A Nola la Ferrari dei treni

Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
Direttore Biagio Agnes
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Anno V n. 31 € 0,50 Domenica 21 febbraio 2010
Umberto Nobile
Maurizio Valenzi
Patrimonio violato
EDITORIALE
Che sarà
di loro?
BIAGIO AGNES
L
’interrogativo si riferisce
ai miei colleghi. Ai
giornalisti. E ai giovani
laureati che aspirano a diventarlo.
Il problema – perché di un
problema delicato e difficile
si tratta – io lo vivo da vicino
soprattutto per il quotidiano
contatto con gli allievi della
Scuola di Giornalismo dell’Università
di Salerno.
Dirigendo questa Scuola ho
maggiore responsabilità verso
i giovani, nei cui occhi
leggo ogni giorno ansia e
preoccupazione. E’ come se
mi domandassero: “Una volta
conseguito il riconoscimento
accademico che ci
qualifica professionalmente
anche agli effetti della legge,
quante possibilità abbiamo
di lavorare? ”.
Pagina 5 (continua)
Soltanto la Russia
ricorda l’eroe
della “tenda rossa”
GIOVANNI SPERANDEO
Pagina 3
Il leader tradito
dalla deriva xenofoba
del fascismo
GRANA E VALLI
Pagina 11
Un patto mondiale
per recuperare
i tesori d’arte rubati
LOREDANA ZARRELLA
Pagina 9
Testarossa del trasporto ferroviario: la manutenzione in un’officina dell’Interporto
A Nola la Ferrari dei treni
L’impianto costerà novanta milioni e darà lavoro a trecento operai
Effettueranno a Nola il loro
pit stop ogni 4 giorni: sono
la flotta dei 25 Italo, i nuovi
treni ad Alta Velocità dell’Ntv
(Nuovo Trasporto Viaggiatori)
di Montezemolo e
Della Valle. Una scuderia di
Ferrari su binari, con numeri
da record: il prototipo ha
toccato la folle velocità di
574,8 chilometri orari. Lo
stabilimento nascerà nell’area
dell’Interporto Campano,
l’unico in Italia ad avere
già una stazione ferroviaria e
darà lavoro a 300 meccanici
specializzati. Costo dell’operazione
90 milioni di euro.
DANIELE DE SOMMA
Pagina 6
Gli effetti della crisi: chiusure e licenziamenti
Imprese piccole e fragili
Aziende ko. Gli imprenditori
chiudono, stretti nella
morsa d’acciaio tra ritardi
nei pagamenti e assenza di
prestiti. I lavoratori sono
costretti alla cassa integrazione.
Valorizzare i prodotti
locali sembra l’unica soluzione,
ma dopo le elezioni.
FRANCESCO M. BORRELLI
Pagina 7
Nuovo svincolo
Il Campus
di Fisciano
sulla buona
strada
GERMANA GRASSO
Pagina 2
Il centenario del Circolo Irno di Salerno
L’oro dei Canottieri
CLAUDIA ESPOSITO eSABINO RUSSO
Pagine 12 e 13
Apre l’auditorium Niemeyer
Spartito sensuale
dell’architettura
Ravello in festa
dopo dieci anni
di dure polemiche
CHIARA DEL GAUDIO
pagina 10
Renato Parascandolo
Dal testo al web
tutto in un clic
Progetto Rai:
enciclopedia
e tv on-line
MARIA EMILIA COBUCCI
Pagina 16
Rino Mele
Un calendario
oltre il tempo
«La curiosità
per il presente
che ci sfugge»
FRANCESCO PADULANO
Pagina 19
Carenze di fondi e personale minano i tribunali campani
Allarme: la giustizia è sfatta
Sport e civiltà
Afro-Napoli:
il calcio
batte
il razzismo
ARRICHIELLO
Pagina 23
Boccheggiano i palazzi di
giustizia della Campania:
dovunque mancano fondi e
personale, in alcuni casi c’è
persino il rischio di ammalarsi
di epatite. «Sembra di
andare alla campagna di
Russia con le scarpe di cartone»,
è il commento degli
addetti ai lavori.
IANNÒ E VELLA
Pagina 8
Avellino
Coppa Italia
di basket:
nella tana
del lupo
COLUCCI eIANNACCONE
Pagina 22
IL PUGNO
A Napoli le palme muoiono? Il
Comune, invece di intervenire per
salvarle dal punteruolo rosso,
lancia un sondaggio on line.
L’Amministrazione fa il funerale
alla storica palma di piazza Vanvitelli
avviando sul web un referendum
la cui trasparenza risulta
dubbia, poiché è possibile votare
a ripetizione e dallo stesso
pc. La solita politica che trasforma
il diritto dei cittadini a partecipare
in una vetrina per se stessa?
G. G.
LA VIGNETTA di Veronica Valli

2 Domenica 21 febbraio 2010 News CAMPUS
Pronto il bando per il progetto della funicolare tra Fisciano e Baronissi
L’Università fa strada
La rampa collega il Campus con la Salerno-Avellino
unisa news
GERMANA GRASSO
Taglio del nastro per la nuova rampa
di svincolo, in direzione Salerno,
che collega il campus di Fisciano
al raccordo autostradale Salerno–Avellino.
Il rettore Raimondo
Pasquino ha sottolineato che la
nuova rampa avrà il compito di
decongestionare il traffico in entrata
e in uscita dal campus. Si tratta
del secondo atto di un progetto
su gomma incentrato sul polo universitario
e sovvenzionato con 7
milioni di euro dall’Unione Europea
e dalla Regione Campania. La
nuova bretella va ad aggiungersi
all’altra rampa di accesso al campus
e permetterà agli utenti di u-
scire direttamente dal lato del parcheggio
multipiano. La bretella è
lunga 725 metri e mezzo, di cui
145 su viadotto costruito in acciaio
tra due valloni, per cui è stato necessario
un preventivo intervento
di sistemazione idrogeologica,
come ha spiegato l’ingegnere Gianluca
Basile, capo dell’area VI delle
Risorse strumentali dell’Ateneo.
Ancora in fase progettuale, la realizzazione
di un’altra rampa di
collegamento tra il campus e il
raccordo autostradale in direzione
Avellino.
Alla cerimonia erano presenti
anche l’assessore regionale ai Tra-
sporti, Ennio Cascetta, il presidente
della Provincia, Edmondo Cirielli
e l’ingegnere Francesco Caporaso,
capo compartimento Anas
per la Campania. Tra gli intervenuti
anche il sindaco di Fisciano,
Tommaso Amabile.
L’evento è stato occasione per parlare
di progetti in itinere, di altri
non ancora sulla carta, di miglioramenti
a infrastrutture già esistenti
e di esigenze legate al territorio.
L’assessore Cascetta ha annunciato
la pubblicazione del bando di progettazione,
del valore di 70 milioni
di euro, per collegare il campus di
Fisciano al polo di Baronissi e alla
stazione di Fisciano–Mercato San
Severino tramite funicolare. Il trenino
trasporterà fino a 200 persone
durante le 14 ore di servizio
quotidiano. Previste sei corse ogni
ora in entrambe le direzioni.
Tempi ancora incerti - l’assessore
Cascetta ha parlato di «qualche
settimana» - per la conclusione dei
lavori della metropolitana di Salerno
e per il prolungamento della
pista dell’aeroporto di Pontecagnano.
Il presidente Cirielli ha fatto
notare quanto ci sia ancora da
fare a livello di infrastrutture nel
Salernitano. Ha spostato l’attenzione
«sulla costiera Amalfitana,
praticamente tagliata fuori», sull’esigenza
di decongestionare il traffico
a Cava de’ Tirreni, di intervenire
sulla Bussentina, creare un
collegamento veloce tra il Cilento
e Battapaglia e tra il porto di
Salerno e la piattaforma logistica
di Mercato San Severino, fissare
tempi certi per l’apertura dello
svincolo di Angri e quello di Fratte
e ultimare i lavori sull’Aversana.
In alto il rettore dell’Università
di Salerno, Raimondo Pasquino,
tra il presidente della Provincia,
Edmondo Cirielli (a sinistra) e
l’assessore regionale ai
Trasporti, Ennio Cascetta
In onda Rewind
su Unis@und
Dal 1 febbraio Unis@und, la Webradio
dell’Università di Salerno, ha arricchito il
suo palinsesto con più informazione, musica,
intrattenimento e servizi di comunicazione.
E’ nato Rewind, servizio di registrazione
e pubblicazione in podcast di
convegni, seminari, congressi, workshop.
Si tratta di un grande archivio digitale delle
attività culturali e scientifiche dell’Ateneo.
Unis@und trasmette programmi ideati
e condotti da studenti, docenti e personale
amministrativo che prevedono incon-
tri con ricercatori dei maggiori ambienti
accademici italiani e stranieri. Tra le novità
del nuovo contenitore, gli speciali in
onda il martedì dalle 16 alle 17, Metropolitana,
l’informazione quotidiana, la rassegna
stampa locale, nazionale e internazionale,
l’approfondimento. Ogni lunedì dalle
9 alle 9,15 verrà trasmesso Primo movimento,
un incontro con il Rettore, Raimondo
Pasquino, sulle tematiche universitarie.
Trenta minuti sarà l’appuntamento
fisso del giovedì dalle 12,30 alle 13. Il venerdì
chiuderà la programmazione con
Newsletter, settimanale d’informazione
universitaria dalle 12 alle 13 con notizie
sull’Ateneo salernitano e il mondo accademico.
Concluso il master
internazionale
Si è chiuso all’Ateneo di Salerno il master
internazionale di II livello in Scienze Politiche,
Diplomatiche e dell’Integrazione
svoltosi all’Università Latino-americana e
del Caribe (ULAC) di Caracas.Coordinato
dal professor Antonio Scocozza e promosso
dai docenti Adalgiso Amendola e Luigi
Rossi, era basato su un programma sia di
insegnanti dell’Ateneo che esterni. Al termine
della cerimonia la discussione delle
tesi dei ventidue partecipanti e la consegna
dei diplomi.
Ateneo
e capitale sociale
Il 5 febbraio è iniziato il ciclo di seminari
sul capitale sociale curato dal professor
Raffaele Rauty. Il primo dibattito si è svolto
a Salerno con il docente Massimo Pendenza.
Al secondo incontro del 12 febbraio ha
parlato Pierpaolo Donati dell’Università di
Bologna. Il 26 febbraio ci sarà la terza
conferenza con Andrea Salvini della
Università di Pisa. L’ultimo convegno il 5
marzo con Roberto Cartocci dell’Università
di Bologna.
Domande e risposte
sulla natura umana
Il 18 febbraio presso la biblioteca del Dipartimento
di Filosofia si terrà un seminario
intitolato “La verità della natura umana
– Il criterio distintivo tra uomo e animale”.
Modererà l’incontro il dottor Gianfranco
Rizzo; interverranno i professori
Gabriele Perrotti, Mario Tecce e Chiara
D’Alessio.
La natura umana è analizzata in tutti i
suoi aspetti considerati nelle diverse discipli-ne.
Il seminario è il proseguimento
delle attività del gruppo di studio “Quid
est ve-ritas” che svolge un progetto che ha
otte-nuto il sostegno finanziario del
Metane-xus Institute (Pennsylvania, USA)
per rea-lizzare una ricerca interdisciplinare
sulla conoscenza. Il gruppo si riunisce
due vol-te al mese e può partecipare
chiunque sia interessato; una volta all’anno
organizza un convegno nazionale.
Pubblicato il bando
di Start Cup Unisa
Si occupa di progetti d’impresa per lo sviluppo
di prodotti innovativi basati sulle
competenze scientifiche dell’Università di
Salerno. E’ il concorso Start Cup Unisa
2010 - III edizione: le domande scadono il
primo marzo prossimo. L’iniziativa mira ad
applicare nuove tecnologie in campo e-
conomico per l’impresa. Ai primi tre progetti
saranno assegnati premi da 3000,
2000 e 1000 euro. I progetti idonei saranno
proposti a partner industriali, commerciali
e finanziari e i migliori parteciperanno al
Premio Nazionale per l’Innovazione. I progetti
possono essere presentati da personale
strutturato o non strutturato d’Ateneo e da
soggetti esterni ad esso.
A Lingue 40 assegni
per tutorato
Indetto il bando per assegnare 40 assegni
per tutorato e attività didattiche presso la
Facoltà di Lingue e Letterature straniere.
Le domande scadono il 4 marzo e possono
essere presentate dal lunedì al giovedì
dalle 9,30 alle 12,30.
A cura di
LUCIANA BARTOLINI

GIOVANNI SPERANDEO
Può l’oblio degli uomini annullare
la storia? Le terrene usanze rendono
nullo ciò che è oramai diventato
immortale? Ovviamente no. Le
gesta leggendarie di qualunque
“grande” abbia contribuito alla crescita
della società sono intaccabili,
poste per sempre nel sacro cielo
della cultura. Possono solo, le
dimenticanze umane, intaccare la
memoria di chi, sacrificando la
propria vita, ha reso facili quelle
altrui. Scordarsi di chi ha reso celebre
in tutto il mondo l’Italia significa
scordarsi di se stessi. La propria
storia è la propria cultura, il proprio
essere. Perciò la Campania
che si dimentica di Umberto Nobile,
nel giorno del 125esimo anniversario
della sua nascita, desta
rabbia e dispiacere. A tutti, a pochi,
a chi? Non è questo il dilemma. Il
fatto è sicuramente altro. Il perché?
Perché ci si dimentica di un
poliedrico ingegnere, nato a Lauro,
in provincia di Avellino, vissuto a
Napoli e originario di Eboli, nel
Salernitano. Un uomo che ebbe
una mente brillante oltre che carriera
e vita. Un ingegnere che fu
anche ufficiale della Regia Aeronautica,
scienziato, politico (fu uno
dei padri costituenti) e professore
universitario. Uno di quelli che
“toccò” per primo il Polo Nord, si,
ma quando lo fece, ne studiò alcune
caratteristiche perché fu anche
un pioniere dell’ambiente, uno di
quelli che anni e anni prima, aveva
capito quale fosse il futuro della
scienza. Eppure, pochi giorni or
sono, nessuno ufficialmente l’ha
ricordato. Il 21 gennaio del 1885
nasce il Generale, così come lo
ricordano in tanti. Cento e venticinque
anni dopo, né a Lauro né a
Eboli né in Campania, c’è stata una
manifestazione ufficiale in sua
memoria. Che fine ha fatto tutto
quell’entusiasmo popolare che lo
accoglieva al ritorno da ogni
impresa? A quanto sembra, l’Italia
intera se ne è dimenticata, un po’
come avvenne tra la prima e
seconda guerra mondiale quando
Mussolini lo esiliò, ritenendolo
responsabile del disastro; per altri
fu invece il capro espiatorio dell’impresa
non riuscita. Solo alcune
associazioni, di privati cittadini ed
amanti della scienza, hanno onorato
la nascita dell’esploratore polare.
Anzi, c’è un paradosso in questa
storia. I primi ad onorarlo in questo
giorno del nuovo millennio
sono stati i russi. E si, proprio il
popolo cui dedicò alcuni anni della
sua vita e del suo lavoro dopo la
fuga dall’Italia, lo ha fatto prima
della sua patria. Il 21 gennaio del
2010, a San Pietroburgo, sulla rompighiaccio
Krassin, diventata nel
tempo un museo, c’è stata la celebrazione.
La celebrazione del Generale,
uomo e genio in fuga anche
nel terzo millennio, non a causa
stavolta della politica fascista che
lo avversò ma più semplicemente
della sciatteria di chi non l’ha mai
conosciuto ma ne fa proprie (culturalmente)
le gesta. A poco valgono
parole di giustificazione per
qualcosa che non c’è stata e che
forse non si sente. Eppure la
Krassin viene incontro a Nobile,
salvandolo di nuovo (e solo alla
memoria stavolta) quasi cento
TERZA PAGINA Domenica 21 febbraio 2010
Nel 125° della nascita a Lauro di Nola nessun ricordo in Italia per il trasvolatore
Nobile, l’eroe dimenticato
In Russia l’unica cerimonia sulla nave che salvò
i naufraghi del dirigibile Italia al Polo Nord
Sul pack per 48 giorni
sotto la “tenda rossa”
Mussolini lo ritenne
responsabile del disastro
e lo mandò in esilio
L’accoglienza
della comunità
di Lauro nel 1976
quando Nobile
fu ospite
di una cerimonia
in ricordo
dei cinquant’anni
del “Norge”
Maria Schettino Nobile, figlia
del generale, si è collegata in
video conferenza con la Krassin
dove lo scorso 21 gennaio c’è
stata la cerimonia in ricordo
della missione “Italia”.
Il ricordo delle gesta di suo
padre in terra straniera?
«La Russia è stata sempre legata
come nazione a mio padre. Ci
Umberto Nobile
in divisa da ufficiale
della Regia Aeronautica
con la cagnetta Titina,
la mascotte
della spedizione Italia
sopravvissuta
all’incidente
e portata in salvo
insieme al generale
LA BIOGRAFIA
Umberto Nobile nacque a Lauro il 21 gennaio
del 1885. La famiglia, di origine ebolitana,
seguiva gli spostamenti dovuti agli
incarichi del padre Vincenzo, funzionario di
Stato. La leggenda vuole che ancora in fasce,
il futuro trasvolatore fu messo in salvo in
una cesta e adagiato sulla neve mentre un
incendio aveva colpito la sua abitazione.
Una zingara passando di lì e vedendo i fiocchi
che si posavano sul bimbo ne predisse il
forte legame, segno di onore e dolore. Dopo
aver conseguito la laurea in ingegneria
all’Università di Napoli, Nobile intraprese la
carriera militare. Divenne così progettista di
aeromobili. Nel 1926, con il “Norge” fu il
primo uomo ad andare al polo nord con un
dirigibile. Nel 1928, con “Italia”, la sfortunata
impresa: il naufragio sul pack e i giorni
nella tenda rossa, il riparo di fortuna che li
salvò dal freddo polare. Dalla vicenda fu
tratto un film, La Tenda Rossa, con Sean
Connery come protagonista. Il generale,
dopo essersi dedicato all’insegnamento universitario,
morì a Roma il 30 luglio del 1978.
La testimonianza della figlia del generale
«Poco spazio per la storia»
«I soccorsi della Krassin essenziali per la vita dei superstiti»
ha lavorato cinque anni. Io lo
andavo a trovare d’estate. In
Italia c’è poco spazio per ricordare
cose di una certa importanza.
Non mi scandalizzo di
questo. Non ci sono trasmissioni
culturali. Non c’è la storia. La
gente dimentica e le nuove generazioni
non sanno più nulla».
Perchè era così amato?
«C’è stato sempre un grande
rapporto. Grazie anche ai soccorsi
della Krassin, essenziali per
la vita dei naufraghi».
Com’era suo padre?
«Una persona di scienza e di
azione. Uno di quelli che non si
fermava sul piano teorico ma
andava avanti e realizzava i suoi
progetti».
3
anni dopo proprio come accadde il
12 luglio del 1928 quando aveva
soccorso tutti i superstiti del dirigibile
Italia, progettato e comandato
dal Generale, dopo la sfortunata
trasvolata polare. Cinquanta giorni
prima, precisamente alle 10,33 del
25 maggio, l’ ”Italia” era precipitato
dopo essersi imbattuto in una tempesta
durata trenta ore. La cabina
di pilotaggio era stata strappata
dall’areostato dalla violenza del
vento scagliando sul pack Nobile e
altri nove uomini dell’equipaggio.
Eppure appena il giorno prima
c’era stata l’impresa. Il dirigibile
aveva raggiunto il Polo Nord lanciando
la bandiera italiana e una
croce donata da Papa Pio XI. A
quell’impresa il Generale aveva
lavorato due anni. Da quando, il 12
maggio del 1926, con un dirigibile,
il “Norge”, aveva raggiunto il Polo
Nord per la prima volta con un
aeromobile. Mai avrebbe pensato
che quel freddo e gelido pack poteva
essergli fatale. Non lo pensò mai
nemmeno in quei 48 terribili giorni
che passò nella “tenda rossa”, il
riparo di fortuna che condivise con
gli altri naufraghi. Quei compagni
che non voleva lasciare nemmeno
il giorno in cui fu salvato. Il pilota
svedese Lundborg lo mise a forza
sul suo Fokker. Nobile non voleva
lasciare i suoi uomini. Ma l’ordine
era perentorio: portare il Generale
in salvo, a costo anche della vita di
altri. La sua conoscenza andava
preservata. Roald Amudsen, l’esploratore
compagno di altre imprese,
era morto da poco: mentre
in volo cercava disperatamente l’amico
Nobile, disperso sul pack,
sparirà nel mare del Barents. Il trasvolatore
tornò in Italia dove una
commissione d’inchiesta lo ritenne
responsabile del disastro. Lottò
con tutte le sue forze per difendersi.
Alla fine decise di arrendersi, lui
che alla morte non l’aveva fatto. Si
dimise dalla Regia Aeronautica e
andò a lavorare all’estero. Prima in
Urss e poi negli Stati Uniti dove
perfezionò gli studi sui dirigibili,
precursori delle odierne tratte
aeree. Rientrò in Italia definitivamente
dopo la caduta del regime
fascista. Riprese la vita di professore
presso la facoltà di ingegneria
dell’Università di Napoli mentre
una nuova commissione governativa
lo riabilitava completamente,
reintegrandolo nell’aeronautica come
Tenente Generale, il grado
maggiore del settore tecnico-militare.
Ma il suo impegno era oramai
altro tanto che venne eletto come
indipendente nell’assemblea costituente
italiana e nella quale fu tra i
promotori dell’articolo 9 della
Costituzione. Può un uomo così
illustre essere dimenticato? Un
uomo cui la sintesi di vita è un
libro di innumerevoli pagine? Può
un patrimonio così importante
essere buttato al vento per errori
umani? E cosa deve pensare chi
gli ha tributato la vita sia fisicamente
che culturalmente? Non se
ne crede, almeno che non vivessimo
in un regime che ci dice cosa
fare e chi ricordare. Ma questo è il
nuovo millennio, sorto grazie
anche alle intuizioni del Generale.
E sarebbe un errore ancorarci
alla memoria dell’uomo terreno
invece che ricordare chi ci ha
regalato il futuro.

