La rivolta dei senza niente
Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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IL PERSONAGGIO Domenica 7 marzo 2010<br />
15<br />
Il protagonista del Foro partenopeo parla della passione nella professione e nella vita<br />
Un cuore sotto la toga<br />
GERMANA GRASSO<br />
Per Massimo Di <strong>La</strong>uro, civilista<br />
esperto in diritto fallimentare e societario,<br />
Napoli non è solo la città<br />
natale, ma un luogo dell’anima, in<br />
cui intrecciare la carriera con le<br />
passioni, dove mettere radici significa<br />
gettare il seme per la continuità.<br />
Orgoglioso di appartenere a una<br />
capitale del Sud e addolorato per i<br />
cambiamenti negativi, Di <strong>La</strong>uro è<br />
uno <strong>dei</strong> rappresentanti di quella<br />
garbata classe intellettuale che<br />
scorge in Napoli una prolifica fonte<br />
di ispirazione, di iniziative, di esperienze<br />
e di emozioni. Nello studio<br />
di corso Vittorio Emanuele, a emiciclo<br />
sul golfo, Di <strong>La</strong>uro si racconta.<br />
Lo sguardo mobile, come a cercare<br />
su uno schermo i ricordi, si<br />
fissa poi sull’interlocutore a sottolineare<br />
la fine di ogni pensiero.<br />
Protagonista del Foro napoletano,<br />
intreccia l’attività di avvocato a<br />
quella di studioso di diritto e di<br />
rappresentante delle istituzioni forensi,<br />
è stato recentemente iscritto<br />
all’Albo d’onore delle toghe, privilegio<br />
che fu riservato a Giovanni<br />
Leone, Alfredo De Marsico ed<br />
Enrico Altavilla. Negli anni poi<br />
sono stati aggiunti i nomi di Francesco<br />
Paolo Casavola, Francesco<br />
De Martino, Antonio Guarino,<br />
Vincenzo Maria Siniscalchi e<br />
Gustavo Minervini.<br />
L’iscrizione all’Albo d’onore è<br />
stata la più grande soddisfazione<br />
nella sua vita professionale?<br />
Penso di sì. E’ un grande onore<br />
perché quando si muore il nome è<br />
cancellato dall’ordine degli avvocati,<br />
ma non in questo caso. Mio<br />
nonno e mio padre erano avvocati.<br />
Non ho figli maschi che hanno seguito<br />
le mie orme. Non ci sarà un<br />
avvocato Di <strong>La</strong>uro di quarta generazione.<br />
Però il nome della mia famiglia<br />
resterà nell’Albo d’onore.<br />
Questo per me ha il significato di<br />
una continuità indipendente dalla<br />
continuità generazionale. Magari<br />
se avessi avuto un figlio maschio<br />
avrebbe voluto fare il medico e certamente<br />
non gli avrei imposto di<br />
fare la mia professione.<br />
Cosa è importante nella sua professione?<br />
<strong>La</strong> passione. Se non c’è passione, la<br />
toga non vibra. Credo ancora in<br />
questa professione, al contrario di<br />
molti colleghi che alla mia età pensano<br />
che non ne valga più la pena.<br />
Quale è stato il periodo più<br />
significativo della sua carriera?<br />
Ho avuto una vita professionale<br />
molto intensa. Ero al Consiglio<br />
dell’Ordine degli avvocati di Napoli<br />
quando presidente era – secondo<br />
me – il più grande avvocato<br />
del secolo passato, Alfredo De<br />
Marsico. Anni di grandissimo interesse<br />
furono quelli al Consiglio<br />
Nazionale Forense, perché ebbi la<br />
fortuna di sedere vicino a Giandomenico<br />
Pisapia, a Franzo Grande<br />
Stevens, l’avvocato di casa A-<br />
gnelli. Fu un’esperienza interessante<br />
anche perché il Consiglio Nazionale<br />
Forense oltre ad avere funzione<br />
rappresentativa, si occupa<br />
anche di disciplina e giudica in<br />
seconda istanza gli avvocati che<br />
commettono infrazioni deontologiche.<br />
Fu allora che capii l’importanza<br />
