La rivolta dei senza niente
Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
Numero 32 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
- No tags were found...
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Giornalismo, pacchianeria e stregoneria<br />
TERZA PAGINA Domenica 7 marzo 2010<br />
3<br />
<strong>La</strong> stregoneria, termine coniato<br />
nel secolo XVIII, indica<br />
l'insieme di pratiche magiche<br />
e di rituali, spesso a carattere<br />
simbolico, che si distingue<br />
dalla religione in quanto si<br />
riferisce a forze occulte che<br />
l'officiante (stregone) cerca di<br />
dominare e di utilizzare per i<br />
propri fini. Il termine è spesso<br />
usato in senso figurato per<br />
indicare un'azione che appare<br />
prodigiosa, ma di cui si è portati<br />
a diffidare, ad esempio "le<br />
stregonerie della chimica".<br />
Luigi XIV<br />
Sciamani vinti dalla storia<br />
Il grande storico Lucien<br />
Febvre sosteneva che per<br />
fare storia occorresse complicare<br />
le cose semplici.<br />
Affermazione che oggi, più che<br />
mai, contrasta con il senso<br />
comune e con la voglia diffusa<br />
di semplificazione. In realtà<br />
nelle faccende umane di riducibile<br />
a spiegazioni semplici<br />
non c’è <strong>niente</strong>. Ciò vale per la<br />
storia, come per qualsiasi<br />
scienza umana e per tutte le<br />
arti.<br />
Soprattutto se il campo<br />
degli interessi si estende<br />
oltre l’osservazione della<br />
realtà politica e culturale,<br />
intendendo quest’ultima<br />
parola nel senso più ristretto e<br />
tradizionale di sapere intellettuale.<br />
Marc Bloch, il fondatore<br />
con lo stesso Febvre ,nel 1929,<br />
della rivista storica “Annales”, in<br />
un celebre passo della sua ultima<br />
opera, “L’apologia della<br />
storia”, paragonava lo storico<br />
all’orco delle favole, quello che<br />
corre ovunque senta “odore di<br />
cristianucci”. Nelle corti o nelle<br />
accademie, come nelle case più<br />
umili. A sollecitarlo non era<br />
alcuna forma di compiacenza<br />
populistica.<br />
Tra le altre sue opere va<br />
ricordata una formidabile<br />
ricostruzione delle<br />
forme del potere e <strong>dei</strong> rapporti<br />
con i sudditi <strong>dei</strong> re di Francia<br />
attraverso una radicata credenza<br />
popolare. Era convinzione<br />
comune che i re, dalle<br />
dinastie medievali fino addirittura<br />
a Luigi XIV, imponendo le<br />
Tutti<br />
siamo<br />
condizionati<br />
dal senso<br />
comune<br />
che è<br />
parte<br />
integrante<br />
della vita<br />
degli uomini<br />
mani sulla testa guarissero i<br />
contadini dalla scrofolosi.<br />
Quella superstizione fu<br />
presa molto sul serio<br />
da Bloch, il quale in<br />
questo modo aggiunse complessità<br />
al sapere storico.<br />
Beninteso, lo storico francese,<br />
così curioso di conoscere ogni<br />
aspetto della società e della<br />
cultura, non credeva certo alla<br />
capacità taumaturghe <strong>dei</strong> re,<br />
come di chiunque altro. Come<br />
non credono – almeno spero -<br />
alle capacità degli sciamani gli<br />
antropologi, che pure da un<br />
secolo e mezzo si industriano a<br />
capire le culture tradizionali e,<br />
spesso, lontanissime da quella<br />
occidentale.<br />
Chiedo pazienza per<br />
questo incipit, apparentemente<br />
estraneo a<br />
quanto voglio sostenere in<br />
questa pagina polemica<br />
verso l’ideologia del senso<br />
comune, oggi dominante.<br />
Nella mia attività, artigianale,<br />
di ricercatore di storia<br />
(gli storici sono un’altra<br />
cosa) sono stato sempre<br />
incuriosito da ciò che scorre<br />
nel sottosuolo, ho sempre<br />
provato a seguire i consigli<br />
di quegli storici, veri, che fin<br />
dall’inizio del Novecento<br />
hanno invitato a rovistare<br />
nelle pattumiere e a prendere<br />
nella massima considerazione<br />
anche gli aspetti più<br />
bassi e, perfino, triviali della<br />
società e della cultura.<br />
I<br />
l<br />
senso comune, da cui tutti<br />
siamo, almeno in parte,<br />
condizionati, è, come l’irrazionale,<br />
parte integrante della<br />
vita degli uomini e, perciò,<br />
degno dell’ osservazione culturale.<br />
Esiste un senso comune<br />
anche nel campo estetico, definibile<br />
pacchianeria, ben raccontato<br />
dalle cronache <strong>dei</strong><br />
giornali di gossip, un genere di<br />
