La rivolta dei senza niente
Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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6 Domenica 7 marzo 2010 PRIMO PIANO<br />
«Cosa succederebbe se il nostro<br />
Paese si svegliasse domani <strong>senza</strong><br />
noi immigrati?». Da questa domanda,<br />
apparentemente provocatoria,<br />
lanciata lo scorso novembre<br />
su Facebook da Nadia <strong>La</strong>markbi,<br />
giornalista francese di origine marocchina,<br />
è nata un’iniziativa concreta<br />
che si sta diffondendo in tutta<br />
Europa: “Una giornata <strong>senza</strong><br />
immigrati, 24 ore <strong>senza</strong> di noi”. <strong>La</strong><br />
data prescelta, il 1° marzo 2010,<br />
coincide con il quinto anniversario<br />
dell’entrata in vigore, in Francia,<br />
del “codice degli stranieri”, un insieme<br />
di leggi che opera una selezione<br />
degli immigrati sulla base di<br />
criteri squisitamente economici.<br />
«<strong>La</strong> nostra azione – ha specificato<br />
la <strong>La</strong>markbi – non è diretta al legislatore<br />
ma all’opinione pubblica.<br />
<strong>La</strong> Francia deve capire che la sua<br />
fortuna è costruita anche sugli<br />
immigrati». Per sensibilizzare la<br />
popolazione e per tutelare i diritti<br />
<strong>dei</strong> Sans Papiers, gli immigrati<br />
lavoratori sciopereranno e tutti gli<br />
altri (disoccupati, casalinghe, studenti)<br />
si asterranno dalle comuni<br />
attività di consumo. L’idea trae<br />
Una giornata <strong>senza</strong> immigrati, stop a consumi e lavoro<br />
«Se ci fermiamo<br />
l’Europa è in crisi»<br />
Il primo marzo in piazza per dire no al razzismo<br />
spunto dal “Grande boicottaggio<br />
americano” del 1 maggio 2006 in<br />
cui centinaia di migliaia di persone<br />
di origine ispanica hanno manifestato<br />
il loro dissenso sulla riforma<br />
dell’immigrazione. Ma in quel<br />
caso a protestare era una sola comunità,<br />
stavolta in piazza scenderanno<br />
africani, cinesi, e lavoratori<br />
dell’Est. Tutti insieme per lanciare<br />
un messaggio chiaro: «L’economia<br />
europea ha bisogno anche di noi,<br />
riconosceteci i nostri diritti e trattateci<br />
come persone».<br />
Anche in Italia si era paventata<br />
un’ipotesi simile, era il maggio<br />
2008 ed era stato appena presentato<br />
il “pacchetto Maroni”, ma in<br />
quell’occasione i sindacati riuscirono<br />
a frenare la proposta. Stavolta<br />
l’intuizione della <strong>La</strong>markbi è<br />
stata rilanciata da Emma Bonino e<br />
concretizzata da una giornalista,<br />
Stefania Ragusa che, con tre amiche,<br />
Nelly Diop, Daimarely Quintero<br />
e Cristina Sebastiani, ha creato<br />
un gruppo su Facebook. Per ora<br />
le adesioni sono oltre 40.000, il social<br />
network più diffuso al mondo<br />
si conferma mezzo dalle potenzialità<br />
straordinarie, come in occasione<br />
del No B-day. E se in quel caso<br />
il colore prescelto fu il viola, stavolta<br />
si punterà sul giallo. Per favorire<br />
una maggiore diffusione della<br />
notizia, considerando che non<br />
tutti gli immigrati usano internet,<br />
sono stati creati una ventina di comitati<br />
territoriali nelle principali<br />
città italiane. Anche per il 1° marzo<br />
Cgil, Cisl e Uil, si mostrano freddi<br />
e si limitano a un supporto esterno:<br />
da un lato c’è la paura di una<br />
