Minori l’oltraggio infinito
Numero 58 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
Numero 58 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno<br />
Direttore Sergio Zavoli<br />
Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno<br />
Anno VII n. 58 € 0,50 tel. 089.969437 - fax 089.969618 - www.ilgiornalista.unisa.it<br />
Domenica 25 marzo 2012<br />
email: giornalismo@unisa.it<br />
Sped. Abb. Post. - 70% -<br />
CNS/CBPA Sud/Salerno<br />
Eventi d’Italia<br />
Salerno crocevia<br />
nel cammino<br />
verso l’Unità<br />
GIUSEPPE DI GENIO<br />
Pagina 3<br />
La riflessione<br />
La scrittura<br />
e il decalogo<br />
dell’umorismo<br />
GIOVANNANTONIO FORABOSCO<br />
Pagina 5<br />
Ellis Island a New York<br />
Il primo passo<br />
verso il sogno<br />
della Grande Mela<br />
l’inviata MARIA DI NAPOLI<br />
Pagina 8<br />
La vicenda di Sarah Scazzi strumentalizzata da stampa e televisione<br />
<strong>Minori</strong>, <strong>l’oltraggio</strong> <strong>infinito</strong><br />
L’informazione si piega sempre più alle regole dei reality show<br />
Spettacolarizzazione o diritto<br />
di cronaca? Il caso di<br />
Sarah Scazzi, la ragazzina<br />
uccisa ad Avetrana nell’agosto<br />
del 2010, somiglia sempre<br />
più ad un thriller. Gli<br />
ingredienti ci sono tutti: la<br />
vittima, i sospettati, i punti<br />
oscuri, la ricerca del movente,<br />
le indagini; psicologi,<br />
criminologi, magistrati che<br />
ricostruiscono, passo dopo<br />
passo, il delitto nei salotti<br />
televisivi, arrivando addirittura<br />
ad inscenare un processo<br />
(mediatico) con tanto di<br />
colpevolisti e innocentisti.<br />
MARINA CAVALIERE<br />
CARMEN GALZERANO<br />
ELENA CHIARA LIGUORI<br />
Pagine 12 e 13<br />
Unisa<br />
Valdesi<br />
e protestanti<br />
nel Belpaese<br />
al tempo<br />
medievale<br />
SIMONE SPISSO<br />
Pagina 2<br />
Andrea Russo e le sue sculture di carta<br />
Origami all’ombra del Vesuvio<br />
SIMONE SPISSO Pagina 14<br />
Arte Moderna<br />
La guerra<br />
dei musei<br />
BELLO, DI CICCO eESPOSITO<br />
Pagine 16 e 17<br />
Torraca nel Cilento<br />
La capitale<br />
del risparmio<br />
FRANCESCO SERRONE<br />
Pagina 9<br />
Stalking<br />
Le voci<br />
mute<br />
MARIO PIO CIRILLO<br />
Pagina 10<br />
Circumvesuviana<br />
Cercasi<br />
biglietto<br />
ALESSIO FUSCO<br />
Pagina 11<br />
Evasori<br />
mala<br />
gente<br />
In Italia la cifra che ogni<br />
anno viene sottratta all’erario<br />
è di circa 120 miliardi:<br />
2.000 euro a persona. La<br />
lotta all’evasione fiscale si è<br />
intensificata con il governo<br />
Monti, recenti blitz della<br />
Guardia di Finanza hanno<br />
evidenziato una situazione<br />
allarmante, specialmente a<br />
Napoli e in Campania.<br />
I controlli in città hanno evidenziato<br />
che quattro commercianti<br />
su cinque non<br />
adempiono agli obblighi<br />
fiscali arrivando all’85% di<br />
evasione. La presenza dei<br />
militari ha fatto alzare la<br />
media degli incassi fino al<br />
900%. Situazione simile<br />
anche ad Avellino (71%),<br />
Benevento (80%) e Caserta<br />
(83%). Mentre è uso comune<br />
tra i privati non dichiarare<br />
quello che si possiede,<br />
così ci si imbatte in persone<br />
disoccupate al volante di<br />
una Porsche.<br />
Intanto nel capoluogo campano<br />
i commercianti continuano<br />
a non fare gli scontrini,<br />
noncuranti delle sanzioni.<br />
Abbiamo visitato alcuni<br />
esercizi commerciali per<br />
renderci conto della situazione.<br />
I risultati sono stati<br />
sconcertanti.<br />
DAVIDE SAVINO<br />
Pagina 6<br />
La parola al presidente della Federazione campana della bcc<br />
La banca che non è una banca<br />
Teatro Mercadante<br />
Schiavitù,<br />
in scena<br />
una storia<br />
di dolore<br />
IMMA SOLIMENO<br />
Pagina 18<br />
È una banca, ma non chiamatela<br />
così. Il credito cooperativo<br />
ha forte radici nel<br />
passato ma si è evoluto. Il<br />
presidente della federazione<br />
campana della bcc ha spiegato<br />
agli studenti della<br />
Scuola di Giornalismo la<br />
storia di questo settore.<br />
GIORGIA MENNUNI<br />
Pagina 7<br />
Luca Aquino<br />
Figlio<br />
del Sannio<br />
principe<br />
del jazz<br />
EMANUELA DE VITA<br />
Pagina 19<br />
LA VIGNETTA di Dado<br />
IL PUGNO<br />
“Il lavoro è una priorità”. È l'ultima<br />
uscita di Angelino Alfano, “apprendista”<br />
segretario del Pdl, che mal<br />
cela i desiderata del vero leader del<br />
partito: nessun intervento su giustizia<br />
e tv. Dopo questo, dopo il forfait<br />
di Berlusconi dato a Vespa per non<br />
mettere in difficoltà il delfino, e<br />
dopo la mancata telefonata al<br />
seminario di Orvieto, una domanda<br />
dovrebbe sorgere spontanea al<br />
giovane, rampante segretario: Ma<br />
che ci sto a fare qui(d)?<br />
Matteo Marcelli
2 Domenica 25 marzo 2012 News CAMPUS<br />
Unisa: un seminario sui temi dell’Inquisizione e della Riforma ecclesiastica<br />
Gli eretici del Valdismo<br />
Analisi del movimento protestante nato nel Medioevo<br />
unisa news<br />
SIMONE SPISSO<br />
I temi della Riforma protestante e<br />
dell’Inquisizione al centro di un<br />
seminario ospitato dall’Università<br />
di Salerno.<br />
Il dipartimento di Scienze politiche,<br />
sociali e della comunicazione<br />
ha proposto un’analisi del<br />
Valdismo: movimento protestante<br />
nato nel XII secolo dal<br />
mercante Valdo, che nel decennio<br />
1170-80 scelse la povertà<br />
evangelica, costituendo il primo<br />
nucleo della corrente.<br />
Sin dagli inizi, il Valdismo si<br />
scontrò con l’opposizione della<br />
Chiesa cattolica: al rifiuto del<br />
programma dei valdesi da parte<br />
del III Concilio Lateranense<br />
(1179) seguì infatti la scomunica<br />
del Concilio di Verona (1184).<br />
Emarginati dall’istituzione ecclesiastica,<br />
i valdesi conobbero tuttavia<br />
una larghissima diffusione nel<br />
periodo del basso Medioevo. «La<br />
loro disobbedienza al potere costituito<br />
della Chiesa fece di loro dei<br />
veri e propri scismatici» ha osservato<br />
il professor Alfonso Tortora,<br />
tra i relatori dell’importante convegno.<br />
«Il Valdismo divenne quindi il<br />
bersaglio prediletto del tribunale<br />
della Santa Inquisizione, fino allo<br />
sterminio dei suoi adepti nel 1561,<br />
insediarono a Napoli, lungo la dorsale<br />
che dall’Irpinia conduce alla<br />
Capitale».<br />
Ben tollerato e perfino difeso, dalla<br />
popolazione e dalla Chiesa locale, il<br />
Valdismo si espanse tra il XIII e il<br />
XIV secolo anche in Lombardia e<br />
in Linguadoca, giungendo fino in<br />
Provenza. Il fenomeno divenne<br />
così espressione del nesso molto<br />
stretto che lega i grandi movimenti<br />
di dissenso religioso e la riforma<br />
della Chiesa.<br />
Al dibattito ha preso parte anche il<br />
professor Claudio Azzara dell’ateneo<br />
salernitano, che si è soffermato<br />
sulle implicazioni storiche di questa<br />
nuova situazione. «L’eresia<br />
cessa di essere considerata un delitto<br />
religioso e dottrinario, e dall’arrivo<br />
dei valdesi in poi diventa un<br />
crimine perseguibile anche a livello<br />
penale. L’eretico viene infatti paragonato<br />
al reo di lesa maestà». La<br />
repressione dell’eresia divenne funzionale<br />
alla ristrutturazione della<br />
monarchia ecclesiastica, a partire<br />
dall’XI secolo, in un periodo in cui<br />
la Chiesa non si vergognava di far<br />
sfoggio della propria ricchezza e<br />
della propria potenza.<br />
Il Valdismo si propose quindi come<br />
fenomeno religioso dedito alla<br />
riscoperta della Chiesa delle origini,<br />
a partire dalla lettura del<br />
Vangelo. Ai valdesi furono riconosciute<br />
la libertà di culto e la pienezza<br />
dei diritti civili soltanto durante<br />
l’età napoleonica. Il movimento<br />
Emozioni, sogni, paure e disagi degli studenti<br />
I veri “sentimenti in gioco”<br />
Nuovo lavoro della professoressa Selvaggio<br />
Viaggio nell’universo giovani per conoscerli da vicino<br />
VALENTINA DE LUCIA<br />
frutto dell’alleanza tra la Chiesa e<br />
la Spagna: entrambe preoccupate<br />
dalla possibile nascita di uno Stato<br />
protestante nel cuore dell’Italia<br />
meridionale».<br />
Gli insediamenti valdesi, soprattutto<br />
al Sud, furono estremamente<br />
massicci. Dediti all’agricoltura, gli<br />
appartenenti al movimento emigravano<br />
in direzione dei centri<br />
periferici, per sfuggire al controllo<br />
dell’autorità ecclesiastica. Una<br />
vasta storiografia identifica nella<br />
Calabria il loro originario punto<br />
d’approdo. «In realtà - ha chiarito<br />
Tortora - le ultime ricerche consentono<br />
di stabilire che i valdesi si<br />
Bamboccioni, pigri, immaturi, irresponsabili,<br />
sfaticati…<br />
I giovani italiani sono sempre più spesso criticati<br />
e presentati in modo negativo e alquanto ironico.<br />
Soprattutto se paragonati a quelli di altri<br />
Paesi, i teenagers del Belpaese escono non poco<br />
danneggiati da statistiche in cui emerge che<br />
stentano a trovare una propria indipendenza<br />
economica e preferiscono rimanere a casa, con<br />
mamma e papà, fino a tardi.<br />
Ma è proprio così? Siamo davvero sicuri che sia<br />
una scelta dei giovani continuare a dipendere, in<br />
tutto e per tutto, dai propri genitori? Qualcuno,<br />
aldilà di sterili e generici dati, si è mai chiesto il<br />
perché? E, soprattutto, ha mai provato a chiederlo<br />
a loro?<br />
E’ quanto ha fatto la professoressa Maria<br />
Antonietta Selvaggio, ricercatrice della Facoltà<br />
di Scienze della Formazione dell’Università di<br />
Salerno, nel suo libro “Sentimenti in gioco.<br />
Testimonianze dal mondo studentesco”, presentato<br />
lunedì 12 marzo, nell’aula 9 della Facoltà di<br />
Lingue del Campus di Fisciano, dalla professoressa<br />
Maria Rosaria Pelizzari, docente del corso<br />
di laurea specialistica in Letterature comparate,<br />
con la partecipazione di Natale Ammaturo,<br />
direttore del Dipartimento di Scienze Umane,<br />
Filosofiche e della Formazione (Disuff), e di<br />
Gloria Chianese, vicedirettore della “Fondazione<br />
di Vittorio”.<br />
Protagonisti di quest’opera, originale e fresca,<br />
sono 32 studenti (16 romani, 12 napoletani e 6<br />
salernitani) che , attraverso una serie di domande<br />
e curiosità espresse dall’autrice, mettono a<br />
nudo i propri sentimenti, le emozioni e i pensieri<br />
più nascosti, tutti i dubbi e i desideri sul presente<br />
e sul proprio futuro.<br />
«La ricerca manifesta una maturità straordinaria<br />
e ci consente di entrare nel mondo dei<br />
giovani senza filtro – ha dichiarato il dottor<br />
Ammaturo – la grande novità sta proprio<br />
nell’aver discusso dei giovani facendo discutere<br />
i giovani».<br />
Da quest’analisi viva emerge che, sfatando miti e<br />
luoghi comuni, gli adolescenti sono ancora<br />
molto legati alla famiglia, non come albergo o<br />
rifugio dai problemi e dalle difficoltà esterni, ma<br />
come punto di riferimento che guida le loro scelte<br />
e la loro crescita.<br />
«Ho deciso di dar<br />
voce ai giovani – ha<br />
spiegato la dottoressa<br />
Selvaggio – perché<br />
potessero accompagnarci<br />
nel loro, difficile<br />
ma meraviglioso,<br />
universo. Non è vero<br />
che gli adolescenti di<br />
oggi non hanno valori,<br />
investono molto<br />
nelle relazioni e, se<br />
mancano rispetto,<br />
dialogo, solidarietà e<br />
comprensione, i ragazzi<br />
entrano in crisi,<br />
si sentono smarriti.<br />
Molte ragazze sognano<br />
la maternità per sentirsi realizzate prima di<br />
tutto come madri».<br />
Ed è proprio da questa intervista in profondità<br />
che emergono affinità e differenze con le vecchie<br />
generazioni.<br />
«Questo volume – ha sottolineato Gloria<br />
Chianese – introduce una disamina che ha presente<br />
anche la dimensione temporale e ci permette<br />
di creare un continuum che lega l’attuale<br />
condizione giovanile a quella del passato».<br />
La grande capacità dell’autrice sta proprio nell’aver<br />
ascoltato i ragazzi. L’opera non li giustifica<br />
ma non vuole neanche giudicarli perché, prima<br />
di poter parlare dei giovani, bisogna capire i<br />
disagi e i problemi del contesto in cui vivono.<br />
poté quindi dedicarsi a un’attività<br />
di evangelizzazione, che ne estese<br />
la presenza dalla seconda metà del<br />
XIX secolo in numerose città della<br />
penisola italiana.<br />
«I valdismi hanno un valore euristico:<br />
ci costringono a studiare i fenomeni<br />
storici senza precomprensioni»<br />
ha concluso il professor<br />
Grado Giovanni Merlo dell’Università<br />
di Milano, tra i massimi<br />
studiosi del fenomeno.<br />
Direttore<br />
Sergio Zavoli<br />
Direttore Responsabile<br />
Giuseppe Blasi<br />
Coordinamento<br />
Mimmo Liguoro<br />
Marco Pellegrini<br />
Redazione<br />
Valentina Bello, Marina Cavaliere,<br />
Mario Pio Cirillo,<br />
Valentina De Lucia, Emanuela<br />
De Vita, Mariarosaria<br />
Di Cicco, Maria Di Napoli,<br />
Pietro Esposito, Alessio Fusco,<br />
Carmen Galzerano,<br />
Francesco Giordano, Elena<br />
Chiara Liguori, Assunta Lutricuso,<br />
Matteo Marcelli, Federica<br />
Massari, Giorgia Mennuni,<br />
Davide Savino, Francesco<br />
Serrone, Imma Solimeno,<br />
Simone Spisso<br />
Le Firme<br />
Giulio Anselmi, Antonio Caprarica,<br />
Ferruccio De Bortoli,<br />
Tullio De Mauro, Aldo Falivena,<br />
Antonio Ghirelli,<br />
Gianni Letta, Arrigo Levi,<br />
Pierluigi Magnaschi, Renato<br />
Mannheimer, Ezio Mauro,<br />
Raffaele Nigro, Mario Pendinelli,<br />
Arrigo Petacco Vanni<br />
Ronsisvalle, Mario Trufelli,<br />
Walter Veltroni<br />
UNIVERSITA<br />
DEGLI STUDI<br />
DI SALERNO<br />
Prof. Raimondo Pasquino<br />
Rettore dell'Università<br />
Prof. Annibale Elia<br />
Direttore del Dipartimento<br />
di Scienze Politiche, Sociali<br />
e della Comunicazione<br />
Prof. Emilio D'Agostino<br />
Presidente del Comitato<br />
Tecnico-Scientifico<br />
della Scuola di Giornalismo<br />
Prof. Luca Cerchiai<br />
Preside della Facoltà<br />
di Lettere e Filosofia<br />
Autorizzazione del Tribunale di Salerno<br />
e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007<br />
Arti Grafiche Boccia di Salerno<br />
telefono: 089. 303311<br />
Distribuzione alle edicole<br />
Agenzia DI CANTO S.p.a. di Vito Di Canto<br />
Località Pezzagrande Zona ind. Eboli<br />
tel.0828. 340927<br />
fax: 0828. 340924<br />
‘
TERZA PAGINA Domenica 25 marzo 2012<br />
3<br />
Salerno: storia, unità, costituzione<br />
GIUSEPPE DI GENIO*<br />
Parlare di Salerno Capitale<br />
come Città della<br />
Costituzione, sebbene sia<br />
qualcosa di affascinante che<br />
ci inorgoglisce come salernitani,<br />
non è propriamente<br />
esatto, se si guarda alla storia<br />
costituzionale e al percorso<br />
più o meno normativo<br />
che ha portato alla stesura<br />
formale della<br />
Costituzione del 1948.<br />
Tuttavia, in un periodo in<br />
cui la vera e alta cultura ha<br />
sempre più un ruolo secondario<br />
le iniziative delle<br />
Amministrazioni pubbliche<br />
sul tema (vi è anche la legge<br />
regionale n. 19 del 2010 su<br />
alcuni luoghi storici<br />
dell’Unità d’Italia) sono<br />
molto lodevoli e devono<br />
essere proseguite con il<br />
coinvolgimento permanente<br />
delle scuole, in ogni ordine<br />
e grado, e dei giovani salernitani.<br />
Essi devono poter<br />
crescere, formarsi e animarsi<br />
in uno spirito di libertà,<br />
educazione civica e tutela<br />
dei diritti.<br />
Il ruolo fondamentale dei<br />
Comuni tra l’altro è nella<br />
stessa Legge fondamentale,<br />
in particolare anche nella<br />
sua XVIII disposizione<br />
transitoria e finale.<br />
Sicuramente Salerno c.d.<br />
Lo sbarco<br />
degli Alleati<br />
e i ministri<br />
del governo<br />
Badoglio<br />
aprirono<br />
la strada<br />
democratica<br />
del nostro<br />
Paese<br />
Capitale d’Italia (ricordiamo<br />
il governo Badoglio e<br />
Bonomi) ha rappresentato<br />
un momento importante,<br />
forse non proprio determinante,<br />
perché inserito in un<br />
contesto più ampio, del<br />
