La rivolta dei senza niente
Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno<br />
Direttore Biagio Agnes<br />
Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno<br />
tel. 089.969437 - fax 089.969618 - email: giornalismo@unisa.it<br />
Sped. Abb. Post. - 70% -<br />
CNS/CBPA Sud/Salerno<br />
Anno V n. 32 € 0,50 Domenica 7 marzo 2010<br />
L’analisi<br />
Salerno<br />
Avvocato nell’Albo d’onore<br />
EDITORIALE<br />
Domande<br />
<strong>senza</strong><br />
risposte<br />
VANNI RONSISVALLE<br />
Uno tsunami di fango<br />
seppellisce, trascina<br />
al mare, cancella<br />
tanta parte del sud d’Italia.<br />
Di chi la colpa? <strong>dei</strong> Borbone.<br />
Anche se sono passati 150<br />
anni dall’Unità d’Italia. L’anno<br />
venturo, per essere esatti,<br />
il Grande Anniversario. Le<br />
idee ricevute, quelle di cui si<br />
nutrono pigri columnist <strong>dei</strong><br />
giornali, dediti al pittoresco<br />
della storia e (volendo) della<br />
sociologia, oltre a traghettare<br />
ingiustizie e stupidità<br />
come fossero testi evangelici<br />
si lasciano dietro danni<br />
devastanti.<br />
Il tempo passa e mette in<br />
chiaro la insussistenza <strong>dei</strong><br />
luoghi comuni; Milano non<br />
è più da quindici anni la<br />
capitale morale (e culturale)<br />
d’Italia, è una metropoli<br />
opaca, traversata dalla malavita,<br />
gli intrallazzi cementizi<br />
(vedi le cronache recenti)<br />
la fanno peggiore della<br />
Palermo di viale <strong>La</strong>zio degli<br />
Anni Cinquanta.<br />
Spicciamoci, il terremoto<br />
all’Aquila non capita tutti<br />
i giorni, si raccomandava<br />
un nordico palazzinaro<br />
del terzo millennio mentre<br />
i sopravvissuti scavavano<br />
le macerie in cerca<br />
<strong>dei</strong> loro cari.<br />
<strong>La</strong> cultura di oggi<br />
tra il gossip<br />
e la stregoneria<br />
GUIDO PANICO<br />
Pagina 3<br />
I sessant’anni<br />
della colonia<br />
diventata scuola<br />
FRANCESCO A. GRANA<br />
Pagina 9<br />
Di <strong>La</strong>uro racconta<br />
l’amore per Napoli<br />
e la professione<br />
GERMANA GRASSO<br />
Pagina 15<br />
Gli immigrati di tutta Italia incrociano le braccia contro il razzismo: sindacati alla finestra<br />
<strong>La</strong> <strong>rivolta</strong> <strong>dei</strong> <strong>senza</strong> <strong>niente</strong><br />
Il primo marzo in piazza per dire: «<strong>La</strong> società ha bisogno di noi»<br />
A rischio dodicimila dell’indotto<br />
<strong>La</strong> Fiat spegne i motori<br />
Campania in ginocchio<br />
Una giornata <strong>senza</strong> immigrati che hanno<br />
scelto il 1° marzo per fermarsi ventiquattro<br />
ore. Un’iniziativa partita dalla Francia<br />
e arrivata in Italia con Facebook e col<br />
passaparola. Niente lavoro, <strong>niente</strong> consumi,<br />
per lanciare un messaggio chiaro:<br />
«Non ci volete? Allora vi dimostriamo<br />
che <strong>senza</strong> di noi l’economia si ferma».<br />
Una protesta contro razzismo e discriminazioni,<br />
contro aggressioni ingiustificate<br />
e sgomberi forzati, perché nessun essere<br />
umano può essere considerato “illegale”,<br />
perché imparare a convivere è il passo<br />
necessario per una società migliore.<br />
Il parroco e il sindaco uniti per garantire il futuro della struttura<br />
Altavilla val bene un ospizio<br />
Cielo a portata di mano<br />
Astronomi,<br />
sognatori<br />
con la testa<br />
tra le stelle<br />
VALERIO ARRICHIELLO<br />
Pagina 6<br />
Paradosso ad Altavilla Irpina:<br />
due ospizi per anziani<br />
per pochi vecchietti e il<br />
parroco costretto a vendere<br />
al Comune la struttura<br />
religiosa che diventerà uffici<br />
mentre il sindaco ne<br />
inaugurerà un’altra realizzata<br />
con fondi regionali.<br />
Trekking in montagna sui binari<br />
Tutti in carrozza<br />
con i treni del Cai<br />
Ma qualcuno scende nelle grotte<br />
ACERRA eTROTTA<br />
Pagina 18<br />
Il Club alpino<br />
sta spopolando:<br />
iscrizioni al top<br />
nella Regione<br />
Social games<br />
Imprenditori<br />
virtuali<br />
studiano<br />
su Facebook<br />
Pagina 5 (continua)<br />
DANIELE DE SOMMA, SANTO IANNÒ E SABINO RUSSO<br />
Pagine 12 e 13<br />
BORRELLI eVELLA<br />
Pagina 11<br />
LUCIANA BARTOLINI<br />
Pagina 17<br />
RAFFAELE PELLEGRINO<br />
Pagina 10<br />
Con i ragazzini in campo la Martos sfregia la pallacanestro<br />
Basket privato, figuraccia pubblica<br />
Comicità<br />
Made in Sud<br />
tenta<br />
il Tunnel<br />
a Zelig<br />
ARRICHIELLO<br />
e BORRELI pagina 19<br />
No sponsor, no basket: il<br />
presidente Papalia, alle prese<br />
con una difficile situazione<br />
economica, decide di<br />
mandare in campo i giovani<br />
dell’Under 19 e la Martos<br />
Napoli riscrive tutti i record<br />
negativi del basket italiano.<br />
Vicenda vergognosa.<br />
CARDONE eIANNACCONE<br />
Pagina 22<br />
Vintage<br />
<strong>La</strong> nuova<br />
moda<br />
arriva<br />
dal passato<br />
PADULANO eVALLI<br />
Pagina 8<br />
LA VIGNETTA di Veronica Valli<br />
IL PUGNO<br />
Alberi e case hanno imparato a<br />
camminare grazie a chi ha fatto<br />
dell’incuria la sua filosofia di vita.<br />
Lo sanno bene a Maierato (Calabria)<br />
e a Giampilieri (Sicilia), lì dove<br />
nemmeno le radici più forti hanno<br />
resistito al disastro idrogeologico.<br />
L’unica cosa che resiste è la politica<br />
del vizio: in questo l’uomo batte<br />
di gran lunga la natura. Nessun<br />
alibi e nessuna attenuante va concessa<br />
a chi costruisce sull’aria e sul<br />
fango, potente o stupido che sia.<br />
Loredana Zarrella
2 Domenica 7 marzo 2010 News CAMPUS<br />
L’Unione europea finanzia oltre centocinquanta progetti di formazione<br />
Cultura al di là delle Alpi<br />
Dagli anni Settanta politiche di sostegno per i giovani<br />
unisa news<br />
STELLA COLUCCI<br />
L’Unione europea come<br />
motore della sinergia tra i<br />
singoli Stati che la compongono.<br />
Le politiche di sostegno<br />
avallate dal Consiglio<br />
d’Europa e dalla<br />
Commissione permettono<br />
ai giovani di viaggiare all’interno<br />
dell’area Schengen, di<br />
conoscere storia e tradizioni<br />
<strong>dei</strong> cugini europei, ma<br />
anche di entrare in un’ottica<br />
del lavoro meno locale e più<br />
internazionale. Come esempio<br />
potremmo prendere<br />
due progetti ideati dalla Ue:<br />
Intercettazioni:<br />
Ingroia ospite<br />
Le intercettazioni telefoniche tra tutela<br />
della privacy e diritto dell’informazione è il<br />
tema del convegno che si terrà alle 10 del 9<br />
marzo all’aula Cilento dell’Università.<br />
Ai saluti del Rettore Raimondo Pasquino<br />
seguirà l’introduzione <strong>dei</strong> lavori del professore<br />
Emilio D’Agostino, presidente del<br />
comitato direttivo della scuola di giornalismo.<br />
Interverrano alla tavola rotonda il<br />
professore Luigi Kalb, ordinario di procedura<br />
penale, il consigliere Antonino<br />
“programma gioventù” e<br />
“Leonardo”. Entrambi sono<br />
rivolti ai giovani. Il primo è<br />
dedicato ai ragazzi che<br />
hanno compiuto il quindicesimo<br />
anno di età e non<br />
superato il venticinquesimo.<br />
L’altro offre una possibilità<br />
di formazione professionale<br />
in ambito comunitario per<br />
tutti quelli che non hanno<br />
più di trentacinque anni. Il<br />
programma “gioventù per<br />
l’Europa” è nato alla fine<br />
degli anni Ottanta, quando<br />
il crollo del comunismo<br />
nell’Europa centrale ed<br />
<strong>La</strong> scheda<br />
Alla voce bilancio l’Unione<br />
europea ha iscritto<br />
un finanziamento di<br />
circa sette miliardi di<br />
euro. <strong>La</strong> somma farà<br />
riferimento al periodo<br />
2007-2013, a favore dell’apprendimento<br />
permanente<br />
attraverso i<br />
progetti di mobilitazione<br />
trasnazionale che<br />
sono rivolti ai lavoratori<br />
e agli studenti universitari<br />
e di tutte le scuole.<br />
Ingroia, procuratore aggiunto al tribunale<br />
di di Palermo e il professore Salvatore Sica,<br />
ordinario di sistemi giuridici comparati.<br />
Modererà il dibattito il giornalista Marco<br />
De Marco, direttore del Corriere del<br />
Mezzogiorno.<br />
L’incontro, vista l’attualità dell’argomento<br />
“intercettazioni” sul quale ci sono alcune<br />
proposte del governo che puntano alla<br />
modifica della normativa, è stato organizzato<br />
dal dipartimento di scienze della<br />
comunicazione, dalla scuola di giornalismo,<br />
dalla cattedra di procedura penale e<br />
dalla facoltà di giurisprudenza dell’Università<br />
di Salerno.<br />
Unimelody: musica<br />
degli studenti<br />
orientale determinò un avvicinamento<br />
<strong>dei</strong> cittadini<br />
europei, si è sviluppato negli<br />
anni Novanta e a partire dal<br />
Duemila è diventato un corollario<br />
del “programma<br />
gioventù” insieme ad altre<br />
azioni come il volontariato<br />
in ambito comunitario.<br />
“Gioventù per l’Europa” permette<br />
ai giovani degli Stati<br />
membri di condividere brevi<br />
periodi sperimentando una<br />
serie di attività che hanno<br />
come obiettivo: la costruzione<br />
di uno spazio educativo<br />
europeo. <strong>La</strong> Commissione è<br />
L’aria che tira:<br />
incontro con Zavoli<br />
Il senatore Sergio Zavoli, presidente della commissione<br />
parlamentare di vigilanza Rai, sarà ospite lunedì 8 marzo<br />
alle 11 all’aula <strong>dei</strong> consigli di facoltà dell’Università di un<br />
incontro organizzato dalla scuola di giornalismo dal titolo<br />
“Aria che tira”.<br />
L’incontro con Zavoli, già presidente della Rai e direttore<br />
de “Il Mattino” di Napoli, sarà il momento per fare il punto<br />
sull’odierno giornalismo italiano e sull’influenza che la<br />
comunicazione ha nell’ambito politico nazionale. Un<br />
incontro che sarà anche una lezione metodologica su come<br />
si fa informazione da parte di chi ha inventato programmi<br />
televisivi diventati storici.<br />
Senato accademico<br />
rinnovo cariche<br />
responsabile della gestione<br />
del programma, il quale<br />
viene ampiamente decentralizzato<br />
tramite agenzie<br />
nazionali ubicate in trentuno<br />
paesi europei. Se con il<br />
primo l’Unione ha cercato<br />
di avvicinare le diverse culture<br />
nazionali per dare<br />
all’Europa la possibilità di<br />
creare una cultura europea,<br />
ma allo stesso tempo piena<br />
<strong>dei</strong> valori e delle tradizioni<br />
di tutti gli Stati che la rappresentano,<br />
con il “Leonardo”<br />
l’Unione europea ha<br />
voluto contribuire a quello<br />
che sta alla base del suo statuto:<br />
il libero scambio di<br />
merci e persone. È per questo<br />
che offre borse di studio<br />
e periodi di stage, nelle<br />
aziende degli Stati membri,<br />
per giovani universitari, lavoratori,<br />
persone in cerca di<br />
lavoro e neolaureati che<br />
hanno voglia di mettersi in<br />
gioco nel mondo del lavoro.<br />
È a partire dagli anni Settanta<br />
che i giovani, non sono<br />
più visti solo con il ruolo<br />
di studenti o lavoratori, ma<br />
come soggetti di un processo<br />
più ampio: quello che<br />
avrebbe contribuito alla formazione<br />
della società. I giovani<br />
diventarono, così, i<br />
destinatari di specifici interventi<br />
e iniziative volte a pro-<br />
muovere e valorizzare il loro<br />
apporto nella società contemporanea.<br />
Attualmente<br />
sono circa 150 i programmi<br />
europei che, direttamente o<br />
indirettamente riguardano i<br />
giovani. Formazione professionale<br />
e culturale saranno<br />
gli strumenti che porteranno<br />
gli europei alla<br />
costruzione di quella Europa<br />
unita, sognata e teorizzata<br />
da oltre mezzo secolo.<br />
Per fare l’Europa non<br />
serve solo l’euro.<br />
Direttore<br />
Biagio Agnes<br />
Direttore Responsabile<br />
Giuseppe Blasi<br />
Coordinamento<br />
Mimmo Liguoro<br />
Marco Pellegrini<br />
Redazione<br />
Sonia Acerra, Valerio Arrichiello,<br />
Josè Astarita, Luciana<br />
Bartolini Francesco Maria<br />
Borrelli, Maria Emila Cobucci,<br />
Stella Colucci, Daniele De<br />
Somma, Chiara Del Gaudio,<br />
Claudia Esposito, Pierluigi<br />
Giordano Cardone, Francesco<br />
Antonio Grana, Germana<br />
Grasso, Giovanni Iannaccone,<br />
Santo Iannò, Francesco Padulano,<br />
Raffaele Pellegrino, Sabino<br />
Russo, Roberta Salzano,<br />
Orlando Savarese, Giovanni<br />
Sperandeo, Barbara Trotta,<br />
Veronica Valli, Cristiano Vella,<br />
Loredana Zarrella<br />
Le Firme<br />
Giulio Anselmi, Antonio Caprarica,<br />
Ferruccio De Bortoli,<br />
Tullio De Mauro, Aldo Falivena,<br />
Antonio Ghirelli,<br />
Gianni Letta, Arrigo Levi,<br />
Pierluigi Magnaschi, Renato<br />
Mannheimer, Ezio Mauro,<br />
Raffaele Nigro, Mario Pendinelli,<br />
Arrigo Petacco Vanni<br />
Ronsisvalle, Mario Trufelli,<br />
Walter Veltroni, Sergio Zavoli<br />
Prevenzione dentale<br />
in ambulatorio<br />
E’ in corso al poliambulatorio universitario<br />
dell'ASL Salerno il programma per la diagnosi<br />
precoce delle patologie del cavo<br />
orale.<br />
E’ prevista un'accurata visita odontoiatrica<br />
finalizzata all'identificazione di eventuali<br />
Unimelody è un concorso musicale organizzato<br />
dall’associazione studentesca<br />
Archimede. Musica e università insieme<br />
per dare risalto alle band degli studenti.<br />
Le iscrizioni scadono il 10 marzo. Sul sito<br />
www.unimelody.it le modalità di partecipazion<br />
al concorso che è organizzato come<br />
un tour musicale. <strong>La</strong> finale del festival si<br />
terrà nella tappa che toccherà l’Università a<br />
piazza del Sapere, dove a partecipare saranno<br />
le band più votate dal pubblico e<br />
dalla giuria tecnica.<br />
malattie e alla promozione della salute<br />
orale. Personale e studenti possono prendere<br />
parte al programma prenotandosi al<br />
call center dell'ASL Salerno dal lunedì al<br />
venerdì (089 255400).<br />
Visto l’enorme successo che sta avendo la<br />
campagna di prevenzione in ambito universitario<br />
con le numerose prenotazioni<br />
ricevute, il termine di chiusura del programma<br />
è stato prorogato.<br />
Il 17 e 18 marzo si voterà per il rinnovo <strong>dei</strong> rappresentanti<br />
delle facoltà scientifiche in seno al Senato accademico<br />
dell’Università. Nove i posti disponibili nell’organo di<br />
gestione dell’Ateneo cui possono candidarsi sia professori<br />
che ricercatori. Tre i rappresentanti della I aggregazione<br />
Cun, quella che raggruppa come area disciplinare le facoltà<br />
di scienze matematiche e informatiche, scienze fisiche,<br />
scienze chimiche, scienze delle terra, scienze biologiche,<br />
scienze mediche, scienze agrarie e veterinarie. Due rappresentati<br />
a testa per le ulteriori tre aggregazioni Cun che partecipano<br />
all’elezione così suddivisi per facoltà: ingegneria<br />
civile, architettura, ingegneria industriale e dell’informazione<br />
(II); scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche<br />
con scienze storiche, filosofiche, pedagogiche<br />
e psicologiche (III); scienze giuridiche, scienze politiche<br />
e sociali e scienze economche e statistiche (IV). Le elezioni<br />
si terranno nei giorni prestabiliti dalle ore 9 alle 17<br />
presso il secondo piano del rettorato.<br />
A cura di<br />
GIOVANNI SPERANDEO<br />
UNIVERSITA<br />
DEGLI STUDI<br />
DI SALERNO<br />
Prof. Raimondo Pasquino<br />
Rettore dell'Università<br />
Prof. Annibale Elia<br />
Direttore del Dipartimento<br />
di Scienze della Comunicazione<br />
Prof. Emilio D'Agostino<br />
Presidente del Comitato Direttivo<br />
della Scuola di Giornalismo<br />
Prof.ssa Maria Galante<br />
Preside della Facoltà<br />
di Lettere e Filosofia<br />
Autorizzazione del Tribunale di Salerno<br />
e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007<br />
Arti Grafiche Boccia di Salerno<br />
telefono: 089 30 3311<br />
Distribuzione alle edicole<br />
Agenzia Pasquale Pollio e C. SNC<br />
Via Terre delle Risaie, Salerno<br />
fax: 089 3061877<br />
‘
Giornalismo, pacchianeria e stregoneria<br />
TERZA PAGINA Domenica 7 marzo 2010<br />
3<br />
<strong>La</strong> stregoneria, termine coniato<br />
nel secolo XVIII, indica<br />
l'insieme di pratiche magiche<br />
e di rituali, spesso a carattere<br />
simbolico, che si distingue<br />
dalla religione in quanto si<br />
riferisce a forze occulte che<br />
l'officiante (stregone) cerca di<br />
dominare e di utilizzare per i<br />
propri fini. Il termine è spesso<br />
usato in senso figurato per<br />
indicare un'azione che appare<br />
prodigiosa, ma di cui si è portati<br />
a diffidare, ad esempio "le<br />
stregonerie della chimica".<br />
Luigi XIV<br />
Sciamani vinti dalla storia<br />
Il grande storico Lucien<br />
Febvre sosteneva che per<br />
fare storia occorresse complicare<br />
le cose semplici.<br />
Affermazione che oggi, più che<br />
mai, contrasta con il senso<br />
comune e con la voglia diffusa<br />
di semplificazione. In realtà<br />
nelle faccende umane di riducibile<br />
a spiegazioni semplici<br />
non c’è <strong>niente</strong>. Ciò vale per la<br />
storia, come per qualsiasi<br />
scienza umana e per tutte le<br />
arti.<br />
Soprattutto se il campo<br />
degli interessi si estende<br />
oltre l’osservazione della<br />
realtà politica e culturale,<br />
intendendo quest’ultima<br />
parola nel senso più ristretto e<br />
tradizionale di sapere intellettuale.<br />
Marc Bloch, il fondatore<br />
con lo stesso Febvre ,nel 1929,<br />
della rivista storica “Annales”, in<br />
un celebre passo della sua ultima<br />
opera, “L’apologia della<br />
storia”, paragonava lo storico<br />
all’orco delle favole, quello che<br />
corre ovunque senta “odore di<br />
cristianucci”. Nelle corti o nelle<br />
accademie, come nelle case più<br />
umili. A sollecitarlo non era<br />
alcuna forma di compiacenza<br />
populistica.<br />
Tra le altre sue opere va<br />
ricordata una formidabile<br />
ricostruzione delle<br />
forme del potere e <strong>dei</strong> rapporti<br />
con i sudditi <strong>dei</strong> re di Francia<br />
attraverso una radicata credenza<br />
popolare. Era convinzione<br />
comune che i re, dalle<br />
dinastie medievali fino addirittura<br />
a Luigi XIV, imponendo le<br />
Tutti<br />
siamo<br />
condizionati<br />
dal senso<br />
comune<br />
che è<br />
parte<br />
integrante<br />
della vita<br />
degli uomini<br />
mani sulla testa guarissero i<br />
contadini dalla scrofolosi.<br />
Quella superstizione fu<br />
presa molto sul serio<br />
da Bloch, il quale in<br />
questo modo aggiunse complessità<br />
al sapere storico.<br />
Beninteso, lo storico francese,<br />
così curioso di conoscere ogni<br />
aspetto della società e della<br />
cultura, non credeva certo alla<br />
capacità taumaturghe <strong>dei</strong> re,<br />
come di chiunque altro. Come<br />
non credono – almeno spero -<br />
alle capacità degli sciamani gli<br />
antropologi, che pure da un<br />
secolo e mezzo si industriano a<br />
capire le culture tradizionali e,<br />
spesso, lontanissime da quella<br />
occidentale.<br />
Chiedo pazienza per<br />
questo incipit, apparentemente<br />
estraneo a<br />
quanto voglio sostenere in<br />
questa pagina polemica<br />
verso l’ideologia del senso<br />
comune, oggi dominante.<br />
Nella mia attività, artigianale,<br />
di ricercatore di storia<br />
(gli storici sono un’altra<br />
cosa) sono stato sempre<br />
incuriosito da ciò che scorre<br />
nel sottosuolo, ho sempre<br />
provato a seguire i consigli<br />
di quegli storici, veri, che fin<br />
dall’inizio del Novecento<br />
hanno invitato a rovistare<br />
nelle pattumiere e a prendere<br />
nella massima considerazione<br />
anche gli aspetti più<br />
bassi e, perfino, triviali della<br />
società e della cultura.<br />
I<br />
l<br />
senso comune, da cui tutti<br />
siamo, almeno in parte,<br />
condizionati, è, come l’irrazionale,<br />
parte integrante della<br />
vita degli uomini e, perciò,<br />
degno dell’ osservazione culturale.<br />
Esiste un senso comune<br />
anche nel campo estetico, definibile<br />
pacchianeria, ben raccontato<br />
dalle cronache <strong>dei</strong><br />
giornali di gossip, un genere di<br />
successo, oltre che dalla televisione.<br />
A<br />
chi<br />
gli rimprovera il<br />
cattivo gusto <strong>dei</strong> suoi<br />
giornali il cortigiano<br />
addetto al gossip, Alfonso<br />
Signorini, chiede chi è che stabilisce<br />
il buon gusto. Nel clima<br />
del relativismo da bar televisivo,<br />
in cui viviamo immersi, ogni<br />
gerarchia estetica è intesa come<br />
snobismo. Prevale, spesso<br />
anche nei discorsi di alcuni<br />
giornali, l’idea che il numero sia<br />
tutto, che la cosiddetta opinione<br />
pubblica sia giudice<br />
di ogni cosa.<br />
Sembra tramontato il<br />
dovere degli intellettuali di<br />
giudicare, oltre il senso<br />
comune e <strong>senza</strong> remore verso<br />
ciò che pensa il popolo. Il senso<br />
comune, per dirla con Pierre<br />
Bourdieu, sono le evidenze<br />
immediate e spesso illusorie,<br />
che talvolta spingono ad accogliere<br />
come plausibili cose e<br />
idee prive di fondamento<br />
razionale e di decoro estetico,<br />
che nella tarda età della televisione<br />
hanno il conforto della<br />
maggioranza: del celebrato<br />
popolo, la cui voce, per fortuna,<br />
non è vox Dei. Al più del pregiudizio<br />
mediatico. In altra<br />
epoca, fino a quando la verace<br />
democrazia si impose, sia pure<br />
per breve tempo, la voce del<br />
popolo, con i suoi pregiudizi e<br />
le sue superstizioni, è stata<br />
qualche volta la voce di un<br />
potere prove<strong>niente</strong> direttamente<br />
da Dio.<br />
Chi, fin dal tardo<br />
Medioevo, mostrava di<br />
non credere nella natura<br />
divina del potere, prima che<br />
dai tribunali dell’inquisizione,<br />
che, tra l’altro, vennero più<br />
tardi, fu spesso contestato dal<br />
popolo. Il quale aveva ragione:<br />
certe idee bizzarre erano in<br />
contrasto con il senso comune.<br />
Faccio, ora, un altro salto,<br />
ritornando bruscamente<br />
all’attualità, alla religione animistica<br />
<strong>dei</strong> sondaggi e del voto<br />
popolare ovvero al trionfo del<br />
senso comune e alla sconfitta<br />
pubblica della ragione e<br />
del senso estetico. Un contributo<br />
a questa sconfitta lo<br />
hanno dato tanti intellettuali<br />
che assomigliano all’antropologo<br />
così affascinato<br />
dalla magia da crederci egli<br />
stesso.<br />
Prendiamo il caso più<br />
recente di barbarie<br />
mediatica: il festival di<br />
Sanremo. Confesso a Carmen<br />
Consoli, deliziosa e raffinata<br />
cantautrice, se mai dovesse<br />
leggere questa pagina, il mio<br />
peccato di intellettuale pallido e<br />
snob: non vedo Sanremo. Le<br />
immagini e le parole a cui mi<br />
riferisco le ho viste e sentite nei<br />
telegiornali e in “Blob”. Non<br />
sono uno studioso della comunicazione,<br />
ho, perciò, la fortuna<br />
di non avere interesse<br />
Nel clima<br />
di relativismo<br />
da bar<br />
televisivo<br />
ogni<br />
gerarchia<br />
estetica<br />
è intesa<br />
come<br />
snobismo<br />
professionale ad osservare<br />
questo importante evento.<br />
<strong>La</strong> Consoli ha ragione nel<br />
dire che Sanremo mette<br />
in scena l’Italia o, almeno,<br />
aggiungo, la sua parte più stupida<br />
e volgare. Ma non può<br />
rimproverare, come ha fatto,<br />
chi non accetta il dominante<br />
conformismo della cultura di<br />
massa. Ho sentito <strong>dei</strong> membri<br />
dell’orchestra che si sono ribellati<br />
al consenso popolare di<br />
una canzonetta, un’accozzaglia<br />
di note riempite da parole<br />
sceme, interpretata dall’ultimo<br />
Savoia, quello <strong>dei</strong> cetrioli.<br />
H<br />
o<br />
ascoltato gente laureata<br />
dissertare su<br />
quella enorme festa<br />
paesana, come fosse “Umbria<br />
jazz”, lamentandosi, alla fine del<br />
voto al principino. Che volete?<br />
Nella democrazia autoritaria a<br />
cui pochi tentano di opporsi<br />
seriamente, quasi vergognandosi<br />
del loro spirito illuministico,<br />
il voto della ggente decide.<br />
Q<br />
ualcuno pensa di affidare<br />
ad esso perfino<br />
la scelta <strong>dei</strong> magistrati.<br />
Se tra 300 anni ci sarà<br />
chi studierà la storia, assai<br />
probabilmente seguirà, con<br />
rigore, tutta la lunghissima<br />
vicenda di Sanremo e di tante<br />
altre manifestazioni della cultura<br />
di massa. Spero che non<br />
dimentichi Marc Bloch, il<br />
quale studiava i re taumaturghi,<br />
ma non per questo era<br />
superstizioso.
4 Domenica<br />
7 marzo 2010<br />
g.s.