successo, oltre che dalla televisione.<br />
A<br />
chi<br />
gli rimprovera il<br />
cattivo gusto <strong>dei</strong> suoi<br />
giornali il cortigiano<br />
addetto al gossip, Alfonso<br />
Signorini, chiede chi è che stabilisce<br />
il buon gusto. Nel clima<br />
del relativismo da bar televisivo,<br />
in cui viviamo immersi, ogni<br />
gerarchia estetica è intesa come<br />
snobismo. Prevale, spesso<br />
anche nei discorsi di alcuni<br />
giornali, l’idea che il numero sia<br />
tutto, che la cosiddetta opinione<br />
pubblica sia giudice<br />
di ogni cosa.<br />
Sembra tramontato il<br />
dovere degli intellettuali di<br />
giudicare, oltre il senso<br />
comune e <strong>senza</strong> remore verso<br />
ciò che pensa il popolo. Il senso<br />
comune, per dirla con Pierre<br />
Bourdieu, sono le evidenze<br />
immediate e spesso illusorie,<br />
che talvolta spingono ad accogliere<br />
come plausibili cose e<br />
idee prive di fondamento<br />
razionale e di decoro estetico,<br />
che nella tarda età della televisione<br />
hanno il conforto della<br />
maggioranza: del celebrato<br />
popolo, la cui voce, per fortuna,<br />
non è vox Dei. Al più del pregiudizio<br />
mediatico. In altra<br />
epoca, fino a quando la verace<br />
democrazia si impose, sia pure<br />
per breve tempo, la voce del<br />
popolo, con i suoi pregiudizi e<br />
le sue superstizioni, è stata<br />
qualche volta la voce di un<br />
potere prove<strong>niente</strong> direttamente<br />
da Dio.<br />
Chi, fin dal tardo<br />
Medioevo, mostrava di<br />
non credere nella natura<br />
divina del potere, prima che<br />
dai tribunali dell’inquisizione,<br />
che, tra l’altro, vennero più<br />
tardi, fu spesso contestato dal<br />
popolo. Il quale aveva ragione:<br />
certe idee bizzarre erano in<br />
contrasto con il senso comune.<br />
Faccio, ora, un altro salto,<br />
ritornando bruscamente<br />
all’attualità, alla religione animistica<br />
<strong>dei</strong> sondaggi e del voto<br />
popolare ovvero al trionfo del<br />
senso comune e alla sconfitta<br />
pubblica della ragione e<br />
del senso estetico. Un contributo<br />
a questa sconfitta lo<br />
hanno dato tanti intellettuali<br />
che assomigliano all’antropologo<br />
così affascinato<br />
dalla magia da crederci egli<br />
stesso.<br />
Prendiamo il caso più<br />
recente di barbarie<br />
mediatica: il festival di<br />
Sanremo. Confesso a Carmen<br />
Consoli, deliziosa e raffinata<br />
cantautrice, se mai dovesse<br />
leggere questa pagina, il mio<br />
peccato di intellettuale pallido e<br />
snob: non vedo Sanremo. Le<br />
immagini e le parole a cui mi<br />
riferisco le ho viste e sentite nei<br />
telegiornali e in “Blob”. Non<br />
sono uno studioso della comunicazione,<br />
ho, perciò, la fortuna<br />
di non avere interesse<br />
Nel clima<br />
di relativismo<br />
da bar<br />
televisivo<br />
ogni<br />
gerarchia<br />
estetica<br />
è intesa<br />
come<br />
snobismo<br />
professionale ad osservare<br />
questo importante evento.<br />
<strong>La</strong> Consoli ha ragione nel<br />
dire che Sanremo mette<br />
in scena l’Italia o, almeno,<br />
aggiungo, la sua parte più stupida<br />
e volgare. Ma non può<br />
rimproverare, come ha fatto,<br />
chi non accetta il dominante<br />
conformismo della cultura di<br />
massa. Ho sentito <strong>dei</strong> membri<br />
dell’orchestra che si sono ribellati<br />
al consenso popolare di<br />
una canzonetta, un’accozzaglia<br />
di note riempite da parole<br />
sceme, interpretata dall’ultimo<br />
Savoia, quello <strong>dei</strong> cetrioli.<br />
H<br />
o<br />
ascoltato gente laureata<br />
dissertare su<br />
quella enorme festa<br />
paesana, come fosse “Umbria<br />
jazz”, lamentandosi, alla fine del<br />
voto al principino. Che volete?<br />
Nella democrazia autoritaria a<br />
cui pochi tentano di opporsi<br />
seriamente, quasi vergognandosi<br />
del loro spirito illuministico,<br />
il voto della ggente decide.<br />
Q<br />
ualcuno pensa di affidare<br />
ad esso perfino<br />
la scelta <strong>dei</strong> magistrati.<br />
Se tra 300 anni ci sarà<br />
chi studierà la storia, assai<br />
probabilmente seguirà, con<br />
rigore, tutta la lunghissima<br />
vicenda di Sanremo e di tante<br />
altre manifestazioni della cultura<br />
di massa. Spero che non<br />
dimentichi Marc Bloch, il<br />
quale studiava i re taumaturghi,<br />
ma non per questo era<br />
superstizioso.