4 Domenica
21 febbraio 2010
g.s.

EDITORIALE Domenica 21 febbraio 2010
A giornalisti professionisti gli uffici stampa di imprese ed enti
Basta applicare la legge
Che ne sarà di loro?
5
L’esempio di Willy Brandt quando si unirono i due tronconi della Germania
(continua dalla prima pagina)
BIAGIO AGNES
La risposta onesta è quella che può dare
chiunque opera oggi nei mass-media: i
giornali sono in crisi, le vendite scemano, la
pubblicità si contrae, l’elettronica sostituisce
l’uomo, nelle redazioni certi ruoli vengono
cancellati. Allora, per quanto mi
riguarda, vado maturando da un po’ di
tempo un convincimento, anzi un vero e
proprio progetto che va posto all’attenzione
di chi ha strumenti e potere per metterlo in
essere.
A parte la carta stampata, la radio, la televisione
e altri mezzi di comunicazione con le
loro esigenze di varia natura, vi è un settore
squisitamente “giornalistico” che il privato
– l’impresa moderna direi – ostenta come
una necessità non solo pratica ma di “status
symbol”, più che mai essenziale anche per
centinaia e centinaia di enti pubblici: dai
Ministeri al più piccolo Comune dello
Stivale. E penso proprio a quelli: agli Uffici
Stampa. A quelli che mediano. A quelli che
sono il trait d’union indispensabile e funzionale
per informare il pubblico o i fruitori
dei servizi di ciò che reciprocamente
interessa. Adesso – in massima parte - è
una funzione assegnata a figure non professionali,
magari in attesa di esserlo, ma a cui
quest’attività “informale” non serve nem-
meno ad acquisire titolo. E non c’è più il
praticantato, che una volta veniva riconosciuto
soltanto dagli editori dei giornali, per
non dire che una prestazione del genere
non ha alcuna garanzia, essendo effimera e
senza possibilità di rivalsa. D’altra parte,
sono migliaia e migliaia i cosiddetti Uffici
Stampa dove la “categoria dei professionisti
della Stampa” è assente. E migliaia e
migliaia i posti di lavoro che verrebbero
offerti – grazie anche all’opera efficace delle
Scuole di Giornalismo – se una legge obbligasse
Imprese ed Enti ad affidare a lavoratori
con precisi requisiti una prestazione
che, per essere compensata, deve risultare
“voce” in bilancio ai fini fiscali.
Comunque non vedo in tutto questo, una
“deminutio” professionale in chi presta la
sua voce o la sua scrittura per diffondere
informazioni, annunciare innovazioni,
decidere mutamenti di rotta, favorire tutto
ciò che attiene all’azienda, all’associazione,
al partito, al ministero, a quanti confidano
nelle capacità di trasmettere al meglio il
senso delle cose “in fieri”.
E qui mi piace ricordare che uno scrittore
tedesco, prestando la sua penna per Willy
Brandt, contribuì a dare un senso a quella
esemplare politica della distensione che,
più tardi, avrebbe rimesso insieme i due
tronconi di una grande nazione divisa tra
l’est e l’ovest del mondo alla fine di una
terribile guerra.
In vigore da dieci anni
ma pochi la rispettano
Pubblichiamo tre dei sedici articoli
della Legge 7 giugno 2000, n.
150 sulla "Disciplina delle attività
di informazione e di comunicazione
delle pubbliche amministrazioni":
Art. 1.
Finalita' ed ambito
di applicazione
1. Le disposizioni della presente
legge, in attuazione dei principi
che regolano la trasparenza e l'efficacia
dell'azione amministrativa,
disciplinano le attivita' di informazione
e di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni.
2. Ai fini della presente legge
sono pubbliche amministrazioni
quelle indicate all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29.
3. E' fatta salva la disciplina vigente
relativa alla pubblicità legale od
obbligatoria degli atti pubblici.
4. Nel rispetto delle norme vigenti
in tema di segreto di Stato, di
segreto d'ufficio, di tutela della
riservatezza dei dati personali e in
conformità ai comportamenti
richiesti dalle carte deontologiche,
sono considerate attività di
informazione e di comunicazione
istituzionale quelle poste in essere
in Italia o all'estero dai soggetti di
cui al comma 2 e volte a conseguire:
a) l'informazione ai mezzi di
comunicazione di massa, attraverso
stampa, audiovisivi e strumenti
telematici;
b) la comunicazione esterna rivolta
ai cittadini, alle collettività e ad
altri enti attraverso ogni modalita'
tecnica ed organizzativa;
c) la comunicazione interna realizzata
nell'ambito di ciascun
ente.
5. Le attività di informazione e di
comunicazione sono, in particolare,
finalizzate a:
a) illustrare e favorire la conoscenza
delle disposizioni normative,
al fine di facilitarne l'applicazione;
b) illustrare le attività delle istituzioni
e il loro funzionamento;
c) favorire l'accesso ai servizi pubblici,
promuovendone la conoscenza;
d) promuovere conoscenze allargate
e approfondite su temi di
rilevante interesse pubblico e
sociale;
e) favorire processi interni di
semplificazione delle procedure e
di modernizzazione degli apparati
nonchè la conoscenza dell'avvio e
del percorso dei procedimenti
amministrativi;
f) promuovere l'immagine delle
amministrazioni, nonchè quella
dell'Italia, in Europa e nel mondo,
conferendo conoscenza e visibilità
ad eventi d'importanza locale,
regionale, nazionale ed internazionale.
6. Le attività di informazione e di
comunicazione istituzionale di
cui alla presente legge non sono
soggette ai limiti imposti in materia
di pubblicità, sponsorizzazioni
e offerte al pubblico
Art. 5.
Regolamento
...entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente
legge, si provvede alla individuazione
dei titoli per l'accesso del
personale da utilizzare presso le
pubbliche amministrazioni per le
attività di informazione e di
comunicazione...
Art. 9.
Uffici stampa
1. Le amministrazioni pubbliche
di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, possono dotarsi,
anche in forma associata, di un
ufficio stampa, la cui attività è in
via prioritaria indirizzata ai mezzi
di informazione di massa.
2. Gli uffici stampa sono costituiti
da personale iscritto all'albo
nazionale dei giornalisti. Tale
dotazione di personale è costituita
da dipendenti delle amministrazioni
pubbliche, anche in
posizione di comando o fuori
ruolo, o da personale estraneo
alla pubblica amministrazione in
possesso dei titoli individuati dal
regolamento di cui all'articolo 5,
utilizzato con le modalità di cui
all'articolo 7, comma 6, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, e successive modificazioni, nei
limiti delle risorse disponibili nei
bilanci di ciascuna amministrazione
per le medesime finalità.
3. L'ufficio stampa è diretto da un
coordinatore, che assume la qualifica
di capo ufficio stampa, il
quale, sulla base delle direttive
impartite dall'organo di vertice
dell'amministrazione, cura i collegamenti
con gli organi di informazione,
assicurando il massimo
grado di trasparenza, chiarezza e
tempestività delle comunicazioni
da fornire nelle materie di interesse
dell'amministrazione.
4. I coordinatori e i componenti
dell'ufficio stampa non possono
esercitare, per tutta la durata dei
relativi incarichi, attività professionali
nei settori radiotelevisivo,
del giornalismo, della stampa e
delle relazioni pubbliche.
Eventuali deroghe possono essere
previste dalla contrattazione collettiva
di cui al comma 5.
5. Negli uffici stampa l'individuazione
e la regolamentazione dei
profili professionali sono affidate
alla contrattazione collettiva nell'ambito
di una speciale area di
contrattazione, con l'intervento
delle organizzazioni rappresentative
della categoria dei giornalisti.
Dall'attuazione del presente
comma non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.

6 Domenica 21 febbraio 2010 PRIMO PIANO
Lo stabilimento
sorgerà nel 2011
nell’area del Cis
Vulcano Buono
Costerà 90 milioni
e darà lavoro
a trecento operai
L’Interporto di Nola
in basso, proteste in Val di Susa
Tutti i numeri
dell’Interporto
Il distretto "CIS-Interporto-Vulcano Buono"
ospita quotidianamente circa 9 mila lavoratori
con un giro d’affari di circa 7 miliardi di euro
in un’area di 4,5 milioni di metri quadrati.
L’Interporto Campano è l’unico in Italia con
una stazione ferroviaria.
Il CIS (Centro Integrato Servizi), inaugurato
nell’89, è il polo distributivo di merci più
importante d’Italia, con giri d’affari in tutto il
Sud. L’ultimo nato è l’avveniristico centro
commerciale Vulcano Buono che ha aperto le
porte nel 2007.
Pit stop a Nola per l’Alta Velocità
Saranno nel Napoletano le officine di riparazione della Ferrari su rotaie
La nuova “Freccia rossa” delle linee italiane ad
Alta Velocità troverà meccanici partenopei per i
suoi interventi di manutenzione. Sorgeranno a
Nola, nella zona dell’Interporto, le officine di
manutenzione di “Italo” il fiore all’occhiello della
Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori), la società di
Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della
Valle, primo concorrente italiano di Trenitalia
per il trasporto ferroviario veloce.
L’impianto, che sarà inaugurato secondo le stime,
nel 2011, darà lavoro a 300 dipendenti, che si
occuperanno della manutenzione dei primi 25
treni inseriti nella viabilità italiana.
L’area delle nuove officine sarà complessivamente
di 150 mila metri quadrati, dove sorgerà una
superficie di 42 mila metri di ferrovia, divisa in 11
binari per la manutenzione, 55 mila metri di area
attrezzata e 42 mila metri di capannoni, oltre a
3500 metri quadrati destinati all’officina di lavaggio
e sanificazione toilette.
Il tutto all’ombra del Vulcano Buono, l’avveniristico
centro commerciale sorto in questi anni
nell’area già famosa per il “Cis di
Nola”; un complesso che oggi dà
Non è
miracolo
lavoro a circa 9 mila persone.
«Napoli è per noi un nodo strategico
– ha detto l’amministratore
delegato di Ntv Giuseppe Sciarrone,
il 20 luglio del 2009, in occasione
della prima firma in calce
del contratto con Giovanni Punzo,
presidente dell’Interporto e
tra i soci fondatori della nuova
società.
«La manutenzione – ha puntualizzato
Sciarrone alla cerimonia
della prima pietra lo scorso 27 ottobre
– è un’attività fondamentale
per offrire un servizio di qualità.
Per questo ogni nostro treno arriverà
a Nola ogni 4 giorni per la
manutenzione». «Abbiamo lavorato
intensamente per rendere
possibile un grande investimento
privato qui a Nola – ha detto nel
corso del suo intervento il presidente
Bassolino – Fondamentale
è essere riusciti a costruire le linee
ad Alta Velocità Napoli – Roma e
Napoli – Salerno. In Campania,
nel settore dei trasporti, operano
importanti aziende che lavorano
in Italia e all’estero e sono un
nostro punto d’orgoglio».
Una tradizione industriale presente già da molti
anni nell’area partenopea: Napoli è già una delle
due sedi delle officine di manutenzione dei treni
Alta Velocità di Trenitalia, l’altra è a Firenze.
Completano il quadro realtà industriali consolidate
anche nella messa in sicurezza di aerei, nello
stabilimento Alenia di Pomigliano d’Arco e nelle
officine di Atitech.
L’investimento previsto è di 90 milioni di euro; i
25 treni arriveranno a Nola, dopo aver coperto
complessivamente 54 collegamenti giornalieri
sulle linee che collegano Napoli a Torino, Milano,
Firenze, Roma e Salerno.
«Non deve essere
definito un miracolo
solo perché
siamo a Napoli, –
ha puntualizzato
Ginni Punzo,
presidente del Cis,
dell’Interporto di
Nola e del complesso
Vulcano Buono,
oltre che socio
dell’Ntv. «Mi fa piacere
ricordare – ha
detto durante la
cerimonia per la
prima pietra delle
nuove officine il 27
ottobre scorso –
che si è fatto perché
si è potuto fare.
E si è potuto fare
perché siamo riusciti
a trasformare
le necessità in
opportunità».
Pagina a cura di
DANIELE DE SOMMA
UN TRENO ITALIANO CHE SI PREPARA A CORRERE IN EUROPA
Italo: la Freccia Rossa da record
Sarà la Ferrari delle ferrovie
italiane: si chiama Italo,
nome scelto da 37 mila
votanti di un sondaggio
on-line; lo produrrà Altom
per l’Ntv negli stabilimenti
di Savignano (Cn).
Un treno rosso fiammante
da guinness dei primati
con i suoi 360 km orari di
velocità commerciale e un
picco massimo di 574,8
chilometri orari stabilito
nel 2007.
Saranno 25 gioielli tecnologici
“Agv” (Automatrice
a Grande Vitesse), così la
casa francese chiama i suoi
treni di quarta generazione,
ciascuno avrà 11 carrozze
e 460 posti.
Il prototipo è partito il 14
gennaio per i collaudi sulle
linee italiane durante questi
mesi. Percorrerà la linea
storica Roma-Firenze,
poi un tratto della linea ad
alta velocità Roma-Napoli,
infine sulla “direttissima”
Continuano le proteste in Val di Susa al passaggio della Torino-Lione
La discutissima Tav Torino-Lione da mesi è
al centro delle cronache. Da un lato che giudica
la nuova linea indispensabile per non
essere “tagliati fuori” dalle linee commerciali
d’Europa, dall’altro il fronte ambientalista
e gli abitanti della Val di Susa che la vedrebbero
«per vent’anni trasformata in un cantiere».
La linea fa parte del cosidetto “corridoio
5” che dovrà mettere in comunicazione
l’Europa dell’Est con Torino, Marsiglia,
Barcellona e Lisbona. In ballo interessi economici
altissimi: «Fuori le mafie dalla Val di
Un gioiello da guinness dei primati
che ha superato i 500 all’ora
tra Roma e Firenze, sfiorando
picchi di velocità di
335 chilometri orari. Una
serie di test che lo vedranno
impegnato fino a luglio
2010 per un totale di 60 mila
chilometri percorsi sulla
rete italiana che fanno seguito
a quelli già fatti al
centro collaudi di Velim, in
Republica Ceca e sulla linea
ad alta velocità Lgv Est
in Francia. In totale, fa
sapere l’Alstolm, il prototi-
Tav: mostro o progresso?
La nuova linea ci avvicina a Spagna e Francia
Susa – i valsusiani non pagheranno il “pizzo”»
scrivevano sui loro striscioni i manifestanti
del 23 gennaio per «respingere la
campagna di sondaggi truffa, contro il partito
trasversale degli affari che vorrebbe trasformare
il nostro territorio in un enorme
cantiere». Alla manifestazione parteciparono
20 mila persone, secondo le forze dell’ordine,
oltre 40 mila per gli organizzatori. Ma
sono solo le ultime di una serie di proteste
che sono iniziate nel 2003 con la marcia da
Borgone Susa a Bussoleno, da allora le
manifestazioni hanno toccato picchi di partecipazione
anche di 80 mila persone. Il
fatto più grave è stato l’irruzione della polizia
nel presidio di Venaus nella notte tra il 5
e il 6 dicembre del 2005 dove alcuni manifestanti
stavano occupando i terreni del futuro
cantiere. In quella vicenda finirono in
ospedale diversi manifestanti. L’8 dicembre
successivo la marcia di protesta Susa-
Venaus ha visto la partecipazione di circa 70
mila persone. L’altra protesta significativa è
quella in occasione delle Olim-piadi invernali
di Torino nel 2006: l’organizzazione fu
costretta a modificare il percorso del
tedoforo agirando i “punti caldi” della valle .
po ha già percorso, prima
di arrivare in Italia, 55
mila chilometri.
Nel frattempo continua la
produzione dei 25 convogli
che popoleranno le
nostre linee, iniziata in
Francia a Rochelle e passata
a luglio dell’anno scorso
a Savignano.
Un gioiello tecnologico
che per la società di
Montezemolo è il punto di
forza per trovare fette di
mercato nel settore dell’alta
velocità. «I nostri Italo
– ha dichiarato l’amministratore
delegato di Ntv
Sciarrone – sono treni di
ultima generazione con
interni curati da Giugiaro.
Contiamo di avere più
confort, meno vibrazioni e
ambienti più belli e luminosi
rispetto ai treni in circolazione».
L’Ntv promette
tariffe “competitive”, biglietterie
automatiche e almeno
una corsa ogni ora.
1300
chilometri
d’acciaio
Sono circa 1300 i chilometri
di linea ad Alta
Velocità.
La prima linea operativa
è stata la Roma-Napoli
inaugurata il 19 dicembre
del 2005.
Il 10 febbraio del 2006
è entrata in funzione
anche la linea Torino-
Novara; il primo marzo
2007 quella Padova-Venezia
e il 2 luglio
la Milano-Treviglio.
Altre linee sono state
aperte nel 2008: a giugno
è diventata operativa
della Roma-Salerno,
il 14 dicembre 2008
la linea Milano-Bologna.
Nel 2009 è stata completata
finalmente la
Torino-Salerno, inaugurata
il 5 dicembre.

