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La rivolta dei senza niente

Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno<br />

Direttore Biagio Agnes<br />

Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno<br />

tel. 089.969437 - fax 089.969618 - email: giornalismo@unisa.it<br />

Sped. Abb. Post. - 70% -<br />

CNS/CBPA Sud/Salerno<br />

Anno V n. 32 € 0,50 Domenica 7 marzo 2010<br />

L’analisi<br />

Salerno<br />

Avvocato nell’Albo d’onore<br />

EDITORIALE<br />

Domande<br />

<strong>senza</strong><br />

risposte<br />

VANNI RONSISVALLE<br />

Uno tsunami di fango<br />

seppellisce, trascina<br />

al mare, cancella<br />

tanta parte del sud d’Italia.<br />

Di chi la colpa? <strong>dei</strong> Borbone.<br />

Anche se sono passati 150<br />

anni dall’Unità d’Italia. L’anno<br />

venturo, per essere esatti,<br />

il Grande Anniversario. Le<br />

idee ricevute, quelle di cui si<br />

nutrono pigri columnist <strong>dei</strong><br />

giornali, dediti al pittoresco<br />

della storia e (volendo) della<br />

sociologia, oltre a traghettare<br />

ingiustizie e stupidità<br />

come fossero testi evangelici<br />

si lasciano dietro danni<br />

devastanti.<br />

Il tempo passa e mette in<br />

chiaro la insussistenza <strong>dei</strong><br />

luoghi comuni; Milano non<br />

è più da quindici anni la<br />

capitale morale (e culturale)<br />

d’Italia, è una metropoli<br />

opaca, traversata dalla malavita,<br />

gli intrallazzi cementizi<br />

(vedi le cronache recenti)<br />

la fanno peggiore della<br />

Palermo di viale <strong>La</strong>zio degli<br />

Anni Cinquanta.<br />

Spicciamoci, il terremoto<br />

all’Aquila non capita tutti<br />

i giorni, si raccomandava<br />

un nordico palazzinaro<br />

del terzo millennio mentre<br />

i sopravvissuti scavavano<br />

le macerie in cerca<br />

<strong>dei</strong> loro cari.<br />

<strong>La</strong> cultura di oggi<br />

tra il gossip<br />

e la stregoneria<br />

GUIDO PANICO<br />

Pagina 3<br />

I sessant’anni<br />

della colonia<br />

diventata scuola<br />

FRANCESCO A. GRANA<br />

Pagina 9<br />

Di <strong>La</strong>uro racconta<br />

l’amore per Napoli<br />

e la professione<br />

GERMANA GRASSO<br />

Pagina 15<br />

Gli immigrati di tutta Italia incrociano le braccia contro il razzismo: sindacati alla finestra<br />

<strong>La</strong> <strong>rivolta</strong> <strong>dei</strong> <strong>senza</strong> <strong>niente</strong><br />

Il primo marzo in piazza per dire: «<strong>La</strong> società ha bisogno di noi»<br />

A rischio dodicimila dell’indotto<br />

<strong>La</strong> Fiat spegne i motori<br />

Campania in ginocchio<br />

Una giornata <strong>senza</strong> immigrati che hanno<br />

scelto il 1° marzo per fermarsi ventiquattro<br />

ore. Un’iniziativa partita dalla Francia<br />

e arrivata in Italia con Facebook e col<br />

passaparola. Niente lavoro, <strong>niente</strong> consumi,<br />

per lanciare un messaggio chiaro:<br />

«Non ci volete? Allora vi dimostriamo<br />

che <strong>senza</strong> di noi l’economia si ferma».<br />

Una protesta contro razzismo e discriminazioni,<br />

contro aggressioni ingiustificate<br />

e sgomberi forzati, perché nessun essere<br />

umano può essere considerato “illegale”,<br />

perché imparare a convivere è il passo<br />

necessario per una società migliore.<br />

Il parroco e il sindaco uniti per garantire il futuro della struttura<br />

Altavilla val bene un ospizio<br />

Cielo a portata di mano<br />

Astronomi,<br />

sognatori<br />

con la testa<br />

tra le stelle<br />

VALERIO ARRICHIELLO<br />

Pagina 6<br />

Paradosso ad Altavilla Irpina:<br />

due ospizi per anziani<br />

per pochi vecchietti e il<br />

parroco costretto a vendere<br />

al Comune la struttura<br />

religiosa che diventerà uffici<br />

mentre il sindaco ne<br />

inaugurerà un’altra realizzata<br />

con fondi regionali.<br />

Trekking in montagna sui binari<br />

Tutti in carrozza<br />

con i treni del Cai<br />

Ma qualcuno scende nelle grotte<br />

ACERRA eTROTTA<br />

Pagina 18<br />

Il Club alpino<br />

sta spopolando:<br />

iscrizioni al top<br />

nella Regione<br />

Social games<br />

Imprenditori<br />

virtuali<br />

studiano<br />

su Facebook<br />

Pagina 5 (continua)<br />

DANIELE DE SOMMA, SANTO IANNÒ E SABINO RUSSO<br />

Pagine 12 e 13<br />

BORRELLI eVELLA<br />

Pagina 11<br />

LUCIANA BARTOLINI<br />

Pagina 17<br />

RAFFAELE PELLEGRINO<br />

Pagina 10<br />

Con i ragazzini in campo la Martos sfregia la pallacanestro<br />

Basket privato, figuraccia pubblica<br />

Comicità<br />

Made in Sud<br />

tenta<br />

il Tunnel<br />

a Zelig<br />

ARRICHIELLO<br />

e BORRELI pagina 19<br />

No sponsor, no basket: il<br />

presidente Papalia, alle prese<br />

con una difficile situazione<br />

economica, decide di<br />

mandare in campo i giovani<br />

dell’Under 19 e la Martos<br />

Napoli riscrive tutti i record<br />

negativi del basket italiano.<br />

Vicenda vergognosa.<br />

CARDONE eIANNACCONE<br />

Pagina 22<br />

Vintage<br />

<strong>La</strong> nuova<br />

moda<br />

arriva<br />

dal passato<br />

PADULANO eVALLI<br />

Pagina 8<br />

LA VIGNETTA di Veronica Valli<br />

IL PUGNO<br />

Alberi e case hanno imparato a<br />

camminare grazie a chi ha fatto<br />

dell’incuria la sua filosofia di vita.<br />

Lo sanno bene a Maierato (Calabria)<br />

e a Giampilieri (Sicilia), lì dove<br />

nemmeno le radici più forti hanno<br />

resistito al disastro idrogeologico.<br />

L’unica cosa che resiste è la politica<br />

del vizio: in questo l’uomo batte<br />

di gran lunga la natura. Nessun<br />

alibi e nessuna attenuante va concessa<br />

a chi costruisce sull’aria e sul<br />

fango, potente o stupido che sia.<br />

Loredana Zarrella


2 Domenica 7 marzo 2010 News CAMPUS<br />

L’Unione europea finanzia oltre centocinquanta progetti di formazione<br />

Cultura al di là delle Alpi<br />

Dagli anni Settanta politiche di sostegno per i giovani<br />

unisa news<br />

STELLA COLUCCI<br />

L’Unione europea come<br />

motore della sinergia tra i<br />

singoli Stati che la compongono.<br />

Le politiche di sostegno<br />

avallate dal Consiglio<br />

d’Europa e dalla<br />

Commissione permettono<br />

ai giovani di viaggiare all’interno<br />

dell’area Schengen, di<br />

conoscere storia e tradizioni<br />

<strong>dei</strong> cugini europei, ma<br />

anche di entrare in un’ottica<br />

del lavoro meno locale e più<br />

internazionale. Come esempio<br />

potremmo prendere<br />

due progetti ideati dalla Ue:<br />

Intercettazioni:<br />

Ingroia ospite<br />

Le intercettazioni telefoniche tra tutela<br />

della privacy e diritto dell’informazione è il<br />

tema del convegno che si terrà alle 10 del 9<br />

marzo all’aula Cilento dell’Università.<br />

Ai saluti del Rettore Raimondo Pasquino<br />

seguirà l’introduzione <strong>dei</strong> lavori del professore<br />

Emilio D’Agostino, presidente del<br />

comitato direttivo della scuola di giornalismo.<br />

Interverrano alla tavola rotonda il<br />

professore Luigi Kalb, ordinario di procedura<br />

penale, il consigliere Antonino<br />

“programma gioventù” e<br />

“Leonardo”. Entrambi sono<br />

rivolti ai giovani. Il primo è<br />

dedicato ai ragazzi che<br />

hanno compiuto il quindicesimo<br />

anno di età e non<br />

superato il venticinquesimo.<br />

L’altro offre una possibilità<br />

di formazione professionale<br />

in ambito comunitario per<br />

tutti quelli che non hanno<br />

più di trentacinque anni. Il<br />

programma “gioventù per<br />

l’Europa” è nato alla fine<br />

degli anni Ottanta, quando<br />

il crollo del comunismo<br />

nell’Europa centrale ed<br />

<strong>La</strong> scheda<br />

Alla voce bilancio l’Unione<br />

europea ha iscritto<br />

un finanziamento di<br />

circa sette miliardi di<br />

euro. <strong>La</strong> somma farà<br />

riferimento al periodo<br />

2007-2013, a favore dell’apprendimento<br />

permanente<br />

attraverso i<br />

progetti di mobilitazione<br />

trasnazionale che<br />

sono rivolti ai lavoratori<br />

e agli studenti universitari<br />

e di tutte le scuole.<br />

Ingroia, procuratore aggiunto al tribunale<br />

di di Palermo e il professore Salvatore Sica,<br />

ordinario di sistemi giuridici comparati.<br />

Modererà il dibattito il giornalista Marco<br />

De Marco, direttore del Corriere del<br />

Mezzogiorno.<br />

L’incontro, vista l’attualità dell’argomento<br />

“intercettazioni” sul quale ci sono alcune<br />

proposte del governo che puntano alla<br />

modifica della normativa, è stato organizzato<br />

dal dipartimento di scienze della<br />

comunicazione, dalla scuola di giornalismo,<br />

dalla cattedra di procedura penale e<br />

dalla facoltà di giurisprudenza dell’Università<br />

di Salerno.<br />

Unimelody: musica<br />

degli studenti<br />

orientale determinò un avvicinamento<br />

<strong>dei</strong> cittadini<br />

europei, si è sviluppato negli<br />

anni Novanta e a partire dal<br />

Duemila è diventato un corollario<br />

del “programma<br />

gioventù” insieme ad altre<br />

azioni come il volontariato<br />

in ambito comunitario.<br />

“Gioventù per l’Europa” permette<br />

ai giovani degli Stati<br />

membri di condividere brevi<br />

periodi sperimentando una<br />

serie di attività che hanno<br />

come obiettivo: la costruzione<br />

di uno spazio educativo<br />

europeo. <strong>La</strong> Commissione è<br />

L’aria che tira:<br />

incontro con Zavoli<br />

Il senatore Sergio Zavoli, presidente della commissione<br />

parlamentare di vigilanza Rai, sarà ospite lunedì 8 marzo<br />

alle 11 all’aula <strong>dei</strong> consigli di facoltà dell’Università di un<br />

incontro organizzato dalla scuola di giornalismo dal titolo<br />

“Aria che tira”.<br />

L’incontro con Zavoli, già presidente della Rai e direttore<br />

de “Il Mattino” di Napoli, sarà il momento per fare il punto<br />

sull’odierno giornalismo italiano e sull’influenza che la<br />

comunicazione ha nell’ambito politico nazionale. Un<br />

incontro che sarà anche una lezione metodologica su come<br />

si fa informazione da parte di chi ha inventato programmi<br />

televisivi diventati storici.<br />

Senato accademico<br />

rinnovo cariche<br />

responsabile della gestione<br />

del programma, il quale<br />

viene ampiamente decentralizzato<br />

tramite agenzie<br />

nazionali ubicate in trentuno<br />

paesi europei. Se con il<br />

primo l’Unione ha cercato<br />

di avvicinare le diverse culture<br />

nazionali per dare<br />

all’Europa la possibilità di<br />

creare una cultura europea,<br />

ma allo stesso tempo piena<br />

<strong>dei</strong> valori e delle tradizioni<br />

di tutti gli Stati che la rappresentano,<br />

con il “Leonardo”<br />

l’Unione europea ha<br />

voluto contribuire a quello<br />

che sta alla base del suo statuto:<br />

il libero scambio di<br />

merci e persone. È per questo<br />

che offre borse di studio<br />

e periodi di stage, nelle<br />

aziende degli Stati membri,<br />

per giovani universitari, lavoratori,<br />

persone in cerca di<br />

lavoro e neolaureati che<br />

hanno voglia di mettersi in<br />

gioco nel mondo del lavoro.<br />

È a partire dagli anni Settanta<br />

che i giovani, non sono<br />

più visti solo con il ruolo<br />

di studenti o lavoratori, ma<br />

come soggetti di un processo<br />

più ampio: quello che<br />

avrebbe contribuito alla formazione<br />

della società. I giovani<br />

diventarono, così, i<br />

destinatari di specifici interventi<br />

e iniziative volte a pro-<br />

muovere e valorizzare il loro<br />

apporto nella società contemporanea.<br />

Attualmente<br />

sono circa 150 i programmi<br />

europei che, direttamente o<br />

indirettamente riguardano i<br />

giovani. Formazione professionale<br />

e culturale saranno<br />

gli strumenti che porteranno<br />

gli europei alla<br />

costruzione di quella Europa<br />

unita, sognata e teorizzata<br />

da oltre mezzo secolo.<br />

Per fare l’Europa non<br />

serve solo l’euro.<br />

Direttore<br />

Biagio Agnes<br />

Direttore Responsabile<br />

Giuseppe Blasi<br />

Coordinamento<br />

Mimmo Liguoro<br />

Marco Pellegrini<br />

Redazione<br />

Sonia Acerra, Valerio Arrichiello,<br />

Josè Astarita, Luciana<br />

Bartolini Francesco Maria<br />

Borrelli, Maria Emila Cobucci,<br />

Stella Colucci, Daniele De<br />

Somma, Chiara Del Gaudio,<br />

Claudia Esposito, Pierluigi<br />

Giordano Cardone, Francesco<br />

Antonio Grana, Germana<br />

Grasso, Giovanni Iannaccone,<br />

Santo Iannò, Francesco Padulano,<br />

Raffaele Pellegrino, Sabino<br />

Russo, Roberta Salzano,<br />

Orlando Savarese, Giovanni<br />

Sperandeo, Barbara Trotta,<br />

Veronica Valli, Cristiano Vella,<br />

Loredana Zarrella<br />

Le Firme<br />

Giulio Anselmi, Antonio Caprarica,<br />

Ferruccio De Bortoli,<br />

Tullio De Mauro, Aldo Falivena,<br />

Antonio Ghirelli,<br />

Gianni Letta, Arrigo Levi,<br />

Pierluigi Magnaschi, Renato<br />

Mannheimer, Ezio Mauro,<br />

Raffaele Nigro, Mario Pendinelli,<br />

Arrigo Petacco Vanni<br />

Ronsisvalle, Mario Trufelli,<br />

Walter Veltroni, Sergio Zavoli<br />

Prevenzione dentale<br />

in ambulatorio<br />

E’ in corso al poliambulatorio universitario<br />

dell'ASL Salerno il programma per la diagnosi<br />

precoce delle patologie del cavo<br />

orale.<br />

E’ prevista un'accurata visita odontoiatrica<br />

finalizzata all'identificazione di eventuali<br />

Unimelody è un concorso musicale organizzato<br />

dall’associazione studentesca<br />

Archimede. Musica e università insieme<br />

per dare risalto alle band degli studenti.<br />

Le iscrizioni scadono il 10 marzo. Sul sito<br />

www.unimelody.it le modalità di partecipazion<br />

al concorso che è organizzato come<br />

un tour musicale. <strong>La</strong> finale del festival si<br />

terrà nella tappa che toccherà l’Università a<br />

piazza del Sapere, dove a partecipare saranno<br />

le band più votate dal pubblico e<br />

dalla giuria tecnica.<br />

malattie e alla promozione della salute<br />

orale. Personale e studenti possono prendere<br />

parte al programma prenotandosi al<br />

call center dell'ASL Salerno dal lunedì al<br />

venerdì (089 255400).<br />

Visto l’enorme successo che sta avendo la<br />

campagna di prevenzione in ambito universitario<br />

con le numerose prenotazioni<br />

ricevute, il termine di chiusura del programma<br />

è stato prorogato.<br />

Il 17 e 18 marzo si voterà per il rinnovo <strong>dei</strong> rappresentanti<br />

delle facoltà scientifiche in seno al Senato accademico<br />

dell’Università. Nove i posti disponibili nell’organo di<br />

gestione dell’Ateneo cui possono candidarsi sia professori<br />

che ricercatori. Tre i rappresentanti della I aggregazione<br />

Cun, quella che raggruppa come area disciplinare le facoltà<br />

di scienze matematiche e informatiche, scienze fisiche,<br />

scienze chimiche, scienze delle terra, scienze biologiche,<br />

scienze mediche, scienze agrarie e veterinarie. Due rappresentati<br />

a testa per le ulteriori tre aggregazioni Cun che partecipano<br />

all’elezione così suddivisi per facoltà: ingegneria<br />

civile, architettura, ingegneria industriale e dell’informazione<br />

(II); scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche<br />

con scienze storiche, filosofiche, pedagogiche<br />

e psicologiche (III); scienze giuridiche, scienze politiche<br />

e sociali e scienze economche e statistiche (IV). Le elezioni<br />

si terranno nei giorni prestabiliti dalle ore 9 alle 17<br />

presso il secondo piano del rettorato.<br />

A cura di<br />

GIOVANNI SPERANDEO<br />

UNIVERSITA<br />

DEGLI STUDI<br />

DI SALERNO<br />

Prof. Raimondo Pasquino<br />

Rettore dell'Università<br />

Prof. Annibale Elia<br />

Direttore del Dipartimento<br />

di Scienze della Comunicazione<br />

Prof. Emilio D'Agostino<br />

Presidente del Comitato Direttivo<br />

della Scuola di Giornalismo<br />

Prof.ssa Maria Galante<br />

Preside della Facoltà<br />

di Lettere e Filosofia<br />

Autorizzazione del Tribunale di Salerno<br />

e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007<br />

Arti Grafiche Boccia di Salerno<br />

telefono: 089 30 3311<br />

Distribuzione alle edicole<br />

Agenzia Pasquale Pollio e C. SNC<br />

Via Terre delle Risaie, Salerno<br />

fax: 089 3061877<br />


Giornalismo, pacchianeria e stregoneria<br />

TERZA PAGINA Domenica 7 marzo 2010<br />

3<br />

<strong>La</strong> stregoneria, termine coniato<br />

nel secolo XVIII, indica<br />

l'insieme di pratiche magiche<br />

e di rituali, spesso a carattere<br />

simbolico, che si distingue<br />

dalla religione in quanto si<br />

riferisce a forze occulte che<br />

l'officiante (stregone) cerca di<br />

dominare e di utilizzare per i<br />

propri fini. Il termine è spesso<br />

usato in senso figurato per<br />

indicare un'azione che appare<br />

prodigiosa, ma di cui si è portati<br />

a diffidare, ad esempio "le<br />

stregonerie della chimica".<br />

Luigi XIV<br />

Sciamani vinti dalla storia<br />

Il grande storico Lucien<br />

Febvre sosteneva che per<br />

fare storia occorresse complicare<br />

le cose semplici.<br />

Affermazione che oggi, più che<br />

mai, contrasta con il senso<br />

comune e con la voglia diffusa<br />

di semplificazione. In realtà<br />

nelle faccende umane di riducibile<br />

a spiegazioni semplici<br />

non c’è <strong>niente</strong>. Ciò vale per la<br />

storia, come per qualsiasi<br />

scienza umana e per tutte le<br />

arti.<br />

Soprattutto se il campo<br />

degli interessi si estende<br />

oltre l’osservazione della<br />

realtà politica e culturale,<br />

intendendo quest’ultima<br />

parola nel senso più ristretto e<br />

tradizionale di sapere intellettuale.<br />

Marc Bloch, il fondatore<br />

con lo stesso Febvre ,nel 1929,<br />

della rivista storica “Annales”, in<br />

un celebre passo della sua ultima<br />

opera, “L’apologia della<br />

storia”, paragonava lo storico<br />

all’orco delle favole, quello che<br />

corre ovunque senta “odore di<br />

cristianucci”. Nelle corti o nelle<br />

accademie, come nelle case più<br />

umili. A sollecitarlo non era<br />

alcuna forma di compiacenza<br />

populistica.<br />

Tra le altre sue opere va<br />

ricordata una formidabile<br />

ricostruzione delle<br />

forme del potere e <strong>dei</strong> rapporti<br />

con i sudditi <strong>dei</strong> re di Francia<br />

attraverso una radicata credenza<br />

popolare. Era convinzione<br />

comune che i re, dalle<br />

dinastie medievali fino addirittura<br />

a Luigi XIV, imponendo le<br />

Tutti<br />

siamo<br />

condizionati<br />

dal senso<br />

comune<br />

che è<br />

parte<br />

integrante<br />

della vita<br />

degli uomini<br />

mani sulla testa guarissero i<br />

contadini dalla scrofolosi.<br />

Quella superstizione fu<br />

presa molto sul serio<br />

da Bloch, il quale in<br />

questo modo aggiunse complessità<br />

al sapere storico.<br />

Beninteso, lo storico francese,<br />

così curioso di conoscere ogni<br />

aspetto della società e della<br />

cultura, non credeva certo alla<br />

capacità taumaturghe <strong>dei</strong> re,<br />

come di chiunque altro. Come<br />

non credono – almeno spero -<br />

alle capacità degli sciamani gli<br />

antropologi, che pure da un<br />

secolo e mezzo si industriano a<br />

capire le culture tradizionali e,<br />

spesso, lontanissime da quella<br />

occidentale.<br />

Chiedo pazienza per<br />

questo incipit, apparentemente<br />

estraneo a<br />

quanto voglio sostenere in<br />

questa pagina polemica<br />

verso l’ideologia del senso<br />

comune, oggi dominante.<br />

Nella mia attività, artigianale,<br />

di ricercatore di storia<br />

(gli storici sono un’altra<br />

cosa) sono stato sempre<br />

incuriosito da ciò che scorre<br />

nel sottosuolo, ho sempre<br />

provato a seguire i consigli<br />

di quegli storici, veri, che fin<br />

dall’inizio del Novecento<br />

hanno invitato a rovistare<br />

nelle pattumiere e a prendere<br />

nella massima considerazione<br />

anche gli aspetti più<br />

bassi e, perfino, triviali della<br />

società e della cultura.<br />

I<br />

l<br />

senso comune, da cui tutti<br />

siamo, almeno in parte,<br />

condizionati, è, come l’irrazionale,<br />

parte integrante della<br />

vita degli uomini e, perciò,<br />

degno dell’ osservazione culturale.<br />

Esiste un senso comune<br />

anche nel campo estetico, definibile<br />

pacchianeria, ben raccontato<br />

dalle cronache <strong>dei</strong><br />

giornali di gossip, un genere di<br />

successo, oltre che dalla televisione.<br />

A<br />

chi<br />

gli rimprovera il<br />

cattivo gusto <strong>dei</strong> suoi<br />

giornali il cortigiano<br />

addetto al gossip, Alfonso<br />

Signorini, chiede chi è che stabilisce<br />

il buon gusto. Nel clima<br />

del relativismo da bar televisivo,<br />

in cui viviamo immersi, ogni<br />

gerarchia estetica è intesa come<br />

snobismo. Prevale, spesso<br />

anche nei discorsi di alcuni<br />

giornali, l’idea che il numero sia<br />

tutto, che la cosiddetta opinione<br />

pubblica sia giudice<br />

di ogni cosa.<br />

Sembra tramontato il<br />

dovere degli intellettuali di<br />

giudicare, oltre il senso<br />

comune e <strong>senza</strong> remore verso<br />

ciò che pensa il popolo. Il senso<br />

comune, per dirla con Pierre<br />

Bourdieu, sono le evidenze<br />

immediate e spesso illusorie,<br />

che talvolta spingono ad accogliere<br />

come plausibili cose e<br />

idee prive di fondamento<br />

razionale e di decoro estetico,<br />

che nella tarda età della televisione<br />

hanno il conforto della<br />

maggioranza: del celebrato<br />

popolo, la cui voce, per fortuna,<br />

non è vox Dei. Al più del pregiudizio<br />

mediatico. In altra<br />

epoca, fino a quando la verace<br />

democrazia si impose, sia pure<br />

per breve tempo, la voce del<br />

popolo, con i suoi pregiudizi e<br />

le sue superstizioni, è stata<br />

qualche volta la voce di un<br />

potere prove<strong>niente</strong> direttamente<br />

da Dio.<br />

Chi, fin dal tardo<br />

Medioevo, mostrava di<br />

non credere nella natura<br />

divina del potere, prima che<br />

dai tribunali dell’inquisizione,<br />

che, tra l’altro, vennero più<br />

tardi, fu spesso contestato dal<br />

popolo. Il quale aveva ragione:<br />

certe idee bizzarre erano in<br />

contrasto con il senso comune.<br />

Faccio, ora, un altro salto,<br />

ritornando bruscamente<br />

all’attualità, alla religione animistica<br />

<strong>dei</strong> sondaggi e del voto<br />

popolare ovvero al trionfo del<br />

senso comune e alla sconfitta<br />

pubblica della ragione e<br />

del senso estetico. Un contributo<br />

a questa sconfitta lo<br />

hanno dato tanti intellettuali<br />

che assomigliano all’antropologo<br />

così affascinato<br />

dalla magia da crederci egli<br />

stesso.<br />

Prendiamo il caso più<br />

recente di barbarie<br />

mediatica: il festival di<br />

Sanremo. Confesso a Carmen<br />

Consoli, deliziosa e raffinata<br />

cantautrice, se mai dovesse<br />

leggere questa pagina, il mio<br />

peccato di intellettuale pallido e<br />

snob: non vedo Sanremo. Le<br />

immagini e le parole a cui mi<br />

riferisco le ho viste e sentite nei<br />

telegiornali e in “Blob”. Non<br />

sono uno studioso della comunicazione,<br />

ho, perciò, la fortuna<br />

di non avere interesse<br />

Nel clima<br />

di relativismo<br />

da bar<br />

televisivo<br />

ogni<br />

gerarchia<br />

estetica<br />

è intesa<br />

come<br />

snobismo<br />

professionale ad osservare<br />

questo importante evento.<br />

<strong>La</strong> Consoli ha ragione nel<br />

dire che Sanremo mette<br />

in scena l’Italia o, almeno,<br />

aggiungo, la sua parte più stupida<br />

e volgare. Ma non può<br />

rimproverare, come ha fatto,<br />

chi non accetta il dominante<br />

conformismo della cultura di<br />

massa. Ho sentito <strong>dei</strong> membri<br />

dell’orchestra che si sono ribellati<br />

al consenso popolare di<br />

una canzonetta, un’accozzaglia<br />

di note riempite da parole<br />

sceme, interpretata dall’ultimo<br />

Savoia, quello <strong>dei</strong> cetrioli.<br />

H<br />

o<br />

ascoltato gente laureata<br />

dissertare su<br />

quella enorme festa<br />

paesana, come fosse “Umbria<br />

jazz”, lamentandosi, alla fine del<br />

voto al principino. Che volete?<br />

Nella democrazia autoritaria a<br />

cui pochi tentano di opporsi<br />

seriamente, quasi vergognandosi<br />

del loro spirito illuministico,<br />

il voto della ggente decide.<br />

Q<br />

ualcuno pensa di affidare<br />

ad esso perfino<br />

la scelta <strong>dei</strong> magistrati.<br />

Se tra 300 anni ci sarà<br />

chi studierà la storia, assai<br />

probabilmente seguirà, con<br />

rigore, tutta la lunghissima<br />

vicenda di Sanremo e di tante<br />

altre manifestazioni della cultura<br />

di massa. Spero che non<br />

dimentichi Marc Bloch, il<br />

quale studiava i re taumaturghi,<br />

ma non per questo era<br />

superstizioso.


4 Domenica<br />

7 marzo 2010<br />

g.s.