Se proviamo a ragionare: le autostrade<br />
che hanno reso impermeabile<br />
alla pioggia un terzo della<br />
superficie dello Stivale (all’origine di<br />
disastri alluvionali) hanno favorito o no<br />
lo sviluppo dell’industria torinese dell’automobile?<br />
Quella industria che<br />
chiude Termini Imerese, fa vivere giorni<br />
d’angoscia ai lavoratori di Pomigliano<br />
d’Arco?<br />
Pensate se i Borbone avessero realizzato<br />
il Ponte di Messina. Se ne<br />
parla dai tempi di Annibale che voleva<br />
farvi passare i suoi elefanti e di<br />
un ingegnere tedesco che nel 1848<br />
presentò un progetto persuasivo.<br />
Se l’idea di oggi è quella di costruire<br />
quel ponte sullo Stretto (di sicure<br />
potenzialità criminogene in territori<br />
di mafia e ‘ndrangheta, oltre<br />
al disastro ambientale) come megamonumento<br />
a perenne memoria<br />
di un dinamico imprenditore milanese<br />
riuscito in politica, i Borbone<br />
allora quell’idea la snobbarono; che<br />
fossero insensibili al progresso<br />
della comunicazione è escluso; firmarono<br />
la prima ferrovia d’Italia.<br />
Avevano già costruito per la gloria<br />
la reggia di Caserta che sarà stata<br />
casa loro ma oggi è un monumento<br />
dell’Umanità sotto lo scudo<br />
dell’Unesco. Meglio l’Impregilo,<br />
impresa del nord o Vanvitelli?<br />
Il 19 maggio del 1770 il viaggiatore<br />
inglese Patrick Brydone sbarcò a<br />
Messina con il postale prove<strong>niente</strong><br />
da Napoli. Il Gran Tour non si era<br />
ancora spinto sino alla Sicilia;<br />
infatti si trattava del viaggio di erudizione<br />
del giovane lord Fullarton<br />
di cui Brydone, uno degli spiriti<br />
più inclini ad assimilare il Sud<br />
d’Italia metaforico e reale alla cultura<br />
europea, era il precettore.<br />
Cento anni prima di Sonnino e<br />
Franchetti (gli inventori di quel<br />
festival cartaceo delle incomprensioni<br />
sociali ed antropologiche che<br />
è giunto fino a noi come <strong>La</strong><br />
Questione Meridionale) Brydone<br />
percepì quel curioso divario tra<br />
spirito di impresa e fatalismo rassegnato<br />
al peggio che caratterizzerebbe<br />
tuttora lo sviluppo del meridione<br />
d’Italia. Ma l’analisi che tornato<br />
in patria consegnò ad un<br />
libro, A tour trough Sicily and<br />
Malta. In Letters of P. Brydone ,<br />
F.R.S. è tutt’altro che pessimistica.<br />
“…Le falde <strong>dei</strong> monti sono fittamente<br />
coltivate: il frumento, la<br />
vite, l’olivo, il gelso sono commisti<br />
insieme in una grande abbondanza…Nelle<br />
forre dell’Etna si trovano<br />
in grande quantità alberi che producono<br />
pepe e cannella spezie così<br />
ben lavorate che in forma di merci<br />
pregiate vengono esportate in tutta<br />
Europa. Paese bello ed operoso,<br />
con un industre futuro.”<br />
Infatti nel 1925, l’esportazione<br />
delle sole arance della Sicilia (coltura<br />
esente da qualsiasi sovvenzione<br />
da parte dello Stato) avrebbe<br />
reso esattamente il doppio del ricavato<br />
dall’esportazione delle automobili.<br />
Il viaggiatore inglese era giunto a<br />
queste opinioni così favorevoli alle<br />
potenzialità di quella parte di Meridione<br />
d’Italia, venendo giù dalla<br />
cima dell’Etna alla ubertosa plaga<br />
degli aranceti e <strong>dei</strong> limoneti della<br />
costa, passando per Zafferana. Ossia<br />
prima ancora di acquisire dati<br />
sulle tonnare della costa punica o<br />
di quella orientale, da Trapani a<br />
Siracusa, sulle miniere d’oro, d’argento,<br />
di allume, di pirite, delle scisti<br />
di asfalto che centocinquanta<br />
anni dopo avrebbero denunciato la<br />
pre<strong>senza</strong> di petrolio nel Ragusano,<br />
schi con nuances cromatiche come<br />
opere d’arte, di tappezzerie raffinate<br />
e di sete lavorate a pelle d’angelo<br />
sovrani e cortigiani, i ricchi, gli elegantoni,<br />
le dame preciouses e i<br />
primi astri della borghesia emergente<br />
in Europa. Dalla Russia degli<br />
zar e persino dalle Colonie d’Africa<br />
e d’America giungevano ordinazioni.<br />
Gli operai, la gente ai telai ci<br />
metteva il lavoro, l’abilità manuale<br />
e tecnica; la monarchia i soldi per<br />
comprare la materia prima, quanto<br />
occorreva in tinte e strumenti, a<br />
EDITORIALE Domenica 7 marzo 2010<br />
Da Brydone a Croce passando per i Borbone: una storia che continua ancora<br />
(continua dalla prima pagina)<br />
VANNI RONSISVALLE<br />
<strong>La</strong> ricchezzadel Sud:<br />
domande<br />
<strong>senza</strong> risposta<br />
Saraceno: «Trovare chi guida i meridionali<br />
a realizzare tutto quello di cui sono capaci»<br />
Seterie<br />
di San Leucio<br />
a Caserta Vecchia:<br />
un antico telaio<br />
in legno<br />
utilizzato<br />
per realizzare<br />
prodotti tessili<br />
di alta qualità<br />
esportati<br />
in tutto il mondo<br />
Le industrie<br />
arrivano<br />
dal Nord<br />
come<br />
se andassero<br />
in una colonia<br />
sopperire ad ogni necessità di quel<br />
piccolo mondo industriale. I guadagni,<br />
il profitto come si sarebbe<br />
didascalizzato da lì a poco dai<br />
grandi economisti contemporanei,<br />
ripartiti metà e metà, fifty-fifty.<br />
Comunismo non dissimile, ma con<br />
altri protagonisti, del genere che i<br />
gesuiti andavano sperimentando<br />
nelle missioni in Guatemala.<br />
Forme di eccellenza economicosociale<br />
che con quei debutti avrebbero<br />
fatto prevedere un destino<br />
tutt’altro che miserabile. Invece<br />
Una fabbrica<br />
abbandonata:<br />
il segnale<br />
<strong>dei</strong> numerosi<br />
investimenti<br />
sbagliati<br />
da parte<br />
di imprenditori<br />
<strong>senza</strong> scrupoli<br />
venuti<br />
dal Nord<br />
delle zolfare di Floristella. A Napoli<br />
nel frattempo i tanto chiacchierati<br />
infingardi Borbone, da cui il neologismo<br />
borbonico per significare<br />
arretratezza, trucidità politica,<br />
rozzezza culturale, inventavano –<br />
tanto per cominciare - ossia all’inizio<br />
di un elenco di altri primati<br />
futuribili – inventavano quell’esperimento<br />
di comunismo industriale<br />
della Fabbrica di San Leucio, nel<br />
Casertano.<br />
A due passi dalla Reggia si rifornivano<br />
di tessuti pregiati, di damaecco<br />
gli analisti di ieri e di oggi<br />
identificare i veri agenti patogeni:<br />
astenia sociale, mutilazione del<br />
senso dello Stato (se mai vi fosse<br />
stato). Pasquale Saraceno, avveduto<br />
economista si vantava di parafrasare<br />
Waldo Emerson così: si può<br />
affermare che quanto occorre ai<br />
meridionali è trovare chi li guidi a<br />
fare quello di cui sono capaci. Sottintendendo<br />
i politici, i sovrani, i<br />
capipopolo, i Beati Paoli, la mafia,<br />
la ‘ndrangheta, la camorra, la sacra<br />
corona unita?<br />
A cosa imputare fallimenti e rare<br />
forme di prosperità dinamica? Le<br />
industrie vengono dal Nord come<br />
in colonia; perché nel Meridione<br />
non si insegna a fare impresa, si<br />
asserisce. Le fabbriche fantasma,<br />
quei capannoni diruti e spettrali<br />
nel paesaggio, rigetto di innesti<br />
sbagliati in un tessuto alieno; i villaggi<br />
fantasma – mai abitati o subito<br />
abbandonati – lasciatisi dietro<br />
dalle Riforme Agrarie anch’esse<br />
una volta finanziate dai governi<br />
5<br />
nazionali; oggi è l’Europa ad investire<br />
nel Meridione con pagine<br />
nerissime di truffe e di scandali di<br />
cui sono protagoniste le industrie<br />
del Nord, mediante il trucco <strong>dei</strong><br />
subappalti a imprese locali a cui è<br />
affidato il lavoro sporco. Una volta<br />
fu chiesto a Gesualdo Bufalino, lo<br />
scrittore di Comiso, perché tutto<br />
questo? “E’ nel Dna della gente di<br />
qui.” Atavici sensi di colpa? Fine<br />
dell’ideologia, fine del patto tra letteratura<br />
e impegno politico? Il<br />
disincanto, dopo l’euforia degli<br />
Anni Cinquanta/Sessanta quando<br />
comincia? Con l’abbandono della<br />
Italsider di Taranto, con il tourbillon<br />
della Sir di Porto Torres con<br />
seimila operai il cui destino fu<br />
segnato da un processo fiume entrato<br />
nella storia della Prima Repubblica?<br />
Quale è il suo culmine?<br />
Con Pomigliano d’Arco, Termine<br />
Imerese, l’ Italtel, le fabbriche dell’alluminio<br />
nel Sulcis sardo? Tra le<br />
prime a chiudere le zolfare (che al<br />
tempo di Patrick Brydone furono<br />
motivo di scontri bellici ai margini<br />
di una guerra tra Nazioni come<br />
l’Inghilterra e la Francia). E Priolo?<br />
e la Pirelli di Francavilla? Una compensazione<br />
c’è; ma è tutta letteraria.<br />
Pensare che <strong>senza</strong> questi sfaceli<br />
forse non avremmo romanzi,<br />
racconti e drammi di Verga, Capuana,<br />
Borgese, Ma, ed è importante<br />
che lo si ricordi in una Scuola<br />
del Giornalismo nel Mezzogiorno,<br />
sono stati i giornalisti del Sud a<br />
scrivere pagine da antologia; tra<br />
tanti, Giovanni Russo su Nuovo<br />
Mezzogiorno, il saggio magistrale<br />
<strong>La</strong> locomotiva del Sud.<br />
L’ultimo tentativo di modernizzazione<br />
e industrializzazione del<br />
Mezzogiorno d’Italia borbonico si<br />
svolse esattamente in trent’anni.<br />
Ebbe un nome ammiccante, propositivo,<br />
che intendeva radicarsi<br />
nella fattualità collettiva sincera e<br />
fraterna. Le Società Economiche,<br />
nel periodo che va dal 1831 al 1861.<br />
L’ultima data la dice lunga. Certo<br />
erano i lasciti del pensiero illuministico,<br />
la naturale conseguenza<br />
dell’opera delle riforme settecentesche<br />
attuate in Europa e nel nostro<br />
Mezzogiorno dalla legislazione<br />
economica franco-murattiana. Impulsi<br />
economico culturali provenienti<br />
da nuclei di potere e di elaborazione<br />
europei. Ragioni eticoutilitaristiche<br />
entusiasmavano le<br />
Società Economiche nel trasmettere<br />
fiducia nella produzione culturale<br />
di stampo tecnico-scientifico.<br />
Con un dettaglio curioso, la monarchia<br />
che se le era inventate le<br />
controllava severamente temendo<br />
che acquistassero una pericolosa<br />
dimensione politica contro la stessa<br />
dinastia. Tanto ci credeva. C’è in<br />
tutto questo una specie di orgoglio<br />
tonificante che l’irpino De Sanctis<br />
aveva intravisto e Benedetto Croce<br />
fece suo con il seguente enunciato<br />
(che potrebbe provocare subentranti<br />
travasi di bile ai pensatori<br />
della Lega, al rubizzo Calderoli,<br />
vera fucina di idee):<br />
I Giacobini dello stato napoletano<br />
uniti coi loro fratelli di tutta l’Italia<br />
trapiantarono in Italia l’idea<br />
della libertà secondo i tempi<br />
nuovi, come governo della classe<br />
colta e capace, intellettualmente<br />
ed economicamente operosa, abbatterono<br />
le barriere che tenevano<br />
separate le vaste regioni d’Italia<br />
specialmente la meridionale dalla<br />
settentrionale e formarono il<br />
comune sentimento della Nazione<br />
italiana, Benedetto Croce “Storia<br />
del Regno di Napoli”. Secondo<br />
Croce il vero primo impulso<br />
verso l’unità d’Italia.<br />
vannironsisvalle@virgilio.it
6 Domenica 7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />
«Cosa succederebbe se il nostro<br />
Paese si svegliasse domani <strong>senza</strong><br />
noi immigrati?». Da questa domanda,<br />
apparentemente provocatoria,<br />
lanciata lo scorso novembre<br />
su Facebook da Nadia <strong>La</strong>markbi,<br />
giornalista francese di origine marocchina,<br />
è nata un’iniziativa concreta<br />
che si sta diffondendo in tutta<br />
Europa: “Una giornata <strong>senza</strong><br />
immigrati, 24 ore <strong>senza</strong> di noi”. <strong>La</strong><br />
data prescelta, il 1° marzo 2010,<br />
coincide con il quinto anniversario<br />
dell’entrata in vigore, in Francia,<br />
del “codice degli stranieri”, un insieme<br />
di leggi che opera una selezione<br />
degli immigrati sulla base di<br />
criteri squisitamente economici.<br />
«<strong>La</strong> nostra azione – ha specificato<br />
la <strong>La</strong>markbi – non è diretta al legislatore<br />
ma all’opinione pubblica.<br />
<strong>La</strong> Francia deve capire che la sua<br />
fortuna è costruita anche sugli<br />
immigrati». Per sensibilizzare la<br />
popolazione e per tutelare i diritti<br />
<strong>dei</strong> Sans Papiers, gli immigrati<br />
lavoratori sciopereranno e tutti gli<br />
altri (disoccupati, casalinghe, studenti)<br />
si asterranno dalle comuni<br />
attività di consumo. L’idea trae<br />
Una giornata <strong>senza</strong> immigrati, stop a consumi e lavoro<br />
«Se ci fermiamo<br />
l’Europa è in crisi»<br />
Il primo marzo in piazza per dire no al razzismo<br />
spunto dal “Grande boicottaggio<br />
americano” del 1 maggio 2006 in<br />
cui centinaia di migliaia di persone<br />
di origine ispanica hanno manifestato<br />
il loro dissenso sulla riforma<br />
dell’immigrazione. Ma in quel<br />
caso a protestare era una sola comunità,<br />
stavolta in piazza scenderanno<br />
africani, cinesi, e lavoratori<br />
dell’Est. Tutti insieme per lanciare<br />
un messaggio chiaro: «L’economia<br />
europea ha bisogno anche di noi,<br />
riconosceteci i nostri diritti e trattateci<br />
come persone».<br />
Anche in Italia si era paventata<br />
un’ipotesi simile, era il maggio<br />
2008 ed era stato appena presentato<br />
il “pacchetto Maroni”, ma in<br />
quell’occasione i sindacati riuscirono<br />
a frenare la proposta. Stavolta<br />
l’intuizione della <strong>La</strong>markbi è<br />
stata rilanciata da Emma Bonino e<br />
concretizzata da una giornalista,<br />
Stefania Ragusa che, con tre amiche,<br />
Nelly Diop, Daimarely Quintero<br />
e Cristina Sebastiani, ha creato<br />
un gruppo su Facebook. Per ora<br />
le adesioni sono oltre 40.000, il social<br />
network più diffuso al mondo<br />
si conferma mezzo dalle potenzialità<br />
straordinarie, come in occasione<br />
del No B-day. E se in quel caso<br />
il colore prescelto fu il viola, stavolta<br />
si punterà sul giallo. Per favorire<br />
una maggiore diffusione della<br />
notizia, considerando che non<br />
tutti gli immigrati usano internet,<br />
sono stati creati una ventina di comitati<br />
territoriali nelle principali<br />
città italiane. Anche per il 1° marzo<br />
Cgil, Cisl e Uil, si mostrano freddi<br />
e si limitano a un supporto esterno:<br />
da un lato c’è la paura di una<br />
maggiore spaccatura sociale, dall’altro<br />
la consapevolezza del rischio<br />
di perdere i lavoratori immigrati<br />
che puntano alla creazione di<br />
un sindacato autonomo. Ma sindacati<br />
o non sindacati, la manifestazione<br />
del 1° marzo si farà, i gravi<br />
fatti di Rosarno, la strage di Castel<br />
Volturno dell’anno scorso, gli<br />
sgomberi forzati (come a Eboli e<br />
Sant’Antimo) e le misure sempre<br />
più repressive del Governo hanno<br />
maturato, negli immigrati, la convinzione<br />
di doversi attivare per far<br />
valere le proprie ragioni. Si protesterà<br />
contro le discriminazioni in<br />
tema di idoneità alloggiativa, le<br />
disparità di trattamento tra ambulanti<br />
stranieri e non, per la regolarizzazione<br />
<strong>dei</strong> lavoratori in nero e<br />
soprattutto per urlare un secco no<br />
a ogni forma di razzismo. «Sarà<br />
sciopero? – spiega Stefania Ragusa<br />
– la risposta è sì, ma esistono tante<br />
forme di sciopero: dal lavoro, dai<br />
consumi e della fame. In Italia i<br />
migranti sono quasi 5 milioni,<br />
tamponano le carenze del Welfare,<br />
dal loro lavoro dipende il 9,5% del<br />
nostro Pil. Sono fondamentali per<br />
il bilancio dello Stato».<br />
Pagina a cura di<br />
VALERIO ARRICHIELLO<br />
IL MESSAGGIO DEL COMITATO NAPOLETANO<br />
«NESSUN UOMO È ILLEGALE»<br />
C’è fermento, un po’ di confusione e tanta<br />
voglia di fare a “<strong>La</strong> città del sole” dove i<br />
membri del comitato promotore di<br />
Napoli discutono in vista della “Giornata<br />
<strong>senza</strong> immigrati”. Ci sono<br />
italiani, africani, pakistani,<br />
bangladeshi, studenti,<br />
gente del “popolo viola” e<br />
tutti esprimono il loro<br />
parere con passione. Il 1<br />
marzo è vicino e sono<br />
tanti gli aspetti su cui<br />
discutere, alcuni punti,<br />
però, sono chiari. Non<br />
verrà usata la parola sciopero<br />
perché a Napoli non<br />
è come al nord, i lavoratori<br />
dipendenti sono<br />
pochi e scioperare avrebbe<br />
poco sen-so. Non si<br />
vogliono simboli e bandiere, si vuole evitare<br />
che le forze politiche strumentalizzino<br />
la manifestazione, l’unico elemento d’identificazione<br />
sarà il colore giallo. Il corteo<br />
prenderà il via da piazza Garibaldi per<br />
poi arrivare a piazza del Plebiscito dove<br />
verrà montato un palco.<br />
Qui saliranno gli esponenti<br />
delle diverse<br />
comunità per parlare<br />
<strong>dei</strong> loro problemi e per<br />
proporre soluzioni, poi<br />
ci saranno degli artisti<br />
che si esibiranno con<br />
danze e musiche tipiche<br />
<strong>dei</strong> loro paesi di provenienza.<br />
Sui volantini<br />
distribuiti in questi giorni<br />
è scritto: “Nessun<br />
essere umano è illegale”,<br />
ed è questo il senso della<br />
manifestazione napoletana<br />
esprimere la possibilità di una<br />
società migliore in cui tutti siano uguali.<br />
PAKISTAN<br />
«Metteteci<br />
in regola»<br />
CINA<br />
«Sappiatelo:<br />
cinese è bello»<br />
SENEGAL<br />
«Questa volta<br />
parliamo noi»<br />
UCRAINA<br />
«Colf trattate<br />
come schiave»<br />
Anche i pakistani<br />
parteciperanno al<br />
1° marzo. «Non<br />
chiediamo nulla di<br />
speciale, solo la libertà<br />
di lavorare<br />
rispettando le regole<br />
e pagando le<br />
tasse». A parlare è<br />
Mudassir, 28 anni,<br />
da 5 in Italia. Mudassir come la gran parte<br />
<strong>dei</strong> suoi connazionali fa il venditore ambulante.<br />
«Ogni popolo è diverso – racconta –<br />
noi non siamo come i bangladeshi che<br />
accettano di lavorare 12 ore in fabbrica a<br />
2-3 euro all’ora. Preferiamo avere una bancarella<br />
guadagnare di meno ma essere liberi<br />
e non avere padroni». «Qui – prosegue –<br />
in tanti ci trattano male e ci guardano con<br />
sospetto. Le forze dell’ordine ci controllano<br />
in maniera rigorosa per vedere se abbiamo<br />
i permessi, ma perché non controllano allo<br />
stesso modo quelli che spacciano droga?»<br />
«L’Italia è un paese<br />
che dorme sulla<br />
miseria e favorisce<br />
i furbi». E’ l’accusa<br />
<strong>dei</strong> cinesi rappresentati<br />
da Salvio<br />
Wu, presidente di<br />
Si.Ci.Na. «<strong>La</strong> maggior<br />
parte <strong>dei</strong> cinesi,<br />
il 1° marzo non<br />
ci sarà – spiega – perché perdere una giornata<br />
di lavoro se non cambia <strong>niente</strong>?». «Il<br />
modello orientale – prosegue – è più efficiente,<br />
qua non c’è futuro, molti pensano<br />
di andarsene. Ci accusate di mettere in<br />
crisi l’economia, ma <strong>senza</strong> i nostri prodotti<br />
molte famiglie non arriverebbero a fine<br />
mese, noi facciamo prezzi giusti, le multinazionali<br />
producono in Cina e poi speculano:<br />
sappiate che tutto è cinese». Salvio il<br />
1° marzo ci sarà: «Mi sento italiano, sono<br />
cresciuto qui e finché ci sarò lotterò, so di<br />
essere dalla parte <strong>dei</strong> perdenti ma giusti»<br />
Il 1° marzo, per i<br />
senegalesi non sarà<br />
uno sciopero ma u-<br />
na giornata di mobilizzazione<br />
<strong>dei</strong> diritti<br />
degli immigrati.«Molti<br />
di noi –<br />
dice Hamath, mediatore<br />
culturale –<br />
sono ambulanti,<br />
<strong>senza</strong> datori di lavoro, un semplice sciopero<br />
avrebbe solo l’effetto di danneggiarci economicamente».<br />
Saranno molti i senegalesi che<br />
parteciperanno al corteo, non per protestare,<br />
ma per avvicinarsi alla gente. «Vogliamo –<br />
prosegue Hamath – che la gente capisca che<br />
dietro a ogni pizza margherita ci sono degli<br />
immigrati che si spaccano la schiena a raccogliere<br />
pomodori per pochi euro». «Ma soprattutto<br />
– conclude – vogliamo smentire la brutta<br />
immagine <strong>dei</strong> migranti che emerge dalla tv<br />
e scatena il razzismo. I media ci danno poco<br />
spazio ma stavolta vogliamo parlare noi»<br />
«Ho fatto la babysitter,<br />
ma mi sfruttavano,<br />
un italiano<br />
non può capire le<br />
sofferenze di un<br />
immigrato». Svitlana,<br />
27 anni, ucraina,<br />
è la responsabile<br />
dell’ufficio<br />
immigrazione di<br />
Rdb e lavora per i connazionali e i migranti<br />
di tutto il mondo. «Noi dell’Est- spiega –<br />
non abbiamo la mentalità dello sciopero,<br />
per anni abbiamo vissuto in un regime. Per<br />
coinvolgere ucraini, rumeni, russi nella<br />
giornata <strong>senza</strong> immigrati stiamo dando il<br />
messaggio di una festa più che di una protesta».<br />
«<strong>La</strong> maggior parte della gente<br />
dell’Est – prosegue - lavora come colf o badante,<br />
col 1° marzo speriamo di velocizzare<br />
le pratiche di regolarizzazione. A Napoli<br />
a settembre sono state presentate 24000<br />
domande ma solo l’8% è stato esaminato»
INFRASTRUTTURE<br />
PRIMO PIANO Domenica 7 marzo 2010<br />
Ancora bloccati i fondi per la realizzazione della Lioni-Grottaminarda<br />
<strong>La</strong> strada <strong>dei</strong> due mari che non c’è<br />
L’ opera, mai completata, può favorire lo sviluppo delle zone interne<br />
7<br />
LOREDANA ZARRELLA<br />
I lavori dovevano iniziare a marzo<br />
ma è stato tutto rimandato. Non si<br />
sa quando, si sa solo che il potere<br />
di decidere se avviare o meno i<br />
cantieri spetta al Cipe (Comitato<br />
interministeriale per la programmazione<br />
economica). Resta dunque<br />
in sospeso l’asse stradale<br />
Lioni-Grottaminarda, una delle<br />
grandi infrastrutture della Campania.<br />
Finora solo il primo tratto è<br />
stato completato, quello che va da<br />
Contursi a Lioni. Ora si attende il<br />
completamento dell’opera, cioè il<br />
prolungamento dell’asse viario fino<br />
al comune di Grottaminarda:<br />
un percorso di 19 km che porterebbe<br />
a compimento un intervento<br />
ideato quaranta anni fa con l’intento<br />
di sviluppare le aree interne<br />
della Provincia.<br />
<strong>La</strong> superstrada a scorrimento veloce<br />
attraverserà i comuni di S. Angelo<br />
<strong>dei</strong> Lombardi, Rocca San Felice,<br />
Villamaina, Frigento, Gesualdo<br />
e Grottaminarda: sono previste<br />
gallerie e viadotti per circa 8,5 km<br />
(la galleria più grande, di 1,7 km, è<br />
prevista nel territorio di Gesualdo).<br />
Ma trasferire dalla carta alla<br />
realtà strade e gallerie non si è<br />
rivelato cosa semplice. <strong>La</strong> complessità<br />
del progetto qui non c’entra.<br />
I contrasti si misurano a suon<br />
di monete: nessuna garanzia di finanziamento,<br />
nessuna opera da<br />
“cantierare”. Attualmente sono già<br />
disponibili 20milioni di euro, stanziati<br />
dalla Regione Campania, ma<br />
mancano i 150milioni di euro che<br />
il Cipe dovrebbe sbloccare. In pratica<br />
i soldi del Governo. E’ da quattro<br />
settimane che il comitato non<br />
si riunisce, quando lo farà si spera<br />
che all’ordine del giorno venga<br />
trattata anche questa questione.<br />
Nulla è dato per scontato. Il sindaco<br />
di Grottaminarda, Giovanni<br />
Ianniciello, si dice però fiducioso<br />
sullo sbocco <strong>dei</strong> fondi. «E’ da quaranta<br />
anni – afferma Ianniciello –<br />
che si parla del congiungimento<br />
<strong>dei</strong> due mari, cioè della Contursi-<br />
Lioni/Grottaminarda-Termoli».<br />
In futuro si prevede in<br />
effetti di collegare tutte e tre<br />
le autostrade A3-A16-A14<br />
dal Tirreno all’Adriatico,<br />
passando dalla Campania<br />
al Molise. I 19 km da completare<br />
rappresentano un<br />
importante passo in questa<br />
direzione: il definitivo<br />
collegamento tra A3 e<br />
A16, considerato una valida<br />
alternativa all’A3 Salerno-Reggio<br />
Calabria. «C’è<br />
tutto – continua il sindaco –<br />
c’è l’impresa, c’è il progetto<br />
esecutivo cantierabile, il direttore<br />
<strong>dei</strong> lavori, mancano però i<br />
soldi. Il tratto ha una rilevanza<br />
fondamentale, non è una strada<br />
ordinaria, è una trasversale di sviluppo.<br />
Senza le infrastrutture non<br />
c’è infatti l’impresa, <strong>senza</strong> l’impresa<br />
non c’è lo sviluppo, <strong>senza</strong> lo sviluppo<br />
non c’è occupazione». L’asse<br />
viario nasce in quel progetto più<br />
generale di sviluppo delle zone<br />
interne per favorire nuovi insediamenti<br />
economico-industriali e per<br />
rendere in generale più facili e<br />
veloci i collegamenti con il resto<br />
della penisola. Più infrastrutture,<br />
Mezzogiorno più sviluppato: il collegamento<br />
pare non essere così<br />
scontato se si considerano i tagli ai<br />
fondi Fas (fondi per le aree sottoutilizzate).<br />
C’è anche la Tav<br />
A Grottaminarda ci sarà una<br />
stazione della futura linea ferroviaria<br />
ad alta velocità Napoli-<br />
Bari. L’arteria Contursi-Grottaminarda<br />
sarà così collegata<br />
alla stazione e al terminal bus.<br />
IIl<br />
progetto<br />
non è stato però condiviso da tutti<br />
e negli anni ha causato forti scontri<br />
e battaglie.<br />
I cittadini di Frigento e Gesualdo,<br />
in particolare, hanno manifestato<br />
in una petizione popolare le loro<br />
perplessità e le preoccupazioni per<br />
il rischio sismico, ambientale ed<br />
idrogeologico che un intervento<br />
così invasivo avrebbe portato ai<br />
loro territori. Le rassicurazioni<br />
del Ministero dello Sviluppo<br />
Economico hanno portato<br />
alla fine all’approvazione<br />
del progetto e<br />
alla sua apertura<br />
da parte del<br />
Commissario<br />
ad acta del<br />
Ministero<br />
delle Attività<br />
Produttive,<br />
Filippo<br />
D'Ambrosio.<br />
I lavori partiranno<br />
all’inverso,<br />
cioè da<br />
Grottaminarda e<br />
non in continuazione<br />
da dove sono stati<br />
interrotti. Sono previsti<br />
svincoli a Frigento, a<br />
Gesualdo e per le Terme di S.<br />
Teodoro a Villamaina. Al superasse<br />
viario sarà connessa anche una<br />
bretella Anas tra Passo Eclano e la<br />
Valle dell’Ufita. L’Irpinia sarebbe<br />
inclusa in questo modo nel sistema<br />
logistico nazionale. Il completamento<br />
della Contursi-Grottaminarda<br />
era già stato inserito nell’intesa<br />
Governo-Regione del 2001<br />
sulla Legge Obiettivo ma mai<br />
finanziato.<br />
Territorio abbandonato e attrezzature carenti: tutto fermo sulla carta dal 2005<br />
Angri, il piano negato<br />
Il progetto prevede interventi radicali per sfruttare le risorse del paese<br />
A sinistra il centro<br />
storico di Angri<br />
e in basso a destra<br />
il castello<br />
medievale Doria<br />
ROBERTA SALZANO<br />
Gli effetti prodotti dalla globalizzazione,<br />
lo svilppo sostenibile,<br />
il rinnovamento<br />
del quadro poltico-istituzionale<br />
e delle esigenze della<br />
società contemporanea hanno<br />
reso necessaria la creazione<br />
di un piano regolatore.<br />
In particolare, il comune di<br />
Angri si è adeguato alle<br />
misure previste dal Put<br />
(piano urbanistico territoriale)<br />
della penisola Sorrentino-<br />
Amalfitana. Attualmente il<br />
piano fa riferimento a quanto<br />
disposto dalla Regione<br />
Campania attraverso la legge<br />
n. 35 del 1987 e si propone di<br />
perseguire una serie di obiettivi:<br />
verifica e sviluppo di<br />
attrezzature e servizi, salvaguardia<br />
dell’ambiente, miglioramento<br />
della viabilità,<br />
riqualificazione del centro<br />
storico, riqualificazione delle aree industriali<br />
dismesse, sviluppo del turismo culturale<br />
e paesaggistico e miglioramento<br />
dell’economia locale. Per questo motivo<br />
prevede la ripartizione dell’intero territorio<br />
comunale in aree specifiche di interesse.<br />
<strong>La</strong> zona A per la riqualificazione urbanistica,<br />
le zone B1 e B2 destinate al completamento,<br />
trasformazione e sostituzione<br />
dell’edilizia esistente, la zona C per l’espansione<br />
edilizia con destinazione residenziale,<br />
la zona D per gli edifici industriali.<br />
Le zone successive sono dedicate a<br />
edifici pubblici, scuole, zone verdi attrezzate.<br />
Il piano, però, è fermo al 2005 sia per<br />
una saturazione degli spazi utlizzabili che<br />
per un deficit economico.<br />
Tutto è rimasto bloccato su carta. E così,<br />
se in passato l’attenzione si era concentrata<br />
sulla cura del centro abitato a discapito<br />
delle periferie, intervenendo con piani e<br />
programmi per il recupero del centro storico<br />
originario e degli edifici di maggiore<br />
pregio, sono ancora molti i problemi da<br />
affrontare e oggi mancano attrezzature<br />
pubbliche, i piani e i programmi risultano<br />
obsoleti, mancano stutture per l’accoglienza<br />
<strong>dei</strong> turisti che aumentano nel<br />
periodo estivo e il traffico provoca quotidianamente<br />
il blocco dell’intera cittadina.<br />
Angri gode di una posizione privilegiata,<br />
dista solo 5 km da Pompei, e rappresenta<br />
uno snodo ideale per coloro che intendano<br />
raggiungere la costiera amalfitana.<br />
Le tradizioni culturali e religiose potrebbero<br />
trasformare il paese in un centro<br />
turistico di rilievo oltre che in un punto di<br />
transito per migliorare il<br />
passaggio <strong>dei</strong> flussi di visitatori<br />
diretti a Pompei o<br />
verso la costiera Sorrentino-Amalfitana.<br />
Il centro<br />
storico che attualmente si<br />
è trasformato nel punto di<br />
incontro <strong>dei</strong> più giovani,<br />
ospita numerose testimonianze<br />
dell’arte Catalana,<br />
tra le più ricche del territorio<br />
campano, oggi in<br />
uno stato di completo<br />
degrado.<br />
Quello che emerge è il<br />
quadro di un paese che non<br />
sfrutta le risorse che possiede<br />
e in cui il tenore di vita è<br />
diventato sempre più insostenibile.<br />
Occorre un piano<br />
di rilancio non solo sotto il<br />
profilo della vivibilità, ma<br />
anche sul piano strettamente<br />
economico.<br />
Un compito oramai che<br />
spetta all’Amministrazione che subentrerà<br />
con le elezioni amministrative di<br />
marzo.<br />
Perchè la corretta pianificazione e gestione<br />
di un territorio rientra in quella serie di<br />
pratiche di buon governo che sono fondamentali<br />
per garantire lo sviluppo di una<br />
comunità. Pianificare significa salvaguardare<br />
i valori identitari e culturali, ma<br />
anche rispondere alle richieste di chi il<br />
territorio lo vive e reclama una migliore<br />
qualità della vita.