nuovo assetto costituzionale,<br />
dopo le nefandezze del<br />
fascismo e del nazismo. La<br />
polemica sulla bandiera italiana<br />
nelle celebrazioni<br />
dell’Unità d’Italia testimonia<br />
questa prospettiva.<br />
Si può dire, infatti, che<br />
Salerno è stata una delle<br />
città prescelte dalla fortuna<br />
degli eventi che per varie<br />
esigenze, territoriali (lo<br />
sbarco in Sicilia e l’operazione<br />
Avalanche) e non, ha<br />
saputo rimboccarsi le maniche<br />
ed inserirsi nell’ambito<br />
di quel bellissimo periodo<br />
fecondo della vita unitaria e<br />
costituente della nostra<br />
Repubblica che ha portato<br />
linfa vitale e culturale alla<br />
nascita democratica del<br />
nostro Paese.<br />
Salerno è una città del sud,<br />
di quel sud inevitabilmente<br />
monarchico, che ha saputo<br />
ridefinire il proprio contributo<br />
morale e istituzionale<br />
partecipando attivamente,<br />
con lo sbarco e i suoi ministri,<br />
alla costruzione dell’esperienza<br />
repubblicana, di<br />
quella che potrebbe essere<br />
una sorta di Costituzione<br />
materiale ante litteram.<br />
Non dimentichiamo che<br />
paradossalmente il fatto<br />
costituente si è realizzato<br />
con una sorta di cessione<br />
etero-guidata di sovranità<br />
del e dal regnante al reggente<br />
(Luogotenente e<br />
Luogotenenza del regno<br />
con il R. D. n. 140 del 1944<br />
già sperimentata durante la<br />
prima guerra mondiale)<br />
ovvero con quel meccanismo<br />
storico per lo più consuetudinario,<br />
in costanza<br />
dello Statuto Albertino del<br />
1848, sotto cui si è determi-<br />
In tale prospettiva si può<br />
dire, allora, che Salerno non<br />
è stata propriamente la città<br />
della Costituzione (che non<br />
c’era) ma una delle tante<br />
città della guerra, un luogo<br />
della memoria e della<br />
discussione, che ha contribuito<br />
nel suo piccolo, senza<br />
formalismi di sorta, alla<br />
futura scelta (materiale)<br />
costituente.<br />
Nondimeno ha avuto,<br />
anche con il sangue della<br />
sua provincia cilentana, un<br />
ruolo forse ancora più<br />
importante nell’Unità<br />
d’Italia, di cui si celebrano i<br />
150 anni, come si evince da<br />
un documento, non richianata<br />
anche l’Unità d’Italia<br />
nel 1861, del decreto luogotenenziale<br />
n. 151 del 1944<br />
(emanato dopo la liberazione<br />
di Roma del 4 giugno<br />
1944 e convertito in legge<br />
dalla XV disposizione transitoria<br />
e finale della<br />
Costituzione del 1948), formalmente<br />
dato a Napoli il<br />
25 giugno 1944, in virtù del<br />
quale si è venuta a creare la<br />
c.d. prima Costituzione<br />
provvisoria, secondo cui,<br />
proprio in virtù del c.d.<br />
patto di Salerno del 1944,<br />
dopo la liberazione del territorio<br />
nazionale le forme<br />
istituzionali saranno scelte<br />
dal popolo italiano che a tal<br />
fine eleggerà a suffragio<br />
universale diretto e segreto,<br />
una Assemblea Costituente<br />
per deliberare la nuova<br />
Costituzione dello Stato (tra<br />
l’altro Bonomi venne ridimensionato<br />
nei successivi<br />
lavori costituenti).<br />
Alla stessa sono seguiti,<br />
poi, il n. 435 del 1945 sulla<br />
creazione del Ministero<br />
della Costituente nonchè il<br />
decreto luogotenenziale n.<br />
98 del 1946, la c.d. seconda<br />
Costituzione provvisoria,<br />
in cui venne definito quello<br />
che poi sarebbe stato il referendum<br />
istituzionale del 2<br />
giugno 1946.<br />
Scuola<br />
Medica:<br />
«Venite<br />
in città,<br />
condirete<br />
gli animi<br />
vostri<br />
con il sale<br />
della<br />
sapienza»<br />
mato nella versione degli<br />
storici, che lega proprio<br />
Costituzione e Unità<br />
d’Italia, il Proclama ai<br />
Napoletani del Generale<br />
Giuseppe Garibaldi della<br />
mattina del 7 settembre<br />
1860 dato a Salerno ma<br />
pubblicato in Napoli, che<br />
richiama ed urla “la concordia”,<br />
come prima necessità<br />
dell’Italia, per raggiungere<br />
l’unità della grande famiglia<br />
italiana.<br />
Al di là di tutto, Salerno<br />
c’era nell’Unità d’Italia e<br />
c’era nel cammino verso la<br />
Costituzione. Così, dunque,<br />
dignitosa e austera, senza<br />
celebrazioni chiassose ed<br />
eucaristiche, fiera del suo<br />
passato, guarda al suo futuro,<br />
al futuro dell’Italia<br />
nell’Europa unita e nel<br />
mondo.<br />
D’altronde, nei documenti<br />
storici della Scuola Medica<br />
salernitana vi era il seguente<br />
invito; “ O voi tutti, che bramate<br />
di bere la coppa<br />
dell’Elicona, venite di buon<br />
grado, venite a Salerno,<br />
dove condirete gli animi<br />
vostri con il sale della<br />
sapienza !....”.<br />
*Professore di Diritto<br />
Costituzionale<br />
Facoltà di Giurisprudenza<br />
Università di Salerno
4 Domenica<br />
25 marzo 2012
L’ARTICOLO Domenica 25 marzo 2012<br />
5<br />
Non ci resta che ridere<br />
Nella scrittura, allenarsi con l’umorismo è come fare preparazione atletica,<br />
che qualunque allenatore raccomanderebbe per ogni tipo di sport<br />
GIOVANNANTONIO FORABOSCO*<br />
Parlare di umorismo è come parlare del<br />
segreto di Pulcinella. Ma non di quello che<br />
tutti conoscono e nessuno prende sul serio.<br />
No, il vero segreto. Perché Pulcinella fa ridere?<br />
Perché è comico, buffo? E non solo questo.<br />
E’ divertente ma anche toccante, irrequieto,<br />
affamato, a volte malinconico, fa<br />
vibrare corde di sentimenti diversi. E capita<br />
che sia perfino politicamente impegnato.<br />
Pulcinella Eduardo fa il rivoluzionario contro<br />
Peppino Borbone (nel film “Ferdinando I,<br />
re di Napoli”).<br />
Attenti a quest’indovinello.<br />
“Che cos’è una banana?”<br />
“Una badonna babassa babassa”.<br />
Chi lo conosce già o ne conosce di simili è<br />
possibile che lo giudichi semplice e perfino<br />
infantile. Altrimenti una reazione tipica<br />
è a tre fasi: un momento di perplessità,<br />
poi “ah, ho capito”, quindi un senso di<br />
divertimento (ah, ah!) con eventuale risata<br />
o risolino. Naturalmente poi ci sono i sofisticati<br />
e gli ottusi che non capiscono e/o<br />
non si divertono.<br />
La barzellettina in questione è un testo umoristico.<br />
Per chi avesse un concetto alto<br />
dell’”umorismo” può sembrare un aggettivo<br />
non appropriato. In realtà traduce l’inglese<br />
“humour” che è diventato (come sport del<br />
resto) il termine con cui si designa tutto<br />
quello che ha a che fare con il divertimento<br />
che tende al sorriso e al riso, il comico, l’ironia,<br />
la satira, la barzelletta, la parodia, la caricatura<br />
e via dicendo. Esiste una International<br />
Society of Humor Studies e un International<br />
Journal of Humor Research (humor è la<br />
variante americana).<br />
Qual è il meccanismo dell’indovinello sulla<br />
banana? C’è una premessa sotto forma di<br />
domanda apparentemente normale e banale.<br />
La risposta introduce però un’incongruità:<br />
non corrisponde a un linguaggio dotato di<br />
senso. Ma c’è un elemento che risolve. E’<br />
quello che in termini aritmetici è la “raccolta<br />
a fattor comune”: eliminando il ba da ogni<br />
parola il tutto diventa logico e abbiamo la<br />
definizione di una nana (questioni discriminatorie<br />
ed etiche a parte).<br />
La percezione di incongruità è concetto<br />
chiave per tutte le forme di umorismo. Si<br />
lega alla violazione di un’aspettativa (ne parlava<br />
già Imanuel Kant), all’effetto sorpresa<br />
(Spencer lo sottolineò a fine ‘800), alla rottura<br />
di uno schema o modello, cioè a come ci si<br />
attende che le cose si presentino, quello che<br />
consideriamo logico e normale.<br />
Vista la rilevanza del concetto fornisco qualche<br />
altro esempio: 1) Gioco a carte e mi<br />
trovo in mano un asso di cuori nero (Bruner<br />
e Postdam ne fecero un famoso esperimen-<br />
Chi non è direttamente interessato a scrivere<br />
in maniera divertente o brillante<br />
può comunque trarre beneficio<br />
da una frequentazione del registro dell’ironia<br />
to); 2) una faccia con tre occhi per un bambino<br />
molto piccolo (esperimento di Jerome<br />
Kagan); 3) una nevicata a Taormina a<br />
Ferragosto; 4) un ombrello nero.<br />
Partiamo da quest’ultimo. Se il lettore si è<br />
chiesto: “Che c’entra un ombrello nero?”<br />
vuol dire che ha avuto una percezione di<br />
incongruità. Un ombrello nero è una cosa<br />
normale in un elenco di cose non esattamente<br />
normali, cioè disattende l’aspettativa<br />
(più tecnicamente diremmo che è difforme<br />
dal modello cognitivo evocato dalla serie di<br />
esempi).<br />
Gli altri esempi mostrano come l’incongruità<br />
sia di natura varia e anche non umoristica.<br />
Nel primo caso può essere sconcertante<br />
e può risultare divertente (solo) nel caso<br />
che si riveli come uno scherzo. Nel secondo,<br />
il bambino può reagire addirittura con un<br />
senso di smarrimento se non di paura fino a<br />
che non capisce che si tratta di una immagine<br />
non reale (un disegno). Dopo di che<br />
impara che se le facce vere hanno due occhi<br />
in un disegno se ne possono mettere quanti<br />
se ne vogliono. La nevicata può suscitare<br />
interrogativi inquietanti sui cambiamenti climatici.<br />
Perché sia umoristica occorrono alcune condizioni<br />
aggiuntive: la prima è che ci sia un<br />
contesto lieve, giocoso (playful diceva lo psicologo<br />
McGhee), la seconda è, come già<br />
indicato, che l’incongruità sia risolta, la terza<br />
è che la risoluzione non elimini però la percezione<br />
di incongruità. Lo mostra chiaramente<br />
l’indovinello della banana. Alla fine<br />
del processo troviamo la soluzione ma definizione<br />
resta comunque strana, vale a dire<br />
funziona solo nel contesto della barzelletta.<br />
Lo studioso Avner Ziv parlava di “logica<br />
locale”.<br />
La scrittura umoristica è la costruzione di un<br />
testo che abbia queste caratteristiche: produrre<br />
una percezione di incongruità con una<br />
risoluzione che però non elimini del tutto<br />
l’incongruità.<br />
Lascio al lettore la verifica di come queste<br />
condizioni si attuino nei due seguenti testi di<br />
Karl Kraus:<br />
“L'aforisma non coincide mai con la verità: o<br />
è una mezza verità o è una verità e mezzo”.<br />
"Conoscevo uno che quando parlava metteva<br />
le dita nel naso. Almeno fosse stato il suo".<br />
Le varie tecniche che sono suggerite per produrre<br />
un testo umoristico, l’iperbole, l’inversione,<br />
il capovolgimento, ecc. convergono<br />
tutte a creare l’effetto chiave della percezione<br />
di incongruità. In questo scritto introduttivo<br />
le tecniche sono forzatamente solo accennate<br />
e va sottolineato che rappresentano un<br />
importante capitolo del discorso.<br />
La scrittura umoristica ha tre principali tipologie.<br />
La prima è in senso stretto, e comunque<br />
con un’ampia estensione, dalla barzelletta<br />
alle battute di un cabarettista, alla commedia,<br />
al copione di un film comico ecc. La<br />
seconda ha un senso lato e riguarda una qualità<br />
del testo che si può descrivere come brillante.<br />
Non mira necessariamente a far ridere<br />
ma ha arguzia, spirito, creatività. Può comparire<br />
anche in contesti non consueti. Una<br />
citazione tra mille è quella di un commentatore<br />
di calcio che quando un giocatore prende<br />
una pallonata nelle parti basse osserva “si<br />
è sentito rumore di cristalli rotti”. I giornalisti<br />
cui è riconosciuto l’attributo di brillanti<br />
non fanno in genere dell’umorismo in senso<br />
stretto ma usano immagini, accostamenti,<br />
parole che non sono grigiamente normali e<br />
scontate ma creano disattendendo le aspettative,<br />
sorprendendo e spiazzando: procedure<br />
che sono le stesse molle che fanno scattare<br />
l’effetto umoristico. Questi stessi principi<br />
e procedure sono alla base del terzo tipo di<br />
scrittura umoristica, quello di valenza generale.<br />
Chi non è direttamente interessato a<br />
scrivere in maniera divertente o brillante –<br />
oppure per il tipo di materia di cui si occupa<br />
non ne ha l’occasione (se deve parlare di<br />
omicidi o disastri, ad esempio) – può<br />
comunque trarre beneficio da una frequentazione<br />
del registro umoristico. Allontanarsi<br />
dallo scontato e dall’ovvio, assumere una<br />
prospettiva di lettura delle cose non consuetudinaria,<br />
mirare all’originalità nella decifrazione<br />
e nella presentazione degli eventi sono<br />
competenze per le quali apprendere i meccanismi<br />
propri dell’umorismo è utile risorsa.<br />
Per ogni tipo di scrittura, allenarsi con l’umorismo<br />
è come fare preparazione atletica,<br />
che qualunque allenatore raccomanderebbe<br />
per ogni tipo di sport.<br />
*Direttore del Centro Ricerca Umorismo
6 Domenica 25 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />
Nel Belpaese ogni anno non vengono versati circa 120 miliardi di euro di contributi<br />
Evasione, sport nazionale<br />
Nel nostro Paese pagare le tasse è<br />
un dovere oltre che un obbligo, ma<br />
non tutti la pensano così. Per questo,<br />
in Italia, l’evasione fiscale raggiunge<br />
livelli altissimi, toccando la<br />
cifra di 120 miliardi di euro all’anno.<br />
Secondo i dati dell’Istat dunque,<br />
in media, ogni italiano non<br />
versa all’erario circa 2.000 euro di<br />
tasse all’anno. Con il nuovo governo,<br />
che ha varato il decreto “salva<br />
Italia”, recuperare quei soldi è<br />
diventato di vitale importanza,<br />
così è cominciata una nuova ed<br />
aspra lotta all’evasione fiscale.<br />
Partendo dall’assurda realtà di<br />
alcuni dati statistici, come ad<br />
esempio il fatto che, nel nostro<br />
Paese, aumentano le immatricolazioni<br />
di auto di lusso, mentre chi<br />
dichiara di possederne una è solo<br />
lo 0,95% degli italiani, si è deciso di<br />
procedere con controlli incrociati<br />
e a tutti i livelli della tassazione.<br />
Nei mesi scorsi hanno fatto molto<br />
La Guardia di Finanza rileva dati sconcertanti<br />
A Napoli l’82% dei commercianti fuorilegge<br />
rumore i blitz della Guardia di<br />
Finanza nei luoghi dove vanno in<br />
vacanza i vip, Cortina, Courmayeur,<br />
Portofino, Capri e poi le<br />
grandi città Roma, Milano, Napoli.<br />
Tutti i negozi passati al setaccio<br />
per controllare gli scontrini; ad<br />
ogni passaggio dei militari da città<br />
a città emergevano dati sconcertanti<br />
con situazioni al limite, tanto<br />
che in alcuni casi, dopo i controlli<br />
dei finanzieri, si registravano variazioni<br />
delle medie degli incassi<br />
superiori al 150/200%.<br />
La situazione peggiore si è registrata<br />
a Napoli. La Guardia di<br />
Finanza ha accertato, nei suoi controlli<br />
in città, che 317 commercianti<br />
su 386 non adempiono agli<br />
obblighi fiscali, cioè 82% del totale.<br />
Inoltre la presenza dei finanzieri<br />
ha determinato una variazione<br />
media degli incassi del 133%, con<br />
un picco massimo del 985%.<br />
Secondo Pietro Russo, presidente<br />
Confcommercio della provincia di<br />
Napoli «il dato non è rappresentativo<br />
della realtà. Noi siamo favorevoli<br />
ai controlli della Guardia di<br />
Finanza, mentre siamo molto meno<br />
favorevoli al campione preso in<br />
considerazione, se si pensa che a<br />
Napoli e provincia ci sono 260 mila<br />
commercianti che lo scontrino lo<br />
fanno, anche perché dopo la terza<br />
volta che non si rilascia lo scontrino,<br />
si chiude».<br />
Il problema è da ricercare altrove.<br />
Per Russo «gran parte dell’evasione<br />
fiscale in questa città, deriva dalla<br />
contraffazione e dal commercio<br />
abusivo che creano concorrenza<br />
sleale nei confronti dei commercianti<br />
in regola che pagano le tasse,<br />
per questo è necessario fare controlli<br />
non solo sulle vendite ma<br />
anche sugli acquisti». Anche se in<br />
città la pratica di non fare lo scontrino<br />
non si è persa neppure dopo i<br />
controlli. Per verificarlo abbiamo<br />
fatto un giro in alcuni negozi:<br />