della funzione del giudice.<br />
Massimo Di <strong>La</strong>uro nell’Albo d’onore degli avvocati<br />
accanto a Leone, De Marsico, De Martino e Casavola<br />
«Significa continuità<br />
l’iscrizione<br />
nel prestigioso elenco<br />
Così tramando<br />
il nome di famiglia»<br />
Massimo Di <strong>La</strong>uro<br />
nel suo studio<br />
al corso<br />
Vittorio Emanuele<br />
a Napoli<br />
Diceva Calamandrei che i giudici<br />
prima di fare i giudici dovrebbero<br />
fare un tirocinio da avvocati per<br />
capire in cosa consiste la funzione<br />
del difensore. Penso che anche gli<br />
avvocati dovrebbero far parte di<br />
organismi che giudicano, perché<br />
l’avvocato è uomo di parte e il giudice<br />
è super partes.<br />
Cambiamo registro, lei è stato<br />
anche animatore culturale. Ha<br />
trasformato la sua passione per<br />
il grande schermo in un cineclub<br />
che ha portato a Napoli<br />
tanti maestri del cinema.<br />
Creammo un cineforum in via<br />
Orazio 84. Eravamo agli inizi degli<br />
anni ‘70. Potevamo votare i film,<br />
che avevamo in anteprima e che<br />
Il regista<br />
Michelangelo Antonioni<br />
con l’avvocato nel 1974<br />
durante la presentazione<br />
di “Professione reporter”<br />
al cineclub<br />
di via Orazio a Napoli<br />
NATO PER IL DIRITTO<br />
Massimo Di <strong>La</strong>uro, civilista specializzato in<br />
materia fallimentare e societaria, è stato segretario<br />
del Consiglio dell’ordine degli avvocati di<br />
Napoli e componente del Consiglio Nazionale<br />
Forense. È socio dell’associazione italiana fra<br />
gli studiosi del processo civile, delegato dell’Unione<br />
Internazionale Avvocati e membro di<br />
Eurojuris Italia. Dal 1998 è presidente dell’Istituto<br />
italiano di Storia dell’avvocatura e del<br />
Centro studi di diritto fallimentare di Napoli.<br />
Ha pubblicato saggi e articoli su riviste di settore.<br />
Sta lavorando a una pubblicazione sul<br />
concordato fallimentare. Dal 2004 è condirettore<br />
della rivista “Il diritto fallimentare e delle<br />
società commerciali”, fondata nel 1923.<br />
E’ stato docente di diritto processuale civile e<br />
di diritto fallimentare dell’Università Roma<br />
Tre. Insegna alla Scuola di specializzazione<br />
per le professioni legali dell’Università <strong>La</strong> Sapienza<br />
di Roma. E’ opinionista de “Il Mattino”<br />
da oltre 20 anni e ha collaborato a “Il Sole<br />
24 ore” e “Guida al diritto”.<br />
Il 5 dicembre 2009 è stata formalizzata la sua<br />
iscrizione nell’Albo d’onore degli avvocati.<br />
erano poi ammessi alla selezione<br />
del premio David di Donatello.<br />
Invitavamo autori, registi, sceneggiatori<br />
e attori. Poi, agli inizi degli<br />
anni ‘80, mi allontanai da questa<br />
mia passione.<br />
Perché?<br />
Penso che fu soprattutto a causa<br />
della televisione. E’ un concorrente<br />
spietato di queste sale private.<br />
Certo, ci sono ancora i cineforum,<br />
ma sono un’ altra cosa rispetto a<br />
come lo intendevamo noi. Per noi<br />
era un luogo di dibattito. Pubblicammo<br />
anche un libro su Eduardo<br />
De Filippo. In occasione della sua<br />
morte, facemmo una ricerca storica<br />
e appurammo che era stato uomo<br />
di cinema, ma non occasionale,<br />
sistematico. Nel catalogo furono<br />
raccolti oltre 80 titoli di film in cui<br />
Eduardo era protagonista, regista,<br />
sceneggiatore, direttore della fotografia.<br />
Il titolo del libro era “Eduardo<br />
e il cinema” e fu chiesto da alcune<br />
istituzioni culturali tedesche<br />
interessate alla figura di De Filippo<br />
nelle sue molteplici attività artistiche.<br />