La crisi economica ha tagliato le gambe alle attività
Piccole imprese
ferite a morte
Le nuove strategie rimandate a dopo le elezioni
Non è facile per un imprenditore
campano far vivere una piccola o
media impresa, né tantomeno per
i lavoratori del settore avere stabilità
e certezza del posto. I principali
problemi per chi gestisce
un’impresa sono: la difficoltà di
accesso al credito, la scarsità di
flusso finanziario, i ritardi nei
pagamenti della pubblica amministrazione,
la concorrenza sleale
da parte del sommerso e i ritardi
della politica su un territorio difficile,
anche se ricco di settori
d’eccellenza.
La vita non è facile neanche per
chi lavora in azienda, perché sempre
più spesso è soggetto a cassa
integrazione in deroga o a mobilitazione
in deroga. Dati alla mano,
come segnalato dal presidente di
Confindustria Campania, Giorgio
Fiore, le industrie maggiormente
colpite nel 2009 sono quelle del
legno e mobili (-2,17%), quelle del
sistema moda (-1,33%) e dei combustibili,
prodotti chimici e materie
plastiche ( -1,26%). Quello dei
metalli e dei prodotti in metallo
risente particolarmente dell’attuale
stato di crisi con un fatturato
e un indebitamento in netto
calo (- 10,8%; -11,4%). Mentre,
come segnala Cgil, i settori tessile,
calzaturiero e dell’abbigliamento
sono i più colpiti in termini
di risorse umane. La situazione
non si limita a questi casi, perché
tutti i settori sono stati investiti
dallo “tsunami” economico globale.
Le imprese che operano a
stretto contatto con la pubblica
amministrazione, a esempio, ne
subiscono l’inadempienza; il 70%
del Pil delle aziende del Sud è
dato dai rapporti con la pubblica
amministrazione e i ritardi nei
PRIMO PIANO Domenica 21 febbraio 2010
Pagina a cura di
7
pagamenti arrivano talvolta a 24
mesi.
Oggi se un’azienda ha bisogno di
capitali, si rivolge alle banche per
ottenere dei confidi e riesce a salvarsi
solo se viene aiutata. Fin qui
il ragionamento è ovvio. Sul territorio
sono presenti i maggiori
istituti di credito italiani e diverse
banche straniere che operano
soprattutto con le imprese, siano
esse grandi, medie o piccole.
Ma allora cosa non quadra?
L’immobilità della situazione
deriva forse dalla necessità di
creare un piano di rilancio economico
regionale misurato e duraturo.
Alla politica, e al prossimo
governo regionale, spetta quindi il
compito di creare le precondizioni
necessarie all’economia.
Se in tempi di slogan elettorali
tutti sono tesi ad ascoltare i problemi
dell’economia reale e anche
se dopo le elezioni regionali si inizierà
un percorso serio e risolutivo,
gli imprenditori e i lavoratori
dovranno aspettare giugno, e
quindi il passare dell’estate, prima
che la nuova squadra di governo,
con le relative nomine, sia operativa.
Intanto l’economia difficilmente
si risanerà da sola, altre
imprese dovranno ridurre costi e
personale per cercare di non
dover chiudere i battenti e la
Campania metterà all’occhiello
l’ennesimo quadrimestre da cardiopalma.
Dunque i rischi ci sono e sono
alti: tra i ritardi di una burocrazia
tutt’altro che snella, la crisi economica
globale, la scarsità dei
flussi finanziari, dei prestiti e le
carenze del piano regionale economico,
aumenta il rischio illegalità.
I lavoratori precari o licenziati,
non sapendo dove sbattere la
testa, possono cedere al lavoro in
nero. Gli imprenditori, sull’orlo
del fallimento, rischiano di cadere
nella rete degli strozzini e le organizzazioni
criminali hanno la
possibilità di immettere sul mercato
liquidità diversamente accumulata,
aumentando così presenza
e controllo sui territori.
FRANCESCO MARIA BORRELLI
Falliscono gli imprenditori, aumentano i disoccupati
Anno nero per 3500 aziende
La situazione delle piccole e medie imprese
campane, secondo i dati della presidenza
di Sos impresa Campania, è aggravata
dalla crisi economica mondiale e a questo
si aggiunge il difficile contesto
regionale: “In Italia
più a Sud si sta, più le difficoltà
per la libertà di
fare imprese sono presenti”.
Nella regione è crescente
il numero dei
disoccupati, quindi girano
meno soldi sul tessuto
economico e aumenta il
rischio di accettare lavori
in nero o con poche
garanzie. Oggi se una
impresa è coadiuvata dal
sistema di confidi bancari
nazionali, probabilmente
riesce a superare le difficoltà, altrimenti si
trova da sola in una giungla in cui non è
assistita. Qui nasce il problema del lavoro
e dei prestiti viziati, dove un imprenditore
prima di chiudere o mandare a casa persone,
prova tutte le strade e può cadere nella
rete di chi presta soldi a strozzo. Nel 2009
in Campania hanno
chiuso 3500 imprese
(artigiane, alimentari,
abbigliamento) nella
speranza di trovare aiuto
in una realtà dove
invece le banche sono
sorde e non esiste un
politica che le assista. La
Confesercenti da anni
chiede alle Camere di
Commercio prestiti agevolati.
Nel 2009 ha aiutato
nel Centro-Sud attività
per 63 milioni di
euro. Il dato è indicativo
di una pericolosa situazione del sistema
Italia, che non si regge sulle grandi imprese
ma sulle piccole e medie.
CGIL
«Serve una politica
per il Mezzogiorno»
COLDIRETTI
«Prodotti locali
risorsa di valore»
CONFAPI
«Meno ritardi
più confidi»
CIA
«Bilanci 2009
tutti in perdita»
Il settore è in crisi, in
termini economici e di
gestione delle risorse
umane. Piccole e medie
imprese sono quasi
tutte manifatturiere,
artigianali e non potendo
accedere alla
cassa integrazione ordinaria,
attingono agli
strumenti dei trattamenti in deroga. Secondo
la responsabile Cgil del mercato lavoro in
Campania, Giulia Guida, settori come il tessile
(Airola) o quello calzaturiero e dell’abbigliamento,
hanno quasi tutti, i lavoratori in
cassa integrazione in deroga o addirittura in
mobilità in deroga. Serve una politica industriale
che valorizzi, a esempio, le filiere di
produzione campane, sia attraverso politiche
regionali sia grazie ai fondi europei. Questi
ultimi, dovrebbero essere usati per interventi
straordinari invece vengono utilizzati per
gestire l’ordinario.
Nel 2009 la crisi ha
colpito l’intero settore
primario. A
questo si è aggiunta
l’emergenza fitosanitaria
dovuta alla
Tuta Absoluta, un
parassita, che ha
distrutto per circa
il 30% la coltivazione
di pomodoro (specie il S. Marzano Dop) e
non solo. Secondo il presidente di Coldiretti
Campania Amendolara: la grave situazione
italiana si traduce in Campania in una recessione
dilagante e nella concorrenza sleale dei
paesi esportatori. Le anomalie nascono da
normative non trasparenti, che permettono
l’ingresso del prodotto estero ai fini della trasformazione
industriale senza dichiararne
l’origine. Una delle proposte per rilanciare il
lattiero-caseario (filiera del latte campano) è
l’utilizzo dei prodotti locali da parte di scuole,
ospedali e della ristorazione pubblica.
Tutte i settori sono
stati colpiti dalla
crisi economica. Oltre
il 70% del Pil
delle aziende del sud
è dato dai rapporti
con le amministrazioni
pubbliche e i
pagamenti talvolta
subiscono ritardi fino
a 24 mesi. Tra le aziende campane in
grave difficoltà, un caso chiave è quello della
Emilgen (leader nella componentistica dei
treni) che pur avendo commesse importanti è
costretta a ridurre il personale a causa dei
ritardi nei pagamenti. Secondo il presidente
Confapi Campania, Emilio Alfano e del vicepresidente
Api Napoli Maurizio De Luca: il
credito è vitale per sostenere la crescita del
sistema e ciò è possibile solo garantendo confidi
concreti, specie in Campania dove il costo
del denaro è più alto che altrove. Se diminuisce
il credito ordinario, cresce l’usura.
Il presidente della
C.I.A. Campania Aurelio
Grasso ha lamentato
che nonostante
il Governo
avesse assicurato di
bypassare la crisi
economica grazie a
un piano di grandi
opere pubbliche, soprattutto
nel Mezzogiorno, la situazione non
si è evoluta e il Meridione è stato nuovamente
beffato. «L’ agricoltura – ha proseguito
Grasso sta attraversando una delle più lunghe
e difficili crisi degli ultimi 50 anni. La
crisi economica ha colpito duramente la nostra
agricoltura: agli effetti più generali (difficoltà
di credito, calo della domanda, disoccupazione)
si è aggiunto il crollo dei prezzi
all’origine e la caduta dei redditi familiari.
Stiamo vivendo una grande emergenza; i
bilanci 2009 sono tutti in rosso e il crollo dei
prezzi sui campi non accenna a frenare».

8 Domenica
21 febbraio 2010 PRIMO PIANO
Viaggio tra le macerie dell’universo penale, civile e amministrativo regionale tra calcinacci e penuria di personale
Campania:
la giustizia
condannata
«Il processo breve? Nuova mazzata»
Il collasso. Questo rischia il sistema giudiziario
italiano, a sentire gli addetti ai lavori. Il grido d’allarme
si rincorre nelle sezioni centrali dei tribunali
ed arriva alle sedi distaccate. Questo viaggio
nel mondo della giustizia sgarrupata, in
Campania, mostra come le carenze di personale
amministrativo e di fondi siano una realtà con
cui si confrontano anche i tribunali che non sono
sotto i riflettori. Nelle province di Avellino,
Benevento e Salerno le difficoltà sono le stesse
dei grandi centri come Napoli e Santa Maria
Capua Vetere. Nella città partenopea il presidente
della Corte d’Appello, Bonajuto denuncia : «Il
settore penale sta implodendo». Da sempre, i
magistrati lamentano la mancanza dei cancellieri.
Senza di loro, infatti, non si celebrano udienze
e non partono le notifiche. Conseguenza? La
paralisi del sistema. Basta andare all’ufficio notifiche
per capire. Nel capoluogo sannita, lo sportello
per la ricezione e la restituzione degli atti
apre alle 9; ma già mezz’ora prima si crea una fila
impressionante e qualche fascicolo scompare nel
nulla. Gli avvocati immaginano possibili soluzioni
e qualcuno si lascia scappare:
La mappa
giudiziaria
«Se non ci sono soldi per assumere
nuovi dipendenti, perché
non anticipare l’orario di apertura?».
Ma questo fino a quando la
persona addetta a notificare gli
atti non deve scappare in aula per
un’ udienza; che non sarà l’unica
della giornata, perché il cancelliere
è unico in tutta la sezione. A
Guardia Sanframondi e Airola,
sezioni distaccate del tribunale di
Benevento, una donna al penale e
un uomo al civile. Nel primo, poi,
in un luogo in cui si firmano le
carte che sanciscono il rispetto
delle norme igienico-sanitarie, si
rischia un’epatite. «È come andare
alla campagna di Russia con le
scarpe di cartone», rivela sconfortato
un pubblico ministero di
Cervinara (Avellino). Il mal di
cancellieri affligge anche il palazzo
di giustizia di Cava de’ Tirreni
ne mancano 7. Sempre nel
distretto di Salerno, stavolta a
Mercato San Severino, il problema
si risolve chiedendo in prestito
un dipendente comunale. Il
vero dramma in questo bacino
riguarda i giudici di pace: ridotti a
16 unità da un recente decreto
ministeriale. Malattie e ferie diventano una richiesta
impossibile da esaudire. Carenze di personale
che sembrano piccole a confrontarle con i
faldoni dei fascicoli impilati ovunque nelle strutture.
Il processo di informatizzazione è stato
avviato in tutte le sezioni, ma i pochi dipendenti
non possono dedicarsi al lavoro di archivi: i giudici
chiamano. Spesso i dipendenti degli uffici si
autotassano per comprare penne e carta. Ad
Amalfi, neppure i soldi per comprare un codice
penale. La dèbacle della giustizia riguarda anche
le strutture. Ex archivi adattati a tribunali, abitazioni
private a cancellerie; niente scale di emergenza
o metal detector e prove di staticità degli
edifici mai effettuate. «Si parla di processo breve
– sussurra un giudice nei corridoi del tribunale
sannita – ma senza coprire i vuoti in organico».
«È come andare da Benevento a Roma con una
vecchia Fiat 500 in un’ora: impossibile».
Sono tredici i presidi
giudiziari della
Campania. Oltre a
quelli dei capoluoghi
di provincia:
(Napoli, Salerno,
Benevento e
Avellino) ci sono
Santa Maria
Capuavetere (il
maggiore della
provincia di
Caserta), Ariano
Irpino (AV),
Giugliano (NA),
Nocera Inferiore
(SA), Nola (NA),
Sala Consilina
(SA), Sant’Angelo
dei Lombardi (AV),
Torre Annunziata
(NA) e Vallo della
Lucania (SA).
Ventisei sono invece
le sezioni
distaccate.
Pagina a cura di
SANTO IANNÒ
CRISTIANO VELLA
Faldoni sulle scale. In alto detriti
all’ingresso del tribunale di Benevento
In tutte le Province
Tribunali
terremotati
Se si potesse fotografare la
giustizia in Campania, un
paesaggio post terremoto
sarebbe perfetto. Ogni tribunale
o sede distaccata
presenta problemi strutturali
e di organico tragicomici.
A Nocera è crollato il
tetto, a Benevento i calcinacci
piovono all’ingresso,
di metal detector è meglio
non parlarne: dove ci sono
non funzionano. Trascurando
le note situazioni di
Napoli, Santa Maria Capua
Vetere (chiamata dagli
addetti ai lavori Capua
Vietnam) anche dalla “periferia”
emerge uno stato
preoccupante. A Cervinara
(Avellino) il cancelliere
Cioffi racconta di «strutture
non a norma. Questo è
un ex archivio adattato a
tribunale». Un solo ufficiale
giudiziario, dovrebbe
svolgere tutto il lavoro sia
all’interno che all’esterno.
A Nola i magistrati protestano
da giorni per la carenza
di personale. Il quadro
che emerge da Mercato
San Severino (Salerno)
poi, non è certo migliore ,
il cancelliere Angela Manganelli
racconta: «Siamo
abbandonati, senza fondi.
La struttura è fatiscente, o-
gni tanto si rompono i termosifoni,
si allaga tutto e o
faldoni si rovinano».
Guardia Sanframondi: la sezione malata
Epatite in Cancelleria
Che la giustizia versi in cattive acque
non è più un mistero, ma che
siano talmente cattive da avvelenare
i suoi dipendenti un po’ sorprende.
È il caso della sezione distaccata
di Guardia Sanframondi (Benevento)
dove il cancelliere Anna Baldini
afferma: «Ho contratto l’epatite,
probabilmente a causa dell’acqua
qui in ufficio». Aprire il rubinetto e
analizzare le acque però è del tutto
superfluo per accorgersi che la giustizia,
a Guardia , in quanto a strutture
e personale sia in pessimo
stato: faldoni sparsi ovunque, macchie
di umido ai muri, addirittura
potrebbe crollare tutto. «Nessun
controllo di staticità – commenta il
cancelliere – perciò non possiamo
sapere se la struttura possa risentire
del peso dei faldoni». In questo
senso segnali preoccupanti ci sono:
nell’archivio il pavimento si è alzato
Ferma presa di posizione
del presidente Rocco Carbone
«Servono
investimenti
e strutture»
«Tutti desideriamo processi
che siano più brevi, ma la
giustizia deve essere messa
in condizione di lavorare.
Per questo motivo servono
gli strumenti adatti». I mezzi
di cui parla il presidente
del Tribunale di Benevento,
Rocco Carbone, sono sia u-
mani che materiali: cancel-
Rocco Carbone, a capo del Tribunale sannita
in alcuni punti anche di 30 centimetri.
Il piano riservato all’archivio
era un’abitazione privata, ne conseguono
i limiti strutturali del caso:
oltre al rischio crolli, porte a tutelare
i fascicoli non ce ne sono, chiunque
potrebbe trafugare documenti
importanti. Rimedi non sembrano
essercene all’orizzonte, tanto che il
cancelliere provoca: «Sarebbe
meglio che le sedi distaccate vengano
chiuse». In effetti i limiti e le
mancanze sono tante qui come
nella quasi totalità delle sedi distaccate
: «Abbiamo un autista – racconta
la Baldini – ma non un’auto, e
quindi fa lavoro di cancelleria., il
ministero ci sta falcidiando, manca
tutto. Le ferie? Un’eresia». E intanto
arriva il processo breve. «Un’altra
mazzata – conclude Baldini – che
vanifica il nostro lavoro».
lieri, personale amministrativo
in generale, carta e soldi.
«Il settore giudiziario – afferma
Rocco Carbone – soffre
per una carenza strutturale.
Mancano i fondi, non solo in
questa sezione, ma ovunque».
La “corsa al taglio”, sottolinea
il numero uno del Tribunale,
non si traduce automaticamente
in una guerra
agli sprechi; perché «gli investimenti
stanziati per la magistratura
sono essenziali. Io
gestisco una struttura con
meno di seimila euro al mese.
Pochi se si considerano le
spese da affrontare: insufficienti
anche per aggiustare
l’auto di servizio, una Fiat Tipo
dei primi anni ’90. Certo
– continua – le risme di
carta e le penne si possono
rimediare, ma il personale
no». «I cancellieri – sottolinea
– servono come il pane».
Senza di loro, infatti, non si
celebrano udienze e non partono
le notifiche. E quando
c’è un’assenza per malattia,
il sistema va in tilt. «Le
nuove piante organiche -
sottolinea - soprattutto
quelle dei giudici, sono già
state ridotte e chi va in pensione
non sarà sostituito: il
taglio è del 10%». Il grido
d’allarme è chiaro. Il tentativo
di velocizzare la macchina
con l’informatizzazione è
«apprezzabile e abbiamo
anche dei pc nuovi; ma se
poi ci fermiamo perché non
abbiamo il toner, questo è
un paradosso», aggiunge
Carbone.
Il presidente della sezione
sannita vede nella redistribuzione
del personale una
soluzione per combattere la
“moria” di cancellieri, ma
questo implica la chiusura
delle sedi distaccate. Cosa
fare? «Non resta che ampliare
le piante organiche. Ma
questo è proprio un sogno»,
conclude il presidente. Non
si può dargli torto.

Sono ancora numerosi in tutto il mondo i contenziosi tra le Nazioni
Beni d’arte trafugati
tra guerra e pace
Contro i furti il Nucleo speciale dei carabinieri
PRIMO PIANO Domenica 21 febbraio 2010
Quattro opere rivendicate
9
Sono motivo di contesa fra
gli Stati, materia di lavoro
degli organismi internazionali,
oggetti preziosi per le
case d’asta, ragione di riforma
delle norme giuridiche.
Sono le opere d’arte trafugate,
beni cioè usciti illegalmente
dal Paese di cui sono
patrimonio culturale a seguito
di furto, razzia di guerra
o esportazioni clandestine.
Lo scorso dicembre il
ministro dei Beni culturali
Sandro Bondi, in occasione
del G8, dichiarò che “il traffico
mondiale d’arte clandestina
ha ormai un giro d’affari
paragonabile a quello della
droga”. Nei due giorni di
dibattito dedicati allora all’argomento
i più grandi e-
sperti mondiali misero in
luce un fenomeno che esige
una seria collaborazione tra
le Nazioni per poter essere
sradicato. Numerosi sono
ancora i contenziosi aperti
in tutto il mondo. L’Egitto ha
ingaggiato una vera e propria
battaglia per riavere i
suoi preziosi e numerosi reperti.
In Italia è recente la
notizia della possibile confisca
dell’Atleta di Lisippo al
Getty Museum di Malibu
che acquistò la statua dopo
che fu ritrovata in mare al
largo di Fano nel 1964. Il
museo americano ha invece
accettato di restituire altre
40 opere della sua collezione.
L’Unesco, l’organizzazione
delle Nazioni Unite per
l’educazione, la scienza e la
cultura, si è fatta carico dell’impegnativo
compito di tutelare
i beni culturali non
solo attraverso campagne
internazionali ma anche mediante
l’adozione di leggi
scritte a carattere universale.
In particolare con la Convenzione
del 1970 contro il
traffico illecito di opere d’arte
gli Stati firmatari si impegnano
a collaborare per impedire
le illecite esportazioni
ed importazioni e per
recuperare i beni abusivamente
sottratti al paese di
appartenenza. La norma
non è però retroattiva
L’Unesco si è poi rivolto
all’Unidroit (Istituto internazionale
per l’unificazione del
diritto privato) per elaborare
un nuovo testo che risolvesse
alcuni punti rimasti in
sospeso come gli aspetti privatistici
del problema (la
possibilità per il possessore
in buona fede di ottenere un
equo indennizzo) e l’assimilazione
degli scavi illeciti ai
beni rubati.
I trattati e le leggi non mancano
ma l’esperienza suggerisce
che l’unico vero strumento
da utilizzare come
antidoto al traffico illecito
dell’arte è la presa di coscienza,
la denuncia e le o-
perazioni di intermediazione
pacifica tra gli Stati.
L’Icom, la federazione dei
più grandi musei internazionali,
favorisce le soluzioni
amichevoli di singoli casi di
restituzione. Suona invece
come una dichiarazione di
guerra l’ultima iniziativa
dell’Interpol: un data-base
online con fotografie e descrizioni,
di circa 34.000 o-
pere rubate nel mondo. Le
schede sono a disposizione
di Ministeri della cultura,
musei, gallerie d’arte, case
d’asta ma anche collezionisti
privati.
In Italia il Nucleo dei carabinieri
per la tutela del patrimonio
artistico opera in collaborazione
costante con gli
organismi internazionali.
Diversi i compiti a cui assolve
questa speciale sezione
dell’Arma: interviene in aree
di crisi per salvaguardare il
patrimonio culturale dei Paesi
interessati, si occupa di
recuperare i reperti esportati
illegalmente, monitora i
siti archeologici per contrastare
gli scavi clandestini. La
battaglia, anche per i carabinieri,
si proietta sul web
dove una banca dati facilita
l’attività investigativa. Il Comando
ha evidenziato un
calo dei reati in materia ma
il fenomeno si configura pur
sempre come un vero e proprio
business. Intanto molte
opere d’arte restano in attesa
di conoscere il loro destino
che, tra guerra e pace, non è
di sicuro prevedibile.
Pagina a cura di
LOREDANA ZARRELLA
Nel 2008 il cratere di
Eufronio, un vaso greco
creato intorno al 515
a.C., è stato restituito
all'Italia dal Metropolitan
Museum di
New York .
Da sempre l’Egitto ha
reclamato la restituzione
al Neues Museum di
Berlino del busto di
Nefertiti, risalente a
3400 anni fa. La richiesta
è ora ufficiale.
Le nozze di Cana
Dipinto da Paolo Veronese
tra il 1562 e il
1563, “Le nozze di Cana”,
esposto attualmente al
Louvre, fu trafugato da
La Madonna di Senigallia,
dipinto realizzato
da Piero della
Francesca, fu trafugata
dal Palazzo Ducale di
Urbino nel 1975 e poi
recuperata in Svizzera.
L’Egitto ha rivendicato
al British Museum di
Londra la Stele di
Rosetta, la lastra di
basalto sulla quale sono
stati decodificati i
primi geroglifici.
Napoleone nel 1797 dall’isola
di San Giorgio, a
Venezia. L’Italia ne chiede
la restituzione attraverso
un appello a Carla Bruni.
Nel 2009
falsi e scavi
clandestini
Nel 2009 l’attività operativa
del Comando dei carabinieri
per la tutela del patrimonio
culturale ha registrato,
rispetto al 2008, una
riduzione sia dei furti in
generale (-14,5%) sia degli
scavi clandestini accertati
(-76%).Persistente è invece
il fenomeno della falsificazione
(+424%). Nello stesso
tempo è aumentata l’azione
di contrasto. Sono
stati recuperati 19.043
beni culturali (archeologia
esclusa). Per i furti i privati
e i luoghi di culto sono ancora
gli obiettivi più sensibili
e resta preoccupante il
fenomeno della sottrazione
al patrimonio archivistico
e librario (3713 sono
state le denunce nel 2009).
Il Messale conteso
torna a casa
L’antico manoscritto fu sottratto a Benevento nel 1943
Per ora dimora nella British library di
Londra ma presto sarà restituito
all’Italia. Si tratta del Messale di Benevento,
un volume medievale trafugato
dalla cattedrale della città durante
la Seconda Guerra Mondiale. Una
nuova legge obbliga infatti i musei britannici
a riconsegnare i beni sottratti
ad altri Paesi in epoca nazista. La notizia
della sua restituzione è stata accolta
con entusiasmo ma l’arcidiocesi di
Benevento, in un comunicato diffuso
agli organi di stampa, frena i facili ottimismi.
Nel testo, firmato dal prof.
Mons. Mario Iadanza, si legge che
“numerosi passaggi rimangono ancora
da compiere e non è pertanto imminente
il “ritorno a casa” del prezioso
codice del sec. XII. Il provvedimento
legislativo, entrato in vigore a gennaio,
Il Duomo di Benevento
è stato approvato dalle Camere dei
Lord e dei Comuni e ha ricevuto la
ratifica della Regina Elisabetta. Il
Messale deve però attendere ancora
un po’ prima di avviarsi verso casa. Ad
accogliere direttamente l’istanza o a
decidere per un’altra procedura sarà, il
23 febbraio, il Panel (Spoliation
Advisory Panel), la Commissione istitutita
nel 2001 dal Governo inglese
presieduto da Mr. Blair, con il compito
di esaminare la leggitimità di possesso
di beni culturali acquisiti da Istituti
inglesi durante il periodo 1933-1945.
In caso positivo la domanda passerebbe
al ministro della cultura inglese. A
questo punto la British library, dopo
una richiesta ufficiale, dovrà provvedere
alla restituzione del manoscritto.
Complicate più dell’iter legislativo
furono le vicende che, oltre sessant’anni
fa, portarono il prezioso manoscritto
fuori dall’Italia. Il Messale, compilato
nel XII secolo in scrittura beneventana,
fu sottratto alla Biblioteca Capitolare
durante un bombardamento
alleato nel settembre del 1943, nel
corso del quale la cattedrale romanica
fu distrutta. Il volume sarebbe poi
finito a Napoli dove fu acquistato nel
1944 da un ufficiale dell’intelligence
britannica, il capitano Douglas Ash,
che lo vendette all’asta a Londra.
L’attentato
dei nazisti
alla cultura
La Convenzione internazionale
dell’Aja, firmata nel
1954, nasce con l’obiettivo
di proteggere i beni culturali
in caso di conflitto
armato. L’accordo sancisce
per la prima volta il criterio
che la protezione deve
essere anche preventiva
ma il problema della restituzione
fu affrontato solo
nel ‘70. Stanno tornando in
Italia alcune opere trafugate
durante la Seconda
Guerra Mondiale. Lo scorso
novembre è stata recuperato
dai carabinieri e poi
restituito ad Assisi il dipinto
“Figura femminile” di
Justus Sustermans, trafugato
dalle truppe naziste
dalla Villa di Sassoforte in
Lastra Signa (Firenze).