tabaccaio, bar, salumeria. In ogni<br />
negozio abbiamo fatto lo stesso<br />
acquisto, visitando più di un commerciante.<br />
In tabaccheria abbiamo<br />
acquistato uno snack al cioccolato,<br />
su otto tabaccai solo tre hanno rilasciato<br />
lo scontrino. In salumeria<br />
abbiamo comprato mezzo litro di<br />
latte, su cinque esercenti solo uno<br />
non ci ha fatto lo scontrino. Al bar<br />
abbiamo chiesto un caffè, su otto<br />
locali tutti e otto hanno rilasciato<br />
lo scontrino, ma ad una più attenta<br />
analisi della ricevuta è risultato che<br />
tre non erano ricevute idonee ai<br />
fini fiscali. Quindi a Napoli c’è chi<br />
ancora fa il “furbo” con gli scontrini,<br />
mentre sembra un vero problema<br />
identificare il lavoro sommerso,<br />
la contraffazione e il commercio<br />
abusivo, piaghe che generano<br />
una forte evasione fiscale in tutto il<br />
territorio, non solo cittadino, ma<br />
campano. Nel nostro piccolo, dobbiamo<br />
sempre richiedere la ricevuta<br />
fiscale e non alimentare il mercato<br />
del falso comprando prodotti<br />
contraffatti.<br />
Pagina a cura di<br />
DAVIDE SAVINO<br />
PASSATO IL SANTO, PASSATA LA FESTA<br />
Ad effettuare i controlli<br />
sugli evasori<br />
fiscali sono i militari<br />
della Guardia di<br />
Finanza. In realtà<br />
questo tipo di attività<br />
viene svolta<br />
ogni giorno dai<br />
finanzieri, ma in<br />
alcune occasioni si<br />
organizzano dei<br />
controlli a tappeto,<br />
per monitorare la situazione. A febbraio<br />
uno di questi controlli ha toccato tutta la<br />
regione Campania.<br />
I finanzieri hanno controllato i mercati di<br />
Napoli, dalla Pignasecca alla Sanità, da<br />
Sant’Antonio Abate a Sant’Anna a<br />
Capuana, poi hanno passato sotto la lente<br />
di ingrandimento i commercianti del<br />
Vomero, Chiaia, corso Umberto e via<br />
Toledo, riscontrando che quattro esercizi<br />
commerciali su cinque non adempiono<br />
Le Fiamme Gialle<br />
hanno eseguito<br />
due blitz in un mese<br />
agli obblighi fiscali. A Caserta la percentuale<br />
di commercianti che non adempie<br />
agli obblighi fiscali è pari all’80%, a<br />
Benevento è del 77% mentre ad Avellino è<br />
del 71%. Ma oltre agli scontrini i controlli<br />
di febbraio si sono concentrati anche sulle<br />
dichiarazioni dei redditi di alcune persone,<br />
facendo emergere dei casi sconcertanti.<br />
Come un medico di Benevento che<br />
dichiarava un reddito medio familiare di<br />
36 mila euro lordi all’anno ed era in possesso<br />
di una Porsche Boxster 2.7 e di un<br />
Volkswagen Tuareg 3.000 V6, o la disoccupata<br />
34 enne casertana che guidava una<br />
Mercedes ML. Dopo il blitz di febbraio<br />
sembrava essere tornata la tranquillità nei<br />
commercianti, ma le fiamme gialle hanno<br />
preso tutti in contropiede effettuando gli<br />
stessi controlli di febbraio in occasione<br />
della festa della donna. Così l’8 marzo<br />
scorso circa 250 agenti hanno controllato<br />
Napoli, Salerno, Caserta, Avellino e<br />
Benevento, risultato, il dato sull’evasione a<br />
pochi giorni dai precedenti controlli non<br />
è cambiato. La media degli esercizi commerciali<br />
che non adempiono agli obblighi<br />
fiscali a Napoli è passata dall’82% di febbraio<br />
all’85% di marzo, ad Avellino si è<br />
passati dal 71% di febbraio al 57% di<br />
marzo, Benevento è peggiorata dal 77% di<br />
febbraio all’82% di marzo, come Caserta<br />
che passa dall’80% di febbraio all’83% di<br />
marzo. È chiaro che i commercianti campani<br />
perdono il pelo ma non il vizio e<br />
sicuri di non subire controlli a breve termine<br />
dopo quelli di febbraio hanno continuato<br />
a evadere l’erario senza scrupoli.<br />
CONFESERCENTI<br />
«Pagare le tasse<br />
aiuta il territorio»<br />
IL RISTORATORE<br />
La regolarità<br />
conviene<br />
CODACONS<br />
«Sì ai controlli,<br />
anche sui prezzi»<br />
IL CLIENTE<br />
«Lo scontrino<br />
è un mio diritto»<br />
Per capire il fenomeno<br />
dei commercianti<br />
che non<br />
emettono lo scontrino<br />
abbiamo<br />
chiesto a Vincenzo<br />
Schiavo, presidente<br />
della Confesercenti<br />
di Napoli.<br />
Schiavo ci dice che<br />
«fare lo scontrino è una regola fondamentale<br />
per lo sviluppo, i nostri associati,<br />
circa 190 mila commercianti, lo sanno<br />
bene e lo fanno sempre. Perché - continua<br />
Schiavo - sanno che pagare le tasse li ripagherà,<br />
visto che quei soldi saranno utilizzati<br />
dalle amministrazioni locali per<br />
migliorare i servizi e il territorio rendendo<br />
migliore anche il commercio». Poi aggiunge<br />
«per combattere il fenomeno da anni<br />
facciamo convegni sul tema a tutti i livelli<br />
della nostra struttura per dare il nostro<br />
contributo alla lotta all’evasione».<br />
A Napoli sono<br />
molti gli esercizi<br />
commerciali che<br />
spesso non rilasciano<br />
lo scontrino.<br />
Per capire come<br />
mai abbiamo<br />
chiesto ad un commerciante<br />
che gli<br />
scontrini li fa, si<br />
chiama Mario e gestisce una piccola trattoria<br />
con la moglie Assunta al Vomero. Ci<br />
spiega che «fare gli scontrini è un dovere,<br />
per me è sinonimo di garanzia, il mio cliente<br />
sa quello che ha mangiato e quanto lo ha<br />
pagato, inoltre ho l’abitudine di segnare in<br />
fattura anche lo sconto». E poi aggiunge<br />
«non ho mai mancato di fare uno scontrino<br />
in dieci anni di attività, ho tutti i conti in<br />
ordine, ho pagato sempre le tasse che dovevo<br />
e grazie a questo in alcuni casi ho anche<br />
avuto delle agevolazioni fiscali e ti senti<br />
anche a posto con la coscienza».<br />
Dalla parte dei<br />
consumatori abbiamo<br />
sentito il parere<br />
di Giuseppe Ursini,<br />
presidente del<br />
Codacons Napoli.<br />
Secondo Ursini «i<br />
controlli della<br />
Finanza sui commercianti<br />
sono<br />
legittimi e vanno effettuati con costanza, perché<br />
grazie a questi controlli si riesce a tenere<br />
sotto controllo il prodotto di qualità, perché<br />
chi vende prodotti contraffatti spesso non<br />
rilascia scontrini, dunque sono uno strumento<br />
essenziale». Poi aggiunge «i consumatori<br />
devono sempre richiedere lo scontrino e<br />
denunciare il commerciante che non emette<br />
ricevute, ma i controlli devono essere anche<br />
rivolti alle pratiche illegali di aumento dei<br />
prezzi praticato da alcuni commercianti che<br />
si arricchiscono sulle spalle dei poveri consumatori<br />
ignari di pagare di più».<br />
In città molte persone<br />
sostengono<br />
che i commercianti<br />
non ti fanno lo<br />
scontrino. Come<br />
sostiene R. A. 35<br />
anni impiegato<br />
«alcune volte se<br />
non te lo fanno e<br />
tu lo chiedi ti guardano<br />
pure male, come se gli avessi fatto un<br />
torto, è inconcepibile visto che è un dovere<br />
farlo e un mio diritto chiederlo». Ma R. A.<br />
ci spiega che «capitano poi dei casi assurdi<br />
che ti fanno capire come è subdola l’evasione,<br />
molto spesso nei negozi quando stanno<br />
per battere lo scontrino ti guardano, sorridono<br />
e poi con aria candida ti dicono “te lo<br />
posso fare più piccolo”, una volta ho detto sì<br />
ho comprato un lettore DVD da 85 euro,<br />
sono uscito dal negozio con uno scontrino<br />
da 8,50 euro». Controllate sempre l’importo<br />
della ricevuta.
PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />
Ospite del Campus, il presidente della Federazione campana delle bcc Silvio Petrone<br />
per raccontare il sistema su base volontaria di cui lui fa parte da più di 45 anni<br />
I soldi puliti del credito cooperativo<br />
7<br />
C’era un tempo in cui la banca non<br />
era lo spaventoso mostro a tre<br />
teste cui oggi tanto somiglia. Un<br />
tempo in cui non era altro che un<br />
semplice punto di incontro tra<br />
denaro e idee. Il denaro dei ricchi e<br />
le idee dei bisognosi. I ricchi che<br />
volevano investire le proprie risorse<br />
per farle fruttare e i bisognosi<br />
che, dalla loro parte, avevano le<br />
idee ma non il modo di metterle in<br />
pratica. Nient’altro. La finanza e<br />
tutto l’ambaradan che essa ha<br />
comportato sono arrivati dopo e<br />
hanno messo in un inestricabile<br />
disordine tutti i pezzi del puzzle.<br />
L’intento originario della banca di<br />
erogare credito con i fondi investiti<br />
è stato declassato in secondo<br />
piano e il suo spirito “etico” è finito<br />
sotto il tappeto. O sotto il letto,<br />
che dir si voglia. Eppure c’è una<br />
deviazione fondamentale da questa<br />
storia di totale smarrimento<br />
della banca. Un punto di svolta, un<br />
momento cruciale in cui è nata e si<br />
è sviluppata un’altra importante<br />
storia, quella delle casse rurali e del<br />
credito cooperativo.<br />
«La particolarità del sistema a cui<br />
appartengo – ha spiegato il presidente<br />
della Federazione campana<br />
delle banche di credito cooperativo<br />
Silvio Petrone – è la totale<br />
assenza di vincoli associativi. Tutto<br />
è fatto su base volontaria». Quindi<br />
comporta maggiori sforzi e più difficoltà,<br />
«però una volta che si è<br />
raggiunto il consenso – ha proseguito<br />
il presidente Petrone, che ha<br />
tenuto una lezione agli allievi della<br />
Scuola di giornalismo – l’identità<br />
che si crea e i valori a cui si attinge<br />
sono fortissimi».<br />
Nato come un fenomeno più di<br />
nicchia, il sistema del credito cooperativo<br />
con il tempo si è fatto prepotentemente<br />
largo tra gli scenari<br />
più tradizionali di fare attività bancaria.<br />
È venuto alla luce in epoca<br />
antichissima (le prime casse rurali<br />
si diffusero alla fine del XIX secolo)<br />
e poi è rapidamente cresciuto<br />
Silvio Petrone<br />
presidente<br />
della Federazione<br />
campana<br />
delle banche<br />
di credito<br />
cooperativo<br />
ospite della scuola<br />
di Giornalismo<br />
dell’Università<br />
di Salerno<br />
proprio per questa sua abilità<br />
naturale nel mantenere lo spirito<br />
originario. «Noi abbiamo una<br />
grande responsabilità – ha detto<br />
Petrone – perché siamo una solida<br />
realtà nel tessuto economico della<br />
Campania e di Salerno e dobbiamo<br />
dare risposte forti a tutti. Non<br />
siamo una banca, ma una cooperativa:<br />
la nostra porta deve essere<br />
sempre aperta per i nostri soci».<br />
Nonostante il fenomeno delle banche<br />
di credito cooperativo sia in<br />
costante crescita, ci sono molte<br />
difficoltà soprattutto perché «il<br />
risparmio è finito». Non c’è più<br />
capacità di mettere denaro da<br />
parte e , come ha spiegato il presidente<br />
Petrone, le famiglie altro<br />
non fanno che andare a mettere<br />
mano ai loro depositi per arrivare<br />
alla fine del mese.<br />
L’idea con cui è nata la cassa rurale<br />
è quella dello “scambio asimmetrico”.<br />
«Indipendentemente da quello<br />
che apporti, tu puoi avere accesso<br />
a molte più risorse. In relazione<br />
alle tua capacità e alla tua dignità»<br />
ha spiegato Petrone sostenendo<br />
inoltre che «dobbiamo essere fieri<br />
di questa piccola eccellenza che<br />
abbiamo al Sud e bisogna sfruttarla<br />
al massimo».<br />
Fare impresa nel Meridione non è<br />
facile e fare attività bancaria lo è<br />
ancor meno «se si pensa che la<br />
media dei correntisti è un terzo di<br />
quella dei correntisti del Nord».<br />
Ma Silvio Petrone non ha intenzione<br />
di arrendersi: «Noi adulti non<br />
possiamo mollare, abbiamo la<br />
responsabilità di lasciare ai giovani<br />
qualcosa di buono e di perdonare<br />
loro per tutte le cose per cui noi ai<br />
tempo nostri siamo stati perdonati».<br />
Ci vuole impegno, fortuna e<br />
provvidenza. «E poi se qualcosa<br />
non si puo’ fa’…s’ha da inventà!».<br />
Pagina a cura di<br />
GIORGIA MENNUNI<br />
Le origini delle casse rurali<br />
La storia<br />
comincia<br />
da 32 soci<br />
Loreggia (Padova), 20 giugno 1883. Leone<br />
Wollemborg, celebre economista e<br />
politico italiano, fonda la prima Cassa<br />
rurale. Trentadue soci decidono di mettere<br />
in comune le proprie risorse e, senza<br />
esserne pienamente consapevoli, mettono<br />
le fondamenta al sistema della banche<br />
di credito cooperativo. Partono infatti da<br />
un capitale sociale di appena duemila lire<br />
e, dopo sedici mesi, arrivano a intermediare<br />
quasi venti mila lire erogando più<br />
di cento prestiti. Famiglie in difficoltà,<br />
piccoli proprietari e diversi esponenti del<br />
mondo agricolo: tutti possono avere<br />
accesso al credito e restituire le risorse a<br />
bassi interessi e con scadenze lunghe.<br />
Meraviglia delle meraviglie. Il fenomeno<br />
si diffonde a macchia d’olio anche grazie<br />
all’iniziativa della Chiesa cattolica che –<br />
sentita la necessità di intraprendere<br />
azioni concrete nel campo economico –<br />
decide di contribuire e fonda le Casse<br />
rurali cattoliche. Papa Leone XIII con<br />
l’emanazione dell’enciclica Rerum<br />
Novarum del 1891 esorta la comunità<br />
ecclesiastica a lanciarsi nell’universo<br />
economico per stimolare lo sviluppo dei<br />
ceti rurali e del proletariato urbano. Poi<br />
arriva la nascita della Federazione<br />
Italiana delle Casse rurali (1905) e già<br />
nel 1922 gli istituti arrivano ad essere<br />
più di tremilacinquecento. L’ente, allora<br />
poco organizzato e mal rappresentato,<br />
viene sostituito nel 1950 dalla ben più<br />
evoluta Federcasse che ancora oggi è<br />
l’unico organismo di rappresentanza del<br />
credito cooperativo. Gli anni ’60 sono<br />
ricordati come l’epoca d’oro per il sistema<br />
di credito cooperativo; viene anche<br />
alla luce il Fondo di garanzia dei depositanti<br />
(primo esempio di strumento di<br />
autotutele delle banche e degli interessi<br />
dei depositanti). Agli italiani questa<br />
forma di banca piace sempre di più,<br />
come piace sempre meno invece l’istituto<br />
di credito tradizionale. Qual è il<br />
passo successivo?<br />
La riforma del Tub<br />
Le banche<br />
diventano<br />
imprese<br />
Italia, 1 gennaio 1994. Entra in vigore il<br />
Testo Unico Bancario (decreto legislativo<br />
n. 385) che va a sostituire tutto l’apparato<br />
legislativo che precedentemente<br />
regolava l’attività bancaria. Comincia<br />
una progressiva uscita del soggetto pubblico<br />
dalla banca, che deve necessariamente<br />
operare come una vera e propria<br />
impresa, e si attua un processo di concentrazione<br />
bancaria (basti pensare che<br />
nel 1990 in Italia c’erano 1156 banche,<br />
oggi “solo” 657 di cui 81 gruppi e 422<br />
banche di credito cooperativo). Ma la<br />
vera novità del provvedimento è la<br />
nascita del concetto di “banca universale”:<br />
l’istituto può contemporaneamente<br />
“raccogliere risparmio tra il pubblico e<br />
concedere credito, può operare nel settore<br />
del mercato dei capitali e fornire<br />
un’ampia gamma di servizi di consulenza<br />
e intermediazione” (Antonio Sanna,<br />
Manuale di economia politica). Anche<br />
il settore del credito cooperativo viene<br />
inevitabilmente travolto dall’ondata<br />
della novità del tub: nasce la denominazione<br />
di “Banche di Credito<br />
Cooperativo” e gli istituti così riformati<br />
hanno la possibilità di offrire tutti i servizi<br />
e i prodotti delle altre banche. Sono<br />
cooperative per azioni a responsabilità<br />
limitata ma di fatto vengono equiparate<br />
a vere e proprie banche. Le tappe successive<br />
della storia delle bcc non sono<br />
altro che momenti importanti del loro<br />
processo di razionalizzazione: nel 1993<br />
nasce a Sanremo la capogruppo di<br />
impresa delle banche di credito cooperativo<br />
(Iccrea Holding Spa), nel 1999 a<br />
Riva del Garda viene presentato un articolato<br />
piano di riforma e poi infine<br />
viene alla luce l’ambizioso progetto di<br />
raccogliere i principi identificativi dell’attività<br />
di credito cooperativo (“La<br />
Carta dei Valori del Credito<br />
Cooperativo”). Una storia che nasce da<br />
lontano e che, si prevede, avrà un futuro<br />
ancora più roseo dei tempi trascorsi.