Se proviamo a ragionare: le autostrade<br />

che hanno reso impermeabile<br />

alla pioggia un terzo della<br />

superficie dello Stivale (all’origine di<br />

disastri alluvionali) hanno favorito o no<br />

lo sviluppo dell’industria torinese dell’automobile?<br />

Quella industria che<br />

chiude Termini Imerese, fa vivere giorni<br />

d’angoscia ai lavoratori di Pomigliano<br />

d’Arco?<br />

Pensate se i Borbone avessero realizzato<br />

il Ponte di Messina. Se ne<br />

parla dai tempi di Annibale che voleva<br />

farvi passare i suoi elefanti e di<br />

un ingegnere tedesco che nel 1848<br />

presentò un progetto persuasivo.<br />

Se l’idea di oggi è quella di costruire<br />

quel ponte sullo Stretto (di sicure<br />

potenzialità criminogene in territori<br />

di mafia e ‘ndrangheta, oltre<br />

al disastro ambientale) come megamonumento<br />

a perenne memoria<br />

di un dinamico imprenditore milanese<br />

riuscito in politica, i Borbone<br />

allora quell’idea la snobbarono; che<br />

fossero insensibili al progresso<br />

della comunicazione è escluso; firmarono<br />

la prima ferrovia d’Italia.<br />

Avevano già costruito per la gloria<br />

la reggia di Caserta che sarà stata<br />

casa loro ma oggi è un monumento<br />

dell’Umanità sotto lo scudo<br />

dell’Unesco. Meglio l’Impregilo,<br />

impresa del nord o Vanvitelli?<br />

Il 19 maggio del 1770 il viaggiatore<br />

inglese Patrick Brydone sbarcò a<br />

Messina con il postale prove<strong>niente</strong><br />

da Napoli. Il Gran Tour non si era<br />

ancora spinto sino alla Sicilia;<br />

infatti si trattava del viaggio di erudizione<br />

del giovane lord Fullarton<br />

di cui Brydone, uno degli spiriti<br />

più inclini ad assimilare il Sud<br />

d’Italia metaforico e reale alla cultura<br />

europea, era il precettore.<br />

Cento anni prima di Sonnino e<br />

Franchetti (gli inventori di quel<br />

festival cartaceo delle incomprensioni<br />

sociali ed antropologiche che<br />

è giunto fino a noi come <strong>La</strong><br />

Questione Meridionale) Brydone<br />

percepì quel curioso divario tra<br />

spirito di impresa e fatalismo rassegnato<br />

al peggio che caratterizzerebbe<br />

tuttora lo sviluppo del meridione<br />

d’Italia. Ma l’analisi che tornato<br />

in patria consegnò ad un<br />

libro, A tour trough Sicily and<br />

Malta. In Letters of P. Brydone ,<br />

F.R.S. è tutt’altro che pessimistica.<br />

“…Le falde <strong>dei</strong> monti sono fittamente<br />

coltivate: il frumento, la<br />

vite, l’olivo, il gelso sono commisti<br />

insieme in una grande abbondanza…Nelle<br />

forre dell’Etna si trovano<br />

in grande quantità alberi che producono<br />

pepe e cannella spezie così<br />

ben lavorate che in forma di merci<br />

pregiate vengono esportate in tutta<br />

Europa. Paese bello ed operoso,<br />

con un industre futuro.”<br />

Infatti nel 1925, l’esportazione<br />

delle sole arance della Sicilia (coltura<br />

esente da qualsiasi sovvenzione<br />

da parte dello Stato) avrebbe<br />

reso esattamente il doppio del ricavato<br />

dall’esportazione delle automobili.<br />

Il viaggiatore inglese era giunto a<br />

queste opinioni così favorevoli alle<br />

potenzialità di quella parte di Meridione<br />

d’Italia, venendo giù dalla<br />

cima dell’Etna alla ubertosa plaga<br />

degli aranceti e <strong>dei</strong> limoneti della<br />

costa, passando per Zafferana. Ossia<br />

prima ancora di acquisire dati<br />

sulle tonnare della costa punica o<br />

di quella orientale, da Trapani a<br />

Siracusa, sulle miniere d’oro, d’argento,<br />

di allume, di pirite, delle scisti<br />

di asfalto che centocinquanta<br />

anni dopo avrebbero denunciato la<br />

pre<strong>senza</strong> di petrolio nel Ragusano,<br />

schi con nuances cromatiche come<br />

opere d’arte, di tappezzerie raffinate<br />

e di sete lavorate a pelle d’angelo<br />

sovrani e cortigiani, i ricchi, gli elegantoni,<br />

le dame preciouses e i<br />

primi astri della borghesia emergente<br />

in Europa. Dalla Russia degli<br />

zar e persino dalle Colonie d’Africa<br />

e d’America giungevano ordinazioni.<br />

Gli operai, la gente ai telai ci<br />

metteva il lavoro, l’abilità manuale<br />

e tecnica; la monarchia i soldi per<br />

comprare la materia prima, quanto<br />

occorreva in tinte e strumenti, a<br />

EDITORIALE Domenica 7 marzo 2010<br />

Da Brydone a Croce passando per i Borbone: una storia che continua ancora<br />

(continua dalla prima pagina)<br />

VANNI RONSISVALLE<br />

<strong>La</strong> ricchezzadel Sud:<br />

domande<br />

<strong>senza</strong> risposta<br />

Saraceno: «Trovare chi guida i meridionali<br />

a realizzare tutto quello di cui sono capaci»<br />

Seterie<br />

di San Leucio<br />

a Caserta Vecchia:<br />

un antico telaio<br />

in legno<br />

utilizzato<br />

per realizzare<br />

prodotti tessili<br />

di alta qualità<br />

esportati<br />

in tutto il mondo<br />

Le industrie<br />

arrivano<br />

dal Nord<br />

come<br />

se andassero<br />

in una colonia<br />

sopperire ad ogni necessità di quel<br />

piccolo mondo industriale. I guadagni,<br />

il profitto come si sarebbe<br />

didascalizzato da lì a poco dai<br />

grandi economisti contemporanei,<br />

ripartiti metà e metà, fifty-fifty.<br />

Comunismo non dissimile, ma con<br />

altri protagonisti, del genere che i<br />

gesuiti andavano sperimentando<br />

nelle missioni in Guatemala.<br />

Forme di eccellenza economicosociale<br />

che con quei debutti avrebbero<br />

fatto prevedere un destino<br />

tutt’altro che miserabile. Invece<br />

Una fabbrica<br />

abbandonata:<br />

il segnale<br />

<strong>dei</strong> numerosi<br />

investimenti<br />

sbagliati<br />

da parte<br />

di imprenditori<br />

<strong>senza</strong> scrupoli<br />

venuti<br />

dal Nord<br />

delle zolfare di Floristella. A Napoli<br />

nel frattempo i tanto chiacchierati<br />

infingardi Borbone, da cui il neologismo<br />

borbonico per significare<br />

arretratezza, trucidità politica,<br />

rozzezza culturale, inventavano –<br />

tanto per cominciare - ossia all’inizio<br />

di un elenco di altri primati<br />

futuribili – inventavano quell’esperimento<br />

di comunismo industriale<br />

della Fabbrica di San Leucio, nel<br />

Casertano.<br />

A due passi dalla Reggia si rifornivano<br />

di tessuti pregiati, di damaecco<br />

gli analisti di ieri e di oggi<br />

identificare i veri agenti patogeni:<br />

astenia sociale, mutilazione del<br />

senso dello Stato (se mai vi fosse<br />

stato). Pasquale Saraceno, avveduto<br />

economista si vantava di parafrasare<br />

Waldo Emerson così: si può<br />

affermare che quanto occorre ai<br />

meridionali è trovare chi li guidi a<br />

fare quello di cui sono capaci. Sottintendendo<br />

i politici, i sovrani, i<br />

capipopolo, i Beati Paoli, la mafia,<br />

la ‘ndrangheta, la camorra, la sacra<br />

corona unita?<br />

A cosa imputare fallimenti e rare<br />

forme di prosperità dinamica? Le<br />

industrie vengono dal Nord come<br />

in colonia; perché nel Meridione<br />

non si insegna a fare impresa, si<br />

asserisce. Le fabbriche fantasma,<br />

quei capannoni diruti e spettrali<br />

nel paesaggio, rigetto di innesti<br />

sbagliati in un tessuto alieno; i villaggi<br />

fantasma – mai abitati o subito<br />

abbandonati – lasciatisi dietro<br />

dalle Riforme Agrarie anch’esse<br />

una volta finanziate dai governi<br />

5<br />

nazionali; oggi è l’Europa ad investire<br />

nel Meridione con pagine<br />

nerissime di truffe e di scandali di<br />

cui sono protagoniste le industrie<br />

del Nord, mediante il trucco <strong>dei</strong><br />

subappalti a imprese locali a cui è<br />

affidato il lavoro sporco. Una volta<br />

fu chiesto a Gesualdo Bufalino, lo<br />

scrittore di Comiso, perché tutto<br />

questo? “E’ nel Dna della gente di<br />

qui.” Atavici sensi di colpa? Fine<br />

dell’ideologia, fine del patto tra letteratura<br />

e impegno politico? Il<br />

disincanto, dopo l’euforia degli<br />

Anni Cinquanta/Sessanta quando<br />

comincia? Con l’abbandono della<br />

Italsider di Taranto, con il tourbillon<br />

della Sir di Porto Torres con<br />

seimila operai il cui destino fu<br />

segnato da un processo fiume entrato<br />

nella storia della Prima Repubblica?<br />

Quale è il suo culmine?<br />

Con Pomigliano d’Arco, Termine<br />

Imerese, l’ Italtel, le fabbriche dell’alluminio<br />

nel Sulcis sardo? Tra le<br />

prime a chiudere le zolfare (che al<br />

tempo di Patrick Brydone furono<br />

motivo di scontri bellici ai margini<br />

di una guerra tra Nazioni come<br />

l’Inghilterra e la Francia). E Priolo?<br />

e la Pirelli di Francavilla? Una compensazione<br />

c’è; ma è tutta letteraria.<br />

Pensare che <strong>senza</strong> questi sfaceli<br />

forse non avremmo romanzi,<br />

racconti e drammi di Verga, Capuana,<br />

Borgese, Ma, ed è importante<br />

che lo si ricordi in una Scuola<br />

del Giornalismo nel Mezzogiorno,<br />

sono stati i giornalisti del Sud a<br />

scrivere pagine da antologia; tra<br />

tanti, Giovanni Russo su Nuovo<br />

Mezzogiorno, il saggio magistrale<br />

<strong>La</strong> locomotiva del Sud.<br />

L’ultimo tentativo di modernizzazione<br />

e industrializzazione del<br />

Mezzogiorno d’Italia borbonico si<br />

svolse esattamente in trent’anni.<br />

Ebbe un nome ammiccante, propositivo,<br />

che intendeva radicarsi<br />

nella fattualità collettiva sincera e<br />

fraterna. Le Società Economiche,<br />

nel periodo che va dal 1831 al 1861.<br />

L’ultima data la dice lunga. Certo<br />

erano i lasciti del pensiero illuministico,<br />

la naturale conseguenza<br />

dell’opera delle riforme settecentesche<br />

attuate in Europa e nel nostro<br />

Mezzogiorno dalla legislazione<br />

economica franco-murattiana. Impulsi<br />

economico culturali provenienti<br />

da nuclei di potere e di elaborazione<br />

europei. Ragioni eticoutilitaristiche<br />

entusiasmavano le<br />

Società Economiche nel trasmettere<br />

fiducia nella produzione culturale<br />

di stampo tecnico-scientifico.<br />

Con un dettaglio curioso, la monarchia<br />

che se le era inventate le<br />

controllava severamente temendo<br />

che acquistassero una pericolosa<br />

dimensione politica contro la stessa<br />

dinastia. Tanto ci credeva. C’è in<br />

tutto questo una specie di orgoglio<br />

tonificante che l’irpino De Sanctis<br />

aveva intravisto e Benedetto Croce<br />

fece suo con il seguente enunciato<br />

(che potrebbe provocare subentranti<br />

travasi di bile ai pensatori<br />

della Lega, al rubizzo Calderoli,<br />

vera fucina di idee):<br />

I Giacobini dello stato napoletano<br />

uniti coi loro fratelli di tutta l’Italia<br />

trapiantarono in Italia l’idea<br />

della libertà secondo i tempi<br />

nuovi, come governo della classe<br />

colta e capace, intellettualmente<br />

ed economicamente operosa, abbatterono<br />

le barriere che tenevano<br />

separate le vaste regioni d’Italia<br />

specialmente la meridionale dalla<br />

settentrionale e formarono il<br />

comune sentimento della Nazione<br />

italiana, Benedetto Croce “Storia<br />

del Regno di Napoli”. Secondo<br />

Croce il vero primo impulso<br />

verso l’unità d’Italia.<br />

vannironsisvalle@virgilio.it


6 Domenica 7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />

«Cosa succederebbe se il nostro<br />

Paese si svegliasse domani <strong>senza</strong><br />

noi immigrati?». Da questa domanda,<br />

apparentemente provocatoria,<br />

lanciata lo scorso novembre<br />

su Facebook da Nadia <strong>La</strong>markbi,<br />

giornalista francese di origine marocchina,<br />

è nata un’iniziativa concreta<br />

che si sta diffondendo in tutta<br />

Europa: “Una giornata <strong>senza</strong><br />

immigrati, 24 ore <strong>senza</strong> di noi”. <strong>La</strong><br />

data prescelta, il 1° marzo 2010,<br />

coincide con il quinto anniversario<br />

dell’entrata in vigore, in Francia,<br />

del “codice degli stranieri”, un insieme<br />

di leggi che opera una selezione<br />

degli immigrati sulla base di<br />

criteri squisitamente economici.<br />

«<strong>La</strong> nostra azione – ha specificato<br />

la <strong>La</strong>markbi – non è diretta al legislatore<br />

ma all’opinione pubblica.<br />

<strong>La</strong> Francia deve capire che la sua<br />

fortuna è costruita anche sugli<br />

immigrati». Per sensibilizzare la<br />

popolazione e per tutelare i diritti<br />

<strong>dei</strong> Sans Papiers, gli immigrati<br />

lavoratori sciopereranno e tutti gli<br />

altri (disoccupati, casalinghe, studenti)<br />

si asterranno dalle comuni<br />

attività di consumo. L’idea trae<br />

Una giornata <strong>senza</strong> immigrati, stop a consumi e lavoro<br />

«Se ci fermiamo<br />

l’Europa è in crisi»<br />

Il primo marzo in piazza per dire no al razzismo<br />

spunto dal “Grande boicottaggio<br />

americano” del 1 maggio 2006 in<br />

cui centinaia di migliaia di persone<br />

di origine ispanica hanno manifestato<br />

il loro dissenso sulla riforma<br />

dell’immigrazione. Ma in quel<br />

caso a protestare era una sola comunità,<br />

stavolta in piazza scenderanno<br />

africani, cinesi, e lavoratori<br />

dell’Est. Tutti insieme per lanciare<br />

un messaggio chiaro: «L’economia<br />

europea ha bisogno anche di noi,<br />

riconosceteci i nostri diritti e trattateci<br />

come persone».<br />

Anche in Italia si era paventata<br />

un’ipotesi simile, era il maggio<br />

2008 ed era stato appena presentato<br />

il “pacchetto Maroni”, ma in<br />

quell’occasione i sindacati riuscirono<br />

a frenare la proposta. Stavolta<br />

l’intuizione della <strong>La</strong>markbi è<br />

stata rilanciata da Emma Bonino e<br />

concretizzata da una giornalista,<br />

Stefania Ragusa che, con tre amiche,<br />

Nelly Diop, Daimarely Quintero<br />

e Cristina Sebastiani, ha creato<br />

un gruppo su Facebook. Per ora<br />

le adesioni sono oltre 40.000, il social<br />

network più diffuso al mondo<br />

si conferma mezzo dalle potenzialità<br />

straordinarie, come in occasione<br />

del No B-day. E se in quel caso<br />

il colore prescelto fu il viola, stavolta<br />

si punterà sul giallo. Per favorire<br />

una maggiore diffusione della<br />

notizia, considerando che non<br />

tutti gli immigrati usano internet,<br />

sono stati creati una ventina di comitati<br />

territoriali nelle principali<br />

città italiane. Anche per il 1° marzo<br />

Cgil, Cisl e Uil, si mostrano freddi<br />

e si limitano a un supporto esterno:<br />

da un lato c’è la paura di una<br />

maggiore spaccatura sociale, dall’altro<br />

la consapevolezza del rischio<br />

di perdere i lavoratori immigrati<br />

che puntano alla creazione di<br />

un sindacato autonomo. Ma sindacati<br />

o non sindacati, la manifestazione<br />

del 1° marzo si farà, i gravi<br />

fatti di Rosarno, la strage di Castel<br />

Volturno dell’anno scorso, gli<br />

sgomberi forzati (come a Eboli e<br />

Sant’Antimo) e le misure sempre<br />

più repressive del Governo hanno<br />

maturato, negli immigrati, la convinzione<br />

di doversi attivare per far<br />

valere le proprie ragioni. Si protesterà<br />

contro le discriminazioni in<br />

tema di idoneità alloggiativa, le<br />

disparità di trattamento tra ambulanti<br />

stranieri e non, per la regolarizzazione<br />

<strong>dei</strong> lavoratori in nero e<br />

soprattutto per urlare un secco no<br />

a ogni forma di razzismo. «Sarà<br />

sciopero? – spiega Stefania Ragusa<br />

– la risposta è sì, ma esistono tante<br />

forme di sciopero: dal lavoro, dai<br />

consumi e della fame. In Italia i<br />

migranti sono quasi 5 milioni,<br />

tamponano le carenze del Welfare,<br />

dal loro lavoro dipende il 9,5% del<br />

nostro Pil. Sono fondamentali per<br />

il bilancio dello Stato».<br />

Pagina a cura di<br />

VALERIO ARRICHIELLO<br />

IL MESSAGGIO DEL COMITATO NAPOLETANO<br />

«NESSUN UOMO È ILLEGALE»<br />

C’è fermento, un po’ di confusione e tanta<br />

voglia di fare a “<strong>La</strong> città del sole” dove i<br />

membri del comitato promotore di<br />

Napoli discutono in vista della “Giornata<br />

<strong>senza</strong> immigrati”. Ci sono<br />

italiani, africani, pakistani,<br />

bangladeshi, studenti,<br />

gente del “popolo viola” e<br />

tutti esprimono il loro<br />

parere con passione. Il 1<br />

marzo è vicino e sono<br />

tanti gli aspetti su cui<br />

discutere, alcuni punti,<br />

però, sono chiari. Non<br />

verrà usata la parola sciopero<br />

perché a Napoli non<br />

è come al nord, i lavoratori<br />

dipendenti sono<br />

pochi e scioperare avrebbe<br />

poco sen-so. Non si<br />

vogliono simboli e bandiere, si vuole evitare<br />

che le forze politiche strumentalizzino<br />

la manifestazione, l’unico elemento d’identificazione<br />

sarà il colore giallo. Il corteo<br />

prenderà il via da piazza Garibaldi per<br />

poi arrivare a piazza del Plebiscito dove<br />

verrà montato un palco.<br />

Qui saliranno gli esponenti<br />

delle diverse<br />

comunità per parlare<br />

<strong>dei</strong> loro problemi e per<br />

proporre soluzioni, poi<br />

ci saranno degli artisti<br />

che si esibiranno con<br />

danze e musiche tipiche<br />

<strong>dei</strong> loro paesi di provenienza.<br />

Sui volantini<br />

distribuiti in questi giorni<br />

è scritto: “Nessun<br />

essere umano è illegale”,<br />

ed è questo il senso della<br />

manifestazione napoletana<br />

esprimere la possibilità di una<br />

società migliore in cui tutti siano uguali.<br />

PAKISTAN<br />

«Metteteci<br />

in regola»<br />

CINA<br />

«Sappiatelo:<br />

cinese è bello»<br />

SENEGAL<br />

«Questa volta<br />

parliamo noi»<br />

UCRAINA<br />

«Colf trattate<br />

come schiave»<br />

Anche i pakistani<br />

parteciperanno al<br />

1° marzo. «Non<br />

chiediamo nulla di<br />

speciale, solo la libertà<br />

di lavorare<br />

rispettando le regole<br />

e pagando le<br />

tasse». A parlare è<br />

Mudassir, 28 anni,<br />

da 5 in Italia. Mudassir come la gran parte<br />

<strong>dei</strong> suoi connazionali fa il venditore ambulante.<br />

«Ogni popolo è diverso – racconta –<br />

noi non siamo come i bangladeshi che<br />

accettano di lavorare 12 ore in fabbrica a<br />

2-3 euro all’ora. Preferiamo avere una bancarella<br />

guadagnare di meno ma essere liberi<br />

e non avere padroni». «Qui – prosegue –<br />

in tanti ci trattano male e ci guardano con<br />

sospetto. Le forze dell’ordine ci controllano<br />

in maniera rigorosa per vedere se abbiamo<br />

i permessi, ma perché non controllano allo<br />

stesso modo quelli che spacciano droga?»<br />

«L’Italia è un paese<br />

che dorme sulla<br />

miseria e favorisce<br />

i furbi». E’ l’accusa<br />

<strong>dei</strong> cinesi rappresentati<br />

da Salvio<br />

Wu, presidente di<br />

Si.Ci.Na. «<strong>La</strong> maggior<br />

parte <strong>dei</strong> cinesi,<br />

il 1° marzo non<br />

ci sarà – spiega – perché perdere una giornata<br />

di lavoro se non cambia <strong>niente</strong>?». «Il<br />

modello orientale – prosegue – è più efficiente,<br />

qua non c’è futuro, molti pensano<br />

di andarsene. Ci accusate di mettere in<br />

crisi l’economia, ma <strong>senza</strong> i nostri prodotti<br />

molte famiglie non arriverebbero a fine<br />

mese, noi facciamo prezzi giusti, le multinazionali<br />

producono in Cina e poi speculano:<br />

sappiate che tutto è cinese». Salvio il<br />

1° marzo ci sarà: «Mi sento italiano, sono<br />

cresciuto qui e finché ci sarò lotterò, so di<br />

essere dalla parte <strong>dei</strong> perdenti ma giusti»<br />

Il 1° marzo, per i<br />

senegalesi non sarà<br />

uno sciopero ma u-<br />

na giornata di mobilizzazione<br />

<strong>dei</strong> diritti<br />

degli immigrati.«Molti<br />

di noi –<br />

dice Hamath, mediatore<br />

culturale –<br />

sono ambulanti,<br />

<strong>senza</strong> datori di lavoro, un semplice sciopero<br />

avrebbe solo l’effetto di danneggiarci economicamente».<br />

Saranno molti i senegalesi che<br />

parteciperanno al corteo, non per protestare,<br />

ma per avvicinarsi alla gente. «Vogliamo –<br />

prosegue Hamath – che la gente capisca che<br />

dietro a ogni pizza margherita ci sono degli<br />

immigrati che si spaccano la schiena a raccogliere<br />

pomodori per pochi euro». «Ma soprattutto<br />

– conclude – vogliamo smentire la brutta<br />

immagine <strong>dei</strong> migranti che emerge dalla tv<br />

e scatena il razzismo. I media ci danno poco<br />

spazio ma stavolta vogliamo parlare noi»<br />

«Ho fatto la babysitter,<br />

ma mi sfruttavano,<br />

un italiano<br />

non può capire le<br />

sofferenze di un<br />

immigrato». Svitlana,<br />

27 anni, ucraina,<br />

è la responsabile<br />

dell’ufficio<br />

immigrazione di<br />

Rdb e lavora per i connazionali e i migranti<br />

di tutto il mondo. «Noi dell’Est- spiega –<br />

non abbiamo la mentalità dello sciopero,<br />

per anni abbiamo vissuto in un regime. Per<br />

coinvolgere ucraini, rumeni, russi nella<br />

giornata <strong>senza</strong> immigrati stiamo dando il<br />

messaggio di una festa più che di una protesta».<br />

«<strong>La</strong> maggior parte della gente<br />

dell’Est – prosegue - lavora come colf o badante,<br />

col 1° marzo speriamo di velocizzare<br />

le pratiche di regolarizzazione. A Napoli<br />

a settembre sono state presentate 24000<br />

domande ma solo l’8% è stato esaminato»


INFRASTRUTTURE<br />

PRIMO PIANO Domenica 7 marzo 2010<br />

Ancora bloccati i fondi per la realizzazione della Lioni-Grottaminarda<br />

<strong>La</strong> strada <strong>dei</strong> due mari che non c’è<br />

L’ opera, mai completata, può favorire lo sviluppo delle zone interne<br />

7<br />

LOREDANA ZARRELLA<br />

I lavori dovevano iniziare a marzo<br />

ma è stato tutto rimandato. Non si<br />

sa quando, si sa solo che il potere<br />

di decidere se avviare o meno i<br />

cantieri spetta al Cipe (Comitato<br />

interministeriale per la programmazione<br />

economica). Resta dunque<br />

in sospeso l’asse stradale<br />

Lioni-Grottaminarda, una delle<br />

grandi infrastrutture della Campania.<br />

Finora solo il primo tratto è<br />

stato completato, quello che va da<br />

Contursi a Lioni. Ora si attende il<br />

completamento dell’opera, cioè il<br />

prolungamento dell’asse viario fino<br />

al comune di Grottaminarda:<br />

un percorso di 19 km che porterebbe<br />

a compimento un intervento<br />

ideato quaranta anni fa con l’intento<br />

di sviluppare le aree interne<br />

della Provincia.<br />

<strong>La</strong> superstrada a scorrimento veloce<br />

attraverserà i comuni di S. Angelo<br />

<strong>dei</strong> Lombardi, Rocca San Felice,<br />

Villamaina, Frigento, Gesualdo<br />

e Grottaminarda: sono previste<br />

gallerie e viadotti per circa 8,5 km<br />

(la galleria più grande, di 1,7 km, è<br />

prevista nel territorio di Gesualdo).<br />

Ma trasferire dalla carta alla<br />

realtà strade e gallerie non si è<br />

rivelato cosa semplice. <strong>La</strong> complessità<br />

del progetto qui non c’entra.<br />

I contrasti si misurano a suon<br />

di monete: nessuna garanzia di finanziamento,<br />

nessuna opera da<br />

“cantierare”. Attualmente sono già<br />

disponibili 20milioni di euro, stanziati<br />

dalla Regione Campania, ma<br />

mancano i 150milioni di euro che<br />

il Cipe dovrebbe sbloccare. In pratica<br />

i soldi del Governo. E’ da quattro<br />

settimane che il comitato non<br />

si riunisce, quando lo farà si spera<br />

che all’ordine del giorno venga<br />

trattata anche questa questione.<br />

Nulla è dato per scontato. Il sindaco<br />

di Grottaminarda, Giovanni<br />

Ianniciello, si dice però fiducioso<br />

sullo sbocco <strong>dei</strong> fondi. «E’ da quaranta<br />

anni – afferma Ianniciello –<br />

che si parla del congiungimento<br />

<strong>dei</strong> due mari, cioè della Contursi-<br />

Lioni/Grottaminarda-Termoli».<br />

In futuro si prevede in<br />

effetti di collegare tutte e tre<br />

le autostrade A3-A16-A14<br />

dal Tirreno all’Adriatico,<br />

passando dalla Campania<br />

al Molise. I 19 km da completare<br />

rappresentano un<br />

importante passo in questa<br />

direzione: il definitivo<br />

collegamento tra A3 e<br />

A16, considerato una valida<br />

alternativa all’A3 Salerno-Reggio<br />

Calabria. «C’è<br />

tutto – continua il sindaco –<br />

c’è l’impresa, c’è il progetto<br />

esecutivo cantierabile, il direttore<br />

<strong>dei</strong> lavori, mancano però i<br />

soldi. Il tratto ha una rilevanza<br />

fondamentale, non è una strada<br />

ordinaria, è una trasversale di sviluppo.<br />

Senza le infrastrutture non<br />

c’è infatti l’impresa, <strong>senza</strong> l’impresa<br />

non c’è lo sviluppo, <strong>senza</strong> lo sviluppo<br />

non c’è occupazione». L’asse<br />

viario nasce in quel progetto più<br />

generale di sviluppo delle zone<br />

interne per favorire nuovi insediamenti<br />

economico-industriali e per<br />

rendere in generale più facili e<br />

veloci i collegamenti con il resto<br />

della penisola. Più infrastrutture,<br />

Mezzogiorno più sviluppato: il collegamento<br />

pare non essere così<br />

scontato se si considerano i tagli ai<br />

fondi Fas (fondi per le aree sottoutilizzate).<br />

C’è anche la Tav<br />

A Grottaminarda ci sarà una<br />

stazione della futura linea ferroviaria<br />

ad alta velocità Napoli-<br />

Bari. L’arteria Contursi-Grottaminarda<br />

sarà così collegata<br />

alla stazione e al terminal bus.<br />

IIl<br />

progetto<br />

non è stato però condiviso da tutti<br />

e negli anni ha causato forti scontri<br />

e battaglie.<br />

I cittadini di Frigento e Gesualdo,<br />

in particolare, hanno manifestato<br />

in una petizione popolare le loro<br />

perplessità e le preoccupazioni per<br />

il rischio sismico, ambientale ed<br />

idrogeologico che un intervento<br />

così invasivo avrebbe portato ai<br />

loro territori. Le rassicurazioni<br />

del Ministero dello Sviluppo<br />

Economico hanno portato<br />

alla fine all’approvazione<br />

del progetto e<br />

alla sua apertura<br />

da parte del<br />

Commissario<br />

ad acta del<br />

Ministero<br />

delle Attività<br />

Produttive,<br />

Filippo<br />

D'Ambrosio.<br />

I lavori partiranno<br />

all’inverso,<br />

cioè da<br />

Grottaminarda e<br />

non in continuazione<br />

da dove sono stati<br />

interrotti. Sono previsti<br />

svincoli a Frigento, a<br />

Gesualdo e per le Terme di S.<br />

Teodoro a Villamaina. Al superasse<br />

viario sarà connessa anche una<br />

bretella Anas tra Passo Eclano e la<br />

Valle dell’Ufita. L’Irpinia sarebbe<br />

inclusa in questo modo nel sistema<br />

logistico nazionale. Il completamento<br />

della Contursi-Grottaminarda<br />

era già stato inserito nell’intesa<br />

Governo-Regione del 2001<br />

sulla Legge Obiettivo ma mai<br />

finanziato.<br />

Territorio abbandonato e attrezzature carenti: tutto fermo sulla carta dal 2005<br />