10 Domenica
21 febbraio 2010PRIMO PIANO
Più di 5000 persone nella tre giorni di inaugurazione dell’ Auditorium di Ravello
ma non cala il sipario delle annose polemiche, la querelle ora è sulla gestione
L’ammaliante occhio di Niemeyer
Stupore e ammirazione, a Ravello,
di fronte alla bellezza seducente
dell’Auditorium progettato da
Oscar Niemeyer. Oltre 5000 persone,
in tre giorni di eventi organizzati
per l’inaugurazione della
bianca conchiglia dal grande
occhio, quasi sospesa sulla costiera
amalfitana. C’erano esponenti
delle istituzioni, della cultura e
dello spettacolo.
Eccolo dunque, in attività, l’Auditorium
dopo dieci anni di battaglie
legali tra ambientalisti, contrari
e fervidi sostenitori. Primo fra
tutti, Domenico De Masi, presidente
della Fondazione Ravello a
cui, nel 2000, Niemeyer, fece dono
del primo schizzo. L’oggi centoduenne
archi star di Brasilia, allievo
di Le Corbusier, che delle femminili
curve, “libere e sensuali”
come delle onde del mare o delle
montagne di Rio de Janeiro, ha
tratto l’animus per i suoi mille e
più progetti, era il grande assente.
E non già per motivi legati all’età:
solo per una indomabile paura di
volare. Ma gli sarebbe piaciuta la
inaugurazione work in progress,
ancora rumori di cantiere, macchine
e vociare di operai piegati
sul corrimano della scala verso la
grande piazza che conduce all’ingresso.
Immaginata «come tra le più belle
d’Italia» spiega José Carlos Sussekind,
lo strutturista giunto dal
Brasile che, nel trentennale sodalizio
umano e professionale, ha
avuto il compito di rendere possibili
opere architettoniche sempre
meno ancorate al suolo.
Quattrocento i posti, oltre a un
mini foyer, camerini e bar, per una
struttura che nelle intenzioni di
chi l’ha fortemente voluta come
De Masi «è destinata ad accogliere
non solo musica classica nella tradizione
wagneriana del Festival,
ma anche pop, danza, cinema e
teatro, puntando alla destagiona-
Nel 2000 nasce l’idea:
L’allora sindaco di Ravello, Amalfitano,
ne parla con il giornalista
carioca D’avila che fa il nome dell’archistar
Niemeyer.
Il 23 settembre 2000:
Niemeyer nel suo studio di Avenida
Atlantica a Rio de Janeiro, fa
dono del primo schizzo all’amico
De Masi.
Tra il 2001e il 2004:
Scoppia la querelle tra Fondazione
Le tappe dell’opera
Ravello e Regione sostenitori e
ambientalisti contrari.
Il 28 maggio 2004:
Consegna ufficiale del progetto
definitivo a Bassolino alla presenza
del presidente Lula.
Successiva ratifica dell’Accordo di
Programma per lo stanziamento
dei fondi Ue (18,5 milioni di euro)
Nel dicembre Italia Nostra dà il
via ai ricorsi.
Nel 2006:
Il nuovo sindaco Imperato si
oppone alla costruzione. La Regione
dispone il commissariamento.
Dopo nuovi ricorsi il
Consiglio di Stato si pronuncia a
favore dell'’avvio dei lavori.
Il 26 ottobre 2006: il via alle ruspe
Il 25 aprile 2009: bandiere italiana
e brasiliana in cima all’edificio
Il 29 gennaio 2010: taglio del
nastro di Bassolino.
lizzazione del turismo». Una sfida
vinta contro i pregiudizi dimostrando
che «anche in luoghi delicatissimi
come Ravello si possono
fare opere contemporanee di
grande bellezza architettonica» ha
detto il presidente della Regione
Antonio Bassolino.
A rendere omaggio al genio carioca,
il vernissage in Villa Rufolo, e la
lectio magistralis di Cesare De
Seta che, in apertura del convegno
di architettura, ne ha evidenziato
la straordinaria complessità delle
opere. Dopo il concerto inaugurale
della fanfara dei carabinieri e l’esibizione
dei giovanissimi ballerini
del Bolshoi do Brasil emanazione
del Massimo di Mosca, per la seconda
giornata, la prova del nove
dell’acustica è stata affidata alla
Orchestra e al Coro del Teatro di
San Carlo, diretti dal 26enne tedesco
David Afhkam, nella interpretazione
della Nona Sinfonia di
Beethoven. Tutta pensata per la
location, la performance di Lucio
Dalla, che ha riproposto i suoi successi
in chiave cameristica, mentre
all’esecuzione del maestro Accardo,
che ha diretto l’Orchestra da
Camera Italiana nelle “Stagioni” di
Vivaldi, ha fatto da magico contrappunto
la pioggerellina sulle
montagne attorno alle grandi vetrate.
«Uno straordinario contenitore
da riempire, perché non sia
una perdita » è stato il monito dell’economista
Massimo Lo Cicero,
a chiusura del suo intervento al
convegno sulla cultura come risorsa
in Campania.
Ma intanto, finita la festa, il dopo
auditorium è già sul piatto della
querelle istituzionale. Slitta il previsto
“Ravello Winter Festival”.
Ora si discute sulla gestione della
struttura.
Pagina a cura di
CHIARA DEL GAUDIO
La riflessione di Salvatore Accardo
Non si gridi
al miracolo
«L’educazione musicale
deve cominciare nelle scuole»
La proposta di Lina Wertmuller
Il luogo ideale
per un’accademia
Il genio carioca della pioggia
ipnotizzato dall’antico sito
La provocazione di Oliviero Toscani
Buon esempio
di ambientalismo
«Proporrei di farne il centro
internazionale di sovversione»
Salvatore Accardo ha eseguito
il concerto delle Stagioni
di Vivaldi, con l’Orchestra
da Camera Italiana,
gruppo di
giovani, da
lui stesso formato.
«Delle
quattro, è
forse l’estate
quella che
musicalmente
più rimanda
alla morbidezza
delle
curve di Niemeyer.
Le ho
scelte perché sono un capolavoro
assoluto da oltre 400
anni e mi auguro che anche
questo auditorio resti un
capolavoro per centinaia di
anni. E’ un’opera meravigliosa,
bella da vedere e con
un’acustica ottima. Quando
nasce un contenitore
musicale in un paese è
sempre una
cosa bella ma
non bisogna
gridare al miracolo.Dal
punto di vista
culturale
siamo molto
indietro rispetto
alla
Spagna dove
si inaugurano
decine di
auditorii ogni anno. Il cambiamento
dovrebbe iniziare
dalle scuole dove c’è una
mancanza totale di educazione
musicale con molti
problemi per i giovani».
Lina Wertmuller è stata da
sempre sostenitrice dell’auditorium:
«La grande emozione
è vivere un momento
in un’opera
d’arte. E’ ciò
che ci sta
succedendo
perché questa
di Niemeyer
è una vera
opera d’arte.
Non dà
nessun fastidio
alla stupenda
armonia
antica di
Ravello ed è un segno brillante,
toccante, dell’arte
contemporanea che si sposa
con il passato e con il futuro.
Per capire il genio di Niemeyer
bisogna andare a
Brasilia. Ci trovammo in
visita un giorno d’estate e il
miracolo accadde quando
venne giù una pioggia tropicale.
La città
divenne
una fontana e
noi eravamo
dentro a giochi
d’acqua
straordinari.
Niemeyer ha
capito la natura
di Ravello,
luogo
d’arte antichissimo
dove io spero che si faccia
l’Acccademia delle Arti del
Sud per la recitazione, la
regia, il cinema, il teatro:
questo sarebbe il posto
ideale».
Oliviero Toscani immortala
le immagini dello storico
evento. «Ci tenevo a essere
qui dopo dieci anni e tutto il
travaglio per
poter realizzare
questo
auditorio a
cui anch’io
ho partecipato.
Finalmente
oggi quest’opera
si
inaugura ed è
un segnale
positivo: ci fa
sperare che
in questo paese qualcosa di
buono ancora si può fare.
Ho espresso a De Masi l’idea
di fare di quest’opera, il centro
internazionale della sovversione,
per tutti coloro
che vogliono fare cose interessanti
proprio perché è
nata sovvertendo le idee
antiche e preconcette degli
ambientalisti.
Hanno
ingessato il
paese pensando
che
salvare l’ Italia
volesse
dire non fare
niente. Penso
che ambientalismo
voglia
dire costruire
bene.
Il nostro non è il paese della
natura, ma dell’architettura,
della bellezza e dell’arte.
Qui abbiamo uno dei pochi
esempi degli ultimi 50 anni
della architettura italiana».

«Napoli è povera ma ospitale.
Accoglie il Papa con tutti gli onori
che gli spettano». Con queste parole
Maurizio Valenzi, il sindaco
comunista di Napoli, accolse il 21
ottobre 1979 Giovanni Paolo II nel
capoluogo campano. «Io - disse in
quell’occasione il sindaco - sono
ateo, sono comunista, ma per a-
more di Napoli mi attacco a tutto,
anche alla sottana del Papa».
Valenzi sperava che la visita di
Giovanni Paolo II potesse spingere
il governo italiano a risolvere i
problemi della città.
Di famiglia ebraica di origine
livornese, da più generazioni insediata
in Tunisia, Maurizio Valenzi
è stato protagonista della resistenza
antifascista in Europa. Nel
novembre 1941 viene arrestato.
Torturato con l’elettricità, resiste
agli interrogatori. Condannato all’ergastolo
e ai lavori forzati dal
regime fascista di Vichy, viene internato
per un anno a Lambèse in
Algeria. Liberato dagli alleati nel
marzo del 1943, viene inviato dal
Pci a Napoli per preparare l’arrivo
di Palmiro Togliatti dall’Unione
Sovietica. Al suo fianco lavorano
Mario Palermo e Giorgio Napolitano.
Senatore del Pci per tre legislature,
vicepresidente della
Commissione di vigilanza sulla
Rai, segretario del gruppo comunista
a Palazzo Madama e membro
della Commissione centrale di
controllo del partito. Sindaco di
Napoli dal 1975 al 1983, guida la
città nel periodo del terrorismo e
del terremoto dell’Irpinia. Nel
1984 viene eletto al Parlamento
Europeo, dove resterà in carica fino
al 1989. Alla soglia dei cento
anni, il 23 giugno 2009, si spegnerà
nella clinica “Villa dei Fiori”
di Acerra.
Nel 1938 Valenzi anticipava e analizzava
con criteri scientifici la deriva
razzista del fascismo, sottolineando
l’ormai conclamata subalternità
politica e culturale dell’Italia
del duce e del Reich hitleriano.
L’uomo che trentasette anni
dopo sarebbe diventato il primo
sindaco comunista della storia di
Napoli, trasfuse in quel libro tutta
la sua passione politica. Lo scritto
di Valenzi sorprende per la lucidità
con cui egli anticipava la successiva
precipitazione degli eventi
che seguirono la proclamazione
delle leggi razziali in Italia, e che
avrebbero definitivamente conferito
al secolo breve la sua caratterizzazione
più sanguinosa e inconfessabile.
All’impegno e alla
passione del giornalista napoletano
e studioso della Shoah Nico Pirozzi,
si deve il recupero di questa
preziosa testimonianza, ora ripubblicata
dalla casa editrice Cento
Autori, con il titolo “Ebrei italiani
di fronte al razzismo”. «Venni a
conoscenza dell’esistenza di questo
pamphlet - racconta Pirozzi -
quasi per caso, nel 2004, quando
nel corso di un colloquio, Maurizio
Valenzi mi consegnò la fotocopia
di un vecchio libro scritto da
Andrea Mortara. Mi confessò che
quel nome scritto sulla copertina
era il suo pseudonimo, dietro il
quale si celavano l’incontenibile
rabbia di un convinto antifascista,
PRIMO PIANO Domenica 21 febbraio 2010
11
Nel 1938 il futuro sindaco comunista di Napoli anticipava e analizzava in un suo scritto la deriva razzista del fascismo
Valenzi profeta della storia
La straordinaria testimonianza recuperata dal giornalista Nico Pirozzi
La delusione
di un leader
tradito
nelle
aspettative
di uomo
e cittadino
le ansie di un giovane ebreo che
aveva percepito la dimensione di
una tragedia non lontana dal manifestarsi
e la delusione di un italiano
tradito nelle aspettative di
uomo e cittadino». Lo scritto di
Valenzi è un’accorata e documentata
denuncia che il futuro sindaco
di Napoli diede alle stampe quando
la tragedia degli ebrei del vecchio
continente era solo all’inizio.
Comprese solo più tardi che il suo
Maurizio Valenzi
nel suo studio
di sindaco
a Palazzo San Giacomo
e in basso
con Giovanni Paolo II
e il cardinale Corrado Ursi
in piazza Trieste e Trento
in occasione
della prima visita
nel capoluogo campano
del Papa polacco
Valenzi
con Enrico
Berlinguer
segretario
generale
del Partito
Comunista
Italiano
in un incontro
a Napoli
negli anni Ottanta
Le democrazie
sono i paesi
del mondo
in cui crescono
l’uguaglianza
nazionale
e la pace
gesto era stato motivato dall’aver
conosciuto anche in Africa, dove
era nato e viveva, l’antisemitismo e
il razzismo, pur essendo lontano
dai ghetti della Polonia e delle
repubbliche baltiche, dai convogli
di deportati e dalle stelle gialle a
sei punte, il cui uso fu, dai nazisti,
imposto a tutti gli ebrei come segno
di riconoscimento. «Alla parola
razzismo - ricorda Pirozzi -
Maurizio Valenzi aveva imparato
a dare senso compiuto quando era
ancora bambino, leggendola negli
occhi di un ufficiale francese che
schiaffeggiava un arabo per il solo
fatto che aveva calpestato la sua
ombra di bianco». Il suo scritto del
1938, come spiegò lo stesso Valenzi
molti anni dopo, voleva spiegare
cos’era l’antisemitismo e come
combatterlo. «Il popolo italiano
- scriveva - non è razzista, anzi
esso è unanime nella condanna di
queste teorie barbare e d’importazione
hitleriana. […] Il popolo italiano
è stanco del governo che
vuole, nuova vergognosa imposizione,
seminare in Italia l’odio di
razza e dividere gli italiani. Le democrazie
sono, oggi, nel mondo -
concludeva Valenzi - i paesi in cui
crescono le forza della pace e dell’uguaglianza
nazionale. La nostra
strada è dunque chiaramente indicata».
Pagina a cura di
FRANCESCO ANTONIO GRANA
VERONICA VALLI
«Napolitano
l’amico
di una vita»
Lucia Valenzi, figlia di Maurizio
e presidente della Fondazione
dedicata al sindaco comunista
di Napoli, quanto ha
influito l’attività politica di
suo padre nella vita familiare?
Moltissimo. A casa nostra si
parlava sempre di politica. Papà
non riusciva naturalmente a essere
molto presente. Quando
era parlamentare trascorreva tre
o quattro giorni alla settimana a
Roma. Quando tornava a Napoli
era sempre fuori casa per numerosi
impegni. Eletto sindaco,
in teoria era più vicino a noi, ma
in realtà stava poco a casa.
Quanto manca a Napoli una
figura politica come Valenzi?
Non sono la persona adatta per
affrontare la questione. Chiaramente
per me lui era un padre.
Non voglio parlare della politica
odierna. Anche come Fondazione
abbiamo deciso di non schierarci.
Credo che oggi manchi
soprattutto la capacità di aggregare
le forze più sane, capaci di
dare un contributo alla città. Ci
sono tante cose buone a Napoli
che, però, sono disperse.
Qual è l’impegno della Fondazione
per conservare il ricordo
di tuo padre?
Vogliamo che la memoria di
Maurizio Valenzi sia costruttiva
e attiva e non solo archivistica e
storica. Anche se ovviamente
stiamo ricostruendo, attraverso
i documenti e le fotografie, la
storia di Napoli legata al periodo
in cui mio padre ne è stato il primo
cittadino. Stiamo preparando
anche un’iniziativa artistica
per ricordare il Valenzi pittore.
Tutto questo insieme a eventi
che riguardano temi di attualità.
La presentazione del libro di
mio padre sugli ebrei e la Shoah
è stata, infatti, collegata al ricordo
del genocidio di Srebrenica, il
massacro di migliaia di musulmani
commesso dalle truppe
serbo-bosniache nel luglio 1995,
e all’impegno antimafia di don
Peppino Diana, ucciso dalla
camorra il 19 marzo 1994 nella
sua parrocchia di Casal di Principe.
E vogliamo, inoltre, promuovere
un’iniziativa sociale
per l’infanzia.
Giorgio Napolitano era tra i
più grandi amici di Valenzi.
Il Presidente della Repubblica ci
ha dato un grande appoggio alla
Fondazione, anche al di là del
grande rapporto di amicizia che
aveva con papà, perché ha visto
che siamo riusciti ad aggregare
forze di diversa estrazione politica.
Il rapporto tra i due era
molto forte. Napolitano è stato
accanto a papà fino alla fine. Un
mese prima di essere eletto presidente,
venne a trovarlo a casa.
Già si faceva il suo nome, ma lui
definì la sua elezione al Quirinale
una cosa impossibile.