8 Domenica<br />
7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />
Con la crisi economica<br />
si rispolverano<br />
dai vecchi armadi<br />
abiti e oggetti antichi<br />
che conoscono<br />
nuovo splendore<br />
e conquistano il mercato<br />
Immagini di alcuni capi vintage esposti<br />
nelle vetrine <strong>dei</strong> negozi napoletani<br />
Le anime del vintage<br />
tra fantasia e alta moda<br />
“Raro è trovare una cosa<br />
speciale nelle vetrine di<br />
una strada centrale”. Così<br />
canta Niccolò Fabi nel suo<br />
celebre brano “Il negozio di<br />
antiquariato”. Qualcosa di<br />
molto simile accade anche<br />
quando si cerca un abito,<br />
un accessorio di stile, che<br />
abbia qualcosa fuori dal<br />
comune, magari addirittura<br />
un passato su cui fantasticare.<br />
Forse la moda del<br />
vintage sta prendendo piede<br />
proprio per questo: in<br />
tempo di crisi, acquistare<br />
un capo appartenuto a<br />
chissà chi, ci aiuta ad e-<br />
vadere dal quotidiano e<br />
dalla triste omologazione<br />
imposta dalla moda low<br />
cost. Ma attenzione: vintage<br />
non indica banalmente<br />
qualcosa di usato o, come<br />
ironizza qualcuno, “appartenuto<br />
alla nonna”.<br />
Dietro questa parola dal<br />
sapore francese si nasconde<br />
tutto un mondo. L'abito<br />
o l'accessorio vintage si differenzia<br />
e contraddistingue<br />
dal generico usato, perchè<br />
la caratteristica principale<br />
non è quella di essere stato<br />
adoperato in passato, ma è<br />
il valore che progressivamente<br />
ha acquisito nel<br />
FRENDO<br />
Il cantiere<br />
delle idee<br />
Frendo, situata<br />
a due passi da<br />
piazza San Domenico<br />
Maggiore,<br />
è una<br />
delle boutique<br />
vintage più famose<br />
di Napoli.<br />
Il suo “patron”,<br />
Simone, ha una<br />
esperienza decennale nel campo, lavora<br />
anche come grossista, rifornendo<br />
negozi anche a Londra e New York. Ci<br />
si trova veramente di tutto, capi e<br />
accessori da ogni epoca e per tutte le<br />
tasche, compreso un meraviglioso frac<br />
degli anni venti.<br />
Per Simone, il vintage è un vero e proprio<br />
stile di vita ed ha inteso Frendo più<br />
che un semplice negozio, come una<br />
sorta di cantiere di idee, la cui missione<br />
è diffondere il vintage a Napoli.<br />
Indagine sulle recenti<br />
tendenze dello stile<br />
tempo per le sue doti di<br />
irripetibilità e irriproducibilità<br />
con i medesimi elevati<br />
standard qualitativi in<br />
epoca moderna, nonché<br />
per essere testimonianza<br />
dello splendore di fasti passati<br />
e per aver segnato<br />
profondamente alcuni tratti<br />
iconici di un particolare<br />
ELIA’S<br />
momento storico della<br />
moda, del costume, del<br />
design coinvolgendo e<br />
influenzando gli stili di vita<br />
coevi. E poi, diciamoci la<br />
verità: chi non rimane affascinato<br />
da una borsa, un<br />
paio d’occhiali da sole, un<br />
dettaglio appartenuto ad<br />
un’altra epoca?<br />
Tra arte<br />
e spettacolo<br />
Poco distante da<br />
Cappella San Severo,<br />
uno <strong>dei</strong> luoghi<br />
più noir della<br />
città di Napoli, c’è<br />
la boutique Elia’s<br />
Vintage. Oltre ai<br />
capi d’epoca, il<br />
negozio dispone<br />
anche di una propria<br />
linea di abiti ed accessori molto<br />
particolari.<br />
Elias’ nasce dieci anni fa dall’idea di una<br />
costumista, grazie alla sua passione per<br />
il teatro e, naturalmente, per il vintage.<br />
<strong>La</strong> ricerca degli abiti, racconta la proprietaria,<br />
è praticamente continua.<br />
Oltre ai mercatini, un’ottima risorsa<br />
sono anche i diversi siti internet dedicati<br />
ma anche il rapporto diretto con<br />
le persone, che possono eventualmente<br />
rivendere i propri capi.<br />
Il calendario<br />
Non solo negozi. In tutta<br />
Italia, spopolano fiere e<br />
mercatini del vintage. In<br />
Campania si può andare<br />
tutti i giorni nel mercato<br />
più grande del centro-<br />
Sud, quello di Resina ad<br />
Ercolano, mentre in Piemonte<br />
c’è il mercato del<br />
vintage in Piazza Grande<br />
Madre a Torino.<br />
Chi non si ferma a guardare<br />
un abito, fantasticando<br />
sul corpo che l’aveva indossato<br />
per la prima volta o sul<br />
percorso che ha fatto per<br />
arrivare tra le nostre mani?<br />
In realtà, il vintage ha più<br />
di un’anima. Dopo quella<br />
poetica, fatta di sentimenti<br />
derivati da antiche reminescenze,<br />
c’è anche quella<br />
economica.<br />
Un capo vintage spesso ha<br />
lo stesso prezzo di un abito<br />
fatto in serie, col valore<br />
aggiunto di costituire un<br />
unicum e di avere una qualità<br />
infinitamente superiore.<br />
Senza contare i molti pezzi<br />
che si possono scavare<br />
negli armadi di mamme,<br />
nonne e parentado vario.<br />
Su molti siti web, poi, è<br />
possibile acquistare o addirittura<br />
vendere i propri<br />
capi, facendo anche affari<br />
vantaggiosi.<br />
Certo, girare per negozietti<br />
e bancarelle è tutt’altra<br />
cosa. Napoli vanta il mercato<br />
dell’usato più famoso<br />
del centro Sud, quello di<br />
Resina ad Ercolano, considerato<br />
il paradiso del vintage:<br />
ci si può trovare praticamente<br />
tutto quello che si<br />
è sempre desiderato.<br />
BOUDOIR<br />
Bomboniera<br />
fashion<br />
Risalendo per via<br />
Mezzocannone,<br />
non si può non<br />
notare la scintillante<br />
vetrinetta<br />
rosa del piccolo<br />
negozio “Boudoir”.<br />
Arredato<br />
con uno stile a<br />
metà strada tra l’optical e una casa vittoriana,<br />
andrebbe visitato anche esclusivamente<br />
per il suo design, una vera<br />
gioia per gli occhi. Non a caso, la sua<br />
proprietaria è una stylist ed il negozio si<br />
è fatto conoscere comparendo in diversi<br />
servizi fotografici per le più note riviste<br />
di moda. Più che pezzi d’antan, vi si<br />
possono trovare capi di stilisti e brand<br />
emergenti, la cui ispirazione è palesemente<br />
vintage. Anche qui, l’occhio è<br />
sempre attento al prezzo, perchè solo<br />
così si combatte la crisi.<br />
<strong>La</strong> presidente di FederModa<br />
«Fenomeno<br />
di consumo<br />
di nicchia»<br />
Le boutique di moda vintage si possono considerare<br />
<strong>dei</strong> negozi che offrono uno stile di abbigliamento<br />
che è a metà tra l’antiquariato e l’avanguardia.<br />
E questa caratteristica li rende unici nel<br />
loro settore e uno degli esempi ormai più consolidati.<br />
Ma lo sono anche per quanto riguarda l’aspetto<br />
commerciale o sono ancora in attesa di<br />
una conferma? A fornirci una risposta a questa<br />
domanda, contestualizzata nel diversificato<br />
panorama commerciale di Napoli, è stata Paola<br />
Borriello, presidente di Federazione «ModaNapoli»<br />
e consigliere «FederModaItalia» della<br />
Confcommercio: «A Napoli il fenomeno delle<br />
boutique vintage è ormai molto<br />
presente avendo già diversi anni<br />
alle spalle. Non abbiamo una<br />
stima su quanti esercizi del genere<br />
sono stati aperti ultimamente,<br />
ma è sicuro che esiste una tendenza<br />
che va in quella direzione.<br />
Certo non si sono diffuse su tutto<br />
il territorio cittadino perché restano<br />
ancora concentrate soprattutto<br />
nella zona del centro storico».<br />
Una mancata espansione che non<br />
denota un segnale di estrema<br />
debolezza nel difficile e ampio<br />
settore dell’abbigliamento oppure<br />
una scelta di una formula commerciale<br />
sbagliata, ma bensì «è<br />
strettamente legata ad uno stile di<br />
consumo, di acquisto che -<br />
secondo la Borriello - per questi<br />
particolari esercizi commerciali si<br />
può definire di nicchia. Si rivolgono<br />
cioè ad una fetta di mercato<br />
che è tanto ristretta quanto forte<br />
e consolidata». E quindi gli effetti<br />
della crisi economica quanto si<br />
sono fatti sentire? «Senza dubbi il<br />
calo nei consumi si è verificato<br />
anche per queste boutique»<br />
ammette la presidente Borriello,<br />
aggiungendo però che «allo stesso<br />
tempo, durante questo periodo di crisi, i clienti<br />
che si sono rivolti a questi piccoli negozi per i<br />
loro acquisti vi hanno trovato più di un’occasione<br />
di risparmio». E proprio il risparmio ha offerto<br />
alla Borriello lo spunto per una riflessione<br />
finale: «Ci tengo a sottolineare che esiste un<br />
divario tra questo tipo di boutique e i più sempre<br />
numerosi ed enormi outlet o centri commerciali<br />
(basti pensare a tutti quelli presenti tra le province<br />
di Napoli e Caserta): la differenza sta nella<br />
qualità, nell’unicità e nella storia di un capo o di<br />
un accessorio vintage che il sottocosto di un<br />
qualsiasi outlet non potrà mai avere».<br />
Pagina a cura di<br />
Musica<br />
e culto<br />
Il termine vintage<br />
fu coniato inizialmente<br />
per definire i<br />
vini vendemmiati<br />
prodotti nelle<br />
migliori annate, è<br />
poi diventato sinonimo<br />
dell’espressione<br />
“d’annata”. <strong>La</strong><br />
definizione si è poi<br />
estesa ad altri<br />
ambiti, in particolare<br />
quello degli<br />
strumenti musicali.<br />
Esistono violini e<br />
chitarre ritenuti di<br />
culto in ragione<br />
della loro produzione,<br />
considerata<br />
molto riuscita in<br />
determinati anni o<br />
semplicemente per<br />
la migliore qualità<br />
dovuta alla stagionatura<br />
<strong>dei</strong> legni.<br />
FRANCESCO PADULANO<br />
VERONICA VALLI
PRIMO PIANO Domenica 7 marzo 2010<br />
Il Villaggio San Giuseppe un patrimonio prezioso della Chiesa salernitana<br />
Nato sulle macerie e la miseria provocate dalla Seconda Guerra Mondiale<br />
Una sfida all’emergenza educativa<br />
9<br />
Un sogno antico che guarda al<br />
futuro. È il Villaggio San Giuseppe,<br />
una casa di accoglienza nata<br />
dopo gli enormi danni materiali e<br />
la miseria provocati dalla Seconda<br />
Guerra Mondiale, che proprio a<br />
Salerno visse una delle pagine più<br />
sanguinose con lo sbarco delle<br />
truppe alleate l’8 settembre 1943.<br />
Il complesso deve la sua vita a<br />
monsignor Demetrio Moscato, arrivato<br />
a Salerno nel luglio del<br />
1944, prima in qualità di Amministratore<br />
apostolico e poi<br />
come Arcivescovo dal gennaio del<br />
1945, dopo la morte dell’indimenticato<br />
monsignor Nicola Monterisi,<br />
che allo scoppio della Seconda<br />
Guerra Mondiale non volle abbandonare<br />
mai la città di Salerno,<br />
neanche sotto i bombardamenti, e<br />
costrinse il suo clero diocesano a<br />
fare altrettanto. Monterisi si oppose<br />
alle truppe del Comando Alleato<br />
che volevano requisire il Seminario<br />
Regionale. Per questo<br />
motivo il capo del Governo Italiano,<br />
Pietro Badoglio, mise in<br />
dubbio l’amor patrio dell’Arcivescovo<br />
che non esitò a rispondergli:<br />
«Non permetto che si metta in<br />
discussione la mia italianità; mi<br />
sento e sono più italiano del maresciallo<br />
Badoglio. Quando il popolo<br />
è rimasto solo e stremato dalle sofferenze<br />
della guerra io, vecchio di<br />
76 anni, col mio clero sono rimasto<br />
al mio posto a conforto e sollievo<br />
della popolazione, mentre il<br />
maresciallo Badoglio è scappato a<br />
Pescara!».<br />
Il suo successore, monsignor<br />
Moscato, assunse quale scopo<br />
centrale dell’azione pastorale la<br />
ricostruzione morale della popolazione<br />
salernitana, ponendo in<br />
primo piano l’urgenza dell’opera<br />
assistenziale ed educativa <strong>dei</strong><br />
ragazzi coinvolti in traffici equivoci<br />
a causa delle difficoltà economiche<br />
e della precarietà delle loro<br />
famiglie. Moscato promosse, infatti,<br />
nel novembre del 1944, la<br />
costituzione dell’“Opera dell’Addolorata<br />
per i Figli del Popolo” che<br />
si proponeva l’assistenza ai ragazzi<br />
poveri. Iniziativa destinata a crescere<br />
una volta trasformata nel-<br />
A destra un’immagine<br />
delle attività sportive<br />
organizzate nel periodo estivo<br />
nel Villaggio San Giuseppe<br />
alla fine degli anni Quaranta<br />
In basso una foto recente<br />
degli alunni della scuola materna<br />
intitolata a San Domenico Savio<br />
e a sinistra i bambini della Colonia<br />
in uno scatto degli anni Sessanta<br />
Il taglio del nastro<br />
all’inaugurazione<br />
del nuovo<br />
Villaggio<br />
San Giuseppe<br />
con il Presidente<br />
della Regione<br />
Campania<br />
Antonio Bassolino<br />
e l’Arcivescovo<br />
di Salerno<br />
Gerardo Pierro<br />
l’“Opera Ragazzi Nostri”, allocata<br />
prima in sedi di fortuna, e successivamente<br />
nel Palazzo Arcivescovile.<br />
Alla storia dell’Opera, raccontata<br />
in un volume di monsignor<br />
Comincio <strong>La</strong>nzara e del giornalista<br />
Paolo Romano, è legato il nome<br />
della signora Norma De Martino,<br />
che si dedicò con grande impegno<br />
solidale e materno alla crescita<br />
<strong>dei</strong> ragazzi. Tra la fine del<br />
1946 e l’inizio del 1947 l’Opera poté<br />
trasferirsi nei capannoni e nelle<br />
baracche che, sulla spiaggia orientale<br />
di Salerno, in località Torre<br />
Angelara, erano state costruite<br />
dalle truppe alleate per l’accampamento<br />
<strong>dei</strong> soldati del Generale<br />
Clark. Sorgeva così in Italia il primo<br />
“Villaggio del Fanciullo”. Negli<br />
anni la struttura assunse diverse<br />
denominazioni, fino a quello o-<br />
dierna di Villaggio San Giuseppe.<br />
Nel corso del tempo la casa di<br />
accoglienza si ampliò notevolmente<br />
sotto la guida di monsignor<br />
Comincio <strong>La</strong>nzara. È del 1975 la<br />
costruzione di una piscina con<br />
acqua di mare depurata, un campo<br />
di calcio e di pallavolo. Dal<br />
1969 al 1971, la colonia è stata<br />
anche la prima sede della Scuola<br />
Superiore di Servizio Sociale. Nel<br />
1985 la struttura accolse al suo interno<br />
l’Istituto comprensivo paritario<br />
(materna, elementare e media).<br />
Nel prossimo mese di marzo,<br />
l’Arcivescovo di Salerno, Gerardo<br />
Pierro, scoprirà all’esterno del villaggio<br />
un busto marmoreo raffigurante<br />
il fondatore dell’Opera, Demetrio<br />
Moscato, per ricordare il<br />
suo impegno profetico per sanare<br />
le ferite della guerra offrendo aiuto<br />
e formazione ai giovani. Il Villaggio<br />
San Giuseppe è oggi una casa<br />
di accoglienza unica nel suo genere.<br />
Esso potrà continuare a vivere<br />
seguendo il suo glorioso passato, e<br />
a fornire ospitalità a basso costo a<br />
gruppi, associazioni, famiglie, rispondendo<br />
così a una nuova, e<br />
sempre più crescente, forma di turismo<br />
sociale e religioso.<br />
Pagina a cura di<br />
FRANCESCO ANTONIO GRANA<br />
L’ultima ristrutturazione<br />
Cambiato<br />
il volto<br />
della casa<br />
Il nuovo Villaggio San Giuseppe è stato<br />
inaugurato il 17 settembre del 2005, alla<br />
pre<strong>senza</strong> di numerose autorità civili e religiose.<br />
«Una struttura molto bella - l’ha definita<br />
il presidente della Regione Campania,<br />
Antonio Bassolino - innanzitutto in sé, perchè<br />
assolve sia a una funzione turistica che<br />
sociale: è <strong>rivolta</strong> ai ragazzi, ai giovani, a intere<br />
famiglie con costi molto contenuti. Una<br />
struttura impotante per tutta l’area che da<br />
Salerno si estende fino a Sapri».<br />
I lavori di ristrutturazione, finanziati dalla<br />
Regione, sono cominciati regolarmente a<br />
maggio del 2003 e sono stati portati a termine<br />
nel giro di ventiquattro mesi, rispettando<br />
pienamente i tempi previsti.<br />
L’edificio ristrutturato, come ha spiegato il<br />
progettista, l’architetto Giovanni Sullutrone,<br />
è formato da quaranta stanze per<br />
circa novanta posti letto, oltre che da un<br />
ambiente ristorante che può accogliere<br />
duecentocinquanta commensali, una sala<br />
conferenze per quattrocentocinquanta<br />
posti, un bar e una sala per la prima colazione<br />
di cento posti. L’intera struttura è<br />
stata completamente rinnovata e ha impianti<br />
tecnologici all’avanguardia. Sono<br />
stati eseguiti degli interventi di alta specializzazione,<br />
in particolare è stato innalzato<br />
il pavimento di circa cinquanta centimetri,<br />
creando un vespaio areato per risolvere i<br />
problemi di umidità del suolo. <strong>La</strong> ristrutturazione<br />
delle grandi camerate è stata<br />
eseguita in modo tale da poter ospitare<br />
anche famiglie numerose e portatori di<br />
handicap. Il Villaggio San Giuseppe rimane<br />
un luogo di accoglienza dove, anche nel<br />
futuro, potranno crescere i giovani salernitani<br />
e non solo.<br />
L’identikit dell’edificio<br />
Risorsa<br />
civile<br />
e religiosa<br />
Non è un albergo, né potrebbe esserlo perchè<br />
non è nemmeno classificato come tale e<br />
non ha stelle da vantare. Il Villaggio San<br />
Giuseppe è, infatti, una struttura ricettiva<br />
extralberghiera, ovvero una casa per ferie a<br />
basso costo. <strong>La</strong> gestione del Villaggio è stata<br />
affidata in comodato a una associazione<br />
costituita da persone vicine al mondo cattolico.<br />
Una necessità imposta sia da parte<br />
laica, sia ecclesiastica. Come rappresentate<br />
della Diocesi in seno all’Associazione,<br />
l’Arcivescovo Gerardo Pierro ha ritenuto<br />
logico e opportuno nominare monsignor<br />
Comincio <strong>La</strong>nzara, colui che che per oltre<br />
quattro decenni, dai primi anni Sessanta,<br />
ha profuso tutto il suo impegno per la<br />
struttura mantenendola viva e operosa,<br />
seguendo le direttive <strong>dei</strong> quattro vescovi<br />
salernitani che si sono succeduti negli anni<br />
e che lo hanno sempre confermato nell’incarico.<br />
«Questa realizzazione - sostiene<br />
mons. Pierro - parte a favore <strong>dei</strong> giovani e<br />
aumenta la recettività della città; sopratutto<br />
dà alla Diocesi la possibilità di avere un<br />
altro luogo importante che può servire ai<br />
ragazzi salernitani e all’intera collettività,<br />
oltre che ovviamente alla Chiesa». Premura<br />
costante di chi, dai primi anni Sessanta<br />
a oggi ha guidato il grande complesso, è<br />
stata quella di rendere la struttura sempre<br />
più all’altezza <strong>dei</strong> tempi, unicamente per<br />
rendere un servizio più efficente possibile<br />
all’intera comunità. «Il Villaggio San Giuseppe<br />
- ricorda Pierro - continuerà la sua<br />
funzione a favore della comunità e delle<br />
categorie meno abbienti, <strong>senza</strong> scopi di lucro».<br />
Fedele al fine indicato dal suo fondatore,<br />
che lo volle per accogliere ed educare<br />
quanti avrebbero bussato alla sua porta.