Angri, il piano negato<br />

Il progetto prevede interventi radicali per sfruttare le risorse del paese<br />

A sinistra il centro<br />

storico di Angri<br />

e in basso a destra<br />

il castello<br />

medievale Doria<br />

ROBERTA SALZANO<br />

Gli effetti prodotti dalla globalizzazione,<br />

lo svilppo sostenibile,<br />

il rinnovamento<br />

del quadro poltico-istituzionale<br />

e delle esigenze della<br />

società contemporanea hanno<br />

reso necessaria la creazione<br />

di un piano regolatore.<br />

In particolare, il comune di<br />

Angri si è adeguato alle<br />

misure previste dal Put<br />

(piano urbanistico territoriale)<br />

della penisola Sorrentino-<br />

Amalfitana. Attualmente il<br />

piano fa riferimento a quanto<br />

disposto dalla Regione<br />

Campania attraverso la legge<br />

n. 35 del 1987 e si propone di<br />

perseguire una serie di obiettivi:<br />

verifica e sviluppo di<br />

attrezzature e servizi, salvaguardia<br />

dell’ambiente, miglioramento<br />

della viabilità,<br />

riqualificazione del centro<br />

storico, riqualificazione delle aree industriali<br />

dismesse, sviluppo del turismo culturale<br />

e paesaggistico e miglioramento<br />

dell’economia locale. Per questo motivo<br />

prevede la ripartizione dell’intero territorio<br />

comunale in aree specifiche di interesse.<br />

<strong>La</strong> zona A per la riqualificazione urbanistica,<br />

le zone B1 e B2 destinate al completamento,<br />

trasformazione e sostituzione<br />

dell’edilizia esistente, la zona C per l’espansione<br />

edilizia con destinazione residenziale,<br />

la zona D per gli edifici industriali.<br />

Le zone successive sono dedicate a<br />

edifici pubblici, scuole, zone verdi attrezzate.<br />

Il piano, però, è fermo al 2005 sia per<br />

una saturazione degli spazi utlizzabili che<br />

per un deficit economico.<br />

Tutto è rimasto bloccato su carta. E così,<br />

se in passato l’attenzione si era concentrata<br />

sulla cura del centro abitato a discapito<br />

delle periferie, intervenendo con piani e<br />

programmi per il recupero del centro storico<br />

originario e degli edifici di maggiore<br />

pregio, sono ancora molti i problemi da<br />

affrontare e oggi mancano attrezzature<br />

pubbliche, i piani e i programmi risultano<br />

obsoleti, mancano stutture per l’accoglienza<br />

<strong>dei</strong> turisti che aumentano nel<br />

periodo estivo e il traffico provoca quotidianamente<br />

il blocco dell’intera cittadina.<br />

Angri gode di una posizione privilegiata,<br />

dista solo 5 km da Pompei, e rappresenta<br />

uno snodo ideale per coloro che intendano<br />

raggiungere la costiera amalfitana.<br />

Le tradizioni culturali e religiose potrebbero<br />

trasformare il paese in un centro<br />

turistico di rilievo oltre che in un punto di<br />

transito per migliorare il<br />

passaggio <strong>dei</strong> flussi di visitatori<br />

diretti a Pompei o<br />

verso la costiera Sorrentino-Amalfitana.<br />

Il centro<br />

storico che attualmente si<br />

è trasformato nel punto di<br />

incontro <strong>dei</strong> più giovani,<br />

ospita numerose testimonianze<br />

dell’arte Catalana,<br />

tra le più ricche del territorio<br />

campano, oggi in<br />

uno stato di completo<br />

degrado.<br />

Quello che emerge è il<br />

quadro di un paese che non<br />

sfrutta le risorse che possiede<br />

e in cui il tenore di vita è<br />

diventato sempre più insostenibile.<br />

Occorre un piano<br />

di rilancio non solo sotto il<br />

profilo della vivibilità, ma<br />

anche sul piano strettamente<br />

economico.<br />

Un compito oramai che<br />

spetta all’Amministrazione che subentrerà<br />

con le elezioni amministrative di<br />

marzo.<br />

Perchè la corretta pianificazione e gestione<br />

di un territorio rientra in quella serie di<br />

pratiche di buon governo che sono fondamentali<br />

per garantire lo sviluppo di una<br />

comunità. Pianificare significa salvaguardare<br />

i valori identitari e culturali, ma<br />

anche rispondere alle richieste di chi il<br />

territorio lo vive e reclama una migliore<br />

qualità della vita.


8 Domenica<br />

7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />

Con la crisi economica<br />

si rispolverano<br />

dai vecchi armadi<br />

abiti e oggetti antichi<br />

che conoscono<br />

nuovo splendore<br />

e conquistano il mercato<br />

Immagini di alcuni capi vintage esposti<br />

nelle vetrine <strong>dei</strong> negozi napoletani<br />

Le anime del vintage<br />

tra fantasia e alta moda<br />

“Raro è trovare una cosa<br />

speciale nelle vetrine di<br />

una strada centrale”. Così<br />

canta Niccolò Fabi nel suo<br />

celebre brano “Il negozio di<br />

antiquariato”. Qualcosa di<br />

molto simile accade anche<br />

quando si cerca un abito,<br />

un accessorio di stile, che<br />

abbia qualcosa fuori dal<br />

comune, magari addirittura<br />

un passato su cui fantasticare.<br />

Forse la moda del<br />

vintage sta prendendo piede<br />

proprio per questo: in<br />

tempo di crisi, acquistare<br />

un capo appartenuto a<br />

chissà chi, ci aiuta ad e-<br />

vadere dal quotidiano e<br />

dalla triste omologazione<br />

imposta dalla moda low<br />

cost. Ma attenzione: vintage<br />

non indica banalmente<br />

qualcosa di usato o, come<br />

ironizza qualcuno, “appartenuto<br />

alla nonna”.<br />

Dietro questa parola dal<br />

sapore francese si nasconde<br />

tutto un mondo. L'abito<br />

o l'accessorio vintage si differenzia<br />

e contraddistingue<br />

dal generico usato, perchè<br />

la caratteristica principale<br />

non è quella di essere stato<br />

adoperato in passato, ma è<br />

il valore che progressivamente<br />

ha acquisito nel<br />

FRENDO<br />

Il cantiere<br />

delle idee<br />

Frendo, situata<br />

a due passi da<br />

piazza San Domenico<br />

Maggiore,<br />

è una<br />

delle boutique<br />

vintage più famose<br />

di Napoli.<br />

Il suo “patron”,<br />

Simone, ha una<br />

esperienza decennale nel campo, lavora<br />

anche come grossista, rifornendo<br />

negozi anche a Londra e New York. Ci<br />

si trova veramente di tutto, capi e<br />

accessori da ogni epoca e per tutte le<br />

tasche, compreso un meraviglioso frac<br />

degli anni venti.<br />

Per Simone, il vintage è un vero e proprio<br />

stile di vita ed ha inteso Frendo più<br />

che un semplice negozio, come una<br />

sorta di cantiere di idee, la cui missione<br />

è diffondere il vintage a Napoli.<br />

Indagine sulle recenti<br />

tendenze dello stile<br />

tempo per le sue doti di<br />

irripetibilità e irriproducibilità<br />

con i medesimi elevati<br />

standard qualitativi in<br />

epoca moderna, nonché<br />

per essere testimonianza<br />

dello splendore di fasti passati<br />

e per aver segnato<br />

profondamente alcuni tratti<br />

iconici di un particolare<br />

ELIA’S<br />

momento storico della<br />

moda, del costume, del<br />

design coinvolgendo e<br />

influenzando gli stili di vita<br />

coevi. E poi, diciamoci la<br />

verità: chi non rimane affascinato<br />

da una borsa, un<br />

paio d’occhiali da sole, un<br />

dettaglio appartenuto ad<br />

un’altra epoca?<br />

Tra arte<br />

e spettacolo<br />

Poco distante da<br />

Cappella San Severo,<br />

uno <strong>dei</strong> luoghi<br />

più noir della<br />

città di Napoli, c’è<br />

la boutique Elia’s<br />

Vintage. Oltre ai<br />

capi d’epoca, il<br />

negozio dispone<br />

anche di una propria<br />

linea di abiti ed accessori molto<br />

particolari.<br />

Elias’ nasce dieci anni fa dall’idea di una<br />

costumista, grazie alla sua passione per<br />

il teatro e, naturalmente, per il vintage.<br />

<strong>La</strong> ricerca degli abiti, racconta la proprietaria,<br />

è praticamente continua.<br />

Oltre ai mercatini, un’ottima risorsa<br />

sono anche i diversi siti internet dedicati<br />

ma anche il rapporto diretto con<br />

le persone, che possono eventualmente<br />

rivendere i propri capi.<br />

Il calendario<br />

Non solo negozi. In tutta<br />

Italia, spopolano fiere e<br />

mercatini del vintage. In<br />

Campania si può andare<br />

tutti i giorni nel mercato<br />

più grande del centro-<br />

Sud, quello di Resina ad<br />

Ercolano, mentre in Piemonte<br />

c’è il mercato del<br />

vintage in Piazza Grande<br />

Madre a Torino.<br />

Chi non si ferma a guardare<br />

un abito, fantasticando<br />

sul corpo che l’aveva indossato<br />

per la prima volta o sul<br />

percorso che ha fatto per<br />

arrivare tra le nostre mani?<br />

In realtà, il vintage ha più<br />

di un’anima. Dopo quella<br />

poetica, fatta di sentimenti<br />

derivati da antiche reminescenze,<br />

c’è anche quella<br />

economica.<br />

Un capo vintage spesso ha<br />

lo stesso prezzo di un abito<br />

fatto in serie, col valore<br />

aggiunto di costituire un<br />

unicum e di avere una qualità<br />

infinitamente superiore.<br />

Senza contare i molti pezzi<br />

che si possono scavare<br />

negli armadi di mamme,<br />

nonne e parentado vario.<br />

Su molti siti web, poi, è<br />

possibile acquistare o addirittura<br />

vendere i propri<br />

capi, facendo anche affari<br />

vantaggiosi.<br />

Certo, girare per negozietti<br />

e bancarelle è tutt’altra<br />

cosa. Napoli vanta il mercato<br />

dell’usato più famoso<br />

del centro Sud, quello di<br />

Resina ad Ercolano, considerato<br />

il paradiso del vintage:<br />

ci si può trovare praticamente<br />

tutto quello che si<br />

è sempre desiderato.<br />

BOUDOIR<br />

Bomboniera<br />

fashion<br />

Risalendo per via<br />

Mezzocannone,<br />

non si può non<br />

notare la scintillante<br />

vetrinetta<br />

rosa del piccolo<br />

negozio “Boudoir”.<br />

Arredato<br />

con uno stile a<br />

metà strada tra l’optical e una casa vittoriana,<br />

andrebbe visitato anche esclusivamente<br />

per il suo design, una vera<br />

gioia per gli occhi. Non a caso, la sua<br />

proprietaria è una stylist ed il negozio si<br />

è fatto conoscere comparendo in diversi<br />

servizi fotografici per le più note riviste<br />

di moda. Più che pezzi d’antan, vi si<br />

possono trovare capi di stilisti e brand<br />

emergenti, la cui ispirazione è palesemente<br />

vintage. Anche qui, l’occhio è<br />

sempre attento al prezzo, perchè solo<br />

così si combatte la crisi.<br />

<strong>La</strong> presidente di FederModa<br />

«Fenomeno<br />

di consumo<br />

di nicchia»<br />

Le boutique di moda vintage si possono considerare<br />

<strong>dei</strong> negozi che offrono uno stile di abbigliamento<br />

che è a metà tra l’antiquariato e l’avanguardia.<br />

E questa caratteristica li rende unici nel<br />

loro settore e uno degli esempi ormai più consolidati.<br />

Ma lo sono anche per quanto riguarda l’aspetto<br />

commerciale o sono ancora in attesa di<br />

una conferma? A fornirci una risposta a questa<br />

domanda, contestualizzata nel diversificato<br />

panorama commerciale di Napoli, è stata Paola<br />

Borriello, presidente di Federazione «ModaNapoli»<br />

e consigliere «FederModaItalia» della<br />

Confcommercio: «A Napoli il fenomeno delle<br />

boutique vintage è ormai molto<br />

presente avendo già diversi anni<br />

alle spalle. Non abbiamo una<br />

stima su quanti esercizi del genere<br />

sono stati aperti ultimamente,<br />

ma è sicuro che esiste una tendenza<br />

che va in quella direzione.<br />

Certo non si sono diffuse su tutto<br />

il territorio cittadino perché restano<br />

ancora concentrate soprattutto<br />

nella zona del centro storico».<br />

Una mancata espansione che non<br />

denota un segnale di estrema<br />

debolezza nel difficile e ampio<br />

settore dell’abbigliamento oppure<br />

una scelta di una formula commerciale<br />

sbagliata, ma bensì «è<br />

strettamente legata ad uno stile di<br />

consumo, di acquisto che -<br />

secondo la Borriello - per questi<br />

particolari esercizi commerciali si<br />

può definire di nicchia. Si rivolgono<br />

cioè ad una fetta di mercato<br />

che è tanto ristretta quanto forte<br />

e consolidata». E quindi gli effetti<br />

della crisi economica quanto si<br />

sono fatti sentire? «Senza dubbi il<br />

calo nei consumi si è verificato<br />

anche per queste boutique»<br />

ammette la presidente Borriello,<br />

aggiungendo però che «allo stesso<br />

tempo, durante questo periodo di crisi, i clienti<br />

che si sono rivolti a questi piccoli negozi per i<br />

loro acquisti vi hanno trovato più di un’occasione<br />

di risparmio». E proprio il risparmio ha offerto<br />

alla Borriello lo spunto per una riflessione<br />

finale: «Ci tengo a sottolineare che esiste un<br />

divario tra questo tipo di boutique e i più sempre<br />

numerosi ed enormi outlet o centri commerciali<br />

(basti pensare a tutti quelli presenti tra le province<br />

di Napoli e Caserta): la differenza sta nella<br />

qualità, nell’unicità e nella storia di un capo o di<br />

un accessorio vintage che il sottocosto di un<br />

qualsiasi outlet non potrà mai avere».<br />

Pagina a cura di<br />

Musica<br />

e culto<br />

Il termine vintage<br />

fu coniato inizialmente<br />

per definire i<br />

vini vendemmiati<br />

prodotti nelle<br />

migliori annate, è<br />

poi diventato sinonimo<br />

dell’espressione<br />

“d’annata”. <strong>La</strong><br />

definizione si è poi<br />

estesa ad altri<br />

ambiti, in particolare<br />

quello degli<br />

strumenti musicali.<br />

Esistono violini e<br />

chitarre ritenuti di<br />

culto in ragione<br />

della loro produzione,<br />

considerata<br />

molto riuscita in<br />

determinati anni o<br />

semplicemente per<br />

la migliore qualità<br />

dovuta alla stagionatura<br />

<strong>dei</strong> legni.<br />

FRANCESCO PADULANO<br />

VERONICA VALLI


PRIMO PIANO Domenica 7 marzo 2010<br />

Il Villaggio San Giuseppe un patrimonio prezioso della Chiesa salernitana<br />

Nato sulle macerie e la miseria provocate dalla Seconda Guerra Mondiale<br />

Una sfida all’emergenza educativa<br />

9<br />

Un sogno antico che guarda al<br />

futuro. È il Villaggio San Giuseppe,<br />

una casa di accoglienza nata<br />

dopo gli enormi danni materiali e<br />

la miseria provocati dalla Seconda<br />

Guerra Mondiale, che proprio a<br />

Salerno visse una delle pagine più<br />

sanguinose con lo sbarco delle<br />

truppe alleate l’8 settembre 1943.<br />

Il complesso deve la sua vita a<br />

monsignor Demetrio Moscato, arrivato<br />

a Salerno nel luglio del<br />

1944, prima in qualità di Amministratore<br />

apostolico e poi<br />

come Arcivescovo dal gennaio del<br />

1945, dopo la morte dell’indimenticato<br />

monsignor Nicola Monterisi,<br />

che allo scoppio della Seconda<br />

Guerra Mondiale non volle abbandonare<br />

mai la città di Salerno,<br />

neanche sotto i bombardamenti, e<br />

costrinse il suo clero diocesano a<br />

fare altrettanto. Monterisi si oppose<br />

alle truppe del Comando Alleato<br />

che volevano requisire il Seminario<br />

Regionale. Per questo<br />

motivo il capo del Governo Italiano,<br />

Pietro Badoglio, mise in<br />

dubbio l’amor patrio dell’Arcivescovo<br />

che non esitò a rispondergli:<br />

«Non permetto che si metta in<br />

discussione la mia italianità; mi<br />

sento e sono più italiano del maresciallo<br />

Badoglio. Quando il popolo<br />

è rimasto solo e stremato dalle sofferenze<br />

della guerra io, vecchio di<br />

76 anni, col mio clero sono rimasto<br />

al mio posto a conforto e sollievo<br />

della popolazione, mentre il<br />

maresciallo Badoglio è scappato a<br />

Pescara!».<br />

Il suo successore, monsignor<br />

Moscato, assunse quale scopo<br />

centrale dell’azione pastorale la<br />

ricostruzione morale della popolazione<br />

salernitana, ponendo in<br />

primo piano l’urgenza dell’opera<br />

assistenziale ed educativa <strong>dei</strong><br />

ragazzi coinvolti in traffici equivoci<br />

a causa delle difficoltà economiche<br />

e della precarietà delle loro<br />

famiglie. Moscato promosse, infatti,<br />

nel novembre del 1944, la<br />

costituzione dell’“Opera dell’Addolorata<br />

per i Figli del Popolo” che<br />

si proponeva l’assistenza ai ragazzi<br />

poveri. Iniziativa destinata a crescere<br />

una volta trasformata nel-<br />

A destra un’immagine<br />

delle attività sportive<br />

organizzate nel periodo estivo<br />

nel Villaggio San Giuseppe<br />

alla fine degli anni Quaranta<br />

In basso una foto recente<br />

degli alunni della scuola materna<br />

intitolata a San Domenico Savio<br />

e a sinistra i bambini della Colonia<br />

in uno scatto degli anni Sessanta<br />

Il taglio del nastro<br />

all’inaugurazione<br />

del nuovo<br />

Villaggio<br />

San Giuseppe<br />

con il Presidente<br />

della Regione<br />

Campania<br />

Antonio Bassolino<br />

e l’Arcivescovo<br />

di Salerno<br />

Gerardo Pierro<br />

l’“Opera Ragazzi Nostri”, allocata<br />

prima in sedi di fortuna, e successivamente<br />

nel Palazzo Arcivescovile.<br />

Alla storia dell’Opera, raccontata<br />

in un volume di monsignor<br />

Comincio <strong>La</strong>nzara e del giornalista<br />

Paolo Romano, è legato il nome<br />

della signora Norma De Martino,<br />

che si dedicò con grande impegno<br />

solidale e materno alla crescita<br />

<strong>dei</strong> ragazzi. Tra la fine del<br />

1946 e l’inizio del 1947 l’Opera poté<br />

trasferirsi nei capannoni e nelle<br />

baracche che, sulla spiaggia orientale<br />

di Salerno, in località Torre<br />

Angelara, erano state costruite<br />

dalle truppe alleate per l’accampamento<br />

<strong>dei</strong> soldati del Generale<br />

Clark. Sorgeva così in Italia il primo<br />

“Villaggio del Fanciullo”. Negli<br />

anni la struttura assunse diverse<br />

denominazioni, fino a quello o-<br />

dierna di Villaggio San Giuseppe.<br />

Nel corso del tempo la casa di<br />

accoglienza si ampliò notevolmente<br />

sotto la guida di monsignor<br />

Comincio <strong>La</strong>nzara. È del 1975 la<br />

costruzione di una piscina con<br />

acqua di mare depurata, un campo<br />

di calcio e di pallavolo. Dal<br />

1969 al 1971, la colonia è stata<br />

anche la prima sede della Scuola<br />

Superiore di Servizio Sociale. Nel<br />

1985 la struttura accolse al suo interno<br />

l’Istituto comprensivo paritario<br />

(materna, elementare e media).<br />

Nel prossimo mese di marzo,<br />

l’Arcivescovo di Salerno, Gerardo<br />

Pierro, scoprirà all’esterno del villaggio<br />

un busto marmoreo raffigurante<br />

il fondatore dell’Opera, Demetrio<br />

Moscato, per ricordare il<br />

suo impegno profetico per sanare<br />

le ferite della guerra offrendo aiuto<br />

e formazione ai giovani. Il Villaggio<br />

San Giuseppe è oggi una casa<br />

di accoglienza unica nel suo genere.<br />

Esso potrà continuare a vivere<br />

seguendo il suo glorioso passato, e<br />

a fornire ospitalità a basso costo a<br />

gruppi, associazioni, famiglie, rispondendo<br />

così a una nuova, e<br />

sempre più crescente, forma di turismo<br />

sociale e religioso.<br />

Pagina a cura di<br />

FRANCESCO ANTONIO GRANA<br />

L’ultima ristrutturazione<br />

Cambiato<br />

il volto<br />

della casa<br />

Il nuovo Villaggio San Giuseppe è stato<br />

inaugurato il 17 settembre del 2005, alla<br />

pre<strong>senza</strong> di numerose autorità civili e religiose.<br />

«Una struttura molto bella - l’ha definita<br />

il presidente della Regione Campania,<br />

Antonio Bassolino - innanzitutto in sé, perchè<br />

assolve sia a una funzione turistica che<br />

sociale: è <strong>rivolta</strong> ai ragazzi, ai giovani, a intere<br />

famiglie con costi molto contenuti. Una<br />

struttura impotante per tutta l’area che da<br />

Salerno si estende fino a Sapri».<br />

I lavori di ristrutturazione, finanziati dalla<br />

Regione, sono cominciati regolarmente a<br />

maggio del 2003 e sono stati portati a termine<br />

nel giro di ventiquattro mesi, rispettando<br />

pienamente i tempi previsti.<br />

L’edificio ristrutturato, come ha spiegato il<br />

progettista, l’architetto Giovanni Sullutrone,<br />

è formato da quaranta stanze per<br />

circa novanta posti letto, oltre che da un<br />

ambiente ristorante che può accogliere<br />

duecentocinquanta commensali, una sala<br />

conferenze per quattrocentocinquanta<br />

posti, un bar e una sala per la prima colazione<br />

di cento posti. L’intera struttura è<br />

stata completamente rinnovata e ha impianti<br />

tecnologici all’avanguardia. Sono<br />

stati eseguiti degli interventi di alta specializzazione,<br />

in particolare è stato innalzato<br />

il pavimento di circa cinquanta centimetri,<br />

creando un vespaio areato per risolvere i<br />

problemi di umidità del suolo. <strong>La</strong> ristrutturazione<br />

delle grandi camerate è stata<br />

eseguita in modo tale da poter ospitare<br />

anche famiglie numerose e portatori di<br />

handicap. Il Villaggio San Giuseppe rimane<br />

un luogo di accoglienza dove, anche nel<br />

futuro, potranno crescere i giovani salernitani<br />

e non solo.<br />

L’identikit dell’edificio<br />

Risorsa<br />

civile<br />

e religiosa<br />

Non è un albergo, né potrebbe esserlo perchè<br />

non è nemmeno classificato come tale e<br />

non ha stelle da vantare. Il Villaggio San<br />

Giuseppe è, infatti, una struttura ricettiva<br />

extralberghiera, ovvero una casa per ferie a<br />

basso costo. <strong>La</strong> gestione del Villaggio è stata<br />

affidata in comodato a una associazione<br />

costituita da persone vicine al mondo cattolico.<br />

Una necessità imposta sia da parte<br />

laica, sia ecclesiastica. Come rappresentate<br />

della Diocesi in seno all’Associazione,<br />

l’Arcivescovo Gerardo Pierro ha ritenuto<br />

logico e opportuno nominare monsignor<br />

Comincio <strong>La</strong>nzara, colui che che per oltre<br />

quattro decenni, dai primi anni Sessanta,<br />

ha profuso tutto il suo impegno per la<br />

struttura mantenendola viva e operosa,<br />

seguendo le direttive <strong>dei</strong> quattro vescovi<br />

salernitani che si sono succeduti negli anni<br />

e che lo hanno sempre confermato nell’incarico.<br />

«Questa realizzazione - sostiene<br />

mons. Pierro - parte a favore <strong>dei</strong> giovani e<br />

aumenta la recettività della città; sopratutto<br />

dà alla Diocesi la possibilità di avere un<br />

altro luogo importante che può servire ai<br />

ragazzi salernitani e all’intera collettività,<br />

oltre che ovviamente alla Chiesa». Premura<br />

costante di chi, dai primi anni Sessanta<br />

a oggi ha guidato il grande complesso, è<br />

stata quella di rendere la struttura sempre<br />

più all’altezza <strong>dei</strong> tempi, unicamente per<br />

rendere un servizio più efficente possibile<br />

all’intera comunità. «Il Villaggio San Giuseppe<br />

- ricorda Pierro - continuerà la sua<br />

funzione a favore della comunità e delle<br />

categorie meno abbienti, <strong>senza</strong> scopi di lucro».<br />

Fedele al fine indicato dal suo fondatore,<br />

che lo volle per accogliere ed educare<br />

quanti avrebbero bussato alla sua porta.