8 Domenica<br />
25 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />
New York è una città che tutti<br />
abbiamo imparato a conoscere<br />
ancora prima di vederla: film,<br />
libri, foto, documentari, hanno<br />
fatto di questa metropoli una<br />
sorta di inconscio collettivo. Ma<br />
c'è qualcosa nella Grande Mela<br />
che per tantissime persone ha<br />
rappresentato una speranza di<br />
vita migliore: il Museo dell'immigrazione<br />
di Ellis Island.<br />
Adesso l’isola di Manhattan è meta<br />
di vacanze, di lavoro, di moda e di<br />
tutto quanto può definirsi novità e<br />
finanza. Tuttavia, alla fine del 1800,<br />
è stata punto d'arrivo per milioni di<br />
immigrati che hanno cercato il<br />
cambiamento sull'onda della più<br />
cupa disperazione e della più<br />
disarmante miseria.<br />
Posta proprio davanti a Manhattan,<br />
Ellis Island è stata per circa 15<br />
milioni di persone, il punto di partenza<br />
per una vita diversa, per speranze<br />
spesso deluse, per dolori. In<br />
principio utilizzata come prigione<br />
per i pirati e poi come deposito di<br />
armi, è divenuta, attorno alla metà<br />
dell’XIX secolo, centro di smistamento<br />
per le ondate migratorie<br />
provenienti dall'Europa meridionale<br />
e orientale. Nel corso degli anni<br />
l'edificio ha subito modifiche e<br />
aggiunte grazie ad alcuni interramenti<br />
e ha mantenuto il suo ruolo<br />
di casa di prima accoglienza fino al<br />
1954. Poi negli anni ottanta è stata<br />
restaurata fino all'inaugurazione<br />
del museo nel 1990.<br />
Visitare questo posto è di forte<br />
impatto emotivo. Forse anche grazie<br />
ad un allestimento sobrio che<br />
riesce ad evitare quella retorica patriottica<br />
a cui gli Stati Uniti spesso<br />
non riescono a rinunciare. Qui sono<br />
gli ambienti che parlano, lasciati<br />
nella loro quasi originaria forma<br />
e disposizione. Al primo piano si<br />
entra in quella che veniva chiamata<br />
la Registration Room, un enorme<br />
spazio circondato da portici in<br />
cui sostavano i disperati appena<br />
sbarcati dalle navi. Cominciavano<br />
gli accertamenti burocratici e<br />
medici. Alcune sale mediche sono<br />
state lasciate esattamente come<br />
erano, con fredde piastrelle verdastre<br />
che creano un'atmosfera ostile<br />
e fredda. Quella stessa atmosfera<br />
in cui uomini, donne e bambini<br />
venivano sottoposti a umilianti<br />
controlli fisici e mentali. Se non<br />
risultavano idonei venivano segnati<br />
con una croce sulla schiena.<br />
Durante la visita è possibile ascoltare<br />
alcune registrazioni con le<br />
voci dei tanti passati da questo luogo<br />
pieno di sogni e di angosce. Una<br />
stanza è dedicata ai documenti di<br />
viaggio: una ricchissima raccolta di<br />
passaporti e carte d'imbarco, biglietti<br />
di viaggio e manifesti di<br />
transatlantici in partenza da<br />
Genova o Napoli per il Nuovo<br />
Mondo. Queste sale allora erano<br />
chiamate sale della separazione<br />
perché qui non solo venivano<br />
separati gli uomini dalle donne ma<br />
intere famiglie venivano smembrate<br />
e destinate a strade e destini<br />
diversi.<br />
Chi non riusciva a superare i test<br />
medici e burocratici riceveva una<br />
segnalazione come malato di mente<br />
o non desiderato dal punto di vista<br />
politico. E non c'era speranza<br />
per chi portava tale marchio. Molti<br />
di coloro che non ricevevano il<br />
permesso di restare si buttavano in<br />
mare per raggiungere a nuoto le<br />
rive di Manhattan, molti altri si<br />
suicidavano. Per chi accettava la<br />
sua sorte c'era il rientro nei Paesi di<br />
Oggi meta di vacanze, lavoro, moda e finanza, ieri sbarco per un futuro migliore<br />
New York terra e patria di tutti<br />
A Ellis Island, di fronte Manhattan, milioni di immigrati cercavano fortuna<br />
Il museo<br />
d’arte moderna<br />
e contemporanea<br />
Solomon<br />
Guggenheim<br />
provenienza.<br />
Per capire quegli immigrati bisogna<br />
immergersi nella mostra dedicata<br />
agli immigrati. Foto in bianco<br />
e nero di uomini, donne, bambini e<br />
famiglie fotografati all'arrivo o<br />
nelle loro case prima di affrontare<br />
il viaggio verso la loro nuova vita.<br />
Qualcuno sorride, quasi tutti sono<br />
seri e immobilizzati dall'ignoto che<br />
li attende. Dignitosi nelle loro<br />
modeste case, circondati da oggetti<br />
che non vedranno più: credenze,<br />
pizzi e tavolini all’interno di abitazioni<br />
che non davano più protezione.<br />
Quei visi di tutte le nazionalità,<br />
età e storie seguono il visitatore<br />
per molto tempo anche dopo esser<br />
usciti dal museo.<br />
Cambiare vita per qualcuno è stato<br />
difficile e straziante. Settimane di<br />
viaggio per mare in condizioni<br />
disperate. Paesi e persone lasciate,<br />
storie interrotte non per inquietudine<br />
o insoddisfazione ma perché<br />
la fame e la miseria non lasciavano<br />
neanche la più piccola speranza di<br />
un cambiamento. Un sogno per un<br />
futuro per i loro figli oltre che per<br />
loro stessi. Nessuna garanzia alla<br />
partenza, nessuna all'arrivo. Non<br />
c'era un ritorno per loro, neanche<br />
nei sogni. Partivano perché non<br />
potevano non farlo, perché non<br />
sapere cosa avrebbero trovato dava<br />
incertezza ma anche un varco a<br />
giorni che, di certezza, davano solo<br />
quella della povertà.<br />
Dall’inviata<br />
MARIA DI NAPOLI<br />
Il MoMa<br />
attualmente<br />
ospita al VI piano<br />
la mostra<br />
fotografica<br />
dell’eccentrica<br />
Cindy Shermann<br />
e in alto<br />
la sala dove<br />
si registravano<br />
gli immigrati<br />
Una faccia della City<br />
Nelle strade<br />
e nei musei<br />
è Arte<br />
L’arte a New York è ovunque, si<br />
può toccarla con mano in alcuni<br />
prestigiosi antiquari, in qualche<br />
negozietto di oggetti usati,<br />
vederla nello stile di chi nella<br />
metropoli ci vive, osservarla con<br />
sguardo stupito nei suoi musei e<br />
nelle sue splendide gallerie. Tutta<br />
la città sembra essere un<br />
grande contenitore di artisti e<br />
opere d’arte. Le strade della City,<br />
le affollate stazioni della metropolitana,<br />
i tombini fumanti, gli<br />
spazi nascosti e le persone, tra<br />
mille facce e mille razze, creano<br />
già di per sé giochi di colore.<br />
Tuttavia i più grandi luoghi d’arte<br />
sono i musei Metropolitan,<br />
MoMa e Guggenheim. Tre edifici<br />
che si completano ed integrano<br />
alla perfezione, consentendo<br />
una conoscenza senza<br />
eguali dell'intero corso della pittura<br />
e della scultura dalla metà<br />
dell'800 in avanti.<br />
Il Metropolitan è il più grande<br />
d’America; il palazzo, in stile<br />
neoclassico, raccoglie le opere di<br />
pittori spagnoli, italiani, olandesi,<br />
inglesi, fiamminghi, degli<br />
impressionisti e post-impressionisti.<br />
Colpiscono la luminosità,<br />
le luci e le ombre di Monet, Manet,<br />
Cezanne, Degas, ma anche<br />
di ritrattisti come Lawrence e<br />
Reynolds.<br />
Il Museum of Modern Art,<br />
detto MoMa, ha aperto le porte<br />
nel novembre del 1929, dieci<br />
giorni dopo lo storico crack finanziario<br />
degli Stati Uniti. L'iniziativa<br />
fu di tre ricchi collezionisti<br />
(tra cui la moglie di Rockfeller)<br />
decisi a reagire contro il<br />
conservatorismo del Metropolitan<br />
Museum. Oltre alla famosissima<br />
collezione pittorica vi si<br />
trovano anche altri esempi di<br />
arti visive: Architecture and Design,<br />
Film and Media, Painting<br />
and Sculpture, Photography,<br />
Prints and Illustrated Books. Attualmente<br />
ospita, inoltre, la<br />
mostra fotografica della regina<br />
dell’autoritratto, Cindy Sherman.<br />
Un’artista che, grazie al<br />
suo corpo e al suo volto, attraverso<br />
una fantasia e una visionarietà<br />
sconfinate, e senza impiegare<br />
direttori della fotografia,<br />
stylist, trucco e parrucco, ha<br />
messo in scena gioie e incubi<br />
della società, fotografando se<br />
stessa in abiti e scene comuni e<br />
allo stesso tempo particolari.<br />
E poi vi è il Guggenheim, noto<br />
soprattutto per la sua forma<br />
esterna, quasi a spirale. Numerosi,<br />
infatti, sono gli appellativi<br />
con i quali è stato identificato:<br />
serpente, tornado, ciambella<br />
mal riuscita, rampa da skateboard,<br />
parcheggio multipiano.<br />
In questo vortice si susseguono<br />
numerose collezioni, da Kandinsky,<br />
a Klee, a Mondrian. Non<br />
resta che farsi travolgere.
Le vie del piccolo centro cilentano completamente illuminate a led<br />
Torraca pioniera<br />
dell’ecosostenibile<br />
Risparmio energetico e protezione ambientale<br />
Energie rinnovabili, fonti<br />
alternative, risparmio energetico,<br />
ecosostenibilità.<br />
Concetti che hanno tutti un<br />
unico comune denominatore:<br />
l’energia. Che l’Italia sia<br />
“affamata” di energia e attualmente<br />
incapace di garantire,<br />
per tutta una serie di<br />
motivi, una produzione in<br />
grado di soddisfare il suo<br />
fabbisogno nazionale è cosa<br />
risaputa. Conseguenza diretta<br />
di ciò è che il nostro<br />
Paese è costretto ad importare,<br />
pagandole profumatamente,<br />
le risorse ed i megawatt<br />
necessari con ovvie<br />
ripercussioni sui costi delle<br />
bollette, le più alte di tutta<br />
l’Unione europea.<br />
Non è questo il caso del<br />
Comune cilentano di Torraca<br />
(poco meno di milletrecento<br />
anime al confine tra<br />
Campania e Basilicata) dove<br />
nel 2005 è partito un progetto<br />
innovativo e che ha fatto<br />
scuola in tutto il mondo.<br />
All’epoca, la Giunta comunale,<br />
presieduta dal sindaco<br />
Daniele Filizola, scelse di<br />
intraprendere una politica<br />
basata sulla salvaguardia<br />
dell’ambiente e l’utilizzo delle<br />
fonti energetiche rinnovabili.<br />
Primo passo di questo<br />
progetto è stata la sperimentazione<br />
di un impianto di<br />
illuminazione a led al posto<br />
di quello tradizionale. All’iniziativa,<br />
che ha riscosso il<br />
gradimento della cittadinanza,<br />
ha fatto seguito la completa<br />
sostituzione dell’impianto<br />
di illuminazione con<br />
la nuova tecnologia per un<br />
totale di settecento punti<br />
luce a led installati. A realizzare<br />
i lavori un’azienda locale,<br />
l’Elettronica Gelbison di<br />
Ceraso che ha brevettato<br />
quella che è stata ribattezzata<br />
la “lanterna Torraca”.<br />
Un’opera e un progetto tutto<br />
made in Cilento, dunque.<br />
La notizia ha portato il piccolo<br />
centro alla ribalta<br />
nazionale ed internazionale.<br />
Giornalisti ed esperti ma<br />
anche semplici visitatori<br />
provenienti dai più disparati<br />
angoli del pianeta sono<br />
giunti a Torraca, che può<br />
fregiarsi del titolo di prima<br />
led city al mondo.<br />
Un’occasione che è stata<br />
sfruttata per valorizzare le<br />
bellezze naturali ed artistiche<br />
del territorio, con un<br />
notevole ritorno economico<br />
dovuto all’incremento del<br />
flusso turistico. Ma i risultati<br />
più strabilianti si sono<br />
ottenuti in campo energetico.<br />
A fronte di un investimento<br />
iniziale di circa duecentomila<br />
euro, il Comune<br />
di Torraca ha avuto una<br />
riduzione dei costi del 70%<br />
(le nuove lampade hanno<br />
una durata di vent’anni) e<br />
una notevole diminuzione<br />
dell’inquinamento luminoso.<br />
Gli impianti a led prevengono,<br />
inoltre, il rischio di<br />
folgorazione poiché per funzionare<br />
necessitano di appena<br />
ventiquattro volt.<br />
Sempre nell’ottica delle<br />
energie rinnovabili sono<br />
stati realizzati quattro impianti<br />
fotovoltaici comunali<br />
per una produzione annuale<br />
di circa 200 kw, in parte utilizzati<br />
per l’illuminazione<br />
degli impianti sportivi (piscina<br />
comunale, pista gokart)<br />
in parte venduti alla<br />
rete elettrica. E’ inoltre in<br />
fase di progettazione un<br />
parco eolico (produzione<br />
prevista 13 Mw, sufficienti<br />
per tutto il golfo di Policastro)<br />
ed è allo studio un<br />
piano di recupero e utilizzo<br />
delle biomasse per la pulizia<br />
dei vicini boschi. Per decongestionare<br />
il traffico su strada<br />
e favorire l’afflusso turistico<br />
si pensa ad una monorotaia<br />
che possa collegare<br />
Torraca con la vicina Sapri.<br />
E’ già in fase avanzata, invece,<br />
la realizzazione di una<br />
fabbrica che produrrà moduli<br />
fotovoltaici e che farà<br />
ricerca nel medesimo settore.<br />
Sempre in materia di<br />
ricerca e ambiente il Comune<br />
ha stipulato con la<br />
Seconda Università degli<br />
Studi di Napoli un accordo<br />
per l’avvio di un corso di laurea<br />
e di un master post-laurea.<br />
Grandi progetti per un<br />
piccolo centro che non<br />
vuole smettere di stupire.<br />
Pagina a cura di<br />
FRANCESCO SERRONE<br />
PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />
Il corso<br />
Le settecento lampade a<br />
led sono monitorate ed<br />
in corso di certificazione<br />
dal prof. Di Fraia<br />
Istantanee<br />
La piscina olimpionica<br />
La struttura è completamente<br />
autosufficiente<br />
dal punto di vista energetico<br />
alimentata da<br />
Fotovoltaico<br />
Sono stati realizzati 4<br />
impianti fotovoltaici per<br />
una produzione annuale<br />
di circa 200 kw, in parte<br />
9<br />
dell’Università Federico<br />
II di Napoli, uno dei<br />
massimi esperti in illuminotecnica.<br />
pannelli solari, pannelli<br />
fotovoltaici, con telo<br />
isotermico e illuminazione<br />
a led.<br />
utilizzati per l’illuminazione<br />
degli impianti<br />
sportivi, in parte venduti<br />
alla rete elettrica.<br />
Il borgo,<br />
cenni<br />
storici<br />
Il borgo di Torraca (deriverebbe<br />
da Torre De Jaco,<br />
signore vissuto nei secoli<br />
passati) ha avuto origine<br />
all’incirca nel X secolo d.C.<br />
Si ipotizza che furono gli<br />
abitanti della costa, spinti<br />
dalle devastazioni dei Saraceni<br />
nel 915, a rifugiarsi<br />
sulle colline e a fondare il<br />
nuovo centro abitato, caratterizzato<br />
dalla presenza<br />
di un castello baronale e<br />
diverse chiese. Nel 1806 il<br />
paese venne devastato<br />
dalle truppe francesi, che<br />
saccheggiarono il castello.<br />
Carlo Pisacane nel giugno<br />
del 1857 tenne un famoso<br />
discorso incitando il popolo<br />
alla rivolta, senza ottenere<br />
l’esito sperato.<br />
Filizola, l’artefice<br />
dell’innovazione<br />
“Il nostro percorso un esempio per tutta l’Italia”<br />
«Innovare fa bene». E’ questo il<br />
motto di Daniele Filizola, ex primo<br />
cittadino ed attuale vicesindaco del<br />
borgo cilentano, promotore dei principali<br />
progetti di quello che si potrebbe<br />
definire “modello Torraca”. «Nonostante<br />
le iniziali obiezioni dell’opposizione<br />
in consiglio comunale -<br />
comincia - per una tecnologia ritenuta<br />
all’epoca ancora troppo immatura,<br />
non ci siamo lasciati scoraggiare proseguendo<br />
lungo il nostro percorso<br />
diventato ora un esempio per i comuni<br />
vicini. Alcuni tra questi utilizzano<br />
sistemi anche più sofisticati e moderni<br />
dei nostri».<br />
Un cammino non privo di difficoltà,<br />
ostacolato a volte dalle istituzioni, a<br />
volte da alcune associazioni ambientaliste<br />
che «dicono no a tutto, ostaco-<br />
lando il progresso». «A mio parere in<br />
Italia - attacca Filizola - manca una<br />
concezione scientifica nell’affrontare<br />
determinate questioni. Noi abbiamo<br />
dimostrato come vi possa essere la<br />
certezza di un modello di sviluppo<br />
sostenibile, alternativo a quello tradizionale<br />
basato sullo sfruttamento dei<br />
combustibili fossili». Grazie all’impianto<br />
d’illuminazione a led «abbiamo<br />
un risparmio annuale di circa<br />
venti-venticinquemila euro. Ancora<br />
qualche anno e avremo recuperato<br />
l’investimento iniziale. In seguito<br />
questo surplus verrà utilizzato per<br />
finanziare opere e investimenti per la<br />
popolazione».<br />
Un successo anche in termini occupazionali<br />
visto che «è stata costituita<br />
una società a partecipazione pubblica<br />
“Sviluppo Torraca” per coordinare<br />
le diverse iniziative che hanno<br />
coinvolto nel loro sviluppo cittadini,<br />
installatori, enti comunali, provinciali,<br />
imprenditori locali, studenti<br />
e Università rendendo questa<br />
esperienza patrimonio non solo per<br />
la Regione Campania ma per tanti<br />
Comuni d’Italia. Sono previsti più<br />
di venti nuovi posti di lavoro».<br />
«Un modello che - conclude Filizola<br />
- andrebbe esportato, nel rispetto<br />
delle peculiarità di ciascuna zona,<br />
in tutta la Penisola, non solo nei<br />
piccoli centri».<br />
Mercadante<br />
vita<br />
e opere<br />
Biagio Mercadante nacque<br />
a Torraca il 12 maggio del<br />
1892. Fin dall’infanzia dimostrò<br />
un notevole talento<br />
nell’arte della pittura.<br />
Erede della scuola napoletana,<br />
partecipò a varie mostre<br />
nazionali sin dal 1920.<br />
La sua propensione naturale<br />
si basò su soggetti lirici<br />
ed intimisti. In questi<br />
anni stabilisce un sodalizio<br />
con diversi artisti e pittori.<br />
Oltre che in Italia, espose<br />
le sue opere anche a Santiago<br />
del Cile, Londra,<br />
Stoccolma, Tokio, Barcellona<br />
e Hannover. Nel 1964<br />
venne nominato socio<br />
dell'Accademia Tiberina di<br />
Roma. E’ morto a Torraca<br />
il 30 agosto 1971.