10 Domenica<br />
7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />
A sinistra un bimbo<br />
che gioca ad un social game<br />
utilizzando il notebook<br />
<strong>dei</strong> genitori.<br />
In alto una videata<br />
di FarmVille,<br />
applicazione di Facebook<br />
che trasforma i giocatori<br />
in agricoltori virtuali<br />
IL CYBER-CONTADINO E’ DONNA E IN CARRIERA<br />
Se a mamma piace il trattore<br />
Curare l’orto o il ristorante sul web,<br />
ma anche guidare un popolo alla<br />
conquista della Gallia, non è decisamente<br />
un gioco da ragazzi. Una<br />
ricerca condotta in Usa<br />
e Gran Bretagna dall’agenzia<br />
Info Solution<br />
Group rivela come ad<br />
essere più attirati dai<br />
social game siano<br />
soprattutto gli adulti<br />
dai 40 ai 49 anni, che<br />
dedicano alla “vita virtuale”<br />
più tempo <strong>dei</strong><br />
loro figli. E a dispetto<br />
<strong>dei</strong> luoghi comuni, il<br />
giocatore tipo è una<br />
donna (lo sono il 55%<br />
degli utilizzatori), che è<br />
sposata, lavora e ha almeno un<br />
figlio.<br />
Tra le applicazioni preferite svetta<br />
FarmVille (69%), seguito dal rompicapo<br />
Bejeweled, dal Texas Hold’em<br />
e da Cafe World. Dalla ricerca<br />
emerge anche che i giochi sono<br />
l’attività che assorbe più tempo nei<br />
social network, con il<br />
38% delle intervistate<br />
che si connette più<br />
volte al giorno, cosa<br />
che fa “solo” il 29% <strong>dei</strong><br />
maschi.<br />
Se la maggioranza degli<br />
adulti di dice entusiasta<br />
<strong>dei</strong> social game,<br />
un po’ meno lo sono i<br />
loro datori di lavoro:<br />
secondo una recente<br />
inchiesta della Camera<br />
per il commercio e<br />
l’industria indiana, il<br />
12,5% della produttività delle a-<br />
ziende viene perduta perché gli<br />
impiegati si collegano ai social network<br />
durante le ore d’ufficio.<br />
Trascorrono ore a coltivare l’orto,<br />
arare il terreno e allevare bestiame,<br />
ma molti di loro vivono in città e<br />
non hanno mai tenuto in mano<br />
una zappa. Tra loro si definiscono<br />
cyber-contadini, nome suggestivo<br />
che mescola futurismo e gusto dell’antico,<br />
dietro al quale si cela però<br />
una realtà molto diffusa e ordinaria:<br />
quella <strong>dei</strong> “social game”.<br />
Sul web è la moda del momento, e<br />
sui siti e blog specializzati non si<br />
parla d’altro. Come irrigare le piante,<br />
come ampliare il proprio podere,<br />
quali sono le colture più redditizie:<br />
pochi internauti sono ormai<br />
immuni al “morbo” di FarmVille, la<br />
fattoria virtuale di Facebook, ultima<br />
frontiera di un processo di virtualizzazione<br />
delle attività quotidiane<br />
iniziato negli anni ’90 con il<br />
boom del tamagotchi ed esploso<br />
definitivamente negli ultimi mesi<br />
grazie all’avvento <strong>dei</strong> social<br />
network.<br />
Nati come semplici passatempi per<br />
gli utenti di Facebook, i social<br />
game – così vengono chiamati i<br />
giochi gestionali praticabili sui<br />
social network – sono oggi una<br />
realtà da centinaia di milioni di u-<br />
Boom <strong>dei</strong> “social game”, li pratica un internauta su tre<br />
Manager per gioco,<br />
nella vita chissà<br />
Oltre 80 milioni gli imprenditori agricoli virtuali<br />
tenti in tutto il mondo. FarmVille,<br />
che è il più popolare, ne conta ben<br />
81 milioni, un quarto <strong>dei</strong> quali si<br />
collega almeno una volta al giorno.<br />
Sottoposti a una continua sofisticazione<br />
che ne aumenta di giorno<br />
in giorno il grado di dettaglio e di<br />
verosimiglianza, questi giochi<br />
traggono la loro forza dall’essere<br />
“social”, permettendo ai diversi<br />
utenti di interagire tra loro e con i<br />
loro beni attraverso internet, a<br />
costo zero e <strong>senza</strong> dover essere<br />
necessariamente connessi nello<br />
stesso momento. Ma la chiave di<br />
tanto successo risiede anche nella<br />
diversificazione: dalla fattoria al<br />
ristorante, dall’acquario al cagnolino,<br />
ce n’è davvero per tutti i gusti, e<br />
basta una buona dose di pazienza e<br />
applicazione per lasciarsi conquistare<br />
da un mondo parallelo nel<br />
quale mettere alla prova le proprie<br />
abilità manageriali.<br />
Tra chi guarda al loro successo con<br />
favore e chi al contrario ne è allarmato,<br />
su una cosa sembrano tutti<br />
d’accordo: quello <strong>dei</strong> social game è<br />
un fenomeno dalle implicazioni<br />
sociali e psicologiche non più trascurabili.<br />
A preoccupare molti<br />
esperti è soprattutto un aspetto:<br />
quello che vede da un lato sempre<br />
più giovani abbandonarsi a se stessi<br />
e rinunciare a qualunque prospettiva<br />
di realizzazione nella vita,<br />
e dall’altro tanti di loro dar fondo a<br />
energie e abilità per avere successo<br />
in questa “second life” virtuale, più<br />
semplice e libera da ostacoli rispetto<br />
alla vita vera.<br />
In tanti però si rifiutano di considerare<br />
questi giochi come un rifugio<br />
dalle difficoltà del mondo reale, o<br />
peggio ancora una “droga”, ma al<br />
contrario li vedono come un ottimo<br />
campo di allenamento. Tra<br />
questi c’è il ministro delle Politiche<br />
agricole Luca Zaia, che in una<br />
recente intervista a Repubblica si è<br />
dichiarato entusiasta di FarmVille,<br />
che “può essere per molti ragazzi<br />
l’occasione di passare dal virtuale al<br />
reale”.<br />
C’è poi chi, come l’autorevole sito<br />
americano Mashable, si è spinto<br />
addirittura oltre, dichiarando che i<br />
social game sono fondamentali per<br />
l’educazione <strong>dei</strong> bambini perché<br />
stimolano la creatività, l’intelligenza<br />
e l’astuzia. Se su questo punto il<br />
dibattito resta aperto, sull’astuzia<br />
delle case programmatrici non<br />
sono invece ammessi dubbi: solo<br />
negli Usa i social game hanno fatturato<br />
nel 2009 un miliardo di<br />
euro, e si prevedono altri 1,6<br />
miliardi nel 2010. Davvero <strong>niente</strong><br />
male per un business che ha appena<br />
due anni di vita.<br />
Pagina a cura di<br />
RAFFAELE PELLEGRINO<br />
FARMVILLE<br />
Il richiamo<br />
della terra<br />
TRAVIAN<br />
Nel mondo<br />
di Asterix<br />
PET SOCIETY<br />
C’era una volta<br />
il tamagotchi<br />
FISHVILLE<br />
Affari d’oro<br />
con i pesci<br />
CAFE WORLD<br />
Aperti solo<br />
in pausa caffè<br />
In FarmVille<br />
si indossano i<br />
panni del proprietario<br />
di<br />
un’azienda<br />
agricola e si<br />
trascorre il<br />
tempo ad arare<br />
il terreno,<br />
seminare e tosare le pecore. L’obiettivo<br />
è vendere tutti i prodotti<br />
per guadagnare denaro virtuale e<br />
ingrandire i poderi, e c’è anche la<br />
possibilità di investire soldi veri.<br />
Dal giorno del suo lancio, lo scorso<br />
19 giugno, il gioco della Zynga<br />
ha attirato più di un milione di<br />
nuovi giocatori alla settimana.<br />
Secondo Mark Picus, direttore<br />
esecutivo della casa programmatrice,<br />
il suo successo deriva “dall’aver<br />
ben calibrato i migliori elementi<br />
<strong>dei</strong> giochi di società con l’istinto<br />
primordiale della gente di<br />
curare la terra e gli animali”.<br />
Chi non ricorda<br />
le gesta di<br />
Asterix, il leggendario<br />
combattente<br />
gallo<br />
che con una<br />
pozione riusciva<br />
a sconfiggere<br />
intere legioni<br />
di romani? Con Travian è possibile<br />
rivivere l’emozione di quelle<br />
imprese, fondando un villaggio<br />
Gallo, Romano o Teutone e facendolo<br />
prosperare anche a scapito<br />
delle tribù nemiche.<br />
L’utente può scegliere se essere un<br />
feroce guerriero o un abile commerciante,<br />
ma per sopravvivere è<br />
necessario stringere alleanze con<br />
gli altri giocatori. Fondamentale<br />
è la tecnica del sitteraggio, che<br />
consente agli internauti di affidare<br />
agli alleati la gestione del proprio<br />
villaggio quando non si è<br />
online.<br />
Realizzato<br />
dalla Playfish,<br />
Pet Society<br />
rappresenta<br />
un’evoluzione<br />
del tamagotchi:<br />
scopo del<br />
gioco è prendersi<br />
cura di<br />
un cucciolo virtuale, nutrirlo e<br />
gestire la sua vita sociale. L’ambientazione<br />
è quella di un villaggio<br />
virtuale nel quale l’animaletto<br />
può svolgere le attività tipiche<br />
degli esseri umani: fare shopping,<br />
arredare la propria casa, frequentare<br />
un caffè e persino partecipare<br />
a competizioni sportive.<br />
L’utente può creare per il suo cucciolo<br />
un appartamento con tutti i<br />
comfort, dalla vasca idromassaggio<br />
al jukebox, e in occasione delle<br />
festività è possibile acquistare<br />
costumi per l’occasione, oggetti e<br />
cibo adatto ai festeggiamenti.<br />
Sulla scia del<br />
grande successo<br />
di Farm-<br />
Ville è arrivato<br />
negli ultimi<br />
mesi FishVille,<br />
il nuovo gioco<br />
manageriale<br />
della Zynga.<br />
Lo scenario questa volta è un<br />
grande acquario virtuale, in cui<br />
l’utente dovrà allevare pesci colorati<br />
ed esotici per poi venderli,<br />
ottenere denaro e reinvestirlo in<br />
uova da cui allevare nuovi pesci.<br />
Per accumulare punti è necessario<br />
curare la salute della propria<br />
fauna ittica, decorare l’acquario e<br />
visitare quelli <strong>dei</strong> propri amici; è<br />
inoltre possibile fare regali per<br />
ricevere crediti extra.<br />
<strong>La</strong> struttura del gioco è molto<br />
simile quella di Happy Aquarium<br />
e FishWorld, con i quali condivide<br />
milioni di visitatori al mese.<br />
Gestire il proprio<br />
ristorante,<br />
cucinare e<br />
servire, <strong>senza</strong><br />
mai muoversi<br />
dalla propria<br />
scrivania: è<br />
Cafe World,<br />
una delle applicazioni<br />
regine della Zynga, con<br />
la quale ogni utente può diventare<br />
un manager della ristorazione.<br />
Il primo passo è scegliere il nome<br />
del locale, che apparirà nella<br />
strada che ospita tutti i locali <strong>dei</strong><br />
nostri amici virtuali; si prosegue<br />
poi con l’arredo e con il reclutamento<br />
di cuochi e camerieri, da<br />
scegliere tra i nostri contatti.<br />
Più soldi si guadagnano e più si<br />
può far sfoggio del proprio gusto,<br />
trasformando stamberghe che<br />
vendono sandwiches in monumentali<br />
Taj Mahal che servono<br />
aragoste e caviale.
PRIMO PIANO Domenica 7 marzo 2010<br />
11<br />
L’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, a Napoli, riferimento nel Sud Italia,<br />
leader negli strumenti spaziali per l'esplorazione del Sistema Solare<br />
L’uomo a un passo dalle stelle<br />
L’Osservatorio Astronomico di<br />
Capodimonte diretto dal professor<br />
Luigi Colangeli è una struttura<br />
storica di Napoli fondata nel 1812.<br />
È uno degli otto, tra piccoli e grandi,<br />
osservatori campani. Fa parte<br />
dell’Inaf (Istituto nazionale astro<br />
fisica) un network sviluppato nell'ambito<br />
<strong>dei</strong> programmi della<br />
Unione europea e di organismi<br />
internazionali; sul territorio<br />
nazionale vi afferiscono diciannove<br />
istituti. All’interno della rete<br />
Inaf, l’Osservatorio è l’unica struttura<br />
dell’Italia peninsulare a sud di<br />
Roma e quindi è il riferimento sul<br />
territorio per le ricerche astronomiche.<br />
È altresì luogo di cultura<br />
interdisciplinare che, grazie al<br />
lavoro del gruppo di divulgazione<br />
diretto dalla dottoressa Maria<br />
Teresa Fulco, ha il ruolo di integrare<br />
le conoscenze <strong>dei</strong> ricercatori<br />
per offrire al pubblico un’immagine<br />
semplice ed efficace dell’astronomia.<br />
Molte e intense sono<br />
le attività di ricerca in vita<br />
all’Osservatorio, le principali<br />
sono: Fisica del sole, Fisica cosmica<br />
e planetologia, Fisica delle stelle<br />
e del mezzo interstellare, Fisica<br />
delle galassie e cosmologia,<br />
Tecnologia per l’astronomia da<br />
terra e Tecnologia per l’astronomia<br />
spaziale. Come funziona e<br />
cosa fa vibrare il Sole? Il Sole<br />
come le altre stelle “normali” ha<br />
un proprio ciclo di vita – ha spiegato<br />
il direttore. Quando nello<br />
spazio si agglomera della materia<br />
a densità talmente elevata da dar<br />
luogo a delle reazioni nucleari, è lì<br />
che nasce una stella. Il Sole sta<br />
bruciando idrogeno, poi passerà<br />
all’elio e qui diventerà “impaziente”,<br />
le sue oscillazioni aumenteranno<br />
e si trasformerà in una Gigante<br />
rossa che inghiottirà i pianeti vicini<br />
e rilancerà nel mezzo interstellare<br />
la materia di cui è costituita,<br />
che eventualmente potrà ritorna-<br />
A destra l’attività solare.<br />
In basso a sinistra<br />
una galassia.<br />
In basso a destra la cupola di<br />
un osservatorio astronomico<br />
con telescopio<br />
re a far parte di una nube di polvere<br />
e gas, riagglomerarsi e ricominciare<br />
il ciclo. Oggi, “l’allarme Sole”<br />
c’è nelle telecomunicazioni, perché<br />
le radiazioni generate dall’attività<br />
solare, possono creare fenomeni<br />
di disturbo delle trasmissioni<br />
basate sulle onde elettromagnetiche.<br />
Pertanto oggi alla Nasa e<br />
anche in Europa, con la denominazione<br />
“Living with a star” si sta<br />
studiando l’impatto della convivenza<br />
con il Sole. Si pensi ai problemi<br />
che nascerebbero se si verificasse<br />
un disturbo delle comunicazioni,<br />
a esempio degli aerei. Il<br />
team di tecnologie spaziali<br />
dell'Osservatorio è leader internazionale<br />
nella progettazione, sviluppo<br />
e realizzazione di strumenti<br />
spaziali per l'esplorazione del<br />
Sistema Solare. Tra principali<br />
strumenti spaziali <strong>dei</strong> quali l'Inaf-<br />
Oac è responsabile, c’è Medusa<br />
per il primo rover dell'Esa,<br />
ExoMars che visiterà Marte. Il<br />
Pianeta che di sicuro in passato ha<br />
ospitato acqua. Oggi non ha più<br />
atmosfera e quindi non ha forma<br />
di vita sulla superficie, ma sono<br />
stati osservati prodotti chimici,<br />
come le sferule di ematite, che<br />
possono essere stati generati da<br />
un’attività organica. Nel futuro<br />
prossimo si tenterà di andare in<br />
profondità (pochi metri) nella<br />
superficie marziana per trovare<br />
fossili o materia ancora attiva. Il<br />
rover della missione ExoMars è<br />
dotato di una trivella (ideata e realizzata<br />
in Italia) e di un piccolo<br />
laboratorio per l’analisi del materiale<br />
estratto. L’Osservatorio<br />
individua dove rilasciare il rover.<br />
BENEVENTO CAVA DE’ TIRRENI MONTECORVINO ROVELLA<br />
Pagina a cura di<br />
FRANCESCO M. BORRELLI<br />
CRISTIANO VELLA<br />
«Regaliamo<br />
emozioni»<br />
A scuola<br />
nel cosmo<br />
“Non siamo soli<br />
nell’Universo”<br />
Anche a Benevento, il più<br />
piccolo <strong>dei</strong> capoluoghi di<br />
provincia della Campania, è<br />
presente un osservatorio<br />
astronomico.<br />
Per ricettività<br />
e capacità di<br />
ospitalità è<br />
uno tra i più<br />
grandi d’Italia,<br />
complice<br />
anche la<br />
struttura dove<br />
è ubicato:<br />
il Centro <strong>La</strong><br />
Pace. A dirigere<br />
l’Osservatorio<br />
Astronomico del<br />
Sannio è il dottor Antonio<br />
Pepe, laureato a Bologna in<br />
astronomia e responsabile<br />
anche del museo Paleolab di<br />
Pietraroja. «Al momento –<br />
racconta Pepe – lo scopo<br />
dell’Osservatorio è principalmente<br />
divulgativo, ci<br />
rivolgiamo alle scuole e agli<br />
appassionati e regaliamo<br />
loro emozioni attraverso il<br />
telescopio, il planetario e la<br />
cupola». Anche la ricerca<br />
dovrebbe svolgere<br />
un<br />
ruolo importante:<br />
«Per il<br />
momento<br />
svolgo ricerche<br />
per conto<br />
mio - dice<br />
Pepe - ma<br />
non escludo<br />
di ampliare<br />
l’attività in<br />
questo campo,<br />
magari<br />
collegandosi<br />
a degli enti». Nato solo grazie<br />
a sforzi privati del direttore,<br />
l’Osservatorio del<br />
Sannio può essere visitato<br />
su prenotazione, con la<br />
possibilità anche di fermarsi<br />
a dormire, grazie alla<br />
struttura del Centro <strong>La</strong><br />
Pace. «Ne vale la pena -<br />
assicura Antonio Pepe -<br />
regaliamo emozioni».<br />
Al Liceo Scientifico A.<br />
Genoino di Cava de’ Tirreni,<br />
di recente è stato creato un<br />
osservatorio astronomico<br />
per i ragazzi.<br />
<strong>La</strong> struttura è<br />
collegata al<br />
Centro Astronomico<br />
“Neil Armstrong”<br />
di Salerno<br />
ed ha<br />
scopo esclusivamente<br />
divulgativo.<br />
«Vogliamo<br />
avvicinare i<br />
ragazzi all’astronomia –<br />
afferma Gaetano Scuoppo,<br />
tecnico del laboratorio<br />
astronomico, che non esita a<br />
stigmatizzare i limiti che si<br />
creano in questo campo –<br />
ma spesso l’inquinamento<br />
luminoso è un ostacolo».<br />
Anche il presidente del<br />
Cana, l’ ingegner Alberto<br />
Fienga, tiene molto a tra-<br />
smettere la propria passione<br />
anche ai ragazzi, anche<br />
attraverso progetti che<br />
coinvolgono sia alunni che<br />
esterni.<br />
Al “Genoino”<br />
il responsabile<br />
della struttura<br />
è il professor<br />
Giuseppe<br />
Baldi e<br />
cosa pensano<br />
i suoi giovani<br />
alunni della<br />
straordinaria<br />
opportunità<br />
di avere un<br />
osservatorio tutto per loro<br />
a scuola è lampante: «E’<br />
vero, il progetto ci dà punti<br />
di credito scolastico - raccontano<br />
gli studenti Sonia,<br />
Massimo e Ludovica - ma<br />
lo frequentiamo perchè ci<br />
piace davvero. Spesso<br />
diventa un po’ difficile da<br />
seguire, ma è molto affascinante».<br />
Nato nel 1986 come osservatorio<br />
amatoriale di un<br />
gruppo di appassionati di<br />
astronomia, negli anni grazie<br />
al lavoro<br />
svolto e ad<br />
attrezzature<br />
sempre più<br />
sofisticate,<br />
l’osservatorio<br />
Gian Camillo<br />
Gloriosi è<br />
stato riconosciuto<br />
osservatorio<br />
di<br />
ricerca. Nel<br />
2001 il Minor<br />
Planet Center del Massachusset<br />
(Usa) ha assegnato<br />
all’Osservatorio di Montecorvino<br />
Rovella il Codice<br />
Internazionale 229, abilitandolo,<br />
alla ricerca scientifica<br />
e monitoraggio della fascia<br />
Asteroidale degli spazi tra<br />
Marte e Giove. Durante l’attività<br />
di osservazione - ha<br />
detto il direttore Bruno<br />
Sgarbini - si è riscontrata la<br />
possibilità che nel 2029 l’asteroide<br />
Apophis transitando<br />
vicino alla Terra possa<br />
precpitare<br />
sul Pianeta.<br />
Ipotesi basso<br />
profilo probabilistico,<br />
che potrebbe<br />
cambiare se,<br />
a causa di<br />
forze spaziali,<br />
la traiettoria<br />
dell’asteroide<br />
dovesse<br />
mutare. Gli<br />
Alieni, esistono? -<br />
L’occasione è ghiotta e il<br />
direttore colloquiale -<br />
«Nell’Universo non siamo<br />
soli - dice -, forse sono<br />
venuti sulla Terra, esempio<br />
ne sono i graffiti nelle piramidi<br />
di El Cairo, è rappresentato<br />
una navetta simile a<br />
quella che negli anni 60<br />
andò sulla Luna».
12 Domenica 7 marzo 2010 SPECIALE<br />
L’EMERGENZA<br />
Il territorio epicentro di un terremoto produttivo: <strong>senza</strong> il Lingotto muore l’intera regione<br />
Campania, la fine di un MiTo<br />
L’allarme degli operai dell’indotto: «Se si sposta lo stabilimento all’estero sarà un’ecatombe occupazionale»<br />
Sedotta e abbandonata. Protagonista<br />
alla fine degli anni Ottanta<br />
del boom nel settore automobilistico,<br />
la Campania assiste oggi all’emigrazione<br />
della Fiat verso l’Europa<br />
dell’est e il mercato statunitense.<br />
Più di undicimila persone le<br />
vittime di questa fuga. Sono i dipendenti<br />
dello stabilimento di Pomigliano<br />
d’Arco, simbolo del marchio<br />
Alfa Romeo, ma anche i lavoratori<br />
dell’indotto: l’insieme di piccole<br />
e medie imprese che producono<br />
parti necessarie alle grandi industrie<br />
per il prodotto finito.<br />
Donne e uomini, quindi, impiegati<br />
in aziende collegate direttamente o<br />
indirettamente al Lingotto.<br />
Ogni vettura, infatti, è composta<br />
da quasi trenta milioni di pezzi e le<br />
grandi fabbriche come Pomigliano<br />
si limitano a montarli per completare<br />
il puzzle. I singoli tasselli di<br />
questo mosaico arrivano da centinaia<br />
di imprese: dalle multinazionali<br />
fino alle aziende a conduzione<br />
familiare. In Campania sono centocinque<br />
e dalle loro linee escono<br />
pezzi d’acciaio, guarnizioni di<br />
gomma, vetro, tessuti, plastiche,<br />
circuiti elettronici e parti meccaniche<br />
di precisione. In pratica un’auto<br />
comprende tutti i materiali nati<br />
in un’industria di base. Poi ci sono<br />
i servizi e le attività di supporto logistico:<br />
dai trasporti all’elettricità.<br />
Il blocco della produzione in provincia<br />
di Napoli crea un effetto<br />
domino, con un indefinibile impatto<br />
sociale: <strong>senza</strong> un’industria<br />
automobilistica una regione è più<br />
povera. Il paradosso della Fiat è<br />
quello di essere un grande marchio<br />
con poche auto prodotte: appena<br />
settecentomila lo scorso anno. Gli<br />
altri veicoli venduti in Italia, duemilioni,<br />
sono importati. E il “metadone”<br />
degli ecoincentivi non ha<br />
permesso alla Real Casa del<br />
Lingotto di trasformarsi in un<br />
gigante del mercato, rimanendo un<br />
nano nel settore. Per questo<br />
Marchionne, l’amministratore delegato<br />
dell’azienda torinese, ha<br />
optato per la grande fuga: lo spostamento<br />
della produzione nei<br />
Paesi dove il lavoro costa meno.<br />
Un processo inverso rispetto a<br />
venti anni fa, quando la Fiat decise<br />
di emigrare verso sud, percorrendo<br />
il tragitto opposto a quello degli<br />
operai che negli anni Cinquanta<br />
guardavano al nord. Un viaggio<br />
verso il Mezzogiorno che consentì<br />
la nascita di stabilimenti come<br />
l’Fma di Pratola Serra (Avellino),<br />
con i circa duemila dipendenti,<br />
che producono i motori<br />
montati sulle auto assemblate<br />
a Pomigliano. Nella<br />
città dell’Alfa, prima<br />
era un corteo di<br />
tute blu e l’ essere<br />
operaio era un<br />
vanto.<br />
Oggi, invece,<br />
le strade sono<br />
invase da un<br />
esercito di<br />
cassintegrati.<br />
Gli ammortizzatori<br />
sociali, però,<br />
durano solo<br />
52 settimane e<br />
se la produzione<br />
non riprende con<br />
regolarità (per ora si<br />
lavora solo tre giorni a<br />
settimana) ci saranno<br />
ancora disoccupati.<br />
Marchionne però non chiuderà<br />
uno stabilimento composto da giovani<br />
lavoratori perché non vuole<br />
gestire una bomba sociale dagli<br />
effetti imprevedibili. <strong>La</strong> fabbrica<br />
sarà rilanciata con la Panda; stop<br />
quindi alle Alfa 159 e 147, quest’ultima<br />
destinata a uscire dal mercato<br />
nel breve periodo. E Pratola Serra?<br />
Per ora il numero uno del marchio<br />
di Torino ha risposto picche. I<br />
motori arriveranno dalla Polonia.<br />
Così, però, l’Fma rischia di chiudere<br />
i battenti. Davanti ai cancelli<br />
dello stabilimento avellinese (dove<br />
nascono i quattro cilindri da 1,6<br />
litri e il 1.900 multijet), le tute blu<br />
chiedono di produrre il piccolo<br />
1.300 diesel dell’utilitaria. Almeno<br />
per continuare a sopravvivere, perché<br />
a regime la fabbrica sforna<br />
quasi cinquecentomila motori l’anno,<br />
mentre la Panda nelle classifiche<br />
di vendita si ferma a quota<br />
240mila<br />
unità nel 2009. Per questo motivo,<br />
i lavoratori Fma sono stati in presidio<br />
permanente fino a domenica<br />
21 febbraio insieme a quelli della<br />
Logicservice.<br />
A Benevento, invece, gli addetti<br />
della Ficomirrors (che produce<br />
specchietti retrovisori) sperano<br />
ancora, così come i dipendenti della<br />
Magneti Marelli di Pomigliano.<br />
<strong>La</strong> Cablauto di Avellino, invece, ha<br />
rischiato la chiusura nel 2008, ma<br />
si è salvata grazie alla cassa integrazione,<br />
che però sta per terminare.<br />
<strong>La</strong> crisi colpisce l’indotto auto e<br />
le imprese della subfornitura non<br />
riescono a sopravvivere solo di ammortizzatori<br />
sociali. <strong>La</strong> sofferenza<br />
economica, infatti, dipende dall’incasso<br />
delle fatture, che per il 48%<br />
sono commesse del marchio di Torino.<br />
Inoltre, ogni posto di lavoro<br />
perso al Lingotto si deve moltiplicare<br />
per quattro nell’indotto:<br />
un’ecatombe occupazionale.<br />
E se la Fiat va all’estero,<br />
l’industria<br />
campana<br />
muore.<br />
<strong>La</strong> distribuzione in percentuale<br />
delle imprese campane<br />
collegate all’indotto della Fiat<br />
e sotto divise per tipologia<br />
(dati pubblicati nel 2008<br />
dall’Università di Salerno)<br />
C’era<br />
una volta<br />
la 159<br />
Erano gli anni 70: l’Alfa (Anonima<br />
Lombarda Fabbrica Automobili)<br />
costruisce il suo stabilimento<br />
a Pomigliano d’Arco,<br />
che da allora viene battezzato<br />
come il suo primo modello:<br />
l’AlfaSud.<br />
Ma erano altri tempi, l’Alfa e-<br />
ra un’industria indipendente<br />
del gruppo Iri a forte partecipazione<br />
statale. Poi i tempi<br />
cambiano, tra alterne vicende<br />
la Fiat compra lo stabilimento.<br />
Così Pomigliano rafforza il<br />
suo legame con il marchio del<br />
biscione, sfornando la 33, la<br />
145 e la 155 prima; la 156 e la<br />
146 poi. Modelli di successo<br />
che rilanciano l’Alfa sui mercati<br />
e la riappropriano del segmento<br />
sportivo dell’auto italiana.<br />
Ma il successo arriva<br />
con gli ultimi la 159 e la 147:<br />
due modelli che rivoluzionano<br />
il mercato del segmento C<br />
e D, prima sostanzialmente<br />
dominato dall’auto tedesca.<br />
Pomigliano diventa lo stabilimento<br />
di punta di Fiat in Italia.<br />
Ma poi arriva la MiTo, la<br />
prima Alfa “piccola”, il prodotto<br />
per salvare il marchio durante<br />
la crisi. Un modello che<br />
è stato progettato a Milano e<br />
costruito a Torino.<br />
Da allora Pomigliano perde il<br />
rosso Alfa. E parte la cassa<br />
integrazione.<br />
<strong>La</strong> dipendenza totale dal marchio di Torino si traduce in rischio economico<br />
Cassa integrazione a raffica<br />
Dei 19.000 lavoratori il 63% costretto a vivere di ammortizzatori sociali<br />
Due consorzi per salvare le tute blu<br />
Contro la crisi<br />
Allargare la propria azione<br />
economica: questo l’obiettivo<br />
di Cosvin e Irpinia<br />
Automotive, due consorzi<br />
che operano per<br />
contrastare, in Campania,<br />
gli effetti della crisi<br />
causata dal blocco della<br />
produzione nello stabilimento<br />
di Pomigliano. Il<br />
Consorzio per lo sviluppo<br />
industriale (Cosvin)<br />
nasce grazie alla Tess Costa<br />
del Vesuvio e raggruppa<br />
otto imprese manifatturiere.<br />
Due le direzioni in cui si<br />
muove per recuperare<br />
margini di efficienza economica:<br />
supporto alla diversificazione<br />
settoriale e<br />
ristrutturazione <strong>dei</strong> processi<br />
produttivi.<br />
L’Irpinia Automotive nasce<br />
dalla spinta propulsiva<br />
della Confindustria di<br />
Avellino. È un’iniziativa<br />
che si propone di valorizzare<br />
la produzione locale<br />
di auto, con azioni di sviluppo<br />
e coordinamento<br />
tra venti imprese. Esperienze<br />
che nascono dalla<br />
necessità di ridurre la<br />
dipendenza dal Lingotto;<br />
con la voglia di essere<br />
protagonisti all’estero, soprattutto<br />
nei mercati e-<br />
mergenti. Idee giovani<br />
che rappresentano la voglia<br />
di reagire nella terra<br />
abbandonata dalla Fiat.<br />
Centocinque imprese locali: ecco gli attori<br />
del settore automobilistico in<br />
Campania. Secondo uno studio condotto<br />
da docenti universitari del gruppo<br />
Isiam (Innovazione sviluppo dell’industria<br />
auto nel Mezzogiorno), le a-<br />
ziende dell’indotto Fiat sono distribuite<br />
in tutta la regione. A rileggere i dati<br />
pubblicati nel 2008, il 52% delle imprese<br />
è localizzato nella provincia di Napoli,<br />
il 30% in quella di Avellino; poi a<br />
Salerno, Caserta e Benevento, rispettivamente<br />
con l’8, il 7 e 3%. Una fetta<br />
molto importante per il mercato della<br />
regione, con un tetto di occupati vicino<br />
a quota diciannovemila unità. In totale,<br />
il 6% <strong>dei</strong> lavoratori campani è legato in<br />
modo diretto o meno alla Fiat.<br />
<strong>La</strong> recessione economica ha provocato<br />
però un terremoto che vede il suo epicentro<br />
nello stabilimento di Pomigliano<br />
d’Arco. Da una ristrutturazione<br />
della fabbrica, che si traduce con il<br />
blocco della produzione dell’Alfa Romeo<br />
147 e 159, il rischio licenziamenti<br />
diventa realtà.<br />
Sono poco più di seimila i lavoratori<br />
che vivono con questa<br />
spada di Damocle. Quasi<br />
dodicimila, per ora, quelli<br />
che sopravvivono con la<br />
cassa integrazione: 800<br />
euro al mese, di cui l’80%<br />
erogato dall’Inps, con un<br />
prelievo sui fondi creati<br />
dagli stessi operai. L’ipotesi<br />
Panda potrebbe salvare<br />
Pomigliano, ma condannare<br />
gli altri. Francesco Pirone,<br />
ricercatore all’Università<br />
di Salerno, sottoli-<br />
nea alcuni elementi di criticità, a partire<br />
«da una bassa incidenza delle forniture<br />
campane sul totale di quelle<br />
ricevute dalla Fiat».<br />
Nel caso dell’assemblaggio «le componenti<br />
<strong>dei</strong> veicoli provenienti dall’indotto<br />
coprono l’11% del totale –<br />
aggiunge Pirone – e nel caso dell’Fma<br />
di Pratola Serra, la produzione <strong>dei</strong><br />
motori si attesta sul 10%». Percentuali<br />
analoghe si registrano per l’Irisbus di<br />
Valle Ufita. Due le aree a specializzazione<br />
produttiva: nella provincia di<br />
Salerno ci sono aziende che operano<br />
nel settore gom-ma-plastica; nella<br />
zona tra Napoli e A-vellino, invece, si<br />
concentrano gli stabilimenti che si<br />
occupano di lavorazioni meccaniche.<br />
<strong>La</strong> colpa delle im-prese locali, per<br />
Pirone, è quella di lavorare e produrre<br />
per un solo cliente: la Fiat. Una dipendenza<br />
rischiosa.