12 Domenica 21 febbraio 2010SPECIALE
Il Circolo Irno compie un secolo: il suo motto scritto da Gabriele D’Annunzio
Dalle difficoltà iniziali, è arrivato alla conquista di una medaglia olimpica
Canottieri al centesimo giro di boa
C’era una volta, cento anni orsono,
Ninon, baleniera dal nome
francese preso a prestito da una
nobildonna parigina sogno di
tutti i giovanotti salernitani del
tempo. Furono loro i primi a fondare
a Salerno un’associazione
nautica. Il sodalizio durò poco e
le imbarcazioni vennero rilevate
dal marinaio Francesco Corbo. A
quel tempo, nei caffè e nei salotti,
l’ingegnere Luigi Centola, frequentatore
dei circoli nautici
partenopei, diffondeva il suo entusiasmo
per gli sport in mare. I
tempi erano ormai maturi: per
questo, nella primavera del 1910,
l’avvocato e giornalista Francesco
Gomez de Teheran ebbe l’idea di
fondare un circolo nautico a Salerno.
L’idea trovò il sostegno
dell’onorevole Pietro Pellegrino e
delle migliori famiglie salernitane.
Nacque così, il 7 giugno 1910,
il Club Nautico Salerno.
Fu lo stesso ingegnere Centola a
redigere il progetto per la sede
sul lungomare. Il neonato club si
diede anche uno statuto che prevedeva
la “promozione del canottaggio
in ogni sua forma”. Furono
scelti i colori sociali, bianco e
rosso, da cui il soprannome “pettirossi”,
che da sempre identifica i
canottieri salernitani. Negli anni
della Belle Epoque, i ceti più alti
della città iniziarono a frequentare
il club e venne ampliato il parco
imbarcazioni. L’andar per mare
non era ancora canottaggio a-
gonistico (anche per l’assenza di
un allenatore), ma era una specie
di traversata per diletto.
Negli anni, il circolo accolse nuove
discipline come il tamburello e
la scherma. Nel 1911 per l’Italia i-
niziò la guerra di Libia: fu allora
che Gabriele d’Annunzio coniò il
motto del circolo, “Velis remisque
remis ventisque”, scritto in
chiusura a un telegramma per
Francesco Gomez de Teheran.
Nel 1912, la sede del Club nautico
accolse anche la sezione di Salerno
della Lega Navale, che riuniva
gli appassionati di vela. Il
canottaggio, però, stentava a decollare
e alcuni soci iniziarono a
Nelle foto a centro pagina alcune
strutture del Circolo Canottieri
Irno: a destra il salone,
in basso a sinistra
la biblioteca tematica dedicata
a Salerno, al mare e a sport marini.
In basso a destra la sala da biliardo.
Il Circolo dispone anche di sale
gioco per le partite a carte e una sala
tv. Per le attività sportive gli atleti
hanno a disposizione palestre
e vasche da voga coperte
La prima sede
del Circolo
Canottieri Irno
sulla spiaggia
di Santa Teresa.
Lo chalet, in legno
e muratura,
ospitava anche
spettacoli,
concerti e serate
danzanti per i soci
premere sul direttivo per aprire
lo statuto anche ad altri sport.
Mentre gli atleti cominciarono
ad allontanarsi, venne fondato un
nuovo sodalizio.
Il 3 febbraio 1913 nacque il Circolo
Canottieri Irno che assorbì il
disciolto Club nautico. La nuova
sede viene stabilita sulla banchina
portuale esistente, sotto Palazzo
Barone. Allo scoppio della
Prima Guerra Mondiale, a Salerno
e in tutta la regione subentrò
una stasi nell’attività remiera.
Molti giovani non tornarono dal
fronte. Solo la presidenza di Renato
Bellelli nel 1919 riuscì a
dare nuovo impulso alle iscrizioni
e all’attività del circolo. Con
l’accorpamento a livello federale,
voluto dal fascismo, molte società
sportive entrarono in crisi. I
Canottieri Irno riuscirono in un
primo momento a resistere grazie
all’impulso che il regime diede
al canottaggio. Ben presto, però,
le ingerenze diventarono insopportabili.
I Canottieri non avevano problemi
finanziari al contrario della
Rari Nantes: le due società vennero
fuse, ma il matrimonio si
rivelò un fallimento. Nel 1933
Bellelli separò i due club, ma la
crisi economica non permise di
attuare una vera politica sportiva
anche perchè i giovani si dedicavano
ormai al più popolare calcio.
Nuove difficoltà arrivarono
con la Seconda Guerra Mondiale,
ma nel dopoguerra finalmente
arrivarono i primi risultati: nel
1949, il circolo Canottieri Ir-no
diventò campione d’Italia nel
“quattro con” facendo svoltare il
settore remiero salernitano.
Negli anni ’70, il circolo si è ampliato
con sezioni per la canoakajak,
pesca sportiva, motonautica
e triathlon. Nel 1982, i Canottieri
Irno saranno il primo sodalizio
della provincia di Salerno a
ottenere la Stella d’oro al merito
sportivo. Da allora il circolo ha
presenziato a tutte la manifestazioni
più importanti, forgiando
talenti sportivi anche medagliati
alle Olimpiadi.
La struttura sportiva
Dove sono
in voga
i campioni
Le sfide che attendono i Canottieri nelle
prossime stagioni saranno ricche di nuovi,
affascinanti e ostici appuntamenti agonistici.
Per onorare la sua centenaria storia e per
continuare a vivere sulla cresta dell’onda si
dovrà cercare di essere ancora più preparati
per poter competere a livelli sempre più
alti. I successi di un sodalizio pluripremiato
e antichissimo come è il circolo non sono
certo frutto dell’improvvisazione. A curare
la preparazione dei ragazzi c’è una flotta e
una struttura sportiva di alto livello. Non a
caso i tre allenatori della nazionale provengono
proprio da questo team. Oltre
alla canoa, al canottaggio e alla vela, che
sono le attività di punta del circolo, le altre
discipline praticate sono il triathlon, la
motonautica e la pesca subacquea. Prima
di entrare in acqua gli apprendimenti si
ricevono al chiuso. Proprio nella parte sottostante
la bellissima terrazza di Santa
Teresa si nasconde l’anima sportiva del sodalizio.
Decine e decine di imbarcazioni
sulle pareti laterali della struttura, lunghissimi
remi coi colori della nazionale riportano
alla mente le indimenticabili telecronache
di Galeazzi. Oltre agli attrezzi meccanici
per la simulazione, il circolo è dotato
di due vasche da voga, una per il canottaggio
e una per la canoa. Inoltre l’ impianto
possiede anche una palestra completa di
tutti i più moderni attrezzi, dal cardio fitness
ai pesi per il body building.
L’allenamento pratico si svolge invece lontano
da Salerno, sul lago Alento, a Vallo
della Lucania. Le imbarcazioni, soprattutto
quelle di canottaggio, a causa della loro
profondità ridotta, necessitano di acque
molto calme.
Il medagliere
In attesa
dei giochi
di Londra
Il lavoro sodo e l’impegno pagano sempre.
Sono stati faticosi questi primi 100 anni di
attività del circolo, ma alla lunga le soddisfazioni
non sono mancate. Un palmares
importante per il sodalizio di Santa Teresa.
Certo le stagioni passate sono state più prolifiche
per le discipline sportive acquatiche,
vela e canottaggio su tutte. Di ragazzi ne sono
passati tanti e la passione si è mantenuta.
Tradizione che non è andata perduta e
che oggi rappresenta il fiore all’occhiello di
questa società. Dai primi successi ottenuti
nell’87 a Colonia, con il titolo mondiale di
canottaggio di Maurizio Milan e Massimiliano
Santopietro nel 4 con Juniores, di acqua
sotto i ponti ne è passata tanta. Nei 3
anni successivi sono arrivati altrettanti
titoli mondiali: Francesco Cattaneo nel 4
senza e Giuseppe Lamberti nell’8 Pl.
Il vero capolavoro è arrivato ad Atene nel
2004 con il bronzo olimpico di Dario
Dentale. Tradizione canottiera mantenuta
attualmente da Laura Schiavone, portabandiera
del circolo e campionessa europea
nel doppio nel 2009.
Discorso a parte merita Alessia Idà. Dal
2000 è tra le regine indiscusse della motonautica
a livello europeo e mondiale.
L’atleta è stata campionessa europea nella
classe Ski Limited IJSBA nel 2000, nella
classe Ski Limited 785 nel 2001 e nella
classe Ski Ladies nel 2004. Inoltre, ha ottenuto
il titolo mondiale UIM classe Parallel
Slalom e Ski Division – Super Stock nel 20
07. All’appello non poteva mancare di
certo la vela. Riconoscimento mondiale an
che per Matilde Fabbri, oro mondiale a
Weymouth nella specialità Laser a squadre
nel 2006.

SPECIALE Domenica 21 febbraio 2010
13
Se in questi cento anni dalla storica
terrazza di Santa Teresa di fantastici
tramonti nel mare di Salerno
ne sono scomparsi tanti, il
legame tra la città e il Circolo Canottieri
non si è mai spento. In un
secolo le loro pagine di storia si
sono avvicendate, unite e spesso
sovrapposte, resistendo a due
guerre mondiali, a decisi interventi
urbanistici e a colorite trasformazioni
di costume. Dal 1910
Salerno è cresciuta tanto, è diventata
una città moderna che cerca
di scrollarsi di dosso i limiti tipici
di provinciali concezioni, aprendosi
al futuro, al mare, al Mediterraneo.
Così anche i Canottieri
hanno aperto il loro esclusivo
Circolo alla città festeggiando
questi primi cent’anni di attività
con una serie di manifestazioni di
caratura internazionale, che
aumenteranno il loro prestigio e
quello di Salerno. Onore e gloria,
soprattutto sportiva, che di certo
già non manca al Circolo. Una
stella d’oro al merito sportivo, una
medaglia olimpica ad Atene 2004,
otto titoli mondiali, cinque europei,
ben 38 vittorie nei campionati
italiani, partecipazioni a Pechino
2008 e ai Giochi del Mediterraneo
2009 sono successi decisamente
importanti.
Sarà proprio lo sport e il mare al
centro dei festeggiamenti, come
ha sottolineato Rosario Buonomo,
vice presidente del Circolo
con delega alle attività sportive,
nel corso della conferenza stampa
di presentazione del fitto cartellone
di eventi. Si inizierà a marzo,
tra il 13 e il 15 del mese nelle acque
antistanti il lungomare di Salerno
si sfideranno i migliori Laser, con
la regata nazionale Italia Cup. Nel
mese di luglio lo specchio d’acqua
che da su piazza Cavour farà da
suggestivo campo di gara notturna
alle finali del campionato italiano
di serie A di canoa polo. Gran
finale nel mese di ottobre con il
campionato italiano di canottaggio:
oltre cinquecento atleti si sfideranno
tra il porticciolo di
Pastena e piazza della Concordia
in barche regolamentari, ovvero
canoini e iole, specialità con cui è
iniziata la storia del Circolo. Punta
di diamante dell’intero programma
sarà senza ombra di dubbio la
regata Match Race classe Farr 40.
Dal 31 maggio al 2 giugno il golfo
di Salerno si vestirà da ostica palestra
dei venti per le prove tecniche
di coppa America. La spettacolare
Pronto un fitto programma di eventi sportivi e culturali
Col vento in poppa
per nuovi orizzonti
Nelle acque del Golfo una mini coppa America
Anche Mascalzone a Salerno
Tra gli eventi clou del programma
del centenario c’è sicuramente
la regata Match Race classe
Farr 40 che si terrà dal 31 maggio
al 2 giugno davanti al lungomare
di Salerno.
La competizione, che, nelle intenzioni
degli organizzatori, potrebbe
diventare un appuntamento
fisso ogni anno, vedrà
concorrenti prestigiosi di livello
internazionale. Praticamente certa
la partecipazione di Barking
Mad, imbarcazione del New York
Yacht Club, uno dei circoli velici
più antichi e prestigiosi al
mondo.
Il sodalizio, fondato nel 1844 da
John Cox Stevens, ha dato vita
alla lunga storia della Coppa
America, all’epoca Coppa delle
100 ghinee. Il trofeo più ambito
nel mondo della vela è rimasto
nel palma res del club americano
ininterrottamente per 132 anni,
nonostante le venticinque sfide
affrontate. Una serie vincente da
record, che resta ancora oggi
imbattuta nella storia dello sport.
Barking Mad è anche vincitrice del
campionato del mondo Farr 40 di
Porto Cervo del 2009.
Ai Match Race è molto probabile la
partecipazione di Mascalzone Latino
che correrà coi colori dello
Yacht Club Costa Smeralda. La
barca dell’imprenditore napoletano
Vincenzo Onorato, dalla sua
nascita nel 1993, ha scalato le vette
più alte delle competizioni veliche
mondiali, grazie anche a professionisti
indiscussi del settore tra cui
Russel Coutts, tre volte vincitore
della Coppa America, Vasco Vascotto,
l’italiano con più titoli mondiali
conquistati e Paul Cayard,
campione del mondo classe Maxi
con il Moro di Venezia di Raoul
Gardini. Mascalzone Latino ha
anche partecipato a due sfide di
Coppa America nel 2003 e nel
2007 e si è affermato per ben tre
volte come campione del mondo
(Newport 2006, Copenaghen
2007 e Miami 2008), cedendo lo
scettro nel 2009 a Barking Mad.
A completare il programma
degli sfidanti alla regata Match
Race potrebbero essere il Chicago
Yacht Club con Flash
Gordon di Helmut Jahn e lo
Yacht Club di Atene con Andrealis.
Flash Gordon, in particolare,
ha vinto il campionato
nordamericano classe Farr 40
del 2009. Trattative sono in
corso per la partecipazione di
Nanoq, la barca del principe ereditario
Frederick di Danimarca.
vela d’altura vedrà come protagonisti
Mascalzone Latino, imbarcazione
italiana che insieme a Luna
Rossa ha tenuto alti i colori italiani
nell’ultima Luiss Vitton Cup, gli e-
quipaggi americani Barking Mad,
dello storico New York Yacht
Club, ex detentore della coppa
America e Flash Gordon del Chicago
YC, il greco Andrealis.
Mentre il Circolo è ancora in trattativa
con il principe Frederik,
erede al trono di Danimarca, per la
partecipazione del Nanoq, con cui
dovrà regatare personalmente,
poiché questa classe prevede l’obbligo
per l’armatore di essere al timone
del suo scafo.
Un appuntamento internazionale
che i soci del Circolo, con l’impegno
dell’amministrazione, vorrebbero
regalare tutti gli anni alla
città. Cordone ombelicale che lega
Canottieri Irno e Salerno, stretto
col doppio nodo quindi, come ci
tiene a precisare anche lo stesso
Alfonso Sansone, presidente del
Circolo: «La nostra associazione
ha un posto di rilevo nella storia di
questo territorio e, quindi, non
potevamo chiuderci in noi stessi.
Da qui l’idea di coinvolgere tutti i
salernitani nella festa».
Oltre alle classiche gare sportive ci
saranno incontri con militari,
forze dell’ordine e studenti. Ad a-
prile verrà inaugurata una mostra
fotografica sui 100 anni de “I Canottieri
Irno, Salerno e il porto”
mentre a settembre sarà ospitato il
convegno internazionale «Euro
Mediterraneo». Il 12 giugno, poi,
ci sarà il galà del centenario, con la
partecipazione dei più forti atleti
del Circolo e di altri gruppi.
Prestigiosi risultati sportivi sono
stati raggiunti anche in questa stagione
agonistica, dove brillano le
stelle di Laura Schiavone, Marco
Gallo e Christian Vitulano. «Oltre
i premi – sottolinea Buonomo - è
l’impegno di tanti giovani coinvolti
nell’attività agonistica il risultato
più gratificante. Ragazzi e giovani
frequentano le nostre palestre,
remano e veleggiano con le nostre
barche e, quello che ha più valore,
sono i principi di vita che hanno
ricevuto e che li porteranno ad
avere del Circolo un ricordo indimenticabile».
Pagine a cura di
CLAUDIA ESPOSITO
SABINO RUSSO
Questo il Consiglio direttivo in carica: Alfonso Sansone (presidente),
Giovanni Sullutrone (vice presidente vicario), Rosario Buonomo (vice
presidente allo sport), Vittorio Salemme (segretario), Maurizio Pilone
(tesoriere). Consiglieri: Pasqualino Cammarota (canottaggio), Pietro De
Luca (vela), Fabiano Roma (canoa), Vittorio Claudio Tortora (attività
sociali), Antonio Borrelli (casa), Mario Parrilli (nautica), Antonio
Scocozza (past president).
I presidenti del Circolo Canottieri Irno dal 1910 ad oggi: Pietro Pellegrino
(7 giugno 1910 – 28 dicembre 1913), Saverio Avenia (28 dicembre 1913 –
20 aprile 1915), Matteo Scaramella (1915), Mario D’Agostino (1915-
1918), Matteo Scaramella (1918 - 1919), Renato Bellelli (1919 - 1927),
Renato Bellelli (1928), Franz Moscati (1928 - 1932), Riccardo
Gambrosier (1932 - 1933), Renato Bellelli (1933 - 1948), Francesco
Bruno (6 maggio 1948 – 6 febbraio 1949), Giuseppe Tortorella (6 febbraio
1949 – 24 maggio 1954), Nicola Altieri (24 maggio 1954 – 12 settembre
1954), Giuseppe Tortorella (12 settembre 1954 – 23 gennaio
1955), Nicola Altieri (23 gennaio 1955 – 3 aprile 1956), Francesco Bruno
(3 aprile 1956 – 5 maggio 1957), Ugo Lamberti (5 maggio 1957 – 31 gennaio
1960), Francois Coppola (31 gennaio 1960 – 23 giugno 1960), Ugo
Lamberti (23 giugno 1960 – 20 settembre 1960), Ugo Lamberti (20 settembre
1960 – 20 gennaio 1964), Vittorio Giorgi (20 gennaio 1964 – 30
novembre 1969), Francesco Bruno (30 novembre 1969 – 31 gennaio
1971), Luigi Capone (31 gennaio 1971 – 12 gennaio 1975), Nicola
Fruscione (12 gennaio 1975 – 29 gennaio 1977), Almerico Tortorella (27
gennaio 1977 – 17 marzo 1985), Nicola Fruscione (17 marzo 1985 – 5
maggio 1996), Antonio Scocozza (1996 - 1999), Antonio Scocozza (2000
- 2003), Alfonso Sansone (2004 - 2009).

14 Domenica
21 febbraio 2010

IL FENOMENO
ISTRUZIONE Domenica 21 febbraio 2010
15
Boom di ripetizioni private, una famiglia su 4 spende fino a 2.000 euro per i “personal prof”
Scuola per tutti, lezioni per pochi
L’allarme dei consumatori: “Elementi di censo nell’istruzione pubblica”. I docenti: “Tagliati i corsi di recupero”
«La mattina sono pagati da noi per
fare scuola eguale a tutti, a sera
prendono denaro dai più ricchi per
fare scuola diversa ai signorini».
Così, nella celebre “Lettera a una
professoressa”, don Lorenzo Milani
si scagliava contro la dilagante abitudine
degli insegnanti pubblici di
impartire ripetizioni private a
beneficio degli alunni più abbienti.
Correva l’anno 1967, e di lì a poco
il movimento studentesco avrebbe
iniziato la sua lotta contro un sistema
educativo classista che, per
dirla con il priore di Barbiana,
“invece di rimuovere gli ostacoli
lavora ad aumentare le differenze”.
Dopo quarant’anni e tante riforme
della pubblica istruzione, lezioni
private a costi esorbitanti rappresentano
ancora per molti studenti
l’unica alternativa a debiti formativi
e bocciature. L’ultimo allarme
arriva dalle associazioni di consumatori:
per le famiglie degli studenti
che hanno almeno un’insufficienza,
rivela un’indagine di Adoc
e Codacons, la spesa media per le
ripetizioni oscilla tra i 1.000 e i
2.100 euro all’anno. Una vera e
propria stangata che, secondo le
stime, colpisce una famiglia italiana
su 4, e che sommata al costo dei
libri di testo introduce nel sistema
educativo pubblico un pesante elemento
di censo.
Di pari passo con i tagli ai fondi
scolastici (nel 2009 sono stati stanziati
per i corsi di recupero 35
milioni di euro in meno rispetto al
2008) e con l’aumento del tasso di
bocciature (3,1% di respinti alla
maturità nel 2009 contro i 2,5% del
2008), il mercato delle lezioni private
ha conosciuto negli ultimi due
anni uno sviluppo senza precedenti.
Dall’assistenza ai compiti per i
bambini delle elementari fino alla
“consulenza tesine di maturità”, siti
online e bacheche sono pieni di
annunci di insegnanti, precari o
studenti universitari che offrono il
loro sostegno a giovani che per
svariate ragioni non riescono a studiare
da soli. «Si tratta di giovani in
molti casi semplicemente pigri o
svogliati – ci rivela Luisa, 35enne
salernitana e “personal prof” di lingue
– ma spesso schiacciati tra docenti
demotivati e severi e genitori
troppo impegnati ma disposti a
spendere per il curriculum scolastico
dei figli».
Spendere quanto? Il costo delle ripetizioni
oscilla tra i 20 e i 40 euro
l’ora, con maggiorazioni fino al
20% per chi sceglie un docente, in
servizio o in pensione, rispetto al
più economico studente universitario.
A dominare il mercato sono
le lezioni di latino, greco e matematica,
vere bestie nere dei liceali,
il cui tariffario può sfiorare i 45
euro orari. Il risultato è un giro
d’affari di milioni di euro, senza
neppure l’ombra di una tassazione,
e una spesa media per le famiglie di
circa 1.700 euro l’anno. «Senza
considerare – sottolinea Barbara,
madre di due liceali – che con la
reintroduzione del debito scolastico
a volte è necessario prendere le-
zioni anche d’estate».
Puntare il dito contro gli insegnanti
non sembra però oggi la soluzione
più onesta. «Con cinque studenti
diversi riesco a mettere insieme
quasi 1.000 euro al mese – racconta
Sergio, insegnante di lettere
precario e collaudatissimo ripetitore
di latino e greco – Se lo Stato
investisse di più nell'istruzione e
agevolasse i giovani precari davvero
motivati e votati all'insegnamento,
non saremmo costretti a
pubblicare annunci per pagarci
l’affitto». Sulla stessa linea il segretario
regionale campano della
Cgil-Flc, Giuseppe Vassallo: «Non
si può pretendere che i docenti si
comportino da missionari. Le loro
condizioni contrattuali sono estremamente
misere e, specialmente
in tempi di crisi, non me la sento di
biasimarli se cercano di arrotondare».
Il problema, secondo Vassallo,
è tutto di natura politica. «La scuola
italiana ha subito negli ultimi
anni incredibili tagli alle risorse
finanziarie e del personale. In
Campania, in particolare, il tempo
pieno si è ridotto ad appena il 5%.
La Gelmini ha dichiarato recentemente
che il suo modello è quello
di una scuola “essenziale”, che fornisca
ai ragazzi soltanto gli strumenti
indispensabili. Ma una scuola
di questo tipo non fa che esaltare
le differenze sociali, escludendo
i più deboli e svantaggiati».
Un ritorno al passato, dunque, per
la scuola pubblica? I nuovi tagli
annunciati e la proposta di abbassare
l’obbligo a 15 anni non fanno
pensare a una prossima inversione
di rotta.
Per il settore dell’editoria on-line fatturato in crescita in tutto il mondo
Arriva il libro dell’era digitale
E-book reader: possono contenere decine di volumi, si moltiplicano i lettori
Servizi di
RAFFAELE PELLEGRINO
YouLuw:
ripassare
navigando
Corsi di recupero ridotti al
minimo e lezioni private troppo
costose? Una soluzione
per gli alunni in difficoltà
potrebbe arrivare da Internet.
Sulla scia di quanto già sperimentato
per gli studenti universitari
lavoratori, si sta tentando
di proporre anche ai
ragazzi di scuole medie e
superiori la possibilità di utilizzare
il web, e in particolare
YouTube, per ripetere le
materie più ostiche. Il progetto,
ancora in fase iniziale, si
chiama “Libera Università del
Web”, ed è un luogo virtuale,
aperto e interagibile, dove si
possono seguire gratuitamente
lezioni delle più diverse
discipline tenute da docenti i
cui curricula sono visualizzabili
nello stesso portale. Il
canale della Luw si appoggia
direttamente a YouTube e ha
finora attivato una dozzina di
video-corsi in materie come
matematica, letteratura, filosofia,
economia. L'idea alla
base del progetto è simile a
quella che spinge molti docenti
americani a mettere le
proprie lezioni online a pagamento.
La differenza, però, è
che la Luw non è a scopo di
lucro.
L’autrice per protesta pubblica gratis su internet
De Mari sul web
Può accadere che un e-
book possa diventare la
forma di protesta di un
autore verso la propria
casa editrice. È questo il
caso di Silvana De Mari,
autrice, tra gli altri, della
saga fantasy cominciata
con “L’ultimo elfo” (2004,
Salani, tradotto in più lingue
e vincitore di diversi
premi), e proseguita poi
con “L’ultimo orco”
(2005), e “Gli ultimi incantesimi”
(2008).
L’autrice ha cominciato a
distribuire gratis sul proprio
sito internet e sul
suo blog il romanzo più
recente della saga: “L’ultima
profezia”. Come spie-
ga la scrittrice: «Il mio,
molto semplicemente è
uno sciopero, contro lo
strapotere delle case editrici
che dicono: o qui si
cambia come voglio io o
il libro non si pubblica.
Bene. Non si pubblica.
L’edi-ting deve essere una
proposta, mai un’imposizione».
La pubblicazione
avverrà sul web, quindi.
«Un capitolo la settimana
per il primo libro – continua
De Mari - poi mi fermerò
perché del secondo
manca tutto l’inizio, e
perché la situazione si sta
sbloccando». “L’ultima
profezia”, infatti, potrebbe
infine diventare cartacea.
L’ultima grande novità sul fronte degli
e-book, i libri in formato digitale, è
stato l’Ipad, la “tavoletta” elettronica
dell’Apple, a metà tra un computer e
uno smarthphone, presentata a fine
gennaio. Sarà presente nei negozi a
partire da marzo e permetterà, tra le
sue altre applicazioni, di poter leggere
libri e giornali in formato elettronico
sul suo schermo di 9,7 pollici.
Con essa nasce anche iBooks, negozio
virtuale della Apple, che, come iTunes
Store nel campo della musica, permetterà
di comprare i volumi digitali, con
prezzi sui 9.99 dollari, scegliendoli su
uno scaffale virtuale.
Il mercato mondiale degli e-book,
quindi, nonostante la crisi, è in crescita.
I dati del terzo trimestre del 2009, infatti,
mostrano un fatturato di 46 milioni e
mezzo di euro, contro i 14 milioni dell’anno
precedente. Anche in Italia, dove
cominciano ad apparire su internet i
primi volumi nella nostra lingua madre,
c’è stato un incremento del 61%
rispetto al 2008. Sul noto sito di e-commerce
Amazon, poi, nel periodo natalizio,
le vendite di libri virtuali sono state
maggiori di quelle dei libri su carta e il
suo lettore di e-book, Kindle, l’oggetto
più regalato. Così anche la casa editrice
Zanichelli è entrata nel mercato, portando
su Kindle Store, la libreria di
Amazon, i classici della letteratura italiana,
con titoli che vanno dal “Decameron”
di Giovanni Boccaccio al “Il
fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello.
Si moltiplica, intanto, pure l’offerta di
e-book reader dotati della tecnologia e-
Ink (simulatrice della carta), che con un
peso contenuto sui 160 grammi e un
prezzo di circa 250 euro, permettono di
“leggere” e portare con sé decine di
libri in diversi formati (pdf, html, txt),
ma supportano anche le immagini.
Il libro del futuro, infatti, non sarà
probabilmente più quello classico a
cui siamo abituati. La nuova tecnologia
consentirà, infatti, di coniugare il
testo scritto a video, musica e suoni
per un e-book interattivo che prevede
la cooperazione del lettore.
Servizi di
BARBARA TROTTA

