamente<br />

massicci. Dediti all’agricoltura, gli<br />

appartenenti al movimento emigravano<br />

in direzione dei centri<br />

periferici, per sfuggire al controllo<br />

dell’autorità ecclesiastica. Una<br />

vasta storiografia identifica nella<br />

Calabria il loro originario punto<br />

d’approdo. «In realtà - ha chiarito<br />

Tortora - le ultime ricerche consentono<br />

di stabilire che i valdesi si<br />

Bamboccioni, pigri, immaturi, irresponsabili,<br />

sfaticati…<br />

I giovani italiani sono sempre più spesso criticati<br />

e presentati in modo negativo e alquanto ironico.<br />

Soprattutto se paragonati a quelli di altri<br />

Paesi, i teenagers del Belpaese escono non poco<br />

danneggiati da statistiche in cui emerge che<br />

stentano a trovare una propria indipendenza<br />

economica e preferiscono rimanere a casa, con<br />

mamma e papà, fino a tardi.<br />

Ma è proprio così? Siamo davvero sicuri che sia<br />

una scelta dei giovani continuare a dipendere, in<br />

tutto e per tutto, dai propri genitori? Qualcuno,<br />

aldilà di sterili e generici dati, si è mai chiesto il<br />

perché? E, soprattutto, ha mai provato a chiederlo<br />

a loro?<br />

E’ quanto ha fatto la professoressa Maria<br />

Antonietta Selvaggio, ricercatrice della Facoltà<br />

di Scienze della Formazione dell’Università di<br />

Salerno, nel suo libro “Sentimenti in gioco.<br />

Testimonianze dal mondo studentesco”, presentato<br />

lunedì 12 marzo, nell’aula 9 della Facoltà di<br />

Lingue del Campus di Fisciano, dalla professoressa<br />

Maria Rosaria Pelizzari, docente del corso<br />

di laurea specialistica in Letterature comparate,<br />

con la partecipazione di Natale Ammaturo,<br />

direttore del Dipartimento di Scienze Umane,<br />

Filosofiche e della Formazione (Disuff), e di<br />

Gloria Chianese, vicedirettore della “Fondazione<br />

di Vittorio”.<br />

Protagonisti di quest’opera, originale e fresca,<br />

sono 32 studenti (16 romani, 12 napoletani e 6<br />

salernitani) che , attraverso una serie di domande<br />

e curiosità espresse dall’autrice, mettono a<br />

nudo i propri sentimenti, le emozioni e i pensieri<br />

più nascosti, tutti i dubbi e i desideri sul presente<br />

e sul proprio futuro.<br />

«La ricerca manifesta una maturità straordinaria<br />

e ci consente di entrare nel mondo dei<br />

giovani senza filtro – ha dichiarato il dottor<br />

Ammaturo – la grande novità sta proprio<br />

nell’aver discusso dei giovani facendo discutere<br />

i giovani».<br />

Da quest’analisi viva emerge che, sfatando miti e<br />

luoghi comuni, gli adolescenti sono ancora<br />

molto legati alla famiglia, non come albergo o<br />

rifugio dai problemi e dalle difficoltà esterni, ma<br />

come punto di riferimento che guida le loro scelte<br />

e la loro crescita.<br />

«Ho deciso di dar<br />

voce ai giovani – ha<br />

spiegato la dottoressa<br />

Selvaggio – perché<br />

potessero accompagnarci<br />

nel loro, difficile<br />

ma meraviglioso,<br />

universo. Non è vero<br />

che gli adolescenti di<br />

oggi non hanno valori,<br />

investono molto<br />

nelle relazioni e, se<br />

mancano rispetto,<br />

dialogo, solidarietà e<br />

comprensione, i ragazzi<br />

entrano in crisi,<br />

si sentono smarriti.<br />

Molte ragazze sognano<br />

la maternità per sentirsi realizzate prima di<br />

tutto come madri».<br />

Ed è proprio da questa intervista in profondità<br />

che emergono affinità e differenze con le vecchie<br />

generazioni.<br />

«Questo volume – ha sottolineato Gloria<br />

Chianese – introduce una disamina che ha presente<br />

anche la dimensione temporale e ci permette<br />

di creare un continuum che lega l’attuale<br />

condizione giovanile a quella del passato».<br />

La grande capacità dell’autrice sta proprio nell’aver<br />

ascoltato i ragazzi. L’opera non li giustifica<br />

ma non vuole neanche giudicarli perché, prima<br />

di poter parlare dei giovani, bisogna capire i<br />

disagi e i problemi del contesto in cui vivono.<br />

poté quindi dedicarsi a un’attività<br />

di evangelizzazione, che ne estese<br />

la presenza dalla seconda metà del<br />

XIX secolo in numerose città della<br />

penisola italiana.<br />

«I valdismi hanno un valore euristico:<br />

ci costringono a studiare i fenomeni<br />

storici senza precomprensioni»<br />

ha concluso il professor<br />

Grado Giovanni Merlo dell’Università<br />

di Milano, tra i massimi<br />

studiosi del fenomeno.<br />

Direttore<br />

Sergio Zavoli<br />

Direttore Responsabile<br />

Giuseppe Blasi<br />

Coordinamento<br />

Mimmo Liguoro<br />

Marco Pellegrini<br />

Redazione<br />

Valentina Bello, Marina Cavaliere,<br />

Mario Pio Cirillo,<br />

Valentina De Lucia, Emanuela<br />

De Vita, Mariarosaria<br />

Di Cicco, Maria Di Napoli,<br />

Pietro Esposito, Alessio Fusco,<br />

Carmen Galzerano,<br />

Francesco Giordano, Elena<br />

Chiara Liguori, Assunta Lutricuso,<br />

Matteo Marcelli, Federica<br />

Massari, Giorgia Mennuni,<br />

Davide Savino, Francesco<br />

Serrone, Imma Solimeno,<br />

Simone Spisso<br />

Le Firme<br />

Giulio Anselmi, Antonio Caprarica,<br />

Ferruccio De Bortoli,<br />

Tullio De Mauro, Aldo Falivena,<br />

Antonio Ghirelli,<br />

Gianni Letta, Arrigo Levi,<br />

Pierluigi Magnaschi, Renato<br />

Mannheimer, Ezio Mauro,<br />

Raffaele Nigro, Mario Pendinelli,<br />

Arrigo Petacco Vanni<br />

Ronsisvalle, Mario Trufelli,<br />

Walter Veltroni<br />

UNIVERSITA<br />

DEGLI STUDI<br />

DI SALERNO<br />

Prof. Raimondo Pasquino<br />

Rettore dell'Università<br />

Prof. Annibale Elia<br />

Direttore del Dipartimento<br />

di Scienze Politiche, Sociali<br />

e della Comunicazione<br />

Prof. Emilio D'Agostino<br />

Presidente del Comitato<br />

Tecnico-Scientifico<br />

della Scuola di Giornalismo<br />

Prof. Luca Cerchiai<br />

Preside della Facoltà<br />

di Lettere e Filosofia<br />

Autorizzazione del Tribunale di Salerno<br />

e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007<br />

Arti Grafiche Boccia di Salerno<br />

telefono: 089. 303311<br />

Distribuzione alle edicole<br />

Agenzia DI CANTO S.p.a. di Vito Di Canto<br />

Località Pezzagrande Zona ind. Eboli<br />

tel.0828. 340927<br />

fax: 0828. 340924<br />


TERZA PAGINA Domenica 25 marzo 2012<br />

3<br />

Salerno: storia, unità, costituzione<br />

GIUSEPPE DI GENIO*<br />

Parlare di Salerno Capitale<br />

come Città della<br />

Costituzione, sebbene sia<br />

qualcosa di affascinante che<br />

ci inorgoglisce come salernitani,<br />

non è propriamente<br />

esatto, se si guarda alla storia<br />

costituzionale e al percorso<br />

più o meno normativo<br />

che ha portato alla stesura<br />

formale della<br />

Costituzione del 1948.<br />

Tuttavia, in un periodo in<br />

cui la vera e alta cultura ha<br />

sempre più un ruolo secondario<br />

le iniziative delle<br />

Amministrazioni pubbliche<br />

sul tema (vi è anche la legge<br />

regionale n. 19 del 2010 su<br />

alcuni luoghi storici<br />

dell’Unità d’Italia) sono<br />

molto lodevoli e devono<br />

essere proseguite con il<br />

coinvolgimento permanente<br />

delle scuole, in ogni ordine<br />

e grado, e dei giovani salernitani.<br />

Essi devono poter<br />

crescere, formarsi e animarsi<br />

in uno spirito di libertà,<br />

educazione civica e tutela<br />

dei diritti.<br />

Il ruolo fondamentale dei<br />

Comuni tra l’altro è nella<br />

stessa Legge fondamentale,<br />

in particolare anche nella<br />

sua XVIII disposizione<br />

transitoria e finale.<br />

Sicuramente Salerno c.d.<br />

Lo sbarco<br />

degli Alleati<br />

e i ministri<br />

del governo<br />

Badoglio<br />

aprirono<br />

la strada<br />

democratica<br />

del nostro<br />

Paese<br />

Capitale d’Italia (ricordiamo<br />

il governo Badoglio e<br />

Bonomi) ha rappresentato<br />

un momento importante,<br />

forse non proprio determinante,<br />

perché inserito in un<br />

contesto più ampio, del<br />

nuovo assetto costituzionale,<br />

dopo le nefandezze del<br />

fascismo e del nazismo. La<br />

polemica sulla bandiera italiana<br />

nelle celebrazioni<br />

dell’Unità d’Italia testimonia<br />

questa prospettiva.<br />

Si può dire, infatti, che<br />

Salerno è stata una delle<br />

città prescelte dalla fortuna<br />

degli eventi che per varie<br />

esigenze, territoriali (lo<br />

sbarco in Sicilia e l’operazione<br />

Avalanche) e non, ha<br />

saputo rimboccarsi le maniche<br />

ed inserirsi nell’ambito<br />

di quel bellissimo periodo<br />

fecondo della vita unitaria e<br />

costituente della nostra<br />

Repubblica che ha portato<br />

linfa vitale e culturale alla<br />

nascita democratica del<br />

nostro Paese.<br />

Salerno è una città del sud,<br />

di quel sud inevitabilmente<br />

monarchico, che ha saputo<br />

ridefinire il proprio contributo<br />

morale e istituzionale<br />

partecipando attivamente,<br />

con lo sbarco e i suoi ministri,<br />

alla costruzione dell’esperienza<br />

repubblicana, di<br />

quella che potrebbe essere<br />

una sorta di Costituzione<br />

materiale ante litteram.<br />

Non dimentichiamo che<br />

paradossalmente il fatto<br />

costituente si è realizzato<br />

con una sorta di cessione<br />

etero-guidata di sovranità<br />

del e dal regnante al reggente<br />

(Luogotenente e<br />

Luogotenenza del regno<br />

con il R. D. n. 140 del 1944<br />

già sperimentata durante la<br />

prima guerra mondiale)<br />

ovvero con quel meccanismo<br />

storico per lo più consuetudinario,<br />

in costanza<br />

dello Statuto Albertino del<br />

1848, sotto cui si è determi-<br />

In tale prospettiva si può<br />

dire, allora, che Salerno non<br />

è stata propriamente la città<br />

della Costituzione (che non<br />

c’era) ma una delle tante<br />

città della guerra, un luogo<br />

della memoria e della<br />

discussione, che ha contribuito<br />

nel suo piccolo, senza<br />

formalismi di sorta, alla<br />

futura scelta (materiale)<br />

costituente.<br />

Nondimeno ha avuto,<br />

anche con il sangue della<br />

sua provincia cilentana, un<br />

ruolo forse ancora più<br />

importante nell’Unità<br />

d’Italia, di cui si celebrano i<br />

150 anni, come si evince da<br />

un documento, non richianata<br />

anche l’Unità d’Italia<br />

nel 1861, del decreto luogotenenziale<br />

n. 151 del 1944<br />

(emanato dopo la liberazione<br />

di Roma del 4 giugno<br />

1944 e convertito in legge<br />

dalla XV disposizione transitoria<br />

e finale della<br />

Costituzione del 1948), formalmente<br />

dato a Napoli il<br />

25 giugno 1944, in virtù del<br />

quale si è venuta a creare la<br />

c.d. prima Costituzione<br />

provvisoria, secondo cui,<br />

proprio in virtù del c.d.<br />

patto di Salerno del 1944,<br />

dopo la liberazione del territorio<br />

nazionale le forme<br />

istituzionali saranno scelte<br />

dal popolo italiano che a tal<br />

fine eleggerà a suffragio<br />

universale diretto e segreto,<br />

una Assemblea Costituente<br />

per deliberare la nuova<br />

Costituzione dello Stato (tra<br />

l’altro Bonomi venne ridimensionato<br />

nei successivi<br />

lavori costituenti).<br />

Alla stessa sono seguiti,<br />

poi, il n. 435 del 1945 sulla<br />

creazione del Ministero<br />

della Costituente nonchè il<br />

decreto luogotenenziale n.<br />

98 del 1946, la c.d. seconda<br />

Costituzione provvisoria,<br />

in cui venne definito quello<br />

che poi sarebbe stato il referendum<br />

istituzionale del 2<br />

giugno 1946.<br />

Scuola<br />

Medica:<br />

«Venite<br />

in città,<br />

condirete<br />

gli animi<br />

vostri<br />

con il sale<br />

della<br />

sapienza»<br />

mato nella versione degli<br />

storici, che lega proprio<br />

Costituzione e Unità<br />

d’Italia, il Proclama ai<br />

Napoletani del Generale<br />

Giuseppe Garibaldi della<br />

mattina del 7 settembre<br />

1860 dato a Salerno ma<br />

pubblicato in Napoli, che<br />

richiama ed urla “la concordia”,<br />

come prima necessità<br />

dell’Italia, per raggiungere<br />

l’unità della grande famiglia<br />

italiana.<br />

Al di là di tutto, Salerno<br />

c’era nell’Unità d’Italia e<br />

c’era nel cammino verso la<br />

Costituzione. Così, dunque,<br />

dignitosa e austera, senza<br />

celebrazioni chiassose ed<br />

eucaristiche, fiera del suo<br />

passato, guarda al suo futuro,<br />

al futuro dell’Italia<br />

nell’Europa unita e nel<br />

mondo.<br />

D’altronde, nei documenti<br />

storici della Scuola Medica<br />

salernitana vi era il seguente<br />

invito; “ O voi tutti, che bramate<br />

di bere la coppa<br />

dell’Elicona, venite di buon<br />

grado, venite a Salerno,<br />

dove condirete gli animi<br />

vostri con il sale della<br />

sapienza !....”.<br />

*Professore di Diritto<br />

Costituzionale<br />

Facoltà di Giurisprudenza<br />

Università di Salerno


4 Domenica<br />

25 marzo 2012


L’ARTICOLO Domenica 25 marzo 2012<br />

5<br />

Non ci resta che ridere<br />

Nella scrittura, allenarsi con l’umorismo è come fare preparazione atletica,<br />

che qualunque allenatore raccomanderebbe per ogni tipo di sport<br />

GIOVANNANTONIO FORABOSCO*<br />

Parlare di umorismo è come parlare del<br />

segreto di Pulcinella. Ma non di quello che<br />

tutti conoscono e nessuno prende sul serio.<br />

No, il vero segreto. Perché Pulcinella fa ridere?<br />

Perché è comico, buffo? E non solo questo.<br />

E’ divertente ma anche toccante, irrequieto,<br />

affamato, a volte malinconico, fa<br />

vibrare corde di sentimenti diversi. E capita<br />

che sia perfino politicamente impegnato.<br />

Pulcinella Eduardo fa il rivoluzionario contro<br />

Peppino Borbone (nel film “Ferdinando I,<br />

re di Napoli”).<br />

Attenti a quest’indovinello.<br />

“Che cos’è una banana?”<br />

“Una badonna babassa babassa”.<br />

Chi lo conosce già o ne conosce di simili è<br />

possibile che lo giudichi semplice e perfino<br />

infantile. Altrimenti una reazione tipica<br />

è a tre fasi: un momento di perplessità,<br />

poi “ah, ho capito”, quindi un senso di<br />

divertimento (ah, ah!) con eventuale risata<br />

o risolino. Naturalmente poi ci sono i sofisticati<br />

e gli ottusi che non capiscono e/o<br />

non si divertono.<br />

La barzellettina in questione è un testo umoristico.<br />

Per chi avesse un concetto alto<br />

dell’”umorismo” può sembrare un aggettivo<br />

non appropriato. In realtà traduce l’inglese<br />

“humour” che è diventato (come sport del<br />

resto) il termine con cui si designa tutto<br />

quello che ha a che fare con il divertimento<br />

che tende al sorriso e al riso, il comico, l’ironia,<br />

la satira, la barzelletta, la parodia, la caricatura<br />

e via dicendo. Esiste una International<br />

Society of Humor Studies e un International<br />

Journal of Humor Research (humor è la<br />

variante americana).<br />

Qual è il meccanismo dell’indovinello sulla<br />

banana? C’è una premessa sotto forma di<br />

domanda apparentemente normale e banale.<br />

La risposta introduce però un’incongruità:<br />

non corrisponde a un linguaggio dotato di<br />

senso. Ma c’è un elemento che risolve. E’<br />

quello che in termini aritmetici è la “raccolta<br />

a fattor comune”: eliminando il ba da ogni<br />

parola il tutto diventa logico e abbiamo la<br />

definizione di una nana (questioni discriminatorie<br />

ed etiche a parte).<br />

La percezione di incongruità è concetto<br />

chiave per tutte le forme di umorismo. Si<br />

lega alla violazione di un’aspettativa (ne parlava<br />

già Imanuel Kant), all’effetto sorpresa<br />

(Spencer lo sottolineò a fine ‘800), alla rottura<br />

di uno schema o modello, cioè a come ci si<br />

attende che le cose si presentino, quello che<br />

consideriamo logico e normale.<br />

Vista la rilevanza del concetto fornisco qualche<br />

altro esempio: 1) Gioco a carte e mi<br />

trovo in mano un asso di cuori nero (Bruner<br />

e Postdam ne fecero un famoso esperimen-<br />

Chi non è direttamente interessato a scrivere<br />

in maniera divertente o brillante<br />

può comunque trarre beneficio<br />

da una frequentazione del registro dell’ironia<br />

to); 2) una faccia con tre occhi per un bambino<br />

molto piccolo (esperimento di Jerome<br />

Kagan); 3) una nevicata a Taormina a<br />

Ferragosto; 4) un ombrello nero.<br />

Partiamo da quest’ultimo. Se il lettore si è<br />

chiesto: “Che c’entra un ombrello nero?”<br />

vuol dire che ha avuto una percezione di<br />

incongruità. Un ombrello nero è una cosa<br />

normale in un elenco di cose non esattamente<br />

normali, cioè disattende l’aspettativa<br />

(più tecnicamente diremmo che è difforme<br />

dal modello cognitivo evocato dalla serie di<br />

esempi).<br />

Gli altri esempi mostrano come l’incongruità<br />

sia di natura varia e anche non umoristica.<br />

Nel primo caso può essere sconcertante<br />

e può risultare divertente (solo) nel caso<br />

che si riveli come uno scherzo. Nel secondo,<br />

il bambino può reagire addirittura con un<br />

senso di smarrimento se non di paura fino a<br />

che non capisce che si tratta di una immagine<br />

non reale (un disegno). Dopo di che<br />

impara che se le facce vere hanno due occhi<br />

in un disegno se ne possono mettere quanti<br />

se ne vogliono. La nevicata può suscitare<br />

interrogativi inquietanti sui cambiamenti climatici.<br />

Perché sia umoristica occorrono alcune condizioni<br />

aggiuntive: la prima è che ci sia un<br />

contesto lieve, giocoso (playful diceva lo psicologo<br />

McGhee), la seconda è, come già<br />

indicato, che l’incongruità sia risolta, la terza<br />

è che la risoluzione non elimini però la percezione<br />

di incongruità. Lo mostra chiaramente<br />

l’indovinello della banana. Alla fine<br />

del processo troviamo la soluzione ma definizione<br />

resta comunque strana, vale a dire<br />

funziona solo nel contesto della barzelletta.<br />

Lo studioso Avner Ziv parlava di “logica<br />

locale”.<br />

La scrittura umoristica è la costruzione di un<br />

testo che abbia queste caratteristiche: produrre<br />

una percezione di incongruità con una<br />

risoluzione che però non elimini del tutto<br />

l’incongruità.<br />

Lascio al lettore la verifica di come queste<br />

condizioni si attuino nei due seguenti testi di<br />

Karl Kraus:<br />

“L'aforisma non coincide mai con la verità: o<br />

è una mezza verità o è una verità e mezzo”.<br />

"Conoscevo uno che quando parlava metteva<br />

le dita nel naso. Almeno fosse stato il suo".<br />

Le varie tecniche che sono suggerite per produrre<br />

un testo umoristico, l’iperbole, l’inversione,<br />

il capovolgimento, ecc. convergono<br />

tutte a creare l’effetto chiave della percezione<br />

di incongruità. In questo scritto introduttivo<br />

le tecniche sono forzatamente solo accennate<br />

e va sottolineato che rappresentano un<br />

importante capitolo del discorso.<br />

La scrittura umoristica ha tre principali tipologie.<br />

La prima è in senso stretto, e comunque<br />

con un’ampia estensione, dalla barzelletta<br />

alle battute di un cabarettista, alla commedia,<br />

al copione di un film comico ecc. La<br />

seconda ha un senso lato e riguarda una qualità<br />

del testo che si può descrivere come brillante.<br />

Non mira necessariamente a far ridere<br />

ma ha arguzia, spirito, creatività. Può comparire<br />

anche in contesti non consueti. Una<br />

citazione tra mille è quella di un commentatore<br />

di calcio che quando un giocatore prende<br />

una pallonata nelle parti basse osserva “si<br />

è sentito rumore di cristalli rotti”. I giornalisti<br />

cui è riconosciuto l’attributo di brillanti<br />

non fanno in genere dell’umorismo in senso<br />

stretto ma usano immagini, accostamenti,<br />

parole che non sono grigiamente normali e<br />

scontate ma creano disattendendo le aspettative,<br />

sorprendendo e spiazzando: procedure<br />

che sono le stesse molle che fanno scattare<br />

l’effetto umoristico. Questi stessi principi<br />

e procedure sono alla base del terzo tipo di<br />

scrittura umoristica, quello di valenza generale.<br />

Chi non è direttamente interessato a<br />

scrivere in maniera divertente o brillante –<br />

oppure per il tipo di materia di cui si occupa<br />

non ne ha l’occasione (se deve parlare di<br />

omicidi o disastri, ad esempio) – può<br />

comunque trarre beneficio da una frequentazione<br />

del registro umoristico. Allontanarsi<br />

dallo scontato e dall’ovvio, assumere una<br />

prospettiva di lettura delle cose non consuetudinaria,<br />

mirare all’originalità nella decifrazione<br />

e nella presentazione degli eventi sono<br />

competenze per le quali apprendere i meccanismi<br />

propri dell’umorismo è utile risorsa.<br />

Per ogni tipo di scrittura, allenarsi con l’umorismo<br />

è come fare preparazione atletica,<br />

che qualunque allenatore raccomanderebbe<br />

per ogni tipo di sport.<br />

*Direttore del Centro Ricerca Umorismo


6 Domenica 25 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />

Nel Belpaese ogni anno non vengono versati circa 120 miliardi di euro di contributi<br />