10 Domenica<br />
25 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />
In aumento i casi di stalking in Italia: un cittadino su cinque ne è succube<br />
e le donne sono il 70 per cento. Poche denunce per il senso di colpa verso i figli<br />
Le urla di chi non grida<br />
Quando il cacciatore aggancia la<br />
sua preda, ne pregusta già il possesso.<br />
Nascosto nel buio, o dietro<br />
una cornetta, ne ascolta la voce,<br />
ne segue i movimenti, ne annusa<br />
la paura. L’uno insegue, l’altra<br />
fugge. Per la vittima, comincia<br />
una lenta agonia, spesso non solo<br />
interiore. La sua vita scivola via,<br />
asfissiata da una minaccia lenta,<br />
ridondante, esasperante. L’insidia<br />
di un predatore che brama l’eccitazione<br />
morbosa della sua caccia e<br />
la resa incondizionata della sua<br />
preda. “Cacciatore all’agguato” è<br />
una delle tante varianti linguistiche<br />
che, in italiano, designano lo<br />
stalker, il molestatore furtivo e, in<br />
molti casi, recidivo e irriducibile.<br />
L’introduzione del reato di<br />
Stalking nell’ordinamento giuridico<br />
italiano, con il decreto legge<br />
n°11 del 23 febbraio 2009, sembra<br />
formalizzare un qualcosa che certamente<br />
esisteva già da tempo ma<br />
che, assumendo un nome preciso<br />
e un numero identificativo fissato<br />
da una legge, non è diminuito<br />
d’intensità. Secondo i dati diffusi<br />
dall’Osservatorio nazionale sullo<br />
stalking, un italiano su cinque ne è<br />
vittima. Il 70% dei perseguitati è<br />
donna. Il molestatore è il partner<br />
o l’ex partner nel 55% dei casi, nel<br />
5% si tratta di un membro della<br />
famiglia, di un collega nel 15% e di<br />
un vicino nel 25% dei casi.<br />
Cifre eloquenti che dipingono,<br />
però, il quadro di un fenomeno<br />
che si sviluppa su tendenze inversamente<br />
proporzionali. Dopo un<br />
primo impatto positivo della<br />
legge, infatti, si è assistito negli<br />
ultimi due anni a un incremento<br />
di episodi di stalking, cui fa da<br />
contraltare un forte calo di<br />
denunce effettuate.<br />
Da un lato molestatori caparbi e<br />
ossessivi che si aggrappano alle<br />
vite private altrui come parassiti,<br />
dall’altro vittime estenuate che,<br />
non in pochi casi, si chiudono in<br />
spirali di silenzio. «Il senso di<br />
colpa – spiega la dottoressa Ilaria<br />
Boccagna, psicologa di “Spazio<br />
Donna” Onlus – gioca una ruolo<br />
fondamentale nel meccanismo di<br />
chiusura e reticenza della donna<br />
vittima di stalking. Poiché la famiglia<br />
è considerata tutt’oggi un<br />
valore indissolubile, il senso di<br />
colpa subentra per il timore di<br />
rompere l’unità familiare, di fare<br />
del male ai figli, quando poi il male<br />
peggiore è che i figli stessi assistono<br />
alla violenza tra i genitori, in<br />
particolare nei casi in cui è il padre<br />
che la esercita sulla madre».<br />
Un fenomeno che si consuma e<br />
distribuisce in maniera diversa<br />
anche a seconda di fattori territoriali<br />
e culturali. «Nei paesini con<br />
minor numero di abitanti dove<br />
tutti si conoscono – continua<br />
Boccagna – c’è la tendenza a tenere<br />
nascosti episodi del genere».<br />
Sms, telefonate, appostamenti, ma<br />
anche e-mail con contenuti osceni<br />
e richieste di contatto online: il<br />
modus operandi dello stalker<br />
segue il passo delle tecnologie e le<br />
sfrutta secondo logiche perverse.<br />
«C’è stato il caso di uno stalker<br />
telematico – racconta Anna<br />
Ludiero , operatrice del “Telefono<br />
rosa” di Caserta – che tramite<br />
Facebook ha perseguitato una<br />
ragazza rubandone i dati personali<br />
e legandoli a siti osceni. Mentre<br />
prima c’era una maggiore frequenza<br />
d’uso del telefono, erano maggiori<br />
i pedinamenti a tutte le ore<br />
del giorno, adesso con la creazione<br />
delle false identità ci si serve dei<br />
social network».<br />
La minaccia corre, dunque, anche<br />
sul web, uno dei tanti luoghi dove<br />
può nascondersi l’amore malvagio,<br />
figlio di menti abiette.<br />
Pagina a cura di<br />
MARIO PIO CIRILLO<br />
La nostra società<br />
troppo stressata<br />
Il potenziale comunicativo<br />
offerto dai nuovi media<br />
ha, in qualche modo,<br />
aperto diverse vie di sviluppo<br />
al fenomeno<br />
dello stalking.<br />
L’entropia dei<br />
valori, unita<br />
ai mutamenti<br />
sociali in atto<br />
può gravare<br />
non poco<br />
sull’intensità<br />
del fenomeno.<br />
«Lo stalking<br />
- spiega Pasquale Marino,<br />
sociologo - può avere<br />
serie motivazioni di origine<br />
nella condizione precaria di<br />
una società psicologicamente<br />
stressata. Si tratta di<br />
una forma patologica legata<br />
a un disturbo schizoaffettivo,<br />
una forma di amore che<br />
diventa ossessione, che<br />
cambia di segno e che<br />
IL SOCIOLOGO IL CRIMINOLOGO LA PSICOLOGA<br />
dipende certamente da difficoltà<br />
e disturbi legati a<br />
dinamiche di interazione<br />
sociale in qualche modo<br />
distorte, che<br />
lo stalker può<br />
aver maturato<br />
o interiorizzato<br />
anche<br />
durante l’infanzia.<br />
Il ruolo<br />
che la com<br />
u n i t à<br />
gioca, in relazione<br />
a tale<br />
problematica,<br />
è fondamentale,<br />
dato che può<br />
determinare una inibizione<br />
nel processo di autocoscienza<br />
dellla vittima come<br />
tale». Non a caso, il senso<br />
di omertà che tutto pervade<br />
e tutto avvolge può essere<br />
un fattore decisivo, se<br />
non il miglior alleato, per<br />
l’occhio viscido e assillante<br />
dello stalker.<br />
Vittime del timore<br />
di essere prede<br />
«Lo stalking - secondo il criminologo<br />
Andrea Feltri -<br />
può nascere come complicazione<br />
di una qualsiasi<br />
relazione<br />
interpersonale<br />
e, pertanto,<br />
chiunque<br />
può esserne<br />
vittima.<br />
La caratteristica<br />
peculiare è<br />
quella di una<br />
persecuzione<br />
ossessiva.<br />
Le cause di<br />
questi atteggiamenti patologici<br />
possono essere diverse,<br />
ma spesso si traducono in<br />
casi di abbandono o di<br />
amore respinto, ma anche di<br />
separazione o divorzio.<br />
Spesso, dal momento che<br />
nessuno vuole considerarsi<br />
vittima, si tende a evitare di<br />
riconoscersi in pericolo,<br />
finendo per sottovalutare il<br />
rischio e aiutando così lo<br />
stalker». Il meccanismo<br />
che si innesca può, quindi,<br />
condurre, a un effetto boomerang,<br />
per<br />
la paura del<br />
dire, da parte<br />
della vittima,<br />
che alimenta<br />
la sete persecutoria<br />
del<br />
molestatore.<br />
«Occorre<br />
seguire - per<br />
Feltri - dei<br />
comportamenti<br />
volti a<br />
scoraggiare, quando possibile,<br />
gli atti di molestia<br />
assillante, quindi evitare<br />
che il soggetto passivo si<br />
cristallizzi nella figura di<br />
vittima nei riguardi del<br />
persecutore». Tenere lontano<br />
il panico e armarsi di<br />
astuzia possono dunque<br />
rivelarsi carte vincenti per<br />
ritrovare la libertà.<br />
Unica chiave:<br />
aprirsi alla parola<br />
Varcare la soglia di casa può<br />
diventare un incubo, anche<br />
quando ci si trova in mezzo<br />
alla gente. L’occhio vigile,<br />
morboso e<br />
ostinato dello<br />
stalker può<br />
essere dappertutto<br />
e in<br />
n e s s u n<br />
luogo. Tirare<br />
fuori il problema,<br />
anzichè<br />
soffocarlo<br />
nella propria<br />
incertezza,<br />
può essere<br />
la chiave. «La prima cosa<br />
da fare - spiega Giuseppina<br />
Rondello, psicologa- nel<br />
momento in cui si accerta<br />
che la persona stia vivendo il<br />
disagio provocato dallo<br />
stalking, è parlarne con<br />
qualche ufficiale pubblico<br />
per avviare una denuncia.<br />
Rivolgersi poi a un’operatrice,<br />
presso un centro specializzato,<br />
può aiutare a prendere<br />
consapevolezza del<br />
forte rischio legato alla problematica<br />
dello stalking.<br />
Le operatrici<br />
devono lavorare<br />
anzitutto<br />
in questo<br />
senso, ascoltare<br />
e dialogare<br />
con la<br />
vittima per<br />
renderla di<br />
nuovo libera<br />
di ritornare a<br />
quella che<br />
era la propria<br />
vita quotidiana. Molte<br />
donne hanno paura di<br />
ammetterlo, per il timore<br />
di essere etichettate in<br />
qualche modo, o perchè<br />
non si sentono abbastanza<br />
tutelate dalle leggi. Bisogna<br />
però sempre denunciare se<br />
si sta attraversando questo<br />
momento buio della propria<br />
vita».
PRIMO PIANO Domenica 25 marzo 2012<br />
11<br />
Da Sorrento a Napoli i viaggiatori alla disperata ricerca del titolo di viaggio<br />
Circum orfana delle biglietterie<br />
Nel lungo tragitto della vita si<br />
incontrano molte tipologie di persone.<br />
Ci sono i disonesti, quelli che<br />
in tutti i modi cercano sempre di<br />
farla franca a discapito di un’altra<br />
persona. Ci sono gli onesti, quelli<br />
che quando trovano un portafoglio<br />
per terra lo consegnano integro<br />
alla polizia. Ma ci sono anche gli<br />
“inermi-disonesti”, quelli che<br />
nonostante ce la mettano tutta per<br />
cercare di essere onesti non ci riescono<br />
proprio. E’ il caso dei viaggiatori<br />
della Circumvesuviana, in<br />
particolare sulla linea che collega<br />
Napoli a Sorrento.<br />
Ore 14:00 siamo alla stazione di<br />
Sant’Agnello in Penisola sorrentina,<br />
una delle stazioni più importanti<br />
per i turisti in visita a<br />
Sorrento. Davanti a noi si apre uno<br />
scenario terribile, le condizioni<br />
della stazione sono pessime, mura<br />
rovinate e tappezzate di scritte tipo<br />
“Ti amo Giorgio”, ma questo è solo<br />
Molte stazioni incustodite e molte le difficoltà<br />
Le toilette murate per questioni di sicurezza<br />
l’inizio. Una persona onesta che si<br />
voglia far rispettare non bada alle<br />
condizioni esterne, ma va direttamente<br />
al sodo e, nonostante non ci<br />
siano i tornelli per entrare in stazione,<br />
cerca un posto per fare il<br />
biglietto. Sfortunatamente la biglietteria<br />
è chiusa, e al suo posto c’è<br />
un foglio formato A4 diviso in due<br />
parti dove c’è scritto con un pennarello:<br />
“Comprare il biglietto al<br />
bar o all’agenzia di viaggio giù”.<br />
Una persona veramente onesta<br />
non perde la pazienza, ma si rimbocca<br />
le maniche della camicia e<br />
ritorna in strada a cercare il bar o<br />
l’agenzia di viaggio. Dopo aver<br />
fatto quindi scale, essere arrivato<br />
in piazza, aver domandato in giro<br />
dove è possibile trovare un bar o<br />
un’agenzia di viaggio ecco che arriva<br />
la notizia peggiore, entrambi i<br />
locali sono chiusi. La persona onesta,<br />
però, nonostante sia a pezzi e<br />
rimanga basita per qualche secondo<br />
davanti la saracinesca chiusa<br />
dell’agenzia di viaggio, non si scoraggia<br />
e torna all’arrembaggio.<br />
Decide quindi di risalire in stazione<br />
per capirci di più. Dopo tutto<br />
questo trambusto però ha bisogno<br />
di andare in bagno, vabbè, in stazione<br />
non ci sarà la biglietteria ma<br />
almeno il bagno…. E invece no,<br />
anche i servizi igienici sono chiusi,<br />
addirittura una delle porte sembra<br />
per metà murata. Ma la persona<br />
onesta non bada a nulla e continua<br />
la sua missione imperterrita.<br />
Scrutando meglio la biglietteria, ci<br />
sono tantissimi fogli di annunci<br />
attaccati, su uno di questi c’è la lista<br />
dei bar dove è possibile comprare il<br />
ticket, sfortunatamente la lista è<br />
piena di strade e numeri civici che<br />
il passeggero onesto, visto che non<br />
è del posto, non conosce e avventurarsi<br />
alla ricerca non sembra proprio<br />
il caso, soprattutto perchè il<br />
treno che sta aspettando dovrebbe<br />
passare tra qualche minuto.<br />
E meno male che l’uomo onesto<br />
si era anticipato a fare il biglietto.<br />
Ma agli onesti le cose non possono<br />
andare sempre male ed ecco<br />
sopraggiungere una signora. La<br />
persona onesta le chiede come<br />
procurarsi un biglietto e fortunatamente<br />
quest’ultima ne possiede<br />
uno in più. La morale è semplice<br />
e presto fatta: gli onesti<br />
saranno ripagati. Ma a Sant’Agnello<br />
sembra proprio che l’onestà<br />
si trasformi in inermi-disonestà.<br />
L’uomo si appresta a obliterare<br />
il suo ticket e lo inserisce<br />
nell’apposita macchinetta. Questa<br />
è però fuori servizio. Ecco,<br />
questo è l’inerme-disonesto.<br />
Sant’agnello non è l’unica realtà<br />
negativa della Circumvesuviana.<br />
La stessa scena si ripete in più stazioni:<br />
a Piano di Sorrento non ci<br />
sono neanche gli annunci dei bar, a<br />
Seiano esiste una biglietteria automatica<br />
ma solo per chi dispone di<br />
monete e il bar più vicino per cambiare<br />
i contanti è a un chilometro.<br />
A Moregine, Ercolano e in tante altre<br />
la situazione è insostenibile.<br />
Pagina a cura di<br />
ALESSIO FUSCO<br />
BORRELLI: «SCUSATE PER I DISAGI»<br />
Dopo aver vissuto<br />
in prima persona i<br />
disagi dei viaggiatori<br />
e dopo aver<br />
ascoltato un bel po’<br />
di storie dei passeggeri<br />
siamo andati<br />
a parlare con il<br />
direttore operativo<br />
di Circum-vesuviana,<br />
Arturo Borrelli.<br />
La prima domanda è sorta spontanea:<br />
se gli introiti della vostra azienda derivano<br />
dalla vendita dei biglietti, ma gli<br />
utenti del servizio trovano le biglietterie<br />
chiuse e le stazioni impresenziate<br />
come pensate di migliorare il servizio?<br />
«Secondo lei a noi fa piacere avere le stazioni<br />
impresenziate, il problema è che<br />
non si può fare diversamente. Chiediamo<br />
umilmente scusa ai nostri passeggeri perché<br />
il servizio negli ultimi anni è sicuramente<br />
peggiorato. Ma non per demerito<br />
nostro, abbiamo un problema di liquidità<br />
«Ci vuole tempo<br />
per migliorare<br />
il servizio»<br />
enorme e cerchiamo in tutti i modi di<br />
prendere delle decisioni. Abbiamo fatto<br />
una scelta quella di dare la massima affidabilità<br />
e sicurezza ai nostri treni e a<br />
discapito di questa scelta abbiamo dovuto<br />
rinunciare al personale nelle stazioni e<br />
abbiamo dovuto diminuire le corse. Non è<br />
stata una scelta facile, ma per noi la sicurezza<br />
è al primo posto».<br />
Nelle stazioni incustodite i bagni sono<br />
chiusi non è un po’ troppo?<br />
«Anche questa è una scelta. Per questioni<br />
di sicurezza, qualcuno potrebbe<br />
rimanere chiuso dentro, bloccato. E poi<br />
non dimentichiamoci che dobbiamo<br />
confrontarci con una realtà incivile».<br />
Si spieghi meglio<br />
«Ammettiamo le nostre problematiche e<br />
stiamo cercando per quanto possibile di<br />
venire più incontro possibile ai cittadini.<br />
Grazie all’uso delle tecnologie: tornelli,<br />
biglietteria automatiche e telecamere ma<br />
abbiamo bisogno di tempo. Però il problema<br />
è anche di buon esempio di civiltà. Se<br />
noi mettiamo la biglietteria automatica<br />
come è stato fatto a Seiano e dopo una<br />
settimana la troviamo distrutta o tappezzata<br />
allora significa che non dobbiamo<br />
combattere solo con la crisi economica<br />
ma anche con le persone. E non parlo di<br />
episodi occasionali. Quotidianamente<br />
siamo costretti ad intervenire con lavori<br />
di manutenzioni nelle stazioni perché ci<br />
rompono le macchinette per obliterare,<br />
perchè strappano gli annunci e per altre<br />
mille problematiche. Se non iniziamo a<br />
cambiare anche la mentalità delle persone<br />
allora non riusciremo mai a migliorare».<br />
IL PROFESSORE<br />
«Ho violato<br />
la legge»<br />
LA STUDENTESSA<br />
«Il biglietto<br />
non lo faccio»<br />
IL TURISTA<br />
«La prima volta<br />
senza ticket»<br />
LA CASALINGA<br />
Onesta<br />
e multata<br />
IL PENDOLARE<br />
Trasgressore<br />
per sbaglio<br />
Giovanni De<br />
Caro è professore<br />
all’istituto<br />
nautico di<br />
Torre Annunziata,<br />
lui ormai<br />
è un veterano<br />
della Circumvesuviana<br />
visto che da anni viaggia su<br />
questi treni. Per comodità e per<br />
interesse ha comprato l’abbonamento<br />
mensile di seconda fascia<br />
che gli permette di viaggiare per<br />
trenta giorni senza preoccuparsi di<br />
comprare il biglietto. Ma anche un<br />
veterano come lui si è trovato in<br />
difficoltà. Alla stazione di Barra,<br />
dove era andato un giorno per<br />
caso. Lì la fascia del suo abbonamento<br />
non gli permetteva di arrivare<br />
a Napoli. Ma fare il biglietto a<br />
Barra è un impresa solo per pochi,<br />
così decise di non farlo.<br />
Antonella è<br />
una studentessa<br />
e tutti i<br />
giorni prende<br />
il treno per<br />
percorrere il<br />
tratto Ercolano<br />
medaglie<br />
d’Oro-Sorrento.<br />
La sua problematica però<br />
non è il biglietto, lei ha l’abbonamento<br />
e non sente il bisogno di<br />
criticare il disservizio delle stazioni<br />
impresenziate.<br />
Secondo Antonella la vera problematica<br />
non sono i biglietti, «quelli<br />
si possono anche non fare» dice<br />
la ragazza, che contina «il problema<br />
è il sovraffollamento dei treni,<br />
la mattina è davvero impossibile<br />
salire con la borsa o la valigia nei<br />
vagoni, e poi c’è di tutto da gente<br />
che chiede la carità a venditori<br />
ambulanti con le loro cose».<br />
La signora<br />
Elisa abita a<br />
Trento ed è<br />
venuta una<br />
settimana a<br />
villeggiare in<br />
Penisola<br />
Sorrentina e<br />
ha pernottato<br />
in un hotel a Piano di Sorrento.<br />
Per visitare la Penisola ha scelto<br />
di prendere i treni della<br />
Circumvesuviana ed ecco i suoi<br />
disagi: «Questi treni sono molto<br />
comodi perchè ti portano direttamente<br />
al centro dei posti da visitare,<br />
ma il servizio è precario.<br />
Non ci posso ancora credere che<br />
per la prima volta in vita mia ho<br />
preso un treno senza il biglietto,<br />
ma la stazione di Piano di domenica<br />
è isolata, fortunatamente<br />
per gli altri giorni mi sono premunita<br />
e ne ho comprati un bel po’»<br />
La fortuna<br />
non sempre<br />
aiuta i buoni e<br />
a volte c’è chi<br />
paga cara la<br />
sua ingenuità.<br />
Maria di professione<br />
casalinga<br />
un giorno<br />
decise di passare una giornata<br />
diversa all’Auchan di Castellammare,<br />
si fece così accompagnare<br />
da un amica in auto e per il ritorno<br />
decise di prendere la<br />
Circumvesuviana che l’avrebbe<br />
portata direttamente a casa a<br />
Vico Equense. Moregine è la stazione<br />
incriminata, infatti è praticamente<br />
isolata dal mondo. La<br />
signora è quindi costretta a salire<br />
senza biglietto. Una volta sul<br />
treno va a denunciare il fatto al<br />
controllore, il suo premio: una<br />
multa da 60 euro.<br />
La storia di<br />
Raffaele ha<br />
dell’incredibile.<br />
Nel percorrere<br />
il tratto<br />
dalla stazione<br />
di Pioppaino a<br />
Seiano per poi<br />
arrivare a<br />
Montechiaro con un pullman servirebbe<br />
un solo tagliando da 60<br />
minuti di seconda fascia. Ma a<br />
Raffaele una volta non è andata<br />
proprio così. A Pioppaino fare il<br />
biglietto è impossibile, ma Raffaele<br />
lo sapeva e si era premunito in<br />
anticipo. Una volta obbliterato si è<br />
accorto che l’orario della macchineta<br />
era sbagliato, venti minuti<br />
avanti. In questo modo una volta<br />
arrivato a Seiano avrebbe dovuto<br />
fare un altro tagliando. Lui però<br />
non l’ha fatto e fortunatamente gli<br />
è andata bene, ma che paura.