16 Domenica 21 febbraio 2010 CAMPUS
All’Ateneo di Salerno Renato Parascandolo presenta un progetto realizzato attraverso i nuovi media
Se non è web, non è più televisione
La Rai offre il suo supporto alla didattica grazie a un archivio on-line
MARIA EMILIA COBUCCI
ma non sono mezzi istruttivi
come può essere la Web-
Tv».
E’ proprio quest’ultima che
può dar vita ad una nuova e
diversa opinione pubblica
rispetto a quella che si è andata
formando in Italia negli
anni Venti con la nascita
della televisione. «Si tratta di
un’opinione pubblica monnibilità
di migliaia di testi di
approfondimento correlati
ai video trasmessi: biografie
dei personaggi, trascrizione
e traduzione delle interviste
e dei programmi, brani antologici
eccetera.
«Vedere all’opera questi personaggi
– afferma Renato
Parascandolo – è un valore
aggiunto rispetto al libro e
alla lezione».
Si tratta di una enciclopedia
multimediale assolutamente
innovativa, caratterizzata da
diverse modalità di accesso
ai contenuti e da un insieme
di connessioni disciplinari e
interdisciplinari.
Lo scopo del progetto è di
creare un antitesi alla televisione
commerciale che solo
Come si può diffondere il sapere
attraverso i nuovi media?
È questa la domanda
che si è posto Renato Parascandolo,
giornalista e presidente
di Rai Trade, quando
ha deciso di realizzare “L’Universo
della Conoscenza”.
Una enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche
in versione Web-Tv.
L’opera realizzata dalla Rai e
dall’Istituto italiano per gli
studi filosofici, con il patrocinio
dell’Unesco, del Consiglio
d’Europa e del Presidente
della Repubblica Italiana,
è stata presentata lo scorso
gennaio da Parascandolo
negli studi di Unis@und, la
web radio dell’Università di
Salerno. E raccoglie le testimonianze
di mille fra i più
autorevoli uomini di cultura
del nostro tempo: economisti,
filosofi, storici, scienziati,
architetti, giuristi, biologi,
scrittori, artisti, matematici
e premi nobel di trentaquattro
Paesi diversi. Il portale
de L’universo della Conoscenza
è organizzato per discipline,
dalla storia alla matematica,
dalle scienze sociali
alla psicologia e così via.
E può essere utilizzato anche
come straordinario sussidio
didattico, grazie alla ricchezza
dei contenuti, alla qualità
delle immagini e alla dispoapparentemente
produce
programmi («produce solo
spettatori, il programma è
l’esca per il pubblico che vede
il prodotto pubblicizzato
e lo compra»), e alla radio
che «sono mezzi di comunicazione
educativi o viceversa,
basti pensare ai comportamenti,
alle nuove tendenze,
ai valori che trasmettono,
Giornalista professionista,
presidente di Rai
Trade e già direttore di
Rai educational, Renato
Parascandolo ha all’attivo numerosi
programmi realizzati con la
Televisione di Stato, nonché
numerosi premi. Da Prima
Pagina, rubrica di Raidue sul
funzionamento degli apparati
dell’informazione del 1976 a La
Storia siamo noi: ottocento puntate
per raccontare la storia
d’Italia dal Risorgimento ad oggi.
Un format originale basato sul
confronto tra inchieste attuali e
documentari televisivi e cinematografici
del passato. Senza
dimenticare MediaMente programma
televisivo di alfabetizzazione
informatica e conoscenza
dei nuovi media. Il sito web
MediaMente è stato il primo in
assololuto della RAI.
Parascandolo è membro del
Comitato tecnico-scientifico del
Ministero dell’Università e della
ricerca per la diffusione della
cultura scientifica, ed è consigliere
d’amministrazione della
“Fondazione museo dell’emigrazione”
di Napoli. Inoltre dal 1998
al 2002 ha rappresentato la Rai
nel Consiglio scentifico
dell’Istituto della Enciclopedia
Italiana (Treccani).
Ha ottenuto nel 2000 il Premio
Saint Vincent , diretto da Jader
Jacobelli, per la qualità dei programmi
di RAI Educational e nel
2001 il “Compasso d’oro” per la
serie televisiva “Storia del design
italiano”.
diale – dice Prascandolo –
che nasce nel febbraio del
2002, quando Bush dichiarò
di attaccare l’Iraq».
Ma internet ha i suoi limiti.
Tutte le notizie presenti in
rete non sempre sono accreditate
come sui giornali. E’
proprio questo l’ultimo passaggio
da compiere per una
definitiva rivoluzione.
A fine gennaio ha preso il via il secondo ciclo de “L’altra lezione”
E il potere volò
sul nido del cucùlo
Dal film di Forman al razzismo in psichiatria
PIERLUGI G. CARDONE
“Il potere - i poteri”: questo il
tema del secondo ciclo de
“L’altra lezione”, la serie di seminari
ideati e organizzati
dal dipartimento di Scienze
della Comunicazione dell’Università
di Salerno.
Il progetto didattico, a cura
di Emilio D’Agostino e Alfonso
Amendola, è nato all’indomani
della proposta di
legge del ministro Gelmini e
nel tempo si è trasformato,
così come dicono i suoi promotori,
in un’occasione di
incontro culturale, dibattito
“militante” e, soprattutto, dialogo.
Con queste premesse, e
dopo il buon risultato del 2009 (quando venne
approfondito il rapporto esistente tra l’opera
di Pier Paolo Pasolini e il concetto di
democrazia, ndr), il 29 gennaio scorso, presso
l’aula multimediale del dipartimento,
“L’altra lezione” ha proposto un incontro dal
titolo “Qualcuno volò sul nido del cuculo. Dal
potere alle passioni”. Dopo la proiezione del
Esempio di cinema impegnato
l film di Milos Forman
(1975) è tratto dal
romanzo del 1962 di
Ken Kesey, che lo scrisse
dopo la sua esperienza
da volontario all’interno
del “Veterans
Administration Hospital”
di Palo Alto.
Ambientata in un ospedale
psichiatrico americano,
la storia è incentrata
sul conflitto tra un
inflessibile caporeparto
(Miss Ratched) e un
nuovo ospite “da vagliare”
(l’irlandese Randle
Patrick McMurphy, interpretato
da un grande
Jack Nicholson). La pellicola
si aggiudicò ben
cinque premi Oscar, tra
cui quelli per il miglior
film, la migliore regia, il
miglior attore protagonista
e migliore attrice
protagonista. In altre
parole un vero cult.
celebre film di Milos Forman tratto dal
romanzo di Ken Kesey, la professoressa Anna
Cicalese ha approfondito i temi principali
della pellicola, in una sorta di seminario aperto
che ha stimolato gli interventi degli studenti
intevenuti.
Al centro del dibattito, neanche a dirlo, la traduzione
intersemiotica dell’opera, la cui storia,
raccontata sotto forma di un’allegoria a
tratti spiazzante, altro non è
che una veemente polemica
contro il potere che emargina
i diversi e contro il carattere
puramente razzistico
che all’epoca caratterizzava
la scienza psichiatrica di
tutto il mondo.
In Italia, tuttavia, quelli e-
rano gli anni di una grande
rivoluzione culturale, che
qualche settimana fa è stata
al centro di un’interessante
iniziativa della televisione
pubblica.
Lo stesso identico tema di
“Qualcuno volò sul nido del
cuculo”, infatti, è stato affrontato
domenica 7 e
lunedì 8 febbario dalla bella fiction di RaiUno
“C’era una volta la città dei pazzi”. La miniserie
televisiva, diretta da Marco Turco, ha
visto l’attore Fabrizio Gifuni nei panni dello
psichiatra Franco Basaglia, padre della legge
quadro 180 del 13 maggio 1978, vale a dire la
norma che impose la chiusura dei manicomi
e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio,
istituendo i servizi di igiene mentale
pubblici.
In altre parole, quindi, almeno in Italia la
legge Basaglia mise la parola fine a quella
concezione, centrale nel film di Milos
Forman, per cui gli ospedali psichiatrici -
secondo Michel Focault ed Erving Goffman
- altro non erano che un’istituzione, intesa
come Stato, in cui ripresentare in chiave clinica
le stesse dinamiche che preoccupavano
e preoccupano ancora oggi i governanti:
regolare, proteggere, punire.

Frodi alimentari
Arriva a tavola
l’identikit dei cibi
Sinergia tra impresa e università
TERRITORIO
Domenica 21 febbraio 2010
Messo a punto Value Go, un sistema che permette di conoscere l’intero ciclo di vita di un alimento
17
LOREDANA ZARRELLA
Non è la solita etichetta per gli addetti ai lavori.
Dietro quei codici, apparentemente incomprensibili,
si nasconde un mondo di dati e di informazioni
accessibili ai consumatori. Si preannunciano
tempi duri per le truffe e per i furbi. Value Go
scende in campo per rendere affidabili i prodotti
alimentari e per contrastare fenomeni come quello
della falsa mozzarella di bufala. Si tratta di un
sistema di tracciabilità alimentare messo a punto
dalla società napoletana di consulenza Penelope
insieme al dipartimento di Matematica e Informatica
dell’Università di Salerno e al dipartimento
di Ingegneria dell’Ateneo del Sannio. L’etichetta
intelligente, letta con un telefonino dotato di telecamera,
permette di conoscere l’intero ciclo di
vita di un prodotto, dalla realizzazione alla conservazione.
Nel caso della mozzarella si potrà così
sapere la data di produzione del latte, la temperatura
media di conservazione, l’orario di trasformazione
in prodotto finale. «Una tracciabilità a
360°», precisa il prof. Michele Nappi del dipartimento
di Matematica e Informatica dell’Università
di Salerno.
Value Go nasce da un finanziamento della
Regione Campania nell'ambito del Progetto M-
etadistretto ICT, POR 2000-2006 Misura 3.17,
con l’obiettivo di individuare un sistema completo
per la tracciabilità della filiera nel settore agroalimentare
attraverso l’uso della tecnologia Rfid
(Radio frequency identification), basata sulle
radiofrequenze.
Sviluppato all’interno di un
progetto più complessivo di
trasferimento tecnologico dall’università
all’impresa che non
richiedeva nessuna sperimentazione,
Value Go trova però
presto la sua applicabilità nel
contesto reale nel momento in
cui vengono alla luce casi di
mozzarella alla diossina.
Come luogo dove sperimentare
la piattaforma fu individuata
l’azienda Vannulo di
Capaccio, una delle eccellenze
nell’ambito caseario. Alle informazioni hanno
accesso non solo i consumatori ma anche gli
organismi deputati al controllo, l’Asl e i Nas, che
in qualsiasi momento possono verificare una
serie di parametri. Tutti i dati sono criptati, non
manipolabili da parte del produttore. Le etichette
sono dei barcode bidimensionali, codici a barre
che possono essere letti con un cellulare dotato di
una telecamera e di un software gratuito.
Grande interesse per il progetto c’è stato dal
punto di vista politico. «Siamo stati convocati in
audizione alla XIII commissione dell’agricoltura
della Camera dei deputati che sta cercando di
mettere a punto un sistema di tracciabilità oggettivo»
aggiunge il prof. Nappi, «è il segno di una
presa di sensibilità da parte chi deve legiferare in
questo senso». «Nel futuro ormai prossimo, con
un utente sempre più esigente, e soprattutto in
un’ottica di internazionalizzazione dei prodotti
locali - conclude - non avere un sistema di tracciabilità
significherebbe scomparire dal mercato».
La Provincia di Salerno sta cercando di creare
un marchio attorno al quale aggregare la mozzarella
prima ma poi tutti i prodotti di eccellenza
del settore agroalimentare, tutti ovviamente legati
a un sistema di tracciabilità. Intanto Value Go si
sta aprendo anche ad altri settori. Benevento è la
prima ad aver mostrato interesse per il progetto:
con la Provincia si sta lavorando per la tracciabilità
dei rifiuti mentre la Camera di commercio ha
espresso la volontà di applicare il sistema all’olio e
al vino. Il valore si è messo in moto.
Basta
un cellulare
dotato
di telecamera
per leggere
le informazioni
sul barcode 2D
A destra un telefonino
legge l’etichetta
intelligente
su una confezione
di mozzarella
ROBERTA SALZANO
La Campania traina l’export
dell’industria alimentare
italiana, nonostante la
cattiva fama mediatica determinata
dai ripetuti episodi
di cronaca che hanno
interessato alcuni prodotti
di spicco, in particolare la
mozzarella. La buona notizia
è arrivata dalla Federalimentare
che ha analizzato
i bilanci del settore
per il 2009 e le prospettive
per il 2010. L’analisi ha evidenziato
che le regioni più
brillanti, in controtendenza
col trend negativo del
settore alimentare a livello
nazionale, sono il Piemonte,
(+8,4%) la Campania
(+8,6%) e la Puglia
(+5,3%).
La ricetta vincente dell’agroalimentare
made in
Campania è l’elevata qualità
a basso costo. «In
tempi di crisi economica -
ha affermato Carmine Caputo,
presidente della sezione
Industria alimentare
dell’Unione industriali di
Napoli - le famiglie non
hanno molti soldi, ma possono
comunque concedersi,
con pochi euro, una
pizza prodotta con ingredienti
di eccellenza». Intanto
dopo lo scandalo del
latte annacquato, utilizzato
per la produzione delle
mozzarelle di bufala Dop
in Campania e la decisione
del ministro delle Politiche
Agricole, Luca Zaia, di
commissariare il Consor-
A sinistra le informazioni del prodotto sul cellulare e a destra la lavorazione della mozzarella di bufala
C’è la Tac
per salvare
la mozzarella
La Coldiretti in campo
per tutelare i consumatori
zio, una prima risposta è
arrivata dalla Coldiretti che
ha messo a punto un sistema
per capire se la mozzarella
che abbiamo nel piatto
è prodotta con latte fresco.
Si tratta di una “Tac salva
mozzarella made in Italy”, la
rivoluzionaria macchina
della verità per tutelare il
prodotto; una tecnologia
messa a punto con l’aiuto
dell’Università di Bari che,
individuando un "marcatore"
presente soltanto nelle
mozzarelle non prodotte
con il latte fresco, è in grado
di smascherare i prodotti
ottenuti usando cagliate
congelate o refrigerate. Nel
primo test, su 18 mozzarelle
provenienti da diversi
caseifici, ben cinque sono
risultate "positive", cioè
non ricavate da latte fresco.
La macchina della verità
potrà essere utilizzata anche
sui formaggi e i prosciutti.
«Oltre ad ingannare
i consumatori -sottolineano
alla Coldiretti - si
tratta di una concorrenza
sleale nei confronti dei
produttori che utilizzano
esclusivamente latte fresco,
perché per produrre
un chilo di mozzarella
"tarocca" occorrono 700
grammi di cagliata, al
costo di soli due euro al
chilo, mentre il prezzo al
pubblico di un chilo di fior
di latte di qualità non può
essere inferiore ai 6,5/7
euro al chilo».
Per garantire la qualità dei
prodotti e tutelare il consumatore
nei prossimi
giorni la Camera discuterà
l’introduzione di un codice
operativo sulla tracciabilità
della mozzarella, una
specialità che continua a
registrare risultati più chepositivi.
Occorre raggiungere
un accordo condiviso
sul prezzo del latte ed
effettuare maggiori controlli.
Perchè solo il 10% delle
aziende del comparto
moz zarella di bufala campana
sono statisticamente
controllate mentre tutte le
altre sfuggono alla rete
delle verifiche.

18 Domenica 21 febbraio 2010 TERRITORIO
Le strade e le piazze
di Avellino e dei suoi paesi
si riempiono per l’annuale
appuntamento promosso
dalle Pro Loco coordinate
dall’Unpli provinciale
Chiusura con funerale
Il tradizionale appuntamento di «Carnevale
muorto» si terrà domenica 21 in diversi
paesi irpini. Per l’occasione si celebrerà il
funerale e ci sarà la lettura del testamento.
Le rappresentazioni più particolari sono
quelli di Bellizzi Irpino, Castelfranci,
Montemarano, Teora e Torella dei Lombardi.
In quest’ultimo paese si dà anche
fuoco al fantoccio.
Irpinia, storica terra del carnevale
La mappa delle diverse feste nel segno della tradizione e del divertimento
SONIA ACERRA
Affonda le sue radici nel
tempo il carnevale irpino
che anche quest’anno ritorna
con le sue le Zeze, la
tarantella montemaranese,
le quadriglie, il laccio d’amore,
le sfilate danzanti in maschera
e i carri allegorici.
Questa festa goliardica si
rifà ad antichi riti della civiltà
contadina ed ha caratteristiche
diverse, ma uniche
in ogni zona. Di generazione
in generazione se ne
sono tramandati gli usi e i
costumi che adesso sono
prerogativa di Pro loco e
gruppi locali, coordinati dall’Unpli
(Unione Nazionale
Pro Loco Italiane) provinciale
che è presieduto da
Giuseppe Silvestri. Per questo
anno, poi, il carnevale
irpino è rientrato nell’ambito
dell’iniziativa «Fuoco
Barocco», promosso dall’Ente
Provinciale per il
Turismo di Avellino. L’avvio
del carnevale si ha il 17 gennaio,
ricorrenza di Sant’Antonio
Abate, con il comune
detto «A Sant’Antuono
maschere e suono».
Per l’occasione si accendono
i fuochi che a Nusco sono i
più caratteristici. Si prosegue
in particolare nelle
domeniche successive e il
clou si ha la domenica, precedente
al martedì
grasso, che quest’anno
sarà il 14
febbraio, e il giorno,
appunto, di
carnevale che è il
16 febbraio. Tra i
più caratteristici
carnevali c’è quello
di Bellizzi, frazione
di Avellino che si
esibisce nella Zeza,
una scenetta comica
con maschere e
tipi fissi. Tradizione
quest’ultima
conservata anche
in altri Comuni irpini
seppure con
diverse versioni
come Baiano, Cesinali,
Forino, Mercogliano
(la cui musica è
stata colonna sonora del
film «Decameron» di Pier
Paolo Pasolini), Monteforte
Irpino, Montoro Inferiore e
Volturara Irpina. Non meno
particolare è il carnevale di
Montemarano che si svolge
a ritmo di una delle etnomusiche
conservate nel
tempo che è la tarantella.
Da vedere sono anche le sfilate
di Aiello del Sabato e
Castelvetere sul Calore. In
quest’ultimo paese il ritmo è
travolgente con sfilate in
maschera davvero particolari
e variopinte, accompagnate
da tanta musica. Di
grande impatto, poi, i carri
allegorici di Paternopoli che
per la 29 a edizione consecutiva
propongono in carta
pesta la satira dell’attualità.
Questa passione comunque
risale alla fine dell’Ottocento
con Antonio Basile e il
primo tentativo di realizzazione
di carri allegorici c’è
stata negli anni Quaranta
del secolo scorso. I carri si
trovano inoltre ad Avella,
Gesualdo (con ben 33 edizioni
consecutive), Santo
Stefano del Sole, Sperone,
Solofra. Si possono ammirare,
poi, i balli di tradizione
popolare quali il laccio d’amore
(antica danza propiziatoria
per la fertilità della
terra) a Baiano, Domicella,
Quindici, Lauro, Pago Vallo
Lauro e Taurano (con la
cantata dei Mise), la Ndrezzata
e la quadriglia a Cervinara,
la cattura dell’orso a
Chiusano San Domenico e
la «Mascarata» a Serino. Un
tipico spettacolo di Montoro
Superiore è la «Mascheriata»
con liriche zingaresche,
mentre a Teora
c’è la maschera di «Li
Squacqua» di antica tradizione,
conservata nel Museo
delle fonti e tradizioni
popolari di Caserta.
Di scena
la Zeza
Patrimonio artistico e culturale
della città di Avellino,
ma gelosamente custodita
dagli abitanti della
frazione di Bellizzi, la Zeza
è uno degli elementi
caratterizzanti il carnevale
irpino. La farsa burlesca
che appartiene al teatro
popolare è cantata e accompagnata
da strumenti
come i tamburelli, i clarinetti,
le nacchere e i triccaballacche.
Ospitata anche
al Carnevale di Venezia
la Zeza è stata mutuata
dalla tradizione napoletana
del Seicento che
poi si è persa e conservata
solo in Irpinia. Si narra la
storia di una giovane da
marito, Porzia, che il padre
Pulcinella non vuole
far sposare. La moglie
Zeza, però, al contrario
trama incontri per farla
fidanzare. Alla fine la ragazza
sposerà, dopo avverse
vicende, lo studente
don Zenobio. Tutti i ruoli
della scena, compresi
quelli femminili, sono
interpretati da uomini.
(S.A.)
Maschere
e tarantella
È un ballo popolare che risale
a tempi molto antichi,
la cui musica ha mantenuto
intatte le sue caratteristiche
originali. La tarantella
montemaranese ha diverse
versioni, ma si contraddistingue
per ritmo, motivo e
passi di danza unici. Le orchestre
di flauti, clarinetti,
tamburi e fisarmoniche accompagna
sempre i giorni
di carnevale che si svolgono
a Montemarano con u-
na sfilata processionale che
fa il giro del paese, in particolare
del suo corso, per
ore. I partecipanti sono
tutti vestiti con maschere
tipiche, ma anche moderne.
La danza come la musica,
eseguite a ritmo incalzante
e sostenuto assumono
un ritmo ossessivo,
giocoso e liberatorio.
Siccome è stata conservata
nel tempo a differenza di
altre questa danza è stata
oggetto di studio. Ad occuparsene,
in modo specifico,
il musicologo Roberto De
Simone e l’antropologo
Paolo D’Apolito. (S.A.)