Evasione, sport nazionale<br />

Nel nostro Paese pagare le tasse è<br />

un dovere oltre che un obbligo, ma<br />

non tutti la pensano così. Per questo,<br />

in Italia, l’evasione fiscale raggiunge<br />

livelli altissimi, toccando la<br />

cifra di 120 miliardi di euro all’anno.<br />

Secondo i dati dell’Istat dunque,<br />

in media, ogni italiano non<br />

versa all’erario circa 2.000 euro di<br />

tasse all’anno. Con il nuovo governo,<br />

che ha varato il decreto “salva<br />

Italia”, recuperare quei soldi è<br />

diventato di vitale importanza,<br />

così è cominciata una nuova ed<br />

aspra lotta all’evasione fiscale.<br />

Partendo dall’assurda realtà di<br />

alcuni dati statistici, come ad<br />

esempio il fatto che, nel nostro<br />

Paese, aumentano le immatricolazioni<br />

di auto di lusso, mentre chi<br />

dichiara di possederne una è solo<br />

lo 0,95% degli italiani, si è deciso di<br />

procedere con controlli incrociati<br />

e a tutti i livelli della tassazione.<br />

Nei mesi scorsi hanno fatto molto<br />

La Guardia di Finanza rileva dati sconcertanti<br />

A Napoli l’82% dei commercianti fuorilegge<br />

rumore i blitz della Guardia di<br />

Finanza nei luoghi dove vanno in<br />

vacanza i vip, Cortina, Courmayeur,<br />

Portofino, Capri e poi le<br />

grandi città Roma, Milano, Napoli.<br />

Tutti i negozi passati al setaccio<br />

per controllare gli scontrini; ad<br />

ogni passaggio dei militari da città<br />

a città emergevano dati sconcertanti<br />

con situazioni al limite, tanto<br />

che in alcuni casi, dopo i controlli<br />

dei finanzieri, si registravano variazioni<br />

delle medie degli incassi<br />

superiori al 150/200%.<br />

La situazione peggiore si è registrata<br />

a Napoli. La Guardia di<br />

Finanza ha accertato, nei suoi controlli<br />

in città, che 317 commercianti<br />

su 386 non adempiono agli<br />

obblighi fiscali, cioè 82% del totale.<br />

Inoltre la presenza dei finanzieri<br />

ha determinato una variazione<br />

media degli incassi del 133%, con<br />

un picco massimo del 985%.<br />

Secondo Pietro Russo, presidente<br />

Confcommercio della provincia di<br />

Napoli «il dato non è rappresentativo<br />

della realtà. Noi siamo favorevoli<br />

ai controlli della Guardia di<br />

Finanza, mentre siamo molto meno<br />

favorevoli al campione preso in<br />

considerazione, se si pensa che a<br />

Napoli e provincia ci sono 260 mila<br />

commercianti che lo scontrino lo<br />

fanno, anche perché dopo la terza<br />

volta che non si rilascia lo scontrino,<br />

si chiude».<br />

Il problema è da ricercare altrove.<br />

Per Russo «gran parte dell’evasione<br />

fiscale in questa città, deriva dalla<br />

contraffazione e dal commercio<br />

abusivo che creano concorrenza<br />

sleale nei confronti dei commercianti<br />

in regola che pagano le tasse,<br />

per questo è necessario fare controlli<br />

non solo sulle vendite ma<br />

anche sugli acquisti». Anche se in<br />

città la pratica di non fare lo scontrino<br />

non si è persa neppure dopo i<br />

controlli. Per verificarlo abbiamo<br />

fatto un giro in alcuni negozi:<br />

tabaccaio, bar, salumeria. In ogni<br />

negozio abbiamo fatto lo stesso<br />

acquisto, visitando più di un commerciante.<br />

In tabaccheria abbiamo<br />

acquistato uno snack al cioccolato,<br />

su otto tabaccai solo tre hanno rilasciato<br />

lo scontrino. In salumeria<br />

abbiamo comprato mezzo litro di<br />

latte, su cinque esercenti solo uno<br />

non ci ha fatto lo scontrino. Al bar<br />

abbiamo chiesto un caffè, su otto<br />

locali tutti e otto hanno rilasciato<br />

lo scontrino, ma ad una più attenta<br />

analisi della ricevuta è risultato che<br />

tre non erano ricevute idonee ai<br />

fini fiscali. Quindi a Napoli c’è chi<br />

ancora fa il “furbo” con gli scontrini,<br />

mentre sembra un vero problema<br />

identificare il lavoro sommerso,<br />

la contraffazione e il commercio<br />

abusivo, piaghe che generano<br />

una forte evasione fiscale in tutto il<br />

territorio, non solo cittadino, ma<br />

campano. Nel nostro piccolo, dobbiamo<br />

sempre richiedere la ricevuta<br />

fiscale e non alimentare il mercato<br />

del falso comprando prodotti<br />

contraffatti.<br />

Pagina a cura di<br />

DAVIDE SAVINO<br />

PASSATO IL SANTO, PASSATA LA FESTA<br />

Ad effettuare i controlli<br />

sugli evasori<br />

fiscali sono i militari<br />

della Guardia di<br />

Finanza. In realtà<br />

questo tipo di attività<br />

viene svolta<br />

ogni giorno dai<br />

finanzieri, ma in<br />

alcune occasioni si<br />

organizzano dei<br />

controlli a tappeto,<br />

per monitorare la situazione. A febbraio<br />

uno di questi controlli ha toccato tutta la<br />

regione Campania.<br />

I finanzieri hanno controllato i mercati di<br />

Napoli, dalla Pignasecca alla Sanità, da<br />

Sant’Antonio Abate a Sant’Anna a<br />

Capuana, poi hanno passato sotto la lente<br />

di ingrandimento i commercianti del<br />

Vomero, Chiaia, corso Umberto e via<br />

Toledo, riscontrando che quattro esercizi<br />

commerciali su cinque non adempiono<br />

Le Fiamme Gialle<br />

hanno eseguito<br />

due blitz in un mese<br />

agli obblighi fiscali. A Caserta la percentuale<br />

di commercianti che non adempie<br />

agli obblighi fiscali è pari all’80%, a<br />

Benevento è del 77% mentre ad Avellino è<br />

del 71%. Ma oltre agli scontrini i controlli<br />

di febbraio si sono concentrati anche sulle<br />

dichiarazioni dei redditi di alcune persone,<br />

facendo emergere dei casi sconcertanti.<br />

Come un medico di Benevento che<br />

dichiarava un reddito medio familiare di<br />

36 mila euro lordi all’anno ed era in possesso<br />

di una Porsche Boxster 2.7 e di un<br />

Volkswagen Tuareg 3.000 V6, o la disoccupata<br />

34 enne casertana che guidava una<br />

Mercedes ML. Dopo il blitz di febbraio<br />

sembrava essere tornata la tranquillità nei<br />

commercianti, ma le fiamme gialle hanno<br />

preso tutti in contropiede effettuando gli<br />

stessi controlli di febbraio in occasione<br />

della festa della donna. Così l’8 marzo<br />

scorso circa 250 agenti hanno controllato<br />

Napoli, Salerno, Caserta, Avellino e<br />

Benevento, risultato, il dato sull’evasione a<br />

pochi giorni dai precedenti controlli non<br />

è cambiato. La media degli esercizi commerciali<br />

che non adempiono agli obblighi<br />

fiscali a Napoli è passata dall’82% di febbraio<br />

all’85% di marzo, ad Avellino si è<br />

passati dal 71% di febbraio al 57% di<br />

marzo, Benevento è peggiorata dal 77% di<br />

febbraio all’82% di marzo, come Caserta<br />

che passa dall’80% di febbraio all’83% di<br />

marzo. È chiaro che i commercianti campani<br />

perdono il pelo ma non il vizio e<br />

sicuri di non subire controlli a breve termine<br />

dopo quelli di febbraio hanno continuato<br />

a evadere l’erario senza scrupoli.<br />

CONFESERCENTI<br />

«Pagare le tasse<br />

aiuta il territorio»<br />

IL RISTORATORE<br />

La regolarità<br />

conviene<br />

CODACONS<br />

«Sì ai controlli,<br />

anche sui prezzi»<br />

IL CLIENTE<br />

«Lo scontrino<br />

è un mio diritto»<br />

Per capire il fenomeno<br />

dei commercianti<br />

che non<br />

emettono lo scontrino<br />

abbiamo<br />

chiesto a Vincenzo<br />

Schiavo, presidente<br />

della Confesercenti<br />

di Napoli.<br />

Schiavo ci dice che<br />

«fare lo scontrino è una regola fondamentale<br />

per lo sviluppo, i nostri associati,<br />

circa 190 mila commercianti, lo sanno<br />

bene e lo fanno sempre. Perché - continua<br />

Schiavo - sanno che pagare le tasse li ripagherà,<br />

visto che quei soldi saranno utilizzati<br />

dalle amministrazioni locali per<br />

migliorare i servizi e il territorio rendendo<br />

migliore anche il commercio». Poi aggiunge<br />

«per combattere il fenomeno da anni<br />

facciamo convegni sul tema a tutti i livelli<br />

della nostra struttura per dare il nostro<br />

contributo alla lotta all’evasione».<br />

A Napoli sono<br />

molti gli esercizi<br />

commerciali che<br />

spesso non rilasciano<br />

lo scontrino.<br />

Per capire come<br />

mai abbiamo<br />

chiesto ad un commerciante<br />

che gli<br />

scontrini li fa, si<br />

chiama Mario e gestisce una piccola trattoria<br />

con la moglie Assunta al Vomero. Ci<br />

spiega che «fare gli scontrini è un dovere,<br />

per me è sinonimo di garanzia, il mio cliente<br />

sa quello che ha mangiato e quanto lo ha<br />

pagato, inoltre ho l’abitudine di segnare in<br />

fattura anche lo sconto». E poi aggiunge<br />

«non ho mai mancato di fare uno scontrino<br />

in dieci anni di attività, ho tutti i conti in<br />

ordine, ho pagato sempre le tasse che dovevo<br />

e grazie a questo in alcuni casi ho anche<br />

avuto delle agevolazioni fiscali e ti senti<br />

anche a posto con la coscienza».<br />

Dalla parte dei<br />

consumatori abbiamo<br />

sentito il parere<br />

di Giuseppe Ursini,<br />

presidente del<br />

Codacons Napoli.<br />

Secondo Ursini «i<br />

controlli della<br />

Finanza sui commercianti<br />

sono<br />

legittimi e vanno effettuati con costanza, perché<br />

grazie a questi controlli si riesce a tenere<br />

sotto controllo il prodotto di qualità, perché<br />

chi vende prodotti contraffatti spesso non<br />

rilascia scontrini, dunque sono uno strumento<br />

essenziale». Poi aggiunge «i consumatori<br />

devono sempre richiedere lo scontrino e<br />

denunciare il commerciante che non emette<br />

ricevute, ma i controlli devono essere anche<br />

rivolti alle pratiche illegali di aumento dei<br />

prezzi praticato da alcuni commercianti che<br />

si arricchiscono sulle spalle dei poveri consumatori<br />

ignari di pagare di più».<br />

In città molte persone<br />

sostengono<br />

che i commercianti<br />

non ti fanno lo<br />

scontrino. Come<br />

sostiene R. A. 35<br />

anni impiegato<br />

«alcune volte se<br />

non te lo fanno e<br />

tu lo chiedi ti guardano<br />

pure male, come se gli avessi fatto un<br />

torto, è inconcepibile visto che è un dovere<br />

farlo e un mio diritto chiederlo». Ma R. A.<br />

ci spiega che «capitano poi dei casi assurdi<br />

che ti fanno capire come è subdola l’evasione,<br />

molto spesso nei negozi quando stanno<br />

per battere lo scontrino ti guardano, sorridono<br />

e poi con aria candida ti dicono “te lo<br />

posso fare più piccolo”, una volta ho detto sì<br />

ho comprato un lettore DVD da 85 euro,<br />

sono uscito dal negozio con uno scontrino<br />

da 8,50 euro». Controllate sempre l’importo<br />

della ricevuta.


PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />

Ospite del Campus, il presidente della Federazione campana delle bcc Silvio Petrone<br />

per raccontare il sistema su base volontaria di cui lui fa parte da più di 45 anni<br />

I soldi puliti del credito cooperativo<br />

7<br />

C’era un tempo in cui la banca non<br />

era lo spaventoso mostro a tre<br />

teste cui oggi tanto somiglia. Un<br />

tempo in cui non era altro che un<br />

semplice punto di incontro tra<br />

denaro e idee. Il denaro dei ricchi e<br />

le idee dei bisognosi. I ricchi che<br />

volevano investire le proprie risorse<br />

per farle fruttare e i bisognosi<br />

che, dalla loro parte, avevano le<br />

idee ma non il modo di metterle in<br />

pratica. Nient’altro. La finanza e<br />

tutto l’ambaradan che essa ha<br />

comportato sono arrivati dopo e<br />

hanno messo in un inestricabile<br />

disordine tutti i pezzi del puzzle.<br />

L’intento originario della banca di<br />

erogare credito con i fondi investiti<br />

è stato declassato in secondo<br />

piano e il suo spirito “etico” è finito<br />

sotto il tappeto. O sotto il letto,<br />

che dir si voglia. Eppure c’è una<br />

deviazione fondamentale da questa<br />

storia di totale smarrimento<br />

della banca. Un punto di svolta, un<br />

momento cruciale in cui è nata e si<br />

è sviluppata un’altra importante<br />

storia, quella delle casse rurali e del<br />

credito cooperativo.<br />

«La particolarità del sistema a cui<br />

appartengo – ha spiegato il presidente<br />

della Federazione campana<br />

delle banche di credito cooperativo<br />

Silvio Petrone – è la totale<br />

assenza di vincoli associativi. Tutto<br />

è fatto su base volontaria». Quindi<br />

comporta maggiori sforzi e più difficoltà,<br />

«però una volta che si è<br />

raggiunto il consenso – ha proseguito<br />

il presidente Petrone, che ha<br />

tenuto una lezione agli allievi della<br />

Scuola di giornalismo – l’identità<br />

che si crea e i valori a cui si attinge<br />

sono fortissimi».<br />

Nato come un fenomeno più di<br />

nicchia, il sistema del credito cooperativo<br />

con il tempo si è fatto prepotentemente<br />

largo tra gli scenari<br />

più tradizionali di fare attività bancaria.<br />

È venuto alla luce in epoca<br />

antichissima (le prime casse rurali<br />

si diffusero alla fine del XIX secolo)<br />

e poi è rapidamente cresciuto<br />

Silvio Petrone<br />

presidente<br />

della Federazione<br />

campana<br />

delle banche<br />

di credito<br />

cooperativo<br />

ospite della scuola<br />

di Giornalismo<br />

dell’Università<br />

di Salerno<br />

proprio per questa sua abilità<br />

naturale nel mantenere lo spirito<br />

originario. «Noi abbiamo una<br />

grande responsabilità – ha detto<br />

Petrone – perché siamo una solida<br />

realtà nel tessuto economico della<br />

Campania e di Salerno e dobbiamo<br />

dare risposte forti a tutti. Non<br />

siamo una banca, ma una cooperativa:<br />

la nostra porta deve essere<br />

sempre aperta per i nostri soci».<br />

Nonostante il fenomeno delle banche<br />

di credito cooperativo sia in<br />

costante crescita, ci sono molte<br />

difficoltà soprattutto perché «il<br />

risparmio è finito». Non c’è più<br />

capacità di mettere denaro da<br />

parte e , come ha spiegato il presidente<br />

Petrone, le famiglie altro<br />

non fanno che andare a mettere<br />

mano ai loro depositi per arrivare<br />

alla fine del mese.<br />

L’idea con cui è nata la cassa rurale<br />

è quella dello “scambio asimmetrico”.<br />

«Indipendentemente da quello<br />

che apporti, tu puoi avere accesso<br />

a molte più risorse. In relazione<br />

alle tua capacità e alla tua dignità»<br />

ha spiegato Petrone sostenendo<br />

inoltre che «dobbiamo essere fieri<br />

di questa piccola eccellenza che<br />

abbiamo al Sud e bisogna sfruttarla<br />

al massimo».<br />

Fare impresa nel Meridione non è<br />

facile e fare attività bancaria lo è<br />

ancor meno «se si pensa che la<br />

media dei correntisti è un terzo di<br />

quella dei correntisti del Nord».<br />

Ma Silvio Petrone non ha intenzione<br />

di arrendersi: «Noi adulti non<br />

possiamo mollare, abbiamo la<br />

responsabilità di lasciare ai giovani<br />

qualcosa di buono e di perdonare<br />

loro per tutte le cose per cui noi ai<br />

tempo nostri siamo stati perdonati».<br />

Ci vuole impegno, fortuna e<br />

provvidenza. «E poi se qualcosa<br />

non si puo’ fa’…s’ha da inventà!».<br />

Pagina a cura di<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

Le origini delle casse rurali<br />

La storia<br />

comincia<br />

da 32 soci<br />

Loreggia (Padova), 20 giugno 1883. Leone<br />

Wollemborg, celebre economista e<br />

politico italiano, fonda la prima Cassa<br />

rurale. Trentadue soci decidono di mettere<br />

in comune le proprie risorse e, senza<br />

esserne pienamente consapevoli, mettono<br />

le fondamenta al sistema della banche<br />

di credito cooperativo. Partono infatti da<br />

un capitale sociale di appena duemila lire<br />

e, dopo sedici mesi, arrivano a intermediare<br />

quasi venti mila lire erogando più<br />

di cento prestiti. Famiglie in difficoltà,<br />

piccoli proprietari e diversi esponenti del<br />

mondo agricolo: tutti possono avere<br />

accesso al credito e restituire le risorse a<br />

bassi interessi e con scadenze lunghe.<br />

Meraviglia delle meraviglie. Il fenomeno<br />

si diffonde a macchia d’olio anche grazie<br />

all’iniziativa della Chiesa cattolica che –<br />

sentita la necessità di intraprendere<br />

azioni concrete nel campo economico –<br />

decide di contribuire e fonda le Casse<br />

rurali cattoliche. Papa Leone XIII con<br />

l’emanazione dell’enciclica Rerum<br />

Novarum del 1891 esorta la comunità<br />

ecclesiastica a lanciarsi nell’universo<br />

economico per stimolare lo sviluppo dei<br />

ceti rurali e del proletariato urbano. Poi<br />

arriva la nascita della Federazione<br />

Italiana delle Casse rurali (1905) e già<br />

nel 1922 gli istituti arrivano ad essere<br />

più di tremilacinquecento. L’ente, allora<br />

poco organizzato e mal rappresentato,<br />

viene sostituito nel 1950 dalla ben più<br />

evoluta Federcasse che ancora oggi è<br />

l’unico organismo di rappresentanza del<br />

credito cooperativo. Gli anni ’60 sono<br />

ricordati come l’epoca d’oro per il sistema<br />

di credito cooperativo; viene anche<br />

alla luce il Fondo di garanzia dei depositanti<br />

(primo esempio di strumento di<br />

autotutele delle banche e degli interessi<br />

dei depositanti). Agli italiani questa<br />

forma di banca piace sempre di più,<br />

come piace sempre meno invece l’istituto<br />

di credito tradizionale. Qual è il<br />

passo successivo?<br />

La riforma del Tub<br />

Le banche<br />

diventano<br />

imprese<br />

Italia, 1 gennaio 1994. Entra in vigore il<br />

Testo Unico Bancario (decreto legislativo<br />

n. 385) che va a sostituire tutto l’apparato<br />

legislativo che precedentemente<br />

regolava l’attività bancaria. Comincia<br />

una progressiva uscita del soggetto pubblico<br />

dalla banca, che deve necessariamente<br />

operare come una vera e propria<br />

impresa, e si attua un processo di concentrazione<br />

bancaria (basti pensare che<br />

nel 1990 in Italia c’erano 1156 banche,<br />

oggi “solo” 657 di cui 81 gruppi e 422<br />

banche di credito cooperativo). Ma la<br />

vera novità del provvedimento è la<br />

nascita del concetto di “banca universale”:<br />

l’istituto può contemporaneamente<br />

“raccogliere risparmio tra il pubblico e<br />

concedere credito, può operare nel settore<br />

del mercato dei capitali e fornire<br />

un’ampia gamma di servizi di consulenza<br />

e intermediazione” (Antonio Sanna,<br />

Manuale di economia politica). Anche<br />

il settore del credito cooperativo viene<br />

inevitabilmente travolto dall’ondata<br />

della novità del tub: nasce la denominazione<br />

di “Banche di Credito<br />

Cooperativo” e gli istituti così riformati<br />

hanno la possibilità di offrire tutti i servizi<br />

e i prodotti delle altre banche. Sono<br />

cooperative per azioni a responsabilità<br />

limitata ma di fatto vengono equiparate<br />

a vere e proprie banche. Le tappe successive<br />

della storia delle bcc non sono<br />

altro che momenti importanti del loro<br />

processo di razionalizzazione: nel 1993<br />

nasce a Sanremo la capogruppo di<br />

impresa delle banche di credito cooperativo<br />

(Iccrea Holding Spa), nel 1999 a<br />

Riva del Garda viene presentato un articolato<br />

piano di riforma e poi infine<br />

viene alla luce l’ambizioso progetto di<br />

raccogliere i principi identificativi dell’attività<br />

di credito cooperativo (“La<br />

Carta dei Valori del Credito<br />

Cooperativo”). Una storia che nasce da<br />

lontano e che, si prevede, avrà un futuro<br />

ancora più roseo dei tempi trascorsi.


8 Domenica<br />

25 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />

New York è una città che tutti<br />

abbiamo imparato a conoscere<br />

ancora prima di vederla: film,<br />

libri, foto, documentari, hanno<br />

fatto di questa metropoli una<br />

sorta di inconscio collettivo. Ma<br />

c'è qualcosa nella Grande Mela<br />

che per tantissime persone ha<br />

rappresentato una speranza di<br />

vita migliore: il Museo dell'immigrazione<br />

di Ellis Island.<br />

Adesso l’isola di Manhattan è meta<br />

di vacanze, di lavoro, di moda e di<br />

tutto quanto può definirsi novità e<br />

finanza. Tuttavia, alla fine del 1800,<br />

è stata punto d'arrivo per milioni di<br />

immigrati che hanno cercato il<br />

cambiamento sull'onda della più<br />

cupa disperazione e della più<br />

disarmante miseria.<br />

Posta proprio davanti a Manhattan,<br />

Ellis Island è stata per circa 15<br />

milioni di persone, il punto di partenza<br />

per una vita diversa, per speranze<br />

spesso deluse, per dolori. In<br />

principio utilizzata come prigione<br />

per i pirati e poi come deposito di<br />

armi, è divenuta, attorno alla metà<br />

dell’XIX secolo, centro di smistamento<br />

per le ondate migratorie<br />

provenienti dall'Europa meridionale<br />

e orientale. Nel corso degli anni<br />

l'edificio ha subito modifiche e<br />

aggiunte grazie ad alcuni interramenti<br />

e ha mantenuto il suo ruolo<br />

di casa di prima accoglienza fino al<br />

1954. Poi negli anni ottanta è stata<br />

restaurata fino all'inaugurazione<br />

del museo nel 1990.<br />

Visitare questo posto è di forte<br />

impatto emotivo. Forse anche grazie<br />

ad un allestimento sobrio che<br />

riesce ad evitare quella retorica patriottica<br />

a cui gli Stati Uniti spesso<br />

non riescono a rinunciare. Qui sono<br />

gli ambienti che parlano, lasciati<br />

nella loro quasi originaria forma<br />

e disposizione. Al primo piano si<br />

entra in quella che veniva chiamata<br />

la Registration Room, un enorme<br />

spazio circondato da portici in<br />

cui sostavano i disperati appena<br />

sbarcati dalle navi. Cominciavano<br />

gli accertamenti burocratici e<br />

medici. Alcune sale mediche sono<br />

state lasciate esattamente come<br />

erano, con fredde piastrelle verdastre<br />

che creano un'atmosfera ostile<br />

e fredda. Quella stessa atmosfera<br />

in cui uomini, donne e bambini<br />

venivano sottoposti a umilianti<br />

controlli fisici e mentali. Se non<br />

risultavano idonei venivano segnati<br />

con una croce sulla schiena.<br />

Durante la visita è possibile ascoltare<br />

alcune registrazioni con le<br />

voci dei tanti passati da questo luogo<br />

pieno di sogni e di angosce. Una<br />

stanza è dedicata ai documenti di<br />

viaggio: una ricchissima raccolta di<br />

passaporti e carte d'imbarco, biglietti<br />

di viaggio e manifesti di<br />

transatlantici in partenza da<br />

Genova o Napoli per il Nuovo<br />

Mondo. Queste sale allora erano<br />

chiamate sale della separazione<br />

perché qui non solo venivano<br />

separati gli uomini dalle donne ma<br />

intere famiglie venivano smembrate<br />

e destinate a strade e destini<br />

diversi.<br />

Chi non riusciva a superare i test<br />

medici e burocratici riceveva una<br />

segnalazione come malato di mente<br />

o non desiderato dal punto di vista<br />

politico. E non c'era speranza<br />

per chi portava tale marchio. Molti<br />

di coloro che non ricevevano il<br />

permesso di restare si buttavano in<br />

mare per raggiungere a nuoto le<br />

rive di Manhattan, molti altri si<br />

suicidavano. Per chi accettava la<br />

sua sorte c'era il rientro nei Paesi di<br />

Oggi meta di vacanze, lavoro, moda e finanza, ieri sbarco per un futuro migliore<br />

New York terra e patria di tutti<br />

A Ellis Island, di fronte Manhattan, milioni di immigrati cercavano fortuna<br />