maggiore spaccatura sociale, dall’altro<br />
la consapevolezza del rischio<br />
di perdere i lavoratori immigrati<br />
che puntano alla creazione di<br />
un sindacato autonomo. Ma sindacati<br />
o non sindacati, la manifestazione<br />
del 1° marzo si farà, i gravi<br />
fatti di Rosarno, la strage di Castel<br />
Volturno dell’anno scorso, gli<br />
sgomberi forzati (come a Eboli e<br />
Sant’Antimo) e le misure sempre<br />
più repressive del Governo hanno<br />
maturato, negli immigrati, la convinzione<br />
di doversi attivare per far<br />
valere le proprie ragioni. Si protesterà<br />
contro le discriminazioni in<br />
tema di idoneità alloggiativa, le<br />
disparità di trattamento tra ambulanti<br />
stranieri e non, per la regolarizzazione<br />
<strong>dei</strong> lavoratori in nero e<br />
soprattutto per urlare un secco no<br />
a ogni forma di razzismo. «Sarà<br />
sciopero? – spiega Stefania Ragusa<br />
– la risposta è sì, ma esistono tante<br />
forme di sciopero: dal lavoro, dai<br />
consumi e della fame. In Italia i<br />
migranti sono quasi 5 milioni,<br />
tamponano le carenze del Welfare,<br />
dal loro lavoro dipende il 9,5% del<br />
nostro Pil. Sono fondamentali per<br />
il bilancio dello Stato».<br />
Pagina a cura di<br />
VALERIO ARRICHIELLO<br />
IL MESSAGGIO DEL COMITATO NAPOLETANO<br />
«NESSUN UOMO È ILLEGALE»<br />
C’è fermento, un po’ di confusione e tanta<br />
voglia di fare a “<strong>La</strong> città del sole” dove i<br />
membri del comitato promotore di<br />
Napoli discutono in vista della “Giornata<br />
<strong>senza</strong> immigrati”. Ci sono<br />
italiani, africani, pakistani,<br />
bangladeshi, studenti,<br />
gente del “popolo viola” e<br />
tutti esprimono il loro<br />
parere con passione. Il 1<br />
marzo è vicino e sono<br />
tanti gli aspetti su cui<br />
discutere, alcuni punti,<br />
però, sono chiari. Non<br />
verrà usata la parola sciopero<br />
perché a Napoli non<br />
è come al nord, i lavoratori<br />
dipendenti sono<br />
pochi e scioperare avrebbe<br />
poco sen-so. Non si<br />
vogliono simboli e bandiere, si vuole evitare<br />
che le forze politiche strumentalizzino<br />
la manifestazione, l’unico elemento d’identificazione<br />
sarà il colore giallo. Il corteo<br />
prenderà il via da piazza Garibaldi per<br />
poi arrivare a piazza del Plebiscito dove<br />
verrà montato un palco.<br />
Qui saliranno gli esponenti<br />
delle diverse<br />
comunità per parlare<br />
<strong>dei</strong> loro problemi e per<br />
proporre soluzioni, poi<br />
ci saranno degli artisti<br />
che si esibiranno con<br />
danze e musiche tipiche<br />
<strong>dei</strong> loro paesi di provenienza.<br />
Sui volantini<br />
distribuiti in questi giorni<br />
è scritto: “Nessun<br />
essere umano è illegale”,<br />
ed è questo il senso della<br />
manifestazione napoletana<br />
esprimere la possibilità di una<br />
società migliore in cui tutti siano uguali.<br />
PAKISTAN<br />
«Metteteci<br />
in regola»<br />
CINA<br />
«Sappiatelo:<br />
cinese è bello»<br />
SENEGAL<br />
«Questa volta<br />
parliamo noi»<br />
UCRAINA<br />
«Colf trattate<br />
come schiave»<br />
Anche i pakistani<br />
parteciperanno al<br />
1° marzo. «Non<br />
chiediamo nulla di<br />
speciale, solo la libertà<br />
di lavorare<br />
rispettando le regole<br />
e pagando le<br />
tasse». A parlare è<br />
Mudassir, 28 anni,<br />