TERRITORIO Domenica 21 febbraio 2010
19
Giuseppe Latronico
è nato a Sarconi, in
provincia di Potenza,
nel 1952. Diplomato
in Pittura
all’Accademia di
Belle Arti di Napoli,
sotto la guida dei
maestri Brancaccio e
De Stefano, insegna
discipline pittoriche
al Liceo Artistico di
Salerno, dove tutt’ora
vive e lavora. E’
anche restauratore.
Antonio Petti è nato
a Napoli nel 1936 e
vive a Salerno.
Disegnatore e scenografo,
si è dedicato
alla ricerca grafica
fin da giovanissimo.
Ha esposto i suoi
lavori in mostre personali
e collettive in
Italia ed all'estero.
Della sua grafica si
sono occupati scrittori
e critici d’arte di
chiara fama.
Pietro Lista è nato
nel 1941 a Castiglion
del Lago (Perugia).
Ha frequentato
l'Accademia di Belle
Arti di Napoli. Nel
1964 inizia la sua
attività espositiva.
Nel 1970 ha aperto
la galleria «Taide» a
Salerno, e ha fondato
la rivista «Taide -
Materiali minimi».
Si dedica anche alla
scultura.
Giovanni Tesauro è
nato a Salerno nel
1965. Nel 1988 si è
laureato
all'Accademia di
Belle Arti di Firenze,
dopo aver frequentato
i corsi di pittura
del prof. Italo Scelza.
Attualmente vive e
lavora sempre a
Firenze. Collabora
con la Galleria d’arte
«Il Catalogo» di
Salerno.
Eliana Petrizzi è nata
ad Avellino il 28
luglio del 1972. Si è
laureata in Lettere e
Filosofia (con lode)
con indirizzo Storia
della Critica
dell’Arte
all’Università di
Salerno. Nonostante
la sua giovane età, ha
già partecipato a
numerose mostre sia
in Italia che all'estero.
Sergio Vecchio è
nato a Castellabate
(SA) nel 1947. Vive e
lavora tra Salerno e
Paestum. Si è diplomato
al Liceo artistico
di Salerno e ha
studiato pittura
all’Accademia di
Belle Arti di Napoli.
Ha insegnato figura
e successivamente
discipline pittoriche
al Liceo artistico di
Salerno.
L’incontro con il professore Rino Mele che ha presentato il suo progetto artistico
Gli angeli fermano il tempo
«Questo calendario rappresenta l’illusione di vivere il presente»
Ugo Marano è nato a
Capriglia di Salerno
nel 1943. Risiede a
Cetara sulla Costiera
Amalfitana. Ha studiato
a Roma e a
Ravenna. La Facoltà
di Scienze della
Comunicazione
dell’Università di
Salerno gli ha conferito
la Laurea
Honoris Causa e il
dottorato. Scrive
articoli sulle problematiche
del linguaggio
contemporaneo
su un quotidiano
salernitano.
«Perché ho voluto fare un calendario
che ha per tema la figura degli angeli?
Perché in questo modo ho voluto
esprimere la mia curiosità per il
tempo, quell’entità misteriosa che cerchiamo
di fermare ma che ci sfugge
sempre. Il calendario rappresenta
quindi una forma di illusione. E gli
angeli si contrappongono a ciò con il
loro essere senza tempo». Così Rino
Mele (nella foto), professore di Storia
del Teatro nella Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università di Salerno, ha
spiegato ai venticinque praticanti
della Scuola di Giornalismo il suo
progetto artistico: il calendario 2010
intitolato «Angeli» (stampato da
«Gutenberg tipografia editrice»). Il
calendario è composto da quindici
opere di altrettanti artisti, tutte raffiguranti
gli angeli. Gli artisti che hanno
partecipato al progetto sono:
Giuseppe Latronico, Antonio Petti,
Pietro Lista, Giovanni Tesauro, Eliana
Petrizzi, Sergio Vecchio, Ugo Marano,
Virginio Quarta, Alfonso Mangone,
Angelo Michele Risi, Wanda Fiscina,
Casimiro Forte, Loredana Gigliotti,
Franco Longo e Adriana Sgobba (quest’ultima
presente all’incontro). Il professore
Mele ha iniziato il suo intervento
con una citazione da San
Tommaso: «Gli angeli inferiori conoscono
le ragioni delle operazioni divine
attraverso la luce degli angeli superiori»,
sottolineando come Dante
Alighieri nella «Divina Commedia» li
ponga nell’ultima delle gerarchie celesti,
la più lontana da Dio ma la più
vicina agli uomini. Gli uomini però,
secondo Mele, «non credono più agli
angeli, li considerano un tema archeologico».
Eppure gli artisti che hanno
creato il calendario hanno trovato
ispirazione dalla realtà, per esempio
chi dal mondo del lavoro nei campi
(come Virginio Quarta nel mese di
giugno) o chi dalla propria figlia
(come Giuseppe Latronico nell’ultima
pagina). L’incontro si è prestato a
riflessioni più filosofiche che teologiche,
soprattutto quando Mele ha
voluto riflettere sul tempo: «Su questo
tema la penso come il filosofo Sant’Agostino,
che era ben cosciente di
cosa fosse ma non era in grado di spiegarlo.
E credo che con un calendario -
ha aggiunto Mele - si voglia tentare di
controllare il presente che fugge via.
Perciò i protagonisti di questo progetto
artistico sono gli angeli che, sottratti
alla punizione del tempo, sono “atemporali”».
E al termine, la pittrice
Adriana Sgobba ha voluto spiegare la
sua opera (gennaio 2011) e il suo rapporto
con il tempo: «Il mio angelo è
una figura efebica, non ha ali ma un
sipario di fuoco che lo tormenta. E
questa sofferenza può essere quella
che da sempre provo per il tempo
futuro che mi spaventa».
Virginio Quarta è
nato a Taranto nel
1938. Si stabilisce a
Salerno con la famiglia
all'inizio degli
anni cinquanta: dal
1954 al 1958 frequenta
il Liceo artistico
di Napoli, dove
ha studiato, tra gli
altri, con Guido
Tatafiore. Dagli anni
novanta s'interessa
alla ceramica, presentando
i suoi lavori
al premio «Viaggio
attraverso la ceramica»
di Vietri sul
Mare.
Pagina a cura di
FRANCESCO PADULANO
Casimiro Forte è
nato a Salerno nel
1939. Ha frequentato
il Liceo artistico di
Napoli ed ha insegnato
disegno fino al
1984. La sua intensa
attività espositiva è
iniziata nel 1964 con
unanimi consensi di
critica e di pubblico.
Sue opere figurano
in prestigiose collezioni
e sono in permanenza
presso
«Liolàrt» di
Terrasini, la «Fidia»
di Roma, la «S.
Barnaba» di Milano.
Angelo Michele Risi
è nato a Fisciano
(SA) nel 1950. Sono
numerose le sue
mostre personali, tra
le quali quelle alla
«Lapis Arte» di
Salerno, alla galleria
comunale d’arte contemporanea
di
Scafati, al museo
d’arte contemporanea
di Paestum,
all’Accademia di
belle arti di Napoli,
alla villa Rufolo di
Ravello, alla villa
Campolieto di
Ercolano.
Wanda Fiscina vive e
lavora a Salerno. Ha
vissuto per molti
anni a Napoli, dove
ha frequentato gli
studi artistici.
Docente di discipline
plastiche e di discipline
pittoriche nei
Licei artistici, ha
esposto le sue opere
di pittura, di scultura
e di ceramica in
numerose città italiane.
Sue opere sono
esposte nella
Pinacoteca
Provinciale di
Salerno.
Alfonso Mangone è
nato ad Altavilla
Silentina nel 1958.
Nel 1990 si trasferisce
in Olanda, partecipando
a diverse
mostre nelle maggiori
città olandesi.
Oltre ad opere pittoriche,
in Olanda ha
realizzato anche
murales in spazi
pubblici come
metropolitane, teatri,
discoteche e parchi.
Nel 1995 si è trasferito
a Berlino, per
poi ritornare stabilmente
in Italia.
Loredana Gigliotti è
diplomata al Liceo
artistico di Salerno e
all’Accademia di
Belle Arti di Napoli
in pittura. Ha insegnato
discipline pittoriche
al Liceo artistico
e all’Istituto
d’Arte di Salerno.
Dal 1975 ad oggi ha
partecipato a numerose
mostre in Italia
e all’estero: Roma,
Bologna, Firenze,
Bari, Taranto,
Napoli, Salerno, New
York, Londra,
Monaco di Baviera.
Franco Longo è nato
a Salerno nel dicembre
del 1945. Ha
conseguito il diploma
di laurea presso
l'Accademia di Belle
Arti di Napoli ed è
docente di Discipline
pittoriche e percezione
visiva presso il
Liceo Artistico di
Salerno. Nel gennaio
del 2002 ha allestito
la mostra personale
«Corpus» presso lo
Studio 34 di Salerno
(catalogo con testi
del professore Rino
Mele).
Adriana Sgobba è
nata a Santo Spirito,
Bari. Ha conseguito
il diploma in Arte
Pittorica presso
l'Istituto d'Arte di
Bari e poi in decorazione
pittorica presso
il Magistero
Artistico di Napoli.
Ha insegnato
Educazione Artistica
presso il
Conservatorio S.
Pietro a Maiella di
Napoli e il
Conservatorio
Umberto Primo di
Salerno.

20 Domenica 21 febbraio 2010 SPETTACOLI
Dopo il boom di incassi
del tridimensionale Avatar
il Governo firma il decreto
sul credito d’imposta
per adeguare le sale
Ancora numerosi i dubbi
sul futuro della visione
in stereoscopia
Una scena di “Alice in Wonderland”
Quanto è reale
quella finzione
Rendere reale la finzione è
da sempre l’intento del cinema.
Fin da quel 1896, quando
un cronista così descrisse
la proiezione del famoso
film dei Lumière “L’arrivo di
un treno nella stazione di La
Ciotat”: «un treno occupa lo
schermo. Sembra proprio
che voglia precipitarsi nell’oscurità
in cui sediamo».
Oggi il 3D sembra poter catapultare
il pubblico in una
fantasia collettiva sempre
più vicina alla realtà. Un
passo avanti verso il “cinema
odoroso” descritto da
Aldous Huxley e che coinvolgeva
tutti i sensi dello
spettatore? Senza dubbio,
una vecchia aspirazione del
cinema. Le prime vere applicazioni
risalgono agli anni
Cinquanta. Ma la complessità
dei procedimenti, le
modifiche agli impianti di
proiezione e l’affaticamento
visivo per lo spettatore decretarono
il fallimento di
alcuni sistemi, tra cui quello
ad anaglifo (anaglifo è una
coppia di fotografie stereoscopiche
a due colori complementari)
che costringeva
a indossare occhiali con una
lente rossa e una verde.
Le motivazioni del fallimento
del 3D negli anni Ottanta,
L’industria dei film in crisi
punta sulla tecnologia
quindi, sono simili alle perplessità
avanzate oggi da
tecnici, esperti del settore o
semplici scettici che chiedono
risposte soprattutto sui
fastidi provocati dagli occhialini
per la visione in 3D,
messi sotto accusa dal Codacons,
l’associazione dei
consumatori, e oggetto di
Parla Mirra, vice dell’Anec Campania
«Il cinema
non cambia
con il 3D»
Tax credit per la digitalizzazione
recenti controlli dei Nas.
Propagandato come il futuro
del cinema, il 3D è considerato
come ancora di salvezza
tra i venti di crisi che
turbano l’esercizio cinematografico
nazionale.
In Italia, infatti, dal 2000 al
2009 hanno chiuso 750 sale
per progressiva emorragia
Le “tre dimensioni” sono in una delicata
fase di espansione. Vari i dubbi sulla
qualità tecnica. In Italia su 4mila sale,
sono circa 340 quelle attrezzate per il
3D. Guglielmo Mirra, vice presidente
Anec Campania (Associazione Na-zionale
Esercenti Cinema) affronta il tema
della digitalizzazione delle sale in
Campania.
A che punto è la Campania nel passaggio
al 3D?
La Campania sconta ritardi nella digitalizzazione
causati dal ritardo dello sviluppo
dei multiplex rispetto al nord. Ma
ci stiamo lentamente adeguando. Anche
perché la digitalizzazione richiede
un investimento oneroso: circa 150mila
euro a proiettore.
Ora con il credito di imposta il peso
economico dovrebbe essere sostenibile.
Sì, dovrebbe arrivare a coprire il 40-50%
del costo sostenuto. Gli incassi stanno
andando bene. Ad esempio nel primo
week end “Avatar” con 400 copie in 3D
ha incassato 7 milioni di euro, con 440
Prossimamente
Prevista una nuova uscita
in 3D ogni tre settimane.
Il 19 febbraio “Il richiamo
della foresta”, il 5
marzo “Alice in Wonderland”
di Tim Burton,
“Dragon Trainer” il 26,
“Scontro tra Titani” il 2
aprile, l’horror “The hole”
il 16 e il documentario
“Oceans” il 23 aprile.
di pubblico. Per questo
l’Anec, l’Associazione nazionale
degli esercenti di cinema,
ha spinto per ottenere
aiuti governativi. A fine gennaio
il ministro dell’Economia
Tremonti ha firmato il
decreto, non ancora in vigore,
sul credito d’imposta
all’esercizio cinematografico
per il passaggio alla tecnologia
3D. L’Anec ha
intenzione di far estendere
l’efficacia delle misure
fiscali oltre il 31 dicembre
2010, termine previsto
dalla normativa.
E ora è corsa al 3D. E’ atteso
in sala a metà 2011
“Ghostbusters 3” di Ivan
Reitman in 3D. Si pensa
anche a rimasterizzare in
3D “Harry Potter e i doni
della morte” del 2008. In
stereoscopia anche “Alice
nel paese delle meraviglie”
di Tim Burton, “Il richiamo
della foresta”, “Toy Story”,
“Shrek” e la riedizione de
“La Bella e la Bestia”. Da
aprile sarà nelle sale italiane
“Scontro tra Titani” in 3D, il
remake dell’omonima pellicola
del 1981.
Servizi di
GERMANA GRASSO
copie normali ne ha incassati 3 milioni.
Quindi una copia in 3D incassa il doppio,
però ha costi più elevati. Tra cui la
gestione dei chiacchierati occhialini.
Alcuni locali devono gestire tremila
occhiali non usa e getta, che costano 30-
40 euro, che si devono ricaricare, che
devono essere sterilizzati in apposite
lavatrici e che comunque si rompono
perché la qualità non è ancora al top.
In periodo di crisi si guarda al 3D
come a un’ancora di salvezza?
Non penso che il 3D cambierà il cinema.
Ci sono ancora molti problemi.
Accadrà che i film non in 3D passeranno
nelle seconde sale. I multiplex riusciranno
a gestire meglio la situazione, ma
gli altri cinema avranno le sale più
importanti bloccate dal 3D. In queste
strutture tanti buoni film non arriveranno.
E questo preoccupa i distributori
di pellicole che si sono premuniti con
contratti per l’uscita di film in 3D. La
programmazione è piena fino a Natale
prossimo.
Quante sono le sale per il 3D a
Napoli?
Tra poco diventeranno sette. Poche, ma
sono le più capienti della città.
ROBERTO CASALINO
Il cantautore
che vive
nell’ombra
STELLA COLUCCI
Un cantautore pontino, di origini irpine, dietro il
successo di Giusy Ferreri e Tiziano Ferro. A
Latina abita Roberto Casalino, l’autore di “Non ti
scordar di me” e “Novembre” i brani che hanno
reso celebre nel 2008 la seconda classificata del
programma musicale Rai “XFactor”, Giusy Ferreri.
Roberto nasce ad Avellino nel 1979, da genitori
originari di Quadrelle, ma trascorre la maggior
parte della propria vita nel Lazio, salvo una
parentesi, inizio anni Novanta, in Germania.
Fin da piccolo dimostra una certa attitudine alla
musica e all’arte in genere, a soli 12 anni compone
la sua prima canzone, testo e
Un brano
per Mina
musica, interamente in inglese. A
Latina, sua città adottiva, ai
tempi del Liceo conosce un
ragazzo che come lui gioca nella
squadra di pallavolo della scuola
superiore, con quel ragazzo,
Tiziano Ferro, condivide la passione
per la musica.
I due collaborano alla scrittura di
molti pezzi portati al successo da
Tiziano Ferro e anche quando
uno dei due scrive da solo prima
di incidere il brano si consiglia
con l’altro. Entrambi hanno parlato
di una reciproca influenza
musicale cominciata fin da adolescenti.
Per Roberto, diversamente
da Tiziano, non arriva subito il
successo e spesso si confonde la
“paternità” dei brani che lui scrive
per gli altri con Tiziano Ferro.
La stessa Giusy Ferreri non ha ancora
chiamato Roberto per ringraziarlo
dei brani scritti da lui e
che l’hanno resa famosa.
La vena creativa continua ancora
nel 2009, quando scrive per Iva
Zanicchi “Tu non sai” contenuta
nell'album Colori d'amore e per
Alessandra Amoroso, vincitrice
di Amici di Maria De Filippi, la
canzone “Per ora, per un po'” presente nell'album
Stupida. In passato ha scritto anche per
Syria e gli Mp-2. Nel 2009, sulla scia dei successi
come autore, arriva l’occasione per pubblicare il
suo primo album ufficiale e farsi così conoscere
non solo come autore di celebri canzoni, ma
anche come cantautore.
“L’Atmosfera nascosta” è in tutti i negozi a partire
dal 22 maggio 2009. Il cd presenta quattordici
tracce, testi e musica scritti tutti da Roberto, l’opera
racchiude un lavoro cominciato da anni, un
contenuto di esperienza e maturazione artistica
vissute sulla propria pelle. I brani sono disposti
seguendo il ritmo pop–rock e acustico che caratterizza
l’autore. L’etichetta indipendente “Lead
Records-NiSa” di Mario Zannini Quirini ha prodotto
il primo album di Casalino.
I suoi brani nascono
da esperienze realmente
vissute.
Roberto in borsa ha
sempre un taccuino
e un registratore,
perché dovunque
può nascere una
nuova canzone.
Con “l’Atmosfera
nascosta” è uscito
allo scoperto.
Il disco a una settimana
dalla pubblicazione
era già nella
lista dei trenta cd
più acquistati.
Il cantautore latinense,
che sogna un
giorno di poter scrivere
un brano per
Mina, già lavora
per nuovi “singoli”
in compagnia
della sua band.