Il museo<br />

d’arte moderna<br />

e contemporanea<br />

Solomon<br />

Guggenheim<br />

provenienza.<br />

Per capire quegli immigrati bisogna<br />

immergersi nella mostra dedicata<br />

agli immigrati. Foto in bianco<br />

e nero di uomini, donne, bambini e<br />

famiglie fotografati all'arrivo o<br />

nelle loro case prima di affrontare<br />

il viaggio verso la loro nuova vita.<br />

Qualcuno sorride, quasi tutti sono<br />

seri e immobilizzati dall'ignoto che<br />

li attende. Dignitosi nelle loro<br />

modeste case, circondati da oggetti<br />

che non vedranno più: credenze,<br />

pizzi e tavolini all’interno di abitazioni<br />

che non davano più protezione.<br />

Quei visi di tutte le nazionalità,<br />

età e storie seguono il visitatore<br />

per molto tempo anche dopo esser<br />

usciti dal museo.<br />

Cambiare vita per qualcuno è stato<br />

difficile e straziante. Settimane di<br />

viaggio per mare in condizioni<br />

disperate. Paesi e persone lasciate,<br />

storie interrotte non per inquietudine<br />

o insoddisfazione ma perché<br />

la fame e la miseria non lasciavano<br />

neanche la più piccola speranza di<br />

un cambiamento. Un sogno per un<br />

futuro per i loro figli oltre che per<br />

loro stessi. Nessuna garanzia alla<br />

partenza, nessuna all'arrivo. Non<br />

c'era un ritorno per loro, neanche<br />

nei sogni. Partivano perché non<br />

potevano non farlo, perché non<br />

sapere cosa avrebbero trovato dava<br />

incertezza ma anche un varco a<br />

giorni che, di certezza, davano solo<br />

quella della povertà.<br />

Dall’inviata<br />

MARIA DI NAPOLI<br />

Il MoMa<br />

attualmente<br />

ospita al VI piano<br />

la mostra<br />

fotografica<br />

dell’eccentrica<br />

Cindy Shermann<br />

e in alto<br />

la sala dove<br />

si registravano<br />

gli immigrati<br />

Una faccia della City<br />

Nelle strade<br />

e nei musei<br />

è Arte<br />

L’arte a New York è ovunque, si<br />

può toccarla con mano in alcuni<br />

prestigiosi antiquari, in qualche<br />

negozietto di oggetti usati,<br />

vederla nello stile di chi nella<br />

metropoli ci vive, osservarla con<br />

sguardo stupito nei suoi musei e<br />

nelle sue splendide gallerie. Tutta<br />

la città sembra essere un<br />

grande contenitore di artisti e<br />

opere d’arte. Le strade della City,<br />

le affollate stazioni della metropolitana,<br />

i tombini fumanti, gli<br />

spazi nascosti e le persone, tra<br />

mille facce e mille razze, creano<br />

già di per sé giochi di colore.<br />

Tuttavia i più grandi luoghi d’arte<br />

sono i musei Metropolitan,<br />

MoMa e Guggenheim. Tre edifici<br />

che si completano ed integrano<br />

alla perfezione, consentendo<br />

una conoscenza senza<br />

eguali dell'intero corso della pittura<br />

e della scultura dalla metà<br />

dell'800 in avanti.<br />

Il Metropolitan è il più grande<br />

d’America; il palazzo, in stile<br />

neoclassico, raccoglie le opere di<br />

pittori spagnoli, italiani, olandesi,<br />

inglesi, fiamminghi, degli<br />

impressionisti e post-impressionisti.<br />

Colpiscono la luminosità,<br />

le luci e le ombre di Monet, Manet,<br />

Cezanne, Degas, ma anche<br />

di ritrattisti come Lawrence e<br />

Reynolds.<br />

Il Museum of Modern Art,<br />

detto MoMa, ha aperto le porte<br />

nel novembre del 1929, dieci<br />

giorni dopo lo storico crack finanziario<br />

degli Stati Uniti. L'iniziativa<br />

fu di tre ricchi collezionisti<br />

(tra cui la moglie di Rockfeller)<br />

decisi a reagire contro il<br />

conservatorismo del Metropolitan<br />

Museum. Oltre alla famosissima<br />

collezione pittorica vi si<br />

trovano anche altri esempi di<br />

arti visive: Architecture and Design,<br />

Film and Media, Painting<br />

and Sculpture, Photography,<br />

Prints and Illustrated Books. Attualmente<br />

ospita, inoltre, la<br />

mostra fotografica della regina<br />

dell’autoritratto, Cindy Sherman.<br />

Un’artista che, grazie al<br />

suo corpo e al suo volto, attraverso<br />

una fantasia e una visionarietà<br />

sconfinate, e senza impiegare<br />

direttori della fotografia,<br />

stylist, trucco e parrucco, ha<br />

messo in scena gioie e incubi<br />

della società, fotografando se<br />

stessa in abiti e scene comuni e<br />

allo stesso tempo particolari.<br />

E poi vi è il Guggenheim, noto<br />

soprattutto per la sua forma<br />

esterna, quasi a spirale. Numerosi,<br />

infatti, sono gli appellativi<br />

con i quali è stato identificato:<br />

serpente, tornado, ciambella<br />

mal riuscita, rampa da skateboard,<br />

parcheggio multipiano.<br />

In questo vortice si susseguono<br />

numerose collezioni, da Kandinsky,<br />

a Klee, a Mondrian. Non<br />

resta che farsi travolgere.


Le vie del piccolo centro cilentano completamente illuminate a led<br />

Torraca pioniera<br />

dell’ecosostenibile<br />

Risparmio energetico e protezione ambientale<br />

Energie rinnovabili, fonti<br />

alternative, risparmio energetico,<br />

ecosostenibilità.<br />

Concetti che hanno tutti un<br />

unico comune denominatore:<br />

l’energia. Che l’Italia sia<br />

“affamata” di energia e attualmente<br />

incapace di garantire,<br />

per tutta una serie di<br />

motivi, una produzione in<br />

grado di soddisfare il suo<br />

fabbisogno nazionale è cosa<br />

risaputa. Conseguenza diretta<br />

di ciò è che il nostro<br />

Paese è costretto ad importare,<br />

pagandole profumatamente,<br />

le risorse ed i megawatt<br />

necessari con ovvie<br />

ripercussioni sui costi delle<br />

bollette, le più alte di tutta<br />

l’Unione europea.<br />

Non è questo il caso del<br />

Comune cilentano di Torraca<br />

(poco meno di milletrecento<br />

anime al confine tra<br />

Campania e Basilicata) dove<br />

nel 2005 è partito un progetto<br />

innovativo e che ha fatto<br />

scuola in tutto il mondo.<br />

All’epoca, la Giunta comunale,<br />

presieduta dal sindaco<br />

Daniele Filizola, scelse di<br />

intraprendere una politica<br />

basata sulla salvaguardia<br />

dell’ambiente e l’utilizzo delle<br />

fonti energetiche rinnovabili.<br />

Primo passo di questo<br />

progetto è stata la sperimentazione<br />

di un impianto di<br />

illuminazione a led al posto<br />

di quello tradizionale. All’iniziativa,<br />

che ha riscosso il<br />

gradimento della cittadinanza,<br />

ha fatto seguito la completa<br />

sostituzione dell’impianto<br />

di illuminazione con<br />

la nuova tecnologia per un<br />

totale di settecento punti<br />

luce a led installati. A realizzare<br />

i lavori un’azienda locale,<br />

l’Elettronica Gelbison di<br />

Ceraso che ha brevettato<br />

quella che è stata ribattezzata<br />

la “lanterna Torraca”.<br />

Un’opera e un progetto tutto<br />

made in Cilento, dunque.<br />

La notizia ha portato il piccolo<br />

centro alla ribalta<br />

nazionale ed internazionale.<br />

Giornalisti ed esperti ma<br />

anche semplici visitatori<br />

provenienti dai più disparati<br />

angoli del pianeta sono<br />

giunti a Torraca, che può<br />

fregiarsi del titolo di prima<br />

led city al mondo.<br />

Un’occasione che è stata<br />

sfruttata per valorizzare le<br />

bellezze naturali ed artistiche<br />

del territorio, con un<br />

notevole ritorno economico<br />

dovuto all’incremento del<br />

flusso turistico. Ma i risultati<br />

più strabilianti si sono<br />

ottenuti in campo energetico.<br />

A fronte di un investimento<br />

iniziale di circa duecentomila<br />

euro, il Comune<br />

di Torraca ha avuto una<br />

riduzione dei costi del 70%<br />

(le nuove lampade hanno<br />

una durata di vent’anni) e<br />

una notevole diminuzione<br />

dell’inquinamento luminoso.<br />

Gli impianti a led prevengono,<br />

inoltre, il rischio di<br />

folgorazione poiché per funzionare<br />

necessitano di appena<br />

ventiquattro volt.<br />

Sempre nell’ottica delle<br />

energie rinnovabili sono<br />

stati realizzati quattro impianti<br />

fotovoltaici comunali<br />

per una produzione annuale<br />

di circa 200 kw, in parte utilizzati<br />

per l’illuminazione<br />

degli impianti sportivi (piscina<br />

comunale, pista gokart)<br />

in parte venduti alla<br />

rete elettrica. E’ inoltre in<br />

fase di progettazione un<br />

parco eolico (produzione<br />

prevista 13 Mw, sufficienti<br />

per tutto il golfo di Policastro)<br />

ed è allo studio un<br />

piano di recupero e utilizzo<br />

delle biomasse per la pulizia<br />

dei vicini boschi. Per decongestionare<br />

il traffico su strada<br />

e favorire l’afflusso turistico<br />

si pensa ad una monorotaia<br />

che possa collegare<br />

Torraca con la vicina Sapri.<br />

E’ già in fase avanzata, invece,<br />

la realizzazione di una<br />

fabbrica che produrrà moduli<br />

fotovoltaici e che farà<br />

ricerca nel medesimo settore.<br />

Sempre in materia di<br />

ricerca e ambiente il Comune<br />

ha stipulato con la<br />

Seconda Università degli<br />

Studi di Napoli un accordo<br />

per l’avvio di un corso di laurea<br />

e di un master post-laurea.<br />

Grandi progetti per un<br />

piccolo centro che non<br />

vuole smettere di stupire.<br />

Pagina a cura di<br />

FRANCESCO SERRONE<br />

PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />

Il corso<br />

Le settecento lampade a<br />

led sono monitorate ed<br />

in corso di certificazione<br />

dal prof. Di Fraia<br />

Istantanee<br />

La piscina olimpionica<br />

La struttura è completamente<br />

autosufficiente<br />

dal punto di vista energetico<br />

alimentata da<br />

Fotovoltaico<br />

Sono stati realizzati 4<br />

impianti fotovoltaici per<br />

una produzione annuale<br />

di circa 200 kw, in parte<br />

9<br />

dell’Università Federico<br />

II di Napoli, uno dei<br />

massimi esperti in illuminotecnica.<br />

pannelli solari, pannelli<br />

fotovoltaici, con telo<br />

isotermico e illuminazione<br />

a led.<br />

utilizzati per l’illuminazione<br />

degli impianti<br />

sportivi, in parte venduti<br />

alla rete elettrica.<br />

Il borgo,<br />

cenni<br />

storici<br />

Il borgo di Torraca (deriverebbe<br />

da Torre De Jaco,<br />

signore vissuto nei secoli<br />

passati) ha avuto origine<br />

all’incirca nel X secolo d.C.<br />

Si ipotizza che furono gli<br />

abitanti della costa, spinti<br />

dalle devastazioni dei Saraceni<br />

nel 915, a rifugiarsi<br />

sulle colline e a fondare il<br />

nuovo centro abitato, caratterizzato<br />

dalla presenza<br />

di un castello baronale e<br />

diverse chiese. Nel 1806 il<br />

paese venne devastato<br />

dalle truppe francesi, che<br />

saccheggiarono il castello.<br />

Carlo Pisacane nel giugno<br />

del 1857 tenne un famoso<br />

discorso incitando il popolo<br />

alla rivolta, senza ottenere<br />

l’esito sperato.<br />

Filizola, l’artefice<br />

dell’innovazione<br />

“Il nostro percorso un esempio per tutta l’Italia”<br />

«Innovare fa bene». E’ questo il<br />

motto di Daniele Filizola, ex primo<br />

cittadino ed attuale vicesindaco del<br />

borgo cilentano, promotore dei principali<br />

progetti di quello che si potrebbe<br />

definire “modello Torraca”. «Nonostante<br />

le iniziali obiezioni dell’opposizione<br />

in consiglio comunale -<br />

comincia - per una tecnologia ritenuta<br />

all’epoca ancora troppo immatura,<br />

non ci siamo lasciati scoraggiare proseguendo<br />

lungo il nostro percorso<br />

diventato ora un esempio per i comuni<br />

vicini. Alcuni tra questi utilizzano<br />

sistemi anche più sofisticati e moderni<br />

dei nostri».<br />

Un cammino non privo di difficoltà,<br />

ostacolato a volte dalle istituzioni, a<br />

volte da alcune associazioni ambientaliste<br />

che «dicono no a tutto, ostaco-<br />

lando il progresso». «A mio parere in<br />

Italia - attacca Filizola - manca una<br />

concezione scientifica nell’affrontare<br />

determinate questioni. Noi abbiamo<br />

dimostrato come vi possa essere la<br />

certezza di un modello di sviluppo<br />

sostenibile, alternativo a quello tradizionale<br />

basato sullo sfruttamento dei<br />

combustibili fossili». Grazie all’impianto<br />

d’illuminazione a led «abbiamo<br />

un risparmio annuale di circa<br />

venti-venticinquemila euro. Ancora<br />

qualche anno e avremo recuperato<br />

l’investimento iniziale. In seguito<br />

questo surplus verrà utilizzato per<br />

finanziare opere e investimenti per la<br />

popolazione».<br />

Un successo anche in termini occupazionali<br />

visto che «è stata costituita<br />

una società a partecipazione pubblica<br />

“Sviluppo Torraca” per coordinare<br />

le diverse iniziative che hanno<br />

coinvolto nel loro sviluppo cittadini,<br />

installatori, enti comunali, provinciali,<br />

imprenditori locali, studenti<br />

e Università rendendo questa<br />

esperienza patrimonio non solo per<br />

la Regione Campania ma per tanti<br />

Comuni d’Italia. Sono previsti più<br />

di venti nuovi posti di lavoro».<br />

«Un modello che - conclude Filizola<br />

- andrebbe esportato, nel rispetto<br />

delle peculiarità di ciascuna zona,<br />

in tutta la Penisola, non solo nei<br />

piccoli centri».<br />

Mercadante<br />

vita<br />

e opere<br />

Biagio Mercadante nacque<br />

a Torraca il 12 maggio del<br />

1892. Fin dall’infanzia dimostrò<br />

un notevole talento<br />

nell’arte della pittura.<br />

Erede della scuola napoletana,<br />

partecipò a varie mostre<br />

nazionali sin dal 1920.<br />

La sua propensione naturale<br />

si basò su soggetti lirici<br />

ed intimisti. In questi<br />

anni stabilisce un sodalizio<br />

con diversi artisti e pittori.<br />

Oltre che in Italia, espose<br />

le sue opere anche a Santiago<br />

del Cile, Londra,<br />

Stoccolma, Tokio, Barcellona<br />

e Hannover. Nel 1964<br />

venne nominato socio<br />

dell'Accademia Tiberina di<br />

Roma. E’ morto a Torraca<br />

il 30 agosto 1971.


10 Domenica<br />

25 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />

In aumento i casi di stalking in Italia: un cittadino su cinque ne è succube<br />

e le donne sono il 70 per cento. Poche denunce per il senso di colpa verso i figli<br />

Le urla di chi non grida<br />

Quando il cacciatore aggancia la<br />

sua preda, ne pregusta già il possesso.<br />

Nascosto nel buio, o dietro<br />

una cornetta, ne ascolta la voce,<br />

ne segue i movimenti, ne annusa<br />

la paura. L’uno insegue, l’altra<br />

fugge. Per la vittima, comincia<br />

una lenta agonia, spesso non solo<br />

interiore. La sua vita scivola via,<br />

asfissiata da una minaccia lenta,<br />

ridondante, esasperante. L’insidia<br />

di un predatore che brama l’eccitazione<br />

morbosa della sua caccia e<br />

la resa incondizionata della sua<br />

preda. “Cacciatore all’agguato” è<br />

una delle tante varianti linguistiche<br />

che, in italiano, designano lo<br />

stalker, il molestatore furtivo e, in<br />

molti casi, recidivo e irriducibile.<br />

L’introduzione del reato di<br />

Stalking nell’ordinamento giuridico<br />

italiano, con il decreto legge<br />

n°11 del 23 febbraio 2009, sembra<br />

formalizzare un qualcosa che certamente<br />

esisteva già da tempo ma<br />

che, assumendo un nome preciso<br />

e un numero identificativo fissato<br />

da una legge, non è diminuito<br />

d’intensità. Secondo i dati diffusi<br />

dall’Osservatorio nazionale sullo<br />

stalking, un italiano su cinque ne è<br />

vittima. Il 70% dei perseguitati è<br />

donna. Il molestatore è il partner<br />

o l’ex partner nel 55% dei casi, nel<br />

5% si tratta di un membro della<br />

famiglia, di un collega nel 15% e di<br />

un vicino nel 25% dei casi.<br />

Cifre eloquenti che dipingono,<br />

però, il quadro di un fenomeno<br />

che si sviluppa su tendenze inversamente<br />

proporzionali. Dopo un<br />

primo impatto positivo della<br />

legge, infatti, si è assistito negli<br />

ultimi due anni a un incremento<br />

di episodi di stalking, cui fa da<br />

contraltare un forte calo di<br />

denunce effettuate.<br />

Da un lato molestatori caparbi e<br />

ossessivi che si aggrappano alle<br />

vite private altrui come parassiti,<br />

dall’altro vittime estenuate che,<br />

non in pochi casi, si chiudono in<br />

spirali di silenzio. «Il senso di<br />

colpa – spiega la dottoressa Ilaria<br />

Boccagna, psicologa di “Spazio<br />

Donna” Onlus – gioca una ruolo<br />

fondamentale nel meccanismo di<br />

chiusura e reticenza della donna<br />

vittima di stalking. Poiché la famiglia<br />

è considerata tutt’oggi un<br />

valore indissolubile, il senso di<br />

colpa subentra per il timore di<br />

rompere l’unità familiare, di fare<br />

del male ai figli, quando poi il male<br />

peggiore è che i figli stessi assistono<br />

alla violenza tra i genitori, in<br />

particolare nei casi in cui è il padre<br />

che la esercita sulla madre».<br />

Un fenomeno che si consuma e<br />

distribuisce in maniera diversa<br />

anche a seconda di fattori territoriali<br />

e culturali. «Nei paesini con<br />

minor numero di abitanti dove<br />

tutti si conoscono – continua<br />

Boccagna – c’è la tendenza a tenere<br />

nascosti episodi del genere».<br />

Sms, telefonate, appostamenti, ma<br />

anche e-mail con contenuti osceni<br />

e richieste di contatto online: il<br />

modus operandi dello stalker<br />

segue il passo delle tecnologie e le<br />

sfrutta secondo logiche perverse.<br />

«C’è stato il caso di uno stalker<br />

telematico – racconta Anna<br />

Ludiero , operatrice del “Telefono<br />

rosa” di Caserta – che tramite<br />

Facebook ha perseguitato una<br />

ragazza rubandone i dati personali<br />

e legandoli a siti osceni. Mentre<br />

prima c’era una maggiore frequenza<br />

d’uso del telefono, erano maggiori<br />

i pedinamenti a tutte le ore<br />

del giorno, adesso con la creazione<br />

delle false identità ci si serve dei<br />

social network».<br />

La minaccia corre, dunque, anche<br />

sul web, uno dei tanti luoghi dove<br />

può nascondersi l’amore malvagio,<br />

figlio di menti abiette.<br />

Pagina a cura di<br />

MARIO PIO CIRILLO<br />

La nostra società<br />

troppo stressata<br />

Il potenziale comunicativo<br />

offerto dai nuovi media<br />

ha, in qualche modo,<br />

aperto diverse vie di sviluppo<br />

al fenomeno<br />

dello stalking.<br />

L’entropia dei<br />

valori, unita<br />

ai mutamenti<br />

sociali in atto<br />

può gravare<br />

non poco<br />

sull’intensità<br />

del fenomeno.<br />

«Lo stalking<br />

- spiega Pasquale Marino,<br />

sociologo - può avere<br />

serie motivazioni di origine<br />

nella condizione precaria di<br />

una società psicologicamente<br />

stressata. Si tratta di<br />

una forma patologica legata<br />

a un disturbo schizoaffettivo,<br />

una forma di amore che<br />

diventa ossessione, che<br />

cambia di segno e che<br />

IL SOCIOLOGO IL CRIMINOLOGO LA PSICOLOGA<br />

dipende certamente da difficoltà<br />

e disturbi legati a<br />

dinamiche di interazione<br />

sociale in qualche modo<br />

distorte, che<br />

lo stalker può<br />

aver maturato<br />

o interiorizzato<br />

anche<br />

durante l’infanzia.<br />

Il ruolo<br />

che la com<br />

u n i t à<br />

gioca, in relazione<br />

a tale<br />

problematica,<br />

è fondamentale,<br />

dato che può<br />

determinare una inibizione<br />

nel processo di autocoscienza<br />

dellla vittima come<br />

tale». Non a caso, il senso<br />

di omertà che tutto pervade<br />

e tutto avvolge può essere<br />

un fattore decisivo, se<br />

non il miglior alleato, per<br />

l’occhio viscido e assillante<br />

dello stalker.<br />

Vittime del timore<br />

di essere prede<br />

«Lo stalking - secondo il criminologo<br />

Andrea Feltri -<br />

può nascere come complicazione<br />

di una qualsiasi<br />

relazione<br />

interpersonale<br />

e, pertanto,<br />

chiunque<br />

può esserne<br />

vittima.<br />

La caratteristica<br />

peculiare è<br />

quella di una<br />

persecuzione<br />

ossessiva.<br />

Le cause di<br />

questi atteggiamenti patologici<br />

possono essere diverse,<br />

ma spesso si traducono in<br />

casi di abbandono o di<br />

amore respinto, ma anche di<br />

separazione o divorzio.<br />

Spesso, dal momento che<br />

nessuno vuole considerarsi<br />

vittima, si tende a evitare di<br />

riconoscersi in pericolo,<br />

finendo per sottovalutare il<br />

rischio e aiutando così lo<br />

stalker». Il meccanismo<br />

che si innesca può, quindi,<br />

condurre, a un effetto boomerang,<br />

per<br />

la paura del<br />

dire, da parte<br />

della vittima,<br />

che alimenta<br />

la sete persecutoria<br />

del<br />

molestatore.<br />

«Occorre<br />

seguire - per<br />

Feltri - dei<br />

comportamenti<br />

volti a<br />

scoraggiare, quando possibile,<br />

gli atti di molestia<br />

assillante, quindi evitare<br />

che il soggetto passivo si<br />

cristallizzi nella figura di<br />

vittima nei riguardi del<br />

persecutore». Tenere lontano<br />

il panico e armarsi di<br />

astuzia possono dunque<br />

rivelarsi carte vincenti per<br />

ritrovare la libertà.<br />

Unica chiave:<br />

aprirsi alla parola<br />

Varcare la soglia di casa può<br />

diventare un incubo, anche<br />

quando ci si trova in mezzo<br />

alla gente. L’occhio vigile,<br />

morboso e<br />

ostinato dello<br />

stalker può<br />

essere dappertutto<br />

e in<br />

n e s s u n<br />

luogo. Tirare<br />

fuori il problema,<br />

anzichè<br />

soffocarlo<br />

nella propria<br />

incertezza,<br />

può essere<br />

la chiave. «La prima cosa<br />

da fare - spiega Giuseppina<br />

Rondello, psicologa- nel<br />

momento in cui si accerta<br />

che la persona stia vivendo il<br />

disagio provocato dallo<br />

stalking, è parlarne con<br />

qualche ufficiale pubblico<br />

per avviare una denuncia.<br />

Rivolgersi poi a un’operatrice,<br />

presso un centro specializzato,<br />

può aiutare a prendere<br />

consapevolezza del<br />

forte rischio legato alla problematica<br />

dello stalking.<br />

Le operatrici<br />

devono lavorare<br />

anzitutto<br />

in questo<br />

senso, ascoltare<br />

e dialogare<br />

con la<br />

vittima per<br />

renderla di<br />

nuovo libera<br />

di ritornare a<br />

quella che<br />

era la propria<br />

vita quotidiana. Molte<br />

donne hanno paura di<br />

ammetterlo, per il timore<br />

di essere etichettate in<br />

qualche modo, o perchè<br />

non si sentono abbastanza<br />

tutelate dalle leggi. Bisogna<br />

però sempre denunciare se<br />

si sta attraversando questo<br />

momento buio della propria<br />

vita».


PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />

11<br />

Da Sorrento a Napoli i viaggiatori alla disperata ricerca del titolo di viaggio<br />

Circum orfana delle biglietterie<br />

Nel lungo tragitto della vita si<br />

incontrano molte tipologie di persone.<br />

Ci sono i disonesti, quelli che<br />

in tutti i modi cercano sempre di<br />

farla franca a discapito di un’altra<br />

persona. Ci sono gli onesti, quelli<br />

che quando trovano un portafoglio<br />

per terra lo consegnano integro<br />

alla polizia. Ma ci sono anche gli<br />

“inermi-disonesti”, quelli che<br />

nonostante ce la mettano tutta per<br />

cercare di essere onesti non ci riescono<br />

proprio. E’ il caso dei viaggiatori<br />

della Circumvesuviana, in<br />

particolare sulla linea che collega<br />

Napoli a Sorrento.<br />

Ore 14:00 siamo alla stazione di<br />

Sant’Agnello in Penisola sorrentina,<br />

una delle stazioni più importanti<br />

per i turisti in visita a<br />

Sorrento. Davanti a noi si apre uno<br />

scenario terribile, le condizioni<br />

della stazione sono pessime, mura<br />

rovinate e tappezzate di scritte tipo<br />

“Ti amo Giorgio”, ma questo è solo<br />

Molte stazioni incustodite e molte le difficoltà<br />

Le toilette murate per questioni di sicurezza<br />

l’inizio. Una persona onesta che si<br />

voglia far rispettare non bada alle<br />

condizioni esterne, ma va direttamente<br />

al sodo e, nonostante non ci<br />

siano i tornelli per entrare in stazione,<br />

cerca un posto per fare il<br />

biglietto. Sfortunatamente la biglietteria<br />

è chiusa, e al suo posto c’è<br />

un foglio formato A4 diviso in due<br />

parti dove c’è scritto con un pennarello:<br />

“Comprare il biglietto al<br />

bar o all’agenzia di viaggio giù”.<br />

Una persona veramente onesta<br />

non perde la pazienza, ma si rimbocca<br />

le maniche della camicia e<br />

ritorna in strada a cercare il bar o<br />

l’agenzia di viaggio. Dopo aver<br />

fatto quindi scale, essere arrivato<br />

in piazza, aver domandato in giro<br />

dove è possibile trovare un bar o<br />

un’agenzia di viaggio ecco che arriva<br />

la notizia peggiore, entrambi i<br />

locali sono chiusi. La persona onesta,<br />

però, nonostante sia a pezzi e<br />

rimanga basita per qualche secondo<br />

davanti la saracinesca chiusa<br />

dell’agenzia di viaggio, non si scoraggia<br />

e torna all’arrembaggio.<br />

Decide quindi di risalire in stazione<br />

per capirci di più. Dopo tutto<br />

questo trambusto però ha bisogno<br />

di andare in bagno, vabbè, in stazione<br />

non ci sarà la biglietteria ma<br />

almeno il bagno…. E invece no,<br />

anche i servizi igienici sono chiusi,<br />

addirittura una delle porte sembra<br />

per metà murata. Ma la persona<br />

onesta non bada a nulla e continua<br />

la sua missione imperterrita.<br />

Scrutando meglio la biglietteria, ci<br />

sono tantissimi fogli di annunci<br />

attaccati, su uno di questi c’è la lista<br />

dei bar dove è possibile comprare il<br />

ticket, sfortunatamente la lista è<br />

piena di strade e numeri civici che<br />

il passeggero onesto, visto che non<br />

è del posto, non conosce e avventurarsi<br />

alla ricerca non sembra proprio<br />

il caso, soprattutto perchè il<br />

treno che sta aspettando dovrebbe<br />

passare tra qualche minuto.<br />

E meno male che l’uomo onesto<br />

si era anticipato a fare il biglietto.<br />

Ma agli onesti le cose non possono<br />

andare sempre male ed ecco<br />

sopraggiungere una signora. La<br />

persona onesta le chiede come<br />

procurarsi un biglietto e fortunatamente<br />

quest’ultima ne possiede<br />

uno in più. La morale è semplice<br />

e presto fatta: gli onesti<br />

saranno ripagati. Ma a Sant’Agnello<br />

sembra proprio che l’onestà<br />

si trasformi in inermi-disonestà.<br />

L’uomo si appresta a obliterare<br />

il suo ticket e lo inserisce<br />

nell’apposita macchinetta. Questa<br />

è però fuori servizio. Ecco,<br />

questo è l’inerme-disonesto.<br />

Sant’agnello non è l’unica realtà<br />

negativa della Circumvesuviana.<br />

La stessa scena si ripete in più stazioni:<br />

a Piano di Sorrento non ci<br />

sono neanche gli annunci dei bar, a<br />

Seiano esiste una biglietteria automatica<br />

ma solo per chi dispone di<br />

monete e il bar più vicino per cambiare<br />

i contanti è a un chilometro.<br />

A Moregine, Ercolano e in tante altre<br />

la situazione è insostenibile.<br />

Pagina a cura di<br />

ALESSIO FUSCO<br />

BORRELLI: «SCUSATE PER I DISAGI»<br />

Dopo aver vissuto<br />

in prima persona i<br />

disagi dei viaggiatori<br />

e dopo aver<br />

ascoltato un bel po’<br />

di storie dei passeggeri<br />

siamo andati<br />

a parlare con il<br />

direttore operativo<br />

di Circum-vesuviana,<br />

Arturo Borrelli.<br />

La prima domanda è sorta spontanea:<br />

se gli introiti della vostra azienda derivano<br />

dalla vendita dei biglietti, ma gli<br />

utenti del servizio trovano le biglietterie<br />

chiuse e le stazioni impresenziate<br />

come pensate di migliorare il servizio?<br />

«Secondo lei a noi fa piacere avere le stazioni<br />

impresenziate, il problema è che<br />

non si può fare diversamente. Chiediamo<br />

umilmente scusa ai nostri passeggeri perché<br />

il servizio negli ultimi anni è sicuramente<br />

peggiorato. Ma non per demerito<br />

nostro, abbiamo un problema di liquidità<br />

«Ci vuole tempo<br />

per migliorare<br />

il servizio»<br />

enorme e cerchiamo in tutti i modi di<br />

prendere delle decisioni. Abbiamo fatto<br />

una scelta quella di dare la massima affidabilità<br />

e sicurezza ai nostri treni e a<br />

discapito di questa scelta abbiamo dovuto<br />

rinunciare al personale nelle stazioni e<br />

abbiamo dovuto diminuire le corse. Non è<br />

stata una scelta facile, ma per noi la sicurezza<br />

è al primo posto».<br />

Nelle stazioni incustodite i bagni sono<br />

chiusi non è un po’ troppo?<br />

«Anche questa è una scelta. Per questioni<br />

di sicurezza, qualcuno potrebbe<br />

rimanere chiuso dentro, bloccato. E poi<br />

non dimentichiamoci che dobbiamo<br />

confrontarci con una realtà incivile».<br />

Si spieghi meglio<br />

«Ammettiamo le nostre problematiche e<br />

stiamo cercando per quanto possibile di<br />

venire più incontro possibile ai cittadini.<br />

Grazie all’uso delle tecnologie: tornelli,<br />

biglietteria automatiche e telecamere ma<br />

abbiamo bisogno di tempo. Però il problema<br />

è anche di buon esempio di civiltà. Se<br />

noi mettiamo la biglietteria automatica<br />

come è stato fatto a Seiano e dopo una<br />

settimana la troviamo distrutta o tappezzata<br />

allora significa che non dobbiamo<br />

combattere solo con la crisi economica<br />

ma anche con le persone. E non parlo di<br />

episodi occasionali. Quotidianamente<br />

siamo costretti ad intervenire con lavori<br />

di manutenzioni nelle stazioni perché ci<br />

rompono le macchinette per obliterare,<br />

perchè strappano gli annunci e per altre<br />

mille problematiche. Se non iniziamo a<br />

cambiare anche la mentalità delle persone<br />

allora non riusciremo mai a migliorare».<br />

IL PROFESSORE<br />

«Ho violato<br />

la legge»<br />

LA STUDENTESSA<br />

«Il biglietto<br />

non lo faccio»<br />

IL TURISTA<br />

«La prima volta<br />

senza ticket»<br />

LA CASALINGA<br />

Onesta<br />

e multata<br />

IL PENDOLARE<br />

Trasgressore<br />

per sbaglio<br />

Giovanni De<br />

Caro è professore<br />

all’istituto<br />

nautico di<br />

Torre Annunziata,<br />

lui ormai<br />

è un veterano<br />

della Circumvesuviana<br />

visto che da anni viaggia su<br />

questi treni. Per comodità e per<br />

interesse ha comprato l’abbonamento<br />

mensile di seconda fascia<br />

che gli permette di viaggiare per<br />

trenta giorni senza preoccuparsi di<br />

comprare il biglietto. Ma anche un<br />

veterano come lui si è trovato in<br />

difficoltà. Alla stazione di Barra,<br />

dove era andato un giorno per<br />

caso. Lì la fascia del suo abbonamento<br />

non gli permetteva di arrivare<br />

a Napoli. Ma fare il biglietto a<br />

Barra è un impresa solo per pochi,<br />

così decise di non farlo.<br />

Antonella è<br />

una studentessa<br />

e tutti i<br />

giorni prende<br />

il treno per<br />

percorrere il<br />

tratto Ercolano<br />

medaglie<br />

d’Oro-Sorrento.<br />

La sua problematica però<br />

non è il biglietto, lei ha l’abbonamento<br />

e non sente il bisogno di<br />

criticare il disservizio delle stazioni<br />

impresenziate.<br />

Secondo Antonella la vera problematica<br />

non sono i biglietti, «quelli<br />

si possono anche non fare» dice<br />

la ragazza, che contina «il problema<br />

è il sovraffollamento dei treni,<br />

la mattina è davvero impossibile<br />

salire con la borsa o la valigia nei<br />

vagoni, e poi c’è di tutto da gente<br />

che chiede la carità a venditori<br />

ambulanti con le loro cose».<br />

La signora<br />

Elisa abita a<br />

Trento ed è<br />

venuta una<br />

settimana a<br />

villeggiare in<br />

Penisola<br />

Sorrentina e<br />

ha pernottato<br />

in un hotel a Piano di Sorrento.<br />

Per visitare la Penisola ha scelto<br />

di prendere i treni della<br />

Circumvesuviana ed ecco i suoi<br />

disagi: «Questi treni sono molto<br />

comodi perchè ti portano direttamente<br />

al centro dei posti da visitare,<br />

ma il servizio è precario.<br />

Non ci posso ancora credere che<br />

per la prima volta in vita mia ho<br />

preso un treno senza il biglietto,<br />

ma la stazione di Piano di domenica<br />

è isolata, fortunatamente<br />

per gli altri giorni mi sono premunita<br />

e ne ho comprati un bel po’»<br />

La fortuna<br />

non sempre<br />

aiuta i buoni e<br />

a volte c’è chi<br />

paga cara la<br />

sua ingenuità.<br />

Maria di professione<br />

casalinga<br />

un giorno<br />

decise di passare una giornata<br />

diversa all’Auchan di Castellammare,<br />

si fece così accompagnare<br />

da un amica in auto e per il ritorno<br />

decise di prendere la<br />

Circumvesuviana che l’avrebbe<br />

portata direttamente a casa a<br />

Vico Equense. Moregine è la stazione<br />

incriminata, infatti è praticamente<br />

isolata dal mondo. La<br />

signora è quindi costretta a salire<br />

senza biglietto. Una volta sul<br />

treno va a denunciare il fatto al<br />

controllore, il suo premio: una<br />

multa da 60 euro.<br />

La storia di<br />

Raffaele ha<br />

dell’incredibile.<br />

Nel percorrere<br />

il tratto<br />

dalla stazione<br />

di Pioppaino a<br />

Seiano per poi<br />

arrivare a<br />

Montechiaro con un pullman servirebbe<br />

un solo tagliando da 60<br />

minuti di seconda fascia. Ma a<br />

Raffaele una volta non è andata<br />

proprio così. A Pioppaino fare il<br />

biglietto è impossibile, ma Raffaele<br />

lo sapeva e si era premunito in<br />

anticipo. Una volta obbliterato si è<br />

accorto che l’orario della macchineta<br />

era sbagliato, venti minuti<br />

avanti. In questo modo una volta<br />

arrivato a Seiano avrebbe dovuto<br />

fare un altro tagliando. Lui però<br />

non l’ha fatto e fortunatamente gli<br />

è andata bene, ma che paura.


12 Domenica 25 marzo 2012 SPECIALE<br />

Cronaca nera fra realtà, spettacolarizzazione e fiction. I plastici di Porta a Porta,<br />

le confessioni in diretta: l’informazione si trasforma sempre più in reality show<br />

Feriti dalla violenza mediatica<br />

Forse lei direbbe così: “Sono Sarah<br />

Scazzi e la seconda volta mi ha<br />

ucciso il giornalismo. Un giornalismo<br />

che per alzare l’audience si è<br />

trasformato in reality. Non ne<br />

sono la prima vittima e non sarò di<br />

certo l’ultima”.<br />

È in atto nel nostro Paese un’inarrestabile<br />

corsa alla spettacolarizzazione<br />

dell’informazione: il giornalismo<br />

ormai preferisce l’enfasi<br />

all’approfondimento, l’indugiare<br />

in particolari scabrosi alla lucida<br />

analisi. Caposaldo di questo<br />

nuovo stile la tv, che si trasforma<br />

sempre più in buco di una serratura<br />

a misura dei guardoni. E i quotidiani<br />

non sono da meno: la storica<br />

pagina di cronaca ha quasi del<br />

tutto lasciato il passo a fogli su<br />

fogli di approfondimenti che scandiscono<br />

l’evento drammatico, lo<br />

ritmano come se si trattasse di un<br />

libro o di un film thriller. Gli<br />

ingredienti ci sono tutti: la vittima,<br />

i sospettati, i punti oscuri, la ricerca<br />

del movente, le indagini; psicologi,<br />

criminologi, magistrati ricostruiscono,<br />

passo dopo passo, il<br />

delitto fino ad arrivare addirittura<br />

al processo con tanto di colpevolisti<br />

e innocentisti.<br />

Date, nomi, chi ha fatto cosa,<br />

dove, come e quando: il telespettatore<br />

ha tutto impresso nella sua<br />

memoria sul caso del momento.<br />

Da quel tragico 26 agosto 2010,<br />

col trascorrere dei giorni, delle<br />

settimane, dei mesi, l’informazione<br />

ha concentrato sempre più la<br />

sua attenzione sul caso Scazzi. A<br />

reti unificate, in determinate fasce<br />

orarie e in tutte le varianti dei programmi<br />

che il palinsesto ospita,<br />

quella scatola magica chiamata tv<br />

ha trasmesso ricostruzioni su<br />

ricostruzioni dell’assassinio della<br />

piccola Sarah.<br />

Tale è stata la (pre)potenza dei<br />

media, da riuscire a costruire<br />

attorno a una pagina di cronaca<br />

nera una specie di fiction drammatica,<br />

un reality dell’orrore, che<br />

A destra<br />

il plastico di Avetrana<br />

riprodotto<br />

negli studi<br />

di Porta a Porta<br />

In basso<br />

un’immagine<br />

di Sarah Scazzi<br />

Michele Misseri<br />

inscena l’omicidio<br />

della nipote<br />

in una puntata<br />

di Matrix<br />

ha raggiunto livelli di morbosità e<br />

curiosità mai visti attorno ai<br />

sospettati dell’omicidio.<br />

Per alzare l’audience quale metodo<br />

migliore che coinvolgere lo<br />

spettatore, sfruttando e nutrendo<br />

il voyeurismo, mescolando realtà e<br />

finzione come in un romanzo. Il<br />

big brother format diventa, in questa<br />

logica, il modello cardine dell’informazione<br />

televisiva.<br />

Una incredibile cura dei dettagli,<br />

anche quelli più stupidi; l’appostamento<br />

continuo dinanzi alla casa<br />

di zio Michele, oggi forse la casa<br />

più tristemente famosa d’Italia; lo<br />

svelamento di tutti i minimi particolari<br />

intimi della vita della povera<br />

vittima, dal diario ai link condivisi<br />

su Facebook e il “teatrino” dei programmi<br />

televisivi che si trasformano<br />

in una procura, in un’arena<br />

di studiosi del crimine che vanno<br />

ad analizzare le smorfie degli<br />

indagati per sentenziare la colpevolezza<br />

o meno dell’accusato,<br />

costruiscono intorno al caso<br />

Scazzi una telenovela infinita che<br />

porta folle di curiosi ad Avetrana<br />

nel week end per spiare quasi il<br />

luogo del delitto, facendo del<br />

paese pugliese la culla dell’orrore e<br />

degli sciacalli.<br />

Culmine del corto circuito che la<br />

tv ha vissuto per la vicenda Scazzi<br />

la performance di Chi l’ha visto?,<br />

che il 6 ottobre annuncia in diretta<br />

televisiva alla madre il ritrovamento<br />

del cadavere della figlia.<br />

Coprire il corpo di chi è morto in<br />

un luogo pubblico è un gesto antico<br />

almeno venticinque secoli. Lo<br />

si fa con un lenzuolo bianco, una<br />

coperta o un qualunque indumento<br />

che protegga almeno il<br />

volto di chi ha perso la vita rimanendo<br />

esposto in mezzo alla strada.<br />

È il limite del pudore, del<br />

rispetto e il simbolo della compassione<br />

e della capacità di fermarsi<br />

e non sollevare quel lenzuolo.<br />

C’è forse bisogno di ricordarlo<br />

all’informazione italiana?<br />

La vicenda Scazzi<br />

L’omicidio<br />

continua<br />

in live tv<br />

Il 26 agosto del 2010 veniva denunciata ad<br />

Avetrana, in provincia di Taranto, la scomparsa<br />

della quindicenne Sarah Scazzi. La<br />

ragazzina era uscita di casa verso le 14.30<br />

per andare al mare con la cugina Sabrina,<br />

ma da quel momento sparì nel nulla. Un<br />

mese dopo, il cellulare della ragazza venne<br />

ritrovato da Michele Misseri, zio di Sarah e<br />

padre di Sabrina. Il 6 ottobre, il colpo di<br />

scena in diretta tv: lo zio Michele confessò<br />

l’omicidio della nipote e fece ritrovare il<br />

corpo mentre la madre della ragazza era<br />

ospite del programma Chi l’ha visto?.<br />

L’uomo dichiarò di averla strangolata perché<br />

la ragazza non aveva mai ceduto alle sue<br />

ripetute avances sessuali. Dopo pochi giorni<br />

però, anche la figlia Sabrina Misseri venne<br />

sottoposta a fermo per concorso nell'omicidio<br />

della cugina. Nonostante nei giorni<br />

seguenti le versioni date da Michele<br />

Misseri cambiarono diverse volte, fu proprio<br />

il padre a coinvolgere la figlia Sabrina,<br />

indicandola come l’unica colpevole.<br />

Movente la gelosia di Sabrina nei confronti<br />

della cuginetta a causa di un ragazzo,<br />

Ivano Russo, verso il quale Sabrina provava<br />

un interesse morboso.<br />

Il rifiuto del giovane a iniziare una relazione<br />

e il dubbio che Sarah volesse portarle<br />

via l’uomo sono state, secondo gli inquirenti,<br />

le motivazioni che hanno portato<br />

Sabrina a uccidere la cugina. L’accusa nei<br />

confronti di Sabrina Misseri divenne di<br />

omicidio mentre al padre Michele venne<br />

imputato il reato di soppressione di cadavere,<br />

per il quale fu scarcerato in quanto<br />

scaduti i termini di custodia cautelare.<br />

Il 23 maggio 2011 anche a Cosima Serrano,<br />

moglie di Michele Misseri e madre di<br />

Sabrina, venne notificata un’ordinanza di<br />

custodia cautelare in carcere per concorso<br />

in omicidio, sequestro di persona e soppressione<br />

di cadavere. Il processo è iniziato<br />

il 10 gennaio 2012, e vede come principali<br />

imputati Sabrina Misseri con l'accusa di<br />

omicidio doloso premeditato, la madre<br />

Cosima per concorso in omicidio e il padre<br />

Michele per soppressione di cadavere.<br />

Luigi Kalb, giurista<br />

Processi<br />

nei salotti<br />

televisivi<br />

«L’attuale stato della giustizia penale presenta<br />

evidenti segnali d’allarme, provocati<br />

in particolar modo dagli effetti distorsivi<br />

del circuito mediatico-giudiziario, fenomeno<br />

sociale in cui la giustizia si rappresenta<br />

su una doppia scena, mediatica e giudiziaria»<br />

è il commento che riassume il pensiero<br />

del prof. Luigi Kalb, ordinario di procedura<br />

penale e direttore del Dipartimento di<br />

diritto pubblico all’Università di Salerno.<br />

La massiccia esposizione mediatica dei<br />

fatti di cronaca che, da qualche anno a questa<br />

parte, sta caratterizzando l’informazione<br />

italiana non può passare inosservata ma<br />

soprattutto non può non causare conseguenze.<br />

«Non si può mettere in dubbio che<br />

le alterazioni provocate dalla cosiddetta<br />

“giustizia-spettacolo” abbiano raggiunto<br />

proporzioni insopportabili – chiarisce il<br />

professor Kalb – perché si è arrivati a spostare<br />

il giudizio da un’aula di un tribunale<br />

a un salotto televisivo per rispondere<br />

esclusivamente al bisogno di share».<br />

In poche parole, una riproposizione dei<br />

fatti di cronaca secondo i criteri dei media<br />

che, però, non sempre coincidono con<br />

quelli del sistema penale. «I tempi in cui si<br />

sviluppa il giudizio pubblico nel circuito<br />

mediatico – sostiene Kalb – sono molto<br />

più veloci di quelli dell’iter processuale,<br />

con la conseguenza di interferire sulla<br />

valutazione di chi è chiamato a giudicare».<br />

È talmente tanta e veloce la quantità di<br />

elementi derivanti dai talk show televisivi<br />

e dalla stampa che «appare più che fondato<br />

il pericolo di influenzare le valutazioni<br />

dell’organo chiamato a giudicare, specialmente<br />

se si tratta di giudici popolari»,<br />

incalza il professore.<br />

La verità sta, probabilmente, nel fatto che<br />

esistono due diritti di pari importanza da<br />

tutelare: il diritto di informazione e i diritti<br />

fondamentali delle persone coinvolte.<br />

«La perplessità nasce quando l’informazione<br />

diventa l’unico valore da garantire -<br />

conclude Kalb - a discapito di altri diritti<br />

di pari tutela costituzionale».