12 Domenica 25 marzo 2012 SPECIALE<br />
Cronaca nera fra realtà, spettacolarizzazione e fiction. I plastici di Porta a Porta,<br />
le confessioni in diretta: l’informazione si trasforma sempre più in reality show<br />
Feriti dalla violenza mediatica<br />
Forse lei direbbe così: “Sono Sarah<br />
Scazzi e la seconda volta mi ha<br />
ucciso il giornalismo. Un giornalismo<br />
che per alzare l’audience si è<br />
trasformato in reality. Non ne<br />
sono la prima vittima e non sarò di<br />
certo l’ultima”.<br />
È in atto nel nostro Paese un’inarrestabile<br />
corsa alla spettacolarizzazione<br />
dell’informazione: il giornalismo<br />
ormai preferisce l’enfasi<br />
all’approfondimento, l’indugiare<br />
in particolari scabrosi alla lucida<br />
analisi. Caposaldo di questo<br />
nuovo stile la tv, che si trasforma<br />
sempre più in buco di una serratura<br />
a misura dei guardoni. E i quotidiani<br />
non sono da meno: la storica<br />
pagina di cronaca ha quasi del<br />
tutto lasciato il passo a fogli su<br />
fogli di approfondimenti che scandiscono<br />
l’evento drammatico, lo<br />
ritmano come se si trattasse di un<br />
libro o di un film thriller. Gli<br />
ingredienti ci sono tutti: la vittima,<br />
i sospettati, i punti oscuri, la ricerca<br />
del movente, le indagini; psicologi,<br />
criminologi, magistrati ricostruiscono,<br />
passo dopo passo, il<br />
delitto fino ad arrivare addirittura<br />
al processo con tanto di colpevolisti<br />
e innocentisti.<br />
Date, nomi, chi ha fatto cosa,<br />
dove, come e quando: il telespettatore<br />
ha tutto impresso nella sua<br />
memoria sul caso del momento.<br />
Da quel tragico 26 agosto 2010,<br />
col trascorrere dei giorni, delle<br />
settimane, dei mesi, l’informazione<br />
ha concentrato sempre più la<br />
sua attenzione sul caso Scazzi. A<br />
reti unificate, in determinate fasce<br />
orarie e in tutte le varianti dei programmi<br />
che il palinsesto ospita,<br />
quella scatola magica chiamata tv<br />
ha trasmesso ricostruzioni su<br />
ricostruzioni dell’assassinio della<br />
piccola Sarah.<br />
Tale è stata la (pre)potenza dei<br />
media, da riuscire a costruire<br />
attorno a una pagina di cronaca<br />
nera una specie di fiction drammatica,<br />
un reality dell’orrore, che<br />
A destra<br />
il plastico di Avetrana<br />
riprodotto<br />
negli studi<br />
di Porta a Porta<br />
In basso<br />
un’immagine<br />
di Sarah Scazzi<br />
Michele Misseri<br />
inscena l’omicidio<br />
della nipote<br />
in una puntata<br />
di Matrix<br />
ha raggiunto livelli di morbosità e<br />
curiosità mai visti attorno ai<br />
sospettati dell’omicidio.<br />
Per alzare l’audience quale metodo<br />
migliore che coinvolgere lo<br />
spettatore, sfruttando e nutrendo<br />
il voyeurismo, mescolando realtà e<br />
finzione come in un romanzo. Il<br />
big brother format diventa, in questa<br />
logica, il modello cardine dell’informazione<br />
televisiva.<br />
Una incredibile cura dei dettagli,<br />
anche quelli più stupidi; l’appostamento<br />
continuo dinanzi alla casa<br />
di zio Michele, oggi forse la casa<br />
più tristemente famosa d’Italia; lo<br />
svelamento di tutti i minimi particolari<br />
intimi della vita della povera<br />
vittima, dal diario ai link condivisi<br />
su Facebook e il “teatrino” dei programmi<br />
televisivi che si trasformano<br />
in una procura, in un’arena<br />
di studiosi del crimine che vanno<br />
ad analizzare le smorfie degli<br />
indagati per sentenziare la colpevolezza<br />
o meno dell’accusato,<br />
costruiscono intorno al caso<br />
Scazzi una telenovela infinita che<br />
porta folle di curiosi ad Avetrana<br />
nel week end per spiare quasi il<br />
luogo del delitto, facendo del<br />
paese pugliese la culla dell’orrore e<br />
degli sciacalli.<br />
Culmine del corto circuito che la<br />
tv ha vissuto per la vicenda Scazzi<br />
la performance di Chi l’ha visto?,<br />
che il 6 ottobre annuncia in diretta<br />
televisiva alla madre il ritrovamento<br />
del cadavere della figlia.<br />
Coprire il corpo di chi è morto in<br />
un luogo pubblico è un gesto antico<br />
almeno venticinque secoli. Lo<br />
si fa con un lenzuolo bianco, una<br />
coperta o un qualunque indumento<br />
che protegga almeno il<br />
volto di chi ha perso la vita rimanendo<br />
esposto in mezzo alla strada.<br />
È il limite del pudore, del<br />
rispetto e il simbolo della compassione<br />
e della capacità di fermarsi<br />
e non sollevare quel lenzuolo.<br />
C’è forse bisogno di ricordarlo<br />
all’informazione italiana?<br />
La vicenda Scazzi<br />
L’omicidio<br />
continua<br />
in live tv<br />
Il 26 agosto del 2010 veniva denunciata ad<br />
Avetrana, in provincia di Taranto, la scomparsa<br />
della quindicenne Sarah Scazzi. La<br />
ragazzina era uscita di casa verso le 14.30<br />
per andare al mare con la cugina Sabrina,<br />
ma da quel momento sparì nel nulla. Un<br />
mese dopo, il cellulare della ragazza venne<br />
ritrovato da Michele Misseri, zio di Sarah e<br />
padre di Sabrina. Il 6 ottobre, il colpo di<br />
scena in diretta tv: lo zio Michele confessò<br />
l’omicidio della nipote e fece ritrovare il<br />
corpo mentre la madre della ragazza era<br />
ospite del programma Chi l’ha visto?.<br />
L’uomo dichiarò di averla strangolata perché<br />
la ragazza non aveva mai ceduto alle sue<br />
ripetute avances sessuali. Dopo pochi giorni<br />
però, anche la figlia Sabrina Misseri venne<br />
sottoposta a fermo per concorso nell'omicidio<br />
della cugina. Nonostante nei giorni<br />
seguenti le versioni date da Michele<br />
Misseri cambiarono diverse volte, fu proprio<br />
il padre a coinvolgere la figlia Sabrina,<br />
indicandola come l’unica colpevole.<br />
Movente la gelosia di Sabrina nei confronti<br />
della cuginetta a causa di un ragazzo,<br />
Ivano Russo, verso il quale Sabrina provava<br />
un interesse morboso.<br />
Il rifiuto del giovane a iniziare una relazione<br />
e il dubbio che Sarah volesse portarle<br />
via l’uomo sono state, secondo gli inquirenti,<br />
le motivazioni che hanno portato<br />
Sabrina a uccidere la cugina. L’accusa nei<br />
confronti di Sabrina Misseri divenne di<br />
omicidio mentre al padre Michele venne<br />
imputato il reato di soppressione di cadavere,<br />
per il quale fu scarcerato in quanto<br />
scaduti i termini di custodia cautelare.<br />
Il 23 maggio 2011 anche a Cosima Serrano,<br />
moglie di Michele Misseri e madre di<br />
Sabrina, venne notificata un’ordinanza di<br />
custodia cautelare in carcere per concorso<br />
in omicidio, sequestro di persona e soppressione<br />
di cadavere. Il processo è iniziato<br />
il 10 gennaio 2012, e vede come principali<br />
imputati Sabrina Misseri con l'accusa di<br />
omicidio doloso premeditato, la madre<br />
Cosima per concorso in omicidio e il padre<br />
Michele per soppressione di cadavere.<br />
Luigi Kalb, giurista<br />
Processi<br />
nei salotti<br />
televisivi<br />
«L’attuale stato della giustizia penale presenta<br />
evidenti segnali d’allarme, provocati<br />
in particolar modo dagli effetti distorsivi<br />
del circuito mediatico-giudiziario, fenomeno<br />
sociale in cui la giustizia si rappresenta<br />
su una doppia scena, mediatica e giudiziaria»<br />
è il commento che riassume il pensiero<br />
del prof. Luigi Kalb, ordinario di procedura<br />
penale e direttore del Dipartimento di<br />
diritto pubblico all’Università di Salerno.<br />
La massiccia esposizione mediatica dei<br />
fatti di cronaca che, da qualche anno a questa<br />
parte, sta caratterizzando l’informazione<br />
italiana non può passare inosservata ma<br />
soprattutto non può non causare conseguenze.<br />
«Non si può mettere in dubbio che<br />
le alterazioni provocate dalla cosiddetta<br />
“giustizia-spettacolo” abbiano raggiunto<br />
proporzioni insopportabili – chiarisce il<br />
professor Kalb – perché si è arrivati a spostare<br />
il giudizio da un’aula di un tribunale<br />
a un salotto televisivo per rispondere<br />
esclusivamente al bisogno di share».<br />
In poche parole, una riproposizione dei<br />
fatti di cronaca secondo i criteri dei media<br />
che, però, non sempre coincidono con<br />
quelli del sistema penale. «I tempi in cui si<br />
sviluppa il giudizio pubblico nel circuito<br />
mediatico – sostiene Kalb – sono molto<br />
più veloci di quelli dell’iter processuale,<br />
con la conseguenza di interferire sulla<br />
valutazione di chi è chiamato a giudicare».<br />
È talmente tanta e veloce la quantità di<br />
elementi derivanti dai talk show televisivi<br />
e dalla stampa che «appare più che fondato<br />
il pericolo di influenzare le valutazioni<br />
dell’organo chiamato a giudicare, specialmente<br />
se si tratta di giudici popolari»,<br />
incalza il professore.<br />
La verità sta, probabilmente, nel fatto che<br />
esistono due diritti di pari importanza da<br />
tutelare: il diritto di informazione e i diritti<br />
fondamentali delle persone coinvolte.<br />
«La perplessità nasce quando l’informazione<br />
diventa l’unico valore da garantire -<br />
conclude Kalb - a discapito di altri diritti<br />
di pari tutela costituzionale».