10 Domenica<br />

7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />

A sinistra un bimbo<br />

che gioca ad un social game<br />

utilizzando il notebook<br />

<strong>dei</strong> genitori.<br />

In alto una videata<br />

di FarmVille,<br />

applicazione di Facebook<br />

che trasforma i giocatori<br />

in agricoltori virtuali<br />

IL CYBER-CONTADINO E’ DONNA E IN CARRIERA<br />

Se a mamma piace il trattore<br />

Curare l’orto o il ristorante sul web,<br />

ma anche guidare un popolo alla<br />

conquista della Gallia, non è decisamente<br />

un gioco da ragazzi. Una<br />

ricerca condotta in Usa<br />

e Gran Bretagna dall’agenzia<br />

Info Solution<br />

Group rivela come ad<br />

essere più attirati dai<br />

social game siano<br />

soprattutto gli adulti<br />

dai 40 ai 49 anni, che<br />

dedicano alla “vita virtuale”<br />

più tempo <strong>dei</strong><br />

loro figli. E a dispetto<br />

<strong>dei</strong> luoghi comuni, il<br />

giocatore tipo è una<br />

donna (lo sono il 55%<br />

degli utilizzatori), che è<br />

sposata, lavora e ha almeno un<br />

figlio.<br />

Tra le applicazioni preferite svetta<br />

FarmVille (69%), seguito dal rompicapo<br />

Bejeweled, dal Texas Hold’em<br />

e da Cafe World. Dalla ricerca<br />

emerge anche che i giochi sono<br />

l’attività che assorbe più tempo nei<br />

social network, con il<br />

38% delle intervistate<br />

che si connette più<br />

volte al giorno, cosa<br />

che fa “solo” il 29% <strong>dei</strong><br />

maschi.<br />

Se la maggioranza degli<br />

adulti di dice entusiasta<br />

<strong>dei</strong> social game,<br />

un po’ meno lo sono i<br />

loro datori di lavoro:<br />

secondo una recente<br />

inchiesta della Camera<br />

per il commercio e<br />

l’industria indiana, il<br />

12,5% della produttività delle a-<br />

ziende viene perduta perché gli<br />

impiegati si collegano ai social network<br />

durante le ore d’ufficio.<br />

Trascorrono ore a coltivare l’orto,<br />

arare il terreno e allevare bestiame,<br />

ma molti di loro vivono in città e<br />

non hanno mai tenuto in mano<br />

una zappa. Tra loro si definiscono<br />

cyber-contadini, nome suggestivo<br />

che mescola futurismo e gusto dell’antico,<br />

dietro al quale si cela però<br />

una realtà molto diffusa e ordinaria:<br />

quella <strong>dei</strong> “social game”.<br />

Sul web è la moda del momento, e<br />

sui siti e blog specializzati non si<br />

parla d’altro. Come irrigare le piante,<br />

come ampliare il proprio podere,<br />

quali sono le colture più redditizie:<br />

pochi internauti sono ormai<br />

immuni al “morbo” di FarmVille, la<br />

fattoria virtuale di Facebook, ultima<br />

frontiera di un processo di virtualizzazione<br />

delle attività quotidiane<br />

iniziato negli anni ’90 con il<br />

boom del tamagotchi ed esploso<br />

definitivamente negli ultimi mesi<br />

grazie all’avvento <strong>dei</strong> social<br />

network.<br />

Nati come semplici passatempi per<br />

gli utenti di Facebook, i social<br />

game – così vengono chiamati i<br />

giochi gestionali praticabili sui<br />

social network – sono oggi una<br />

realtà da centinaia di milioni di u-<br />

Boom <strong>dei</strong> “social game”, li pratica un internauta su tre<br />

Manager per gioco,<br />

nella vita chissà<br />

Oltre 80 milioni gli imprenditori agricoli virtuali<br />

tenti in tutto il mondo. FarmVille,<br />

che è il più popolare, ne conta ben<br />

81 milioni, un quarto <strong>dei</strong> quali si<br />

collega almeno una volta al giorno.<br />

Sottoposti a una continua sofisticazione<br />

che ne aumenta di giorno<br />

in giorno il grado di dettaglio e di<br />

verosimiglianza, questi giochi<br />

traggono la loro forza dall’essere<br />

“social”, permettendo ai diversi<br />

utenti di interagire tra loro e con i<br />

loro beni attraverso internet, a<br />

costo zero e <strong>senza</strong> dover essere<br />

necessariamente connessi nello<br />

stesso momento. Ma la chiave di<br />

tanto successo risiede anche nella<br />

diversificazione: dalla fattoria al<br />

ristorante, dall’acquario al cagnolino,<br />

ce n’è davvero per tutti i gusti, e<br />

basta una buona dose di pazienza e<br />

applicazione per lasciarsi conquistare<br />

da un mondo parallelo nel<br />

quale mettere alla prova le proprie<br />

abilità manageriali.<br />

Tra chi guarda al loro successo con<br />

favore e chi al contrario ne è allarmato,<br />

su una cosa sembrano tutti<br />

d’accordo: quello <strong>dei</strong> social game è<br />

un fenomeno dalle implicazioni<br />

sociali e psicologiche non più trascurabili.<br />

A preoccupare molti<br />

esperti è soprattutto un aspetto:<br />

quello che vede da un lato sempre<br />

più giovani abbandonarsi a se stessi<br />

e rinunciare a qualunque prospettiva<br />

di realizzazione nella vita,<br />

e dall’altro tanti di loro dar fondo a<br />

energie e abilità per avere successo<br />

in questa “second life” virtuale, più<br />

semplice e libera da ostacoli rispetto<br />

alla vita vera.<br />

In tanti però si rifiutano di considerare<br />

questi giochi come un rifugio<br />

dalle difficoltà del mondo reale, o<br />

peggio ancora una “droga”, ma al<br />

contrario li vedono come un ottimo<br />

campo di allenamento. Tra<br />

questi c’è il ministro delle Politiche<br />

agricole Luca Zaia, che in una<br />

recente intervista a Repubblica si è<br />

dichiarato entusiasta di FarmVille,<br />

che “può essere per molti ragazzi<br />

l’occasione di passare dal virtuale al<br />

reale”.<br />

C’è poi chi, come l’autorevole sito<br />

americano Mashable, si è spinto<br />

addirittura oltre, dichiarando che i<br />

social game sono fondamentali per<br />

l’educazione <strong>dei</strong> bambini perché<br />

stimolano la creatività, l’intelligenza<br />

e l’astuzia. Se su questo punto il<br />

dibattito resta aperto, sull’astuzia<br />

delle case programmatrici non<br />

sono invece ammessi dubbi: solo<br />

negli Usa i social game hanno fatturato<br />

nel 2009 un miliardo di<br />

euro, e si prevedono altri 1,6<br />

miliardi nel 2010. Davvero <strong>niente</strong><br />

male per un business che ha appena<br />

due anni di vita.<br />

Pagina a cura di<br />

RAFFAELE PELLEGRINO<br />

FARMVILLE<br />

Il richiamo<br />

della terra<br />

TRAVIAN<br />

Nel mondo<br />

di Asterix<br />

PET SOCIETY<br />

C’era una volta<br />

il tamagotchi<br />

FISHVILLE<br />

Affari d’oro<br />

con i pesci<br />

CAFE WORLD<br />

Aperti solo<br />

in pausa caffè<br />

In FarmVille<br />

si indossano i<br />

panni del proprietario<br />

di<br />

un’azienda<br />

agricola e si<br />

trascorre il<br />

tempo ad arare<br />

il terreno,<br />

seminare e tosare le pecore. L’obiettivo<br />

è vendere tutti i prodotti<br />

per guadagnare denaro virtuale e<br />

ingrandire i poderi, e c’è anche la<br />

possibilità di investire soldi veri.<br />

Dal giorno del suo lancio, lo scorso<br />

19 giugno, il gioco della Zynga<br />

ha attirato più di un milione di<br />

nuovi giocatori alla settimana.<br />

Secondo Mark Picus, direttore<br />

esecutivo della casa programmatrice,<br />

il suo successo deriva “dall’aver<br />

ben calibrato i migliori elementi<br />

<strong>dei</strong> giochi di società con l’istinto<br />

primordiale della gente di<br />

curare la terra e gli animali”.<br />

Chi non ricorda<br />

le gesta di<br />

Asterix, il leggendario<br />

combattente<br />

gallo<br />

che con una<br />

pozione riusciva<br />

a sconfiggere<br />

intere legioni<br />

di romani? Con Travian è possibile<br />

rivivere l’emozione di quelle<br />

imprese, fondando un villaggio<br />

Gallo, Romano o Teutone e facendolo<br />

prosperare anche a scapito<br />

delle tribù nemiche.<br />

L’utente può scegliere se essere un<br />

feroce guerriero o un abile commerciante,<br />

ma per sopravvivere è<br />

necessario stringere alleanze con<br />

gli altri giocatori. Fondamentale<br />

è la tecnica del sitteraggio, che<br />

consente agli internauti di affidare<br />

agli alleati la gestione del proprio<br />

villaggio quando non si è<br />

online.<br />

Realizzato<br />

dalla Playfish,<br />

Pet Society<br />

rappresenta<br />

un’evoluzione<br />

del tamagotchi:<br />

scopo del<br />

gioco è prendersi<br />

cura di<br />

un cucciolo virtuale, nutrirlo e<br />

gestire la sua vita sociale. L’ambientazione<br />

è quella di un villaggio<br />

virtuale nel quale l’animaletto<br />

può svolgere le attività tipiche<br />

degli esseri umani: fare shopping,<br />

arredare la propria casa, frequentare<br />

un caffè e persino partecipare<br />

a competizioni sportive.<br />

L’utente può creare per il suo cucciolo<br />

un appartamento con tutti i<br />

comfort, dalla vasca idromassaggio<br />

al jukebox, e in occasione delle<br />

festività è possibile acquistare<br />

costumi per l’occasione, oggetti e<br />

cibo adatto ai festeggiamenti.<br />

Sulla scia del<br />

grande successo<br />

di Farm-<br />

Ville è arrivato<br />

negli ultimi<br />

mesi FishVille,<br />

il nuovo gioco<br />

manageriale<br />

della Zynga.<br />

Lo scenario questa volta è un<br />

grande acquario virtuale, in cui<br />

l’utente dovrà allevare pesci colorati<br />

ed esotici per poi venderli,<br />

ottenere denaro e reinvestirlo in<br />

uova da cui allevare nuovi pesci.<br />

Per accumulare punti è necessario<br />

curare la salute della propria<br />

fauna ittica, decorare l’acquario e<br />

visitare quelli <strong>dei</strong> propri amici; è<br />

inoltre possibile fare regali per<br />

ricevere crediti extra.<br />

<strong>La</strong> struttura del gioco è molto<br />

simile quella di Happy Aquarium<br />

e FishWorld, con i quali condivide<br />

milioni di visitatori al mese.<br />

Gestire il proprio<br />

ristorante,<br />

cucinare e<br />

servire, <strong>senza</strong><br />

mai muoversi<br />

dalla propria<br />

scrivania: è<br />

Cafe World,<br />

una delle applicazioni<br />

regine della Zynga, con<br />

la quale ogni utente può diventare<br />

un manager della ristorazione.<br />

Il primo passo è scegliere il nome<br />

del locale, che apparirà nella<br />

strada che ospita tutti i locali <strong>dei</strong><br />

nostri amici virtuali; si prosegue<br />

poi con l’arredo e con il reclutamento<br />

di cuochi e camerieri, da<br />

scegliere tra i nostri contatti.<br />

Più soldi si guadagnano e più si<br />

può far sfoggio del proprio gusto,<br />

trasformando stamberghe che<br />

vendono sandwiches in monumentali<br />

Taj Mahal che servono<br />

aragoste e caviale.


PRIMO PIANO Domenica 7 marzo 2010<br />

11<br />

L’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, a Napoli, riferimento nel Sud Italia,<br />

leader negli strumenti spaziali per l'esplorazione del Sistema Solare<br />

L’uomo a un passo dalle stelle<br />

L’Osservatorio Astronomico di<br />

Capodimonte diretto dal professor<br />

Luigi Colangeli è una struttura<br />

storica di Napoli fondata nel 1812.<br />

È uno degli otto, tra piccoli e grandi,<br />

osservatori campani. Fa parte<br />

dell’Inaf (Istituto nazionale astro<br />

fisica) un network sviluppato nell'ambito<br />

<strong>dei</strong> programmi della<br />

Unione europea e di organismi<br />

internazionali; sul territorio<br />

nazionale vi afferiscono diciannove<br />

istituti. All’interno della rete<br />

Inaf, l’Osservatorio è l’unica struttura<br />

dell’Italia peninsulare a sud di<br />

Roma e quindi è il riferimento sul<br />

territorio per le ricerche astronomiche.<br />

È altresì luogo di cultura<br />

interdisciplinare che, grazie al<br />

lavoro del gruppo di divulgazione<br />

diretto dalla dottoressa Maria<br />

Teresa Fulco, ha il ruolo di integrare<br />

le conoscenze <strong>dei</strong> ricercatori<br />

per offrire al pubblico un’immagine<br />

semplice ed efficace dell’astronomia.<br />

Molte e intense sono<br />

le attività di ricerca in vita<br />

all’Osservatorio, le principali<br />

sono: Fisica del sole, Fisica cosmica<br />

e planetologia, Fisica delle stelle<br />

e del mezzo interstellare, Fisica<br />

delle galassie e cosmologia,<br />

Tecnologia per l’astronomia da<br />

terra e Tecnologia per l’astronomia<br />

spaziale. Come funziona e<br />

cosa fa vibrare il Sole? Il Sole<br />

come le altre stelle “normali” ha<br />

un proprio ciclo di vita – ha spiegato<br />

il direttore. Quando nello<br />

spazio si agglomera della materia<br />

a densità talmente elevata da dar<br />

luogo a delle reazioni nucleari, è lì<br />

che nasce una stella. Il Sole sta<br />

bruciando idrogeno, poi passerà<br />

all’elio e qui diventerà “impaziente”,<br />

le sue oscillazioni aumenteranno<br />

e si trasformerà in una Gigante<br />

rossa che inghiottirà i pianeti vicini<br />

e rilancerà nel mezzo interstellare<br />

la materia di cui è costituita,<br />

che eventualmente potrà ritorna-<br />

A destra l’attività solare.<br />

In basso a sinistra<br />

una galassia.<br />

In basso a destra la cupola di<br />

un osservatorio astronomico<br />

con telescopio<br />

re a far parte di una nube di polvere<br />

e gas, riagglomerarsi e ricominciare<br />

il ciclo. Oggi, “l’allarme Sole”<br />

c’è nelle telecomunicazioni, perché<br />

le radiazioni generate dall’attività<br />

solare, possono creare fenomeni<br />

di disturbo delle trasmissioni<br />

basate sulle onde elettromagnetiche.<br />

Pertanto oggi alla Nasa e<br />

anche in Europa, con la denominazione<br />

“Living with a star” si sta<br />

studiando l’impatto della convivenza<br />

con il Sole. Si pensi ai problemi<br />

che nascerebbero se si verificasse<br />

un disturbo delle comunicazioni,<br />

a esempio degli aerei. Il<br />

team di tecnologie spaziali<br />

dell'Osservatorio è leader internazionale<br />

nella progettazione, sviluppo<br />

e realizzazione di strumenti<br />

spaziali per l'esplorazione del<br />

Sistema Solare. Tra principali<br />

strumenti spaziali <strong>dei</strong> quali l'Inaf-<br />

Oac è responsabile, c’è Medusa<br />

per il primo rover dell'Esa,<br />

ExoMars che visiterà Marte. Il<br />

Pianeta che di sicuro in passato ha<br />

ospitato acqua. Oggi non ha più<br />

atmosfera e quindi non ha forma<br />

di vita sulla superficie, ma sono<br />

stati osservati prodotti chimici,<br />

come le sferule di ematite, che<br />

possono essere stati generati da<br />

un’attività organica. Nel futuro<br />

prossimo si tenterà di andare in<br />

profondità (pochi metri) nella<br />

superficie marziana per trovare<br />

fossili o materia ancora attiva. Il<br />

rover della missione ExoMars è<br />

dotato di una trivella (ideata e realizzata<br />

in Italia) e di un piccolo<br />

laboratorio per l’analisi del materiale<br />

estratto. L’Osservatorio<br />

individua dove rilasciare il rover.<br />

BENEVENTO CAVA DE’ TIRRENI MONTECORVINO ROVELLA<br />

Pagina a cura di<br />

FRANCESCO M. BORRELLI<br />

CRISTIANO VELLA<br />

«Regaliamo<br />

emozioni»<br />

A scuola<br />

nel cosmo<br />

“Non siamo soli<br />

nell’Universo”<br />

Anche a Benevento, il più<br />

piccolo <strong>dei</strong> capoluoghi di<br />

provincia della Campania, è<br />

presente un osservatorio<br />

astronomico.<br />

Per ricettività<br />

e capacità di<br />

ospitalità è<br />

uno tra i più<br />

grandi d’Italia,<br />

complice<br />

anche la<br />

struttura dove<br />

è ubicato:<br />

il Centro <strong>La</strong><br />

Pace. A dirigere<br />

l’Osservatorio<br />

Astronomico del<br />

Sannio è il dottor Antonio<br />

Pepe, laureato a Bologna in<br />

astronomia e responsabile<br />

anche del museo Paleolab di<br />

Pietraroja. «Al momento –<br />

racconta Pepe – lo scopo<br />

dell’Osservatorio è principalmente<br />

divulgativo, ci<br />

rivolgiamo alle scuole e agli<br />

appassionati e regaliamo<br />

loro emozioni attraverso il<br />

telescopio, il planetario e la<br />

cupola». Anche la ricerca<br />

dovrebbe svolgere<br />

un<br />

ruolo importante:<br />

«Per il<br />

momento<br />

svolgo ricerche<br />

per conto<br />

mio - dice<br />

Pepe - ma<br />

non escludo<br />

di ampliare<br />

l’attività in<br />

questo campo,<br />

magari<br />

collegandosi<br />

a degli enti». Nato solo grazie<br />

a sforzi privati del direttore,<br />

l’Osservatorio del<br />

Sannio può essere visitato<br />

su prenotazione, con la<br />

possibilità anche di fermarsi<br />

a dormire, grazie alla<br />

struttura del Centro <strong>La</strong><br />

Pace. «Ne vale la pena -<br />

assicura Antonio Pepe -<br />

regaliamo emozioni».<br />

Al Liceo Scientifico A.<br />

Genoino di Cava de’ Tirreni,<br />

di recente è stato creato un<br />

osservatorio astronomico<br />

per i ragazzi.<br />

<strong>La</strong> struttura è<br />

collegata al<br />

Centro Astronomico<br />

“Neil Armstrong”<br />

di Salerno<br />

ed ha<br />

scopo esclusivamente<br />

divulgativo.<br />

«Vogliamo<br />

avvicinare i<br />

ragazzi all’astronomia –<br />

afferma Gaetano Scuoppo,<br />

tecnico del laboratorio<br />

astronomico, che non esita a<br />

stigmatizzare i limiti che si<br />

creano in questo campo –<br />

ma spesso l’inquinamento<br />

luminoso è un ostacolo».<br />

Anche il presidente del<br />

Cana, l’ ingegner Alberto<br />

Fienga, tiene molto a tra-<br />

smettere la propria passione<br />

anche ai ragazzi, anche<br />

attraverso progetti che<br />

coinvolgono sia alunni che<br />

esterni.<br />

Al “Genoino”<br />

il responsabile<br />

della struttura<br />

è il professor<br />

Giuseppe<br />

Baldi e<br />

cosa pensano<br />

i suoi giovani<br />

alunni della<br />

straordinaria<br />

opportunità<br />

di avere un<br />

osservatorio tutto per loro<br />

a scuola è lampante: «E’<br />

vero, il progetto ci dà punti<br />

di credito scolastico - raccontano<br />

gli studenti Sonia,<br />

Massimo e Ludovica - ma<br />

lo frequentiamo perchè ci<br />

piace davvero. Spesso<br />

diventa un po’ difficile da<br />

seguire, ma è molto affascinante».<br />

Nato nel 1986 come osservatorio<br />

amatoriale di un<br />

gruppo di appassionati di<br />

astronomia, negli anni grazie<br />

al lavoro<br />

svolto e ad<br />

attrezzature<br />

sempre più<br />

sofisticate,<br />

l’osservatorio<br />

Gian Camillo<br />

Gloriosi è<br />

stato riconosciuto<br />

osservatorio<br />

di<br />

ricerca. Nel<br />

2001 il Minor<br />

Planet Center del Massachusset<br />

(Usa) ha assegnato<br />

all’Osservatorio di Montecorvino<br />

Rovella il Codice<br />

Internazionale 229, abilitandolo,<br />

alla ricerca scientifica<br />

e monitoraggio della fascia<br />

Asteroidale degli spazi tra<br />

Marte e Giove. Durante l’attività<br />

di osservazione - ha<br />

detto il direttore Bruno<br />

Sgarbini - si è riscontrata la<br />

possibilità che nel 2029 l’asteroide<br />

Apophis transitando<br />

vicino alla Terra possa<br />

precpitare<br />

sul Pianeta.<br />

Ipotesi basso<br />

profilo probabilistico,<br />

che potrebbe<br />

cambiare se,<br />

a causa di<br />

forze spaziali,<br />

la traiettoria<br />

dell’asteroide<br />

dovesse<br />

mutare. Gli<br />

Alieni, esistono? -<br />

L’occasione è ghiotta e il<br />

direttore colloquiale -<br />

«Nell’Universo non siamo<br />

soli - dice -, forse sono<br />

venuti sulla Terra, esempio<br />

ne sono i graffiti nelle piramidi<br />

di El Cairo, è rappresentato<br />

una navetta simile a<br />

quella che negli anni 60<br />

andò sulla Luna».


12 Domenica 7 marzo 2010 SPECIALE<br />

L’EMERGENZA<br />

Il territorio epicentro di un terremoto produttivo: <strong>senza</strong> il Lingotto muore l’intera regione<br />

Campania, la fine di un MiTo<br />

L’allarme degli operai dell’indotto: «Se si sposta lo stabilimento all’estero sarà un’ecatombe occupazionale»<br />

Sedotta e abbandonata. Protagonista<br />

alla fine degli anni Ottanta<br />

del boom nel settore automobilistico,<br />

la Campania assiste oggi all’emigrazione<br />

della Fiat verso l’Europa<br />

dell’est e il mercato statunitense.<br />

Più di undicimila persone le<br />

vittime di questa fuga. Sono i dipendenti<br />

dello stabilimento di Pomigliano<br />

d’Arco, simbolo del marchio<br />

Alfa Romeo, ma anche i lavoratori<br />

dell’indotto: l’insieme di piccole<br />

e medie imprese che producono<br />

parti necessarie alle grandi industrie<br />

per il prodotto finito.<br />

Donne e uomini, quindi, impiegati<br />

in aziende collegate direttamente o<br />

indirettamente al Lingotto.<br />

Ogni vettura, infatti, è composta<br />

da quasi trenta milioni di pezzi e le<br />

grandi fabbriche come Pomigliano<br />

si limitano a montarli per completare<br />

il puzzle. I singoli tasselli di<br />

questo mosaico arrivano da centinaia<br />

di imprese: dalle multinazionali<br />

fino alle aziende a conduzione<br />

familiare. In Campania sono centocinque<br />

e dalle loro linee escono<br />

pezzi d’acciaio, guarnizioni di<br />

gomma, vetro, tessuti, plastiche,<br />

circuiti elettronici e parti meccaniche<br />

di precisione. In pratica un’auto<br />

comprende tutti i materiali nati<br />

in un’industria di base. Poi ci sono<br />

i servizi e le attività di supporto logistico:<br />

dai trasporti all’elettricità.<br />

Il blocco della produzione in provincia<br />

di Napoli crea un effetto<br />

domino, con un indefinibile impatto<br />

sociale: <strong>senza</strong> un’industria<br />

automobilistica una regione è più<br />

povera. Il paradosso della Fiat è<br />

quello di essere un grande marchio<br />

con poche auto prodotte: appena<br />

settecentomila lo scorso anno. Gli<br />

altri veicoli venduti in Italia, duemilioni,<br />

sono importati. E il “metadone”<br />

degli ecoincentivi non ha<br />

permesso alla Real Casa del<br />

Lingotto di trasformarsi in un<br />

gigante del mercato, rimanendo un<br />

nano nel settore. Per questo<br />

Marchionne, l’amministratore delegato<br />

dell’azienda torinese, ha<br />

optato per la grande fuga: lo spostamento<br />

della produzione nei<br />

Paesi dove il lavoro costa meno.<br />

Un processo inverso rispetto a<br />

venti anni fa, quando la Fiat decise<br />

di emigrare verso sud, percorrendo<br />

il tragitto opposto a quello degli<br />

operai che negli anni Cinquanta<br />

guardavano al nord. Un viaggio<br />

verso il Mezzogiorno che consentì<br />

la nascita di stabilimenti come<br />

l’Fma di Pratola Serra (Avellino),<br />

con i circa duemila dipendenti,<br />

che producono i motori<br />

montati sulle auto assemblate<br />

a Pomigliano. Nella<br />

città dell’Alfa, prima<br />

era un corteo di<br />

tute blu e l’ essere<br />

operaio era un<br />

vanto.<br />

Oggi, invece,<br />

le strade sono<br />

invase da un<br />

esercito di<br />

cassintegrati.<br />

Gli ammortizzatori<br />

sociali, però,<br />

durano solo<br />

52 settimane e<br />

se la produzione<br />

non riprende con<br />

regolarità (per ora si<br />

lavora solo tre giorni a<br />

settimana) ci saranno<br />

ancora disoccupati.<br />

Marchionne però non chiuderà<br />

uno stabilimento composto da giovani<br />

lavoratori perché non vuole<br />

gestire una bomba sociale dagli<br />

effetti imprevedibili. <strong>La</strong> fabbrica<br />

sarà rilanciata con la Panda; stop<br />

quindi alle Alfa 159 e 147, quest’ultima<br />

destinata a uscire dal mercato<br />

nel breve periodo. E Pratola Serra?<br />

Per ora il numero uno del marchio<br />

di Torino ha risposto picche. I<br />

motori arriveranno dalla Polonia.<br />

Così, però, l’Fma rischia di chiudere<br />

i battenti. Davanti ai cancelli<br />

dello stabilimento avellinese (dove<br />

nascono i quattro cilindri da 1,6<br />

litri e il 1.900 multijet), le tute blu<br />

chiedono di produrre il piccolo<br />

1.300 diesel dell’utilitaria. Almeno<br />

per continuare a sopravvivere, perché<br />

a regime la fabbrica sforna<br />

quasi cinquecentomila motori l’anno,<br />

mentre la Panda nelle classifiche<br />

di vendita si ferma a quota<br />

240mila<br />

unità nel 2009. Per questo motivo,<br />

i lavoratori Fma sono stati in presidio<br />

permanente fino a domenica<br />

21 febbraio insieme a quelli della<br />

Logicservice.<br />

A Benevento, invece, gli addetti<br />

della Ficomirrors (che produce<br />

specchietti retrovisori) sperano<br />

ancora, così come i dipendenti della<br />

Magneti Marelli di Pomigliano.<br />

<strong>La</strong> Cablauto di Avellino, invece, ha<br />

rischiato la chiusura nel 2008, ma<br />

si è salvata grazie alla cassa integrazione,<br />

che però sta per terminare.<br />

<strong>La</strong> crisi colpisce l’indotto auto e<br />

le imprese della subfornitura non<br />

riescono a sopravvivere solo di ammortizzatori<br />

sociali. <strong>La</strong> sofferenza<br />

economica, infatti, dipende dall’incasso<br />

delle fatture, che per il 48%<br />

sono commesse del marchio di Torino.<br />

Inoltre, ogni posto di lavoro<br />

perso al Lingotto si deve moltiplicare<br />

per quattro nell’indotto:<br />

un’ecatombe occupazionale.<br />

E se la Fiat va all’estero,<br />

l’industria<br />

campana<br />

muore.<br />

<strong>La</strong> distribuzione in percentuale<br />

delle imprese campane<br />

collegate all’indotto della Fiat<br />

e sotto divise per tipologia<br />

(dati pubblicati nel 2008<br />

dall’Università di Salerno)<br />

C’era<br />

una volta<br />

la 159<br />

Erano gli anni 70: l’Alfa (Anonima<br />

Lombarda Fabbrica Automobili)<br />

costruisce il suo stabilimento<br />

a Pomigliano d’Arco,<br />

che da allora viene battezzato<br />

come il suo primo modello:<br />

l’AlfaSud.<br />

Ma erano altri tempi, l’Alfa e-<br />

ra un’industria indipendente<br />

del gruppo Iri a forte partecipazione<br />

statale. Poi i tempi<br />

cambiano, tra alterne vicende<br />

la Fiat compra lo stabilimento.<br />

Così Pomigliano rafforza il<br />

suo legame con il marchio del<br />

biscione, sfornando la 33, la<br />

145 e la 155 prima; la 156 e la<br />

146 poi. Modelli di successo<br />

che rilanciano l’Alfa sui mercati<br />

e la riappropriano del segmento<br />

sportivo dell’auto italiana.<br />

Ma il successo arriva<br />

con gli ultimi la 159 e la 147:<br />

due modelli che rivoluzionano<br />

il mercato del segmento C<br />

e D, prima sostanzialmente<br />

dominato dall’auto tedesca.<br />

Pomigliano diventa lo stabilimento<br />

di punta di Fiat in Italia.<br />

Ma poi arriva la MiTo, la<br />

prima Alfa “piccola”, il prodotto<br />

per salvare il marchio durante<br />

la crisi. Un modello che<br />

è stato progettato a Milano e<br />

costruito a Torino.<br />

Da allora Pomigliano perde il<br />

rosso Alfa. E parte la cassa<br />

integrazione.<br />

<strong>La</strong> dipendenza totale dal marchio di Torino si traduce in rischio economico<br />