SPECIALE Domenica 25 marzo 2012<br />

Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti: superato ogni livello di vergogna<br />

Iacopino: «Doveri etici violati»<br />

Il 5 ottobre 1990 nasce la Carta di Treviso per difendere i diritti dei più piccoli<br />

Non passa giorno in cui i media<br />

italiani non parlino di casi di cronaca<br />

e fin qui niente di strano. Le<br />

perplessità sorgono spontanee<br />

quando di queste vicende si vuole<br />

portare ad ogni costo alla luce ogni<br />

particolare, anche quelli più crudi<br />

e dettagliati. La perplessità potrebbe<br />

diventare sdegno quando,<br />

ancora, questi tragici fatti riguardano<br />

minori che, loro malgrado,<br />

sono vittime prima dei loro carnefici<br />

e poi di un sistema di informazione<br />

controverso.<br />

Proprio per fare ordine e difendere<br />

i diritti dei minorenni, è nata il<br />

5 ottobre 1990 la Carta di<br />

Treviso, un protocollo firmato da<br />

Ordine dei giornalisti, Fe-àderazione<br />

nazione della stampa italiana<br />

e Telefono azzurro con lo<br />

scopo di fissare delle norme vincolanti<br />

di autoregolamentazione<br />

per gli operatori dell’informazione.<br />

A questo proposito, abbiamo<br />

sentito il parere del presidente<br />

dell’Ordine nazionale dei giornalisti,<br />

Enzo Iacopino.<br />

Le raccomandazioni della<br />

Carta di Treviso sono rispettate<br />

dai media?<br />

È il documento deontologico più<br />

condiviso tra quelli che fanno<br />

parte del mondo dell’informazione.<br />

La controprova è determinata<br />

dal fatto che i procedimenti disciplinari<br />

per violazioni delle norme<br />

previste dalla Carta di Treviso<br />

sono episodi sporadici, non per<br />

inerzia ma perché c’è questa sensibilità<br />

per la quale possiamo essere<br />

orgogliosi. Non dobbiamo dimenticare<br />

poi che abbiamo avuto<br />

anche dei riconoscimenti per questo<br />

documento che ha segnato una<br />

traccia di comportamento condivisa<br />

anche da colleghi europei e dalle<br />

Nazioni Unite.<br />

È necessario aggiornarla in qualche<br />

punto?<br />

Nonostante un aggiornamento sia<br />

già stato fatto, i ritmi infernali che<br />

ci sono nei nuovi strumenti di<br />

comunicazione potrebbero richiedere<br />

qualche precisazione. In ogni<br />

caso, i principi sono quelli e sono<br />

ben saldi. Semmai, il rischio a cui<br />

siamo andati incontro in qualche<br />

occasione è stato quello di incorrere<br />

in eccessi. Mi spiego meglio: per<br />

un lungo periodo non è mai stato<br />

ripreso il volto sorridente di un<br />

bambino, si è sempre ricorso all’espediente<br />

di oscurare i visi, per evitare<br />

che le loro immagini e generalità<br />

fossero usate in contesti non<br />

idonei e procurare conseguenze<br />

negative al bambino. Questo chiarimento,<br />

però, stiamo riuscendo a<br />

farlo passare e finalmente si rivedono<br />

immagini di bambini sorridenti,<br />

mentre prima erano solo persone<br />

senza volto.<br />

Nella vicenda Sarah Scazzi, si è<br />

dato più spazio alla cronaca o<br />

alla spettacolarizzazione?<br />

In questa vicenda io penso sia stato<br />

superato ogni livello di vergogna.<br />

Basti pensare che, in questa storia,<br />

il Garante delle Comunicazioni ha<br />

segnalato circa 400 episodi meritevoli<br />

di attenzione. Ma chiariamo, lì<br />

il problema non riguardava le<br />

norme della Carta di Treviso perché,<br />

fin quando la ragazza è stata<br />

considerata rapita, c’era il dovere di<br />

dare le foto e le generalità di Sarah<br />

per ritrovarla. Dopo il ritrovamento<br />

del cadavere, invece, si sono<br />

13<br />

dimenticate tutte le regole morali<br />

ed elementari più ovvie: il guardonismo,<br />

il turismo dell’orrore, il sensazionalismo<br />

ad ogni costo, la<br />

ricerca disperata dello scoop che<br />

ha legittimato l’uso di riferimenti<br />

anche crudi della vicenda Scazzi.<br />

Ma questo scempio va oltre la<br />

Carta di Treviso perché, se anche<br />

la vittima fosse stata maggiorenne,<br />

avrebbe avuto diritto, insieme con<br />

la famiglia, a un maggiore rispetto.<br />

L’audience, regola secondo cui<br />

alcune trasmissioni si sono mosse,<br />

non vale niente perché noi abbiamo<br />

dei doveri nel fare informazione,<br />

che in più occasioni, non solo<br />

nel caso Scazzi, sono stati violati.<br />

Pagine a cura di<br />

MARINA CAVALIERE<br />

CARMEN GALZERANO<br />

ELENA CHIARA LIGUORI<br />

La conduttrice di Chi l’ha visto? difende il collegamento dall’abitazione di Michele Misseri<br />

Sciarelli: «Cercavamo Sarah»<br />

«Noi non facciamo spettacolarizzazione,<br />

noi ci occupiamo dei casi<br />

di persone scomparse e cerchiamo<br />

di fornire un servizio pubblico».<br />

Federica Sciarelli, giornalista e<br />

conduttrice della trasmissione Chi<br />

l’ha visto?, difende con forza il suo<br />

lavoro. «Sono ormai venticinque<br />

anni» ricorda con orgoglio la<br />

Sciarelli, sottolineando come oggi<br />

la trasmissione abbia un ruolo istituzionale<br />

riconosciuto da tutti.<br />

Anche la popolare trasmissione di<br />

Raitre ha dedicato diverse puntate<br />

al caso di Sarah Scazzi, in particolare<br />

quando la quindicenne di<br />

Avetrana era considerata scomparsa.<br />

E proprio durante una<br />

puntata della trasmissione, il 6<br />

ottobre 2010, arriva la notizia che<br />

lo zio di Sarah ha confessato di<br />

aver ucciso la nipote.<br />

Perché avete scelto di fare la<br />

diretta da casa Misseri in quella<br />

puntata?<br />

Noi seguivamo la vicenda della<br />

«Non sapevamo di essere in casa dell’assassino<br />

Gli altri programmi hanno sfruttato il caso»<br />

scomparsa di Sarah già da tempo, e<br />

avevamo intuito che il nodo problematico<br />

della vicenda era casa<br />

Misseri. Per questo ci sembrò più<br />

interessante fare una diretta dalla<br />

loro abitazione, per riuscire a chiarire<br />

un punto: se la ragazzina fosse<br />

arrivata a casa degli zii oppure no.<br />

La diretta di quella sera era stata<br />

organizzata molto prima ed è capitato<br />

che proprio in quel giorno i<br />

carabinieri facessero confessare<br />

Michele Misseri.<br />

Come risponde alle accuse di<br />

aver spettacolarizzato la notizia<br />

della confessione di Michele<br />

Misseri?<br />

Si spettacolarizza quando costruisci<br />

un evento. Quando abbiamo<br />

deciso di organizzare la diretta da<br />

casa Misseri, non avevamo certo<br />

idea di poter essere nella casa del<br />

presunto assassino.<br />

Secondo lei la vicenda non è<br />

stata messa eccessivamente sotto<br />

i riflettori dai media?<br />

Personalmente ritengo che la nostra<br />

trasmissione abbia fatto un<br />

passo indietro rispetto alla vicenda,<br />

mentre la maggior parte dei<br />

contenitori televisivi ha parlato per<br />

ore dell'assassinio di Sarah, in un<br />

modo oggettivamente morboso.<br />

Quindi le critiche rivolte a Chi<br />

l'ha visto? sono inutili, perché il<br />

nostro programma si occupa di<br />

persone scomparse, ed era l'unico<br />

deputato a parlarne; mentre gli<br />

altri programmi hanno sfruttato<br />

il caso eclatante.<br />

Nel trattare casi con minori c'è<br />

bisogno di un'attenzione particolare.<br />

Come vi regolate?<br />

Noi trattiamo questi casi con grande<br />

serietà, innanzitutto perché<br />

quando scompare un minore noi<br />

sosteniamo che bisogna muoversi<br />

immediatamente con le ricerche.<br />

Poi noi non ci interessiamo di particolari<br />

della vita privata del minore<br />

e se uno dei minori di cui segnaliamo<br />

la scomparsa viene ritrovato,<br />

immediatamente cancelliamo i<br />

suoi dati sensibili dal nostro sito.<br />

I media non rischiano di influenzare<br />

i giudizi dell'opinione<br />

pubblica o degli inquirenti?<br />

Personalmente non approvo la<br />

scelta di dare spazio a chi grida<br />

alla colpevolezza di una persona a<br />

processo ancora in corso, ma<br />

quella è una scelta che spetta ai<br />

giornalisti. Per quanto riguarda gli<br />

inquirenti, io non credo che un<br />

programma televisivo possa<br />

influenzare un giudice o un'indagine.<br />

Anzi, credo che la nostra trasmissione<br />

possa aiutare in positivo<br />

le autorità giudiziarie, perché<br />

siamo riusciti a far riaprire casi<br />

come Orlandi o Claps.<br />

Da Cogne ad Avetrana<br />

Dei delitti<br />

e dello share<br />

Comitato Media e <strong>Minori</strong><br />

«Sanzione morale<br />

non basta»<br />

In Italia ci sono oltre 600<br />

omicidi volontari l'anno,<br />

quasi due al giorno. La<br />

maggioranza di questi fatti<br />

di cronaca non trova il<br />

minimo spazio sui media<br />

nazionali. Ma se nel delitto,<br />

a qualunque titolo, viene<br />

coinvolta una donna bella e<br />

giovane, allora l'attenzione<br />

dell'opinione pubblica si<br />

accende e i media la fomentano<br />

parlando a ripetizione<br />

dell'evento.<br />

L'ultimo caso che ha ap-<br />

passionato gli italiani è<br />

quello di Melania Rea, la<br />

donna trovata morta in circostanze<br />

misteriose e per<br />

cui si sospetta un coinvolgimento<br />

del marito. Ma<br />

molti altri casi hanno segnato<br />

l'informazione nell'ultimo<br />

decennio: da Novi<br />

Ligure, a Yara Gambirasio;<br />

da Cogne a Garlasco. E l’omicidio<br />

di Meredith Kercher,<br />

un caso mediatico<br />

arrivato fin oltreoceano.<br />

Sono tutti delitti di particolare<br />

violenza ed efferatezza,<br />

che avvengono all'interno<br />

di famiglie apparentemente<br />

modello. Riguardano<br />

vittime giovani e<br />

indifese, è quasi sempre<br />

presente un movente di tipo<br />

sessuale. ed è facile<br />

individuare un capro e-<br />

spiatorio, il "mostro", che<br />

può fare da parafulmine<br />

delle ire collettive.<br />

«Per quanto riguarda il<br />

caso Scazzi c’è stato un servizio<br />

raccapricciante in cui<br />

lo zio Michele che mimava<br />

il delitto, riproponeva con<br />

una specie di cordicella l’evento<br />

davanti agli occhi<br />

delle telecamere per dimostrare<br />

come erano andate<br />

le cose. In quel caso abbiamo<br />

ravvisato una violazione<br />

del Codice di autoregolamentazione<br />

e abbiamo<br />

avviato il processo sanzionatorio»,<br />

ricorda Elisa<br />

Manna, vicepresidente del<br />

Comitato Media e <strong>Minori</strong>,<br />

nato per migliorare la qualità<br />

delle trasmissioni dedicate<br />

ai minori.<br />

La sanzione che il Comitato<br />

può impartire è la<br />

cosiddetta gogna mediatica:<br />

l’emittente è obbligata a<br />

trasmettere in un tg di<br />

massimo o buon ascolto la<br />

notizia di essere stata sanzionata.<br />

«È un danno d’immagine,<br />

ma le emittenti<br />

mettono in atto una serie<br />

di sistemi difensivi», dice la<br />

dottoressa Marra.<br />

«Il codice va completamente<br />

aggiornato: dovrà<br />

soprattutto prevedere dei<br />

meccanismi per cui alla<br />

sanzione morale faccia seguito<br />

una sanzione pecuniaria<br />

che oggi può essere<br />

imposta solo dell’Autorità<br />

per le garanzie delle<br />

comunicazioni».


14 Domenica<br />

25 marzo 2012 IL PERSONAGGIO<br />

Storia di Andrea Russo, dagli studi in giurisprudenza alla passione per le sculture<br />

L’avvocato che plasma la carta<br />

Chi da piccolo non si è divertito a<br />

costruire aeroplanini di carta,<br />

lanciandoli al compagno di banco<br />

per sconfiggere la noia delle<br />

lezioni?<br />

Tutti abbiamo creato, giocato o<br />

immaginato, avendo tra le mani<br />

un semplice foglio bianco. Pochi,<br />

invece, si sono spinti nella realizzazione<br />

di vere e proprie sculture<br />

di carta e luce.<br />

Andrea Russo ha scelto di trasformare<br />

il suo hobby in una forma<br />

d’arte. Napoletano, trent’anni, è<br />

avvocato civilista, ma preferisce<br />

la carta da disegno a quella bollata<br />

in uso nei tribunali.Nel<br />

panorama europeo è uno tra i<br />

paper artists più apprezzati, pur<br />

avendo intrapreso questa attività<br />

da soli cinque anni.<br />

Andrea ama le sue creazioni di<br />

carta come fossero suoi figli. E<br />

mentre ne parla, i suoi occhi brillano<br />

di emozione. Più che un<br />

artista, ama definirsi un attento<br />

osservatore della realtà che lo circonda:<br />

tramite i materiali che essa<br />

offre, cerca di estrapolare nuove<br />

forme e concetti visivi.<br />

«Spesse volte la carta è più difficile<br />

del ferro da piegare…»,<br />

dichiara mostrandomi le sue<br />

opere, che rappresentano un’interpretazione<br />

in chiave moderna<br />

e astratta dell’origami, l’antica<br />

arte giapponese di piegare la<br />

carta.<br />

Da dove nasce la tua passione<br />

per questa particolare tecnica,<br />

e quando hai iniziato?<br />

«Frequentavo l’ultimo anno del<br />

liceo classico, nel 2007, e al<br />

“Garibaldi” organizzarono una<br />

giornata dell’arte. Lì conobbi una<br />

ragazza, che mi prestò un libro di<br />

origami. Dopo quell’esperienza,<br />

che consideravo di puro divertimento,<br />

ho svolto alcune ricerche<br />

su Internet e così ho iniziato ad<br />

appassionarmi».<br />

I tuoi primi modelli riproducono<br />

forme organiche. Perché<br />

hai deciso di abbandonarli?<br />

«Non mi piace l’origami figurativo,<br />

concede poco spazio alla creatività.<br />

La mia prima pubblicazione,<br />

“Origami dal Vesuvio”, è<br />

un manuale sulla realizzazione di<br />

oggetti di carta semplici: dalla<br />

conchiglia alla maschera di<br />

Pulcinella. La mia vera passione<br />

sono però i soggetti astratti.<br />

Infatti non mi considero un<br />

origamista, ma un artista della<br />

carta».<br />

In quanto tempo realizzi una<br />

scultura?<br />

«Alcune opere richiedono due<br />

ore di lavoro, altre una settimana,<br />

ma dipende molto dalla fase di<br />

elaborazione. In genere parto dall’osservazione<br />

del reale. Un’onda<br />

marina o la forma di una pigna<br />

possono diventare un ottimo<br />

spunto di partenza».<br />

Che materiali utilizzi per le tue<br />

creazioni?<br />

«Occorre una qualità di carta<br />

molto particolare per realizzare<br />

un buon origami. Consiglio la<br />

Fabriano 110 grammi o la<br />

Elephant hyde paper: una varietà<br />

più sottile della pergamena, che<br />

ordino direttamente dalla Germania.<br />

Attualmente, però, sto<br />

sperimentando nuove tecniche<br />

coi fogli di giornale».<br />

Quanto può valere una tua scul-<br />

Un artista cresciuto all’ombra del Vesuvio<br />

che conquista il Kuwait ed espone negli Usa<br />

«Sono un interprete<br />

della realtà:<br />

cerco nuove forme<br />

e concetti visivi<br />

da esprimere»<br />

L’origami (in giapponese «carta piegata») è un’antica<br />

arte che ha origine in Giappone. Per tanto tempo<br />

fu accessibile soltanto ai rappresentanti dei ceti alti,<br />

e soltanto dopo Seconda Guerra Mondiale varcò i<br />

confini dell’Oriente, arrivando in America e in<br />

Europa, dove immediatamente divenne molto<br />

popolare. Esistono molteplici versioni sulle origini<br />

dell’origami: l’arte della piegatura della carta era<br />

conosciuta anche in Cina, tra gli arabi e in alcuni<br />

Paesi occidentali, come Germania e Spagna. Negli<br />

anni Sessanta l’origami si diffonde in tutto mondo.<br />

A lato “Tentio”,<br />

una delle sculture<br />

di Andrea Russo<br />

e in basso, l’artista<br />

nella sua casa<br />

napoletana<br />

posa accanto<br />

ad alcune<br />

opere<br />

CINQUE ANNI DI SUCCESSI<br />

Andrea Russo nasce a Napoli il 19 giugno 1981.<br />

Consegue la maturità classica al liceo “Giuseppe<br />

Garibaldi” del capoluogo partenopeo.<br />

È qui che inizia ad interessarsi all’arte dell’origami,<br />

partecipando a un’iniziativa d’arte. Laureando<br />

in giurisprudenza all’Università Parthenope,<br />

da cinque anni realizza sculture di<br />

carta che espone su Flickr, un sito web multilingua<br />

che permette agli iscritti di condividere<br />

fotografie, e in varie mostre in tutta Europa e<br />

nel mondo.<br />

Tra le più importanti, quella d’esordio nel 2008<br />

al Lanificio 25 di Napoli e l’Exporigami 2009 a<br />

Saragozza, in Spagna. Dal 24 dicembre 2011 al<br />

6 gennaio 2012 prende parte al Kuwait’s 5th<br />

International islamic art convention, tenutosi<br />

nella grande moschea di Kuwait City.<br />

Attualmente, le sue opere sono in esposizione al<br />

Japanese american national museum di Los<br />

Angeles, fino al 26 agosto.<br />

Tra le pubblicazioni, “Origami dal Vesuvio” a<br />

cura del Centro diffusione origami e il manuale<br />

“Papercraft, design and Art with Paper – gestante”<br />

(pp.58, pp.166).<br />

L’origami, un’arte antichissima nata in Giappone<br />

Dalla terra dei Samurai<br />

La tecnica è basata sui principi dello shintoismo<br />

La tecnica moderna usa pochi tipi di piegature combinate<br />

in un’infinita varietà di modi, per creare<br />

modelli anche molto complicati. L'origami<br />

tradizionale, invece, era molto meno rigido e faceva<br />

frequente uso di tagli, oltre a partire da basi non<br />

necessariamente quadrate. L'origami è basato sui<br />

principi shintoisti del ciclo vitale e dell'accettazione<br />

della morte come parte di un tutto: la forma di<br />

carta, nella sua complessità e fragilità, simboleggia<br />

infatti il tempio shintoista che viene ricostruito<br />

sempre uguale ogni vent'anni.<br />

tura?<br />

«Non mi piace sminuire la mia<br />

arte dandole un prezzo. Molti<br />

lavorano per soldi, io lo faccio<br />

ancora per hobby. Una tassellazione,<br />

comunque, può valere da<br />

un minimo di 500 a un massimo<br />

di 5mila euro».<br />

Ci sono degli autori che hanno<br />

avuto una particolare influenza<br />

sulla tua arte?<br />

«Su tutti, sicuramente Paul<br />

Jackson e Chris K. Palmer.<br />

Quest’ultimo è tra i pionieri dell’origami<br />

astratto. C’è poi Eric<br />

Gjerde, uno dei primi estimatori<br />

delle mie tassellazioni. E’ stato<br />

grazie ai suoi consigli, e ai suoi<br />

incoraggiamenti, che ho potuto<br />

perfezionarmi in questa tecnica.<br />

Devo dire però che tutte le mie<br />

creazioni sono originali: non mi è<br />

mai piaciuto “copiare” o riprodurre<br />

gli origami di altri scultori<br />

della carta».<br />

A dicembre hai partecipato ad<br />

una convention in Kuwait: ci<br />

racconti la tua esperienza?<br />

«Sono stati quindici giorni fantastici,<br />

durante i quali ho avuto<br />

modo di approfondire la conoscenza<br />

di una cultura, quella<br />

islamica, che apprezzo fin da<br />

quando ebbi modo di visitare il<br />

palazzo dell’Alhambra a Granada.<br />

Sono stato contattato dal direttore<br />

del Museo d’arte islamica di<br />

Kuwait City: un suo collaboratore<br />

aveva visionato i miei lavori su<br />

Internet, restando colpito dalle<br />

tassellazioni. Fui invitato così<br />

come unico artista europeo. Nel<br />

corso del mio soggiorno ho avuto<br />

modo di approfondire la conoscenza<br />

dell’arte geometrica<br />

islamica. Sono fiero di aver contribuito<br />

a stabilire un ponte tra la<br />

cultura occidentale cristiana e<br />

quella araba».<br />

Quali sono i tuoi prossimi<br />

appuntamenti?<br />

«Attualmente le mie opere sono<br />

in esposizione al Museo di Los<br />

Angeles, negli Stati Uniti. Dal 5 al<br />

12 maggio invece sarò a Potenza,<br />

alla galleria d’arte del Santo<br />

Graal».<br />

Che posto occuperanno nella<br />

tua vita le sculture di carta, tra<br />

qualche anno: divertimento o<br />

lavoro a tutti gli effetti?<br />

«Sono un avvocato, ma vorrei<br />

fare degli origami la mia seconda<br />

attività. Purtroppo, in Italia sono<br />

molto più riconosciuti ed apprezzati<br />

gli artisti stranieri. Richard<br />

Sweeney, un ragazzo londinese<br />

che ha iniziato a produrre sculture<br />

di carta dopo aver visto le<br />

mie opere, organizza mostre in<br />

tutto il mondo e collabora abitualmente<br />

con architetti e designer.<br />

In Italia, invece, questi professionisti<br />

si interessano al nostro<br />

lavoro solo per rubarci i progetti.<br />

Chiedono come realizzare determinate<br />

figure per riprodurle in<br />

prima persona, oppure copiano le<br />

nostre opere dalle foto su<br />

Internet. Ma continuerò a produrre<br />

sculture finché c’è un pubblico<br />

che le apprezza, sul web o in<br />

qualunque altro contesto».<br />

Pagina a cura di<br />

SIMONE SPISSO


Angeli dal naso rosso<br />

TERRITORIO Domenica 25 marzo 2012<br />

15<br />

La clownterapia è scientificamente riconosciuta dal sistema sanitario europeo<br />

In Italia si moltiplicano le associazioni no profit convinte che la risata aiuti a guarire<br />

