Minori l’oltraggio infinito
Numero 58 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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22 Domenica<br />
25 marzo 2012 RUBRICHE<br />
Il libro analizza<br />
i fatti e le scelte<br />
della classe politica<br />
nei lunghi anni<br />
della ricostruzione<br />
L’autore<br />
Pietro Funaro è nato a Napoli<br />
nel 1953. Giornalista professionista<br />
dal 1982, è stato<br />
redattore del quotidiano Il<br />
Diario e poi inviato speciale<br />
de Il Mattino. Attualmente è<br />
direttore responsabile del<br />
quindicinale magazine online<br />
dell’Agenzia Regionale<br />
per la Protezione Ambientale<br />
Un momento della presentazione<br />
della Campania.<br />
e in basso la copertina del libro<br />
La scossa delle coscienze<br />
Pietro Funaro ripercorre i giorni del sisma in Irpinia<br />
con i protagonisti di un’epoca di grandi sconvolgimenti<br />
MARIAROSARIA DI CICCO<br />
In tempo di crisi è difficile immaginare<br />
un futuro, soprattutto per i giovani.<br />
Eppure è alle nuove generazioni che<br />
verrà consegnato, come effetto di ciò<br />
che siamo stati. Con questa idea Pietro<br />
Funaro ha concepito il suo nuovo libro,<br />
“Mani sul terremoto – Campania anni<br />
Ottanta, l’altra faccia dell’emergenza”.<br />
Un volume che prende il titolo dall’inchiesta<br />
sugli illeciti di denaro nell’ambito<br />
Mani Pulite, in cui ripercorre quel<br />
drammatico 23 novembre del 1980 e la<br />
ricostruzione negli anni che seguirono,<br />
attraverso il racconto delle scelte e delle<br />
azioni dei protagonisti dell’epoca.<br />
Alla presentazione del libro, che si è<br />
tenuta lo scorso 2 marzo alla Mostra<br />
d’Oltremare nella sala conferenze del<br />
quotidiano “Il Denaro”, con l’autore<br />
sono intervenuti Ermanno Corsi, ex<br />
presidente regionale dell’Ordine dei<br />
Giornalisti, in veste di moderatore, Rosa<br />
Russo Jervolino, Antonio Fantini, Giulio<br />
Di Donato e Gennaro De Crescenzo,<br />
scrittore e presidente dell’Associazione<br />
Culturale Neoborbonica.<br />
Quelli del terremoto furono anni<br />
profondamente difficili, in cui comin-<br />
ciavano a delinearsi i vizi dello Stato che<br />
avrebbero portato in seguito alla rovinosa<br />
caduta della prima Repubblica.<br />
Vizi che il terremoto portò alla luce<br />
dopo che tre regioni, otto province e<br />
679 comuni vennero rasi al suolo:<br />
costruzioni abusive, speculazioni, mazzette<br />
e poi i ritardi dei soccorsi.<br />
Un’occasione mancata per la rinascita di<br />
una nuova Questione Meridionale, che<br />
potesse avviare una serie di riflessioni e<br />
azioni per risanare il divario tra Nord e<br />
Sud. Funaro descrive con doviziosa cura<br />
quella sera di novembre, seguendo il filo<br />
conduttore di un’idea: come sparirono i<br />
soldi destinati alla ricostruzione e come<br />
questo accada ancora oggi. Dopo nove<br />
anni una Commissione parlamentare<br />
d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi<br />
Scalfaro venne incaricata di accertare i<br />
costi reali per il ripristino delle aree terremotate:<br />
circa 58.600 miliardi di lire<br />
finiti chissà dove, mentre migliaia di<br />
persone, dopo anni, non hanno ancora<br />
una casa. Una denuncia che, secondo<br />
Ermanno Corsi, diede man forte all’antimeridionalismo.<br />
Antonio Fantini, presidente<br />
della Regione Campania dal<br />
1983 al 1989, fu condannato in appello<br />
per la cattiva gestione dei fondi, ma oggi<br />
spiega: «Molti dei progetti infrastrutturali<br />
ritenuti sprechi, come l’Asse<br />
Mediano, si sono rivelati di grande utilità<br />
per la città. Sono questi gli sperperi,<br />
o forse tutta una serie di sovrastrutture<br />
senza senso, come il consorzio<br />
UnicoCampania?». Un dibattito ancora<br />
aperto, dunque, tra un passato ed un<br />
futuro ancora da inventare.<br />
a cura di<br />
GIORGIA MENNUNI<br />
Tutti i pozzi<br />
della lingua italiana<br />
Pozzo di San Patrizio”, “chiudere il pozzo<br />
dopo che è annegato il vitello”, “pozzo di<br />
scienza”, “pozzo senza fondo”, “scavare un<br />
pozzo vicino al fiume”. Sono solo alcuni tra<br />
i numerosissimi modi dire della lingua italiana<br />
che includono la parola “pozzo”. È<br />
curioso andare a vedere qual è la loro origine<br />
e scoprire come e da dove sono nati. Con<br />
“pozzo di San Patrizio” ci si riferisce a una<br />
persona, attività o situazione che sembra<br />
inesauribile nel distribuire denaro, risorse,<br />
energia o altro. Ci sono due possibili origini<br />
di questo modo di dire: una riguarda il<br />
pozzo di Orvieto in cui, secondo la tradizione,<br />
bastava gettare una moneta per vedere<br />
esaudito un desiderio; l’altra fa riferimento<br />
invece al “purgatorio di San Patrizio”, una<br />
caverna in Irlanda che di riteneva fosse un<br />
passaggio obbligato per chi voleva avere la<br />
redenzione dai peccati. La leggenda voleva<br />
che chiunque si intrattenesse nella caverna<br />
un intero giorno e una intera notte otteneva<br />
il perdono dalle proprie malefatte.<br />
“Chiudere il pozzo dopo che è annegato il<br />
vitello” è invece un modo di dire meno utilizzato<br />
e vuol dire correre ai ripari quando<br />
ormai è troppo tardi oppure pentirsi tardivamente.<br />
Un “pozzo di scienza” è invece un<br />
individuo così colto ed erudito che gli altri<br />
possono attingere al suo bacino di conoscenza<br />
come a un pozzo; il termine è spesso<br />
utilizzato in modo ironico e scherzoso.<br />
“Pozzo senza fondo” è un modo per indicare<br />
due concetti diametralmente opposti: da<br />
un lato vuol dire tutto ciò che ha bisogno di<br />
essere continuamente alimentato senza<br />
arrivare mai a riempimento; dall’altro lato<br />
sta a significare anche tutto ciò che sembra<br />
essere inesauribile e a cui si può attingere<br />
senza soluzione di continuità. Infine, il<br />
modo di dire “scavare un pozzo vicino al<br />
fiume”: fare una cosa sciocca, stupida, inutile<br />
come può essere scavare un pozzo per<br />
cercare l’acqua quando lì vicino c’è un<br />
fiume e quindi acqua in abbondanza.