Cassa integrazione a raffica<br />

Dei 19.000 lavoratori il 63% costretto a vivere di ammortizzatori sociali<br />

Due consorzi per salvare le tute blu<br />

Contro la crisi<br />

Allargare la propria azione<br />

economica: questo l’obiettivo<br />

di Cosvin e Irpinia<br />

Automotive, due consorzi<br />

che operano per<br />

contrastare, in Campania,<br />

gli effetti della crisi<br />

causata dal blocco della<br />

produzione nello stabilimento<br />

di Pomigliano. Il<br />

Consorzio per lo sviluppo<br />

industriale (Cosvin)<br />

nasce grazie alla Tess Costa<br />

del Vesuvio e raggruppa<br />

otto imprese manifatturiere.<br />

Due le direzioni in cui si<br />

muove per recuperare<br />

margini di efficienza economica:<br />

supporto alla diversificazione<br />

settoriale e<br />

ristrutturazione <strong>dei</strong> processi<br />

produttivi.<br />

L’Irpinia Automotive nasce<br />

dalla spinta propulsiva<br />

della Confindustria di<br />

Avellino. È un’iniziativa<br />

che si propone di valorizzare<br />

la produzione locale<br />

di auto, con azioni di sviluppo<br />

e coordinamento<br />

tra venti imprese. Esperienze<br />

che nascono dalla<br />

necessità di ridurre la<br />

dipendenza dal Lingotto;<br />

con la voglia di essere<br />

protagonisti all’estero, soprattutto<br />

nei mercati e-<br />

mergenti. Idee giovani<br />

che rappresentano la voglia<br />

di reagire nella terra<br />

abbandonata dalla Fiat.<br />

Centocinque imprese locali: ecco gli attori<br />

del settore automobilistico in<br />

Campania. Secondo uno studio condotto<br />

da docenti universitari del gruppo<br />

Isiam (Innovazione sviluppo dell’industria<br />

auto nel Mezzogiorno), le a-<br />

ziende dell’indotto Fiat sono distribuite<br />

in tutta la regione. A rileggere i dati<br />

pubblicati nel 2008, il 52% delle imprese<br />

è localizzato nella provincia di Napoli,<br />

il 30% in quella di Avellino; poi a<br />

Salerno, Caserta e Benevento, rispettivamente<br />

con l’8, il 7 e 3%. Una fetta<br />

molto importante per il mercato della<br />

regione, con un tetto di occupati vicino<br />

a quota diciannovemila unità. In totale,<br />

il 6% <strong>dei</strong> lavoratori campani è legato in<br />

modo diretto o meno alla Fiat.<br />

<strong>La</strong> recessione economica ha provocato<br />

però un terremoto che vede il suo epicentro<br />

nello stabilimento di Pomigliano<br />

d’Arco. Da una ristrutturazione<br />

della fabbrica, che si traduce con il<br />

blocco della produzione dell’Alfa Romeo<br />

147 e 159, il rischio licenziamenti<br />

diventa realtà.<br />

Sono poco più di seimila i lavoratori<br />

che vivono con questa<br />

spada di Damocle. Quasi<br />

dodicimila, per ora, quelli<br />

che sopravvivono con la<br />

cassa integrazione: 800<br />

euro al mese, di cui l’80%<br />

erogato dall’Inps, con un<br />

prelievo sui fondi creati<br />

dagli stessi operai. L’ipotesi<br />

Panda potrebbe salvare<br />

Pomigliano, ma condannare<br />

gli altri. Francesco Pirone,<br />

ricercatore all’Università<br />

di Salerno, sottoli-<br />

nea alcuni elementi di criticità, a partire<br />

«da una bassa incidenza delle forniture<br />

campane sul totale di quelle<br />

ricevute dalla Fiat».<br />

Nel caso dell’assemblaggio «le componenti<br />

<strong>dei</strong> veicoli provenienti dall’indotto<br />

coprono l’11% del totale –<br />

aggiunge Pirone – e nel caso dell’Fma<br />

di Pratola Serra, la produzione <strong>dei</strong><br />

motori si attesta sul 10%». Percentuali<br />

analoghe si registrano per l’Irisbus di<br />

Valle Ufita. Due le aree a specializzazione<br />

produttiva: nella provincia di<br />

Salerno ci sono aziende che operano<br />

nel settore gom-ma-plastica; nella<br />

zona tra Napoli e A-vellino, invece, si<br />

concentrano gli stabilimenti che si<br />

occupano di lavorazioni meccaniche.<br />

<strong>La</strong> colpa delle im-prese locali, per<br />

Pirone, è quella di lavorare e produrre<br />

per un solo cliente: la Fiat. Una dipendenza<br />

rischiosa.


SPECIALE Domenica 7 marzo 2010<br />

L’Fma di Pratola Serra passata da mezzo milione di motori nel 2008 a 180.000 nel 2009<br />

Non batte più il cuore dell’Alfa<br />

13<br />

Se l’auto non si vende vanno in<br />

crisi anche i motori che la rendono<br />

viva. Un binomio che spesso viene<br />

dimenticato. Lo sanno bene i circa<br />

2000 dipendenti della Fma di<br />

Pratola Serra, a pochi chilometri<br />

da Avellino, che oggi rischiano di<br />

diventare la prossima Termini<br />

Imerese. Una realtà giovane, fondata<br />

nel ’92, oggi lo stabilimento<br />

occupa tanti giovani che arrivano<br />

principalmente dall’Irpinia, ma<br />

anche da Salerno e Caserta. Da<br />

Pomigliano parte un bus ogni mattina,<br />

dentro viaggiano anche tanti<br />

operai di “seconda generazione”.<br />

Sulla stessa autostrada, l’A3 Napoli<br />

– Bari, percorrono gli stessi 50 chilometri<br />

anche i carrelli <strong>dei</strong> motori<br />

che a Pomigliano vengono “attaccati”<br />

alle lamiere per dare inizio al<br />

montaggio.<br />

I lavoratori di Pratola hanno una<br />

media di 33-35 anni, tra di loro ci<br />

sono anche tante donne, il che ha<br />

Nella fabbrica duemila persone (media 35 anni)<br />

e la produzione limitata a una settimana al mese<br />

favorito la nascita di numerose<br />

coppie che hanno messo su famiglia<br />

grazie al loro lavoro. Un lavoro<br />

che oggi non c’è più, come sanno<br />

bene gli operai che da lunedì 15<br />

febbraio fino alla domenica successiva<br />

quando la polizia li ha sgomberati,<br />

erano sotto la tenda. «<strong>La</strong><br />

Fiat - ci dice Franco Mosca Rsu<br />

dello stabilimento - deve riconoscenza<br />

a Pratola Serra. <strong>La</strong> nostra<br />

azienda nel 2008 ha toccato il<br />

picco di 580 mila motori, lavorando<br />

su 21 turni. Oggi la produzione<br />

è drasticamente ridotta e nel 2009<br />

abbiamo toccato 180 mila pezzi,<br />

un quarto della nostra produzione<br />

potenziale».<br />

Dal 2008 in poi la produzione è<br />

sempre diminuita, tutto è iniziato<br />

con la rottura dell’accordo tra Fiat<br />

e GM, Pratola ha perso in quell’occasione<br />

la commessa per Opel e<br />

Mazda, registrando un meno 800<br />

pezzi al giorno, l’equivalente di un<br />

turno di lavoro. Nel Febbraio 2008<br />

inizia la cassa integrazione ordinaria<br />

che diventa straordinaria nell’ottobre<br />

del 2009; oggi lo stabilimento<br />

lavora circa una settimana<br />

al mese. «Abbiamo chiesto di spostare<br />

una commessa di produzione<br />

a Pratola a dicembre dell’anno<br />

scorso, – ci riferisce l’Rsu Giuseppe<br />

Morsa– e ad oggi si parla di<br />

un piano industriale per la carrozzeria<br />

ma non per i motori».<br />

L’Fma di Pratola ha la sua produzione<br />

principale in motori di grossa<br />

cilindrata, destinati ai modelli di<br />

segmento C e D Alfa Romeo e Fiat,<br />

assemblati principalmente a Pomigliano<br />

e Cassino. Si tratta di giganti<br />

della strada dal 1.6 al 2.2 che negli<br />

anni hanno portato al successo di<br />

Fiat nel segmento. Qui è iniziata la<br />

tecnologia <strong>dei</strong> motori ecologici che<br />

è stata esportata in tutto il mondo.<br />

Ma proprio questi motori, dal<br />

grande potenziale, hanno delle<br />

emissioni oltre il limite massimo<br />

per usufruire degli ecoincentivi.<br />

«Chiediamo che i nuovi motori<br />

ecologici, – continua Franco Mosca<br />

– sviluppati inizialmente in<br />

questo stabilimento, vengano prodotti<br />

qui».<br />

Lo spostamento della Panda a Pomigliano,<br />

con le sue 240 mila vetture<br />

annue previste, potrebbe saturare<br />

di nuovo Pratola, a patto di riqualificare<br />

la sua produzione, passando<br />

a motori di bassa e media<br />

cilindrata, attualmente prodotti in<br />

Polonia. Un’operazione più semplice<br />

rispetto agli stabilimenti di carrozzeria<br />

che richiederebbe all’incirca<br />

3 mesi.<br />

Su questo tema non si è ancora<br />

aperto un tavolo. L’attuale produzione<br />

di Pratola, in pratica più che<br />

dimezzata, mette a rischio l’intera<br />

vita dello stabilimento, se non arriva<br />

una nuova commissione dai<br />

numeri interessanti. L’Fma potrebbe<br />

diventare da qui a breve poco<br />

conve<strong>niente</strong> e rischiare la chiusura.<br />

Pagine a cura di<br />

DANIELE DE SOMMA<br />

SANTO IANNÒ<br />

SABINO RUSSO<br />

MAURIZIO MASCOVI, SEGRETARIO FIOM<br />

«POMIGLIANO FERMA TUTTO»<br />

Maurizio Mascovi, segretario regionale<br />

della Fiom, qual è la situazione delle<br />

fabbriche dell’indotto?<br />

Non si può fare una distinzione tra Pomigliano<br />

e l’indotto: se ci<br />

sono solo tre giorni di<br />

produzione a Pomigliano,<br />

ci sono tre giorni di<br />

produzione nelle fabbriche<br />

di indotto direttmente<br />

collegate. Molte hanno<br />

Fiat come solo committente,<br />

quindi il legame è<br />

assoluto.<br />

In che situazione si trovano<br />

questi lavoratori<br />

rispetto a quelli direttamente<br />

dipendenti di<br />

Fiat?<br />

Sicuramente stanno messi<br />

peggio. Il rapporto che Fiat stabilisce<br />

con i suoi fornitori è tale che vengono<br />

stretti nella morsa <strong>dei</strong> prezzi che stabilisce.<br />

In più, specialmente in Campania,<br />

parliamo di fabbriche spesso sottocapitalizzate,<br />

strette nella morsa finanziaria del<br />

rapporto con il credito e<br />

con le banche, che quindi<br />

non riescono a tenersi<br />

a galla nel confrontarsi<br />

con la crisi.<br />

Cambierà qualcosa se<br />

a Pomigliano arriverà<br />

la Panda?<br />

Cambiare la missione<br />

produttiva di Pomigliano<br />

significa dover riqualificare<br />

l’impianto <strong>dei</strong><br />

fornitori. Su questo tema,<br />

fondamentale per<br />

le aziende dell’indotto<br />

per fare nuovi investimenti,<br />

non si è ancora aperto un tavolo<br />

di confronto.<br />

NAPOLI<br />

<strong>La</strong> vicenda<br />

della ex Ergom<br />

SALERNO<br />

Non solo Fiat<br />

per sopravvivere<br />

BENEVENTO<br />

Eccellenza<br />

e illegalità<br />

CASERTA<br />

Senza capitali<br />

si chiude<br />

Il confine tra indotto<br />

“interno” ed<br />

“esterno”, può essere<br />

molto sottile. Lo<br />

sanno bene i dipendenti<br />

dello stabilimento<br />

dell’ex<br />

Ergom di Pomigliano<br />

d’Arco, oggi nel<br />

gruppo Magneti<br />

Marelli. A separarli dal Gian Battista Vico,<br />

l’ex Alfasud, solo pochi metri. <strong>La</strong> società,<br />

specializzata nella lavorazione di<br />

materie plastiche, è stata acquistata per<br />

una cifra simbolica dalla Fiat nel 2007 e<br />

poi aggregata sotto il logo della Marelli. Il<br />

progetto di reinserimento nel recinto dello<br />

stabilimento auto si è arenato, come gli altri<br />

progetti paralleli nati nel 2008 quando<br />

è partito il piano di ristrutturazione. L’ex<br />

Ergom, oltre a Pomigliano ha altre due sedi<br />

a Napoli e Marcianise, per un totale di circa<br />

1.100 dipendenti, oggi tutti a rischio.<br />

<strong>La</strong> crisi del settore<br />

auto made in Italy<br />

interessa anche la<br />

provincia di Salerno,<br />

dove il giro di<br />

affari nel settore è<br />

di 350 milioni di e-<br />

uro, con 25 fabbriche<br />

che danno lavoro<br />

a 2mila persone.<br />

Salerno, all’interno dell’indotto Fiat,<br />

rappresenta l’8% del comparto regionale e<br />

le aziende sono prevalentemente specializzate<br />

nella produzione di componenti in<br />

plastica e gomma. Molte fabbriche che lavorano<br />

per conto dell’azienda torinese si<br />

trovano tra la Piana del Sele e il Cilento,<br />

come la Johnsons Controls, <strong>La</strong> Pragma, la<br />

Eripress, la Glaverbel e la Metzler, quest’ultima<br />

ha subito le prime ripercussioni<br />

negative. Oltre le aziende storiche, altre<br />

imprese variano la produzione per restare<br />

a galla, non lavorando così solo per la Fiat.<br />

In controtendenza.<br />

<strong>La</strong> Ficomirrors, azienda<br />

spagnola dell’indotto<br />

Fiat che<br />

produce specchietti<br />

retrovisori, è la nota<br />

positiva del settore<br />

auto in Campania:<br />

l’impianto di<br />

Morcone lavora a<br />

pieno ritmo. Questo «perché, fortunatamente,<br />

non siamo collegati solo allo stabilimento<br />

di Pomigliano d’Arco e così sopravviviamo al<br />

mercato», spiega Giuseppe De Maria, direttore<br />

della fabbrica in provincia di Benevento.<br />

160 dipendenti e 7mila specchietti al giorno<br />

per gli altri complessi del Lingotto: Cassino,<br />

Termoli, Melfi e Mirafiori. Per il segretario<br />

provinciale della Fiom, Vincenzo Argentario,<br />

nel Sannio esiste anche un sottobosco industriale:<br />

operai non regolarizzati e imprese<br />

non registrate per abbattere i costi. Anche<br />

questo un modo per continuare a lavorare.<br />

Gravi ripercussioni,<br />

generate dalla<br />

crisi dell’indotto, si<br />

registrano per i lavoratori<br />

del Casertano,<br />

soprattutto<br />

nei due siti di Pignataro<br />

Maggiore,<br />

che conta 196 operai,<br />

e Marcianise<br />

con 96 unità e prossimo alla chiusura. Per<br />

queste persone, l'anno scorso, è stata approvata<br />

la cassa integrazione straordinaria.<br />

<strong>La</strong> Regione Campania in attuazione<br />

dell'accordo quadro Stato-Regioni, per il<br />

70% erogato da Fondi Fas e per il 30% con<br />

finanziamenti europei, ha previsto il rinnovo<br />

della cassa integrazione per 23 aziende<br />

casertane. <strong>La</strong> Johnson Controls di Rocca<br />

d'Evandro nel 2009 ha ottenuto gli aiuti<br />

più sostanziosi, con più di 3milioni di euro.<br />

Per la Morteo, la San Leucio Passamanerie<br />

e la Sap sarà prorogata per un anno.


14 Domenica<br />

7 marzo 2010


IL PERSONAGGIO Domenica 7 marzo 2010<br />

15<br />

Il protagonista del Foro partenopeo parla della passione nella professione e nella vita<br />

Un cuore sotto la toga<br />

GERMANA GRASSO<br />

Per Massimo Di <strong>La</strong>uro, civilista<br />

esperto in diritto fallimentare e societario,<br />

Napoli non è solo la città<br />

natale, ma un luogo dell’anima, in<br />

cui intrecciare la carriera con le<br />

passioni, dove mettere radici significa<br />

gettare il seme per la continuità.<br />

Orgoglioso di appartenere a una<br />

capitale del Sud e addolorato per i<br />

cambiamenti negativi, Di <strong>La</strong>uro è<br />

uno <strong>dei</strong> rappresentanti di quella<br />

garbata classe intellettuale che<br />

scorge in Napoli una prolifica fonte<br />

di ispirazione, di iniziative, di esperienze<br />

e di emozioni. Nello studio<br />

di corso Vittorio Emanuele, a emiciclo<br />

sul golfo, Di <strong>La</strong>uro si racconta.<br />

Lo sguardo mobile, come a cercare<br />

su uno schermo i ricordi, si<br />

fissa poi sull’interlocutore a sottolineare<br />

la fine di ogni pensiero.<br />

Protagonista del Foro napoletano,<br />

intreccia l’attività di avvocato a<br />

quella di studioso di diritto e di<br />

rappresentante delle istituzioni forensi,<br />

è stato recentemente iscritto<br />

all’Albo d’onore delle toghe, privilegio<br />

che fu riservato a Giovanni<br />

Leone, Alfredo De Marsico ed<br />

Enrico Altavilla. Negli anni poi<br />

sono stati aggiunti i nomi di Francesco<br />

Paolo Casavola, Francesco<br />

De Martino, Antonio Guarino,<br />

Vincenzo Maria Siniscalchi e<br />

Gustavo Minervini.<br />

L’iscrizione all’Albo d’onore è<br />

stata la più grande soddisfazione<br />

nella sua vita professionale?<br />

Penso di sì. E’ un grande onore<br />

perché quando si muore il nome è<br />

cancellato dall’ordine degli avvocati,<br />

ma non in questo caso. Mio<br />

nonno e mio padre erano avvocati.<br />

Non ho figli maschi che hanno seguito<br />

le mie orme. Non ci sarà un<br />

avvocato Di <strong>La</strong>uro di quarta generazione.<br />

Però il nome della mia famiglia<br />

resterà nell’Albo d’onore.<br />

Questo per me ha il significato di<br />

una continuità indipendente dalla<br />

continuità generazionale. Magari<br />

se avessi avuto un figlio maschio<br />

avrebbe voluto fare il medico e certamente<br />

non gli avrei imposto di<br />

fare la mia professione.<br />

Cosa è importante nella sua professione?<br />

<strong>La</strong> passione. Se non c’è passione, la<br />

toga non vibra. Credo ancora in<br />

questa professione, al contrario di<br />

molti colleghi che alla mia età pensano<br />

che non ne valga più la pena.<br />

Quale è stato il periodo più<br />

significativo della sua carriera?<br />

Ho avuto una vita professionale<br />

molto intensa. Ero al Consiglio<br />

dell’Ordine degli avvocati di Napoli<br />

quando presidente era – secondo<br />

me – il più grande avvocato<br />

del secolo passato, Alfredo De<br />

Marsico. Anni di grandissimo interesse<br />

furono quelli al Consiglio<br />

Nazionale Forense, perché ebbi la<br />

fortuna di sedere vicino a Giandomenico<br />

Pisapia, a Franzo Grande<br />

Stevens, l’avvocato di casa A-<br />

gnelli. Fu un’esperienza interessante<br />

anche perché il Consiglio Nazionale<br />

Forense oltre ad avere funzione<br />

rappresentativa, si occupa<br />

anche di disciplina e giudica in<br />

seconda istanza gli avvocati che<br />

commettono infrazioni deontologiche.<br />

Fu allora che capii l’importanza<br />

della funzione del giudice.<br />

Massimo Di <strong>La</strong>uro nell’Albo d’onore degli avvocati<br />

accanto a Leone, De Marsico, De Martino e Casavola<br />

«Significa continuità<br />

l’iscrizione<br />

nel prestigioso elenco<br />

Così tramando<br />

il nome di famiglia»<br />

Massimo Di <strong>La</strong>uro<br />

nel suo studio<br />

al corso<br />

Vittorio Emanuele<br />

a Napoli<br />

Diceva Calamandrei che i giudici<br />

prima di fare i giudici dovrebbero<br />

fare un tirocinio da avvocati per<br />

capire in cosa consiste la funzione<br />

del difensore. Penso che anche gli<br />

avvocati dovrebbero far parte di<br />

organismi che giudicano, perché<br />

l’avvocato è uomo di parte e il giudice<br />

è super partes.<br />

Cambiamo registro, lei è stato<br />

anche animatore culturale. Ha<br />

trasformato la sua passione per<br />

il grande schermo in un cineclub<br />

che ha portato a Napoli<br />

tanti maestri del cinema.<br />

Creammo un cineforum in via<br />

Orazio 84. Eravamo agli inizi degli<br />

anni ‘70. Potevamo votare i film,<br />

che avevamo in anteprima e che<br />

Il regista<br />

Michelangelo Antonioni<br />

con l’avvocato nel 1974<br />

durante la presentazione<br />

di “Professione reporter”<br />

al cineclub<br />

di via Orazio a Napoli<br />

NATO PER IL DIRITTO<br />

Massimo Di <strong>La</strong>uro, civilista specializzato in<br />

materia fallimentare e societaria, è stato segretario<br />

del Consiglio dell’ordine degli avvocati di<br />

Napoli e componente del Consiglio Nazionale<br />

Forense. È socio dell’associazione italiana fra<br />

gli studiosi del processo civile, delegato dell’Unione<br />

Internazionale Avvocati e membro di<br />

Eurojuris Italia. Dal 1998 è presidente dell’Istituto<br />

italiano di Storia dell’avvocatura e del<br />

Centro studi di diritto fallimentare di Napoli.<br />

Ha pubblicato saggi e articoli su riviste di settore.<br />

Sta lavorando a una pubblicazione sul<br />

concordato fallimentare. Dal 2004 è condirettore<br />

della rivista “Il diritto fallimentare e delle<br />

società commerciali”, fondata nel 1923.<br />

E’ stato docente di diritto processuale civile e<br />

di diritto fallimentare dell’Università Roma<br />

Tre. Insegna alla Scuola di specializzazione<br />

per le professioni legali dell’Università <strong>La</strong> Sapienza<br />

di Roma. E’ opinionista de “Il Mattino”<br />

da oltre 20 anni e ha collaborato a “Il Sole<br />

24 ore” e “Guida al diritto”.<br />

Il 5 dicembre 2009 è stata formalizzata la sua<br />

iscrizione nell’Albo d’onore degli avvocati.<br />

erano poi ammessi alla selezione<br />

del premio David di Donatello.<br />

Invitavamo autori, registi, sceneggiatori<br />

e attori. Poi, agli inizi degli<br />

anni ‘80, mi allontanai da questa<br />

mia passione.<br />

Perché?<br />

Penso che fu soprattutto a causa<br />

della televisione. E’ un concorrente<br />

spietato di queste sale private.<br />

Certo, ci sono ancora i cineforum,<br />

ma sono un’ altra cosa rispetto a<br />

come lo intendevamo noi. Per noi<br />

era un luogo di dibattito. Pubblicammo<br />

anche un libro su Eduardo<br />

De Filippo. In occasione della sua<br />

morte, facemmo una ricerca storica<br />

e appurammo che era stato uomo<br />

di cinema, ma non occasionale,<br />

sistematico. Nel catalogo furono<br />

raccolti oltre 80 titoli di film in cui<br />

Eduardo era protagonista, regista,<br />

sceneggiatore, direttore della fotografia.<br />

Il titolo del libro era “Eduardo<br />

e il cinema” e fu chiesto da alcune<br />

istituzioni culturali tedesche<br />

interessate alla figura di De Filippo<br />

nelle sue molteplici attività artistiche.<br />

All’epoca del cineclub si faceva<br />

anche tanto cinema di interesse<br />

sociale.<br />

Sì, un cinema anche politico. Mi<br />

ricordo i film del filone giudiziario,<br />

come “Detenuto in attesa di giudizio”.<br />

Quali esponenti del cinema<br />

intervenivano alle serate?<br />

Ricordo Piero Chiara, autore de “Il<br />

piatto piange” e de “Il pretore di<br />

Cuvio”, ex cancelliere che scrisse<br />

libri da cui furono ricavate sceneggiature<br />

per film. Guido Cincotti,<br />

direttore del Centro sperimentale<br />

di cinematografia. Con Michelangelo<br />

Antonioni presentammo<br />

“Professione Reporter” con Jack<br />

Nicholson. Fu una cosa strepitosa.<br />

Venne questo giovane attore, bellissimo.<br />

Poi Paola Pitagora, Alberto<br />

Bevilacqua, di cui presentammo<br />

“<strong>La</strong> califfa” e “Questa specie<br />

d’amore”.<br />

Ricorda qualche aneddoto su<br />

qualcuno di questi personaggi?<br />

Ricordo che Ugo Tognazzi venne<br />

da noi a Napoli un paio di volte e<br />

spesso spariva perché aveva una<br />

relazione. Era un uomo affascinante,<br />

dalla voce suadente.<br />

Ricordo che la sera in cui presentammo<br />

“Professione reporter”<br />

accompagnai Antonioni all’Excelsior.<br />

Gli dissi che la mattina dopo<br />

lo avrei portato in stazione. Andai<br />

alle 9, come d’intesa, ma lui era già<br />

partito. Il portiere mi disse che alle<br />

7 Antonioni era sceso nella hall<br />

furibondo. Gli avevano dato una<br />

stanza, panoramica, ma sulla strada.<br />

Non aveva potuto dormire per<br />

il rumore delle auto che passavano<br />

a tutta velocità sotto alla finestra.<br />

Si fece dare dal portiere i soldi per<br />

il biglietto del treno. “Tanto – disse<br />

– passa l’avvocato a pagare”. Mi<br />

meravigliai molto.<br />

Mi stupii anche del comportamento<br />

di Piero Chiara, che aveva avuto<br />

fortuna come scrittore in tarda età.<br />

Fu relatore principale nel dibattito<br />

su cinema e letteratura. Ricordo<br />

che un suo amico andò nella segreteria<br />

del cineclub e chiese per lui il<br />

rimborso delle spese di viaggio.<br />

Un episodio particolare e indicativo<br />

avvenne durante il dibattito su<br />

cinema e televisione. Invitammo<br />

l’allora direttore del centro Rai e tv,<br />

che aveva fama di iettatore. Appena<br />

lo annunciai si spensero le<br />

luci. Ci fu un black out di almeno<br />

un quarto d’ora. Si raccontava che<br />

Mimì Rea lo avesse incrociato in<br />

via Chiaia. Pioveva, Rea doveva<br />

parlargli e si fiondò da lui che era<br />

dall’altro lato della strada. Nell’attraversare<br />

Rea scivolò, si rialzò e lo<br />

ringraziò perché – gli disse –<br />

«avresti potuto uccidermi».<br />

Lei è particolarmente legato alla<br />

sua città, ma cosa ama di più di<br />

Napoli?<br />

Penso che almeno nel mio ambiente,<br />

quello forense, c’è ancora tanta<br />

solidarietà e orgoglio di appartenenza<br />

alla professione. Quando fu<br />

ricordato Enrico De Nicola in<br />

occasione del cinquantenario della<br />

morte, Fini disse che De Nicola fu<br />

un grande uomo perché insegnò<br />

tantissimo come capo di Stato ed<br />

esaltò la stirpe <strong>dei</strong> napoletani. Ecco,<br />

Napoli ha partorito <strong>dei</strong> grandi<br />

spiriti.<br />

Cosa è cambiato, secondo lei?<br />

Vedo che anche quello spirito di<br />

solidarietà si trasforma in indifferenza.<br />

I rapporti umani non sono<br />

più quelli di una volta. Non c’è più<br />

quel desiderio, tipico <strong>dei</strong> napoletani,<br />

di voler stare insieme. Noto una<br />

sorta di “ingaglioffimento” <strong>dei</strong> rapporti<br />

umani.