All’epoca del cineclub si faceva<br />
anche tanto cinema di interesse<br />
sociale.<br />
Sì, un cinema anche politico. Mi<br />
ricordo i film del filone giudiziario,<br />
come “Detenuto in attesa di giudizio”.<br />
Quali esponenti del cinema<br />
intervenivano alle serate?<br />
Ricordo Piero Chiara, autore de “Il<br />
piatto piange” e de “Il pretore di<br />
Cuvio”, ex cancelliere che scrisse<br />
libri da cui furono ricavate sceneggiature<br />
per film. Guido Cincotti,<br />
direttore del Centro sperimentale<br />
di cinematografia. Con Michelangelo<br />
Antonioni presentammo<br />
“Professione Reporter” con Jack<br />
Nicholson. Fu una cosa strepitosa.<br />
Venne questo giovane attore, bellissimo.<br />
Poi Paola Pitagora, Alberto<br />
Bevilacqua, di cui presentammo<br />
“<strong>La</strong> califfa” e “Questa specie<br />
d’amore”.<br />
Ricorda qualche aneddoto su<br />
qualcuno di questi personaggi?<br />
Ricordo che Ugo Tognazzi venne<br />
da noi a Napoli un paio di volte e<br />
spesso spariva perché aveva una<br />
relazione. Era un uomo affascinante,<br />
dalla voce suadente.<br />
Ricordo che la sera in cui presentammo<br />
“Professione reporter”<br />
accompagnai Antonioni all’Excelsior.<br />
Gli dissi che la mattina dopo<br />
lo avrei portato in stazione. Andai<br />
alle 9, come d’intesa, ma lui era già<br />
partito. Il portiere mi disse che alle<br />
7 Antonioni era sceso nella hall<br />
furibondo. Gli avevano dato una<br />
stanza, panoramica, ma sulla strada.<br />
Non aveva potuto dormire per<br />
il rumore delle auto che passavano<br />
a tutta velocità sotto alla finestra.<br />
Si fece dare dal portiere i soldi per<br />
il biglietto del treno. “Tanto – disse<br />
– passa l’avvocato a pagare”. Mi<br />
meravigliai molto.<br />
Mi stupii anche del comportamento<br />
di Piero Chiara, che aveva avuto<br />
fortuna come scrittore in tarda età.<br />
Fu relatore principale nel dibattito<br />
su cinema e letteratura. Ricordo<br />
che un suo amico andò nella segreteria<br />
del cineclub e chiese per lui il<br />
rimborso delle spese di viaggio.<br />
Un episodio particolare e indicativo<br />
avvenne durante il dibattito su<br />
cinema e televisione. Invitammo<br />
l’allora direttore del centro Rai e tv,<br />
che aveva fama di iettatore. Appena<br />
lo annunciai si spensero le<br />
luci. Ci fu un black out di almeno<br />
un quarto d’ora. Si raccontava che<br />
Mimì Rea lo avesse incrociato in<br />
via Chiaia. Pioveva, Rea doveva<br />
parlargli e si fiondò da lui che era<br />
dall’altro lato della strada. Nell’attraversare<br />
Rea scivolò, si rialzò e lo<br />
ringraziò perché – gli disse –<br />
«avresti potuto uccidermi».<br />
Lei è particolarmente legato alla<br />
sua città, ma cosa ama di più di<br />
Napoli?<br />
Penso che almeno nel mio ambiente,<br />
quello forense, c’è ancora tanta<br />
solidarietà e orgoglio di appartenenza<br />
alla professione. Quando fu<br />
ricordato Enrico De Nicola in<br />
occasione del cinquantenario della<br />
morte, Fini disse che De Nicola fu<br />
un grande uomo perché insegnò<br />
tantissimo come capo di Stato ed<br />
esaltò la stirpe <strong>dei</strong> napoletani. Ecco,<br />
Napoli ha partorito <strong>dei</strong> grandi<br />
spiriti.<br />
Cosa è cambiato, secondo lei?<br />
Vedo che anche quello spirito di<br />
solidarietà si trasforma in indifferenza.<br />
I rapporti umani non sono<br />
più quelli di una volta. Non c’è più<br />
quel desiderio, tipico <strong>dei</strong> napoletani,<br />
di voler stare insieme. Noto una<br />
sorta di “ingaglioffimento” <strong>dei</strong> rapporti<br />
umani.