SPECIALE Domenica 7 marzo 2010<br />
L’Fma di Pratola Serra passata da mezzo milione di motori nel 2008 a 180.000 nel 2009<br />
Non batte più il cuore dell’Alfa<br />
13<br />
Se l’auto non si vende vanno in<br />
crisi anche i motori che la rendono<br />
viva. Un binomio che spesso viene<br />
dimenticato. Lo sanno bene i circa<br />
2000 dipendenti della Fma di<br />
Pratola Serra, a pochi chilometri<br />
da Avellino, che oggi rischiano di<br />
diventare la prossima Termini<br />
Imerese. Una realtà giovane, fondata<br />
nel ’92, oggi lo stabilimento<br />
occupa tanti giovani che arrivano<br />
principalmente dall’Irpinia, ma<br />
anche da Salerno e Caserta. Da<br />
Pomigliano parte un bus ogni mattina,<br />
dentro viaggiano anche tanti<br />
operai di “seconda generazione”.<br />
Sulla stessa autostrada, l’A3 Napoli<br />
– Bari, percorrono gli stessi 50 chilometri<br />
anche i carrelli <strong>dei</strong> motori<br />
che a Pomigliano vengono “attaccati”<br />
alle lamiere per dare inizio al<br />
montaggio.<br />
I lavoratori di Pratola hanno una<br />
media di 33-35 anni, tra di loro ci<br />
sono anche tante donne, il che ha<br />
Nella fabbrica duemila persone (media 35 anni)<br />
e la produzione limitata a una settimana al mese<br />
favorito la nascita di numerose<br />
coppie che hanno messo su famiglia<br />
grazie al loro lavoro. Un lavoro<br />
che oggi non c’è più, come sanno<br />
bene gli operai che da lunedì 15<br />
febbraio fino alla domenica successiva<br />
quando la polizia li ha sgomberati,<br />
erano sotto la tenda. «<strong>La</strong><br />
Fiat - ci dice Franco Mosca Rsu<br />
dello stabilimento - deve riconoscenza<br />
a Pratola Serra. <strong>La</strong> nostra<br />
azienda nel 2008 ha toccato il<br />
picco di 580 mila motori, lavorando<br />
su 21 turni. Oggi la produzione<br />
è drasticamente ridotta e nel 2009<br />
abbiamo toccato 180 mila pezzi,<br />
un quarto della nostra produzione<br />
potenziale».<br />
Dal 2008 in poi la produzione è<br />
sempre diminuita, tutto è iniziato<br />
con la rottura dell’accordo tra Fiat<br />
e GM, Pratola ha perso in quell’occasione<br />
la commessa per Opel e<br />
Mazda, registrando un meno 800<br />
pezzi al giorno, l’equivalente di un<br />
turno di lavoro. Nel Febbraio 2008<br />
inizia la cassa integrazione ordinaria<br />
che diventa straordinaria nell’ottobre<br />
del 2009; oggi lo stabilimento<br />
lavora circa una settimana<br />
al mese. «Abbiamo chiesto di spostare<br />
una commessa di produzione<br />
a Pratola a dicembre dell’anno<br />
scorso, – ci riferisce l’Rsu Giuseppe<br />
Morsa– e ad oggi si parla di<br />
un piano industriale per la carrozzeria<br />
ma non per i motori».<br />
L’Fma di Pratola ha la sua produzione<br />
principale in motori di grossa<br />
cilindrata, destinati ai modelli di<br />
segmento C e D Alfa Romeo e Fiat,<br />
assemblati principalmente a Pomigliano<br />
e Cassino. Si tratta di giganti<br />
della strada dal 1.6 al 2.2 che negli<br />
anni hanno portato al successo di<br />
Fiat nel segmento. Qui è iniziata la<br />
tecnologia <strong>dei</strong> motori ecologici che<br />
è stata esportata in tutto il mondo.<br />
Ma proprio questi motori, dal<br />
grande potenziale, hanno delle<br />
emissioni oltre il limite massimo<br />
per usufruire degli ecoincentivi.<br />
«Chiediamo che i nuovi motori<br />
ecologici, – continua Franco Mosca<br />
– sviluppati inizialmente in<br />
questo stabilimento, vengano prodotti<br />
qui».<br />
Lo spostamento della Panda a Pomigliano,<br />
con le sue 240 mila vetture<br />
annue previste, potrebbe saturare<br />
di nuovo Pratola, a patto di riqualificare<br />
la sua produzione, passando<br />
a motori di bassa e media<br />
cilindrata, attualmente prodotti in<br />
Polonia. Un’operazione più semplice<br />
rispetto agli stabilimenti di carrozzeria<br />
che richiederebbe all’incirca<br />
3 mesi.<br />
Su questo tema non si è ancora<br />
aperto un tavolo. L’attuale produzione<br />
di Pratola, in pratica più che<br />
dimezzata, mette a rischio l’intera<br />
vita dello stabilimento, se non arriva<br />
una nuova commissione dai<br />
numeri interessanti. L’Fma potrebbe<br />
diventare da qui a breve poco<br />
conve<strong>niente</strong> e rischiare la chiusura.<br />
Pagine a cura di<br />
DANIELE DE SOMMA<br />
SANTO IANNÒ<br />
SABINO RUSSO<br />
MAURIZIO MASCOVI, SEGRETARIO FIOM<br />
«POMIGLIANO FERMA TUTTO»<br />
Maurizio Mascovi, segretario regionale<br />
della Fiom, qual è la situazione delle<br />
fabbriche dell’indotto?<br />
Non si può fare una distinzione tra Pomigliano<br />
e l’indotto: se ci<br />
sono solo tre giorni di<br />
produzione a Pomigliano,<br />
ci sono tre giorni di<br />
produzione nelle fabbriche<br />
di indotto direttmente<br />
collegate. Molte hanno<br />
Fiat come solo committente,<br />
quindi il legame è<br />
assoluto.<br />
In che situazione si trovano<br />
questi lavoratori<br />
rispetto a quelli direttamente<br />
dipendenti di<br />
Fiat?<br />
Sicuramente stanno messi<br />
peggio. Il rapporto che Fiat stabilisce<br />
con i suoi fornitori è tale che vengono<br />
stretti nella morsa <strong>dei</strong> prezzi che stabilisce.<br />
In più, specialmente in Campania,<br />
parliamo di fabbriche spesso sottocapitalizzate,<br />
strette nella morsa finanziaria del<br />
rapporto con il credito e<br />
con le banche, che quindi<br />
non riescono a tenersi<br />
a galla nel confrontarsi<br />
con la crisi.<br />
Cambierà qualcosa se<br />
a Pomigliano arriverà<br />
la Panda?<br />
Cambiare la missione<br />
produttiva di Pomigliano<br />
significa dover riqualificare<br />
l’impianto <strong>dei</strong><br />
fornitori. Su questo tema,<br />
fondamentale per<br />
le aziende dell’indotto<br />
per fare nuovi investimenti,<br />
non si è ancora aperto un tavolo<br />
di confronto.<br />
NAPOLI<br />
<strong>La</strong> vicenda<br />
della ex Ergom<br />
SALERNO<br />
Non solo Fiat<br />
per sopravvivere<br />
BENEVENTO<br />
Eccellenza<br />
e illegalità<br />
CASERTA<br />
Senza capitali<br />
si chiude<br />
Il confine tra indotto<br />
“interno” ed<br />
“esterno”, può essere<br />
molto sottile. Lo<br />
sanno bene i dipendenti<br />
dello stabilimento<br />
dell’ex<br />
Ergom di Pomigliano<br />
d’Arco, oggi nel<br />
gruppo Magneti<br />
Marelli. A separarli dal Gian Battista Vico,<br />
l’ex Alfasud, solo pochi metri. <strong>La</strong> società,<br />
specializzata nella lavorazione di<br />
materie plastiche, è stata acquistata per<br />
una cifra simbolica dalla Fiat nel 2007 e<br />
poi aggregata sotto il logo della Marelli. Il<br />
progetto di reinserimento nel recinto dello<br />
stabilimento auto si è arenato, come gli altri<br />
progetti paralleli nati nel 2008 quando<br />
è partito il piano di ristrutturazione. L’ex<br />
Ergom, oltre a Pomigliano ha altre due sedi<br />
a Napoli e Marcianise, per un totale di circa<br />
1.100 dipendenti, oggi tutti a rischio.<br />
<strong>La</strong> crisi del settore<br />
auto made in Italy<br />
interessa anche la<br />
provincia di Salerno,<br />
dove il giro di<br />
affari nel settore è<br />
di 350 milioni di e-<br />
uro, con 25 fabbriche<br />
che danno lavoro<br />
a 2mila persone.<br />
Salerno, all’interno dell’indotto Fiat,<br />
rappresenta l’8% del comparto regionale e<br />
le aziende sono prevalentemente specializzate<br />
nella produzione di componenti in<br />
plastica e gomma. Molte fabbriche che lavorano<br />
per conto dell’azienda torinese si<br />
trovano tra la Piana del Sele e il Cilento,<br />
come la Johnsons Controls, <strong>La</strong> Pragma, la<br />
Eripress, la Glaverbel e la Metzler, quest’ultima<br />
ha subito le prime ripercussioni<br />
negative. Oltre le aziende storiche, altre<br />
imprese variano la produzione per restare<br />
a galla, non lavorando così solo per la Fiat.<br />
In controtendenza.<br />
<strong>La</strong> Ficomirrors, azienda<br />
spagnola dell’indotto<br />
Fiat che<br />
produce specchietti<br />
retrovisori, è la nota<br />
positiva del settore<br />
auto in Campania:<br />
l’impianto di<br />
Morcone lavora a<br />
pieno ritmo. Questo «perché, fortunatamente,<br />
non siamo collegati solo allo stabilimento<br />
di Pomigliano d’Arco e così sopravviviamo al<br />
mercato», spiega Giuseppe De Maria, direttore<br />
della fabbrica in provincia di Benevento.<br />
160 dipendenti e 7mila specchietti al giorno<br />
per gli altri complessi del Lingotto: Cassino,<br />
Termoli, Melfi e Mirafiori. Per il segretario<br />
provinciale della Fiom, Vincenzo Argentario,<br />
nel Sannio esiste anche un sottobosco industriale:<br />
operai non regolarizzati e imprese<br />
non registrate per abbattere i costi. Anche<br />
questo un modo per continuare a lavorare.<br />
Gravi ripercussioni,<br />
generate dalla<br />
crisi dell’indotto, si<br />
registrano per i lavoratori<br />
del Casertano,<br />
soprattutto<br />
nei due siti di Pignataro<br />
Maggiore,<br />
che conta 196 operai,<br />
e Marcianise<br />
con 96 unità e prossimo alla chiusura. Per<br />
queste persone, l'anno scorso, è stata approvata<br />
la cassa integrazione straordinaria.<br />
<strong>La</strong> Regione Campania in attuazione<br />
dell'accordo quadro Stato-Regioni, per il<br />
70% erogato da Fondi Fas e per il 30% con<br />
finanziamenti europei, ha previsto il rinnovo<br />
della cassa integrazione per 23 aziende<br />
casertane. <strong>La</strong> Johnson Controls di Rocca<br />
d'Evandro nel 2009 ha ottenuto gli aiuti<br />
più sostanziosi, con più di 3milioni di euro.<br />
Per la Morteo, la San Leucio Passamanerie<br />
e la Sap sarà prorogata per un anno.
14 Domenica<br />
7 marzo 2010
IL PERSONAGGIO Domenica 7 marzo 2010<br />
15<br />
Il protagonista del Foro partenopeo parla della passione nella professione e nella vita<br />
Un cuore sotto la toga<br />
GERMANA GRASSO<br />
Per Massimo Di <strong>La</strong>uro, civilista<br />
esperto in diritto fallimentare e societario,<br />
Napoli non è solo la città<br />
natale, ma un luogo dell’anima, in<br />
cui intrecciare la carriera con le<br />
passioni, dove mettere radici significa<br />
gettare il seme per la continuità.<br />
Orgoglioso di appartenere a una<br />
capitale del Sud e addolorato per i<br />
cambiamenti negativi, Di <strong>La</strong>uro è<br />
uno <strong>dei</strong> rappresentanti di quella<br />
garbata classe intellettuale che<br />
scorge in Napoli una prolifica fonte<br />
di ispirazione, di iniziative, di esperienze<br />
e di emozioni. Nello studio<br />
di corso Vittorio Emanuele, a emiciclo<br />
sul golfo, Di <strong>La</strong>uro si racconta.<br />
Lo sguardo mobile, come a cercare<br />
su uno schermo i ricordi, si<br />
fissa poi sull’interlocutore a sottolineare<br />
la fine di ogni pensiero.<br />
Protagonista del Foro napoletano,<br />
intreccia l’attività di avvocato a<br />
quella di studioso di diritto e di<br />
rappresentante delle istituzioni forensi,<br />
è stato recentemente iscritto<br />
all’Albo d’onore delle toghe, privilegio<br />
che fu riservato a Giovanni<br />
Leone, Alfredo De Marsico ed<br />
Enrico Altavilla. Negli anni poi<br />
sono stati aggiunti i nomi di Francesco<br />
Paolo Casavola, Francesco<br />
De Martino, Antonio Guarino,<br />
Vincenzo Maria Siniscalchi e<br />
Gustavo Minervini.<br />
L’iscrizione all’Albo d’onore è<br />
stata la più grande soddisfazione<br />
nella sua vita professionale?<br />
Penso di sì. E’ un grande onore<br />
perché quando si muore il nome è<br />
cancellato dall’ordine degli avvocati,<br />
ma non in questo caso. Mio<br />
nonno e mio padre erano avvocati.<br />
Non ho figli maschi che hanno seguito<br />
le mie orme. Non ci sarà un<br />
avvocato Di <strong>La</strong>uro di quarta generazione.<br />
Però il nome della mia famiglia<br />
resterà nell’Albo d’onore.<br />
Questo per me ha il significato di<br />
una continuità indipendente dalla<br />
continuità generazionale. Magari<br />
se avessi avuto un figlio maschio<br />
avrebbe voluto fare il medico e certamente<br />
non gli avrei imposto di<br />
fare la mia professione.<br />
Cosa è importante nella sua professione?<br />
<strong>La</strong> passione. Se non c’è passione, la<br />
toga non vibra. Credo ancora in<br />
questa professione, al contrario di<br />
molti colleghi che alla mia età pensano<br />
che non ne valga più la pena.<br />
Quale è stato il periodo più<br />
significativo della sua carriera?<br />
Ho avuto una vita professionale<br />
molto intensa. Ero al Consiglio<br />
dell’Ordine degli avvocati di Napoli<br />
quando presidente era – secondo<br />
me – il più grande avvocato<br />
del secolo passato, Alfredo De<br />
Marsico. Anni di grandissimo interesse<br />
furono quelli al Consiglio<br />
Nazionale Forense, perché ebbi la<br />
fortuna di sedere vicino a Giandomenico<br />
Pisapia, a Franzo Grande<br />
Stevens, l’avvocato di casa A-<br />
gnelli. Fu un’esperienza interessante<br />
anche perché il Consiglio Nazionale<br />
Forense oltre ad avere funzione<br />
rappresentativa, si occupa<br />
anche di disciplina e giudica in<br />
seconda istanza gli avvocati che<br />
commettono infrazioni deontologiche.<br />
Fu allora che capii l’importanza<br />
della funzione del giudice.<br />
Massimo Di <strong>La</strong>uro nell’Albo d’onore degli avvocati<br />
accanto a Leone, De Marsico, De Martino e Casavola<br />
«Significa continuità<br />
l’iscrizione<br />
nel prestigioso elenco<br />
Così tramando<br />
il nome di famiglia»<br />
Massimo Di <strong>La</strong>uro<br />
nel suo studio<br />
al corso<br />
Vittorio Emanuele<br />
a Napoli<br />
Diceva Calamandrei che i giudici<br />
prima di fare i giudici dovrebbero<br />
fare un tirocinio da avvocati per<br />
capire in cosa consiste la funzione<br />
del difensore. Penso che anche gli<br />
avvocati dovrebbero far parte di<br />
organismi che giudicano, perché<br />
l’avvocato è uomo di parte e il giudice<br />
è super partes.<br />
Cambiamo registro, lei è stato<br />
anche animatore culturale. Ha<br />
trasformato la sua passione per<br />
il grande schermo in un cineclub<br />
che ha portato a Napoli<br />
tanti maestri del cinema.<br />
Creammo un cineforum in via<br />
Orazio 84. Eravamo agli inizi degli<br />
anni ‘70. Potevamo votare i film,<br />
che avevamo in anteprima e che<br />
Il regista<br />
Michelangelo Antonioni<br />
con l’avvocato nel 1974<br />
durante la presentazione<br />
di “Professione reporter”<br />
al cineclub<br />
di via Orazio a Napoli<br />
NATO PER IL DIRITTO<br />
Massimo Di <strong>La</strong>uro, civilista specializzato in<br />
materia fallimentare e societaria, è stato segretario<br />
del Consiglio dell’ordine degli avvocati di<br />
Napoli e componente del Consiglio Nazionale<br />
Forense. È socio dell’associazione italiana fra<br />
gli studiosi del processo civile, delegato dell’Unione<br />
Internazionale Avvocati e membro di<br />
Eurojuris Italia. Dal 1998 è presidente dell’Istituto<br />
italiano di Storia dell’avvocatura e del<br />
Centro studi di diritto fallimentare di Napoli.<br />
Ha pubblicato saggi e articoli su riviste di settore.<br />
Sta lavorando a una pubblicazione sul<br />
concordato fallimentare. Dal 2004 è condirettore<br />
della rivista “Il diritto fallimentare e delle<br />
società commerciali”, fondata nel 1923.<br />
E’ stato docente di diritto processuale civile e<br />
di diritto fallimentare dell’Università Roma<br />
Tre. Insegna alla Scuola di specializzazione<br />
per le professioni legali dell’Università <strong>La</strong> Sapienza<br />
di Roma. E’ opinionista de “Il Mattino”<br />
da oltre 20 anni e ha collaborato a “Il Sole<br />
24 ore” e “Guida al diritto”.<br />
Il 5 dicembre 2009 è stata formalizzata la sua<br />
iscrizione nell’Albo d’onore degli avvocati.<br />
erano poi ammessi alla selezione<br />
del premio David di Donatello.<br />
Invitavamo autori, registi, sceneggiatori<br />
e attori. Poi, agli inizi degli<br />
anni ‘80, mi allontanai da questa<br />
mia passione.<br />
Perché?<br />
Penso che fu soprattutto a causa<br />
della televisione. E’ un concorrente<br />
spietato di queste sale private.<br />
Certo, ci sono ancora i cineforum,<br />
ma sono un’ altra cosa rispetto a<br />
come lo intendevamo noi. Per noi<br />
era un luogo di dibattito. Pubblicammo<br />
anche un libro su Eduardo<br />
De Filippo. In occasione della sua<br />
morte, facemmo una ricerca storica<br />
e appurammo che era stato uomo<br />
di cinema, ma non occasionale,<br />
sistematico. Nel catalogo furono<br />
raccolti oltre 80 titoli di film in cui<br />
Eduardo era protagonista, regista,<br />
sceneggiatore, direttore della fotografia.<br />
Il titolo del libro era “Eduardo<br />
e il cinema” e fu chiesto da alcune<br />
istituzioni culturali tedesche<br />
interessate alla figura di De Filippo<br />
nelle sue molteplici attività artistiche.<br />
All’epoca del cineclub si faceva<br />
anche tanto cinema di interesse<br />
sociale.<br />
Sì, un cinema anche politico. Mi<br />
ricordo i film del filone giudiziario,<br />
come “Detenuto in attesa di giudizio”.<br />
Quali esponenti del cinema<br />
intervenivano alle serate?<br />
Ricordo Piero Chiara, autore de “Il<br />
piatto piange” e de “Il pretore di<br />
Cuvio”, ex cancelliere che scrisse<br />
libri da cui furono ricavate sceneggiature<br />
per film. Guido Cincotti,<br />
direttore del Centro sperimentale<br />
di cinematografia. Con Michelangelo<br />
Antonioni presentammo<br />
“Professione Reporter” con Jack<br />
Nicholson. Fu una cosa strepitosa.<br />
Venne questo giovane attore, bellissimo.<br />
Poi Paola Pitagora, Alberto<br />
Bevilacqua, di cui presentammo<br />
“<strong>La</strong> califfa” e “Questa specie<br />
d’amore”.<br />
Ricorda qualche aneddoto su<br />
qualcuno di questi personaggi?<br />
Ricordo che Ugo Tognazzi venne<br />
da noi a Napoli un paio di volte e<br />
spesso spariva perché aveva una<br />
relazione. Era un uomo affascinante,<br />
dalla voce suadente.<br />
Ricordo che la sera in cui presentammo<br />
“Professione reporter”<br />
accompagnai Antonioni all’Excelsior.<br />
Gli dissi che la mattina dopo<br />
lo avrei portato in stazione. Andai<br />
alle 9, come d’intesa, ma lui era già<br />
partito. Il portiere mi disse che alle<br />
7 Antonioni era sceso nella hall<br />
furibondo. Gli avevano dato una<br />
stanza, panoramica, ma sulla strada.<br />
Non aveva potuto dormire per<br />
il rumore delle auto che passavano<br />
a tutta velocità sotto alla finestra.<br />
Si fece dare dal portiere i soldi per<br />
il biglietto del treno. “Tanto – disse<br />
– passa l’avvocato a pagare”. Mi<br />
meravigliai molto.<br />
Mi stupii anche del comportamento<br />
di Piero Chiara, che aveva avuto<br />
fortuna come scrittore in tarda età.<br />
Fu relatore principale nel dibattito<br />
su cinema e letteratura. Ricordo<br />
che un suo amico andò nella segreteria<br />
del cineclub e chiese per lui il<br />
rimborso delle spese di viaggio.<br />
Un episodio particolare e indicativo<br />
avvenne durante il dibattito su<br />
cinema e televisione. Invitammo<br />
l’allora direttore del centro Rai e tv,<br />
che aveva fama di iettatore. Appena<br />
lo annunciai si spensero le<br />
luci. Ci fu un black out di almeno<br />
un quarto d’ora. Si raccontava che<br />
Mimì Rea lo avesse incrociato in<br />
via Chiaia. Pioveva, Rea doveva<br />
parlargli e si fiondò da lui che era<br />
dall’altro lato della strada. Nell’attraversare<br />
Rea scivolò, si rialzò e lo<br />
ringraziò perché – gli disse –<br />
«avresti potuto uccidermi».<br />
Lei è particolarmente legato alla<br />
sua città, ma cosa ama di più di<br />
Napoli?<br />
Penso che almeno nel mio ambiente,<br />
quello forense, c’è ancora tanta<br />
solidarietà e orgoglio di appartenenza<br />
alla professione. Quando fu<br />
ricordato Enrico De Nicola in<br />
occasione del cinquantenario della<br />
morte, Fini disse che De Nicola fu<br />
un grande uomo perché insegnò<br />
tantissimo come capo di Stato ed<br />
esaltò la stirpe <strong>dei</strong> napoletani. Ecco,<br />
Napoli ha partorito <strong>dei</strong> grandi<br />
spiriti.<br />
Cosa è cambiato, secondo lei?<br />
Vedo che anche quello spirito di<br />
solidarietà si trasforma in indifferenza.<br />
I rapporti umani non sono<br />
più quelli di una volta. Non c’è più<br />
quel desiderio, tipico <strong>dei</strong> napoletani,<br />
di voler stare insieme. Noto una<br />
sorta di “ingaglioffimento” <strong>dei</strong> rapporti<br />
umani.