da 5 in Italia. Mudassir come la gran parte<br />
<strong>dei</strong> suoi connazionali fa il venditore ambulante.<br />
«Ogni popolo è diverso – racconta –<br />
noi non siamo come i bangladeshi che<br />
accettano di lavorare 12 ore in fabbrica a<br />
2-3 euro all’ora. Preferiamo avere una bancarella<br />
guadagnare di meno ma essere liberi<br />
e non avere padroni». «Qui – prosegue –<br />
in tanti ci trattano male e ci guardano con<br />
sospetto. Le forze dell’ordine ci controllano<br />
in maniera rigorosa per vedere se abbiamo<br />
i permessi, ma perché non controllano allo<br />
stesso modo quelli che spacciano droga?»<br />
«L’Italia è un paese<br />
che dorme sulla<br />
miseria e favorisce<br />
i furbi». E’ l’accusa<br />
<strong>dei</strong> cinesi rappresentati<br />
da Salvio<br />
Wu, presidente di<br />
Si.Ci.Na. «<strong>La</strong> maggior<br />
parte <strong>dei</strong> cinesi,<br />
il 1° marzo non<br />
ci sarà – spiega – perché perdere una giornata<br />
di lavoro se non cambia <strong>niente</strong>?». «Il<br />
modello orientale – prosegue – è più efficiente,<br />
qua non c’è futuro, molti pensano<br />
di andarsene. Ci accusate di mettere in<br />
crisi l’economia, ma <strong>senza</strong> i nostri prodotti<br />
molte famiglie non arriverebbero a fine<br />
mese, noi facciamo prezzi giusti, le multinazionali<br />
producono in Cina e poi speculano:<br />
sappiate che tutto è cinese». Salvio il<br />
1° marzo ci sarà: «Mi sento italiano, sono<br />
cresciuto qui e finché ci sarò lotterò, so di<br />
essere dalla parte <strong>dei</strong> perdenti ma giusti»<br />
Il 1° marzo, per i<br />
senegalesi non sarà<br />
uno sciopero ma u-<br />
na giornata di mobilizzazione<br />
<strong>dei</strong> diritti<br />
degli immigrati.«Molti<br />
di noi –<br />
dice Hamath, mediatore<br />
culturale –<br />
sono ambulanti,<br />
<strong>senza</strong> datori di lavoro, un semplice sciopero<br />
avrebbe solo l’effetto di danneggiarci economicamente».<br />
Saranno molti i senegalesi che<br />
parteciperanno al corteo, non per protestare,<br />
ma per avvicinarsi alla gente. «Vogliamo –<br />
prosegue Hamath – che la gente capisca che<br />
dietro a ogni pizza margherita ci sono degli<br />
immigrati che si spaccano la schiena a raccogliere<br />
pomodori per pochi euro». «Ma soprattutto<br />
– conclude – vogliamo smentire la brutta<br />
immagine <strong>dei</strong> migranti che emerge dalla tv<br />
e scatena il razzismo. I media ci danno poco<br />
spazio ma stavolta vogliamo parlare noi»<br />
«Ho fatto la babysitter,<br />
ma mi sfruttavano,<br />
un italiano<br />
non può capire le<br />
sofferenze di un<br />
immigrato». Svitlana,<br />
27 anni, ucraina,<br />
è la responsabile<br />
dell’ufficio<br />
immigrazione di<br />
Rdb e lavora per i connazionali e i migranti<br />
di tutto il mondo. «Noi dell’Est- spiega –<br />
non abbiamo la mentalità dello sciopero,<br />
per anni abbiamo vissuto in un regime. Per<br />
coinvolgere ucraini, rumeni, russi nella<br />
giornata <strong>senza</strong> immigrati stiamo dando il<br />
messaggio di una festa più che di una protesta».<br />
«<strong>La</strong> maggior parte della gente<br />
dell’Est – prosegue - lavora come colf o badante,<br />
col 1° marzo speriamo di velocizzare<br />
le pratiche di regolarizzazione. A Napoli<br />
a settembre sono state presentate 24000<br />
domande ma solo l’8% è stato esaminato»