Nella più bella
fra le quattordici
frazioni del Comune
di Massa Lubrense
sentieri di trekking
immersi nel verde
con veduta omaggio
sulle bocche di Capri
WEEK END
Domenica 21 febbraio 2010
21
JOSÈ ASTARITA
Metti un giro a Termini
Al centro dell’ultimo comune
della Penisola sorrentina Massa
Lubrense, c’è la frazione di
Termini, una delle quattordici
che ne compongono il territorio.
Questo piccolo borgo racchiude
in se tutte le bellezze
dell’area costiera. Non difficile
da raggiungere, infatti, così
come Massa Lubrense, Termini
è collegato al resto della
Penisola dalla Statale sorrentina
(SS145). La strada del
“Nastro d’Oro” che unisce il
Comune lubrense con la sua
frazione permette al turista di
restare affascinato dai paesaggi
che intrecciano
oliveti e
agrumeti con il
blu del mare,
come la bandiera,
che lo
scorso anno è
stata assegnata
alle acque di
Massa Lubrense.
Tante peculiarità
per un territorio
sinuoso
fra colline e
spiagge si sintetizzano
al
Area protetta
La zona di Punta Campanella
e della Baia di Jeranto dal ‘97
è stata sottoposta al vincolo
di Area naturale protetta.
Si passeggia nella storia
tra Cima Croce e Jeranto
meglio nella frazione collinare
di Termini. Questo piccolo
borgo si estende dal Monte
San Costanzo sino al promontorio
di Punta Campanella che
divide i golfi di Napoli e
Salerno. L'importante nucleo
abitato è costruito tutt'intorno
alla chiesa di Santa Croce,
eretta in parrocchia nel 1566,
ma numerosissime sono le
vecchie case coloniche sparse
sul territorio. Di fronte alla
Torre Minerva
Torrione d’avvistamento contro
la pirateria, postazione
delle batterie di Gioacchino
Murat contro gli inglesi.
chiesa parrocchiale, di recente
cotruzione, è stato realizzato
un belvedere dal quale
a turisti ed escursionisti sono
ben visibili le caratteristiche
dei due golfi campani.
La particolarità di questo piccolo
borgo sta nella bellezza
dei suoi sentieri. Il giro classico
è in effetti un triangolo i cui
vertici sono Termini, Monte
San Costanzo e Punta della
Campanella: uno porta alla
San Costanzo
Santo patrono di Termini, il
cui tempio è stato edificato
in un luogo impervio sui
resti del tempio di Minerva
cima Croce, il punto più elevato
di Massa Lubrense (m 498),
l’altro alla cappella del Santo,
sul cui ultimo tratto si notano
resti di scalini di roccia calcarea
di matrice greca. Il ritrovamento
di cocci di terrecotte fa
pensare all’ipotetica esistenza,
in questo posto, del controverso
tempio di Minerva. Un altro
sentiero dal monte San Costanzo
scende giù sino alla
Punta della Campanella vertice
dell’insenatura denominata
Baia di Jeranto. Questa panoramica
passeggiata permette,
costeggiando la Baia, di raggiungere
la Torre Minerva, torrione
di avvistamento, eretto
da Roberto
D’Angiò nel
XIV secolo
con Capri come
sfondo.
E si passeggia
fra sacro e
profano, fra
collina e mare,
da Minerva
a Murat
raccontando
una
parte di storia
lunga oltre
due millenni.
Calamari ripieni
Ingredienti per quattro persone:
calamari medi 800gr
olive di Gaeta 100-150gr
pangrattato
prezzemolo
vino bianco per sfumare
olio, sale, pepe.
Preparazione:
Pulite i calamari e separate le teste dai tentacoli.
Fateli scottare in acqua salata bollente
per 3-4 minuti. Scolate, mettete da parte
le teste. Tagliate finemente i tentacoli,
disponeteli in una ciotola e mescolateli con
il pangrattato, l’olio, le olive denocciolate
tagliate in pezzettini e del prezzemolo tritato.
Disponete l’amalgama contenuto nella
ciotola e le teste dei calamari in una padella,
aggiungete poco olio e fate cuocere per 2-3
minuti sfumando leggermente con il vino
bianco e salate. Fate raffreddare il tutto per
qualche minuto.
Riempite le teste dei calamari con l’amalgama
che avete nel frattempo fatto andare in
padella. Mettete dell’olio in una teglia da
forno, spolverate il fondo con del pangrattato,
disponeteci sopra le teste ripiene dei
calamari e aggiungete una dose leggera di
vino bianco. Fate cuocere in forno preriscaldato
180° per 15-20 minuti. Impiattate i
calamari aggiungendo a gusto del pepe nero
macinato.
I vini:
di Francesco Maria Borrelli
Vulpis Falanghina igt, i Borboni oppure
Numeroso igt rosso, i Borboni.

22 Domenica
21 febbraio 2010 SPORT
Al Pala del Mauro le Final Eight di Coppa Italia
Avellino capitale
del basket italiano
E’ la seconda volta che l’evento si svolge al Sud
Dopo dieci anni e per la seconda
volta nella storia, le Final Eight di
Coppa Italia di Basket si giocano al
Sud. E’ la città di Avellino, dopo la
parentesi del 2000 di Reggio
Calabria, ad avere l’onore di ospitare,
quest’anno, l’edizione 2010.
L’idea di portarla nel capoluogo
irpino, dopo il duopolio Forlì-
Bologna, è nata con la rinuncia a
sorpresa del patron della Virtus,
Claudio Sabatini, ad organizzare
l’evento nella città emiliana, così
com’era accaduto negli ultimi tre
anni. L’amministratore delegato
dell’Air Scandone, Luigi Ercolino,
ha subito lanciato Avellino come
possibile sede della competizione.
La Lega, a fine novembre, aveva
accettato la candidatura di Avellino,
ma i lavori di organizzazione
hanno subìto un rallentamento
quando la Lottomatica Roma,
esclusa dalle prime otto alla fine
del girone d’andata, aveva avanzato
anch’essa la proposta di organizzare
la manifestazione. Lo scippo,
però, non è riuscito. Lo scorso
25 gennaio, i presidenti di serie A,
riuniti in assemblea di Lega,
hanno votato all’unanimità a favore
di Avellino, come sede della kermesse.
La prima edizione della Coppa Italia
si svolse nel 1968 e fu vinta dalla
Fides Napoli. La formula della
competizione, interrotta tra il
1975 e il 1983, è variata nel corso
degli anni. Dal 1990, dopo una fase
eliminatoria, si affrontavano per la
conquista del trofeo quattro squadre
con la formula della Final Four,
semifinali e finale in gara secca,
nello stesso impianto. A partire
dal 2000, invece, sono le prime otto
squadre classificate al termine
del girone d'andata della serie A a
disputarsi il trofeo in una Final
Eight nell’arco di quattro giorni.
Dopo sette anni di dignitosa permanenza
in serie A, la svolta per
l’Air Avellino arriva nel 2007/2008,
quando la società viene rilevata da
Vincenzo Ercolino. Da allora in
poi la Scandone si qualifica per tre
volte consecutive alle finali di
Coppa Italia, vincendo il trofeo
alla prima partecipazione. La famiglia
Ercolino ha avuto solo venti
giorni per organizzare al meglio
l’evento e, per evitare di farsi trovare
impreparata al primo appuntamento,
ha ingaggiato l’esperto
Sabatini. «Sono contento per la
fiducia della famiglia Ercolino.
Quest'anno festeggiamo i 150 anni
dell'Unità d'Italia – continua Sabatini
- e portare la manifestazione al
Sud è stato un gesto per riavvicinare
il Mezzogiorno al Nord. Dal Sud
abbiamo tanto da imparare soprattutto
dal punto di vista dell’entusiasmo
e della passione. E’ un territorio
fantastico, in particolare la
Campania, dove c’è una grande
tradizione cestistica. Vedi Caserta,
Avellino e Scafati. Napoli, purtroppo,
è una storia un po’ antipatica
che merita più attenzione. Da nessuna
parte esistono quattro società
importanti nel giro di 40 chilometri».
Soddisfatto anche il sindaco
di Avellino, Giuseppe Galasso.
«Aver avuto qui le Final Eight
significa aver vinto sul piano morale
e sportivo ed è stato un grandissimo
riconoscimento per la città
e l’intera provincia. L’evento è
stato arricchito con altre iniziative
in parte connesse con il mondo del
basket e in parte con motivazioni
turistiche ed enogastronomiche,
che hanno attirato nella nostra
città i tifosi e le loro famiglie». La
struttura alberghiera ha retto all’esigenza
di ospitare atleti, dirigenti
e tifosi provenienti da tutta Italia.
Circa dodicimila le persone arrivate
in città per assistere all’evento.
Le istituzioni sono state vicine alla
famiglia Ercolino garantendo contributi
economici e strutturali, che
hanno portato alla buona riuscita
della manifestazione.
Pagina a cura di
STELLA COLUCCI
GIANNI IANNACCONE
CASERTA
Dall’inferno al paradiso
La squadra di Caputo ritorna tra le grandi
La Juvecaserta torna a recitare un ruolo da
protagonista nel panorama cestistico italiano.
Dopo 14 anni di esilio forzato tra
retrocessione e fallimento, all’ombra della
Reggia ritorna lo sport che ha dato maggiori
soddisfazioni alla città.
La società nasce nel 1952 ad opera di un
gruppo di appassionati locali. La grande
era con il presidente Giovanni Maggiò. La
prima storica promozione in serie A1 arriva
nel 1983. Da qui in poi inizia un periodo
ad alti livelli, ma che la fanno apparire
l'eterna incompiuta, sempre seconda. La
maledizione si rompe nel 1988 con la vittoria
del suo primo trofeo: la Coppa Italia.
Ma la sfortuna ritorna dopo appena un
anno, quando perde altre due finali: quella
di Coppa delle Coppe contro il Real
Madrid e quella di Coppa Italia contro la
Virtus Bologna. Ma il trofeo più prestigioso
deve ancora arrivare. Caserta diventa
campione d’Italia nella stagione
1990/91, battendo la plurititolata Olimpia
Milano. Un traguardo mai raggiunto
prima da una squadra meridionale, primato
tuttora presente. Paradossalmente la
vittoria dello scudetto segna anche l’inizio
della fine.
Nel 1994 Caserta retrocede in A2 e dopo
tre anni di agonia scompare del tutto. La
lenta risalita ha inizio con due squadre
dalla serie B2, che nel 2003 decidono di
unirsi, dando vita alla Juvecaserta Basket.
Nel 2008, con Caputo presidente, il ritorno
in serie A1 e un anno dopo la qualificazione
alle Final Eight di Coppa Italia.
SIENA
MILANO
BOLOGNA
CANTU’
MONTEGRANARO
BIELLA
La più
antica
La Montepaschi Siena è la
più antica società in Italia.
Fa parte della Polisportiva
"Mens Sana in Corpore Sano
1871", nata grazie all'opera
di alcuni studenti universitari.
Approda in serie
A nel 1973. Ma è durante
gli anni '90 che la squadra
toscana inizia a recitare un
ruolo di primo piano nel
massimo campionato. Dal
2002 ha conquistato ben
quattro scudetti, una Coppa
Italia, quattro Supercoppe
italiane, una Coppa
delle Coppe e per tre volte
si è qualificata per le final
four di Eurolega, entrando
così nell’élite della Pallacanestro
europea.
Signora
scudetto
L’Olimpia Milano, oggi
Armani Jeans, fondata nel
1936 da Adolfo Bogoncelli,
è la squadra più titolata
d’Italia. Ha vinto trentotto
trofei a livello professionistico,
tra cui venticinque
scudetti, tre Coppe dei
Campioni, quattro Coppe
Italia, due Coppe Korac e
una Coppa Intercontinentale.
Insieme a Cantù e Varese,
forma quello che, negli
anni ‘60, ’70 e ‘80, era
definito "il Triangolo d'Oro"
del basket. Non vince la
Coppa Italia dal 1995/96,
anno in cui conquistò anche
il suo venticinquesimo
scudetto.
Record
di successi
La Virtus Bologna è una
delle più importanti società
in Italia e in Europa.
Nasce tra il 1927 e il 1929
grazie all’inventiva di cinque
ragazzi che formano
per la prima volta il quintetto
delle “V nere”. Con
otto vittorie, la Virtus detiene
il record di successi in
Coppa Italia, alle quali si
aggiungono quindici scudetti,
una Supercoppa italiana,
due Eurolega, una
Coppa delle Coppe e un
Euro Challange. Nel 2003
il disastro. La Virtus viene
radiata dalla Federazione,
ma è salvata in extremis
da Sabatini, che dopo due
anni la riporta in serie A.
Sul tetto
d’Europa
Cantù è la seconda squadra
più titolata nelle competizioni
europee dopo il
Real Madrid e per questo
motivo chiamata la "Regina
d'Europa". Nasce nel
1936, come l’Olimpia Milano,
grazie a Mario Broggi
e Angiolino Polli. La squadra
canturina cotruisce i
suoi maggiori successi soprattutto
negli anni ’70 e
’80, in cui vince tre scudetti,
due Coppe Campioni,
quattro Coppe delle Coppe,
quattro Coppe Korac e
due Coppe Intercontinentali.
L’unico trofeo che manca
nella bacheca di Cantù è
proprio la Coppa Italia.
La favola
gialloblù
La Sutor Basket Montegranaro
viene fondata nel 1955
e dalla stagione 2006/2007
milita nella Lega Basket Serie
A. Con i suoi 13.400 abitanti,
è la più piccola città
italiana a schierare una
squadra nel massimo campionato.
Al primo anno di
serie A centra subito la qualificazione
alle Final Eight di
Coppa Italia. La stagione
successiva partecipa di nuovo
alle Final Eight, dove viene
eliminata dall’Air Avellino,
che poi vincerà la Coppa
Italia. I gialloblù chiudono
il campionato al quarto
posto, centrando per la
prima volta la qualificazione
ai playoff scudetto.
Giovane
e bella
Biella è la società più giovane
del panorama cestistico
italiano. Viene fondata
nel 1994 dalla fusione
delle due vecchie squadre
della città: Biella Basket
Club e Amici del Basket
Biella. In soli quattro anni
passa dalla B2 alla serie A2
e nel 2001 conquista la storica
promozione nel massimo
campionato.
In nove anni di Serie A,
centra per tre volte la qualificazione
ai playoff scudetto,
arrivando in semifinale
nel 2008/2009 e per
due volte, compresa quella
di quest’anno, l’accesso alle
final eight di Coppa Italia.

SOLIDARIETA’
SPORT
Domenica 21 febbraio 2010
Dal continente nero alla città del sole trenta ragazzi prendono a calci il razzismo
Afro-Napoli: uniti nel pallone
«In campo siamo tutti uguali, ci divertiamo e i problemi volano via»
23
VALERIO ARRICHIELLO
La rivolta degli immigrati a
Rosarno, il “White Christmas”
di Coccaglio, spesso
l’integrazione tra italiani ed
extracomunitari sembra un
autentico miraggio. Dibattiti
politici, scontri, confronti,
eppure a volte la soluzione è
più semplice di quanto si
pensi: basta un pallone.
È quanto accaduto ai ragazzi
dell’Afro-Napoli United,
squadra di calcio dilettantistica,
composta da 13 napoletani
e 17 africani, provenienti
da Tunisia, Senegal,
Tanzania, Nigeria e Costa
d’Avorio. Basta andarli a vedere
il martedì sera, durante
l’allenamento settimanale ai
campi Kennedy, ai Camaldoli,
per scorgere un’atmosfera
particolare, si suda e si
fatica ma sempre col sorriso
sulle labbra. «Quando corriamo
dietro al pallone siamo
tutti uguali, le differenze
sociali e di razza non ci sono
più, giocando e stando insieme
ci scordiamo di tutti i
nostri problemi», dice Hamath
Sow, ”Johnny” per gli
amici, ideatore della squadra
con Antonio Gargiulo.
Johnny è laureato in gestione
delle risorse umane, viene
dal Senegal e qui in Italia si
occupa della tutela dei diritti
degli immigrati. Antonio è
un commercialista, spesso a
contatto con cooperative
che operano nel sociale. I
due si conoscono qualche
anno fa, diventano amici e
iniziano a giocare insieme:
nasce il sogno di una squadra
afronapoletana che nel
Sognando Roby Baggio
Ibrahim viene dalla Costa
d’Avorio, ha 30 anni e di
giorno lavora come ambulante
a piazza Garibaldi.
Ma la sera, quando gioca,
si trasforma in una mezzapunta
e torna il bambino
che vedeva le partite
del calcio italiano e sognava
di diventare come
Roby Baggio. Monaam è
tunisino, nel suo paese ha
giocato in serie B. Era
venuto in Italia per fare il
calciatore, adorava Zidane,
ma i problemi col permesso
di soggiorno lo
hanno frenato. Ora fa il
commerciante, ma grazie
all’Afro-Napoli è tornato a
sognare: «Vogliamo vincere
il campionato».
settembre 2009 diventa realtà.
Johnny gioca in difesa,
Antonio fa il presidenteallenatore.
I problemi non
mancano, soprattutto sul
piano economico ma si sopperisce
con l’entusiasmo e
con l’autotassazione. Ognuno
contribuisce in base alle
proprie possibilità perché
molti non lavorano.
L’Afro-Napoli partecipa al
campionato provinciale
Aics perché la Figc pone
limiti rigorosi sul numero di
extracomunitari che si possono
avere in rosa, una regola
che in una società sempre
più multietnica, andrebbe
probabilmente rivista per
favorire l’integrazione. L’obiettivo
immediato è qualificarsi
ai playoff e magari vincere
il campionato, quello
futuro è di estendere il progetto
ad altri sport e creare
un settore giovanile. Comunque
vada, un risultato è
già stato raggiunto: dimostrare
che si può stare bene
insieme nonostante le diversità.
I ragazzi, oltre che compagni
di squadra, sono diventati
amici che escono insieme
la sera per una pizza o
per un kebab e si aiutano a
vicenda. E ancora una volta
Napoli si dimostra densa di
contraddizioni, la città della
camorra e della monnezza
che ogni tanto apre il suo
cuore grande e si rende protagonista
in positivo: «In
Italia – dice Johnny – state
scoprendo ora l’immigrazione,
ma Napoli è diversa, è un
pezzo d’Africa, ai miei amici
napoletani dico: voi siete
africani bianchi»
I playoff l’obiettivo minimo
Ecco la rosa dell’Afro-
Napoli United. La squadra,
iscritta al campionato
provinciale Aics, alla
fine del girone d’andata è
al 4° posto ed è quasi
qualificata alle semifinali
di Coppa. L’obiettivo è
arrivare tra le prime 8
per poi giocare i playoff.
Allenamenti ai Camaldoli
L’Afro-Napoli si allena e
gioca le gare interne al
campoKennedy. Unico
inconveniente il freddo
dei Camaldoli, l’ultimo
match è stato sospeso
per maltempo, così i ragazzi
africani hanno scoperto
che anche a Napoli
può esserci la nebbia.
GLI EMIGRANTI DELLO SPORT: ANTONIO MIRANTE (7
L’atleta che venne dal mare
Il portiere del Parma è stabiese: «Difficile andarsene, ma ne è valsa la pena»
A 16 anni
era già
alla Juve
Antonio Mirante è nato
a Castellammare di Stabia
l’8 luglio 1983. Debuttò
in Serie D al
Sorrento, a 16 anni, poi
passò alle giovanili della
Juventus. Seguono stagioni
a Crotone, Siena,
ancora Juve, Sampdoria
e Parma. E’ stato convocato
6 volte in U21.
Mirante vive da dieci
anni da solo nelle città
dove gioca, prima nei
collegio e ora in una sua
casa. Appena ha due
giorni liberi torna a Castellammare
per stare
con i suoi, con il fratello
e la sorella. (o.s.)
ORLANDO SAVARESE
Antonio Mirante, è stata una sua
scelta quella di lasciare la Campania
per realizzarsi in altri lidi?
Diciamo che è stata più un’occasione
che una scelta. L’offerta di andare
a giocare nella Juventus era di quelle
che non si potevano rifiutare, e io
l’ho presa al balzo.
Quanto è stato difficile cercare di
realizzarsi al Nord?
All’inizio è stato un po’ traumatico
perchè ho dovuto lasciare casa, la
famiglia e gli affetti per realizzare i
miei sogni. Con il senno del poi,
devo dire che tutte queste difficoltà
mi hanno aiutato a crescere, ed è
stato un sacrificio ben ripagato.
Il ruolo della sua famiglia?
Importantissimo, se non fondamentale,
perché hanno rispettato le mie
scelte non lasciandomi mai solo e
facendomi sentire la loro presenza.
L’avere una famiglia sana alle spalle è
molto importante per la carriera di
un calciatore.
A sinistra
Antonio Mirante
in Parma-Chievo
dello scorso
novembre.
A destra
un primo piano
del portiere
dei ducali.
Ringraziamenti in particolare?
Ne ho tanti: alla mia famiglia appunto,
a chi ha creduto in me come il
direttore generale del Parma Pietro
Leonardi. Un ringraziamento speciale,
poi, lo rivolgo al mio allenatore
quando ero piccolo, Ernesto Ferrara,
che mi ha sempre incoraggiato
e sostenuto, dandomi sicurezza nei
momenti difficili, e regalandomi una
bella dose di autostima.
Sono ormai quattro anni che
gioca al Nord. Cos’ha di speciale il
Nord rispetto al Sud?
Al Nord la gente è più concentrata
sul lavoro, si vive meno alla giornata.
Al Sud rimangono saldi certi
principi come quelli delle relazioni
sociali, dell’incontro al bar, al circolo...
Ha avuto anche modo di fare da
secondo nientemeno che a Gigi
Buffon. Cos’ha imparato lavorando
al fianco del portiere campione
del mondo?
Lavorare con Buffon mi ha insegnato
che, anche se sei il numero uno al
mondo, devi sempre metterti in
discussione. La qualità è importante,
ma senza la professionalità e il
sacrificio non si va da nessuna
parte. Nessuna.
Il Parma è una neopromossa, ma
con una tradizione recente molto
lusinghiera. Dove volete arrivare
quest’anno?
Abbiamo iniziato tenendo il passo
delle grandi, e questo ci ha inorgogliti
molto. Eravamo comunque
consapevoli già allora che quella
posizione di classifica potesse essere
temporanea. E’ nostra ferma
intenzione continuare a giocare
bene e non mollare niente.