PALLE E PARRUCCHE PER RIDERE IN CORSIA<br />

Davide Dell’Aquila<br />

è il presidente<br />

dell’Associazione<br />

italiana di volontariato<br />

“Fondazione<br />

sorrisi onlus” ,<br />

famosa anche per<br />

essere stata sponsorizzata<br />

nelle trasmissioni<br />

televisive<br />

“Le Iene” e Striscia<br />

la notizia”. La fondazione ha sede a Napoli<br />

e da poco ne ha aperta una in Toscana.<br />

I volontari clown devono sostenere un<br />

colloquio preliminare, prima di partecipare<br />

a un corso obbligatorio di formazione<br />

per diventare medici del sorriso, perché<br />

non basta la buona volontà, ma occorrono<br />

l’impegno, la dedizione e una buona<br />

dose di coraggio. Davide racconta la sua<br />

esperienza di clown, resa possibile grazie<br />

anche alla collaborazione dei dottori e<br />

infermieri degli ospedali che si mostrano<br />

Un pacchetto<br />

di caramelle<br />

sul lettino vuoto<br />

ogni volta disponibili e accoglienti.<br />

Negli ospedali., molto spesso, manca il<br />

contatto umano medico paziente. Il dottore<br />

agisce con freddezza e distacco, sentimenti<br />

che ha imparato negli anni per<br />

non coinvolgersi troppo emotivamente<br />

con le persone che cura. Atteggiamento<br />

assolutamente fuori luogo per tutti i<br />

seguaci di Patch, da sempre desiderosi di<br />

abbattere quella sorte di muro tra chi cura<br />

e chi ha bisogno di cure.<br />

La sua lunga esperienza l’ha portato a<br />

conoscere le situazioni più drammatiche,<br />

C’è silenzio nel reparto di pediatria,<br />

un silenzio carico di attesa.<br />

Stanno per arrivare. Fermi nei loro<br />

lettini bianchi, con le manine sopra<br />

le coperte, attorno le pareti disegnate.<br />

Oggi niente dottori, niente<br />

prelievi e tac, nessuna visita: oggi<br />

arrivano loro, i clown. Solo alcuni<br />

sono dei veri dottori o infermieri,<br />

la maggior parte sono volontari,<br />

persone comuni. Ci sono giovani<br />

ragazzi pieni d’entusiasmo, mamme,<br />

studenti, ingegneri, impiegati<br />

d’ufficio e maestri. Ma diventano<br />

tutti uguali con quel simpatico<br />

naso rosso. Entrano in reparto con<br />

stravaganti parrucche e occhialoni<br />

da cartoni animati, ai piedi le scarpe<br />

più bizzarre che si siano mai<br />

viste e gli occhietti dei bimbi<br />

diventano vispi, i sorrisi si accendono.<br />

A Napoli, l’ospedale pediatrico<br />

“Santobono”, li ospita periodicamente,<br />

per aiutare i piccoli pazienti<br />

a sopportare il loro stato di<br />

degenza e alleviare la condizione di<br />

malato. Ma non è il solo ospedale<br />

che apre le porte alla clowterapia,<br />

anche il “Cardarelli” e il “Monaldi”<br />

offrono questo servizio.<br />

I medici del sorriso, questi angeli<br />

dal naso rosso, si ispirano all’ideologia<br />

del medico statunitense<br />

Pacht Adams, secondo cui «ridere<br />

non è solo contagioso ma è la<br />

migliore medicina». A New York,<br />

sulla scia di questa carismatica<br />

figura, sono nati negli anni ‘80 i<br />

primi medici clown. Michael<br />

Christensen, clown da circo, fondò<br />

nel 1986 la "The Clown Care Unit"<br />

(l'unità di clownterapia) per portare<br />

il sorriso e la fantasia negli ospedali<br />

pediatrici. Oggi questa fondazione<br />

senza scopo di lucro ha sviluppato<br />

le sue attività nel territorio<br />

dello stato di New York, dove è<br />

attiva in sette ospedali. Ispirati dall’ideologia<br />

del sorriso, “Le Rire<br />

Medecin” in Francia e la “Fondazione<br />

Theodora” in Svizzera<br />

hanno dato il via a programmi analoghi.<br />

Ma se all’estero la terapia del<br />

sorriso è scientificamente riconosciuta<br />

e convenzionata con il sistema<br />

sanitario nazionale, in Italia il<br />

fenomeno è ancora a livello associativo.<br />

Tuttavia il messaggio è<br />

stato recepito da molti, tanto che la<br />

clownterapia è presente in quasi<br />

tutti gli ospedali del nostro Paese.<br />

La più famosa è attiva nella capitale<br />

ed è la “Vip”. A Bolzano, nel ’98 è<br />

nata l´associazione “Medicus Comicus”,<br />

che opera in tutti gli ospedali<br />

dell´Alto Adige. All'Ospedale<br />

Meyer di Firenze i fratelli<br />

Olshansky hanno introdotto in<br />

Italia il modello terapeutico americano<br />

del Clown Care Unit.<br />

I volontari si travestono da dottori<br />

pagliacci e portano in corsia il loro<br />

buonumore, coinvolgono i malati<br />

nei loro giochi. Tirano fuori dai<br />

loro sacchi colorati pettini giganti,<br />

scarpe di topolino, palloncini che<br />

trasformano in animali. Raccontano<br />

barzellette e cantano canzoni.<br />

Una vera e propria festa. L’approccio<br />

ludico trova riscontri positivi: i<br />

pazienti assumono meno farmaci<br />

ma una storia in particolare gli è rimasta<br />

attaccata addosso. Dice che non potrà<br />

dimenticare mai il viso di quel bambino.<br />

Cinque anni, malato di leucemia, era ricoverato<br />

all’Ospedale Santobono di Napoli.<br />

«La storia di questo bambino mi ha toccato<br />

nel profondo. Ci aspettava ogni settimana<br />

con un pacchetto di caramelle. Non<br />

vedeva l’ora di giocare e divertirsi con noi.<br />

Mi ero affezionato a lui, anche io contavo<br />

i giorni per rivederlo e strappargli un sorriso.<br />

Finalmente arriva il giorno del trapianto.<br />

Ma purtroppo l’operazione non<br />

andò come speravamo. Quel giorno il suo<br />

lettino era vuoto, c’erano solo le caramelle»,<br />

racconta Davide. Ma la storia di questo<br />

bambino lo ha spinto ancora di più ad<br />

aiutare gli altri. Anzi proprio nei confronti<br />

di quelle situazioni cosiddette senza<br />

speranza c’è ancora più bisogno d’amore<br />

per aiutare il paziente ad estraniarsi dalla<br />

sua condizione di malato. Ogni sorriso<br />

regalato è una vittoria.<br />

antidepressivi e antidolorifici e<br />

accelerano il processo di guarigione.<br />

La serotonina , o "ormone del<br />

buonumore", agisce interagendo<br />

con specifici recettori, espletando<br />

un effetto diverso in base alle differenti<br />

parti del corpo. Possiamo<br />

quindi paragonare la serotonina ad<br />

una chiave che, per esercitare la<br />

propria azione, ha bisogno di interagire<br />

con specifiche serrature.<br />

L'interazione tra chiave e serrature<br />

consente l'apertura di porte che<br />

presiedono al controllo dell'attività<br />

cerebrale e dell'intero organismo.<br />

La gioia mantiene al massimo delle<br />

sue capacità la serotonina, che<br />

altro non è se non la chiave per la<br />

guarigione.<br />

Pagina a cura di<br />

ASSUNTA LUTRICUSO<br />

Hunter Patch Adams (Washington,<br />

28 maggio 1945),<br />

con le sue ricerche e metodologie<br />

ha rivoluzionato il<br />

rapporto medico-paziente.<br />

A partire dal suo modo originale<br />

di intendere la cura<br />

del malato nasce una nuova<br />

era della medicina. Fin da<br />

ragazzino mostrò una propensione<br />

naturale verso le<br />

scienze. A soli tredici anni<br />

si aggiudicò il primo premio<br />

alla “Fiera europea<br />

delle scienze” in Germania,<br />

dove si era trasferito insieme<br />

alla famiglia. Ma la felicità<br />

dura poco. Il padre<br />

muore per un infarto e la<br />

famiglia si trasferisce in<br />

Virginia. Lì viene adottato<br />

da uno zio che dopo poco si<br />

suiciderà. Colpito da una<br />

grave depressione viene<br />

ricoverato in un ospedale<br />

psichiatrico dove incontra<br />

Rudy, suo compagno di<br />

stanza, gravemente malato.<br />

L’amicizia con Rudy gli<br />

cambierà la vita e gli darà<br />

finalmente la spinta per<br />

una nuova scoperta di sè e<br />

del mondo. Patch gli fece<br />

superare tutte le sue paure<br />

attraverso il gioco e il sorriso,<br />

rendendosi conto che la<br />

Hunter Patch Adams<br />

Una vita<br />

straordinaria<br />

spensieratezza rappresenta<br />

la ricetta più genuina per<br />

iniziare un processo di guarigione<br />

molto più efficace di<br />

qualsiasi terapia. La sua divenne<br />

una vera vocazione e<br />

decise di iscriversi al<br />

Medical College in Virginia.<br />

Sin dai primi anni fece in<br />

modo di distinguersi dagli<br />

altri studenti: si infiltrava tra<br />

i reparti senza alcuna autorizzazione<br />

per stare vicino ai<br />

malati terminali e ai bambini<br />

in gravi condizioni di<br />

salute, presentandosi sempre<br />

in modo comico e originale.<br />

Ottenuta la laurea nel<br />

1971, assieme a un gruppo<br />

di volontari riuscì a prestare<br />

cure gratuite a circa 15000<br />

malati senza chiedere compensi<br />

in denaro. Fondò il<br />

“Gesundheit Institute”, una<br />

comunità per la libera assistenza<br />

sanitaria. «Siamo<br />

qui per aiutare i pazienti a<br />

vivere la più alta qualità di<br />

vita e, quando non è più<br />

possibile, per facilitare la<br />

più grande qualità di<br />

morte», una delle sue massime<br />

più famose.<br />

Nunzia Dardano, volontaria<br />

da quattro anni dell’associazione<br />

“L’amico clown”,<br />

che ha sede legale a<br />

Giugliano in Campania.<br />

Come nasce la vostra<br />

associazione di volontariato?<br />

Quali sono i suoi<br />

principi ispiratori?<br />

Banale dirlo ma ci ispiriamo<br />

alla figura carismatica<br />

di Patch Adams che crede<br />

fortemente nel valore del<br />

sorriso a scopo terapeutico<br />

e nel rapporto medico<br />

paziente come base preliminare<br />

per una guarigione<br />

più veloce. La nostra associazione<br />

è un po’ diversa<br />

dalle altre perché non lavora<br />

solo negli ospedali, ma<br />

anche negli ospizi nelle<br />

case famiglia.<br />

In quali strutture siete<br />

andati a portare il vostro<br />

sorriso?<br />

Noi operiamo in tutto il<br />

Sud Italia, non solo a<br />

Napoli. Siamo stati alla<br />

casa famiglia “Laila”, a<br />

Castel Volturno, alla casa<br />

per anziani “La siesta” a<br />

Lago Patria, alla casa famiglia<br />

“Koene” ad Aversa.<br />

Abbiamo visitato molti<br />

La volontaria Nunzia Dardano<br />

Aiutare<br />

con il sorriso<br />

ospedali, come il “Bambin<br />

Gesù” di Roma, il “Santobono”<br />

a Napoli e “Santa<br />

Maria delle Grazie” a<br />

Pozzuoli.<br />

Quali sono i vostri obiettivi<br />

futuri?<br />

Vogliamo ampliare il nostro<br />

gruppo di clown e coinvolgere<br />

sempre più persone in<br />

quest’esperienza meravigliosa.<br />

Più volontari significa<br />

più aiuto per i malati. Un<br />

altro proposito è quello di<br />

poter coprire, con il nostro<br />

lavoro, tutti i centri del Sud<br />

Italia. E trovare i fondi per<br />

comprare altri mezzi di trasporto<br />

per disabili e anziani.<br />

Sei volontaria da quattro<br />

anni, qual è stata l’esperienza<br />

più toccante?<br />

L’incontro con i bambini<br />

malati di leucemia è stato<br />

uno dei momenti più duri<br />

della mia esperienza. Trovare<br />

il coraggio di mettersi<br />

a scherzare di fronte a un<br />

dolore così grande non è<br />

stato facile. Ora ho una<br />

prospettiva della vita completamente<br />

diversa.


16 Domenica 25 marzo 2012 TERRITORIO<br />

Il contemporaneo a Napoli tra crisi e prospettive di crescita<br />

Quando l’arte si mette da parte<br />

Resistere ma anche agire per risollevare le sorti del settore<br />

Un occhio alle fondazioni, ricetta forse magica per il salto di qualità<br />

I luoghi dell’arte italiana vanno<br />

oltre i topos classici e Napoli è una<br />

delle città a vantare una storia<br />

importante sul piano artistico<br />

moderno. Basti pensare all’incontro<br />

partenopeo tra Warhol e<br />

Beuys, un evento memorabile per<br />

una città poco abituata alla spettacolarizzazione<br />

della cultura e dell’arte.<br />

Poi, qualche mese dopo il<br />

terribile terremoto del 23 novembre,<br />

con morti e distruzioni immani,<br />

scatenò più che mai la fantasia<br />

creativa di Lucio Amelio, uno<br />

degli artisti di spicco nel periodo a<br />

cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, che<br />

coinvolse decine di artisti tra i più<br />

famosi al mondo con la sua mostra<br />

Terrae Motus.<br />

Con l’apertura del museo d’arte<br />

contemporanea Donnaregina<br />

(Madre), l’allora presidente della<br />

Giunta regionale Antonio Bassolino,<br />

volle fare di Napoli uno dei<br />

poli di attrazione più importanti<br />

per il settore dell’arte contemporanea.<br />

Una volontà che è culminata<br />

il 10 giugno del 2005, con l’inaugurazione<br />

del Madre, e che ha fin<br />

da subito ospitato artisti di grande<br />

fama internazionale come Janis<br />

Kounellis, Robert Wilson e<br />

Mimmo Palladino.<br />

Ma l’arte contemporanea a Napoli<br />

non si identifica solo con il Madre.<br />

Pochi mesi prima dell’apertura del<br />

museo di via Settembrini, Palazzo<br />

Roccella si trasforma nel Palazzo<br />

delle Arti di Napoli. Uno spazio di<br />

tre piani destinato non solo a<br />

ospitare esposizioni, ma a diventare<br />

centro di attrazione per il<br />

movimento artistico partenopeo,<br />

L’assessore regionale Caterina Miraglia<br />

«Bisogna aprire<br />

ai partner privati»<br />

Jeff Koons, Anselm Kiefer, Janis<br />

Kounellis e tutti gli altri probabilmente<br />

non lo sapranno, ma le<br />

loro opere e l’idea del ruolo che<br />

deve avere l’arte contemporanea a<br />

Napoli negli ultimi anni è diventato<br />

acceso tema di dibattito per<br />

la regione Campania.<br />

Al momento della sua elezione la<br />

giunta Caldoro ha dovuto fare i<br />

conti con accuse di sperpero di<br />

denaro e necessità di far fronte<br />

alla “chiusura di rubinetti” dei<br />

finanziamenti pubblici. Da allora,<br />

nel settore dell’arte contemporanea<br />

si sono succeduti scambi di<br />

opinione e punti di vista differenti<br />

che hanno coinvolto per prima<br />

l’assessore ai Musei della regione<br />

Campania Caterina Miraglia.<br />

«Non è assolutamente vero che la<br />

volontà della Regione Campania<br />

è quella di chiudere – spiega l’assessore<br />

-, abbiamo dovuto fare i<br />

conti con quella che era la spesa e<br />

la forte sproporzione tra ciò che<br />

potevamo dare prima e quello che<br />

possiamo dare oggi».<br />

Il futuro dipende<br />

dalla capacità<br />

di attrarre fondi<br />

Risponde così alle accuse piovute<br />

da più parti sull’ipotesi di chiusura<br />

del Madre, il museo d’arte contemporanea<br />

della Regione.<br />

Critiche dovute al fatto che,<br />

secondo i detrattori, l’attuale<br />

giunta vedrebbe nel museo di via<br />

Settembrini l’ultimo retaggio del<br />

bassolinismo.<br />

«Il Madre – continua la Miraglia<br />

- è l’unico museo che dipende al<br />

cento per cento dalla Regione.<br />

Per mantenerlo così com’è è stato<br />

obbligatorio modificare la struttura<br />

giuridica e aprire ai partner<br />

privati». Per evitare la paventata<br />

chiusura, l’assessore parla di un<br />

organismo che in precedenza era<br />

“debole”, mentre ora può essere in<br />

grado di reggere alla riduzione<br />

dei finanziamenti. «Abbiamo<br />

con workshop e altre attività culturali,<br />

e per i cittadini, con l’apertura<br />

della mediateca e di bookshop.<br />

Ma la scelta di istituire queste<br />

realtà nell’ambito di quartieri<br />

popolari ha fatto molto discutere.<br />

Una decisione che, da un lato,<br />

potrebbe far pensare ad un disinteresse<br />

da parte del pubblico nei<br />

confronti di un settore che resta<br />

ancora di nicchia. D’altro canto,<br />

l’apertura di una struttura del<br />

genere in aree difficili della città,<br />

potrebbe essere riconducibile al<br />

tentativo di fare del museo un<br />

volano per lo sviluppo della zona.<br />

messo in moto un procedimento<br />

virtuoso per cui il museo, se ha<br />

davvero potere attrattivo, sarà<br />

capace di camminare da solo. Al<br />

momento ci sono dei potenziali<br />

partner che stanno studiando<br />

come entrare nel patrimonio<br />

immobiliare». Una situazione,<br />

però, che può aprire al rischio di<br />

un mercato di nicchia, in una<br />

potrebbe tentare di ripartire proprio<br />

da questo settore.<br />

«Si tratta di un’ingenuità – commenta<br />

la Miraglia -perché l’attrattività<br />

del luogo non incide sul<br />

successo del museo. È una posizione<br />

che non è di per sé sbagliata,<br />

al momento dell’apertura si è<br />

pensato che si dava vantaggio a<br />

quel luogo, una mossa che è stata<br />

studiata, aveva la sua funzione».<br />

Resta il fatto che oggi il Madre<br />

rischia di chiudere i battenti, mettendo<br />

fine ad un’esperienza che<br />

resta comunque il simbolo di<br />

un’amministrazione passata e controversa.<br />

In una Regione piena di<br />

contraddizioni e risorse economiche<br />

sempre meno certe, fondazioni,<br />

gallerie private e spazi<br />

non-profit possono costituire un<br />

nuovo modo di proporre il contemporaneo.<br />

La recente apertura<br />

(2008) del museo dedicato ad<br />

Hermann Nitsch, padre dell’Azionismo<br />

viennese, una corrente legata<br />

all’espressionismo, aggiunge un<br />

tassello prezioso alla cartografia<br />

dell’arte di Napoli. Ubicato alla<br />

sommità dello storico quartiere<br />

Avvocata, questo spazio si pone<br />

come centro di documentazione,<br />

ricerca e formazione con l’intento<br />

di interagire soprattutto con i giovani,<br />

attraverso musica, pittura e<br />

teatro. Le difficoltà dei musei<br />

d’arte contemporanea devono fare<br />

i conti con una politica locale e<br />

nazionale che pensa che con<br />

quadri, sculture e installazioni non<br />

si mangi e non vede una nutriente<br />

soluzione nel turismo culturale,<br />

che ha un trend in crescita in molti<br />

altri Paesi. La ragione non sta nella<br />

mancanza o nelle carenze strutturali,<br />

ma nel fatto che spesso<br />

manca un rapporto di fiducia con<br />

le istituzioni.<br />

Pensare all’arte contemporanea<br />

come volano per l’uscita dalla crisi<br />

e strumento contro l’impantanamento<br />

culturale di Napoli, da sempre<br />

storica capitale di movimenti<br />

artistici, potrebbe portare la città<br />

fuori dall’oblio che attraversa e la<br />

rimetterebbe al centro dei percorsi<br />

turistici. Al di là di eventi sportivi,<br />

come la Coppa America, e appuntamenti<br />

internazionali, come il<br />

Forum delle Culture, che rischiano<br />

di lasciare alcuna un’eredità.<br />

La parola all’esperto<br />

Le gallerie:<br />

un successo<br />

senza tempo<br />

«Sul Corriere del Mezzogiorno,<br />

lo storico Paolo Macry<br />

ha scritto che sfogliando l’inserto<br />

sulle mostre d’arte in<br />

Italia de Il Venerdì di Resolo la<br />

città di Napoli. E questo non è<br />

un caso». A discutere dello<br />

scenario attuale nell’ambito<br />

dell’arte contemporanea, sul<br />

territorio campano e in particolare<br />

quello partenopeo, è<br />

Angelo Trimarco, critico d’arte<br />

e presidente della Fondazione<br />

Filiberto Menna di Salerno.<br />

Come funziona la fruizione<br />

dell’arte a Napoli nel 2012?<br />

«L’arte contemporanea sta vivendo<br />

un momento poco florido<br />

rispetto agli anni passati. Il<br />

vero problema è la mancanza di<br />

fondi da parte della Regione».<br />

Napoli rispetto a realtà come<br />

Milano, Torino e Roma, che<br />

hanno saputo costruire una rete<br />

di musei pubblici rilevanti, sta<br />

facendo un passo indietro perché<br />

è poco sollecitata dalle istituzioni,<br />

ma si spera che questa<br />

momentanea fermata non sia<br />

irreversibile».<br />

Attualmente Il Madre o il Pan<br />

come intendono organizzarsi?<br />

Dal 2010 la situazione del<br />

Madre è totalmente cambiata.<br />

Qualche anno fa si trovava ai<br />

piani alti, ora invece, costituisce<br />

l’anello debole della catena dell’arte<br />

partenopea a causa del<br />

taglio drastico dei fondi. Bisogna<br />

ristabilire il comitato<br />

d’amministrazione e nominare<br />

un presidente per riattivare così<br />

una politica seria. Nonostante<br />

questo, il museo sta tentando<br />

una risalita e riprogettando il<br />

suo percorso. Il Palazzo delle<br />

Arti, invece, è un’istituzione<br />

comunale che fatica a trovare<br />

una linea rigorosa di scelta. È<br />

diventato uno spazio che non da<br />

campo solo all’arte in sé ma<br />

anche alla musica, la fotografia o<br />

la presentazione di libri. Se<br />

l’Amministrazione comunale<br />

sapesse organizzarsi questi due<br />

musei potrebbero nuovamente<br />

divenire i punti luminosi del sistema<br />

dell’arte».<br />

Che ruolo svolgono, infine, le<br />

gallerie d’arte private?<br />

«Le gallerie, fin dagli anni 60,<br />

continuano a fiorire in<br />

maniera straordinaria e costituiscono<br />

un punto di riferimento<br />

per l’arte italiana.<br />

Dunque, l’imprenditoria privata<br />

continua il suo lavoro pioneristico<br />

in modo competitivo.<br />

Dalla fine degli anni 90 al<br />

2000, si era consolidata a<br />

Napoli l’idea di un lavoro<br />

comune tra gallerie private,<br />

istituzioni museali e pubblico.<br />

Ma le strutture museali, in cui<br />

si confidava per ridisegnare il<br />

contemporaneo sul nostro territorio,<br />

sembrano ferme».


TERRITORIO<br />

Domenica 25 marzo 2012<br />

Il Museo che fa capo alla Regione rischia di chiudere. Le attività sono ufficiali fino ad aprile<br />