16 Domenica 7 marzo 2010 TERRITORIO<br />

Salgono a dieci<br />

i prodotti campani<br />

di origine protetta<br />

Cinque attendono<br />

di ottenere<br />

il riconoscimento<br />

per entrare nell’elite<br />

continentale<br />

<strong>La</strong> produzione del provolone del monaco.<br />

A destra Vito Amendolara<br />

Il «monaco» dop<br />

sul tetto d’Europa<br />

MOZZARELLA<br />

Bufale<br />

d’autore<br />

Uno <strong>dei</strong> primi<br />

prodotti ad essere<br />

riconosciuto<br />

come<br />

Dop, la mozzarella<br />

di bufala<br />

campana è stata<br />

insignita di<br />

questo riconoscimento<br />

già<br />

nel 1996. Storicamente i primi cenni di<br />

mozzarella di bufala risalgono al XII<br />

Secolo. <strong>La</strong> tipicità di questo prodotto<br />

consta nella pasta filata prodotta dal<br />

latte di bufala fresco che è ricco di proteine<br />

e grasso. <strong>La</strong> filatura si avvale di<br />

utensili in legno per sollevare e tirare la<br />

pasta fusa fino ad ottenere un impasto<br />

omogeneo. <strong>La</strong> creazione della mozzarella<br />

avviene manualmente con la tradizionale<br />

mozzatura che si effettua con<br />

l’indice e il pollice della mano.<br />

<strong>La</strong> storia del provolone<br />

più famoso del mondo<br />

<strong>La</strong> Commissione europea<br />

ha riconosciuto l’etichetta<br />

Dop dal 9 febbraio scorso al<br />

provolone del monaco, un<br />

formaggio semiduro a pasta<br />

filata, stagionato, prodotto<br />

nell’area della Penisola Sorrentina<br />

– Monti <strong>La</strong>ttari,<br />

esclusivamente con latte<br />

crudo.<br />

Un iter durato otto anni,<br />

come conferma il presidente<br />

del Consorzio per la tutela<br />

del provolone del monaco<br />

Dop, Giosuè De Simone:<br />

«Abbiamo raggiunto un ottimo<br />

risultato dopo aver lavorato<br />

tanto. Il progetto con<br />

il disciplinare di produzione,<br />

la relazione tecnica e<br />

quella storica, sono stati<br />

presentati alla Regione nel<br />

2002, nel 2005 siamo passati<br />

alla fase transitoria nazionale<br />

presso il ministero e<br />

ora è arrivato il suggello<br />

definitivo». Importanti ripercussioni<br />

anche nel settore<br />

economico con incrementi<br />

evidenti. «Nel 2009<br />

abbiamo prodotto in tutto il<br />

consorzio 41mila chili di<br />

formaggio marchiato – conclude<br />

il presidente - ma la<br />

produzione è in aumento<br />

perché nuovi caseifici stanno<br />

entrando nel consorzio».<br />

Questo tipico prodotto<br />

campano ha radici antichissime<br />

che ancora oggi vengono<br />

rispettate durante la lavorazione.<br />

Infatti, dopo una<br />

prima fase di raccolta del<br />

latte, che deve essere munto<br />

all’interno dell’area riconosciuta<br />

dal Consorzio, i casari<br />

provvedonio alla lavorazione<br />

della materia prima<br />

POMODORINI<br />

Il rosso<br />

del Vesuvio<br />

con la cagliatura e la filatura<br />

della pasta che sarà raccolta<br />

in forme cilindriche o a pera<br />

e poi messe in salamoia. Per<br />

rispettare il disciplinare di<br />

produzione almeno il 20 per<br />

cento del latte utilizzato per<br />

la realizzazione del prodotto<br />

deve essere munto da<br />

Il pomodorino del<br />

Vesuvio ha ottenuto<br />

il riconoscimento<br />

Dop solo lo<br />

scorso anno. <strong>La</strong><br />

tipicità di questo<br />

prodotto sta nella<br />

ristretta area di<br />

produzione che è<br />

ben delimitata.<br />

Infatti, la zona in questione coincide<br />

con l’estensione del complesso vulcanico<br />

del Somma-Vesuvio sin quasi al<br />

livello del mare. <strong>La</strong> peculiarità che ha<br />

contribuito a raggiungere la denominazione<br />

Dop riguarda, anche, l’antica pratica<br />

di conservazione “al piennolo”, la<br />

caratteristica tecnica di legare fra di<br />

loro alcuni grappoli o “scocche” di<br />

pomodorini maturi per formare un<br />

grappolo poi sospeso in locali aerati,<br />

per conservare i pomodorini a lungo.<br />

Curiosità<br />

Il marchio Dop (denominazione<br />

di origine protetta)<br />

contraddistingue prodotti<br />

la cui intera preparazione<br />

avviene in un’area<br />

geografica specifica. Se<br />

invece solo una delle fasi<br />

avviene su un dato territorio,<br />

il prodotto sarà allora<br />

Igp (indicazione geografica<br />

protetta).<br />

vacche di razza “agerolese”,<br />

il cui latte è di altissima qualità.<br />

Il provolone del monaco,<br />

dopo una prima fase di<br />

asciugatura, nella quale sarà<br />

appeso a coppie su apposite<br />

incastellature a temperatura<br />

ambiente, dovrà stagionare<br />

per un periodo che va dai 4<br />

ai 18 mesi in habitat con<br />

temperature non superiori<br />

ai 15 gradi.<br />

<strong>La</strong> storia sulle origini del<br />

“provolone del monaco”<br />

vengono fatte risalire al<br />

XVIII Secolo quando i casari<br />

della Penisola sorrentina<br />

si recavano nei mercati di<br />

Napoli per vendere i loro<br />

formaggi e, durante il viaggio,<br />

per proteggersi dal freddo<br />

utilizzavano <strong>dei</strong> mantelli<br />

in tela di sacco simili al saio<br />

indossato dai monaci. Questa<br />

è la tesi più attendibile<br />

sul nome dato al provolone.<br />

<strong>La</strong> denominazione di origine<br />

protetta potrà essere un<br />

viatico importante per tutto<br />

il settore da quello zootecnico<br />

con l’aumento dell’allevamento<br />

della razza “agerolese”,<br />

considerata in via di<br />

estinzione, a quello del formaggio<br />

ormai entrato nel<br />

circuito della moderna distribuzione<br />

e della cucina<br />

mediterranea come arricchimento<br />

di piatti poveri.<br />

OLIO D’OLIVA<br />

Un dono<br />

di Minerva<br />

Per gli antichi le<br />

olive erano state<br />

create dalla dea<br />

Minerva e in Penisola<br />

sorrentina<br />

tutti i pellegrini<br />

che erano diretti<br />

al tempio della<br />

divinità alla Punta<br />

della Campanella<br />

ne acquistavano già in epoca greca e<br />

romana ingenti quantità per farne<br />

dono alla dea. Le particolari condizioni<br />

orografiche, che impongono costosi<br />

terrazzamenti, il clima tipicamente<br />

mediterraneo, la natura vulcanica del<br />

terreno, rendono l'ambiente della<br />

Penisola decisamente originale e tipico,<br />

come tipico è l'olio che vi viene prodotto.<br />

Ogni anno i migliori olii Dop ricevono<br />

il premio Sirena d’Oro di Sorrento<br />

che è giunto alla ottava edizione.<br />

Il parere della Coldiretti<br />

Vantaggi<br />

per tutta<br />

la filiera<br />

Vito Amendolara, direttore di Coldiretti<br />

Campania, cosa ne pensa dell’attribuzione del<br />

marchio Dop al provolone del monaco?<br />

Si tratta di un ulteriore, importante, riconoscimento<br />

alla bontà <strong>dei</strong> prodotti campani di casa<br />

nostra. L’ufficializzazione da parte dell’Unione<br />

europea ha suggellato definitivamente il grande<br />

lavoro che la Coldiretti ha svolto per la salvaguardia<br />

del provolone del monaco. Il dato più<br />

importante, però, non è questo, bensì la contestuale<br />

salvaguardia della mucca agerolese, un<br />

bovino autoctono della zona <strong>dei</strong> Monti <strong>La</strong>ttari e<br />

della Penisola sorrentina. Ormai<br />

questa razza era considerata in<br />

via di estinzione dato che ne esistono<br />

solo tra i cinquecento e i<br />

seicento esemplari.<br />

Il marchio Dop allora arreca<br />

vantaggi dal produttore al consumatore?<br />

Tutelare l’ allevamento della mucca<br />

agerolese vuol dire salvaguardare<br />

e sostenere tutto un settore<br />

dell’economia locale dando<br />

nuova vita alle imprese del settore<br />

in un momento di crisi come<br />

questo. Si tratta di un ritorno<br />

indiretto che scongiura il rischio<br />

di estinzione della razza e che<br />

favorisce il sistema produttivo di<br />

diversi centri rurali del comprensorio.<br />

Per proteggere ulteriormente<br />

il prodotto, nel 2006 è<br />

stato anche istituito a Vico<br />

Equense un consorzio composto<br />

da allevatori soci Coldiretti. Ogni<br />

anno sono anche previsti premi<br />

per i migliori allevatori.<br />

Cosa si può fare per proteggere<br />

i prodotti campani di qualità<br />

come il provolone dalle imitazioni<br />

sempre più frequenti?<br />

<strong>La</strong> cartina al tornasole che dimostra<br />

il forte apprezzamento per<br />

Bontà<br />

in attesa<br />

Sono cinque i prodotti<br />

campani di qualità<br />

in lista d’attesa per la<br />

conquista del marchio<br />

Dop. Tre di questi<br />

sono attualmente<br />

in corso di registrazione<br />

presso l’Unione<br />

europea (ma già sottoposti<br />

alla protezione<br />

transitoria nazionale):<br />

si tratta della ricotta<br />

di bufala campana<br />

e due olii extravergini<br />

di oliva, quello<br />

irpino delle colline<br />

dell’Ufita e quello<br />

delle Terre Aurunche.<br />

<strong>La</strong> castagna di Serino<br />

e le olive di Gaeta sono<br />

invece ancora in<br />

fase di istruttoria<br />

presso il ministero<br />

delle Politiche agricole<br />

e forestali.<br />

questo formaggio è rappresentato dal fatto che<br />

recentemente le forze dell’ordine hanno sequestrato<br />

un ingente quantitativo di provoloni del<br />

monaco contraffatti. Il consumatore che vuole<br />

avere la certezza di assaggiare il prodotto originale<br />

deve fare attenzione alla pre<strong>senza</strong> del logo<br />

europeo con le stelle gialle su fondo blu corredato<br />

dal marchio Ismecert e dal numero di lotto di<br />

produzione. Solo questo marchio dà l’assoluta<br />

garanzia che le aziende casearie di provenienza<br />

abbiano superato con successo i controlli previsti<br />

dalla legge.<br />

Pagina a cura di<br />

JOSÈ ASTARITA<br />

CLAUDIA ESPOSITO


TERRITORIO<br />

Domenica 7 marzo 2010<br />

Ad Altavilla Irpina arrivano i soldi per l’ospizio comunale che sarà completato<br />

ma non per quello religioso che ospiterà invece gli uffici del piano di zona<br />

Quel vecchietto dove lo metto<br />

17<br />

Ad Altavilla Irpina da quindici<br />

anni sono cominciati i lavori per la<br />

costruzione di due ospizi, uno religioso<br />

per iniziativa del parroco,<br />

don Giuseppe Martino, l’altro<br />

comunale su proposta della<br />

Giunta. Il primo edificio è sorto<br />

nell’area dell’ex liceo scientifico in<br />

largo Angelo Caruso e si affaccia<br />

sul retro all’incrocio tra via Martiri<br />

di Nassiria e via San Bernardino<br />

da Siena. Si trova in una zona centrale<br />

del paese vicino alla fermata<br />

dell’autobus, al corso e al Comune.<br />

Prima di essere utilizzato come<br />

scuola in epoca fascista era un<br />

monastero di suore; dopo la<br />

seconda guerra mondiale è stato<br />

impiegato come asilo infantile<br />

provvisto di refettorio. Quest’ultimo<br />

è diventato negli anni ’80-‘90<br />

la palestra del liceo scientifico.<br />

Eretto per primo dopo la demolizione<br />

del preesistente istituto scolastico,<br />

ha avuto una vita travagliata<br />

perché è stato venduto dalla<br />

parrocchia al Comune per mancanza<br />

di finanziamenti e non sarà<br />

mai un ospizio. Con il passaggio di<br />

proprietà ha cambiato anche la<br />

funzione sociale cui verrà adibito:<br />

diventerà un palazzo per uffici del<br />

piano di zona. Gli ultimi lavori<br />

sono stati eseguiti da gennaio a<br />

marzo 2009 sotto la responsabilità<br />

del geometra Giuseppe Maselli.<br />

L’importo è stato pari a circa<br />

63.000 euro comprensivi di 1800<br />

euro di oneri per la sicurezza.<br />

L’impresa appaltatrice è stata la<br />

<strong>La</strong>udato costruzioni con a capo il<br />

direttore del cantiere, il geometra<br />

Giosuè <strong>La</strong>udato. Il progetto è stato<br />

presentato dallo studio associato<br />

di architettura e urbanistica “Deco”<br />

di Avellino. Dopo la vendita e<br />

con la nuova funzione sociale,<br />

l’immobile è stato destinatario <strong>dei</strong><br />

contributi elargiti in base alla legge<br />

regionale 6/2004.<br />

Il secondo stabile è situato in piazza<br />

Cianciulli in una zona periferica<br />

del paese e sta per essere completato<br />

e inaugurato. E’ stato più<br />

fortunato dell’altro perchè ha<br />

beneficiato prima di contributi<br />

regionali.<br />

<strong>La</strong> costruzione contemporanea di<br />

due ospizi nello stesso paese ha,<br />

però, suscitato qualche curiosità<br />

Il parroco<br />

Giuseppe Martino,<br />

a fianco il sindaco<br />

Alberico Villani<br />

e in basso<br />

la struttura comunale<br />

che sarà l’ospizio.<br />

Sulla destra<br />

un gruppo di vecchietti<br />

del centro sociale<br />

Santa Barbara<br />

L’ospizio religioso<br />

che non accoglierà<br />

anziani,<br />

ma uffici<br />

del piano di zona<br />

anche perché Altavilla non vanta<br />

una popolazione molto elevata<br />

(circa 4212 abitanti secondo dati<br />

aggiornati al 31/12/2009 dall’Ufficio<br />

anagrafe comunale). <strong>La</strong> quarta<br />

parte di essi, 1000 abitanti, è<br />

costituita da anziani di cui 771 di<br />

età compresa tra 60 e 79 anni, gli<br />

altri 230 hanno più di 80 anni. Nel<br />

corso del 2009 si calcola che ventiventicinque<br />

anziani hanno usufruito<br />

di servizi di assistenza<br />

sociale, consistenti in aiuto e cura<br />

della persona, pulizia degli ambienti,<br />

disbrigo di pratiche. Nel<br />

mese di febbraio 2010 i vecchietti<br />

del paese soli e non autosufficienti<br />

che stanno beneficiando di assistenza<br />

sociale sono dieci. Si contano<br />

cinque-sei nonnini <strong>senza</strong> figli o<br />

con parenti lontani e non autosufficienti<br />

collocati in strutture <strong>dei</strong><br />

paesi vicini, tra cui si distinguono<br />

la casa di riposo di Chianche e la<br />

Residenza Sanitaria Assistita<br />

(R.S.A.) di Grottolella. Esiste una<br />

grossa differenza tra casa di riposo<br />

e R.S.A., non solo dal punto di<br />

vista economico ma anche sanitario.<br />

<strong>La</strong> R.S.A. è molto costosa,<br />

oltre 1500 euro, ma garantisce<br />

assistenza sanitaria con medici e<br />

infermieri 24 ore su 24. Si basa su<br />

una compartecipazione tra Asl e<br />

utente e prevede, in caso di anziano<br />

solo e con problemi economici,<br />

che le spese per il suo mantenimento<br />

nella struttura siano ripartite<br />

tra Asl e Comune. <strong>La</strong> casa di<br />

riposo è una soluzione più accessibile,<br />

a partire da 900 euro, ma non<br />

offre assistenza sanitaria continuata<br />

e ininterrotta. Ad Altavilla<br />

ci sono uno-due vecchietti soli,<br />

poveri, non autosufficienti che<br />

ricevono assistenza a domicilio.<br />

L’Assistenza Domiciliare Integrata<br />

(A.D.I.) dipende dall’Asl e varia da<br />

due a sei-sette ore settimanali a<br />

seconda della gravità delle condizioni<br />

di bisogno e necessità in cui<br />

si trova il vecchietto. Gli anziani<br />

che si avvalgono dell’assistenza di<br />

una badante sono quaranta.<br />

Pagina a cura di<br />

LUCIANA BARTOLINI<br />

Parla il sindaco<br />

«Tre ipotesi<br />

per gestire<br />

la struttura»<br />

‹‹L’edificio dell’ospizio religioso è stato venduto<br />

dalla parrocchia al Comune cinque<br />

anni fa : mancavano finanziamenti per finire<br />

i lavori››. Il sindaco, Alberico Villani, è<br />

perentorio e spiega che ne sarà della struttura.<br />

‹‹Lo stabile verrà utilizzato per accorpare<br />

gli uffici di due piani di zona, quelli di<br />

Altavilla e Cervinara. E’ stato finanziato<br />

dalla Regione con 600.000 euro. I lavori termineranno<br />

nel luglio prossimo e subito<br />

dopo avverrà l’inaugurazione del piano di<br />

zona associato››. Per quanto riguarda l’ospizio<br />

comunale di piazza Cianciulli (capienza<br />

di 50 posti), il sindaco ha specificato che i<br />

lavori termineranno tra quindici giorni .<br />

‹‹Non abbiamo ancora deciso come il centro<br />

sarà organizzato – spiega ancora il sindaco<br />

– ma sono aperte tre diverse possibilità:<br />

gestione diretta del Comune, indire<br />

una gara pubblica o affidamento a un’associazione<br />

onlus. Finora cinque-sei anziani<br />

hanno dato la loro disponibilità a risiedere<br />

nella casa di riposo ma è previsto un incremento<br />

del numero degli ospiti dopo il<br />

completamento <strong>dei</strong> lavori considerando<br />

anche i vecchietti <strong>dei</strong> paesi vicini››.<br />

<strong>La</strong> costruzione dell’ospizio è iniziata sette<br />

anni fa ed è stata interrotta per due-tre<br />

anni poiché non sono arrivati subito i<br />

finanziamenti elargiti con più facilità per<br />

progetti riservati ai disabili piuttosto che<br />

agli anziani.<br />

‹‹All’inizio la struttura era destinata ad<br />

accogliere anziani non autosufficienti<br />

–conclude il sindaco Villani– poi la società<br />

vincitrice dell’appalto nel 2003, mancati i<br />

finanziamenti regionali, modificò la categoria<br />

di beneficiari dell’immobile sostituendola<br />

con quella degli anziani autosufficienti››.<br />

Parla il parroco<br />

«Per pagare<br />

utilizzai<br />

i risparmi»<br />

Il parroco, don Giuseppe Martino (don<br />

Peppino), ha spiegato che l’interruzione <strong>dei</strong><br />

lavori di costruzione dell’ospizio religioso è<br />

stata causata dalla mancanza di fondi.<br />

‹‹All’inizio non c’era il problema <strong>dei</strong> finanziamenti<br />

– dice – con la donazione di 490<br />

milioni di lire da parte della signora Di<br />

Troia, un’anziana emigrata in Nuova<br />

Zelanda. <strong>La</strong> donna aveva manifestato a<br />

voce il desiderio di versare la somma alla<br />

parrocchia e io avevo accettato l’offerta in<br />

buona fede››. Il fatto risale alla seconda<br />

metà degli anni ’90. In quel periodo fu<br />

demolito il vecchio liceo scientifico e fu<br />

costruito un edificio da adibire a ospizio<br />

religioso. ‹‹<strong>La</strong> signora Di Troia morì – continua<br />

don Peppino – e gli eredi intrapresero<br />

una causa giudiziaria contro di me accusandomi<br />

di estorsione poiché la donazione<br />

non era stata sancita con atto notarile. I<br />

nipoti si riappropriarono <strong>dei</strong> soldi ; il tribunale<br />

stabilì che dovessi restituire la somma<br />

con gli interessi pari a 30 milioni››. Per saldare<br />

il debito don Peppino fu costretto a<br />

vendere una proprietà della parrocchia da<br />

cui ricavò 300 milioni, per gli altri 220 attinse<br />

dai suoi risparmi. ‹‹Senza la carenza di<br />

fondi - dice - l’ospizio sarebbe stato ultimato.<br />

Ho dovuto vendere l’edificio al Comune<br />

che vuole collocarvi i suoi uffici. Non ci sarà<br />

più un ospizio religioso. Il progetto è fallito<br />

anche se 15-20 anziani desideravano trascorrere<br />

lì gli ultimi anni di vita. L’idea dell’ospizio<br />

era partita prima da me e dopo il<br />

Comune aveva deciso di edificare un<br />

immobile analogo››.<br />

Ora, neanche se i fedeli della parrocchia<br />

con una colletta accumulassero i soldi, don<br />

Peppino ricomprerebbe il fabbricato dal<br />

Comune per terminare l’ospizio religioso.


Una sfida partita 15 anni fa dal piccolo “Tunnel” di Port’Alba<br />

“Made in Sud” su Mtv<br />

TamTam dell’ironia<br />

Gigi e Ross guidano l’assalto agli show del Nord<br />

SPETTACOLI Domenica 7 marzo 2010<br />

19<br />

Paolo Caiazzo e i suoi personaggi<br />

«Emigrante? No, sono un<br />

turista». Rispondeva così, in<br />

“Ricomincio da tre”, un esasperato<br />

Massimo Troisi a chi<br />

gli chiedeva del perché del<br />

suo viaggio a Firenze. <strong>La</strong> gag<br />

giocava sulla figura del napoletano<br />

emigrante, luogo<br />

comune sì, ma spesso anche<br />

triste verità che, nel corso<br />

del tempo, non ha risparmiato<br />

nemmeno i comici.<br />

Un’ingiustizia, se si pensa ai<br />

grandi della risata partenopea<br />

come Totò, i De Filippo<br />

e lo stesso Troisi, scomparso<br />

troppo presto, nel 1994, dopo<br />

averci lasciato un ultimo<br />

regalo: “Il Postino”. Solo un<br />

anno dopo nasce nel centro<br />

di Napoli, a via Santa Chiara,<br />

il Tunnel, un piccolo locale<br />

dove giovani artisti lavorano<br />

insieme per creare comicità.<br />

Inizia una nuova era, Napoli<br />

ha finalmente un laboratorio<br />

dove far sbocciare talenti<br />

come Alessandro Siani, Simone<br />

Schettino e i Ditelo<br />

Voi. Alla fine degli anni Novanta,<br />

in Italia, c’è il boom<br />

del cabaret, artisti di città diverse<br />

si confrontano e mescolano<br />

i loro stili; il Tunnel<br />

diventa punto di riferimento<br />

della comicità del centrosud.<br />

Gli spettacoli e le proposte<br />

innovative hanno successo,<br />

il pubblico è sempre<br />

più numeroso, il piccolo teatro<br />

di Santa Chiara non basta<br />

più, il Tunnel si sposta<br />

nei pressi di piazza Amedeo<br />

e diviene Tam (Tunnel Amedeo).<br />

Cambia la collocazione,<br />

ma non muta lo spirito,<br />

caratterizzato dalla voglia di<br />

crescere insieme garantendo<br />

all’artista uno spazio dover<br />

poter sperimentare liberamente<br />

con un occhio di riguardo<br />

per i giovani. Nel<br />

programma del teatro c’è il<br />

“<strong>La</strong>boratorio Zelig Tunnel”,<br />

dove gli aspiranti comici<br />

possono mettersi in gioco<br />

con sketch inediti e “Si…Pariando<br />

<strong>La</strong>boratorio Tunnel<br />

Giovani”, continuazione di<br />

un vecchio progetto che prevedeva<br />

una gara tra cabarettisti<br />

a colpi di battute. Il lavoro<br />

compiuto dà i suoi frutti,<br />

viene fuori una nuova nidiata<br />

di comici, tra questi Gigi e<br />

Ross, arrivati al grande pubblico<br />

con la parodia delle Iene.<br />

A loro, con Fatima Trotta,<br />

è stata affidata la conduzione<br />

dell’ultima sfida del<br />

Tam: la trasmissione “Made<br />

in Sud”, una risposta meridionale<br />

a Zelig e Colorado.<br />

«È iniziato tutto per gioco,<br />

durante una delle serate di<br />

Si…pariando – dice Ross –<br />

col direttore Nando Mormone<br />

abbiamo avuto l’idea<br />

di registrarci con le telecamere,<br />

“Made in Sud” è nato<br />

così». Dopo due edizioni di<br />

successo su Canale 34, la ribalta<br />

nazionale con lo sbarco<br />

sul satellite sul canale Mtv,<br />

Comedy Central (Sky 117, il<br />

mercoledì ore 21). «Scherziamo<br />

su Napoli e sui suoi<br />

luoghi comuni – prosegue<br />

Ross – cerchiamo di dare un<br />

immagine diversa della nostra<br />

città usando l’ironia. <strong>La</strong><br />

differenza con Zelig è che le<br />

nostre puntate si basano su<br />

un filo narrativo, un tema<br />

comune ideato con Paolo<br />

Mariconda, il nostro autore».<br />

Ora che il programma è<br />

a livello nazionale diviene<br />

ancora più importante “Il<br />

Terronometro”, uno strumento<br />

che suona in caso di<br />

battute in dialetto troppo<br />

stretto. In tal caso entra in<br />

azione il “professore” Enzo<br />

Fischetti che provvede a tradurre<br />

dal napoletano all’italiano.<br />

Tra le novità ci saranno<br />

I Malincomici, 12, 14 e 15<br />

anni, trio più giovane d’Italia;<br />

tra i veterani Salvatore<br />

Gisonna e il suo personaggio<br />

patito di Facebook, Felice<br />

Felicissimo, i Duo x Duo<br />

con una coppia di poliziotti<br />

sui generis e il “nonnetto”<br />

arzillo Nello Iorio. «Io e Gigi<br />

– spiega Ross – ci sentiamo<br />

responsabilizzati perché se<br />

sbagliamo danneggiamo anche<br />

gli altri, ma crediamo<br />

nel progetto e nella possibilità<br />

di migliorare con esperienze<br />

diverse, il cabaret che<br />

ti dà il contatto diretto col<br />

pubblico, la tv che ti fa conoscere<br />

e la radio che ti permette<br />

di sperimentare. I<br />

nostri personaggi sono nati<br />

in radio con l’aiuto di Pippo<br />

Pelo». Già, Pippo Pelo, un<br />

altro che, dagli studi napoletani<br />

di radio Kiss Kiss alleva<br />

talenti e ogni mattina con<br />

“Pelo e contropelo” esporta<br />

simpatia e semplicità campane<br />

in tutta Italia. Ed è grazie<br />

a lui e a sfide come “Made<br />

in Sud” se, un giorno, un<br />

artista napoletano in giro<br />

per Milano alla domanda<br />

«Emigrante?», potrà rispondere:<br />

«No, turista».<br />

Pagina a cura di<br />

VALERIO ARRICHIELLO<br />

FRANCESCO M. BORRELLI<br />

«Noi siamo<br />

più bravi»<br />

Paolo Caiazzo, lei ha iniziato col teatro, poi il<br />

cabaret e la tv, dove si sente più a suo agio?<br />

Mi piace alternarli così non mi fossilizzo su un<br />

solo genere e trovo stimoli nuovi. Se dovessi esprimere<br />

una preferenza, oggi amo raccontare<br />

storie e personaggi, interpretati da me o da altri.<br />

È stato a Colorado, a Zelig, che<br />

«Mi ispiro<br />

a Troisi»<br />

differenze ha notato rispetto alla<br />

comicità del Sud?<br />

Siamo più sanguigni. <strong>La</strong> nostra<br />

tradizione comica ha reso il pubblico<br />

molto esigente. È più facile<br />

che un napoletano faccia ridere il<br />

pubblico del Nord che l’inverso,<br />

ma ci sono colleghi settentrionali<br />

che funzionano anche da noi.<br />

Quanto pesa a un comico del<br />

Sud dover andare a Milano per<br />

avere successo?<br />

Quando sei a Milano sei sempre<br />

emigrante. È più comodo poter<br />

registrare nella tua città e dormire<br />

nel tuo letto. Non abbiamo nulla<br />

da invidiare alle produzioni milanesi,<br />

quindi sponsorizzo e lavoro<br />

per “Made in Sud”. Attenzione,<br />

non è secessionismo comico, l’emittente<br />

che ha creduto in noi è milanese e nessuno<br />

<strong>dei</strong> responsabili ha origini napoletane.<br />

In quale personaggio si riconosce di più?<br />

In ognuno c’è una parte di me. Nel Giapponese<br />

la mia cialtroneria, in Cardamone la mia follia, in<br />

Papà Paolo il mio amore per i figli.<br />

Progetti per il futuro?<br />

Debutto all’Augusteo di Napoli l’8 aprile con:<br />

“Tesoro non è come credi” con Maria Mazza e<br />

Maria Bolignano. Siamo in preparazione e ci<br />

stiamo divertendo, buon sintomo: se diverte noi,<br />

divertirà il pubblico. Parla di un fotografo che si<br />

ritrova foto compromettenti tra una modella e<br />

un’importante personalità italiana. Amo raccontare<br />

i giorni d’oggi e penso che anche quest’anno,<br />

come dicono i giornalisti, “sono sul pezzo!”<br />

Paolo Caiazzo è<br />

nato a San Giorgio<br />

a Cremano, il paese<br />

che ha dato i natali<br />

a Massimo Troisi.<br />

«Purtroppo - dice -<br />

non ho potuto conoscerlo<br />

e questo è<br />

il mio più grande<br />

rammarico visto<br />

che è tra i modelli<br />

a cui mi ispiro.<br />

Un grande comico<br />

di grande umanità».<br />

Il presentatore impreziosisce la scena e diverte tutti<br />

Claudio Bisio,<br />

un artista vero<br />

Claudio Bisio,<br />

dove trova lo<br />

spunto geniale?<br />

Dietro ogni improvvisazione<br />

ci<br />

sono ore di prove<br />

e un po' di “mestiere”:<br />

le mie radici<br />

affondano<br />

nel teatro e in particolare<br />

nel cabaret dove l'interazione<br />

con il pubblico e<br />

quindi l'improvvisazione<br />

sono il pane quotidiano.<br />

Quanto è importante la<br />

comicità nella sua vita?<br />

L'ironia è per me un modo<br />

di affrontare la vita. Certamente<br />

è il punto di vista<br />

privilegiato attraverso il<br />

quale leggo il quotidiano.<br />

Un giudizio su<br />

Zelig?<br />

È il frutto del lavoro<br />

di anni: è<br />

nato piccolissimo<br />

e oggi è un programma<br />

di successo<br />

del prime<br />

time. Il cuore, però,<br />

è sempre lo stesso: non<br />

è un programma nato e<br />

pensato per la televisione,<br />

bensì uno spettacolo di<br />

teatro-cabaret prima di<br />

tutto per il pubblico in sala.<br />

Un consiglio ai neoartisti?<br />

Non puntare subito alla<br />

televisione ma calcare le<br />

assi <strong>dei</strong> palcoscenici (grandi<br />

o piccoli) è una palestra<br />

fondamentale e necessaria.<br />

Zelig Cabaret,<br />

“la Milano da ridere”<br />

<strong>La</strong> verve <strong>dei</strong> comici in uno spettacolo “<strong>senza</strong> tempo”<br />