16 Domenica 7 marzo 2010 TERRITORIO<br />
Salgono a dieci<br />
i prodotti campani<br />
di origine protetta<br />
Cinque attendono<br />
di ottenere<br />
il riconoscimento<br />
per entrare nell’elite<br />
continentale<br />
<strong>La</strong> produzione del provolone del monaco.<br />
A destra Vito Amendolara<br />
Il «monaco» dop<br />
sul tetto d’Europa<br />
MOZZARELLA<br />
Bufale<br />
d’autore<br />
Uno <strong>dei</strong> primi<br />
prodotti ad essere<br />
riconosciuto<br />
come<br />
Dop, la mozzarella<br />
di bufala<br />
campana è stata<br />
insignita di<br />
questo riconoscimento<br />
già<br />
nel 1996. Storicamente i primi cenni di<br />
mozzarella di bufala risalgono al XII<br />
Secolo. <strong>La</strong> tipicità di questo prodotto<br />
consta nella pasta filata prodotta dal<br />
latte di bufala fresco che è ricco di proteine<br />
e grasso. <strong>La</strong> filatura si avvale di<br />
utensili in legno per sollevare e tirare la<br />
pasta fusa fino ad ottenere un impasto<br />
omogeneo. <strong>La</strong> creazione della mozzarella<br />
avviene manualmente con la tradizionale<br />
mozzatura che si effettua con<br />
l’indice e il pollice della mano.<br />
<strong>La</strong> storia del provolone<br />
più famoso del mondo<br />
<strong>La</strong> Commissione europea<br />
ha riconosciuto l’etichetta<br />
Dop dal 9 febbraio scorso al<br />
provolone del monaco, un<br />
formaggio semiduro a pasta<br />
filata, stagionato, prodotto<br />
nell’area della Penisola Sorrentina<br />
– Monti <strong>La</strong>ttari,<br />
esclusivamente con latte<br />
crudo.<br />
Un iter durato otto anni,<br />
come conferma il presidente<br />
del Consorzio per la tutela<br />
del provolone del monaco<br />
Dop, Giosuè De Simone:<br />
«Abbiamo raggiunto un ottimo<br />
risultato dopo aver lavorato<br />
tanto. Il progetto con<br />
il disciplinare di produzione,<br />
la relazione tecnica e<br />
quella storica, sono stati<br />
presentati alla Regione nel<br />
2002, nel 2005 siamo passati<br />
alla fase transitoria nazionale<br />
presso il ministero e<br />
ora è arrivato il suggello<br />
definitivo». Importanti ripercussioni<br />
anche nel settore<br />
economico con incrementi<br />
evidenti. «Nel 2009<br />
abbiamo prodotto in tutto il<br />
consorzio 41mila chili di<br />
formaggio marchiato – conclude<br />
il presidente - ma la<br />
produzione è in aumento<br />
perché nuovi caseifici stanno<br />
entrando nel consorzio».<br />
Questo tipico prodotto<br />
campano ha radici antichissime<br />
che ancora oggi vengono<br />
rispettate durante la lavorazione.<br />
Infatti, dopo una<br />
prima fase di raccolta del<br />
latte, che deve essere munto<br />
all’interno dell’area riconosciuta<br />
dal Consorzio, i casari<br />
provvedonio alla lavorazione<br />
della materia prima<br />
POMODORINI<br />
Il rosso<br />
del Vesuvio<br />
con la cagliatura e la filatura<br />
della pasta che sarà raccolta<br />
in forme cilindriche o a pera<br />
e poi messe in salamoia. Per<br />
rispettare il disciplinare di<br />
produzione almeno il 20 per<br />
cento del latte utilizzato per<br />
la realizzazione del prodotto<br />
deve essere munto da<br />
Il pomodorino del<br />
Vesuvio ha ottenuto<br />
il riconoscimento<br />
Dop solo lo<br />
scorso anno. <strong>La</strong><br />
tipicità di questo<br />
prodotto sta nella<br />
ristretta area di<br />
produzione che è<br />
ben delimitata.<br />
Infatti, la zona in questione coincide<br />
con l’estensione del complesso vulcanico<br />
del Somma-Vesuvio sin quasi al<br />
livello del mare. <strong>La</strong> peculiarità che ha<br />
contribuito a raggiungere la denominazione<br />
Dop riguarda, anche, l’antica pratica<br />
di conservazione “al piennolo”, la<br />
caratteristica tecnica di legare fra di<br />
loro alcuni grappoli o “scocche” di<br />
pomodorini maturi per formare un<br />
grappolo poi sospeso in locali aerati,<br />
per conservare i pomodorini a lungo.<br />
Curiosità<br />
Il marchio Dop (denominazione<br />
di origine protetta)<br />
contraddistingue prodotti<br />
la cui intera preparazione<br />
avviene in un’area<br />
geografica specifica. Se<br />
invece solo una delle fasi<br />
avviene su un dato territorio,<br />
il prodotto sarà allora<br />
Igp (indicazione geografica<br />
protetta).<br />
vacche di razza “agerolese”,<br />
il cui latte è di altissima qualità.<br />
Il provolone del monaco,<br />
dopo una prima fase di<br />
asciugatura, nella quale sarà<br />
appeso a coppie su apposite<br />
incastellature a temperatura<br />
ambiente, dovrà stagionare<br />
per un periodo che va dai 4<br />
ai 18 mesi in habitat con<br />
temperature non superiori<br />
ai 15 gradi.<br />
<strong>La</strong> storia sulle origini del<br />
“provolone del monaco”<br />
vengono fatte risalire al<br />
XVIII Secolo quando i casari<br />
della Penisola sorrentina<br />
si recavano nei mercati di<br />
Napoli per vendere i loro<br />
formaggi e, durante il viaggio,<br />
per proteggersi dal freddo<br />
utilizzavano <strong>dei</strong> mantelli<br />
in tela di sacco simili al saio<br />
indossato dai monaci. Questa<br />
è la tesi più attendibile<br />
sul nome dato al provolone.<br />
<strong>La</strong> denominazione di origine<br />
protetta potrà essere un<br />
viatico importante per tutto<br />
il settore da quello zootecnico<br />
con l’aumento dell’allevamento<br />
della razza “agerolese”,<br />
considerata in via di<br />
estinzione, a quello del formaggio<br />
ormai entrato nel<br />
circuito della moderna distribuzione<br />
e della cucina<br />
mediterranea come arricchimento<br />
di piatti poveri.<br />
OLIO D’OLIVA<br />
Un dono<br />
di Minerva<br />
Per gli antichi le<br />
olive erano state<br />
create dalla dea<br />
Minerva e in Penisola<br />
sorrentina<br />
tutti i pellegrini<br />
che erano diretti<br />
al tempio della<br />
divinità alla Punta<br />
della Campanella<br />
ne acquistavano già in epoca greca e<br />
romana ingenti quantità per farne<br />
dono alla dea. Le particolari condizioni<br />
orografiche, che impongono costosi<br />
terrazzamenti, il clima tipicamente<br />
mediterraneo, la natura vulcanica del<br />
terreno, rendono l'ambiente della<br />
Penisola decisamente originale e tipico,<br />
come tipico è l'olio che vi viene prodotto.<br />
Ogni anno i migliori olii Dop ricevono<br />
il premio Sirena d’Oro di Sorrento<br />
che è giunto alla ottava edizione.<br />
Il parere della Coldiretti<br />
Vantaggi<br />
per tutta<br />
la filiera<br />
Vito Amendolara, direttore di Coldiretti<br />
Campania, cosa ne pensa dell’attribuzione del<br />
marchio Dop al provolone del monaco?<br />
Si tratta di un ulteriore, importante, riconoscimento<br />
alla bontà <strong>dei</strong> prodotti campani di casa<br />
nostra. L’ufficializzazione da parte dell’Unione<br />
europea ha suggellato definitivamente il grande<br />
lavoro che la Coldiretti ha svolto per la salvaguardia<br />
del provolone del monaco. Il dato più<br />
importante, però, non è questo, bensì la contestuale<br />
salvaguardia della mucca agerolese, un<br />
bovino autoctono della zona <strong>dei</strong> Monti <strong>La</strong>ttari e<br />
della Penisola sorrentina. Ormai<br />
questa razza era considerata in<br />
via di estinzione dato che ne esistono<br />
solo tra i cinquecento e i<br />
seicento esemplari.<br />
Il marchio Dop allora arreca<br />
vantaggi dal produttore al consumatore?<br />
Tutelare l’ allevamento della mucca<br />
agerolese vuol dire salvaguardare<br />
e sostenere tutto un settore<br />
dell’economia locale dando<br />
nuova vita alle imprese del settore<br />
in un momento di crisi come<br />
questo. Si tratta di un ritorno<br />
indiretto che scongiura il rischio<br />
di estinzione della razza e che<br />
favorisce il sistema produttivo di<br />
diversi centri rurali del comprensorio.<br />
Per proteggere ulteriormente<br />
il prodotto, nel 2006 è<br />
stato anche istituito a Vico<br />
Equense un consorzio composto<br />
da allevatori soci Coldiretti. Ogni<br />
anno sono anche previsti premi<br />
per i migliori allevatori.<br />
Cosa si può fare per proteggere<br />
i prodotti campani di qualità<br />
come il provolone dalle imitazioni<br />
sempre più frequenti?<br />
<strong>La</strong> cartina al tornasole che dimostra<br />
il forte apprezzamento per<br />
Bontà<br />
in attesa<br />
Sono cinque i prodotti<br />
campani di qualità<br />
in lista d’attesa per la<br />
conquista del marchio<br />
Dop. Tre di questi<br />
sono attualmente<br />
in corso di registrazione<br />
presso l’Unione<br />
europea (ma già sottoposti<br />
alla protezione<br />
transitoria nazionale):<br />
si tratta della ricotta<br />
di bufala campana<br />
e due olii extravergini<br />
di oliva, quello<br />
irpino delle colline<br />
dell’Ufita e quello<br />
delle Terre Aurunche.<br />
<strong>La</strong> castagna di Serino<br />
e le olive di Gaeta sono<br />
invece ancora in<br />
fase di istruttoria<br />
presso il ministero<br />
delle Politiche agricole<br />
e forestali.<br />
questo formaggio è rappresentato dal fatto che<br />
recentemente le forze dell’ordine hanno sequestrato<br />
un ingente quantitativo di provoloni del<br />
monaco contraffatti. Il consumatore che vuole<br />
avere la certezza di assaggiare il prodotto originale<br />
deve fare attenzione alla pre<strong>senza</strong> del logo<br />
europeo con le stelle gialle su fondo blu corredato<br />
dal marchio Ismecert e dal numero di lotto di<br />
produzione. Solo questo marchio dà l’assoluta<br />
garanzia che le aziende casearie di provenienza<br />
abbiano superato con successo i controlli previsti<br />
dalla legge.<br />
Pagina a cura di<br />
JOSÈ ASTARITA<br />
CLAUDIA ESPOSITO
TERRITORIO<br />
Domenica 7 marzo 2010<br />
Ad Altavilla Irpina arrivano i soldi per l’ospizio comunale che sarà completato<br />
ma non per quello religioso che ospiterà invece gli uffici del piano di zona<br />
Quel vecchietto dove lo metto<br />
17<br />
Ad Altavilla Irpina da quindici<br />
anni sono cominciati i lavori per la<br />
costruzione di due ospizi, uno religioso<br />
per iniziativa del parroco,<br />
don Giuseppe Martino, l’altro<br />
comunale su proposta della<br />
Giunta. Il primo edificio è sorto<br />
nell’area dell’ex liceo scientifico in<br />
largo Angelo Caruso e si affaccia<br />
sul retro all’incrocio tra via Martiri<br />
di Nassiria e via San Bernardino<br />
da Siena. Si trova in una zona centrale<br />
del paese vicino alla fermata<br />
dell’autobus, al corso e al Comune.<br />
Prima di essere utilizzato come<br />
scuola in epoca fascista era un<br />
monastero di suore; dopo la<br />
seconda guerra mondiale è stato<br />
impiegato come asilo infantile<br />
provvisto di refettorio. Quest’ultimo<br />
è diventato negli anni ’80-‘90<br />
la palestra del liceo scientifico.<br />
Eretto per primo dopo la demolizione<br />
del preesistente istituto scolastico,<br />
ha avuto una vita travagliata<br />
perché è stato venduto dalla<br />
parrocchia al Comune per mancanza<br />
di finanziamenti e non sarà<br />
mai un ospizio. Con il passaggio di<br />
proprietà ha cambiato anche la<br />
funzione sociale cui verrà adibito:<br />
diventerà un palazzo per uffici del<br />
piano di zona. Gli ultimi lavori<br />
sono stati eseguiti da gennaio a<br />
marzo 2009 sotto la responsabilità<br />
del geometra Giuseppe Maselli.<br />
L’importo è stato pari a circa<br />
63.000 euro comprensivi di 1800<br />
euro di oneri per la sicurezza.<br />
L’impresa appaltatrice è stata la<br />
<strong>La</strong>udato costruzioni con a capo il<br />
direttore del cantiere, il geometra<br />
Giosuè <strong>La</strong>udato. Il progetto è stato<br />
presentato dallo studio associato<br />
di architettura e urbanistica “Deco”<br />
di Avellino. Dopo la vendita e<br />
con la nuova funzione sociale,<br />
l’immobile è stato destinatario <strong>dei</strong><br />
contributi elargiti in base alla legge<br />
regionale 6/2004.<br />
Il secondo stabile è situato in piazza<br />
Cianciulli in una zona periferica<br />
del paese e sta per essere completato<br />
e inaugurato. E’ stato più<br />
fortunato dell’altro perchè ha<br />
beneficiato prima di contributi<br />
regionali.<br />
<strong>La</strong> costruzione contemporanea di<br />
due ospizi nello stesso paese ha,<br />
però, suscitato qualche curiosità<br />
Il parroco<br />
Giuseppe Martino,<br />
a fianco il sindaco<br />
Alberico Villani<br />
e in basso<br />
la struttura comunale<br />
che sarà l’ospizio.<br />
Sulla destra<br />
un gruppo di vecchietti<br />
del centro sociale<br />
Santa Barbara<br />
L’ospizio religioso<br />
che non accoglierà<br />
anziani,<br />
ma uffici<br />
del piano di zona<br />
anche perché Altavilla non vanta<br />
una popolazione molto elevata<br />
(circa 4212 abitanti secondo dati<br />
aggiornati al 31/12/2009 dall’Ufficio<br />
anagrafe comunale). <strong>La</strong> quarta<br />
parte di essi, 1000 abitanti, è<br />
costituita da anziani di cui 771 di<br />
età compresa tra 60 e 79 anni, gli<br />
altri 230 hanno più di 80 anni. Nel<br />
corso del 2009 si calcola che ventiventicinque<br />
anziani hanno usufruito<br />
di servizi di assistenza<br />
sociale, consistenti in aiuto e cura<br />
della persona, pulizia degli ambienti,<br />
disbrigo di pratiche. Nel<br />
mese di febbraio 2010 i vecchietti<br />
del paese soli e non autosufficienti<br />
che stanno beneficiando di assistenza<br />
sociale sono dieci. Si contano<br />
cinque-sei nonnini <strong>senza</strong> figli o<br />
con parenti lontani e non autosufficienti<br />
collocati in strutture <strong>dei</strong><br />
paesi vicini, tra cui si distinguono<br />
la casa di riposo di Chianche e la<br />
Residenza Sanitaria Assistita<br />
(R.S.A.) di Grottolella. Esiste una<br />
grossa differenza tra casa di riposo<br />
e R.S.A., non solo dal punto di<br />
vista economico ma anche sanitario.<br />
<strong>La</strong> R.S.A. è molto costosa,<br />
oltre 1500 euro, ma garantisce<br />
assistenza sanitaria con medici e<br />
infermieri 24 ore su 24. Si basa su<br />
una compartecipazione tra Asl e<br />
utente e prevede, in caso di anziano<br />
solo e con problemi economici,<br />
che le spese per il suo mantenimento<br />
nella struttura siano ripartite<br />
tra Asl e Comune. <strong>La</strong> casa di<br />
riposo è una soluzione più accessibile,<br />
a partire da 900 euro, ma non<br />
offre assistenza sanitaria continuata<br />
e ininterrotta. Ad Altavilla<br />
ci sono uno-due vecchietti soli,<br />
poveri, non autosufficienti che<br />
ricevono assistenza a domicilio.<br />
L’Assistenza Domiciliare Integrata<br />
(A.D.I.) dipende dall’Asl e varia da<br />
due a sei-sette ore settimanali a<br />
seconda della gravità delle condizioni<br />
di bisogno e necessità in cui<br />
si trova il vecchietto. Gli anziani<br />
che si avvalgono dell’assistenza di<br />
una badante sono quaranta.<br />
Pagina a cura di<br />
LUCIANA BARTOLINI<br />
Parla il sindaco<br />
«Tre ipotesi<br />
per gestire<br />
la struttura»<br />
‹‹L’edificio dell’ospizio religioso è stato venduto<br />
dalla parrocchia al Comune cinque<br />
anni fa : mancavano finanziamenti per finire<br />
i lavori››. Il sindaco, Alberico Villani, è<br />
perentorio e spiega che ne sarà della struttura.<br />
‹‹Lo stabile verrà utilizzato per accorpare<br />
gli uffici di due piani di zona, quelli di<br />
Altavilla e Cervinara. E’ stato finanziato<br />
dalla Regione con 600.000 euro. I lavori termineranno<br />
nel luglio prossimo e subito<br />
dopo avverrà l’inaugurazione del piano di<br />
zona associato››. Per quanto riguarda l’ospizio<br />
comunale di piazza Cianciulli (capienza<br />
di 50 posti), il sindaco ha specificato che i<br />
lavori termineranno tra quindici giorni .<br />
‹‹Non abbiamo ancora deciso come il centro<br />
sarà organizzato – spiega ancora il sindaco<br />
– ma sono aperte tre diverse possibilità:<br />
gestione diretta del Comune, indire<br />
una gara pubblica o affidamento a un’associazione<br />
onlus. Finora cinque-sei anziani<br />
hanno dato la loro disponibilità a risiedere<br />
nella casa di riposo ma è previsto un incremento<br />
del numero degli ospiti dopo il<br />
completamento <strong>dei</strong> lavori considerando<br />
anche i vecchietti <strong>dei</strong> paesi vicini››.<br />
<strong>La</strong> costruzione dell’ospizio è iniziata sette<br />
anni fa ed è stata interrotta per due-tre<br />
anni poiché non sono arrivati subito i<br />
finanziamenti elargiti con più facilità per<br />
progetti riservati ai disabili piuttosto che<br />
agli anziani.<br />
‹‹All’inizio la struttura era destinata ad<br />
accogliere anziani non autosufficienti<br />
–conclude il sindaco Villani– poi la società<br />
vincitrice dell’appalto nel 2003, mancati i<br />
finanziamenti regionali, modificò la categoria<br />
di beneficiari dell’immobile sostituendola<br />
con quella degli anziani autosufficienti››.<br />
Parla il parroco<br />
«Per pagare<br />
utilizzai<br />
i risparmi»<br />
Il parroco, don Giuseppe Martino (don<br />
Peppino), ha spiegato che l’interruzione <strong>dei</strong><br />
lavori di costruzione dell’ospizio religioso è<br />
stata causata dalla mancanza di fondi.<br />
‹‹All’inizio non c’era il problema <strong>dei</strong> finanziamenti<br />
– dice – con la donazione di 490<br />
milioni di lire da parte della signora Di<br />
Troia, un’anziana emigrata in Nuova<br />
Zelanda. <strong>La</strong> donna aveva manifestato a<br />
voce il desiderio di versare la somma alla<br />
parrocchia e io avevo accettato l’offerta in<br />
buona fede››. Il fatto risale alla seconda<br />
metà degli anni ’90. In quel periodo fu<br />
demolito il vecchio liceo scientifico e fu<br />
costruito un edificio da adibire a ospizio<br />
religioso. ‹‹<strong>La</strong> signora Di Troia morì – continua<br />
don Peppino – e gli eredi intrapresero<br />
una causa giudiziaria contro di me accusandomi<br />
di estorsione poiché la donazione<br />
non era stata sancita con atto notarile. I<br />
nipoti si riappropriarono <strong>dei</strong> soldi ; il tribunale<br />
stabilì che dovessi restituire la somma<br />
con gli interessi pari a 30 milioni››. Per saldare<br />
il debito don Peppino fu costretto a<br />
vendere una proprietà della parrocchia da<br />
cui ricavò 300 milioni, per gli altri 220 attinse<br />
dai suoi risparmi. ‹‹Senza la carenza di<br />
fondi - dice - l’ospizio sarebbe stato ultimato.<br />
Ho dovuto vendere l’edificio al Comune<br />
che vuole collocarvi i suoi uffici. Non ci sarà<br />
più un ospizio religioso. Il progetto è fallito<br />
anche se 15-20 anziani desideravano trascorrere<br />
lì gli ultimi anni di vita. L’idea dell’ospizio<br />
era partita prima da me e dopo il<br />
Comune aveva deciso di edificare un<br />
immobile analogo››.<br />
Ora, neanche se i fedeli della parrocchia<br />
con una colletta accumulassero i soldi, don<br />
Peppino ricomprerebbe il fabbricato dal<br />
Comune per terminare l’ospizio religioso.
Una sfida partita 15 anni fa dal piccolo “Tunnel” di Port’Alba<br />
“Made in Sud” su Mtv<br />
TamTam dell’ironia<br />
Gigi e Ross guidano l’assalto agli show del Nord<br />
SPETTACOLI Domenica 7 marzo 2010<br />
19<br />
Paolo Caiazzo e i suoi personaggi<br />
«Emigrante? No, sono un<br />
turista». Rispondeva così, in<br />
“Ricomincio da tre”, un esasperato<br />
Massimo Troisi a chi<br />
gli chiedeva del perché del<br />
suo viaggio a Firenze. <strong>La</strong> gag<br />
giocava sulla figura del napoletano<br />
emigrante, luogo<br />
comune sì, ma spesso anche<br />
triste verità che, nel corso<br />
del tempo, non ha risparmiato<br />
nemmeno i comici.<br />
Un’ingiustizia, se si pensa ai<br />
grandi della risata partenopea<br />
come Totò, i De Filippo<br />
e lo stesso Troisi, scomparso<br />
troppo presto, nel 1994, dopo<br />
averci lasciato un ultimo<br />
regalo: “Il Postino”. Solo un<br />
anno dopo nasce nel centro<br />
di Napoli, a via Santa Chiara,<br />
il Tunnel, un piccolo locale<br />
dove giovani artisti lavorano<br />
insieme per creare comicità.<br />
Inizia una nuova era, Napoli<br />
ha finalmente un laboratorio<br />
dove far sbocciare talenti<br />
come Alessandro Siani, Simone<br />
Schettino e i Ditelo<br />
Voi. Alla fine degli anni Novanta,<br />
in Italia, c’è il boom<br />
del cabaret, artisti di città diverse<br />
si confrontano e mescolano<br />
i loro stili; il Tunnel<br />
diventa punto di riferimento<br />
della comicità del centrosud.<br />
Gli spettacoli e le proposte<br />
innovative hanno successo,<br />
il pubblico è sempre<br />
più numeroso, il piccolo teatro<br />
di Santa Chiara non basta<br />
più, il Tunnel si sposta<br />
nei pressi di piazza Amedeo<br />
e diviene Tam (Tunnel Amedeo).<br />
Cambia la collocazione,<br />
ma non muta lo spirito,<br />
caratterizzato dalla voglia di<br />
crescere insieme garantendo<br />
all’artista uno spazio dover<br />
poter sperimentare liberamente<br />
con un occhio di riguardo<br />
per i giovani. Nel<br />
programma del teatro c’è il<br />
“<strong>La</strong>boratorio Zelig Tunnel”,<br />
dove gli aspiranti comici<br />
possono mettersi in gioco<br />
con sketch inediti e “Si…Pariando<br />
<strong>La</strong>boratorio Tunnel<br />
Giovani”, continuazione di<br />
un vecchio progetto che prevedeva<br />
una gara tra cabarettisti<br />
a colpi di battute. Il lavoro<br />
compiuto dà i suoi frutti,<br />
viene fuori una nuova nidiata<br />
di comici, tra questi Gigi e<br />
Ross, arrivati al grande pubblico<br />
con la parodia delle Iene.<br />
A loro, con Fatima Trotta,<br />
è stata affidata la conduzione<br />
dell’ultima sfida del<br />
Tam: la trasmissione “Made<br />
in Sud”, una risposta meridionale<br />
a Zelig e Colorado.<br />
«È iniziato tutto per gioco,<br />
durante una delle serate di<br />
Si…pariando – dice Ross –<br />
col direttore Nando Mormone<br />
abbiamo avuto l’idea<br />
di registrarci con le telecamere,<br />
“Made in Sud” è nato<br />
così». Dopo due edizioni di<br />
successo su Canale 34, la ribalta<br />
nazionale con lo sbarco<br />
sul satellite sul canale Mtv,<br />
Comedy Central (Sky 117, il<br />
mercoledì ore 21). «Scherziamo<br />
su Napoli e sui suoi<br />
luoghi comuni – prosegue<br />
Ross – cerchiamo di dare un<br />
immagine diversa della nostra<br />
città usando l’ironia. <strong>La</strong><br />
differenza con Zelig è che le<br />
nostre puntate si basano su<br />
un filo narrativo, un tema<br />
comune ideato con Paolo<br />
Mariconda, il nostro autore».<br />
Ora che il programma è<br />
a livello nazionale diviene<br />
ancora più importante “Il<br />
Terronometro”, uno strumento<br />
che suona in caso di<br />
battute in dialetto troppo<br />
stretto. In tal caso entra in<br />
azione il “professore” Enzo<br />
Fischetti che provvede a tradurre<br />
dal napoletano all’italiano.<br />
Tra le novità ci saranno<br />
I Malincomici, 12, 14 e 15<br />
anni, trio più giovane d’Italia;<br />
tra i veterani Salvatore<br />
Gisonna e il suo personaggio<br />
patito di Facebook, Felice<br />
Felicissimo, i Duo x Duo<br />
con una coppia di poliziotti<br />
sui generis e il “nonnetto”<br />
arzillo Nello Iorio. «Io e Gigi<br />
– spiega Ross – ci sentiamo<br />
responsabilizzati perché se<br />
sbagliamo danneggiamo anche<br />
gli altri, ma crediamo<br />
nel progetto e nella possibilità<br />
di migliorare con esperienze<br />
diverse, il cabaret che<br />
ti dà il contatto diretto col<br />
pubblico, la tv che ti fa conoscere<br />
e la radio che ti permette<br />
di sperimentare. I<br />
nostri personaggi sono nati<br />
in radio con l’aiuto di Pippo<br />
Pelo». Già, Pippo Pelo, un<br />
altro che, dagli studi napoletani<br />
di radio Kiss Kiss alleva<br />
talenti e ogni mattina con<br />
“Pelo e contropelo” esporta<br />
simpatia e semplicità campane<br />
in tutta Italia. Ed è grazie<br />
a lui e a sfide come “Made<br />
in Sud” se, un giorno, un<br />
artista napoletano in giro<br />
per Milano alla domanda<br />
«Emigrante?», potrà rispondere:<br />
«No, turista».<br />
Pagina a cura di<br />
VALERIO ARRICHIELLO<br />
FRANCESCO M. BORRELLI<br />
«Noi siamo<br />
più bravi»<br />
Paolo Caiazzo, lei ha iniziato col teatro, poi il<br />
cabaret e la tv, dove si sente più a suo agio?<br />
Mi piace alternarli così non mi fossilizzo su un<br />
solo genere e trovo stimoli nuovi. Se dovessi esprimere<br />
una preferenza, oggi amo raccontare<br />
storie e personaggi, interpretati da me o da altri.<br />
È stato a Colorado, a Zelig, che<br />
«Mi ispiro<br />
a Troisi»<br />
differenze ha notato rispetto alla<br />
comicità del Sud?<br />
Siamo più sanguigni. <strong>La</strong> nostra<br />
tradizione comica ha reso il pubblico<br />
molto esigente. È più facile<br />
che un napoletano faccia ridere il<br />
pubblico del Nord che l’inverso,<br />
ma ci sono colleghi settentrionali<br />
che funzionano anche da noi.<br />
Quanto pesa a un comico del<br />
Sud dover andare a Milano per<br />
avere successo?<br />
Quando sei a Milano sei sempre<br />
emigrante. È più comodo poter<br />
registrare nella tua città e dormire<br />
nel tuo letto. Non abbiamo nulla<br />
da invidiare alle produzioni milanesi,<br />
quindi sponsorizzo e lavoro<br />
per “Made in Sud”. Attenzione,<br />
non è secessionismo comico, l’emittente<br />
che ha creduto in noi è milanese e nessuno<br />
<strong>dei</strong> responsabili ha origini napoletane.<br />
In quale personaggio si riconosce di più?<br />
In ognuno c’è una parte di me. Nel Giapponese<br />
la mia cialtroneria, in Cardamone la mia follia, in<br />
Papà Paolo il mio amore per i figli.<br />
Progetti per il futuro?<br />
Debutto all’Augusteo di Napoli l’8 aprile con:<br />
“Tesoro non è come credi” con Maria Mazza e<br />
Maria Bolignano. Siamo in preparazione e ci<br />
stiamo divertendo, buon sintomo: se diverte noi,<br />
divertirà il pubblico. Parla di un fotografo che si<br />
ritrova foto compromettenti tra una modella e<br />
un’importante personalità italiana. Amo raccontare<br />
i giorni d’oggi e penso che anche quest’anno,<br />
come dicono i giornalisti, “sono sul pezzo!”<br />
Paolo Caiazzo è<br />
nato a San Giorgio<br />
a Cremano, il paese<br />
che ha dato i natali<br />
a Massimo Troisi.<br />
«Purtroppo - dice -<br />
non ho potuto conoscerlo<br />
e questo è<br />
il mio più grande<br />
rammarico visto<br />
che è tra i modelli<br />
a cui mi ispiro.<br />
Un grande comico<br />
di grande umanità».<br />
Il presentatore impreziosisce la scena e diverte tutti<br />
Claudio Bisio,<br />
un artista vero<br />
Claudio Bisio,<br />
dove trova lo<br />
spunto geniale?<br />
Dietro ogni improvvisazione<br />
ci<br />
sono ore di prove<br />
e un po' di “mestiere”:<br />
le mie radici<br />
affondano<br />
nel teatro e in particolare<br />
nel cabaret dove l'interazione<br />
con il pubblico e<br />
quindi l'improvvisazione<br />
sono il pane quotidiano.<br />
Quanto è importante la<br />
comicità nella sua vita?<br />
L'ironia è per me un modo<br />
di affrontare la vita. Certamente<br />
è il punto di vista<br />
privilegiato attraverso il<br />
quale leggo il quotidiano.<br />
Un giudizio su<br />
Zelig?<br />
È il frutto del lavoro<br />
di anni: è<br />
nato piccolissimo<br />
e oggi è un programma<br />
di successo<br />
del prime<br />
time. Il cuore, però,<br />
è sempre lo stesso: non<br />
è un programma nato e<br />
pensato per la televisione,<br />
bensì uno spettacolo di<br />
teatro-cabaret prima di<br />
tutto per il pubblico in sala.<br />
Un consiglio ai neoartisti?<br />
Non puntare subito alla<br />
televisione ma calcare le<br />
assi <strong>dei</strong> palcoscenici (grandi<br />
o piccoli) è una palestra<br />
fondamentale e necessaria.<br />
Zelig Cabaret,<br />
“la Milano da ridere”<br />
<strong>La</strong> verve <strong>dei</strong> comici in uno spettacolo “<strong>senza</strong> tempo”<br />
Noi che non viviamo a Milano, siamo<br />
abituati a vederli in tv il martedì in<br />
prima serata. Le risate sono assicurate,<br />
torna il buon umore e per un due o tre<br />
ore ritorniamo spensierati. Superfluo<br />
dire che stiamo parlando di Zelig, il<br />
cabaret che dal 12 maggio 1986 è diventato<br />
punto di riferimento delle serate<br />
milanesi … beati loro. Lo spettacolo<br />
televisivo che sta andando in onda<br />
dal Teatro degli Arcimboldi di Milano,<br />
permette al grande pubblico nazionale<br />
di godere dell’irresistibile verve<br />
della “banda” di comici. Presentati da<br />
Claudio Bisio e Vanessa Incontrada, gli<br />
artisti si susseguono in una sequenza<br />
“<strong>senza</strong> tempo”, dove il pathos si riscalda<br />
affabulato da quel palco che ci regala<br />
gioia. A vederli dal vivo, alle prove in<br />
viale Monza 140 - per i milanesi basta<br />
questo indirizzo per capire di cosa si<br />
Claudio Bisio e Vanessa Incontrada<br />
parla - allo Zelig cabaret, dove il tutto<br />
è nato e dove oggi si svolgono le prove<br />
di Zelig tv 2010, l’atmosfera è confidenziale<br />
e il piccolo palco diventa un’agorà<br />
d’ellenica memoria, dove paradossalmente<br />
lo spazio non è importante.<br />
I comici si muovono in un’atmosfera<br />
familiare e grazie alla conduzione<br />
di Bisio e della Incontrada, interagiscono<br />
con il pubblico in sala che diventa<br />
parte della famiglia. Ma Zelig<br />
non è solo risata e comicità, è anche<br />
studio e applicazione quotidiana rivolto<br />
a preparare e perfezionare i copioni<br />
che andranno in scena. È presente in<br />
molte città sotto forma di provinilaboratorio,<br />
dove si esibiscono le<br />
nuove promesse della comicità.<br />
Maurizio <strong>La</strong>strico, attore e comico da<br />
poco approdato con crescente successo<br />
alla prima serata in tv, consiglia ai<br />
ragazzi che si esibiscono nei laboratori<br />
Zelig e a chi vuole intraprendere la<br />
strada da attore comico: “studiate<br />
tanto, fate esperienze anche al di fuori<br />
del cabaret, sul palco non si arriva<br />
così…come un dono, ma ci vuole studio<br />
e i consigli giusti”. Lui, Maurizio,<br />
cresciuto con la scuola del Teatro<br />
Stabile di Genova esercitandosi sulla<br />
Divina Commedia, ha iniziato per<br />
divertimento a trasporre il teatro “alla<br />
Gassman” in chiave umoristica e, visto<br />
il successo della trovata, ha deciso cercarne<br />
un giusto compromesso nel cabaret.