Il Madre di tutte le questioni<br />

17<br />

Caotica, caleidoscopica, ribelle:<br />

Napoli è una città che suscita sentimenti<br />

contrastanti, sempre in<br />

bilico tra la voglia di aprirsi al<br />

mondo e il rischio di sprofondare<br />

nella propria pigrizia. Una città<br />

che ha una lunga storia - seppur<br />

minoritaria - di partecipazione al<br />

dibattito artistico moderno a livello<br />

internazionale: basti pensare a<br />

Lucio Amelio, Lia Rumma, Peppe<br />

Morra, che hanno diffuso l’arte<br />

contemporanea americana a<br />

Napoli più che in ogni altra città<br />

d’Italia. E una delle realtà partenopee<br />

più significative è senz’altro il<br />

Museo d’arte contemporanea<br />

Donnaregina (Madre), creato dalla<br />

Giunta Bassolino. Il Madre fu<br />

inaugurato nel 2005, dopo che il<br />

ministero per i Beni Culturali e la<br />

conferenza unificata delle Regioni<br />

e degli Enti Locali siglarono un<br />

accordo volto a favorire la promozione<br />

dell’arte contemporanea e<br />

Cycelin: «Il cambiamento dello statuto<br />

è finalizzato al mio licenziamento»<br />

costituire il primo museo in<br />

Campania in grado di confrontarsi<br />

con gli istituti museali di tutto il<br />

mondo. «La scelta della location –<br />

spiega Eduardo Cycelin, attuale<br />

direttore del Madre – non fu<br />

casuale. L’intento era quello di fare<br />

del Museo un volano per lo sviluppo<br />

della zona e l’idea di fondo è<br />

stata sempre quella di avviare un<br />

approccio pubblico molte forte,<br />

anche attraverso esposizioni artistiche<br />

in Piazza del Plebiscito».<br />

Ma il Madre ha sempre attratto su<br />

di sé numerose critiche da parte di<br />

chi ritiene che sia stato un investimento<br />

di denaro pubblico per<br />

valorizzare un tipo d’arte sottomessa<br />

alle ragioni del mercato. Ma<br />

questo tipo di considerazioni non<br />

sembrano turbare l’operato di<br />

Cycelin: «Napoli, come Torino e<br />

Roma vanta una storia importante<br />

sul piano artistico moderno, che è<br />

per sua natura soggetto a critiche,<br />

ma lo scopo è proprio questo, a<br />

patto però che si tratti di dissenso<br />

intelligente. Le critiche sui costi –<br />

continua - sono una problematica<br />

recente, di natura politica, strumentali<br />

alla volontà abbattere un<br />

simbolo della Giunta precedente».<br />

Secondo il direttore del Madre, il<br />

discorso pubblico è controverso e<br />

conflittuale. «Il nostro intento è<br />

sempre stato quello di svincolare<br />

la città dai topos tipici, seppur<br />

rispettabili, di Pulcinella e della<br />

canzone napoletana, e di costruire<br />

un immaginario moderno. Per<br />

quanto riguarda la collaborazione<br />

con gallerie private, nutro forti<br />

dubbi. Un museo pubblico deve<br />

avere funzione pubblica. Capita<br />

che un museo pubblico incontri il<br />

privato, ma è quest’ultimo che<br />

deve mettere a disposizione delle<br />

risorse e non il contrario».<br />

Oggi il Madre non ha un comitato<br />

scientifico e le sue attività resteranno<br />

ufficiali fino al prossimo 8 aprile,<br />

dopodiché incombe il rischio<br />

della chiusura. «La crisi del Madre<br />

è fatto politico – commenta<br />

Cycelin - Si è alla resa conti con la<br />

Regione, che mal sopporta questo<br />

museo, icona di un passato politico<br />

diverso e che ha avuto una sua<br />

grandezza. Ma è anche un segno di<br />

scarsa sensibilità verso la modernità<br />

e l’arte in generale». Il cambiamento<br />

dello statuto della Fondazione<br />

Donnaregina, avvenuto nell’agosto<br />

2011, prevede l’accesso ai<br />

privati che, finora – spiega Cycelin<br />

– non ci sono. «Cambiare lo<br />

Statuto – dice Cycelin – è stata<br />

un’azione strumentale al mio licenziamento,<br />

perché privati disposti a<br />

investire non ce ne sono. Nessuno<br />

dei più prestigiosi musei moderni<br />

d’Italia (Castello di Rivoli a Torino,<br />

Pecci a Milano, Maxxi e Macro a<br />

Roma) ha partecipazioni private. E<br />

non credo che questo possa avvenire<br />

proprio a Napoli».<br />

Pagine a cura di<br />

VALENTINA BELLO<br />

MARIAROSARIA DI CICCO<br />

PIETRO ESPOSITO<br />

Nitsch: dall’orrore<br />

alla coscienza<br />

Morra: «Dobbiamo stupire il visitatore»<br />

Percorrendo le incantevoli viuzze dello<br />

storico quartiere Avvocata di Napoli, tra<br />

insegne di bottega e gerani variopinti<br />

sospesi sui balconi, c’è uno dei più importanti<br />

centri dedicati all’arte contemporanea:<br />

il Museo Hermann Nitsch della<br />

Fondazione Morra. Situato all’interno di<br />

un suggestivo edificio di fine ’800, un’ex<br />

centrale elettrica che forniva energia al<br />

teatro Bellini, questo museo/archivio/laboratorio<br />

è uno spazio di documentazione<br />

e approfondimento delle tematiche<br />

filosofiche, poetiche e visive sviluppate<br />

dal padre dell’azionismo viennese. Gli<br />

ampi spazi dell’edificio contengono i<br />

“relitti” delle azioni di<br />

Nitsch dal 1974 ad oggi,<br />

in collaborazione con<br />

Giuseppe Morra, legato<br />

all’artista da un’amicizia<br />

e comunione creativa di<br />

oltre 30 anni. I documenti<br />

fotografici, i video,<br />

le grandi tele rosse<br />

di colore e di sangue<br />

rappreso, le tonache e le<br />

barelle, insieme con gli<br />

scaffali colmi di ampolle,<br />

alambicchi e strumenti<br />

chirurgici, definiscono<br />

una mappatura<br />

completa della poetica<br />

e dell’estetica del maestro<br />

fondatore del teatro<br />

delle Orge e dei<br />

Misteri. L’aggressività<br />

delle opere rimanda ad<br />

un’istintualità cruda e<br />

vivificata dalla preponderanza del colore<br />

rosso. La suggestione che si viene così a<br />

creare rispecchia in pieno uno dei concetti<br />

fondamentali di Nitsch, quello della<br />

Gesamtkunstwerk, cioè del “tutto come<br />

opera d’arte”.<br />

Un concetto che si fonda sul totale coinvolgimento<br />

sensoriale. Secondo l’artista<br />

infatti, lo stato di alterazione psicofisico è<br />

la condizione necessaria all’uomo per raggiungere,<br />

in una doppia valenza rituale e<br />

purificatrice, l’apice dello stato di coscienza.<br />

Coscienza che, risvegliandosi dal tor-<br />

Sono in mostra<br />

opere vive<br />

e non lasciate<br />

appese al muro<br />

pore indotto dalle convenzioni sociali,<br />

supera il confine dell’inconscio per riappropriarsi<br />

della purezza primordiale che<br />

le è propria. Il simulacro del tabù e della<br />

morale comune viene dunque abbattuto<br />

in nome della vita. Ed è proprio in nome e<br />

per amore della vita che l’artista ripercorre<br />

i riti arcaici di matrice religiosa come il<br />

sacrificio animale e i convivi propiziatori,<br />

che divengono veicolo privilegiato per<br />

inscenare la tragedia umana. La gestualità<br />

estrema, teatrale, legittimata dal cerimoniale,<br />

esaspera il bisogno di un ritorno alle<br />

origini. La presentazione oscena di carne,<br />

viscere e organi è, quindi, rappresentazione<br />

del trapasso, del passaggio<br />

doloroso ma<br />

catartico ad uno stato<br />

superiore di felicità.<br />

«Hermann Nitsch –<br />

spiega Giuseppe Morra<br />

– è un’artista totale, che<br />

ama il senso della natura<br />

e della realtà, all’interno<br />

della quale stabilisce<br />

delle possibilità di tipo<br />

sensoriale, da toccare<br />

con mano, così da permettere<br />

allo spettatore<br />

di partecipare all’esperienza<br />

dell’arte».<br />

«Ho sempre pensato che<br />

il museo debba essere<br />

vivente – continua<br />

Morra – le opere non<br />

possono rimane attaccate<br />

al muro ma devono<br />

avere la forza di dare, a<br />

chi ne ha interesse, la possibilità di conoscere<br />

altri mondi».<br />

Rispetto ad altri musei, il Nitsch è<br />

punto d’incontro, di laboratori, di formazione.<br />

Oggi, l’Avvocata è un luogo<br />

propulsivo di energia. La nascita del<br />

“Quartiere dell’arte”, attraverso il recupero<br />

di due importanti spazi, il convento<br />

delle Cappuccinelle e la chiesa di San<br />

Giuseppe a Pontecorvo, asseconda la<br />

volontà di una realtà limitrofe di trarre<br />

linfa dalla cultura.<br />

Rivoluzione in via dei Mille<br />

Quanti<br />

colpi batte<br />

il Pan<br />

Il Pan c’è. Lo slogan usato per il rilancio<br />

del museo trascina da solo la domanda<br />

d’obbligo: ma batte un colpo? A giudicare<br />

dagli ultimi eventi in cartello sembrerebbe<br />

proprio di sì. Palazzo Roccella, sede del<br />

Palazzo delle Arti di Napoli, ha ospitato<br />

eventi di fama internazionali come la<br />

mostra di Bruno di Bello, del fumettista<br />

argentino Mordillo, la rassegna Rock!2 e il<br />

World Press Photo 2011. Oltre a essere<br />

punto d’incontro di una fervente realtà<br />

culturale che ha trovato sfogo nella creazione<br />

del collettivo “Urto!”. Con il suo<br />

insediamento, la nuova giunta targata De<br />

Magistris aveva previsto una radicale trasformazione<br />

dello spazio, con l’introduzione<br />

di un biglietto di ingresso per le<br />

mostre a pagamento e il fitto dei locali<br />

interni per eventi di diverso genere, piccoli<br />

concerti o<br />

pièce teatrali.<br />

Inoltre, via la<br />

figura del direttore<br />

artistico,<br />

è l’amministrazione<br />

a<br />

fare da interfaccia,<br />

e sì a<br />

interventi di<br />

sponsorizzazioni<br />

private e<br />

il ricorso al<br />

fund raising,<br />

ovvero ottenere i fondi necessari e avviare<br />

immediatamente la crescita dell’attività<br />

culturale.<br />

La volontà del Comune, come spiegato<br />

dall’assessore alla Cultura Antonella di<br />

Nocera è che «il Pan ben presto diverrà<br />

un luogo di grandi attrazioni, aperto<br />

liberamente a tutti. Speriamo che ben<br />

presto si possa anche realizzare un<br />

archivio d’arte».<br />

Un catalogo che lo faccia caratterizzare<br />

come centro di documentazione, potenziando<br />

quindi l’idea già parzialmente sviluppata<br />

nei primi sei anni di attività,<br />

affinché si costituisca una memoria dell’arte<br />

contemporanea in città, con l’acquisizione,<br />

ad esempio, di archivi fotografici<br />

e di teatro, soprattutto degli anni<br />

‘70 e ‘80.


18 Domenica 25 marzo 2012 SPETTACOLI<br />

In scena al teatro Mercadante di Napoli “Memorie di una schiava”:<br />

una donna sudafricana racconta la sua prigionia e la volontà di riscatto<br />

Nel baobab, la voce senza nome<br />

Il buio avvolge la scena come una<br />

spessa coltre. E il silenzio è quasi<br />

irreale. Una luce soffusa piano<br />

piano rischiara lo spazio, mostrando<br />

l’interno di un baobab: la<br />

sua corteccia è il rifugio di qualcuno.<br />

Non si capisce ancora se si<br />

tratta di un essere umano o di un<br />

animale. Alterna movenze leggiadre<br />

a movenze selvagge. Ma il<br />

volto, sebbene sia coperto come il<br />

corpo da uno spesso strato di<br />

argilla, è quello di una donna. Il<br />

nome di questa figura femminile<br />

ci è sconosciuto. Eppure la donna<br />

che ha quasi perso sembianze<br />

umane ha ancora voce. Vuole raccontare<br />

la sua storia a chiunque<br />

abbia voglia di sentirla.<br />

In scena al ridotto del teatro<br />

Mercadante di Napoli, “Memorie<br />

di una schiava”, tratto dal racconto-monologo<br />

della scrittrice sudafricana<br />

Wilma Stockenstrom,<br />

“Spedizione al baobab”. Il libro<br />

scritto in afrikaans, la lingua di<br />

origine olandese parlata dalle<br />

comunità “bianche” dell’Africa<br />

meridionale, è tradotto in italiano<br />

da Susanna Basso. Lo spettacolo,<br />

prodotto da La Bazzarra, prende<br />

forma nell’adattamento teatrale e<br />

nella regia di Gigi Di Luca.<br />

La protagonista, l’attrice Pamela<br />

Villoresi, indossa i panni di una<br />

schiava “senza nome”, in una<br />

performance che lega in maniera<br />

indissolubile gestualità e parola.<br />

Accompagnano l’ascolto, le<br />

intense, sensuali e a volte dure<br />

note dal vivo del musicista<br />

maliano Baba Sissoko, discendente<br />

di una grande dinastia di<br />

musicisti africani “Griots”.<br />

Dall’interno del gigantesco albero<br />

della savana, che ha trasformato<br />

nella sua casa, la schiava ripercorre,<br />

in una serie di flashback a crescente<br />

intensità emotiva, le tappe<br />

della sua vita. “Conosco l’interno<br />

del mio albero come un cieco casa<br />

sua, ne conosco le parti lisce e<br />

ruvide, i rigonfiamenti e le sporgenze,<br />

l’odore, l’oscurità e la grande<br />

fessura di luce, come non ho<br />

mai conosciuto le capanne e le<br />

stanze in cui mi veniva ordinato di<br />

dormire, come si può conoscere<br />

qualcosa che è nostro e nostro<br />

soltanto, la nostra dimora impenetrabile<br />

a chiunque. Posso dire:<br />

questa sono io. Ci sono le mie<br />

impronte. C’è la cenere del mio<br />

fuoco, il mio frantoio. Ci sono i<br />

miei chicchi, i miei reperti”. Inizia<br />

così il racconto poetico dell’io<br />

narrante, del quale non si conosce<br />

il nome, perché commenta con<br />

disillusione: “pronuncio il mio<br />

nome e non significa nulla”. Una<br />

storia di sopraffazione che comincia<br />

per la donna con la sua deportazione<br />

da bambina dal villaggio<br />

natale distrutto dai coloni boeri. E<br />

prosegue con il passaggio da un<br />

padrone a un altro, nella consapevolezza<br />

che, nemmeno per un<br />

istante, potrà assaporare l’anelito<br />

della libertà. Eppure, le violenze<br />

che subisce, i figli nati dal suo<br />

grembo per essere presto sottrattigli<br />

e ridotti in schiavitù, non<br />

bastano ad annullare l’umanità<br />

della donna. Memorie infelici che<br />

si susseguono e provocano nella<br />

protagonista spasmi di dolore fisico,<br />

che Pamela Villoresi riesce a<br />

consegnare agli occhi dello spettatore<br />

in maniera esemplare. La<br />

mimica del volto, le contorsioni<br />

del corpo ci restituiscono quell’immagine<br />

di sofferenza.<br />

“Ho superato l’offesa di non poter<br />

essere umana. E con quella, anche<br />

tutte le brutte visioni di irsute<br />

capanne e di porte socchiuse che<br />

cercano di allettarmi ed entrare<br />

per imprigionarmi, tutte le condizioni<br />

sbagliate, le false vie d’uscita:<br />

perché sono io a determinare l’apparenza<br />

e la realtà”. Infine, anche<br />

la schiava conosce l’amore con il<br />

suo ultimo padrone, un mercante<br />

di spezie: insieme vanno alla<br />

ricerca della loro “Eldorado di<br />

giada”, una terra promessa che<br />

però condurrà ad un destino di<br />

morte per l’uomo.<br />

La storia della donna che potrebbe<br />

essere quella di tante altre<br />

donne, diventa uno spunto di<br />

riflessione: tante piccole gocce di<br />

una realtà e di un tempo che forse<br />

si è fermato. Perché se la schiavitù,<br />

quella ufficiale e legale, è<br />

stata debellata dalla modernità,<br />

persiste in altre forme, magari<br />

latenti, sfuggenti, relegate ai margini<br />

di una società che tenta di<br />

nasconderle perché si vergogna<br />

ma che continuano a dominare la<br />

vita di alcuni esseri umani e<br />

soprattutto delle donne.<br />

Pagina a cura di<br />

IMMA SOLIMENO<br />

«Una storia coinvolgente e<br />

la collaborazione con persone<br />

di grande talento sono<br />

gli ingredienti del successo<br />

di “Memorie di una<br />

schiava”. In Italia non esiste<br />

una cultura del merito. E<br />

invece noi ci siamo incontrati<br />

e ci siamo scelti proprio<br />

sulla base del merito».<br />

Pamela Villoresi si<br />

esprime così quando parla<br />

della messa in scena<br />

dello spettacolo.<br />

«Questo è un racconto universale,<br />

di tutte quelle persone,<br />

donne e uomini, che<br />

la storia ha reso senza<br />

nome. E d’altra parte, non<br />

si tratta solo di restituire un<br />

grido di sofferenza: nell’opera<br />

si respira la poesia,<br />

persino la gioia e la voglia<br />

di rinascita. È questa la<br />

capacità dell’arte di restituire<br />

l’orrore e poi pacificare<br />

gli animi». Un’arte, quella<br />

teatrale, che per attirare<br />

e coinvolgere ha bisogno di<br />

interpreti che sappiano<br />

restituire le atmosfere della<br />

narrazione e i meccanismi<br />

interiori del personaggio.<br />

«L’interpretazione di un<br />

ruolo non è solo un atto<br />

tecnico o una questione di<br />

istinto – spiega Pamela<br />

L’attrice Pamela Villoresi<br />

“Una storia<br />

universale”<br />

Villoresi – Uno strumentista<br />

suona bene se conosce<br />

il suo strumento. La<br />

disciplina al servizio del<br />

talento. Interpretare la<br />

schiava del racconto è stato<br />

proprio questo».<br />

Un personaggio a tutto<br />

tondo, sottomesso psicologicamente<br />

e fisicamente,<br />

ma la cui fiammella vitale<br />

ancora non si è spenta. È<br />

evidente nei gesti ma soprattutto<br />

nel linguaggio:<br />

«La schiava possiede un linguaggio<br />

quasi colto, ha<br />

imparato il gusto della conversazione<br />

– racconta l’attrice<br />

– grazie al suo ultimo<br />

padrone che aveva creato<br />

un salotto letterario. Sembra<br />

strano per qualcuno che<br />

ha deciso di trovare rifugio<br />

in un albero e trasformandosi<br />

essa stessa in un pezzo<br />

di quercia, di natura».<br />

Complesso restituire il<br />

carattere e il corpo di una<br />

donna che è al contempo<br />

raffinata e primitiva. Eppure,<br />

l’attrice ci è riuscita,<br />

restituendoci l’immagine<br />

di un passato che forse è<br />

ancora presente.<br />

«Questo spettacolo affonda<br />

le radici nella mia passione<br />

verso i Sud del mondo. Con<br />

“Memorie di una schiava”,<br />

continua il mio percorso<br />

registico teso a restituire in<br />

chiave contemporanea, attraverso<br />

la parola, la musica<br />

e l’immagine, le identità<br />

e le espressioni popolari di<br />

etnie e culture dei Sud del<br />

mondo». Gli spettacoli realizzati<br />

dal regista Gigi Di<br />

Luca hanno un comune<br />

denominatore: la volontà di<br />

restituire all’immaginario<br />

dello spettatore un’identità<br />

“meridionale”, che tanto è<br />

più cara quanto più ci appartiene.<br />

Si pensa alla messa<br />

in scena de “La casa di<br />

Bernarda Alba” di Federico<br />

Garcia Lorca, fino ad arrivare<br />

a “La cantata per la<br />

festa dei bambini morti di<br />

mafia” di Luciano Violante<br />

e il “Mio cuore è nel Sud” di<br />

Giuseppe Patroni Griffi.<br />

Questa volta il protagonista<br />

assoluto del testo teatrale è<br />

il Sud Africa, con le sue<br />

contraddizioni e le sue speranze,<br />

con il suo terribile<br />

passato di schiavitù e con la<br />

sua lotta per rialzarsi.<br />

«”Memorie di una schiava”<br />

è un viaggio che, a partire<br />

Il regista Gigi Di Luca<br />

“Nessuna<br />

retorica”<br />

dalla sofferenza, tende verso<br />

il segno opposto, la leggerezza<br />

– spiega il regista – Il<br />

mio modo di fare teatro si<br />

pone l’obiettivo di “far sentire”,<br />

nel bisogno di raccontare<br />

forti emozioni». Un ruolo<br />

di primo piano è stato affidato<br />

da Gigi Di Luca alla<br />

musica: «Ho immaginato un<br />

percorso dove il suono fosse<br />

parte narrante. Alla musica<br />

il compito di restituire alla<br />

schiava quelle sonorità che<br />

la vita le aveva sottratto».<br />

Eppure, la trasposizione teatrale<br />

di un romanzo scritto<br />

in “afrikaans” non è stata un<br />

percorso privo di ostacoli.<br />

Racconta il regista: «Volevo<br />

che nel mio spettacolo non<br />

ci fossero retorica, banalità e<br />

luoghi comuni. Anche per<br />

questo, non ho scelto come<br />

interprete una donna africana.<br />

Non volevo localizzare<br />

la storia, ma restituire un’idea<br />

di uguaglianza e di<br />

appartenenza comune».<br />

D’altro canto, nel racconto<br />

di Stockenstrom, la schiava<br />

non ha nome perché «è<br />

tutte le schiave e nessuna».


EMANUELA DE VITA<br />

Una laurea in Economia, l’infanzia<br />

e la giovinezza in una<br />

piccola città del Sud: Benevento.<br />

Il presente in giro per il<br />

mondo, da trombettista jazz tra<br />

i più apprezzati da pubblico e<br />

intenditori.<br />

Luca Aquino ha oggi 37 anni e<br />

ha pubblicato diversi lavori da<br />

solista. Nessuno studio al conservatorio,<br />

una passione nata<br />

tardi ma portata avanti con<br />

forza e determinazione.<br />

«Prima nota a 19 anni – racconta<br />

– primo album da solista a<br />

32. Ho impiegato tempo. Non<br />

mi sentivo mai pronto e forse è<br />

stata una fortuna perché è stato<br />

un debutto positivo».<br />

«Ebbi l’opportunità – continua<br />

– di partecipare a un seminario<br />

di Paolo Fresu. Da allora mi<br />

sono innamorato del jazz. Cominciai<br />

ad ascoltare bebop<br />

tutto il giorno per poi capire<br />

che di jazz non ne esisteva solo<br />

uno e che, volendo, avrei potuto<br />

cercarne uno mio. In realtà<br />

dovrebbe essere la missione di<br />

tutti i jazzisti. Io ci provo, a volte<br />

invano. L'importante è osare<br />

e mettersi in discussione».<br />

Nel 2008 pubblica il suo primo<br />

album "Sopra le nuvole" e vince<br />

il premio internazionale per<br />

solisti “Urbani”. Già l’anno successivo<br />

il nuovo cd "Lunaria"<br />

con ospite Roy Hargrove e il<br />

premio “Musica Jazz” come<br />

miglior talento italiano. Il suo<br />

terzo lavoro lo registra nell'antico<br />

bagno turco di Skopje, in<br />

Macedonia. Nel 2010 l'opera<br />

"Icaro solo" e nel 2011 "Chia-<br />

SPETTACOLI Domenica 25 marzo 2012<br />

Il trombettista Luca Aquino, di Benevento, è oggi un artista affermato nel panorama internazionale<br />

Il mio jazz “sopra le nuvole”<br />

19<br />

La prima nota a diciannove anni, poi i premi e le collaborazioni con grandi musicisti<br />

A destra,la copertina<br />

di “Sopra le nuvole”,<br />

il primo album<br />

di Luca Aquino<br />

e in basso,<br />

l’artista beneventano<br />

durante un’esibizione<br />

ro", con un trio norvegese.<br />

Di strada ne ha percorsa parecchia<br />

l’artista che, parlando<br />

delle sue origini, sostiene: «Per<br />

suonare dovevo per forza allontanarmi<br />

da Benevento che,<br />

di jazz, offriva pochi spunti. E-<br />

ro costretto a viaggiare e assorbire<br />

suoni come una spugna.<br />

Molti musicisti delle<br />

grandi metropoli restano invece<br />

ancorati alla loro fantastica<br />

città e realtà, spesso fine a sé<br />

stessa. Si accontentano di ciò<br />

che vedono che, sicuramente, è<br />

tanto ma non tutto. In merito<br />

al Sud Italia non ho mai avvertito<br />

alcuna discriminazione.<br />

L'importante è parlare un po'<br />

d'inglese».<br />

La musica prima di tutto dunque.<br />

E quindi i viaggi. Ma le<br />

radici sono importanti per<br />

un’anima sensibile come quella<br />

di un artista e infatti Luca<br />

Aquino dà vita, nella sua città,<br />

all’ importante festival di musica<br />

jazz “Riverberi”. Ed è un<br />

uomo del Sud a ispirare il suo<br />

prossimo lavoro: «Ora sto scrivendo<br />

le musiche per il mio<br />

nuovo album – dice – dedicato<br />

all'impresa di Umberto Nobile,<br />

il primo ad aver avvistato<br />

il Polo Nord. È un personaggio<br />

che m'intriga molto. Generale<br />

dell'aereonautica ma uomo di<br />

sinistra. Grande esploratore ed<br />

inventore. Nato in Campania e<br />

con un cane identico al mio. È<br />

il mio uomo insomma. Per la<br />

registrazione sto pensando ad<br />

un quartetto nuovo, diverso».<br />

Non solo jazz nelle melodie di<br />

Luca Aquino, ma contaminazioni<br />

di generi molto diversi tra<br />

loro come il rock, la musica popolare<br />

brasiliana e la world<br />

music.<br />

Un universo con ancora tanti<br />

pianeti da esplorare e che si è<br />

arricchito, nell’album “Chiaro”,<br />

della collaborazione di Lucio<br />

Dalla per il brano “La Mer”. «Ho<br />

incontrato Lucio – ricorda<br />

Aquino – solo tre volte. Una<br />

persona curiosa, gentile, svelta e<br />

di cuore. Affabile e determinata.<br />

Era un vero jazzista, amava<br />

improvvisare e odiava le prove.<br />

Imprevedibile e sensibile. Gli<br />

chiesi di cantare in francese,<br />

non l'aveva mai fatto ma mi<br />

rispose immediatamente di sì.<br />

Un angelo».


20 Domenica<br />

25 marzo 2012


SPORT<br />

Domenica 25 marzo 2012<br />

Ai partenopei non riesce l’impresa di qualificarsi ai quarti di Champions: sconfitti dal Chelsea<br />