Noi che non viviamo a Milano, siamo<br />

abituati a vederli in tv il martedì in<br />

prima serata. Le risate sono assicurate,<br />

torna il buon umore e per un due o tre<br />

ore ritorniamo spensierati. Superfluo<br />

dire che stiamo parlando di Zelig, il<br />

cabaret che dal 12 maggio 1986 è diventato<br />

punto di riferimento delle serate<br />

milanesi … beati loro. Lo spettacolo<br />

televisivo che sta andando in onda<br />

dal Teatro degli Arcimboldi di Milano,<br />

permette al grande pubblico nazionale<br />

di godere dell’irresistibile verve<br />

della “banda” di comici. Presentati da<br />

Claudio Bisio e Vanessa Incontrada, gli<br />

artisti si susseguono in una sequenza<br />

“<strong>senza</strong> tempo”, dove il pathos si riscalda<br />

affabulato da quel palco che ci regala<br />

gioia. A vederli dal vivo, alle prove in<br />

viale Monza 140 - per i milanesi basta<br />

questo indirizzo per capire di cosa si<br />

Claudio Bisio e Vanessa Incontrada<br />

parla - allo Zelig cabaret, dove il tutto<br />

è nato e dove oggi si svolgono le prove<br />

di Zelig tv 2010, l’atmosfera è confidenziale<br />

e il piccolo palco diventa un’agorà<br />

d’ellenica memoria, dove paradossalmente<br />

lo spazio non è importante.<br />

I comici si muovono in un’atmosfera<br />

familiare e grazie alla conduzione<br />

di Bisio e della Incontrada, interagiscono<br />

con il pubblico in sala che diventa<br />

parte della famiglia. Ma Zelig<br />

non è solo risata e comicità, è anche<br />

studio e applicazione quotidiana rivolto<br />

a preparare e perfezionare i copioni<br />

che andranno in scena. È presente in<br />

molte città sotto forma di provinilaboratorio,<br />

dove si esibiscono le<br />

nuove promesse della comicità.<br />

Maurizio <strong>La</strong>strico, attore e comico da<br />

poco approdato con crescente successo<br />

alla prima serata in tv, consiglia ai<br />

ragazzi che si esibiscono nei laboratori<br />

Zelig e a chi vuole intraprendere la<br />

strada da attore comico: “studiate<br />

tanto, fate esperienze anche al di fuori<br />

del cabaret, sul palco non si arriva<br />

così…come un dono, ma ci vuole studio<br />

e i consigli giusti”. Lui, Maurizio,<br />

cresciuto con la scuola del Teatro<br />

Stabile di Genova esercitandosi sulla<br />

Divina Commedia, ha iniziato per<br />

divertimento a trasporre il teatro “alla<br />

Gassman” in chiave umoristica e, visto<br />

il successo della trovata, ha deciso cercarne<br />

un giusto compromesso nel cabaret.


18 Domenica 7 marzo 2010 TERRITORIO<br />

L’associazione in Campania sta ottenendo un incremento <strong>dei</strong> suoi soci,<br />

molte le attività in programma tra escursioni e discese nelle viscere della terra<br />

Club Alpino, se lo conosci ti iscrivi<br />

Escursionismo in montagna e<br />

alpinismo, ma anche speleologia, e<br />

tracciamento di sentieri: sono<br />

queste solo alcune delle attività<br />

svolte del Club alpino italiano<br />

(Cai). L’associazione, fondata nel<br />

lontano 1863 a Torino, si propone<br />

come scopo “l’alpinismo in ogni<br />

sua manifestazione, la conoscenza<br />

e lo studio delle montagne, specialmente<br />

di quelle italiane, e la<br />

difesa del loro ambiente naturale”.<br />

Oggi il Cai in Italia conta circa<br />

315.032 soci e 490 sezioni, organizzate,<br />

poi, in raggruppamenti<br />

regionali. In Campania i soci sono<br />

circa milleseicento, le sezioni otto,<br />

di cui due piuttosto antiche:<br />

Napoli (1871) e Cava De’ Tirreni<br />

(1939).<br />

«Il nostro impegno è quello di<br />

valorizzare il territorio montano,<br />

far in modo che anche le persone<br />

del luogo lo apprezzino - ricorda la<br />

presidentessa del Cai regionale,<br />

Anna Maria Martorano - ed è<br />

importante, quindi, incoraggiare<br />

la spinta alla conoscenza del territorio,<br />

perché solo dalla conoscenza<br />

può venire la tutela dell’ambiente».<br />

I soci, nonostante la crisi<br />

economica, stanno aumentando<br />

leggermente. «Dall’inizio di quest’anno<br />

si è aperta una nuova sezione<br />

a Castellammare di Stabia,<br />

quella di Benevento risale a due<br />

anni fa e le nuove sezioni fanno<br />

soci più rapidamente», sottolinea<br />

Francesco Carbonara, presidente<br />

del Cai fino al 31 dicembre scorso.<br />

C’è, poi, anche il motivo economico.<br />

«Il Cai, a differenza di altre<br />

attività, costa poco - rileva ancora<br />

Carbonara – L’attività escursionistica<br />

si fa con un <strong>niente</strong>. E poi c’è<br />

una questione di tendenza. Il turismo<br />

outdoor, all’aperto, sta aumentando.<br />

C’è bisogno di evadere.<br />

Prima era più difficile, oggi ti ven-<br />

gono a cercare». I soci sono per la<br />

maggioranza persone adulte, tra i<br />

quaranta e i sessant’anni, ma ci<br />

sono pure gruppi di giovani che si<br />

cimentano in attività fisicamente<br />

più impegnative, come lunghe e-<br />

scursioni o arrampicate. C’è, poi, il<br />

settore dell’alpinismo giovanile,<br />

che coinvolge bambini ed adolescenti<br />

dagli otto anni alla maggiore<br />

età, con escursioni dedicate a<br />

loro, che a volte coinvolgono anche<br />

i genitori.<br />

L’attività principale che si svolge<br />

nella nostra regione è comunque<br />

l’escursionismo, anche a causa dell’as<strong>senza</strong><br />

di grandi montagne come<br />

nel nord Italia. Non mancano,<br />

però, gruppi che si occupano di alpinismo,<br />

scialpinismo, sci di fondo<br />

escursionistico, arrampicata sportiva<br />

e speleologia e altri che si dedicano<br />

al soccorso alpino e speleologico<br />

e alla difesa dell’ambiente,<br />

come coloro che si occupano di<br />

avvistare e segnalare incendi durante<br />

l’estate.<br />

Da due anni anche il settore del<br />

Le sezioni<br />

Le otto sezioni del Club alpino<br />

italiano in Campania<br />

vanno da un minimo di 75<br />

soci a circa 400-500.<br />

In quella di Avellino (fondata<br />

nel 1994) sono presenti circa<br />

200 soci; a Benevento (2007)<br />

180; a Caserta (1998) un’ottantina;<br />

a Cava De’ Tirreni<br />

(1939) 179; a Napoli (1871)<br />

488; a Piedimonte Matese<br />

(1998) 311; a Salerno (1986)<br />

296; a Castellammare di Stabia<br />

(2010) stanno crescendo.<br />

ciclotrekking è in aumento.<br />

Nemmeno l’attività di ricerca e<br />

formazione è trascurata. Ci sono<br />

corsi di aggiornamento in-terni e<br />

corsi che insegnano ad andare in<br />

montagna: dal modo di vestirsi,<br />

all’equipaggiamento, al comportamento<br />

responsabile<br />

«Si deve andare in montagna preparati,<br />

perché bisogna stare attenti<br />

a non provocare danni, né frane»,<br />

fa notare ancora Anna Maria<br />

Martorano. «Le attività che sono<br />

svolte all’interno dell’associazione<br />

– aggiunge Francesco Carbonara<br />

– non sono attività di tipo commerciale.<br />

Gli esterni comunque<br />

sono ben accetti». Esistono, infatti,<br />

differenti livelli di difficoltà<br />

delle escursioni. <strong>La</strong> turistica, che<br />

rappresenta il livello base, e l’escursionistica<br />

sono adatte anche ai<br />

principianti.<br />

Pagina a cura di<br />

SONIA ACERRA<br />

BARBARA TROTTA<br />

Cosa serve<br />

Per partecipare alle uscite non<br />

bisogna dimenticarsi di indossare<br />

scarpe da trekking, pantaloni<br />

lunghi e comodi e<br />

vestirsi a strati. Da portare<br />

anche uno zainetto, un ricambio<br />

di maglietta, la colazione e<br />

la boraccia. Molto utili, poi,<br />

possono essere anche un coltellino,<br />

una bandana, le salviettine<br />

rinfrescanti, i calzettoni<br />

di ricambio, i bastoncini<br />

da trekking, la crema solare e i<br />

cerotti.<br />

Tra ponti, grotte e gallerie<br />

A Salerno<br />

il treno trekking<br />

Passeggiata sui binari<br />

che collegano Auletta a Pertosa<br />

Alla scoperta del mondo sotterraneo<br />

Passione<br />

speleologica<br />

Appuntamenti a raffica<br />

per il nucleo di Avellino<br />

Forza, precisione e coraggio per andare in alto<br />

All’arrembaggio<br />

della roccia<br />

Appassionati della montagna<br />

sempre più numerosi<br />

In occasione della giornata<br />

nazionale delle ferrovie dimenticate<br />

(7 marzo), la<br />

sezione di Salerno del Club<br />

alpino italiano<br />

ha organizzato<br />

un’escursione<br />

da<br />

svolgersi sulla<br />

tratta ferroviaria<br />

in disuso<br />

che va<br />

da Auletta a<br />

Pertosa.<br />

Il trenotrekking<br />

partirà<br />

dalla stazione<br />

di Salerno alle 9,15, dove i<br />

partecipanti prenderanno<br />

un treno che li porterà a<br />

Buccino.<br />

Qui, poi, li attenderà un autobus<br />

per raggiungere Auletta,<br />

da dove partirà il vero<br />

e proprio trekking. Il tratto<br />

da percorrere è lungo sei<br />

chilometri e attraversa una<br />

galleria e <strong>dei</strong><br />

grandi ponti<br />

(nella foto di<br />

Sandro Giannattasio<br />

un<br />

momento<br />

dell’evento ).<br />

A Pertosa,<br />

nelle vicinanze<br />

delle grotte<br />

dell’Angelo,<br />

si potrà<br />

poi mangiare<br />

in trattoria e partecipare<br />

nel pomeriggio a uno <strong>dei</strong><br />

tre laboratori a scelta e visitare<br />

le grotte. <strong>La</strong> partenza<br />

per il ritorno è prevista per<br />

le 18.30.<br />

Da quando è stata aperta nel<br />

1994 la sezione di Avellino<br />

del Club alpino italiano<br />

svolge escursioni in grotte e<br />

cavità naturali.<br />

Sono<br />

tanti gli appuntamenti,<br />

tra cui quelli<br />

speleologici,<br />

che coinvolgono<br />

i 200<br />

soci della sezione.<br />

«Le e-<br />

scursioni sono<br />

diversificate<br />

e ci sono<br />

tutte le domeniche e in diversi<br />

week end- spiega<br />

Otello Manfra presidente<br />

del Cai Avellino- e poi ci sono<br />

la settimana bianca e<br />

quella verde. Adesso stiamo<br />

rilanciando le escursioni<br />

speleologiche che appartengono<br />

alla nostra tradizione».<br />

<strong>La</strong> prossima tappa<br />

è per domenica<br />

14<br />

marzo sui<br />

Monti Picentini.<br />

Si<br />

parte dal<br />

Monte Magnone<br />

(1498<br />

m) sul Rifugio<br />

Jurumito<br />

passando per<br />

i pozzi di Bagnoli.«Il<br />

nostro<br />

motore è la passione<br />

verso l’ambiente- continua<br />

Manfra- per valorizzare il<br />

suo patrimonio e per tutelarlo.<br />

Oggi c’è troppa incuria<br />

sulle montagne».<br />

L’arrampicata sportiva è una<br />

delle attività più recenti<br />

svolte dalla sezione di Avellino<br />

del Club alpino italiano<br />

che ha all’attivo<br />

più di 15<br />

anni di esperienza.<br />

Il<br />

gruppo di arrampicata<br />

che alcuni<br />

hanno denominato<br />

“gli<br />

Scarrafoni di<br />

Avellino” ha<br />

un ricco calendario<br />

che<br />

parte il prossimo 3 aprile e<br />

finisce il 16 ottobre. «Il<br />

gruppo è attivo solo dallo<br />

scorso anno - afferma<br />

Otello Manfra, presidente<br />

Cai di Avellino - ma ha da<br />

subito riscosso interesse.<br />

Quest’anno sono state<br />

organizzate tante escursioni.<br />

Tra le altre attività stiamo<br />

cercando<br />

anche di lanciare<br />

lo sci<br />

alpino». Si<br />

comincia con<br />

la Falesia della<br />

Costiera<br />

Amalfitana,<br />

passando per<br />

quella di A-<br />

vella, Punta<br />

d’Aglio, Falconara<br />

e<br />

Gaeta per concludere con<br />

San Liberatore. «Stiamo<br />

lavorando a un progetto di<br />

recupero e valorizzazioneaggiunge<br />

Manfra- del parco<br />

regionale del Partenio».


20 Domenica 7 marzo 2010 RUBRICHE<br />

L’idea della saggista<br />

è quella di descrivere,<br />

in tutti i suoi aspetti,<br />

un capitolo della storia<br />

del nostro Paese:<br />

Piazza Fontana,<br />

le Brigate Rosse<br />

e i gruppi neofascisti<br />

<strong>La</strong> strage di Piazza Fontana<br />

<strong>La</strong> violenza che stabilizza<br />

“Il terrorismo” è l’ultimo lavoro di Antonella Colonna Vilasi<br />

Un volume che racconta la “strategia della tensione” in Italia<br />

Obiettivo: destabilizzare la situazione politica<br />

italiana. Come? Attraverso la strategia<br />

della tensione. Gli attori principali di<br />

questo piano eversivo sarebbero stati i<br />

gruppi armati, determinati nel portare a<br />

termine azioni per terrorizzare l’opinione<br />

pubblica.<br />

Inizia così l’ultimo lavoro di Antonella Colonna<br />

Vilasi, “Il terrorismo”. Duecento<br />

pagine che rappresentano un tuffo nel passato,<br />

nella storia dell’Italia della Prima<br />

Repubblica, per descrivere il percorso a o-<br />

stacoli che la democrazia del nostro Paese<br />

ha affrontato negli anni del boom economico,<br />

dell’avanguardismo operaio e delle<br />

lotte studentesche. <strong>La</strong> scrittrice analizza il<br />

tessuto terroristico di diversa matrice politica,<br />

comunista e neofascista, e ricostruisce<br />

le trame che hanno attentato all’assetto<br />

democratico italiano. Il libro è suddiviso<br />

in tre macrosezioni: dalla strategia della<br />

tensione in cui, lucidamente, l’autrice individua<br />

i risvolti sia interni che internazionali;<br />

all’eversione di sinistra, non limitandosi<br />

a indagare solo le Brigate rosse e<br />

Prima linea; fino ai Nuclei armati rivoluzionari<br />

, i “neri” emblema dello spontaneismo.<br />

Piazza Fontana può essere considerata<br />

come l’incipit fondamentale, il momento<br />

in cui la storia vira in modo brusco,<br />

ma soprattutto violento, e prende una di-<br />

arte<br />

I “Guerrieri” di Luigi Vollaro<br />

alla Galleria di Angri<br />

Comprendere il valore che lo spazio interno, contenuto<br />

dalla materia, assume nel suo nuovo rapporto<br />

con la forma. L’artista campano Luigi Vollaro, con<br />

quest’idea, realizza le sculture che saranno esposte,<br />

fino al 31 marzo, nella Galleria di Angri (Salerno).<br />

Le forme stesse delle opere di Vollaro sollecitano<br />

l’immaginario. I suoi “Guerrieri”, infatti, richiamano<br />

alla mente i reliquiari, anneriti dal tempo, che a-<br />

dornano gli altari delle chiese di Napoli. Lo scultore<br />

volge così lo sguardo nello spazio originario del<br />

suo essere: attinge racconti che descrive nella sostanza<br />

della materia.<br />

<strong>La</strong> realtà “messa a fuoco”<br />

da Pierpaolo Lista<br />

<strong>La</strong> fotografia vista non più come pura estetica, ma<br />

legame concettuale con l’autore che crea un significato<br />

all’interno dell’inquadratura. Questo il messaggio<br />

che Pierpaolo Lista vuole lanciare attraverso<br />

i suoi scatti, esposti fino al 3 aprile alla Galleria<br />

“Leggermente fuori fuoco” di Salerno. I lavori dell’artista<br />

sono in continuità con il suo approccio pittorico,<br />

creando un mondo ludico e minimale, popolato<br />

da oggetti comuni: 17 foto che partono dalla<br />

bidimensionalità, passano attraverso la sperimentazione<br />

futurista e arrivano alle immagini moderne.<br />

Lista dipinge e compone il suo immaginario<br />

superando così il concetto di fotografia come registrazione<br />

di una realtà preesistente e colta sul fatto.<br />

versa direzione. <strong>La</strong> bomba del 12 dicembre<br />

del 1969 a Brescia e gli attentati a Roma<br />

e Milano si collocano, secondo la saggista,<br />

in un piano ben preciso: 145 attentati<br />

dal 3 gennaio non possono essere considerati<br />

come una pura e semplice ondata<br />

rivoluzionaria. Bisogna però tornare indietro<br />

nel tempo per trovare le fondamenta<br />

della strategia della tensione. L’inizio,<br />

nel 1945, è a Yalta, dove i vincitori della Seconda<br />

Guerra Mondiale ridisegnano la<br />

cartina geografica dell’Europa a seconda<br />

delle sfere di influenza. L’Italia, come territorio<br />

di confine, diventa il laboratorio a-<br />

<strong>La</strong> scrittrice<br />

Antonella Colonna Vilasi è<br />

saggista e membro del comitato<br />

scientifico del Premio giornalistico<br />

di Salerno. Ha pubblicato<br />

opere sulle tematiche criminologhe-forensi<br />

e ha lavorato<br />

a una trilogia sui temi di<br />

intelligence. Autrice di volumi<br />

su questioni di attualità come il<br />

“Mercato dell’energia in Italia”<br />

e “N’drangheta, i mille volti di<br />

un sistema criminale”.<br />

datto nel quale sperimentare nuovi e moderni<br />

modus operandi.<br />

E la dottrina del presidente Usa Truman<br />

ha come obiettivo l’arresto dell’espansione<br />

comunista nel vecchio continente. Situazione<br />

favorita dall’immobilismo sovietico<br />

l’Urss infatti è il più fedele interprete degli<br />

accordi della Conferenza di Crimea.<br />

Ma la Democrazia cristiana, da muro incrollabile<br />

contro l’assalto marxista, si trasforma<br />

in interlocutore <strong>dei</strong> grandi partiti<br />

di massa della sinistra italiana. A questo<br />

punto l’autrice, abbandonata Yalta, interpreta<br />

le reazioni delle Br (che culmineranno<br />

con l’assassinio Moro) come paura nei<br />

confronti di una politica vista sempre più<br />

come potenza restauratrice.<br />

L’ultima parte del libro è dedicata ai<br />

movimenti di estrema destra, gruppi<br />

indipendenti e spontanei, ebbri del mito<br />

dell’azione esemplare fine a se stessa. Per<br />

quindici anni l’Italia è stato un Paese<br />

insanguinato dalla logica del terrore:<br />

migliaia di attentati, 150 morti e 652 feriti.<br />

Tutto questo semplicemente per stabilizzare<br />

destabilizzando.<br />

musica<br />

Folk, rock e leggenda<br />

tra le note <strong>dei</strong> Sileni<br />

Pagina a cura di<br />

SANTO IANNÒ<br />

Nella mitologia greca, i sileni sono delle divinità <strong>dei</strong><br />

boschi, caratterizzate da una natura selvaggia e<br />

lasciva. “I Sileni”, però, sono anche un quartetto sannita<br />

che ha scelto una sonorità in linea in tutto e per<br />

tutto con l’allure di queste divinità. In un mondo dove<br />

un po’ tutte le band si affannano nel tentativo di<br />

fare il solito, talvolta ripetitivo indie rock, loro vanno<br />

completamente controcorrente, riuscendo nell’arduo<br />

compito di portare una ventata di freschezza<br />

nel panorama musicale italiano.<br />

“I Sileni”, nell’omonimo album d’esordio, riescono a<br />

non essere ancorati a nessun genere musicale, ma<br />

spaziano tra il progressive, il folk ed il rock di stampo<br />

classico, con una leggerezza figlia di una maestria<br />

veramente degna di nota. Senza mai stancare,<br />

ma soprattutto <strong>senza</strong> inutili virtuosismi, fondono<br />

suoni e rumori della vita quotidiana. In “Clinic”,<br />

pezzo dal sapore Radiohead, si fa notare la voce,<br />

piena e al tempo stesso delicata, praticamente perfetta<br />

per il genere. Ma la cosa migliore di questo<br />

album sono i riff di chitarra. Melodie che a volte<br />

ricordano Andrès Segovia (come ad esempio nella<br />

bellissima “Five”), altre fanno pensare a un postmoderno<br />

Johnny Cash. Per tutti questi motivi, il disco<br />

arriva sulla scena musicale in punta di piedi, ma<br />

con carattere innovativo e originale.<br />

Tuttavia, considerando che si tratta di un disco d’esordio,<br />

le nuove sonorità sperimentate da “I Sileni”<br />

faranno certamente di loro.(V.V.)<br />

libri<br />

“Iran, la rivoluzione on line”<br />

di Ahmad Rafat<br />

Edizione Cult<br />

Pagine 160– 16,00 euro<br />

L’onda verde e internet. Nel suo ultimo libro,<br />

lo scrittore iraniano Ahmad Rafat racconta la<br />

<strong>rivolta</strong> popolare di Teheran, scatenata dopo i<br />

presunti brogli elettorali che a giugno hanno<br />

confermato Ahmadinejad alla guida dell’Iran.<br />

Un popolo che nel web ha trovato un fedele<br />

alleato e non solo uno strumento utile per comunicare<br />

e organizzare le proteste. In quei<br />

giorni, infatti, il web diventa l’unico mezzo<br />

per diffondere nel mondo i messaggi di cittadini<br />

che lottano per la propria dignità, dopo<br />

un voto scippato. Rivolta soffocata nel sangue<br />

ma che, nonostante la repressione, è sopravvissuta<br />

grazie alla capacità di comunicare <strong>dei</strong><br />

giovani. Le immagini delle proteste trasmesse<br />

su Youtube e Twitter hanno fatto crollare i<br />

muri. E il mondo intero ha saputo.<br />

“L’apocalisse <strong>dei</strong> lavoratori”<br />

di Valter Hugo Mae<br />

Edizione Cavallo di Ferro<br />

pagine 224– 15,00 euro<br />

Come trovare il paradiso e la felicità in un<br />

mondo in cui la precarietà sembra fermare<br />

la vita stessa. L’ultimo lavoro del poeta portoghese<br />

Valter Hugo Mae è un dipinto della<br />

società moderna, in cui domina la lotta per<br />

sentirsi appagati. Ma, a dispetto del titolo<br />

catastrofico, i protagonisti de “L’apocalisse<br />

<strong>dei</strong> lavoratori” riusciranno nel loro intento.<br />

Un ironico affresco della società contemporanea<br />

lusitana, ma che supera i confini territoriali<br />

per descrivere il disagio <strong>dei</strong> nostri<br />

giorni. Viaggio nelle ossessioni di chi è solo<br />

alla ricerca di un po’ di serenità e, pur di trovarla,<br />

è disposto a precipitare nell’abisso.<br />

“Il patto che ci lega”<br />

di Giorgio Napolitano<br />

Edizione Il Mulino<br />

Pagine 227– 15,00 euro<br />

Due temi di fondo ritornano nella raccolta<br />

<strong>dei</strong> discorsi del Presidente Napolitano: il richiamo<br />

al «patto che ci lega» (la Costituzione)<br />

e la consapevolezza che l’Italia ha bisogno<br />

di un discorso politico pubblico che<br />

la sorregga. Il nostro Paese, scrive Napolitano,<br />

vive una trasformazione culturale e<br />

sociale da cui emerge un vuoto nella pedagogia<br />

della cittadinanza. Per rimediare a<br />

questa mancanza, il Presidente richiama gli<br />

italiani a «un concorso di volontà che sia<br />

più forte di tutte le ragioni di divisione». Parole<br />

forti, parole per la Repubblica.<br />

“<strong>La</strong> rosa e i tre chiodi”<br />

di D’Andrea G.L.<br />

Edizione Mondadori<br />

pagine 400 - 17 ,00 euro<br />

Un quartiere magico, ma “reale”, quello <strong>dei</strong><br />

“cambiavalute”. D’Andrea G.L. ci trasporta<br />

di nuovo nel Dent de Nuit di Parigi insieme<br />

a Caius, il Wunderkind. Nel secondo volume<br />

della trilogia “<strong>La</strong> Rosa e i tre Chiodi”, e-<br />

dita da Mondatori, nelle librerie agli inizi di<br />

aprile, ritroveremo i personaggi del primo<br />

volume in un ambiente ancora più nero e<br />

cupo, conosceremo meglio il protagonista,<br />

il giovanissimo Caius, e con lui gireremo<br />

nelle strade del quartiere <strong>dei</strong> “cambiavalute”,<br />

maghi che barattano ogni loro magia con un<br />

ricordo. Ritroveremo il malvagio Spingelman,<br />

capiremo il perché di alcune sue azioni<br />

e scopriremo l’importanza per la vita di<br />

Caius di un personaggio che pochi ricorderanno.<br />

Un secondo volume ancora più dark<br />

che promette di sorprendere almeno quanto<br />

il primo. (D.D.S.)


