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Minori l’oltraggio infinito

Numero 58 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />

Ospite del Campus, il presidente della Federazione campana delle bcc Silvio Petrone<br />

per raccontare il sistema su base volontaria di cui lui fa parte da più di 45 anni<br />

I soldi puliti del credito cooperativo<br />

7<br />

C’era un tempo in cui la banca non<br />

era lo spaventoso mostro a tre<br />

teste cui oggi tanto somiglia. Un<br />

tempo in cui non era altro che un<br />

semplice punto di incontro tra<br />

denaro e idee. Il denaro dei ricchi e<br />

le idee dei bisognosi. I ricchi che<br />

volevano investire le proprie risorse<br />

per farle fruttare e i bisognosi<br />

che, dalla loro parte, avevano le<br />

idee ma non il modo di metterle in<br />

pratica. Nient’altro. La finanza e<br />

tutto l’ambaradan che essa ha<br />

comportato sono arrivati dopo e<br />

hanno messo in un inestricabile<br />

disordine tutti i pezzi del puzzle.<br />

L’intento originario della banca di<br />

erogare credito con i fondi investiti<br />

è stato declassato in secondo<br />

piano e il suo spirito “etico” è finito<br />

sotto il tappeto. O sotto il letto,<br />

che dir si voglia. Eppure c’è una<br />

deviazione fondamentale da questa<br />

storia di totale smarrimento<br />

della banca. Un punto di svolta, un<br />

momento cruciale in cui è nata e si<br />

è sviluppata un’altra importante<br />

storia, quella delle casse rurali e del<br />

credito cooperativo.<br />

«La particolarità del sistema a cui<br />

appartengo – ha spiegato il presidente<br />

della Federazione campana<br />

delle banche di credito cooperativo<br />

Silvio Petrone – è la totale<br />

assenza di vincoli associativi. Tutto<br />

è fatto su base volontaria». Quindi<br />

comporta maggiori sforzi e più difficoltà,<br />

«però una volta che si è<br />

raggiunto il consenso – ha proseguito<br />

il presidente Petrone, che ha<br />

tenuto una lezione agli allievi della<br />

Scuola di giornalismo – l’identità<br />

che si crea e i valori a cui si attinge<br />

sono fortissimi».<br />

Nato come un fenomeno più di<br />

nicchia, il sistema del credito cooperativo<br />

con il tempo si è fatto prepotentemente<br />

largo tra gli scenari<br />

più tradizionali di fare attività bancaria.<br />

È venuto alla luce in epoca<br />

antichissima (le prime casse rurali<br />

si diffusero alla fine del XIX secolo)<br />

e poi è rapidamente cresciuto<br />

Silvio Petrone<br />

presidente<br />

della Federazione<br />

campana<br />

delle banche<br />

di credito<br />

cooperativo<br />

ospite della scuola<br />

di Giornalismo<br />

dell’Università<br />

di Salerno<br />

proprio per questa sua abilità<br />

naturale nel mantenere lo spirito<br />

originario. «Noi abbiamo una<br />

grande responsabilità – ha detto<br />

Petrone – perché siamo una solida<br />

realtà nel tessuto economico della<br />

Campania e di Salerno e dobbiamo<br />

dare risposte forti a tutti. Non<br />

siamo una banca, ma una cooperativa:<br />

la nostra porta deve essere<br />

sempre aperta per i nostri soci».<br />

Nonostante il fenomeno delle banche<br />

di credito cooperativo sia in<br />

costante crescita, ci sono molte<br />

difficoltà soprattutto perché «il<br />

risparmio è finito». Non c’è più<br />

capacità di mettere denaro da<br />

parte e , come ha spiegato il presidente<br />

Petrone, le famiglie altro<br />

non fanno che andare a mettere<br />

mano ai loro depositi per arrivare<br />

alla fine del mese.<br />

L’idea con cui è nata la cassa rurale<br />

è quella dello “scambio asimmetrico”.<br />

«Indipendentemente da quello<br />

che apporti, tu puoi avere accesso<br />

a molte più risorse. In relazione<br />

alle tua capacità e alla tua dignità»<br />

ha spiegato Petrone sostenendo<br />

inoltre che «dobbiamo essere fieri<br />

di questa piccola eccellenza che<br />

abbiamo al Sud e bisogna sfruttarla<br />

al massimo».<br />

Fare impresa nel Meridione non è<br />

facile e fare attività bancaria lo è<br />

ancor meno «se si pensa che la<br />

media dei correntisti è un terzo di<br />

quella dei correntisti del Nord».<br />

Ma Silvio Petrone non ha intenzione<br />

di arrendersi: «Noi adulti non<br />

possiamo mollare, abbiamo la<br />

responsabilità di lasciare ai giovani<br />

qualcosa di buono e di perdonare<br />

loro per tutte le cose per cui noi ai<br />

tempo nostri siamo stati perdonati».<br />

Ci vuole impegno, fortuna e<br />

provvidenza. «E poi se qualcosa<br />