Napoli, la favola deve continuare<br />

Il terzo posto in campionato e la Coppa Italia tra gli obiettivi immediati<br />

FRANCESCO GIORDANO<br />

Sperare in una favola non vuol<br />

dire sognare ad occhi aperti, ma<br />

riuscire a realizzare un sogno. E<br />

il sogno si infrange allo Stamford<br />

Bridge. Ma, per il Napoli vi<br />

sono altre fermate, altre imprese,<br />

altre emozioni da regalare<br />

al popolo partenopeo. Dopo<br />

aver navigato per anni negli<br />

inferi della Serie C, con De<br />

Laurentiis che l’ha comprata<br />

per “quattro soldi”, arrivare a<br />

giocare tra le squadre più forti<br />

d’Europa è stata una fatica<br />

degna di Ercole. Si dice che<br />

quando tutto va male, l’unico<br />

modo per rialzarsi e ricominciare,<br />

sia toccare il fondo, e così<br />

è stato anche per il Napoli.<br />

Adesso bisogna non perdere di<br />

vista i veri obiettivi: il terzo<br />

posto, che farebbe risuonare<br />

l’inno della champions al San<br />

Paolo e la finale di Coppa Italia.<br />

Non dimenticando che in Europa<br />

si paga dazio ad ogni piccolo<br />

e minimo errore.<br />

Infatti, l’inferno di Londra ha<br />

reso umani i giocatori partenopei<br />

e le urla dei dannati (i tifosi<br />

del Chelsea) li hanno talmente<br />

impauriti da renderli inermi.<br />

Drogba-Caronte traghettava i<br />

suoi verso i quarti di Champions,<br />

mentre Lavezzi e compagni<br />

restavano senza pace e con<br />

le lacrime tra la nebbia londinese.<br />

Ad un passo così dalla gloria<br />

che li avrebbe portati a raggiungere<br />

un traguardo che anche il<br />

mitico Diego aveva sfiorato. Un<br />

vantaggio di 2 gol (dopo il 3 a 1<br />

dell’andata) dilapidato in terra<br />

inglese con un 4 a 1. Diciamoci<br />

In basso l’esultanza<br />

dell’ivoriano Drogba<br />

dopo il gol al Napoli<br />

A destra tutta<br />

la disperazione<br />

dei giocatori del Napoli<br />

dopo la rete qualificazione<br />

segnata da Ivanovic<br />

la verità: tutti pensavano che<br />

questo Napoli potesse passare<br />

il turno, vuoi per le condizioni<br />

di un Chelsea moribondo, vuoi<br />

perché gli azzurri giocano un<br />

calcio migliore dei Blues, vuoi<br />

perché Lavezzi, Cavani e Hamsik<br />

(i tre tenori che quando giocano<br />

intonano un calcio soave)<br />

avrebbero potuto infilarsi nella<br />

retroguardia inglese con grandissima<br />

facilità. Qualcosa è<br />

andato storto.<br />

La squadra di Mazzarri ha giocato<br />

al dì sotto delle proprie<br />

potenzialità e si è fatta prendere<br />

dalla “fottuta” paura di passare<br />

il turno. Autocommiserarsi<br />

e pensare che passare il<br />

21<br />

turno era al di là delle aspettative<br />

è da ipocriti. Semmai il miracolo<br />

la squadra azzurra lo aveva<br />

fatto districandosi benissimo<br />

nella selva oscura del girone di<br />

qualificazione, dove aveva demolito<br />

il Manchester City di<br />

Mancini, affondato il sottomarino<br />

giallo (il Villareal) e giocandosela<br />

alla pari con i tedeschi<br />

del Bayern Monaco. Poi ecco<br />

spuntare il Chelsea dall’urna.<br />

Una squadra non irreprensibile<br />

e che quest’anno è lontana<br />

parente dei fasti che furono.<br />

Al San Paolo gli azzurri, che<br />

avevano visto le streghe dopo<br />

l’iniziale vantaggio di Mata, avevano<br />

travolto la squadra di<br />

Villas Boas infliggendogli una<br />

lezione di grande calcio e rispondendo<br />

oltre Manica con le<br />

pezze al sedere.<br />

Il sarto chiamato a rattoppare le<br />

toppe portava il nome Di<br />

Matteo (che sostituiva il “profeta”(?)Villas<br />

Boas) alla prima<br />

esperienza in champions. Il<br />

ritorno è stata tutt’altra cosa. Il<br />

Napoli ha giocato bene nei venti<br />

minuti iniziali ove Lavezzi,<br />

Cavani e Hamsik (tutti e tre al di<br />

sotto delle aspettative) non<br />

sono riusciti a segnare e a mettere<br />

ko l’avversario.<br />

L’esperienza, si sa, non si compra<br />

al mercato ma si guadagna<br />

sul campo di gioco.<br />

Un sogno infranto nell’inferno<br />

inglese può contribuire ad aprire<br />

le porte del Paradiso nei<br />

prossimi anni. Così da uscire e<br />

“riveder le stelle” presagendo<br />

per gli azzurri un nuovo cammino<br />

di luce e di speranza dopo le<br />

tenebre londinesi.<br />

Planando su ali di carta<br />

Il “Red Bull paper wings” fa tappa al Campus<br />

L’edizione precedente<br />

Alla finalissima della<br />

precedente edizione del<br />

“Red Bull paper wings”<br />

del 2009 hanno partecipato<br />

ben 253 studenti provenienti<br />

da 83 Paesi da tutto<br />

il globo. Nessun italiano è<br />

riuscito a salire sul podio<br />

benché Antonio Terrone<br />

abbia sfiorato il posizionamento<br />

alle super finali<br />

con la sua pregevole performance<br />

nel volo acrobatico.<br />

A trionfare sono<br />

stati il brasiliano Leonard<br />

Ang per la durata del<br />

volo( il suo veivolo ha<br />

planato per ben 11.66<br />

secondi), Takeshige<br />

Kishiura Kisshii(giapponese)<br />

per le magnifiche<br />

acrobazie e il croato<br />

Kozlica per la permanenza<br />

in aria di 54,43 metri.<br />

Nei tempi odierni in cui la<br />

parola aereo è sinonimo di<br />

vacanza, lavoro e purtroppo<br />

anche guerra, c’è un tipo<br />

di veivolo che permette<br />

di viaggiare sulle ali della<br />

fantasia. Non pesa sul bilancio<br />

di uno Stato o di<br />

una compagnia aerea e per<br />

costruirlo occorre un semplice<br />

foglio di carta. Chi di<br />

noi non ne hai mai costruito<br />

uno per giocarci da<br />

piccoli con gli amici o più<br />

astutamente per scambiarsi<br />

una formula matematica<br />

durante un compito in<br />

classe sotto il naso di un<br />

professore distratto? C’è<br />

chi faceva a gara con il<br />

compagno per vedere<br />

quanto durava il volo del<br />

suo aeroplanino e con<br />

quanta velocità scendeva<br />

in picchiata sul terreno.<br />

Oggi il gioco si è trasformato<br />

in uno sport. Si chiama<br />

“Red bull paper wings”<br />

ed è alla sua terza edizione.<br />

Il primo campionato<br />

internazionale di aeroplanini<br />

di carta si svolge ogni<br />

tre anni e possono parteciparvi<br />

tutti gli studenti universitari<br />

provenienti da<br />

ogni parte del mondo. Nel<br />

2006 erano 10.000 i partecipanti<br />

provenienti da 48<br />

Paesi. Nel 2009 sono arrivati<br />

a ben 37.000 da 83<br />

Stati e quest’anno le nazioni<br />

che hanno aderito sono<br />

85. Il Red bull paper wings<br />

italiano ha preso il via<br />

all’Università “la Sapienza”<br />

di Roma il 15 febbraio<br />

e sta facendo tappa in 18<br />

atenei fino alla finale che<br />

avrà luogo il 30 marzo nell’avveniristica<br />

sede delle<br />

“Cartiere Paolo Pigna Spa”<br />

ad Alzano Lombardo in<br />

provincia di Bergamo.<br />

Il 5 marzo anche al Campus<br />

di Fisciano si è svolta<br />

questa originale gara nell’atrio<br />

della facoltà di Ingegneria,<br />

che si è trasformata<br />

in un singolare aeroporto.<br />

L’evento è stato organizzato<br />

dalla Red Bull in collaborazione<br />

con le associazioni<br />

Asp e Studenti Ingegneria<br />

e inoltre la redazione<br />

sportiva Unis@und (la<br />

web radio dell’Università)<br />

ha trasmesso in diretta la<br />

Servizio di<br />

FEDERICA MASSARI<br />

competizione.<br />

Le adesioni sono state tantissime:<br />

oltre cento ragazzi<br />

si sono presentati<br />

nell’improvvisato terminal<br />

e hanno dato libero sfogo<br />

alla loro creatività, costruendo<br />

aeroplani di ogni<br />

forma e colore con i fogli<br />

di carta distribuiti dalle<br />

hostess.<br />

I provetti piloti si sono<br />

dovuti sfidare in ben tre<br />

categorie: lunghezza del<br />

volo, maggiore permanenza<br />

in aria e volata più<br />

acrobatica. In quest’ultimo<br />

tipo di sfida ne è uscito<br />

vincitore Raffaele Longobardi<br />

che ha totalizzato<br />

il punteggio più alto.<br />

Mentre per le prime due<br />

categorie l’ha spuntata su<br />

tutti uno studente spagnolo<br />

José Manuel Barea. Il<br />

suo aeroplano ha volato<br />

per ventisette metri con<br />

un tempo di permanenza<br />

in volo di 9,2 secondi.<br />

Entrambi i vincitori approderanno<br />

alla finale nazionale<br />

di Bergamo e lì i<br />

migliori top gun di tutte le<br />

università del pianeta si<br />

giocheranno la possibilità<br />

di partecipare alla finalissima<br />

mondiale che si terrà<br />

all’Hangar-7 di Salisburgo<br />

il 4-5 maggio.


22 Domenica<br />

25 marzo 2012 RUBRICHE<br />

Il libro analizza<br />

i fatti e le scelte<br />

della classe politica<br />

nei lunghi anni<br />

della ricostruzione<br />

L’autore<br />

Pietro Funaro è nato a Napoli<br />

nel 1953. Giornalista professionista<br />

dal 1982, è stato<br />

redattore del quotidiano Il<br />

Diario e poi inviato speciale<br />

de Il Mattino. Attualmente è<br />

direttore responsabile del<br />

quindicinale magazine online<br />

dell’Agenzia Regionale<br />

per la Protezione Ambientale<br />

Un momento della presentazione<br />

della Campania.<br />

e in basso la copertina del libro<br />

La scossa delle coscienze<br />

Pietro Funaro ripercorre i giorni del sisma in Irpinia<br />

con i protagonisti di un’epoca di grandi sconvolgimenti<br />

MARIAROSARIA DI CICCO<br />

In tempo di crisi è difficile immaginare<br />

un futuro, soprattutto per i giovani.<br />

Eppure è alle nuove generazioni che<br />

verrà consegnato, come effetto di ciò<br />

che siamo stati. Con questa idea Pietro<br />

Funaro ha concepito il suo nuovo libro,<br />

“Mani sul terremoto – Campania anni<br />

Ottanta, l’altra faccia dell’emergenza”.<br />

Un volume che prende il titolo dall’inchiesta<br />

sugli illeciti di denaro nell’ambito<br />

Mani Pulite, in cui ripercorre quel<br />

drammatico 23 novembre del 1980 e la<br />

ricostruzione negli anni che seguirono,<br />

attraverso il racconto delle scelte e delle<br />

azioni dei protagonisti dell’epoca.<br />

Alla presentazione del libro, che si è<br />

tenuta lo scorso 2 marzo alla Mostra<br />

d’Oltremare nella sala conferenze del<br />

quotidiano “Il Denaro”, con l’autore<br />

sono intervenuti Ermanno Corsi, ex<br />

presidente regionale dell’Ordine dei<br />

Giornalisti, in veste di moderatore, Rosa<br />

Russo Jervolino, Antonio Fantini, Giulio<br />

Di Donato e Gennaro De Crescenzo,<br />

scrittore e presidente dell’Associazione<br />

Culturale Neoborbonica.<br />

Quelli del terremoto furono anni<br />

profondamente difficili, in cui comin-<br />

ciavano a delinearsi i vizi dello Stato che<br />

avrebbero portato in seguito alla rovinosa<br />

caduta della prima Repubblica.<br />

Vizi che il terremoto portò alla luce<br />

dopo che tre regioni, otto province e<br />

679 comuni vennero rasi al suolo:<br />

costruzioni abusive, speculazioni, mazzette<br />

e poi i ritardi dei soccorsi.<br />

Un’occasione mancata per la rinascita di<br />

una nuova Questione Meridionale, che<br />

potesse avviare una serie di riflessioni e<br />

azioni per risanare il divario tra Nord e<br />

Sud. Funaro descrive con doviziosa cura<br />

quella sera di novembre, seguendo il filo<br />

conduttore di un’idea: come sparirono i<br />

soldi destinati alla ricostruzione e come<br />

questo accada ancora oggi. Dopo nove<br />

anni una Commissione parlamentare<br />

d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi<br />

Scalfaro venne incaricata di accertare i<br />

costi reali per il ripristino delle aree terremotate:<br />

circa 58.600 miliardi di lire<br />

finiti chissà dove, mentre migliaia di<br />

persone, dopo anni, non hanno ancora<br />

una casa. Una denuncia che, secondo<br />

Ermanno Corsi, diede man forte all’antimeridionalismo.<br />

Antonio Fantini, presidente<br />

della Regione Campania dal<br />

1983 al 1989, fu condannato in appello<br />

per la cattiva gestione dei fondi, ma oggi<br />

spiega: «Molti dei progetti infrastrutturali<br />

ritenuti sprechi, come l’Asse<br />

Mediano, si sono rivelati di grande utilità<br />

per la città. Sono questi gli sperperi,<br />

o forse tutta una serie di sovrastrutture<br />

senza senso, come il consorzio<br />

UnicoCampania?». Un dibattito ancora<br />

aperto, dunque, tra un passato ed un<br />

futuro ancora da inventare.<br />

a cura di<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

Tutti i pozzi<br />

della lingua italiana<br />

Pozzo di San Patrizio”, “chiudere il pozzo<br />

dopo che è annegato il vitello”, “pozzo di<br />

scienza”, “pozzo senza fondo”, “scavare un<br />

pozzo vicino al fiume”. Sono solo alcuni tra<br />

i numerosissimi modi dire della lingua italiana<br />

che includono la parola “pozzo”. È<br />

curioso andare a vedere qual è la loro origine<br />

e scoprire come e da dove sono nati. Con<br />

“pozzo di San Patrizio” ci si riferisce a una<br />

persona, attività o situazione che sembra<br />

inesauribile nel distribuire denaro, risorse,<br />

energia o altro. Ci sono due possibili origini<br />

di questo modo di dire: una riguarda il<br />

pozzo di Orvieto in cui, secondo la tradizione,<br />

bastava gettare una moneta per vedere<br />

esaudito un desiderio; l’altra fa riferimento<br />

invece al “purgatorio di San Patrizio”, una<br />

caverna in Irlanda che di riteneva fosse un<br />

passaggio obbligato per chi voleva avere la<br />

redenzione dai peccati. La leggenda voleva<br />

che chiunque si intrattenesse nella caverna<br />

un intero giorno e una intera notte otteneva<br />

il perdono dalle proprie malefatte.<br />

“Chiudere il pozzo dopo che è annegato il<br />

vitello” è invece un modo di dire meno utilizzato<br />

e vuol dire correre ai ripari quando<br />

ormai è troppo tardi oppure pentirsi tardivamente.<br />

Un “pozzo di scienza” è invece un<br />

individuo così colto ed erudito che gli altri<br />

possono attingere al suo bacino di conoscenza<br />

come a un pozzo; il termine è spesso<br />

utilizzato in modo ironico e scherzoso.<br />

“Pozzo senza fondo” è un modo per indicare<br />

due concetti diametralmente opposti: da<br />

un lato vuol dire tutto ciò che ha bisogno di<br />

essere continuamente alimentato senza<br />

arrivare mai a riempimento; dall’altro lato<br />

sta a significare anche tutto ciò che sembra<br />

essere inesauribile e a cui si può attingere<br />

senza soluzione di continuità. Infine, il<br />

modo di dire “scavare un pozzo vicino al<br />

fiume”: fare una cosa sciocca, stupida, inutile<br />

come può essere scavare un pozzo per<br />

cercare l’acqua quando lì vicino c’è un<br />

fiume e quindi acqua in abbondanza.


ITALIA/MONDO<br />

Domenica 25 marzo 2012<br />

23<br />

“Mani pulite 2” in Lombardia<br />

Sono nove gli indagati per tangenti, corruzione e finanziamenti illeciti<br />

Nel mirino noti imprenditori ed esponenti delle istituzioni<br />

Il Pirellone al centro delle ultime indagini dei magistrati<br />

Sembra proprio che la sorte si<br />

stia divertendo e non abbia la<br />

minima intenzione di placare il<br />

vento contrario che da tempo,<br />

ormai, si abbatte impetuoso sulla<br />

Lombardia.<br />

Dallo scandalo degli anni Novanta<br />

di Tangentopoli, che portò alla luce<br />

un sistema di corruzione, concussione<br />

e finanziamento illecito ai<br />

partiti che coinvolse i più alti personaggi<br />

del mondo politico, la<br />

Procura della Repubblica di Milano<br />

non ha mai smesso di lavorare<br />

sul malaffare, tanto è vero che i<br />

magistrati hanno aperto più di una<br />

inchiesta a carico di imprenditori<br />

ed esponenti di istituzioni. Nelle<br />

ultime settimane i giudici si sono<br />

occupati del Pirellone, sede del<br />

Consiglio regionale e, alla fine di<br />

questa prima fase d’indagini, è<br />

finito nel mirino il presidente<br />

leghista Davide Boni, accusato<br />

per un presunto giro di tangenti e<br />

indagato per corruzione. E mentre<br />

infuriano le polemiche e i contrasti<br />

sulle sue dimissioni, non<br />

ancora arrivate, una nuova bufera<br />

si è abbattuta sul Pirellone investendo,<br />

stavolta, il consigliere<br />

regionale del Pdl Angelo Giammario,<br />

accusato di aver intascato<br />

una tangente da 10mila euro.<br />

I carabinieri del Nucleo operativo<br />

ecologico hanno bussato alla sua<br />

porta e hanno contemporaneamente<br />

perquisito i suoi uffici in<br />

Regione, alla ricerca di prove e<br />

documenti relativi a delibere e gare<br />

d’appalto del 2009, per le quali<br />

sarebbero state pagate tangenti.<br />

L’indagine è nata da un’inchiesta<br />

della Procura di Monza che ha rinviato<br />

a giudizio una ventina di persone,<br />

tra cui molti imprenditori del<br />

settore della floricoltura, con l’accusa<br />

di associazione per delinquere,<br />

finalizzata alla turbativa d’asta,<br />

per aver cercato di manipolare e<br />

condizionare le gare d’appalto per<br />

la realizzazione di parchi pubblici<br />

e arredo urbano in Lombardia,<br />

Piemonte e Puglia.<br />

A Giammario, vicepresidente della<br />

commissione Ambiente e componente<br />

della commissione Sanità, la<br />

Procura milanese contesta la tangente<br />

da 10mila euro, su trentamila<br />

promessi, che potrebbe essere<br />

stata utilizzata per sostenere le<br />

spese elettorali del 2010, e il reato<br />

di finanziamento illecito ai partiti.<br />

Sale così a nove, su ottanta componenti,<br />

il numero degli indagati in<br />

Consiglio regionale della Lombardia<br />

durante questa legislatura.<br />

Sembra proprio di essere tornati al<br />

periodo triste e buio di “mani pulite”<br />

e che lo scandalo delle tangenti<br />

e dei finanziamenti illeciti si sia letteralmente<br />

ancorato in questa<br />

regione. Dallo scorso luglio, infatti,<br />

sono stati indagati o arrestati ben<br />

otto politici: quattro componenti<br />

su cinque dell’ufficio di presidenza,<br />

due assessori leghisti e due consiglieri<br />

regionali del Pdl.<br />

E non solo: il 20 luglio scorso l’ex<br />

presidente pd della Provincia,<br />

Filippo Penati, è stato iscritto nel<br />

registro degli indagati per corruzione,<br />

concussione e finanziamento<br />

illecito ai partiti nell’inchiesta<br />

sul “Sistema Sesto”. Il 30 novembre<br />

è stata la volta del vicepresidente<br />

del consiglio Franco Nicoli Cristiani,<br />

arrestato con l’accusa di<br />

traffico illecito di rifiuti nel cantiere<br />

della Brebemi. Stessa sorte per<br />

Massimo Ponzoni, arrestato il 16<br />

gennaio scorso per corruzione,<br />

concussione, finanziamento illecito,<br />

bancarotta fraudolenta delle<br />

società Pellicano e Immobiliare<br />

Mais. Per non parlare poi dei due<br />

assessori leghisti Daniele Belotti,<br />

accusato di concorso in associazione<br />

a delinquere nell’inchiesta sugli<br />

ultrà dell’Atalanta e Monica Rizzi,<br />

indagata per trattamento illecito di<br />

dati protetti per i falsi dossier a<br />

favore di Renzo Bossi. E di<br />

Gianluca Rinaldin e Nicole Minetti,<br />

imputata nel Rubygate per<br />

induzione e favoreggiamento della<br />

prostituzione minorile.<br />

Chissà che non sia poi del tutto<br />

infondata la dichiarazione, da<br />

molti ritenuta scomoda, del presidente<br />

della Corte dei Conti, Luigi<br />

Giampaolino, che, analizzando<br />

l’attuale situazione italiana, ha<br />

dichiarato che il nostro sistema<br />

grava eccessivamente sui contribuenti<br />

fedeli, su quei cittadini onesti<br />

che rispettano la legge e pagano<br />

le tasse, senza cercare o inventarsi<br />

i soliti, tristi, escamotages.<br />

La strage<br />

sul bus<br />

Quello che doveva essere un<br />

momento felice, uno dei ricordi<br />

più belli e indelebili che un<br />

bimbo porterà per sempre con<br />

sé, si è trasformato in vera tragedia.<br />

L’incidente è avvenuto la<br />

sera del 13 marzo scorso in<br />

Svizzera, nel Canton Vallese.<br />

Sull’autostrada A9 un pullman,<br />

con a bordo due scolaresche di<br />

ritorno da una gita sulla neve,<br />

nella Val d’Anniviers, si è schiantato<br />

contro il muro di un tunnel.<br />

Nessuno lo dimenticherà.<br />

A ricordare la tragedia non<br />

saranno solo i parenti e i genitori<br />

delle tante vittime e di chi<br />

porterà a vita, sul proprio<br />

corpo e nel cuore, i segni indelebili<br />

di quel terribile urto, ma<br />

chiunque apprezzi il valore<br />

della vita e sappia quant’è bello<br />

il sorriso di un bambino.<br />

E non importa se a causarla sia<br />

stato un malessere o un colpo di<br />

sonno dell’autista, o forse anche<br />

la scarsa sicurezza di quel tratto<br />

autostradale. A nulla servirebbe,<br />

ora, trovare un capro espiatorio.<br />

Quel che conta è che le precauzioni<br />

andrebbero prese prima,<br />

quando c’è ancora tempo. Perché<br />

un papà e una mamma non<br />

dovrebbero mai seppellire il proprio<br />

figlio.<br />

Aumenta il numero di italiani rapiti da cellule terroristiche di Al Qaeda<br />

La lunga strada verso casa<br />

Omicidio dell’ing. Lamolinara: morto uno dei rapitori e il giallo s’infittisce<br />

La notizia della morte nel carcere in Nigeria di<br />

Abu Mohammed, capo dei sequestratori dell’ingegnere<br />

italiano Franco Lamolinara e del<br />

suo collega britannico Chris McManus, non è<br />

servita a far chiarezza sugli omicidi sospetti dei<br />

nostri connazionali all’estero. Né ha placato la<br />

sete di giustizia e verità dei familiari delle tante<br />

vittime. Mohammed, secondo le dichiarazioni<br />

della polizia nigeriana, sarebbe morto a causa<br />

delle ferite riportate nell’operazione tesa alla<br />

liberazione dei due ostaggi, rapiti il 12 maggio<br />

2011 a Birkin Kebin. Ma il decesso è stato reso<br />

noto solo dopo diversi giorni. La scomparsa di<br />

quello che poteva essere un valido testimone<br />

ha, invece, aumentato i dubbi e le incertezze su<br />

quanto accaduto, riportando alla mente altri<br />

rapimenti finiti in tragedia.<br />

Franco Lamolinara, in Nigeria da circa 11 anni,<br />

lavorava per la società di costruzioni “Stabilini<br />

Visinoni Limited” ed era impegnato nella realizzazione<br />

di un edificio della Banca centrale a<br />

Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi.<br />

Ripetuti e inutili sono stati i tentativi e le richieste<br />

di liberazione avanzate dall’Italia nei circa<br />

dieci mesi di prigionia. L’ultimo, l’8 marzo,<br />

deciso autonomamente dalle autorità nigeriane<br />

e britanniche all’insaputa dell’Italia, è stato fatale.<br />

Questa triste storia ha particolarmente toccato<br />

i familiari di chi, in queste ore, si trova<br />

chissà dove e chissà in quali condizioni, ancora<br />

ostaggio di cellule terroristiche di Al Qaeda.<br />

Tra tutti, colpisce particolarmente il destino<br />

della turista Maria Sandra Mariani, rapita in<br />

Algeria il 2 febbraio dello scorso anno dal gruppo<br />

terroristico Aqmi, e di Rossella Urru, la cooperante<br />

sarda sequestrata il 23 ottobre 2011 nel<br />

campo profughi sahawari, in cui lavorava da<br />

oltre due anni, con due colleghi spagnoli.<br />

Ma non si tratta di due casi isolati. A tenere col<br />

fiato sospeso c’è anche la sorte di Giovanni Lo<br />

Porto, sequestrato in Pakistan il 19 gennaio<br />

scorso, e quella dei membri dell'equipaggio<br />

della nave Enrico Ievoli, vittime, lo scorso 21<br />

aprile, di un attacco dei pirati somali avvenuto<br />

al largo delle coste dell'Oman. Ma è difficile<br />

continuare a sperare di poterli riabbracciare. Se<br />

è infatti vero che bisogna imparare dalla storia<br />

e dagli errori del passato, il ricordo della morte<br />

di Fabrizio Quattrocchi, il componente italiano<br />

ucciso in Iraq il 14 aprile del 2004, e di Nicola<br />

Calipari, l’agente segreto italiano ucciso da soldati<br />

statunitensi in Iraq il 4 marzo del 2005,<br />

Pagina a cura di<br />

VALENTINA DE LUCIA<br />

SVIZZERA<br />

lascia alquanto perplessi e sfiduciati. Neanche<br />

quando arriva la notizia della liberazione di<br />

uno degli ostaggi si può stare tranquilli e si riaccende<br />

una speranza. Quattrocchi, infatti, fu<br />

preso in ostaggio a Bagdad insieme ad altri tre<br />

colleghi che, dopo 58 giorni di prigionia, l’8<br />

giugno 2004, furono liberati. E chi non ricorda<br />

l’assassinio di Calipari, che in un film sembrerebbe<br />

tragicomico, ferito a morte per non<br />

essersi fermato a un posto di blocco?<br />

Ma non ci resta che attendere perché, forse, i<br />

tentativi italiani di negoziazione attraverso<br />

riscatto, giudicati da altri sbagliati perché istigano<br />

i rapitori e sovvenzionano il terrorismo,<br />

stavolta potrebbero avere successo.<br />

L’ANGOLO<br />

Ce l’hanno fatta, hanno invaso l’Europa.<br />

Non sono i turchi dopo Lepanto ma gli omosessuali.<br />

Il Parlamento dell’Ue chiede il riconoscimento<br />

delle nozze gay in tutti i Paesi<br />

membri. Ormai è chiaro, ci hanno sconfitti.<br />

Un terrificante successo che ricorda quello<br />

dei negri dopo il Civil Rights Act in America<br />

e che fa il paio con l’inaspettato trionfo degli<br />

schiavi durante gli ultimi due secoli di storia.<br />

È finita l’epoca dei diritti “normali”, ora<br />

ci sono quelli “pari”. Hanno vinto loro. p.e.

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