Fede, arte e tradizione<br />

del borgo sannita<br />

alla riscoperta<br />

di riti millenari.<br />

L’antica cultura<br />

è stata proposta<br />

tra i Beni Immateriali<br />

del Patrimonio<br />

dell’Unesco .<br />

Fai una pausa a Guardia<br />

WEEK END<br />

Domenica 7 marzo 2010<br />

21<br />

di Francesco Maria Borrelli<br />

Sformato di verdure e macinato<br />

CHIARA DEL GAUDIO<br />

A chi sogna la fuga dal“logorio<br />

della vita moderna”, un toccasana<br />

per il fisico e per l’anima è<br />

Guardia Sanframondi. Caratteristico<br />

borgo medievale, che<br />

fu dimora <strong>dei</strong> più nobili casati,<br />

dai Sanframondi ai Carafa, è<br />

arroccato sulla Valle Telesina e<br />

gode del piacevole clima collinare,<br />

a poco più di 500 metri sul<br />

livello del mare. Avvolto in<br />

un’atmosfera <strong>senza</strong> tempo, l’antico<br />

sito nato attorno al castello,<br />

a “guardia” del quale si avvicendarono<br />

Sanniti, Longobardi e<br />

Normanni, contendendosi il<br />

primato dell’originario nucleo<br />

abitativo, risente ancor oggi del<br />

carattere “guardiese”<br />

<strong>dei</strong> suoi<br />

5700 abitanti.<br />

Attenti nel preservare,<br />

insieme<br />

con la bellezza<br />

degli antichi<br />

luoghi, la<br />

natura e l’ambiente<br />

(tanto da<br />

fargli attribuire<br />

il premio di<br />

“Comune riciclone”<br />

assegnato<br />

dalla Regione<br />

Campania,<br />

per il raggiungi-<br />

VINALIA<br />

Giunge alla XVII edizione la<br />

rassegna enogastronomica<br />

del Circolo Viticoltori che<br />

propone il percorso del gusto<br />

dal castello al centro storico.<br />

Il feudo <strong>dei</strong> Sanframondi<br />

crocevia di piacere e penitenza<br />

mento del 50% della raccolta<br />

differenziata) ma anche, nel<br />

contrastare le nocive contaminazioni<br />

dell’odierno relativismo,<br />

proponendo una immersione<br />

nella penitenza, attraverso i riti<br />

settennali <strong>dei</strong> battenti, divenuti<br />

famosi in tutto il mondo.<br />

Quest’anno ricorre il settennato<br />

della manifestazione religiosa<br />

che, nel segno dell’antica tradizione<br />

popolare, rinnova l’adorazione<br />

della Madonna dell’Assunta.<br />

Per tutta la settimana<br />

IL CASTELLO<br />

Fu fatto edificare dal normanno<br />

Raone capostipite <strong>dei</strong> Sanframondo<br />

che dominarono dal<br />

1134 al 1461 e fu dimora <strong>dei</strong><br />

Carafa dal 1469 al 1806.<br />

successiva a quella di ferragosto,<br />

i quattro rioni di Guardia<br />

Croce, Portella, Fontanella e<br />

Piazza, organizzeranno quadri<br />

viventi di rappresentazioni delle<br />

sacre scritture e processioni.<br />

Tanto forti nell’animus sannita,<br />

da ripetersi dal lontano 1753,<br />

quando si tennero “in ringraziamento<br />

della desiderata pioggia”<br />

e oggi, proposti per l’inserimento<br />

nell’elenco del Patrimonio<br />

culturale immateriale dell’Unesco.<br />

Meta, quella guardiese, che<br />

a pochi chilometri da Benevento,<br />

offre un naturale rifugio dal quotidiano<br />

a chi voglia godere del<br />

fascino dell’antico feudo e del<br />

maestoso castello. Maniero che<br />

ospita, oltre a un teatro all’aperto<br />

per 600 posti, il museo delle farfalle,<br />

noto per la raccolta, in 56<br />

bacheche, di oltre 1000 esemplari<br />

tra i più belli e interessanti di<br />

tutto il mondo.<br />

Ma Guardia Sanframondi, affacciata<br />

com’è sui monti del Taburno<br />

è anche terra del buon vino.<br />

Crocevia sannita di penitenza e<br />

dipiacere, sin dalla metà degli<br />

anni’ 50, quando fu set cinematografico<br />

per pellicole di carattere<br />

religioso (“Maddalena” 1953,<br />

regia di Augusto<br />

Genina)<br />

ma non<br />

solo.<br />

E’ qui che il<br />

regista Mario<br />

Camerini nel<br />

I BATTENTI<br />

Dai riti pagani del ‘500, la<br />

penitenza corporale rivive<br />

nelle processioni degli incappucciati<br />

che si preparano<br />

all’incontro con l’Assunta.<br />

celebre film<br />

del 1955, “<strong>La</strong><br />

Bella Mugnaia”<br />

fece vivere<br />

i suoi personaggi<br />

con Vittorio<br />

de Sica,<br />

Sophia Loren,<br />

e Marcello<br />

Mastroianni.<br />

Ingredienti per sei persone:<br />

zucca 800gr, cipolle di Tropea 400 gr<br />

patate 500 gr, manzo macinato 600 gr<br />

pecorino vecchio grattugiato 200 gr<br />

olio extravergine d’oliva, pepe nero<br />

pan grattugiato, sale.<br />

Preparazione:<br />

<strong>La</strong>vate le verdure, toglietene la buccia e<br />

tagliatele in piccoli cubetti. Mettete la polpa<br />

tagliata in acqua bollente, salata, e fate cuocere<br />

per dieci minuti. Colate le verdure, fatele<br />

raffreddare e mettetele nel frullatore. Fatele<br />

frullare aggiungendo progressivamente, e<br />

quando necessario, poca acqua tanto per rendere<br />

più omogeneo il composto. Versate la<br />

crema di verdure in un contenitore molto<br />

ampio e aggiungetevi la carne macinata.<br />

Mescolate il tutto aggiungendo olio d’oliva,<br />

pecorino grattugiato, un po’ di pan grattato, il<br />

pepe e aggiustate di sale.<br />

Preriscaldate il forno a 180º, oleate una teglia<br />

e spolveratene fondo e lati con del pan grattato.<br />

Versate il mix di verdure e carne macinata<br />

nella teglia, livellatelo, spolveratene la parte<br />

superiore con del pangrattato, aggiungete un<br />

filo d’olio e pettinate la superficie con la forchetta.<br />

Infornate e fate cuocere per cinquanta<br />

minuti. Una volta cotto aspettate che lo<br />

sfornato si intiepidisca prima di impiattarlo e<br />

guastarlo.<br />

I vini:<br />

Col di Sasso (sangiovese e cabernet) rosso,<br />

Banfi, oppure Falerno del Massico bianco<br />

doc, Villa Matilde.


22 Domenica<br />

7 marzo 2010 SPORT<br />

LA FINE DELLA NUOVA SEBASTIANI RIETI<br />

NSB ADDIO: ECCO I MOTIVI<br />

<strong>La</strong> fine della pallacanestro reatina<br />

inizia con una festa, quella per la<br />

miracolosa salvezza in Serie A<br />

nella stagione 2008/2009. All’epoca,<br />

tra i tanti tifosi<br />

della Nuova Sebastiani<br />

Basket nessuno poteva<br />

immaginare cosa<br />

sarebbe accaduto di lì<br />

a qualche mese. In<br />

estate, infatti, ecco arrivare<br />

la beffa. Quando<br />

sembravano ormai<br />

cosa fatta gli accordi<br />

del presidente Gaetano<br />

Papalia con Wind e<br />

Acea per la sponsorizzazione<br />

del PalaSojourner,<br />

qualcosa fa saltare momentaneamente<br />

il banco e Papalia<br />

inizia a flirtare con Napoli. A questo<br />

punto, l’Acea, pur di scongiurare<br />

la fine della Nsb, promette la<br />

somma necessaria a evitare il trasferimento,<br />

forse anche al fine di<br />

scaricare una volta per tutte Papalia.<br />

Il presidente però rilancia e si<br />

dichiara disponibile a fare un passo<br />

indietro. Ma è solo<br />

una provocazione per<br />

capire le reali intenzioni<br />

dell’Acea, tant’è<br />

che Papalia ha sempre<br />

continuato le trattative<br />

con gli sponsor<br />

napoletani. Morale<br />

della favola? Atroce:<br />

l’Acea non mantiene<br />

la promessa e contemporaneamente<br />

gli<br />

imprenditori napoletani<br />

rispondono picche.<br />

Per la Nsb è solo l’inizio della<br />

fine. Dopo Natale, i giocatori acquistati<br />

nel periodo delle promesse<br />

non ritornano a Napoli, in campo<br />

vanno i ragazzini e la Nsb, suo malgrado,<br />

entra nella storia.<br />

Gaetano Papalia<br />

Si scrive Martos Napoli, si legge<br />

Nuova Sebastiani Rieti, significa la<br />

pagina più nera della storia del<br />

basket italiano. Difficile definire<br />

diversamente quanto sta accadendo<br />

a Napoli, dove dallo scorso gennaio<br />

la parola pallacanestro fa rima<br />

con vergogna. Colpa di una gestione<br />

societaria quantomeno discutibile<br />

e, soprattutto, di un regolamento<br />

che permette giochini in<br />

stile risiko a personaggi in cerca<br />

d’autore. E così, come se nulla fosse<br />

o quasi, vengono infangate in un<br />

batter di ciglia la storia cestistica e<br />

la credibilità sportiva di due città,<br />

Napoli e Rieti, tradite profondamente<br />

da chi aveva promesso le<br />

stelle e sta invece regalando le stalle.<br />

Sul banco degli imputati Gaetano<br />

Papalia, presidente di quella<br />

Nuova Sebastiani Rieti che la scorsa<br />

estate, con un colpo di mano<br />

motivato da presunte esigenze<br />

economiche, dalla sera alla mattina<br />

è diventata Martos Napoli.<br />

<strong>La</strong> spiegazione direttamente dalle<br />

parole di Papalia, che all’epoca <strong>dei</strong><br />

fatti dichiarò alla stampa: «I Pala-<br />

Sojourner (la struttura reatina,<br />

Martos, la pagina più nera della pallacanestro italiana<br />

Basket Napoli,<br />

gioventù sprecata<br />

I ragazzini allo sbaraglio ultima tappa della crisi<br />

ndr) non è a norma per la serie A<br />

non per parametri tecnici, ma per<br />

motivi economici. Il palazzo si<br />

trova in una zona che non consente<br />

di avere incassi in termini di<br />

pubblico o di spazi pubblicitari<br />

sufficienti a sostenere una serie A.<br />

Requisiti che, al contrario, il Pala-<br />

Barbuto di Napoli ha e per questo<br />

abbiamo chiesto ed ottenuto la deroga».<br />

E giù promesse, ambizioni e<br />

sogni di gloria (addirittura era stato<br />

prospettato l’arrivo della stella<br />

Nba Allen Iverson). Secondo Papalia,<br />

nel progetto sarebbero stati<br />

coinvolti, grazie anche all’interessamento<br />

del presidente della<br />

Regione Bassolino, una mezza<br />

dozzina di imprenditori al fine di<br />

allestire una squadra competitiva.<br />

In cambio, il presidente avrebbe<br />

realizzato a sue spese campi da<br />

basket in tutta la città: come dire, il<br />

fine sociale per l’utile personale.<br />

Doveva essere, ma è stato ben altro.<br />

Forse anche a causa di una situazione<br />

ambigua lasciata a Rieti,<br />

gli sponsor napoletani saltano, gli<br />

imprenditori spariscono e la nuova<br />

realtà cestistica viene abbandonata<br />

a se stessa. Dopo la pausa natalizia<br />

il baratro. Con stipendi non pagati<br />

da mesi, i giocatori lasciano Napoli,<br />

la giustizia sportiva infligge sei<br />

punti di penalizzazione (che si aggiungono<br />

agli altri due sanciti a inizio<br />

stagione per irregolarità, ndr) e<br />

Papalia decide di mandare in campo<br />

i ragazzini dell’Under 19. Il 3<br />

gennaio iniziano i record, negativi<br />

purtroppo. <strong>La</strong> Martos subisce passivi<br />

da far paura e il 7 febbraio entra<br />

nella storia: l’Avellino asfalta i ragazzini<br />

partenopei con il punteggio<br />

di 172 a 70, lo scarto maggiore di<br />

tutti i tempi. A volte, però, non c’è<br />

fine al peggio. Dopo 3 giorni, infatti,<br />

si riunisce la Commissione<br />

Giudicante della Federazione: sul<br />

tavolo la richiesta di retrocessione<br />

per la Martos avanzata dalla Procura<br />

federale per la violazione degli<br />

articoli 43 (atti di frode sportiva)<br />

e 44 (responsabilità oggettiva<br />

per atti di frode sportiva) del Regolamento.<br />

Chi si aspettava una penalizzazione<br />

esemplare e un doppio<br />

declassamento rimane deluso.<br />

<strong>La</strong> sentenza parla chiaro: inibizione<br />

di 3 anni e 4 mesi per Papalia, 8<br />

punti di penalità da scontare nel<br />

prossimo campionato. In pratica,<br />

una sanatoria. <strong>La</strong> vicenda, però,<br />

non è conclusa. In attesa di nuove<br />

decisioni della giustizia sportiva,<br />

un solo interrogativo: in pre<strong>senza</strong><br />

di un regolamento con tante lacune,<br />

è davvero tutta colpa di Papalia?<br />

Aspettando Godot (le regole),<br />

teniamoci il segreto di Pulcinella.<br />

Pagina a cura di<br />

PIERLUIGI G. CARDONE<br />

GIANNI IANNACCONE<br />

Il presidente della Lega<br />

«Non sarà<br />

facile<br />

rimediare»<br />

Presidente Renzi, a Napoli si sta scrivendo<br />

la pagina più nera della storia del<br />

basket italiano. Qual è il suo parere ?<br />

«Il caso Napoli è una pagina triste, forse la<br />

più triste negli annali della pallacanestro di<br />

casa nostra. <strong>La</strong> vicenda è sotto gli occhi di<br />

tutti. E’ una situazione inaspettata, quindi<br />

di difficile gestione, perché tutte le normative<br />

federali non si possono cambiare a piacimento<br />

e a giochi in corso. Quindi l’auspicio<br />

è che non si ripetano più queste situazioni,<br />

che certamente non fanno fare bella figura<br />

a tutto il movimento cestistico nazionale,<br />

anche e soprattutto agli occhi delle altre<br />

federazioni europee».<br />

Come si potrebbe evitare che negli anni a<br />

venire si ripetano casi come quelli che<br />

hanno sancito la fine della Nuova Sebastiani<br />

Rieti e<br />

il suo spostamento<br />

a Napoli?<br />

«In questo caso<br />

non è facile.<br />

E’impossibile<br />

cambiare il regolamento<br />

a<br />

campionato in<br />

corso, soprattutto<br />

perché<br />

esistono due<br />

ambiti, quello<br />

giuridico e quello sportivo».<br />

In che senso?<br />

«Le società professionistiche sono anche<br />

società di capitali con finalità di lucro e<br />

quindi da quel punto di vista, oltre alla giustizia<br />

sportiva, entra in gioco anche il<br />

Codice civile. E questo è un problema per<br />

noi perché complica maledettamente il<br />

nostro spazio d’intervento».<br />

Perché?<br />

«Il motivo è semplice: far contemperare<br />

queste due esigenze nel momento contingente<br />

non è ancora cosa facile. Certamente<br />

l’obiettivo è quello di arrivare a un punto di<br />

non ritorno e fare in modo che queste<br />

situazioni non si verifichino più. Detto<br />

questo, è chiaro che non sarà facile trovare<br />

una soluzione in tempi rapidi».<br />

Il numero uno della Fip<br />

«Mai più<br />

vicende<br />

simili»<br />

Dino Meneghin, cosa pensa della scabrosa<br />

situazione di Napoli?<br />

«<strong>La</strong> speranza è che Papalia ritiri la squadra.<br />

Cosa che però non farà perché il regolamento<br />

glielo consente. <strong>La</strong> Corte federale si<br />

riunirà per discutere le eventuali sanzioni<br />

da comminargli. Il Consiglio federale, invece,<br />

il 2 marzo farà tutte le valutazioni e capiremo<br />

cosa sarà possibile fare».<br />

Perché si è arrivati a questo punto?<br />

«Perché il signor Papalia ha avuto il permesso<br />

dal Consiglio federale e dalle Leghe<br />

di spostare la squadra di Rieti a Napoli, perché<br />

diceva che a Rieti la società sarebbe sparita,<br />

in quanto non aveva le forze economiche<br />

per andare avanti. A Napoli, invece, ha<br />

detto che, con i contributi delle istituzioni,<br />

avrebbe trovato nuovi sponsor. Papalia ha<br />

iscritto regolarmente<br />

la<br />

squadra al<br />

campionato,<br />

poi le cose si<br />

sono complicate<br />

e siamo<br />

arrivati a questo<br />

punto».<br />

Ha pensato a<br />

una soluzione<br />

per evitare in<br />

futuro episodi<br />

simili?<br />

«Abbiamo già parlato con il presidente<br />

della Lega della necessità di cambiare il<br />

regolamento per evitare questi “fatti”. Sarà<br />

una cosa abbastanza rapida, ma penso che<br />

non sia possibile fare qualcosa di nuovo già<br />

per questo campionato, per il quale vige il<br />

regolamento in atto. Dalla prossima stagione,<br />

anche insieme al Coni, valuteremo<br />

come apportare modifiche in questo senso<br />

per non permettere più simili vicende».<br />

Non crede che le partite disputate da<br />

Napoli in questa stagione debbano essere<br />

depennate dagli annali e dalla storia<br />

del basket?<br />

«Secondo me no. Anzi. Devono rimanere<br />

lì a monito futuro. Ricordo una scritta nel<br />

bar di un mio amico che diceva: “per colpa<br />

di qualcuno non si fa credito a nessuno”».


SPORT<br />

Domenica 7 marzo 2010<br />

23<br />

Non solo il calcio entusiasma il popolo <strong>dei</strong> tifosi: un viaggio tra le discipline migliori e non minori<br />

In Campania lo sport è d’oro<br />

Dai fratelli Abbagnale a Pino Maddaloni (judo) e Clemente Russo (boxe)<br />

MARIA EMILIA COBUCCI<br />

Famiglia di campioni<br />

È tutta la famiglia<br />

Maddaloni a dedicarsi<br />

allo sport. Marco fratello<br />

di Pino è un judoka di<br />

rango internazionale. È<br />

un ex campione Italiano<br />

Assoluto e due volte<br />

Campione Europeo<br />

Under 23 nel 2004 e<br />

2005.<br />

Oggi milita nelle file<br />

delle Fiamme Oro di<br />

Roma. <strong>La</strong> sorella di<br />

Pino, <strong>La</strong>ura è stata pluricampionessa<br />

italiana e<br />

per molti anni titolare<br />

nella Nazionale Italiana<br />

Femminile. Inoltre è la<br />

moglie del pugile italiano<br />

Clemente Russo.<br />

Adesso non si dedica più<br />

all'attività agonistica.<br />

Sport uguale calcio. È questo<br />

il pensiero che accomuna la<br />

maggior parte degli italiani.<br />

Vuoi perché è lo sport più<br />

seguito, vuoi perché oggi è<br />

diventato uno <strong>dei</strong> più grandi<br />

business mondiali. Ma lo<br />

sport è molto di più. Esistono<br />

decine di discipline,<br />

dalla pallacanestro al judo,<br />

dal canottaggio al pugilato,<br />

nelle quali gli italiani si sono<br />

contraddistinti salendo sempre,<br />

o quasi, sul podio <strong>dei</strong><br />

vincitori. E la Campania in<br />

questo campo la fa da maestra.<br />

Chi non ricorda i fratelli<br />

Abbagnale? Di Castellammare<br />

di Stabia, Giuseppe e<br />

Carmine hanno costituito<br />

insieme al timoniere Giuseppe<br />

di Capua uno degli<br />

equipaggi più celebri della<br />

storia del canottaggio mondiale.<br />

Il loro palmares comprende<br />

due allori olimpici:<br />

Los Angeles 1994 e Seoul<br />

1988. Fu proprio durante la<br />

finale olimpica di Seoul che<br />

l’equipaggio italiano vinse<br />

l’oro sconfiggendo il temuto<br />

armo inglese composto da<br />

Stephen Redgrave, ritenuto<br />

il più forte canottiere della<br />

storia e Andy Holmes. A<br />

questi vanno aggiunti i sette<br />

titoli mondiali conquistati<br />

tra il 1981 e il 1991. Tesserati<br />

per la Canottieri Stabia e allenati<br />

dallo zio, Giuseppe <strong>La</strong><br />

Mura, divenuto poi direttore<br />

tecnico della Federazione<br />

Italiana di Canottaggio, i fratelli<br />

Abbagnale hanno dominato<br />

per un decennio la scena<br />

del canottaggio mondiale,<br />

portando questo sport,<br />

povero e poco conosciuto,<br />

alla ribalta mediatica.<br />

Ma in Campania non ci sono<br />

solo i fratelli Abbagnale.<br />

Campione del mondo dilettanti<br />

a Chigago 2007 e vicecampione<br />

olimpico a Pechino<br />

2008, Clemente Russo si<br />

è imposto nel pugilato mondiale<br />

per pesi massimi. A<br />

soli undici anni entra per la<br />

prima volta in una scuola di<br />

boxe, la Excelsior Boxe Marcianise,<br />

iniziando così quel<br />

cammino che l’ha portato<br />

sul tetto della boxe mondiale.<br />

Tra i titoli vinti vi è anche<br />

un bronzo agli Europei Juniores<br />

del 1988, cinque titoli<br />

italiani, i mondiali militari<br />

del 2004 e la medaglia d'oro<br />

ai Giochi del Mediterraneo<br />

di Almeria del 2005.<br />

Ma anche nel Judo italiano è<br />

la Campania a primeggiare.<br />

Classe settantasei, Giuseppe<br />

Maddaloni, detto Pino, inizia<br />

ad appassionarsi a questo<br />

sport già all’età di due<br />

anni, sotto la guida del padre<br />

Giovanni che ancora oggi lo<br />

segue nella preparazione a-<br />

tletica e nelle gare. Il primo<br />

successo arriva ai Giochi<br />

della gioventù del 1988 e per<br />

nove anni consecutivi, partendo<br />

dagli esordienti e arrivando<br />

fino agli juniores, è<br />

imbattuto nelle categorie<br />

giovanili, conquistando per<br />

ben 13 volte il titolo di Campione<br />

d'Italia. Il suo palmares<br />

è ricco di vittorie. Dall’oro<br />

vinto alle Olimpiadi di<br />

Sidney del 2000 all’argento<br />

<strong>dei</strong> Campionati Europei del<br />

2006 a Tampere.<br />

“Tatanka” scatenato<br />

Pluri iridato, Clemente<br />

Russo è stato il portabandiera<br />

della nazionale<br />

olimpica italiana nella<br />

cerimonia di chiusura<br />

delle Olimpiadi del 24<br />

agosto 2008. Il suo soprannome<br />

è Tatanka (bisonte)<br />

e deriva dal suo<br />

stile di combattimento<br />

Più forte anche del destino<br />

Nel 2004 Pino Maddaloni<br />

subisce un infortunio<br />

al ginocchio che gli<br />

costa uno stop di un anno.<br />

Nel 2005 si riscatta<br />

dal lungo periodo di i-<br />

nattività aggiudicandosi<br />

la medaglia d'oro ai Giochi<br />

del Mediterraneo ad<br />

Almeria.<br />

GLI EMIGRANTI DELLO SPORT: AGOSTINO GAROFALO (12<br />

Da Torre è arrivato al Toro<br />

«<strong>La</strong> mia scommessa è la promozione con una società di tradizione storica»<br />

Pochissimi<br />

gettoni<br />

in Serie A<br />

Agostino Garofalo è nato<br />

a Torre Annunziata il<br />

29 settembre 1984. Terzino<br />

sinistro, ha iniziato<br />

a Terzigno, poi Salernitana,<br />

Nocerina, Grosseto<br />

e Siena, e da gennaio<br />

è al Torino. Conta<br />

appena 3 presenze in A.<br />

Garofalo è sposato con<br />

Raffaella, da cui ha avuto<br />

Stefano, di tre anni, e<br />

Chiara, che ha 7 mesi. Il<br />

suo hobby è il Subbuteo:<br />

«Avversario difficile<br />

per me era Gigi<br />

Consonni, a cui dicevo<br />

“Dovresti giocare con<br />

le dita, non con i piedi”»,<br />

così dice. (o.s.)<br />

ORLANDO SAVARESE<br />

Agostino Garofalo, perché lasciare<br />

la Campania per tentare un’avventura<br />

importante nel calcio?<br />

E’ stata una scelta fatta perché c’era<br />

la possibilità di andare al Grosseto: lì<br />

avrei potuto giocare titolare.<br />

Cos’ha avuto di speciale l’esperienza<br />

di quattro anni a Grosseto?<br />

Ero quasi ventunenne, e in Maremma<br />

mi sono formato come uomo<br />

e calciatore. Lì ho vinto un campionato<br />

di C1, e sono stato anche<br />

bene. Appena ho un po’ di tempo<br />

libero, torno volentieri a Grosseto.<br />

Non più tardi di otto mesi fa è arrivato<br />

il Siena, che ricordo ha del<br />

debutto in massima serie?<br />

Un ricordo bellissimo, perché da<br />

piccolissimo sognavo di giocare<br />

qualche minuto in A. Ho debuttato<br />

con il Livorno in un derby, poi ho<br />

giocato contro Bologna e Milan, ma<br />

purtroppo a gennaio sono partito.<br />

Quindi, rammarico per non aver<br />

proseguito l’esperienza a Siena?<br />

A sinistra<br />

Agostino Garofalo<br />

in azione contro<br />

l’Albinoleffe:<br />

a Bergamo<br />

il suo Torino<br />

si è imposto 0-1<br />

Sì, perché non ho avuto quasi mai<br />

l’opportunità di mettermi in mostra.<br />

Non so spiegarmelo, ma ora gioco a<br />

Torino, e ne sono contento.<br />

Il fatto che il Torino abbia fatto<br />

molti cambiamenti dopo un brutto<br />

girone d’andata, è sintomatico<br />

del rinnovo delle ambizioni?<br />

Certo, Torino è una piazza importantissima,<br />

che ha una visibilità<br />

enorme. Il Torino è seguito in tutta<br />

Italia, anche dai giornali più importanti,<br />

quindi è un’eccellente opportunità<br />

che la società mi ha dato.<br />

<strong>La</strong> Salernitana Sport, dove aveva<br />

giocato, fallì nel 2005. In caso<br />

contrario, cosa sarebbe successo?<br />

Non fosse fallita la società, sarei rimasto<br />

a lungo a Salerno.<br />

Perché, secondo lei, non l’ha chiamata<br />

nessuna società campana?<br />

In verità mi ha cercato la Salernitana<br />

di Lombardi, ma la trattativa si è<br />

arenata. Sarei tornato a Salerno, ma<br />

quando ti chiama il Torino hai la<br />

possibilità di entrare nella storia del<br />

calcio. Tornare in A è una scommessa<br />

che vorrei vincere.<br />

Non fosse diventato calciatore,<br />

cosa avrebbe fatto?<br />

Mi sarebbe piaciuto fare l’astronauta.<br />

Non so se ci sarei riuscito, perché<br />

ora sono diventato calciatore,<br />

ma spero di volare più in alto possibile<br />

con il Torino<br />

Tornerebbe in Campania a giocare?<br />

Certamente. Ho ancora venticinque<br />

anni e posso dare molto a questo<br />

calcio. Una decisione del genere<br />

potrei prenderla più a fine carriera,<br />

ma non si può mai dire: se a<br />

fine stagione mi chiamasse il Napoli,<br />

tornerei di corsa.

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