18 Domenica 7 marzo 2010 TERRITORIO<br />
L’associazione in Campania sta ottenendo un incremento <strong>dei</strong> suoi soci,<br />
molte le attività in programma tra escursioni e discese nelle viscere della terra<br />
Club Alpino, se lo conosci ti iscrivi<br />
Escursionismo in montagna e<br />
alpinismo, ma anche speleologia, e<br />
tracciamento di sentieri: sono<br />
queste solo alcune delle attività<br />
svolte del Club alpino italiano<br />
(Cai). L’associazione, fondata nel<br />
lontano 1863 a Torino, si propone<br />
come scopo “l’alpinismo in ogni<br />
sua manifestazione, la conoscenza<br />
e lo studio delle montagne, specialmente<br />
di quelle italiane, e la<br />
difesa del loro ambiente naturale”.<br />
Oggi il Cai in Italia conta circa<br />
315.032 soci e 490 sezioni, organizzate,<br />
poi, in raggruppamenti<br />
regionali. In Campania i soci sono<br />
circa milleseicento, le sezioni otto,<br />
di cui due piuttosto antiche:<br />
Napoli (1871) e Cava De’ Tirreni<br />
(1939).<br />
«Il nostro impegno è quello di<br />
valorizzare il territorio montano,<br />
far in modo che anche le persone<br />
del luogo lo apprezzino - ricorda la<br />
presidentessa del Cai regionale,<br />
Anna Maria Martorano - ed è<br />
importante, quindi, incoraggiare<br />
la spinta alla conoscenza del territorio,<br />
perché solo dalla conoscenza<br />
può venire la tutela dell’ambiente».<br />
I soci, nonostante la crisi<br />
economica, stanno aumentando<br />
leggermente. «Dall’inizio di quest’anno<br />
si è aperta una nuova sezione<br />
a Castellammare di Stabia,<br />
quella di Benevento risale a due<br />
anni fa e le nuove sezioni fanno<br />
soci più rapidamente», sottolinea<br />
Francesco Carbonara, presidente<br />
del Cai fino al 31 dicembre scorso.<br />
C’è, poi, anche il motivo economico.<br />
«Il Cai, a differenza di altre<br />
attività, costa poco - rileva ancora<br />
Carbonara – L’attività escursionistica<br />
si fa con un <strong>niente</strong>. E poi c’è<br />
una questione di tendenza. Il turismo<br />
outdoor, all’aperto, sta aumentando.<br />
C’è bisogno di evadere.<br />
Prima era più difficile, oggi ti ven-<br />
gono a cercare». I soci sono per la<br />
maggioranza persone adulte, tra i<br />
quaranta e i sessant’anni, ma ci<br />
sono pure gruppi di giovani che si<br />
cimentano in attività fisicamente<br />
più impegnative, come lunghe e-<br />
scursioni o arrampicate. C’è, poi, il<br />
settore dell’alpinismo giovanile,<br />
che coinvolge bambini ed adolescenti<br />
dagli otto anni alla maggiore<br />
età, con escursioni dedicate a<br />
loro, che a volte coinvolgono anche<br />
i genitori.<br />
L’attività principale che si svolge<br />
nella nostra regione è comunque<br />
l’escursionismo, anche a causa dell’as<strong>senza</strong><br />
di grandi montagne come<br />
nel nord Italia. Non mancano,<br />
però, gruppi che si occupano di alpinismo,<br />
scialpinismo, sci di fondo<br />
escursionistico, arrampicata sportiva<br />
e speleologia e altri che si dedicano<br />
al soccorso alpino e speleologico<br />
e alla difesa dell’ambiente,<br />
come coloro che si occupano di<br />
avvistare e segnalare incendi durante<br />
l’estate.<br />
Da due anni anche il settore del<br />
Le sezioni<br />
Le otto sezioni del Club alpino<br />
italiano in Campania<br />
vanno da un minimo di 75<br />
soci a circa 400-500.<br />
In quella di Avellino (fondata<br />
nel 1994) sono presenti circa<br />
200 soci; a Benevento (2007)<br />
180; a Caserta (1998) un’ottantina;<br />
a Cava De’ Tirreni<br />
(1939) 179; a Napoli (1871)<br />
488; a Piedimonte Matese<br />
(1998) 311; a Salerno (1986)<br />
296; a Castellammare di Stabia<br />
(2010) stanno crescendo.<br />
ciclotrekking è in aumento.<br />
Nemmeno l’attività di ricerca e<br />
formazione è trascurata. Ci sono<br />
corsi di aggiornamento in-terni e<br />
corsi che insegnano ad andare in<br />
montagna: dal modo di vestirsi,<br />
all’equipaggiamento, al comportamento<br />
responsabile<br />
«Si deve andare in montagna preparati,<br />
perché bisogna stare attenti<br />
a non provocare danni, né frane»,<br />
fa notare ancora Anna Maria<br />
Martorano. «Le attività che sono<br />
svolte all’interno dell’associazione<br />
– aggiunge Francesco Carbonara<br />
– non sono attività di tipo commerciale.<br />
Gli esterni comunque<br />
sono ben accetti». Esistono, infatti,<br />
differenti livelli di difficoltà<br />
delle escursioni. <strong>La</strong> turistica, che<br />
rappresenta il livello base, e l’escursionistica<br />
sono adatte anche ai<br />
principianti.<br />
Pagina a cura di<br />
SONIA ACERRA<br />
BARBARA TROTTA<br />
Cosa serve<br />
Per partecipare alle uscite non<br />
bisogna dimenticarsi di indossare<br />
scarpe da trekking, pantaloni<br />
lunghi e comodi e<br />
vestirsi a strati. Da portare<br />
anche uno zainetto, un ricambio<br />
di maglietta, la colazione e<br />
la boraccia. Molto utili, poi,<br />
possono essere anche un coltellino,<br />
una bandana, le salviettine<br />
rinfrescanti, i calzettoni<br />
di ricambio, i bastoncini<br />
da trekking, la crema solare e i<br />
cerotti.<br />
Tra ponti, grotte e gallerie<br />
A Salerno<br />
il treno trekking<br />
Passeggiata sui binari<br />
che collegano Auletta a Pertosa<br />
Alla scoperta del mondo sotterraneo<br />
Passione<br />
speleologica<br />
Appuntamenti a raffica<br />
per il nucleo di Avellino<br />
Forza, precisione e coraggio per andare in alto<br />
All’arrembaggio<br />
della roccia<br />
Appassionati della montagna<br />
sempre più numerosi<br />
In occasione della giornata<br />
nazionale delle ferrovie dimenticate<br />
(7 marzo), la<br />
sezione di Salerno del Club<br />
alpino italiano<br />
ha organizzato<br />
un’escursione<br />
da<br />
svolgersi sulla<br />
tratta ferroviaria<br />
in disuso<br />
che va<br />
da Auletta a<br />
Pertosa.<br />
Il trenotrekking<br />
partirà<br />
dalla stazione<br />
di Salerno alle 9,15, dove i<br />
partecipanti prenderanno<br />
un treno che li porterà a<br />
Buccino.<br />
Qui, poi, li attenderà un autobus<br />
per raggiungere Auletta,<br />
da dove partirà il vero<br />
e proprio trekking. Il tratto<br />
da percorrere è lungo sei<br />
chilometri e attraversa una<br />
galleria e <strong>dei</strong><br />
grandi ponti<br />
(nella foto di<br />
Sandro Giannattasio<br />
un<br />
momento<br />
dell’evento ).<br />
A Pertosa,<br />
nelle vicinanze<br />
delle grotte<br />
dell’Angelo,<br />
si potrà<br />
poi mangiare<br />
in trattoria e partecipare<br />
nel pomeriggio a uno <strong>dei</strong><br />
tre laboratori a scelta e visitare<br />
le grotte. <strong>La</strong> partenza<br />
per il ritorno è prevista per<br />
le 18.30.<br />
Da quando è stata aperta nel<br />
1994 la sezione di Avellino<br />
del Club alpino italiano<br />
svolge escursioni in grotte e<br />
cavità naturali.<br />
Sono<br />
tanti gli appuntamenti,<br />
tra cui quelli<br />
speleologici,<br />
che coinvolgono<br />
i 200<br />
soci della sezione.<br />
«Le e-<br />
scursioni sono<br />
diversificate<br />
e ci sono<br />
tutte le domeniche e in diversi<br />
week end- spiega<br />
Otello Manfra presidente<br />
del Cai Avellino- e poi ci sono<br />
la settimana bianca e<br />
quella verde. Adesso stiamo<br />
rilanciando le escursioni<br />
speleologiche che appartengono<br />
alla nostra tradizione».<br />
<strong>La</strong> prossima tappa<br />
è per domenica<br />
14<br />
marzo sui<br />
Monti Picentini.<br />
Si<br />
parte dal<br />
Monte Magnone<br />
(1498<br />
m) sul Rifugio<br />
Jurumito<br />
passando per<br />
i pozzi di Bagnoli.«Il<br />
nostro<br />
motore è la passione<br />
verso l’ambiente- continua<br />
Manfra- per valorizzare il<br />
suo patrimonio e per tutelarlo.<br />
Oggi c’è troppa incuria<br />
sulle montagne».<br />
L’arrampicata sportiva è una<br />
delle attività più recenti<br />
svolte dalla sezione di Avellino<br />
del Club alpino italiano<br />
che ha all’attivo<br />
più di 15<br />
anni di esperienza.<br />
Il<br />
gruppo di arrampicata<br />
che alcuni<br />
hanno denominato<br />
“gli<br />
Scarrafoni di<br />
Avellino” ha<br />
un ricco calendario<br />
che<br />
parte il prossimo 3 aprile e<br />
finisce il 16 ottobre. «Il<br />
gruppo è attivo solo dallo<br />
scorso anno - afferma<br />
Otello Manfra, presidente<br />
Cai di Avellino - ma ha da<br />
subito riscosso interesse.<br />
Quest’anno sono state<br />
organizzate tante escursioni.<br />
Tra le altre attività stiamo<br />
cercando<br />
anche di lanciare<br />
lo sci<br />
alpino». Si<br />
comincia con<br />
la Falesia della<br />
Costiera<br />
Amalfitana,<br />
passando per<br />
quella di A-<br />
vella, Punta<br />
d’Aglio, Falconara<br />
e<br />
Gaeta per concludere con<br />
San Liberatore. «Stiamo<br />
lavorando a un progetto di<br />
recupero e valorizzazioneaggiunge<br />
Manfra- del parco<br />
regionale del Partenio».
20 Domenica 7 marzo 2010 RUBRICHE<br />
L’idea della saggista<br />
è quella di descrivere,<br />
in tutti i suoi aspetti,<br />
un capitolo della storia<br />
del nostro Paese:<br />
Piazza Fontana,<br />
le Brigate Rosse<br />
e i gruppi neofascisti<br />
<strong>La</strong> strage di Piazza Fontana<br />
<strong>La</strong> violenza che stabilizza<br />
“Il terrorismo” è l’ultimo lavoro di Antonella Colonna Vilasi<br />
Un volume che racconta la “strategia della tensione” in Italia<br />
Obiettivo: destabilizzare la situazione politica<br />
italiana. Come? Attraverso la strategia<br />
della tensione. Gli attori principali di<br />
questo piano eversivo sarebbero stati i<br />
gruppi armati, determinati nel portare a<br />
termine azioni per terrorizzare l’opinione<br />
pubblica.<br />
Inizia così l’ultimo lavoro di Antonella Colonna<br />
Vilasi, “Il terrorismo”. Duecento<br />
pagine che rappresentano un tuffo nel passato,<br />
nella storia dell’Italia della Prima<br />
Repubblica, per descrivere il percorso a o-<br />
stacoli che la democrazia del nostro Paese<br />
ha affrontato negli anni del boom economico,<br />
dell’avanguardismo operaio e delle<br />
lotte studentesche. <strong>La</strong> scrittrice analizza il<br />
tessuto terroristico di diversa matrice politica,<br />
comunista e neofascista, e ricostruisce<br />
le trame che hanno attentato all’assetto<br />
democratico italiano. Il libro è suddiviso<br />
in tre macrosezioni: dalla strategia della<br />
tensione in cui, lucidamente, l’autrice individua<br />
i risvolti sia interni che internazionali;<br />
all’eversione di sinistra, non limitandosi<br />
a indagare solo le Brigate rosse e<br />
Prima linea; fino ai Nuclei armati rivoluzionari<br />
, i “neri” emblema dello spontaneismo.<br />
Piazza Fontana può essere considerata<br />
come l’incipit fondamentale, il momento<br />
in cui la storia vira in modo brusco,<br />
ma soprattutto violento, e prende una di-<br />
arte<br />
I “Guerrieri” di Luigi Vollaro<br />
alla Galleria di Angri<br />
Comprendere il valore che lo spazio interno, contenuto<br />
dalla materia, assume nel suo nuovo rapporto<br />
con la forma. L’artista campano Luigi Vollaro, con<br />
quest’idea, realizza le sculture che saranno esposte,<br />
fino al 31 marzo, nella Galleria di Angri (Salerno).<br />
Le forme stesse delle opere di Vollaro sollecitano<br />
l’immaginario. I suoi “Guerrieri”, infatti, richiamano<br />
alla mente i reliquiari, anneriti dal tempo, che a-<br />
dornano gli altari delle chiese di Napoli. Lo scultore<br />
volge così lo sguardo nello spazio originario del<br />
suo essere: attinge racconti che descrive nella sostanza<br />
della materia.<br />
<strong>La</strong> realtà “messa a fuoco”<br />
da Pierpaolo Lista<br />
<strong>La</strong> fotografia vista non più come pura estetica, ma<br />
legame concettuale con l’autore che crea un significato<br />
all’interno dell’inquadratura. Questo il messaggio<br />
che Pierpaolo Lista vuole lanciare attraverso<br />
i suoi scatti, esposti fino al 3 aprile alla Galleria<br />
“Leggermente fuori fuoco” di Salerno. I lavori dell’artista<br />
sono in continuità con il suo approccio pittorico,<br />
creando un mondo ludico e minimale, popolato<br />
da oggetti comuni: 17 foto che partono dalla<br />
bidimensionalità, passano attraverso la sperimentazione<br />
futurista e arrivano alle immagini moderne.<br />
Lista dipinge e compone il suo immaginario<br />
superando così il concetto di fotografia come registrazione<br />
di una realtà preesistente e colta sul fatto.<br />
versa direzione. <strong>La</strong> bomba del 12 dicembre<br />
del 1969 a Brescia e gli attentati a Roma<br />
e Milano si collocano, secondo la saggista,<br />
in un piano ben preciso: 145 attentati<br />
dal 3 gennaio non possono essere considerati<br />
come una pura e semplice ondata<br />
rivoluzionaria. Bisogna però tornare indietro<br />
nel tempo per trovare le fondamenta<br />
della strategia della tensione. L’inizio,<br />
nel 1945, è a Yalta, dove i vincitori della Seconda<br />
Guerra Mondiale ridisegnano la<br />
cartina geografica dell’Europa a seconda<br />
delle sfere di influenza. L’Italia, come territorio<br />
di confine, diventa il laboratorio a-<br />
<strong>La</strong> scrittrice<br />
Antonella Colonna Vilasi è<br />
saggista e membro del comitato<br />
scientifico del Premio giornalistico<br />
di Salerno. Ha pubblicato<br />
opere sulle tematiche criminologhe-forensi<br />
e ha lavorato<br />
a una trilogia sui temi di<br />
intelligence. Autrice di volumi<br />
su questioni di attualità come il<br />
“Mercato dell’energia in Italia”<br />
e “N’drangheta, i mille volti di<br />
un sistema criminale”.<br />
datto nel quale sperimentare nuovi e moderni<br />
modus operandi.<br />
E la dottrina del presidente Usa Truman<br />
ha come obiettivo l’arresto dell’espansione<br />
comunista nel vecchio continente. Situazione<br />
favorita dall’immobilismo sovietico<br />
l’Urss infatti è il più fedele interprete degli<br />
accordi della Conferenza di Crimea.<br />
Ma la Democrazia cristiana, da muro incrollabile<br />
contro l’assalto marxista, si trasforma<br />
in interlocutore <strong>dei</strong> grandi partiti<br />
di massa della sinistra italiana. A questo<br />
punto l’autrice, abbandonata Yalta, interpreta<br />
le reazioni delle Br (che culmineranno<br />
con l’assassinio Moro) come paura nei<br />
confronti di una politica vista sempre più<br />
come potenza restauratrice.<br />
L’ultima parte del libro è dedicata ai<br />
movimenti di estrema destra, gruppi<br />
indipendenti e spontanei, ebbri del mito<br />
dell’azione esemplare fine a se stessa. Per<br />
quindici anni l’Italia è stato un Paese<br />
insanguinato dalla logica del terrore:<br />
migliaia di attentati, 150 morti e 652 feriti.<br />
Tutto questo semplicemente per stabilizzare<br />
destabilizzando.<br />
musica<br />
Folk, rock e leggenda<br />
tra le note <strong>dei</strong> Sileni<br />
Pagina a cura di<br />
SANTO IANNÒ<br />
Nella mitologia greca, i sileni sono delle divinità <strong>dei</strong><br />
boschi, caratterizzate da una natura selvaggia e<br />
lasciva. “I Sileni”, però, sono anche un quartetto sannita<br />
che ha scelto una sonorità in linea in tutto e per<br />
tutto con l’allure di queste divinità. In un mondo dove<br />
un po’ tutte le band si affannano nel tentativo di<br />
fare il solito, talvolta ripetitivo indie rock, loro vanno<br />
completamente controcorrente, riuscendo nell’arduo<br />
compito di portare una ventata di freschezza<br />
nel panorama musicale italiano.<br />
“I Sileni”, nell’omonimo album d’esordio, riescono a<br />
non essere ancorati a nessun genere musicale, ma<br />
spaziano tra il progressive, il folk ed il rock di stampo<br />
classico, con una leggerezza figlia di una maestria<br />
veramente degna di nota. Senza mai stancare,<br />
ma soprattutto <strong>senza</strong> inutili virtuosismi, fondono<br />
suoni e rumori della vita quotidiana. In “Clinic”,<br />
pezzo dal sapore Radiohead, si fa notare la voce,<br />
piena e al tempo stesso delicata, praticamente perfetta<br />
per il genere. Ma la cosa migliore di questo<br />
album sono i riff di chitarra. Melodie che a volte<br />
ricordano Andrès Segovia (come ad esempio nella<br />
bellissima “Five”), altre fanno pensare a un postmoderno<br />
Johnny Cash. Per tutti questi motivi, il disco<br />
arriva sulla scena musicale in punta di piedi, ma<br />
con carattere innovativo e originale.<br />
Tuttavia, considerando che si tratta di un disco d’esordio,<br />
le nuove sonorità sperimentate da “I Sileni”<br />
faranno certamente di loro.(V.V.)<br />
libri<br />
“Iran, la rivoluzione on line”<br />
di Ahmad Rafat<br />
Edizione Cult<br />
Pagine 160– 16,00 euro<br />
L’onda verde e internet. Nel suo ultimo libro,<br />
lo scrittore iraniano Ahmad Rafat racconta la<br />
<strong>rivolta</strong> popolare di Teheran, scatenata dopo i<br />
presunti brogli elettorali che a giugno hanno<br />
confermato Ahmadinejad alla guida dell’Iran.<br />
Un popolo che nel web ha trovato un fedele<br />
alleato e non solo uno strumento utile per comunicare<br />
e organizzare le proteste. In quei<br />
giorni, infatti, il web diventa l’unico mezzo<br />
per diffondere nel mondo i messaggi di cittadini<br />
che lottano per la propria dignità, dopo<br />
un voto scippato. Rivolta soffocata nel sangue<br />
ma che, nonostante la repressione, è sopravvissuta<br />
grazie alla capacità di comunicare <strong>dei</strong><br />
giovani. Le immagini delle proteste trasmesse<br />
su Youtube e Twitter hanno fatto crollare i<br />
muri. E il mondo intero ha saputo.<br />
“L’apocalisse <strong>dei</strong> lavoratori”<br />
di Valter Hugo Mae<br />
Edizione Cavallo di Ferro<br />
pagine 224– 15,00 euro<br />
Come trovare il paradiso e la felicità in un<br />
mondo in cui la precarietà sembra fermare<br />
la vita stessa. L’ultimo lavoro del poeta portoghese<br />
Valter Hugo Mae è un dipinto della<br />
società moderna, in cui domina la lotta per<br />
sentirsi appagati. Ma, a dispetto del titolo<br />
catastrofico, i protagonisti de “L’apocalisse<br />
<strong>dei</strong> lavoratori” riusciranno nel loro intento.<br />
Un ironico affresco della società contemporanea<br />
lusitana, ma che supera i confini territoriali<br />
per descrivere il disagio <strong>dei</strong> nostri<br />
giorni. Viaggio nelle ossessioni di chi è solo<br />
alla ricerca di un po’ di serenità e, pur di trovarla,<br />
è disposto a precipitare nell’abisso.<br />
“Il patto che ci lega”<br />
di Giorgio Napolitano<br />
Edizione Il Mulino<br />
Pagine 227– 15,00 euro<br />
Due temi di fondo ritornano nella raccolta<br />
<strong>dei</strong> discorsi del Presidente Napolitano: il richiamo<br />
al «patto che ci lega» (la Costituzione)<br />
e la consapevolezza che l’Italia ha bisogno<br />
di un discorso politico pubblico che<br />
la sorregga. Il nostro Paese, scrive Napolitano,<br />
vive una trasformazione culturale e<br />
sociale da cui emerge un vuoto nella pedagogia<br />
della cittadinanza. Per rimediare a<br />
questa mancanza, il Presidente richiama gli<br />
italiani a «un concorso di volontà che sia<br />
più forte di tutte le ragioni di divisione». Parole<br />
forti, parole per la Repubblica.<br />
“<strong>La</strong> rosa e i tre chiodi”<br />
di D’Andrea G.L.<br />
Edizione Mondadori<br />
pagine 400 - 17 ,00 euro<br />
Un quartiere magico, ma “reale”, quello <strong>dei</strong><br />
“cambiavalute”. D’Andrea G.L. ci trasporta<br />
di nuovo nel Dent de Nuit di Parigi insieme<br />
a Caius, il Wunderkind. Nel secondo volume<br />
della trilogia “<strong>La</strong> Rosa e i tre Chiodi”, e-<br />
dita da Mondatori, nelle librerie agli inizi di<br />
aprile, ritroveremo i personaggi del primo<br />
volume in un ambiente ancora più nero e<br />
cupo, conosceremo meglio il protagonista,<br />
il giovanissimo Caius, e con lui gireremo<br />
nelle strade del quartiere <strong>dei</strong> “cambiavalute”,<br />
maghi che barattano ogni loro magia con un<br />
ricordo. Ritroveremo il malvagio Spingelman,<br />
capiremo il perché di alcune sue azioni<br />
e scopriremo l’importanza per la vita di<br />
Caius di un personaggio che pochi ricorderanno.<br />
Un secondo volume ancora più dark<br />
che promette di sorprendere almeno quanto<br />
il primo. (D.D.S.)