SPECIALE Domenica 25 marzo 2012<br />
Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti: superato ogni livello di vergogna<br />
Iacopino: «Doveri etici violati»<br />
Il 5 ottobre 1990 nasce la Carta di Treviso per difendere i diritti dei più piccoli<br />
Non passa giorno in cui i media<br />
italiani non parlino di casi di cronaca<br />
e fin qui niente di strano. Le<br />
perplessità sorgono spontanee<br />
quando di queste vicende si vuole<br />
portare ad ogni costo alla luce ogni<br />
particolare, anche quelli più crudi<br />
e dettagliati. La perplessità potrebbe<br />
diventare sdegno quando,<br />
ancora, questi tragici fatti riguardano<br />
minori che, loro malgrado,<br />
sono vittime prima dei loro carnefici<br />
e poi di un sistema di informazione<br />
controverso.<br />
Proprio per fare ordine e difendere<br />
i diritti dei minorenni, è nata il<br />
5 ottobre 1990 la Carta di<br />
Treviso, un protocollo firmato da<br />
Ordine dei giornalisti, Fe-àderazione<br />
nazione della stampa italiana<br />
e Telefono azzurro con lo<br />
scopo di fissare delle norme vincolanti<br />
di autoregolamentazione<br />
per gli operatori dell’informazione.<br />
A questo proposito, abbiamo<br />
sentito il parere del presidente<br />
dell’Ordine nazionale dei giornalisti,<br />
Enzo Iacopino.<br />
Le raccomandazioni della<br />
Carta di Treviso sono rispettate<br />
dai media?<br />
È il documento deontologico più<br />
condiviso tra quelli che fanno<br />
parte del mondo dell’informazione.<br />
La controprova è determinata<br />
dal fatto che i procedimenti disciplinari<br />
per violazioni delle norme<br />
previste dalla Carta di Treviso<br />
sono episodi sporadici, non per<br />
inerzia ma perché c’è questa sensibilità<br />
per la quale possiamo essere<br />
orgogliosi. Non dobbiamo dimenticare<br />
poi che abbiamo avuto<br />
anche dei riconoscimenti per questo<br />
documento che ha segnato una<br />
traccia di comportamento condivisa<br />
anche da colleghi europei e dalle<br />
Nazioni Unite.<br />
È necessario aggiornarla in qualche<br />
punto?<br />
Nonostante un aggiornamento sia<br />
già stato fatto, i ritmi infernali che<br />
ci sono nei nuovi strumenti di<br />
comunicazione potrebbero richiedere<br />
qualche precisazione. In ogni<br />
caso, i principi sono quelli e sono<br />
ben saldi. Semmai, il rischio a cui<br />
siamo andati incontro in qualche<br />
occasione è stato quello di incorrere<br />
in eccessi. Mi spiego meglio: per<br />
un lungo periodo non è mai stato<br />
ripreso il volto sorridente di un<br />
bambino, si è sempre ricorso all’espediente<br />
di oscurare i visi, per evitare<br />
che le loro immagini e generalità<br />
fossero usate in contesti non<br />
idonei e procurare conseguenze<br />
negative al bambino. Questo chiarimento,<br />
però, stiamo riuscendo a<br />
farlo passare e finalmente si rivedono<br />
immagini di bambini sorridenti,<br />
mentre prima erano solo persone<br />
senza volto.<br />
Nella vicenda Sarah Scazzi, si è<br />
dato più spazio alla cronaca o<br />
alla spettacolarizzazione?<br />
In questa vicenda io penso sia stato<br />
superato ogni livello di vergogna.<br />
Basti pensare che, in questa storia,<br />
il Garante delle Comunicazioni ha<br />
segnalato circa 400 episodi meritevoli<br />
di attenzione. Ma chiariamo, lì<br />
il problema non riguardava le<br />
norme della Carta di Treviso perché,<br />
fin quando la ragazza è stata<br />
considerata rapita, c’era il dovere di<br />
dare le foto e le generalità di Sarah<br />
per ritrovarla. Dopo il ritrovamento<br />
del cadavere, invece, si sono<br />
13<br />
dimenticate tutte le regole morali<br />
ed elementari più ovvie: il guardonismo,<br />
il turismo dell’orrore, il sensazionalismo<br />
ad ogni costo, la<br />
ricerca disperata dello scoop che<br />
ha legittimato l’uso di riferimenti<br />
anche crudi della vicenda Scazzi.<br />
Ma questo scempio va oltre la<br />
Carta di Treviso perché, se anche<br />
la vittima fosse stata maggiorenne,<br />
avrebbe avuto diritto, insieme con<br />
la famiglia, a un maggiore rispetto.<br />
L’audience, regola secondo cui<br />
alcune trasmissioni si sono mosse,<br />
non vale niente perché noi abbiamo<br />
dei doveri nel fare informazione,<br />
che in più occasioni, non solo<br />
nel caso Scazzi, sono stati violati.<br />
Pagine a cura di<br />
MARINA CAVALIERE<br />
CARMEN GALZERANO<br />
ELENA CHIARA LIGUORI<br />
La conduttrice di Chi l’ha visto? difende il collegamento dall’abitazione di Michele Misseri<br />
Sciarelli: «Cercavamo Sarah»<br />
«Noi non facciamo spettacolarizzazione,<br />
noi ci occupiamo dei casi<br />
di persone scomparse e cerchiamo<br />
di fornire un servizio pubblico».<br />
Federica Sciarelli, giornalista e<br />
conduttrice della trasmissione Chi<br />
l’ha visto?, difende con forza il suo<br />
lavoro. «Sono ormai venticinque<br />
anni» ricorda con orgoglio la<br />
Sciarelli, sottolineando come oggi<br />
la trasmissione abbia un ruolo istituzionale<br />
riconosciuto da tutti.<br />
Anche la popolare trasmissione di<br />
Raitre ha dedicato diverse puntate<br />
al caso di Sarah Scazzi, in particolare<br />
quando la quindicenne di<br />
Avetrana era considerata scomparsa.<br />
E proprio durante una<br />
puntata della trasmissione, il 6<br />
ottobre 2010, arriva la notizia che<br />
lo zio di Sarah ha confessato di<br />
aver ucciso la nipote.<br />
Perché avete scelto di fare la<br />
diretta da casa Misseri in quella<br />
puntata?<br />
Noi seguivamo la vicenda della<br />
«Non sapevamo di essere in casa dell’assassino<br />
Gli altri programmi hanno sfruttato il caso»<br />
scomparsa di Sarah già da tempo, e<br />
avevamo intuito che il nodo problematico<br />
della vicenda era casa<br />
Misseri. Per questo ci sembrò più<br />
interessante fare una diretta dalla<br />
loro abitazione, per riuscire a chiarire<br />
un punto: se la ragazzina fosse<br />
arrivata a casa degli zii oppure no.<br />
La diretta di quella sera era stata<br />
organizzata molto prima ed è capitato<br />
che proprio in quel giorno i<br />
carabinieri facessero confessare<br />
Michele Misseri.<br />
Come risponde alle accuse di<br />
aver spettacolarizzato la notizia<br />
della confessione di Michele<br />
Misseri?<br />
Si spettacolarizza quando costruisci<br />
un evento. Quando abbiamo<br />
deciso di organizzare la diretta da<br />
casa Misseri, non avevamo certo<br />
idea di poter essere nella casa del<br />
presunto assassino.<br />
Secondo lei la vicenda non è<br />
stata messa eccessivamente sotto<br />
i riflettori dai media?<br />
Personalmente ritengo che la nostra<br />
trasmissione abbia fatto un<br />
passo indietro rispetto alla vicenda,<br />
mentre la maggior parte dei<br />
contenitori televisivi ha parlato per<br />
ore dell'assassinio di Sarah, in un<br />
modo oggettivamente morboso.<br />
Quindi le critiche rivolte a Chi<br />
l'ha visto? sono inutili, perché il<br />
nostro programma si occupa di<br />
persone scomparse, ed era l'unico<br />
deputato a parlarne; mentre gli<br />
altri programmi hanno sfruttato<br />
il caso eclatante.<br />
Nel trattare casi con minori c'è<br />
bisogno di un'attenzione particolare.<br />
Come vi regolate?<br />
Noi trattiamo questi casi con grande<br />
serietà, innanzitutto perché<br />
quando scompare un minore noi<br />
sosteniamo che bisogna muoversi<br />
immediatamente con le ricerche.<br />
Poi noi non ci interessiamo di particolari<br />
della vita privata del minore<br />
e se uno dei minori di cui segnaliamo<br />
la scomparsa viene ritrovato,<br />
immediatamente cancelliamo i<br />
suoi dati sensibili dal nostro sito.<br />
I media non rischiano di influenzare<br />
i giudizi dell'opinione<br />
pubblica o degli inquirenti?<br />
Personalmente non approvo la<br />
scelta di dare spazio a chi grida<br />
alla colpevolezza di una persona a<br />
processo ancora in corso, ma<br />
quella è una scelta che spetta ai<br />
giornalisti. Per quanto riguarda gli<br />
inquirenti, io non credo che un<br />
programma televisivo possa<br />
influenzare un giudice o un'indagine.<br />
Anzi, credo che la nostra trasmissione<br />
possa aiutare in positivo<br />
le autorità giudiziarie, perché<br />
siamo riusciti a far riaprire casi<br />
come Orlandi o Claps.<br />
Da Cogne ad Avetrana<br />
Dei delitti<br />
e dello share<br />
Comitato Media e <strong>Minori</strong><br />
«Sanzione morale<br />
non basta»<br />
In Italia ci sono oltre 600<br />
omicidi volontari l'anno,<br />
quasi due al giorno. La<br />
maggioranza di questi fatti<br />
di cronaca non trova il<br />
minimo spazio sui media<br />
nazionali. Ma se nel delitto,<br />
a qualunque titolo, viene<br />
coinvolta una donna bella e<br />
giovane, allora l'attenzione<br />
dell'opinione pubblica si<br />
accende e i media la fomentano<br />
parlando a ripetizione<br />
dell'evento.<br />
L'ultimo caso che ha ap-<br />
passionato gli italiani è<br />
quello di Melania Rea, la<br />
donna trovata morta in circostanze<br />
misteriose e per<br />
cui si sospetta un coinvolgimento<br />
del marito. Ma<br />
molti altri casi hanno segnato<br />
l'informazione nell'ultimo<br />
decennio: da Novi<br />
Ligure, a Yara Gambirasio;<br />
da Cogne a Garlasco. E l’omicidio<br />
di Meredith Kercher,<br />
un caso mediatico<br />
arrivato fin oltreoceano.<br />
Sono tutti delitti di particolare<br />
violenza ed efferatezza,<br />
che avvengono all'interno<br />
di famiglie apparentemente<br />
modello. Riguardano<br />
vittime giovani e<br />
indifese, è quasi sempre<br />
presente un movente di tipo<br />
sessuale. ed è facile<br />
individuare un capro e-<br />
spiatorio, il "mostro", che<br />
può fare da parafulmine<br />
delle ire collettive.<br />
«Per quanto riguarda il<br />
caso Scazzi c’è stato un servizio<br />
raccapricciante in cui<br />
lo zio Michele che mimava<br />
il delitto, riproponeva con<br />
una specie di cordicella l’evento<br />
davanti agli occhi<br />
delle telecamere per dimostrare<br />
come erano andate<br />
le cose. In quel caso abbiamo<br />
ravvisato una violazione<br />
del Codice di autoregolamentazione<br />
e abbiamo<br />
avviato il processo sanzionatorio»,<br />
ricorda Elisa<br />
Manna, vicepresidente del<br />
Comitato Media e <strong>Minori</strong>,<br />
nato per migliorare la qualità<br />
delle trasmissioni dedicate<br />
ai minori.<br />
La sanzione che il Comitato<br />
può impartire è la<br />
cosiddetta gogna mediatica:<br />
l’emittente è obbligata a<br />
trasmettere in un tg di<br />
massimo o buon ascolto la<br />
notizia di essere stata sanzionata.<br />
«È un danno d’immagine,<br />
ma le emittenti<br />
mettono in atto una serie<br />
di sistemi difensivi», dice la<br />
dottoressa Marra.<br />
«Il codice va completamente<br />
aggiornato: dovrà<br />
soprattutto prevedere dei<br />
meccanismi per cui alla<br />
sanzione morale faccia seguito<br />
una sanzione pecuniaria<br />
che oggi può essere<br />
imposta solo dell’Autorità<br />
per le garanzie delle<br />
comunicazioni».
14 Domenica<br />
25 marzo 2012 IL PERSONAGGIO<br />
Storia di Andrea Russo, dagli studi in giurisprudenza alla passione per le sculture<br />
L’avvocato che plasma la carta<br />
Chi da piccolo non si è divertito a<br />
costruire aeroplanini di carta,<br />
lanciandoli al compagno di banco<br />
per sconfiggere la noia delle<br />
lezioni?<br />
Tutti abbiamo creato, giocato o<br />
immaginato, avendo tra le mani<br />
un semplice foglio bianco. Pochi,<br />
invece, si sono spinti nella realizzazione<br />
di vere e proprie sculture<br />
di carta e luce.<br />
Andrea Russo ha scelto di trasformare<br />
il suo hobby in una forma<br />
d’arte. Napoletano, trent’anni, è<br />
avvocato civilista, ma preferisce<br />
la carta da disegno a quella bollata<br />
in uso nei tribunali.Nel<br />
panorama europeo è uno tra i<br />
paper artists più apprezzati, pur<br />
avendo intrapreso questa attività<br />
da soli cinque anni.<br />
Andrea ama le sue creazioni di<br />
carta come fossero suoi figli. E<br />
mentre ne parla, i suoi occhi brillano<br />
di emozione. Più che un<br />
artista, ama definirsi un attento<br />
osservatore della realtà che lo circonda:<br />
tramite i materiali che essa<br />
offre, cerca di estrapolare nuove<br />
forme e concetti visivi.<br />
«Spesse volte la carta è più difficile<br />
del ferro da piegare…»,<br />
dichiara mostrandomi le sue<br />
opere, che rappresentano un’interpretazione<br />
in chiave moderna<br />
e astratta dell’origami, l’antica<br />
arte giapponese di piegare la<br />
carta.<br />
Da dove nasce la tua passione<br />
per questa particolare tecnica,<br />
e quando hai iniziato?<br />
«Frequentavo l’ultimo anno del<br />
liceo classico, nel 2007, e al<br />
“Garibaldi” organizzarono una<br />
giornata dell’arte. Lì conobbi una<br />
ragazza, che mi prestò un libro di<br />
origami. Dopo quell’esperienza,<br />
che consideravo di puro divertimento,<br />
ho svolto alcune ricerche<br />
su Internet e così ho iniziato ad<br />
appassionarmi».<br />
I tuoi primi modelli riproducono<br />
forme organiche. Perché<br />
hai deciso di abbandonarli?<br />
«Non mi piace l’origami figurativo,<br />
concede poco spazio alla creatività.<br />
La mia prima pubblicazione,<br />
“Origami dal Vesuvio”, è<br />
un manuale sulla realizzazione di<br />
oggetti di carta semplici: dalla<br />
conchiglia alla maschera di<br />
Pulcinella. La mia vera passione<br />
sono però i soggetti astratti.<br />
Infatti non mi considero un<br />
origamista, ma un artista della<br />
carta».<br />
In quanto tempo realizzi una<br />
scultura?<br />
«Alcune opere richiedono due<br />
ore di lavoro, altre una settimana,<br />
ma dipende molto dalla fase di<br />
elaborazione. In genere parto dall’osservazione<br />
del reale. Un’onda<br />
marina o la forma di una pigna<br />
possono diventare un ottimo<br />
spunto di partenza».<br />
Che materiali utilizzi per le tue<br />
creazioni?<br />
«Occorre una qualità di carta<br />
molto particolare per realizzare<br />
un buon origami. Consiglio la<br />
Fabriano 110 grammi o la<br />
Elephant hyde paper: una varietà<br />
più sottile della pergamena, che<br />
ordino direttamente dalla Germania.<br />
Attualmente, però, sto<br />
sperimentando nuove tecniche<br />
coi fogli di giornale».<br />
Quanto può valere una tua scul-<br />
Un artista cresciuto all’ombra del Vesuvio<br />
che conquista il Kuwait ed espone negli Usa<br />
«Sono un interprete<br />
della realtà:<br />
cerco nuove forme<br />
e concetti visivi<br />
da esprimere»<br />
L’origami (in giapponese «carta piegata») è un’antica<br />
arte che ha origine in Giappone. Per tanto tempo<br />
fu accessibile soltanto ai rappresentanti dei ceti alti,<br />
e soltanto dopo Seconda Guerra Mondiale varcò i<br />
confini dell’Oriente, arrivando in America e in<br />
Europa, dove immediatamente divenne molto<br />
popolare. Esistono molteplici versioni sulle origini<br />
dell’origami: l’arte della piegatura della carta era<br />
conosciuta anche in Cina, tra gli arabi e in alcuni<br />
Paesi occidentali, come Germania e Spagna. Negli<br />
anni Sessanta l’origami si diffonde in tutto mondo.<br />
A lato “Tentio”,<br />
una delle sculture<br />
di Andrea Russo<br />
e in basso, l’artista<br />
nella sua casa<br />
napoletana<br />
posa accanto<br />
ad alcune<br />
opere<br />
CINQUE ANNI DI SUCCESSI<br />
Andrea Russo nasce a Napoli il 19 giugno 1981.<br />
Consegue la maturità classica al liceo “Giuseppe<br />
Garibaldi” del capoluogo partenopeo.<br />
È qui che inizia ad interessarsi all’arte dell’origami,<br />
partecipando a un’iniziativa d’arte. Laureando<br />
in giurisprudenza all’Università Parthenope,<br />
da cinque anni realizza sculture di<br />
carta che espone su Flickr, un sito web multilingua<br />
che permette agli iscritti di condividere<br />
fotografie, e in varie mostre in tutta Europa e<br />
nel mondo.<br />
Tra le più importanti, quella d’esordio nel 2008<br />
al Lanificio 25 di Napoli e l’Exporigami 2009 a<br />
Saragozza, in Spagna. Dal 24 dicembre 2011 al<br />
6 gennaio 2012 prende parte al Kuwait’s 5th<br />
International islamic art convention, tenutosi<br />
nella grande moschea di Kuwait City.<br />
Attualmente, le sue opere sono in esposizione al<br />
Japanese american national museum di Los<br />
Angeles, fino al 26 agosto.<br />
Tra le pubblicazioni, “Origami dal Vesuvio” a<br />
cura del Centro diffusione origami e il manuale<br />
“Papercraft, design and Art with Paper – gestante”<br />
(pp.58, pp.166).<br />
L’origami, un’arte antichissima nata in Giappone<br />
Dalla terra dei Samurai<br />
La tecnica è basata sui principi dello shintoismo<br />
La tecnica moderna usa pochi tipi di piegature combinate<br />
in un’infinita varietà di modi, per creare<br />
modelli anche molto complicati. L'origami<br />
tradizionale, invece, era molto meno rigido e faceva<br />
frequente uso di tagli, oltre a partire da basi non<br />
necessariamente quadrate. L'origami è basato sui<br />
principi shintoisti del ciclo vitale e dell'accettazione<br />
della morte come parte di un tutto: la forma di<br />
carta, nella sua complessità e fragilità, simboleggia<br />
infatti il tempio shintoista che viene ricostruito<br />
sempre uguale ogni vent'anni.<br />
tura?<br />
«Non mi piace sminuire la mia<br />
arte dandole un prezzo. Molti<br />
lavorano per soldi, io lo faccio<br />
ancora per hobby. Una tassellazione,<br />
comunque, può valere da<br />
un minimo di 500 a un massimo<br />
di 5mila euro».<br />
Ci sono degli autori che hanno<br />
avuto una particolare influenza<br />
sulla tua arte?<br />
«Su tutti, sicuramente Paul<br />
Jackson e Chris K. Palmer.<br />
Quest’ultimo è tra i pionieri dell’origami<br />
astratto. C’è poi Eric<br />
Gjerde, uno dei primi estimatori<br />
delle mie tassellazioni. E’ stato<br />
grazie ai suoi consigli, e ai suoi<br />
incoraggiamenti, che ho potuto<br />
perfezionarmi in questa tecnica.<br />
Devo dire però che tutte le mie<br />
creazioni sono originali: non mi è<br />
mai piaciuto “copiare” o riprodurre<br />
gli origami di altri scultori<br />
della carta».<br />
A dicembre hai partecipato ad<br />
una convention in Kuwait: ci<br />
racconti la tua esperienza?<br />
«Sono stati quindici giorni fantastici,<br />
durante i quali ho avuto<br />
modo di approfondire la conoscenza<br />
di una cultura, quella<br />
islamica, che apprezzo fin da<br />
quando ebbi modo di visitare il<br />
palazzo dell’Alhambra a Granada.<br />
Sono stato contattato dal direttore<br />
del Museo d’arte islamica di<br />
Kuwait City: un suo collaboratore<br />
aveva visionato i miei lavori su<br />
Internet, restando colpito dalle<br />
tassellazioni. Fui invitato così<br />
come unico artista europeo. Nel<br />
corso del mio soggiorno ho avuto<br />
modo di approfondire la conoscenza<br />
dell’arte geometrica<br />
islamica. Sono fiero di aver contribuito<br />
a stabilire un ponte tra la<br />
cultura occidentale cristiana e<br />
quella araba».<br />
Quali sono i tuoi prossimi<br />
appuntamenti?<br />
«Attualmente le mie opere sono<br />