non si puo’ fa’…s’ha da inventà!».<br />

Pagina a cura di<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

Le origini delle casse rurali<br />

La storia<br />

comincia<br />

da 32 soci<br />

Loreggia (Padova), 20 giugno 1883. Leone<br />

Wollemborg, celebre economista e<br />

politico italiano, fonda la prima Cassa<br />

rurale. Trentadue soci decidono di mettere<br />

in comune le proprie risorse e, senza<br />

esserne pienamente consapevoli, mettono<br />

le fondamenta al sistema della banche<br />

di credito cooperativo. Partono infatti da<br />

un capitale sociale di appena duemila lire<br />

e, dopo sedici mesi, arrivano a intermediare<br />

quasi venti mila lire erogando più<br />

di cento prestiti. Famiglie in difficoltà,<br />

piccoli proprietari e diversi esponenti del<br />

mondo agricolo: tutti possono avere<br />

accesso al credito e restituire le risorse a<br />

bassi interessi e con scadenze lunghe.<br />

Meraviglia delle meraviglie. Il fenomeno<br />

si diffonde a macchia d’olio anche grazie<br />

all’iniziativa della Chiesa cattolica che –<br />

sentita la necessità di intraprendere<br />

azioni concrete nel campo economico –<br />

decide di contribuire e fonda le Casse<br />

rurali cattoliche. Papa Leone XIII con<br />

l’emanazione dell’enciclica Rerum<br />

Novarum del 1891 esorta la comunità<br />

ecclesiastica a lanciarsi nell’universo<br />

economico per stimolare lo sviluppo dei<br />

ceti rurali e del proletariato urbano. Poi<br />

arriva la nascita della Federazione<br />

Italiana delle Casse rurali (1905) e già<br />

nel 1922 gli istituti arrivano ad essere<br />

più di tremilacinquecento. L’ente, allora<br />

poco organizzato e mal rappresentato,<br />

viene sostituito nel 1950 dalla ben più<br />

evoluta Federcasse che ancora oggi è<br />

l’unico organismo di rappresentanza del<br />

credito cooperativo. Gli anni ’60 sono<br />

ricordati come l’epoca d’oro per il sistema<br />

di credito cooperativo; viene anche<br />

alla luce il Fondo di garanzia dei depositanti<br />

(primo esempio di strumento di<br />

autotutele delle banche e degli interessi<br />

dei depositanti). Agli italiani questa<br />

forma di banca piace sempre di più,<br />

come piace sempre meno invece l’istituto<br />

di credito tradizionale. Qual è il<br />

passo successivo?<br />

La riforma del Tub<br />

Le banche<br />

diventano<br />

imprese<br />

Italia, 1 gennaio 1994. Entra in vigore il<br />

Testo Unico Bancario (decreto legislativo<br />

n. 385) che va a sostituire tutto l’apparato<br />

legislativo che precedentemente<br />

regolava l’attività bancaria. Comincia<br />

una progressiva uscita del soggetto pubblico<br />

dalla banca, che deve necessariamente<br />

operare come una vera e propria<br />

impresa, e si attua un processo di concentrazione<br />

bancaria (basti pensare che<br />

nel 1990 in Italia c’erano 1156 banche,<br />

oggi “solo” 657 di cui 81 gruppi e 422<br />

banche di credito cooperativo). Ma la<br />

vera novità del provvedimento è la<br />

nascita del concetto di “banca universale”:<br />

l’istituto può contemporaneamente<br />

“raccogliere risparmio tra il pubblico e<br />

concedere credito, può operare nel settore<br />

del mercato dei capitali e fornire<br />

un’ampia gamma di servizi di consulenza<br />

e intermediazione” (Antonio Sanna,<br />

Manuale di economia politica). Anche<br />

il settore del credito cooperativo viene<br />

inevitabilmente travolto dall’ondata<br />

della novità del tub: nasce la denominazione<br />

di “Banche di Credito<br />

Cooperativo” e gli istituti così riformati<br />

hanno la possibilità di offrire tutti i servizi<br />

e i prodotti delle altre banche. Sono<br />

cooperative per azioni a responsabilità<br />

limitata ma di fatto vengono equiparate<br />

a vere e proprie banche. Le tappe successive<br />

della storia delle bcc non sono<br />

altro che momenti importanti del loro<br />

processo di razionalizzazione: nel 1993<br />

nasce a Sanremo la capogruppo di<br />

impresa delle banche di credito cooperativo<br />

(Iccrea Holding Spa), nel 1999 a<br />

Riva del Garda viene presentato un articolato<br />

piano di riforma e poi infine<br />

viene alla luce l’ambizioso progetto di<br />

raccogliere i principi identificativi dell’attività<br />

di credito cooperativo (“La<br />

Carta dei Valori del Credito<br />

Cooperativo”). Una storia che nasce da<br />

lontano e che, si prevede, avrà un futuro<br />

ancora più roseo dei tempi trascorsi.

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