Fede, arte e tradizione<br />
del borgo sannita<br />
alla riscoperta<br />
di riti millenari.<br />
L’antica cultura<br />
è stata proposta<br />
tra i Beni Immateriali<br />
del Patrimonio<br />
dell’Unesco .<br />
Fai una pausa a Guardia<br />
WEEK END<br />
Domenica 7 marzo 2010<br />
21<br />
di Francesco Maria Borrelli<br />
Sformato di verdure e macinato<br />
CHIARA DEL GAUDIO<br />
A chi sogna la fuga dal“logorio<br />
della vita moderna”, un toccasana<br />
per il fisico e per l’anima è<br />
Guardia Sanframondi. Caratteristico<br />
borgo medievale, che<br />
fu dimora <strong>dei</strong> più nobili casati,<br />
dai Sanframondi ai Carafa, è<br />
arroccato sulla Valle Telesina e<br />
gode del piacevole clima collinare,<br />
a poco più di 500 metri sul<br />
livello del mare. Avvolto in<br />
un’atmosfera <strong>senza</strong> tempo, l’antico<br />
sito nato attorno al castello,<br />
a “guardia” del quale si avvicendarono<br />
Sanniti, Longobardi e<br />
Normanni, contendendosi il<br />
primato dell’originario nucleo<br />
abitativo, risente ancor oggi del<br />
carattere “guardiese”<br />
<strong>dei</strong> suoi<br />
5700 abitanti.<br />
Attenti nel preservare,<br />
insieme<br />
con la bellezza<br />
degli antichi<br />
luoghi, la<br />
natura e l’ambiente<br />
(tanto da<br />
fargli attribuire<br />
il premio di<br />
“Comune riciclone”<br />
assegnato<br />
dalla Regione<br />
Campania,<br />
per il raggiungi-<br />
VINALIA<br />
Giunge alla XVII edizione la<br />
rassegna enogastronomica<br />
del Circolo Viticoltori che<br />
propone il percorso del gusto<br />
dal castello al centro storico.<br />
Il feudo <strong>dei</strong> Sanframondi<br />
crocevia di piacere e penitenza<br />
mento del 50% della raccolta<br />
differenziata) ma anche, nel<br />
contrastare le nocive contaminazioni<br />
dell’odierno relativismo,<br />
proponendo una immersione<br />
nella penitenza, attraverso i riti<br />
settennali <strong>dei</strong> battenti, divenuti<br />
famosi in tutto il mondo.<br />
Quest’anno ricorre il settennato<br />
della manifestazione religiosa<br />
che, nel segno dell’antica tradizione<br />
popolare, rinnova l’adorazione<br />
della Madonna dell’Assunta.<br />
Per tutta la settimana<br />
IL CASTELLO<br />
Fu fatto edificare dal normanno<br />
Raone capostipite <strong>dei</strong> Sanframondo<br />
che dominarono dal<br />
1134 al 1461 e fu dimora <strong>dei</strong><br />
Carafa dal 1469 al 1806.<br />
successiva a quella di ferragosto,<br />
i quattro rioni di Guardia<br />
Croce, Portella, Fontanella e<br />
Piazza, organizzeranno quadri<br />
viventi di rappresentazioni delle<br />
sacre scritture e processioni.<br />
Tanto forti nell’animus sannita,<br />
da ripetersi dal lontano 1753,<br />
quando si tennero “in ringraziamento<br />
della desiderata pioggia”<br />
e oggi, proposti per l’inserimento<br />
nell’elenco del Patrimonio<br />
culturale immateriale dell’Unesco.<br />
Meta, quella guardiese, che<br />
a pochi chilometri da Benevento,<br />
offre un naturale rifugio dal quotidiano<br />
a chi voglia godere del<br />
fascino dell’antico feudo e del<br />
maestoso castello. Maniero che<br />
ospita, oltre a un teatro all’aperto<br />
per 600 posti, il museo delle farfalle,<br />
noto per la raccolta, in 56<br />
bacheche, di oltre 1000 esemplari<br />
tra i più belli e interessanti di<br />
tutto il mondo.<br />
Ma Guardia Sanframondi, affacciata<br />
com’è sui monti del Taburno<br />
è anche terra del buon vino.<br />
Crocevia sannita di penitenza e<br />
dipiacere, sin dalla metà degli<br />
anni’ 50, quando fu set cinematografico<br />
per pellicole di carattere<br />
religioso (“Maddalena” 1953,<br />
regia di Augusto<br />
Genina)<br />
ma non<br />
solo.<br />
E’ qui che il<br />
regista Mario<br />
Camerini nel<br />
I BATTENTI<br />
Dai riti pagani del ‘500, la<br />
penitenza corporale rivive<br />
nelle processioni degli incappucciati<br />
che si preparano<br />
all’incontro con l’Assunta.<br />
celebre film<br />
del 1955, “<strong>La</strong><br />
Bella Mugnaia”<br />
fece vivere<br />
i suoi personaggi<br />
con Vittorio<br />
de Sica,<br />
Sophia Loren,<br />
e Marcello<br />
Mastroianni.<br />
Ingredienti per sei persone:<br />
zucca 800gr, cipolle di Tropea 400 gr<br />
patate 500 gr, manzo macinato 600 gr<br />
pecorino vecchio grattugiato 200 gr<br />
olio extravergine d’oliva, pepe nero<br />
pan grattugiato, sale.<br />
Preparazione:<br />
<strong>La</strong>vate le verdure, toglietene la buccia e<br />
tagliatele in piccoli cubetti. Mettete la polpa<br />
tagliata in acqua bollente, salata, e fate cuocere<br />
per dieci minuti. Colate le verdure, fatele<br />
raffreddare e mettetele nel frullatore. Fatele<br />
frullare aggiungendo progressivamente, e<br />
quando necessario, poca acqua tanto per rendere<br />
più omogeneo il composto. Versate la<br />
crema di verdure in un contenitore molto<br />
ampio e aggiungetevi la carne macinata.<br />
Mescolate il tutto aggiungendo olio d’oliva,<br />
pecorino grattugiato, un po’ di pan grattato, il<br />
pepe e aggiustate di sale.<br />
Preriscaldate il forno a 180º, oleate una teglia<br />
e spolveratene fondo e lati con del pan grattato.<br />
Versate il mix di verdure e carne macinata<br />
nella teglia, livellatelo, spolveratene la parte<br />
superiore con del pangrattato, aggiungete un<br />
filo d’olio e pettinate la superficie con la forchetta.<br />
Infornate e fate cuocere per cinquanta<br />
minuti. Una volta cotto aspettate che lo<br />
sfornato si intiepidisca prima di impiattarlo e<br />
guastarlo.<br />
I vini:<br />
Col di Sasso (sangiovese e cabernet) rosso,<br />
Banfi, oppure Falerno del Massico bianco<br />
doc, Villa Matilde.
22 Domenica<br />
7 marzo 2010 SPORT<br />
LA FINE DELLA NUOVA SEBASTIANI RIETI<br />
NSB ADDIO: ECCO I MOTIVI<br />
<strong>La</strong> fine della pallacanestro reatina<br />
inizia con una festa, quella per la<br />
miracolosa salvezza in Serie A<br />
nella stagione 2008/2009. All’epoca,<br />
tra i tanti tifosi<br />
della Nuova Sebastiani<br />
Basket nessuno poteva<br />
immaginare cosa<br />
sarebbe accaduto di lì<br />
a qualche mese. In<br />
estate, infatti, ecco arrivare<br />
la beffa. Quando<br />
sembravano ormai<br />
cosa fatta gli accordi<br />
del presidente Gaetano<br />
Papalia con Wind e<br />
Acea per la sponsorizzazione<br />
del PalaSojourner,<br />
qualcosa fa saltare momentaneamente<br />
il banco e Papalia<br />
inizia a flirtare con Napoli. A questo<br />
punto, l’Acea, pur di scongiurare<br />
la fine della Nsb, promette la<br />
somma necessaria a evitare il trasferimento,<br />
forse anche al fine di<br />
scaricare una volta per tutte Papalia.<br />
Il presidente però rilancia e si<br />
dichiara disponibile a fare un passo<br />
indietro. Ma è solo<br />
una provocazione per<br />
capire le reali intenzioni<br />
dell’Acea, tant’è<br />
che Papalia ha sempre<br />
continuato le trattative<br />
con gli sponsor<br />
napoletani. Morale<br />
della favola? Atroce:<br />
l’Acea non mantiene<br />
la promessa e contemporaneamente<br />
gli<br />
imprenditori napoletani<br />
rispondono picche.<br />
Per la Nsb è solo l’inizio della<br />
fine. Dopo Natale, i giocatori acquistati<br />
nel periodo delle promesse<br />
non ritornano a Napoli, in campo<br />
vanno i ragazzini e la Nsb, suo malgrado,<br />
entra nella storia.<br />
Gaetano Papalia<br />
Si scrive Martos Napoli, si legge<br />
Nuova Sebastiani Rieti, significa la<br />
pagina più nera della storia del<br />
basket italiano. Difficile definire<br />
diversamente quanto sta accadendo<br />
a Napoli, dove dallo scorso gennaio<br />
la parola pallacanestro fa rima<br />
con vergogna. Colpa di una gestione<br />
societaria quantomeno discutibile<br />
e, soprattutto, di un regolamento<br />
che permette giochini in<br />
stile risiko a personaggi in cerca<br />
d’autore. E così, come se nulla fosse<br />
o quasi, vengono infangate in un<br />
batter di ciglia la storia cestistica e<br />
la credibilità sportiva di due città,<br />
Napoli e Rieti, tradite profondamente<br />
da chi aveva promesso le<br />
stelle e sta invece regalando le stalle.<br />
Sul banco degli imputati Gaetano<br />
Papalia, presidente di quella<br />
Nuova Sebastiani Rieti che la scorsa<br />
estate, con un colpo di mano<br />
motivato da presunte esigenze<br />
economiche, dalla sera alla mattina<br />
è diventata Martos Napoli.<br />
<strong>La</strong> spiegazione direttamente dalle<br />
parole di Papalia, che all’epoca <strong>dei</strong><br />
fatti dichiarò alla stampa: «I Pala-<br />
Sojourner (la struttura reatina,<br />
Martos, la pagina più nera della pallacanestro italiana<br />
Basket Napoli,<br />
gioventù sprecata<br />
I ragazzini allo sbaraglio ultima tappa della crisi<br />
ndr) non è a norma per la serie A<br />
non per parametri tecnici, ma per<br />
motivi economici. Il palazzo si<br />
trova in una zona che non consente<br />
di avere incassi in termini di<br />
pubblico o di spazi pubblicitari<br />
sufficienti a sostenere una serie A.<br />
Requisiti che, al contrario, il Pala-<br />
Barbuto di Napoli ha e per questo<br />
abbiamo chiesto ed ottenuto la deroga».<br />
E giù promesse, ambizioni e<br />
sogni di gloria (addirittura era stato<br />
prospettato l’arrivo della stella<br />
Nba Allen Iverson). Secondo Papalia,<br />
nel progetto sarebbero stati<br />
coinvolti, grazie anche all’interessamento<br />
del presidente della<br />
Regione Bassolino, una mezza<br />
dozzina di imprenditori al fine di<br />
allestire una squadra competitiva.<br />
In cambio, il presidente avrebbe<br />
realizzato a sue spese campi da<br />
basket in tutta la città: come dire, il<br />
fine sociale per l’utile personale.<br />
Doveva essere, ma è stato ben altro.<br />
Forse anche a causa di una situazione<br />
ambigua lasciata a Rieti,<br />
gli sponsor napoletani saltano, gli<br />
imprenditori spariscono e la nuova<br />
realtà cestistica viene abbandonata<br />
a se stessa. Dopo la pausa natalizia<br />
il baratro. Con stipendi non pagati<br />
da mesi, i giocatori lasciano Napoli,<br />
la giustizia sportiva infligge sei<br />
punti di penalizzazione (che si aggiungono<br />
agli altri due sanciti a inizio<br />
stagione per irregolarità, ndr) e<br />
Papalia decide di mandare in campo<br />
i ragazzini dell’Under 19. Il 3<br />
gennaio iniziano i record, negativi<br />
purtroppo. <strong>La</strong> Martos subisce passivi<br />
da far paura e il 7 febbraio entra<br />
nella storia: l’Avellino asfalta i ragazzini<br />
partenopei con il punteggio<br />
di 172 a 70, lo scarto maggiore di<br />
tutti i tempi. A volte, però, non c’è<br />
fine al peggio. Dopo 3 giorni, infatti,<br />
si riunisce la Commissione<br />
Giudicante della Federazione: sul<br />
tavolo la richiesta di retrocessione<br />
per la Martos avanzata dalla Procura<br />
federale per la violazione degli<br />
articoli 43 (atti di frode sportiva)<br />
e 44 (responsabilità oggettiva<br />
per atti di frode sportiva) del Regolamento.<br />
Chi si aspettava una penalizzazione<br />
esemplare e un doppio<br />
declassamento rimane deluso.<br />
<strong>La</strong> sentenza parla chiaro: inibizione<br />
di 3 anni e 4 mesi per Papalia, 8<br />
punti di penalità da scontare nel<br />
prossimo campionato. In pratica,<br />
una sanatoria. <strong>La</strong> vicenda, però,<br />
non è conclusa. In attesa di nuove<br />
decisioni della giustizia sportiva,<br />
un solo interrogativo: in pre<strong>senza</strong><br />
di un regolamento con tante lacune,<br />
è davvero tutta colpa di Papalia?<br />
Aspettando Godot (le regole),<br />
teniamoci il segreto di Pulcinella.<br />
Pagina a cura di<br />
PIERLUIGI G. CARDONE<br />
GIANNI IANNACCONE<br />
Il presidente della Lega<br />
«Non sarà<br />
facile<br />
rimediare»<br />
Presidente Renzi, a Napoli si sta scrivendo<br />
la pagina più nera della storia del<br />
basket italiano. Qual è il suo parere ?<br />
«Il caso Napoli è una pagina triste, forse la<br />
più triste negli annali della pallacanestro di<br />
casa nostra. <strong>La</strong> vicenda è sotto gli occhi di<br />
tutti. E’ una situazione inaspettata, quindi<br />
di difficile gestione, perché tutte le normative<br />
federali non si possono cambiare a piacimento<br />
e a giochi in corso. Quindi l’auspicio<br />
è che non si ripetano più queste situazioni,<br />
che certamente non fanno fare bella figura<br />
a tutto il movimento cestistico nazionale,<br />
anche e soprattutto agli occhi delle altre<br />
federazioni europee».<br />
Come si potrebbe evitare che negli anni a<br />
venire si ripetano casi come quelli che<br />
hanno sancito la fine della Nuova Sebastiani<br />
Rieti e<br />
il suo spostamento<br />
a Napoli?<br />
«In questo caso<br />
non è facile.<br />
E’impossibile<br />
cambiare il regolamento<br />
a<br />
campionato in<br />
corso, soprattutto<br />
perché<br />
esistono due<br />
ambiti, quello<br />
giuridico e quello sportivo».<br />
In che senso?<br />
«Le società professionistiche sono anche<br />
società di capitali con finalità di lucro e<br />
quindi da quel punto di vista, oltre alla giustizia<br />
sportiva, entra in gioco anche il<br />
Codice civile. E questo è un problema per<br />
noi perché complica maledettamente il<br />
nostro spazio d’intervento».<br />
Perché?<br />
«Il motivo è semplice: far contemperare<br />
queste due esigenze nel momento contingente<br />
non è ancora cosa facile. Certamente<br />
l’obiettivo è quello di arrivare a un punto di<br />
non ritorno e fare in modo che queste<br />
situazioni non si verifichino più. Detto<br />
questo, è chiaro che non sarà facile trovare<br />
una soluzione in tempi rapidi».<br />
Il numero uno della Fip<br />
«Mai più<br />
vicende<br />
simili»<br />
Dino Meneghin, cosa pensa della scabrosa<br />
situazione di Napoli?<br />
«<strong>La</strong> speranza è che Papalia ritiri la squadra.<br />
Cosa che però non farà perché il regolamento<br />
glielo consente. <strong>La</strong> Corte federale si<br />
riunirà per discutere le eventuali sanzioni<br />
da comminargli. Il Consiglio federale, invece,<br />
il 2 marzo farà tutte le valutazioni e capiremo<br />
cosa sarà possibile fare».<br />
Perché si è arrivati a questo punto?<br />
«Perché il signor Papalia ha avuto il permesso<br />
dal Consiglio federale e dalle Leghe<br />
di spostare la squadra di Rieti a Napoli, perché<br />
diceva che a Rieti la società sarebbe sparita,<br />
in quanto non aveva le forze economiche<br />
per andare avanti. A Napoli, invece, ha<br />
detto che, con i contributi delle istituzioni,<br />
avrebbe trovato nuovi sponsor. Papalia ha<br />
iscritto regolarmente<br />
la<br />
squadra al<br />
campionato,<br />
poi le cose si<br />
sono complicate<br />
e siamo<br />
arrivati a questo<br />
punto».<br />
Ha pensato a<br />
una soluzione<br />
per evitare in<br />
futuro episodi<br />
simili?<br />
«Abbiamo già parlato con il presidente<br />
della Lega della necessità di cambiare il<br />
regolamento per evitare questi “fatti”. Sarà<br />
una cosa abbastanza rapida, ma penso che<br />
non sia possibile fare qualcosa di nuovo già<br />
per questo campionato, per il quale vige il<br />
regolamento in atto. Dalla prossima stagione,<br />
anche insieme al Coni, valuteremo<br />
come apportare modifiche in questo senso<br />
per non permettere più simili vicende».<br />
Non crede che le partite disputate da<br />
Napoli in questa stagione debbano essere<br />
depennate dagli annali e dalla storia<br />
del basket?<br />
«Secondo me no. Anzi. Devono rimanere<br />
lì a monito futuro. Ricordo una scritta nel<br />
bar di un mio amico che diceva: “per colpa<br />
di qualcuno non si fa credito a nessuno”».
SPORT<br />
Domenica 7 marzo 2010<br />
23<br />
Non solo il calcio entusiasma il popolo <strong>dei</strong> tifosi: un viaggio tra le discipline migliori e non minori<br />
In Campania lo sport è d’oro<br />
Dai fratelli Abbagnale a Pino Maddaloni (judo) e Clemente Russo (boxe)<br />
MARIA EMILIA COBUCCI<br />
Famiglia di campioni<br />
È tutta la famiglia<br />
Maddaloni a dedicarsi<br />
allo sport. Marco fratello<br />
di Pino è un judoka di<br />
rango internazionale. È<br />
un ex campione Italiano<br />
Assoluto e due volte<br />
Campione Europeo<br />
Under 23 nel 2004 e<br />
2005.<br />
Oggi milita nelle file<br />
delle Fiamme Oro di<br />
Roma. <strong>La</strong> sorella di<br />
Pino, <strong>La</strong>ura è stata pluricampionessa<br />
italiana e<br />
per molti anni titolare<br />
nella Nazionale Italiana<br />
Femminile. Inoltre è la<br />
moglie del pugile italiano<br />
Clemente Russo.<br />
Adesso non si dedica più<br />
all'attività agonistica.<br />
Sport uguale calcio. È questo<br />
il pensiero che accomuna la<br />
maggior parte degli italiani.<br />
Vuoi perché è lo sport più<br />
seguito, vuoi perché oggi è<br />
diventato uno <strong>dei</strong> più grandi<br />
business mondiali. Ma lo<br />
sport è molto di più. Esistono<br />
decine di discipline,<br />
dalla pallacanestro al judo,<br />
dal canottaggio al pugilato,<br />
nelle quali gli italiani si sono<br />
contraddistinti salendo sempre,<br />
o quasi, sul podio <strong>dei</strong><br />
vincitori. E la Campania in<br />
questo campo la fa da maestra.<br />
Chi non ricorda i fratelli<br />
Abbagnale? Di Castellammare<br />
di Stabia, Giuseppe e<br />
Carmine hanno costituito<br />
insieme al timoniere Giuseppe<br />
di Capua uno degli<br />
equipaggi più celebri della<br />
storia del canottaggio mondiale.<br />
Il loro palmares comprende<br />
due allori olimpici:<br />
Los Angeles 1994 e Seoul<br />
1988. Fu proprio durante la<br />
finale olimpica di Seoul che<br />
l’equipaggio italiano vinse<br />
l’oro sconfiggendo il temuto<br />
armo inglese composto da<br />
Stephen Redgrave, ritenuto<br />
il più forte canottiere della<br />
storia e Andy Holmes. A<br />
questi vanno aggiunti i sette<br />
titoli mondiali conquistati<br />
tra il 1981 e il 1991. Tesserati<br />
per la Canottieri Stabia e allenati<br />
dallo zio, Giuseppe <strong>La</strong><br />
Mura, divenuto poi direttore<br />
tecnico della Federazione<br />
Italiana di Canottaggio, i fratelli<br />
Abbagnale hanno dominato<br />
per un decennio la scena<br />
del canottaggio mondiale,<br />
portando questo sport,<br />
povero e poco conosciuto,<br />
alla ribalta mediatica.<br />
Ma in Campania non ci sono<br />
solo i fratelli Abbagnale.<br />
Campione del mondo dilettanti<br />
a Chigago 2007 e vicecampione<br />
olimpico a Pechino<br />
2008, Clemente Russo si<br />
è imposto nel pugilato mondiale<br />
per pesi massimi. A<br />
soli undici anni entra per la<br />
prima volta in una scuola di<br />
boxe, la Excelsior Boxe Marcianise,<br />
iniziando così quel<br />
cammino che l’ha portato<br />
sul tetto della boxe mondiale.<br />
Tra i titoli vinti vi è anche<br />
un bronzo agli Europei Juniores<br />
del 1988, cinque titoli<br />
italiani, i mondiali militari<br />
del 2004 e la medaglia d'oro<br />
ai Giochi del Mediterraneo<br />
di Almeria del 2005.<br />
Ma anche nel Judo italiano è<br />
la Campania a primeggiare.<br />
Classe settantasei, Giuseppe<br />
Maddaloni, detto Pino, inizia<br />
ad appassionarsi a questo<br />
sport già all’età di due<br />
anni, sotto la guida del padre<br />
Giovanni che ancora oggi lo<br />
segue nella preparazione a-<br />
tletica e nelle gare. Il primo<br />
successo arriva ai Giochi<br />
della gioventù del 1988 e per<br />
nove anni consecutivi, partendo<br />
dagli esordienti e arrivando<br />
fino agli juniores, è<br />
imbattuto nelle categorie<br />
giovanili, conquistando per<br />
ben 13 volte il titolo di Campione<br />
d'Italia. Il suo palmares<br />
è ricco di vittorie. Dall’oro<br />
vinto alle Olimpiadi di<br />
Sidney del 2000 all’argento<br />
<strong>dei</strong> Campionati Europei del<br />
2006 a Tampere.<br />
“Tatanka” scatenato<br />
Pluri iridato, Clemente<br />
Russo è stato il portabandiera<br />
della nazionale<br />
olimpica italiana nella<br />
cerimonia di chiusura<br />
delle Olimpiadi del 24<br />
agosto 2008. Il suo soprannome<br />
è Tatanka (bisonte)<br />
e deriva dal suo<br />
stile di combattimento<br />
Più forte anche del destino<br />
Nel 2004 Pino Maddaloni<br />
subisce un infortunio<br />
al ginocchio che gli<br />
costa uno stop di un anno.<br />
Nel 2005 si riscatta<br />
dal lungo periodo di i-<br />
nattività aggiudicandosi<br />
la medaglia d'oro ai Giochi<br />
del Mediterraneo ad<br />
Almeria.<br />
GLI EMIGRANTI DELLO SPORT: AGOSTINO GAROFALO (12<br />
Da Torre è arrivato al Toro<br />
«<strong>La</strong> mia scommessa è la promozione con una società di tradizione storica»<br />
Pochissimi<br />
gettoni<br />
in Serie A<br />
Agostino Garofalo è nato<br />
a Torre Annunziata il<br />
29 settembre 1984. Terzino<br />
sinistro, ha iniziato<br />
a Terzigno, poi Salernitana,<br />
Nocerina, Grosseto<br />
e Siena, e da gennaio<br />
è al Torino. Conta<br />
appena 3 presenze in A.<br />
Garofalo è sposato con<br />
Raffaella, da cui ha avuto<br />
Stefano, di tre anni, e<br />
Chiara, che ha 7 mesi. Il<br />
suo hobby è il Subbuteo:<br />
«Avversario difficile<br />
per me era Gigi<br />
Consonni, a cui dicevo<br />
“Dovresti giocare con<br />
le dita, non con i piedi”»,<br />
così dice. (o.s.)<br />
ORLANDO SAVARESE<br />
Agostino Garofalo, perché lasciare<br />
la Campania per tentare un’avventura<br />
importante nel calcio?<br />
E’ stata una scelta fatta perché c’era<br />
la possibilità di andare al Grosseto: lì<br />
avrei potuto giocare titolare.<br />
Cos’ha avuto di speciale l’esperienza<br />
di quattro anni a Grosseto?<br />
Ero quasi ventunenne, e in Maremma<br />
mi sono formato come uomo<br />
e calciatore. Lì ho vinto un campionato<br />
di C1, e sono stato anche<br />
bene. Appena ho un po’ di tempo<br />
libero, torno volentieri a Grosseto.<br />
Non più tardi di otto mesi fa è arrivato<br />
il Siena, che ricordo ha del<br />
debutto in massima serie?<br />
Un ricordo bellissimo, perché da<br />
piccolissimo sognavo di giocare<br />
qualche minuto in A. Ho debuttato<br />
con il Livorno in un derby, poi ho<br />
giocato contro Bologna e Milan, ma<br />
purtroppo a gennaio sono partito.<br />
Quindi, rammarico per non aver<br />
proseguito l’esperienza a Siena?<br />
A sinistra<br />
Agostino Garofalo<br />
in azione contro<br />
l’Albinoleffe:<br />
a Bergamo<br />
il suo Torino<br />
si è imposto 0-1<br />
Sì, perché non ho avuto quasi mai<br />
l’opportunità di mettermi in mostra.<br />
Non so spiegarmelo, ma ora gioco a<br />
Torino, e ne sono contento.<br />
Il fatto che il Torino abbia fatto<br />
molti cambiamenti dopo un brutto<br />
girone d’andata, è sintomatico<br />
del rinnovo delle ambizioni?<br />
Certo, Torino è una piazza importantissima,<br />
che ha una visibilità<br />
enorme. Il Torino è seguito in tutta<br />
Italia, anche dai giornali più importanti,<br />
quindi è un’eccellente opportunità<br />
che la società mi ha dato.<br />
<strong>La</strong> Salernitana Sport, dove aveva<br />
giocato, fallì nel 2005. In caso<br />
contrario, cosa sarebbe successo?<br />
Non fosse fallita la società, sarei rimasto<br />
a lungo a Salerno.<br />
Perché, secondo lei, non l’ha chiamata<br />
nessuna società campana?<br />
In verità mi ha cercato la Salernitana<br />
di Lombardi, ma la trattativa si è<br />
arenata. Sarei tornato a Salerno, ma<br />
quando ti chiama il Torino hai la<br />
possibilità di entrare nella storia del<br />
calcio. Tornare in A è una scommessa<br />
che vorrei vincere.<br />
Non fosse diventato calciatore,<br />
cosa avrebbe fatto?<br />
Mi sarebbe piaciuto fare l’astronauta.<br />
Non so se ci sarei riuscito, perché<br />
ora sono diventato calciatore,<br />
ma spero di volare più in alto possibile<br />
con il Torino<br />
Tornerebbe in Campania a giocare?<br />
Certamente. Ho ancora venticinque<br />
anni e posso dare molto a questo<br />
calcio. Una decisione del genere<br />
potrei prenderla più a fine carriera,<br />
ma non si può mai dire: se a<br />
fine stagione mi chiamasse il Napoli,<br />
tornerei di corsa.