in esposizione al Museo di Los<br />
Angeles, negli Stati Uniti. Dal 5 al<br />
12 maggio invece sarò a Potenza,<br />
alla galleria d’arte del Santo<br />
Graal».<br />
Che posto occuperanno nella<br />
tua vita le sculture di carta, tra<br />
qualche anno: divertimento o<br />
lavoro a tutti gli effetti?<br />
«Sono un avvocato, ma vorrei<br />
fare degli origami la mia seconda<br />
attività. Purtroppo, in Italia sono<br />
molto più riconosciuti ed apprezzati<br />
gli artisti stranieri. Richard<br />
Sweeney, un ragazzo londinese<br />
che ha iniziato a produrre sculture<br />
di carta dopo aver visto le<br />
mie opere, organizza mostre in<br />
tutto il mondo e collabora abitualmente<br />
con architetti e designer.<br />
In Italia, invece, questi professionisti<br />
si interessano al nostro<br />
lavoro solo per rubarci i progetti.<br />
Chiedono come realizzare determinate<br />
figure per riprodurle in<br />
prima persona, oppure copiano le<br />
nostre opere dalle foto su<br />
Internet. Ma continuerò a produrre<br />
sculture finché c’è un pubblico<br />
che le apprezza, sul web o in<br />
qualunque altro contesto».<br />
Pagina a cura di<br />
SIMONE SPISSO
Angeli dal naso rosso<br />
TERRITORIO Domenica 25 marzo 2012<br />
15<br />
La clownterapia è scientificamente riconosciuta dal sistema sanitario europeo<br />
In Italia si moltiplicano le associazioni no profit convinte che la risata aiuti a guarire<br />
PALLE E PARRUCCHE PER RIDERE IN CORSIA<br />
Davide Dell’Aquila<br />
è il presidente<br />
dell’Associazione<br />
italiana di volontariato<br />
“Fondazione<br />
sorrisi onlus” ,<br />
famosa anche per<br />
essere stata sponsorizzata<br />
nelle trasmissioni<br />
televisive<br />
“Le Iene” e Striscia<br />
la notizia”. La fondazione ha sede a Napoli<br />
e da poco ne ha aperta una in Toscana.<br />
I volontari clown devono sostenere un<br />
colloquio preliminare, prima di partecipare<br />
a un corso obbligatorio di formazione<br />
per diventare medici del sorriso, perché<br />
non basta la buona volontà, ma occorrono<br />
l’impegno, la dedizione e una buona<br />
dose di coraggio. Davide racconta la sua<br />
esperienza di clown, resa possibile grazie<br />
anche alla collaborazione dei dottori e<br />
infermieri degli ospedali che si mostrano<br />
Un pacchetto<br />
di caramelle<br />
sul lettino vuoto<br />
ogni volta disponibili e accoglienti.<br />
Negli ospedali., molto spesso, manca il<br />
contatto umano medico paziente. Il dottore<br />
agisce con freddezza e distacco, sentimenti<br />
che ha imparato negli anni per<br />
non coinvolgersi troppo emotivamente<br />
con le persone che cura. Atteggiamento<br />
assolutamente fuori luogo per tutti i<br />
seguaci di Patch, da sempre desiderosi di<br />
abbattere quella sorte di muro tra chi cura<br />
e chi ha bisogno di cure.<br />
La sua lunga esperienza l’ha portato a<br />
conoscere le situazioni più drammatiche,<br />
C’è silenzio nel reparto di pediatria,<br />
un silenzio carico di attesa.<br />
Stanno per arrivare. Fermi nei loro<br />
lettini bianchi, con le manine sopra<br />
le coperte, attorno le pareti disegnate.<br />
Oggi niente dottori, niente<br />
prelievi e tac, nessuna visita: oggi<br />
arrivano loro, i clown. Solo alcuni<br />
sono dei veri dottori o infermieri,<br />
la maggior parte sono volontari,<br />
persone comuni. Ci sono giovani<br />
ragazzi pieni d’entusiasmo, mamme,<br />
studenti, ingegneri, impiegati<br />
d’ufficio e maestri. Ma diventano<br />
tutti uguali con quel simpatico<br />
naso rosso. Entrano in reparto con<br />
stravaganti parrucche e occhialoni<br />
da cartoni animati, ai piedi le scarpe<br />
più bizzarre che si siano mai<br />
viste e gli occhietti dei bimbi<br />
diventano vispi, i sorrisi si accendono.<br />
A Napoli, l’ospedale pediatrico<br />
“Santobono”, li ospita periodicamente,<br />
per aiutare i piccoli pazienti<br />
a sopportare il loro stato di<br />
degenza e alleviare la condizione di<br />
malato. Ma non è il solo ospedale<br />
che apre le porte alla clowterapia,<br />
anche il “Cardarelli” e il “Monaldi”<br />
offrono questo servizio.<br />
I medici del sorriso, questi angeli<br />
dal naso rosso, si ispirano all’ideologia<br />
del medico statunitense<br />
Pacht Adams, secondo cui «ridere<br />
non è solo contagioso ma è la<br />
migliore medicina». A New York,<br />
sulla scia di questa carismatica<br />
figura, sono nati negli anni ‘80 i<br />
primi medici clown. Michael<br />
Christensen, clown da circo, fondò<br />
nel 1986 la "The Clown Care Unit"<br />
(l'unità di clownterapia) per portare<br />
il sorriso e la fantasia negli ospedali<br />
pediatrici. Oggi questa fondazione<br />
senza scopo di lucro ha sviluppato<br />
le sue attività nel territorio<br />
dello stato di New York, dove è<br />
attiva in sette ospedali. Ispirati dall’ideologia<br />
del sorriso, “Le Rire<br />
Medecin” in Francia e la “Fondazione<br />
Theodora” in Svizzera<br />
hanno dato il via a programmi analoghi.<br />
Ma se all’estero la terapia del<br />
sorriso è scientificamente riconosciuta<br />
e convenzionata con il sistema<br />
sanitario nazionale, in Italia il<br />
fenomeno è ancora a livello associativo.<br />
Tuttavia il messaggio è<br />
stato recepito da molti, tanto che la<br />
clownterapia è presente in quasi<br />
tutti gli ospedali del nostro Paese.<br />
La più famosa è attiva nella capitale<br />
ed è la “Vip”. A Bolzano, nel ’98 è<br />
nata l´associazione “Medicus Comicus”,<br />
che opera in tutti gli ospedali<br />
dell´Alto Adige. All'Ospedale<br />
Meyer di Firenze i fratelli<br />
Olshansky hanno introdotto in<br />
Italia il modello terapeutico americano<br />
del Clown Care Unit.<br />
I volontari si travestono da dottori<br />
pagliacci e portano in corsia il loro<br />
buonumore, coinvolgono i malati<br />
nei loro giochi. Tirano fuori dai<br />
loro sacchi colorati pettini giganti,<br />
scarpe di topolino, palloncini che<br />
trasformano in animali. Raccontano<br />
barzellette e cantano canzoni.<br />
Una vera e propria festa. L’approccio<br />
ludico trova riscontri positivi: i<br />
pazienti assumono meno farmaci<br />
ma una storia in particolare gli è rimasta<br />
attaccata addosso. Dice che non potrà<br />
dimenticare mai il viso di quel bambino.<br />
Cinque anni, malato di leucemia, era ricoverato<br />
all’Ospedale Santobono di Napoli.<br />
«La storia di questo bambino mi ha toccato<br />
nel profondo. Ci aspettava ogni settimana<br />
con un pacchetto di caramelle. Non<br />
vedeva l’ora di giocare e divertirsi con noi.<br />
Mi ero affezionato a lui, anche io contavo<br />
i giorni per rivederlo e strappargli un sorriso.<br />
Finalmente arriva il giorno del trapianto.<br />
Ma purtroppo l’operazione non<br />
andò come speravamo. Quel giorno il suo<br />
lettino era vuoto, c’erano solo le caramelle»,<br />
racconta Davide. Ma la storia di questo<br />
bambino lo ha spinto ancora di più ad<br />
aiutare gli altri. Anzi proprio nei confronti<br />
di quelle situazioni cosiddette senza<br />
speranza c’è ancora più bisogno d’amore<br />
per aiutare il paziente ad estraniarsi dalla<br />
sua condizione di malato. Ogni sorriso<br />
regalato è una vittoria.<br />
antidepressivi e antidolorifici e<br />
accelerano il processo di guarigione.<br />
La serotonina , o "ormone del<br />
buonumore", agisce interagendo<br />
con specifici recettori, espletando<br />
un effetto diverso in base alle differenti<br />
parti del corpo. Possiamo<br />
quindi paragonare la serotonina ad<br />
una chiave che, per esercitare la<br />
propria azione, ha bisogno di interagire<br />
con specifiche serrature.<br />
L'interazione tra chiave e serrature<br />
consente l'apertura di porte che<br />
presiedono al controllo dell'attività<br />
cerebrale e dell'intero organismo.<br />
La gioia mantiene al massimo delle<br />
sue capacità la serotonina, che<br />
altro non è se non la chiave per la<br />
guarigione.<br />
Pagina a cura di<br />
ASSUNTA LUTRICUSO<br />
Hunter Patch Adams (Washington,<br />
28 maggio 1945),<br />
con le sue ricerche e metodologie<br />
ha rivoluzionato il<br />
rapporto medico-paziente.<br />
A partire dal suo modo originale<br />
di intendere la cura<br />
del malato nasce una nuova<br />
era della medicina. Fin da<br />
ragazzino mostrò una propensione<br />
naturale verso le<br />
scienze. A soli tredici anni<br />
si aggiudicò il primo premio<br />
alla “Fiera europea<br />
delle scienze” in Germania,<br />
dove si era trasferito insieme<br />
alla famiglia. Ma la felicità<br />
dura poco. Il padre<br />
muore per un infarto e la<br />
famiglia si trasferisce in<br />
Virginia. Lì viene adottato<br />
da uno zio che dopo poco si<br />
suiciderà. Colpito da una<br />
grave depressione viene<br />
ricoverato in un ospedale<br />
psichiatrico dove incontra<br />
Rudy, suo compagno di<br />
stanza, gravemente malato.<br />
L’amicizia con Rudy gli<br />
cambierà la vita e gli darà<br />
finalmente la spinta per<br />
una nuova scoperta di sè e<br />
del mondo. Patch gli fece<br />
superare tutte le sue paure<br />
attraverso il gioco e il sorriso,<br />
rendendosi conto che la<br />
Hunter Patch Adams<br />
Una vita<br />
straordinaria<br />
spensieratezza rappresenta<br />
la ricetta più genuina per<br />
iniziare un processo di guarigione<br />
molto più efficace di<br />
qualsiasi terapia. La sua divenne<br />
una vera vocazione e<br />
decise di iscriversi al<br />
Medical College in Virginia.<br />
Sin dai primi anni fece in<br />
modo di distinguersi dagli<br />
altri studenti: si infiltrava tra<br />
i reparti senza alcuna autorizzazione<br />
per stare vicino ai<br />
malati terminali e ai bambini<br />
in gravi condizioni di<br />
salute, presentandosi sempre<br />
in modo comico e originale.<br />
Ottenuta la laurea nel<br />
1971, assieme a un gruppo<br />
di volontari riuscì a prestare<br />
cure gratuite a circa 15000<br />
malati senza chiedere compensi<br />
in denaro. Fondò il<br />
“Gesundheit Institute”, una<br />
comunità per la libera assistenza<br />
sanitaria. «Siamo<br />
qui per aiutare i pazienti a<br />
vivere la più alta qualità di<br />
vita e, quando non è più<br />
possibile, per facilitare la<br />
più grande qualità di<br />
morte», una delle sue massime<br />
più famose.<br />
Nunzia Dardano, volontaria<br />
da quattro anni dell’associazione<br />
“L’amico clown”,<br />
che ha sede legale a<br />
Giugliano in Campania.<br />
Come nasce la vostra<br />
associazione di volontariato?<br />
Quali sono i suoi<br />
principi ispiratori?<br />
Banale dirlo ma ci ispiriamo<br />
alla figura carismatica<br />
di Patch Adams che crede<br />
fortemente nel valore del<br />
sorriso a scopo terapeutico<br />
e nel rapporto medico<br />
paziente come base preliminare<br />
per una guarigione<br />
più veloce. La nostra associazione<br />
è un po’ diversa<br />
dalle altre perché non lavora<br />
solo negli ospedali, ma<br />
anche negli ospizi nelle<br />
case famiglia.<br />
In quali strutture siete<br />
andati a portare il vostro<br />
sorriso?<br />
Noi operiamo in tutto il<br />
Sud Italia, non solo a<br />
Napoli. Siamo stati alla<br />
casa famiglia “Laila”, a<br />
Castel Volturno, alla casa<br />
per anziani “La siesta” a<br />
Lago Patria, alla casa famiglia<br />
“Koene” ad Aversa.<br />
Abbiamo visitato molti<br />
La volontaria Nunzia Dardano<br />
Aiutare<br />
con il sorriso<br />
ospedali, come il “Bambin<br />
Gesù” di Roma, il “Santobono”<br />
a Napoli e “Santa<br />
Maria delle Grazie” a<br />
Pozzuoli.<br />
Quali sono i vostri obiettivi<br />
futuri?<br />
Vogliamo ampliare il nostro<br />
gruppo di clown e coinvolgere<br />
sempre più persone in<br />
quest’esperienza meravigliosa.<br />
Più volontari significa<br />
più aiuto per i malati. Un<br />
altro proposito è quello di<br />
poter coprire, con il nostro<br />
lavoro, tutti i centri del Sud<br />
Italia. E trovare i fondi per<br />
comprare altri mezzi di trasporto<br />
per disabili e anziani.<br />
Sei volontaria da quattro<br />
anni, qual è stata l’esperienza<br />
più toccante?<br />
L’incontro con i bambini<br />
malati di leucemia è stato<br />
uno dei momenti più duri<br />
della mia esperienza. Trovare<br />
il coraggio di mettersi<br />
a scherzare di fronte a un<br />
dolore così grande non è<br />
stato facile. Ora ho una<br />
prospettiva della vita completamente<br />
diversa.
16 Domenica 25 marzo 2012 TERRITORIO<br />
Il contemporaneo a Napoli tra crisi e prospettive di crescita<br />
Quando l’arte si mette da parte<br />
Resistere ma anche agire per risollevare le sorti del settore<br />
Un occhio alle fondazioni, ricetta forse magica per il salto di qualità<br />
I luoghi dell’arte italiana vanno<br />
oltre i topos classici e Napoli è una<br />
delle città a vantare una storia<br />
importante sul piano artistico<br />
moderno. Basti pensare all’incontro<br />
partenopeo tra Warhol e<br />
Beuys, un evento memorabile per<br />
una città poco abituata alla spettacolarizzazione<br />
della cultura e dell’arte.<br />
Poi, qualche mese dopo il<br />
terribile terremoto del 23 novembre,<br />
con morti e distruzioni immani,<br />
scatenò più che mai la fantasia<br />
creativa di Lucio Amelio, uno<br />
degli artisti di spicco nel periodo a<br />
cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, che<br />
coinvolse decine di artisti tra i più<br />
famosi al mondo con la sua mostra<br />
Terrae Motus.<br />
Con l’apertura del museo d’arte<br />
contemporanea Donnaregina<br />
(Madre), l’allora presidente della<br />
Giunta regionale Antonio Bassolino,<br />
volle fare di Napoli uno dei<br />
poli di attrazione più importanti<br />
per il settore dell’arte contemporanea.<br />
Una volontà che è culminata<br />
il 10 giugno del 2005, con l’inaugurazione<br />
del Madre, e che ha fin<br />
da subito ospitato artisti di grande<br />
fama internazionale come Janis<br />
Kounellis, Robert Wilson e<br />
Mimmo Palladino.<br />
Ma l’arte contemporanea a Napoli<br />
non si identifica solo con il Madre.<br />
Pochi mesi prima dell’apertura del<br />
museo di via Settembrini, Palazzo<br />
Roccella si trasforma nel Palazzo<br />
delle Arti di Napoli. Uno spazio di<br />
tre piani destinato non solo a<br />
ospitare esposizioni, ma a diventare<br />
centro di attrazione per il<br />
movimento artistico partenopeo,<br />
L’assessore regionale Caterina Miraglia<br />
«Bisogna aprire<br />
ai partner privati»<br />
Jeff Koons, Anselm Kiefer, Janis<br />
Kounellis e tutti gli altri probabilmente<br />
non lo sapranno, ma le<br />
loro opere e l’idea del ruolo che<br />
deve avere l’arte contemporanea a<br />
Napoli negli ultimi anni è diventato<br />
acceso tema di dibattito per<br />
la regione Campania.<br />
Al momento della sua elezione la<br />
giunta Caldoro ha dovuto fare i<br />
conti con accuse di sperpero di<br />
denaro e necessità di far fronte<br />
alla “chiusura di rubinetti” dei<br />
finanziamenti pubblici. Da allora,<br />
nel settore dell’arte contemporanea<br />
si sono succeduti scambi di<br />
opinione e punti di vista differenti<br />
che hanno coinvolto per prima<br />
l’assessore ai Musei della regione<br />
Campania Caterina Miraglia.<br />
«Non è assolutamente vero che la<br />
volontà della Regione Campania<br />
è quella di chiudere – spiega l’assessore<br />
-, abbiamo dovuto fare i<br />
conti con quella che era la spesa e<br />
la forte sproporzione tra ciò che<br />
potevamo dare prima e quello che<br />
possiamo dare oggi».<br />
Il futuro dipende<br />
dalla capacità<br />
di attrarre fondi<br />
Risponde così alle accuse piovute<br />
da più parti sull’ipotesi di chiusura<br />
del Madre, il museo d’arte contemporanea<br />
della Regione.<br />
Critiche dovute al fatto che,<br />
secondo i detrattori, l’attuale<br />
giunta vedrebbe nel museo di via<br />
Settembrini l’ultimo retaggio del<br />
bassolinismo.<br />
«Il Madre – continua la Miraglia<br />
- è l’unico museo che dipende al<br />
cento per cento dalla Regione.<br />
Per mantenerlo così com’è è stato<br />
obbligatorio modificare la struttura<br />
giuridica e aprire ai partner<br />
privati». Per evitare la paventata<br />
chiusura, l’assessore parla di un<br />
organismo che in precedenza era<br />
“debole”, mentre ora può essere in<br />
grado di reggere alla riduzione<br />
dei finanziamenti. «Abbiamo<br />
con workshop e altre attività culturali,<br />
e per i cittadini, con l’apertura<br />
della mediateca e di bookshop.<br />
Ma la scelta di istituire queste<br />
realtà nell’ambito di quartieri<br />
popolari ha fatto molto discutere.<br />
Una decisione che, da un lato,<br />
potrebbe far pensare ad un disinteresse<br />
da parte del pubblico nei<br />
confronti di un settore che resta<br />
ancora di nicchia. D’altro canto,<br />
l’apertura di una struttura del<br />
genere in aree difficili della città,<br />
potrebbe essere riconducibile al<br />
tentativo di fare del museo un<br />
volano per lo sviluppo della zona.<br />
messo in moto un procedimento<br />
virtuoso per cui il museo, se ha<br />
davvero potere attrattivo, sarà<br />
capace di camminare da solo. Al<br />
momento ci sono dei potenziali<br />
partner che stanno studiando<br />
come entrare nel patrimonio<br />
immobiliare». Una situazione,<br />
però, che può aprire al rischio di<br />
un mercato di nicchia, in una<br />
potrebbe tentare di ripartire proprio<br />
da questo settore.<br />
«Si tratta di un’ingenuità – commenta<br />
la Miraglia -perché l’attrattività<br />
del luogo non incide sul<br />
successo del museo. È una posizione<br />
che non è di per sé sbagliata,<br />
al momento dell’apertura si è<br />
pensato che si dava vantaggio a<br />
quel luogo, una mossa che è stata<br />
studiata, aveva la sua funzione».<br />
Resta il fatto che oggi il Madre<br />
rischia di chiudere i battenti, mettendo<br />
fine ad un’esperienza che<br />
resta comunque il simbolo di<br />
un’amministrazione passata e controversa.<br />
In una Regione piena di<br />
contraddizioni e risorse economiche<br />
sempre meno certe, fondazioni,<br />
gallerie private e spazi<br />
non-profit possono costituire un<br />
nuovo modo di proporre il contemporaneo.<br />
La recente apertura<br />
(2008) del museo dedicato ad<br />
Hermann Nitsch, padre dell’Azionismo<br />
viennese, una corrente legata<br />
all’espressionismo, aggiunge un<br />
tassello prezioso alla cartografia<br />
dell’arte di Napoli. Ubicato alla<br />
sommità dello storico quartiere<br />
Avvocata, questo spazio si pone<br />
come centro di documentazione,<br />
ricerca e formazione con l’intento<br />
di interagire soprattutto con i giovani,<br />
attraverso musica, pittura e<br />
teatro. Le difficoltà dei musei<br />
d’arte contemporanea devono fare<br />
i conti con una politica locale e<br />
nazionale che pensa che con<br />
quadri, sculture e installazioni non<br />
si mangi e non vede una nutriente<br />
soluzione nel turismo culturale,<br />
che ha un trend in crescita in molti<br />
altri Paesi. La ragione non sta nella<br />
mancanza o nelle carenze strutturali,<br />
ma nel fatto che spesso<br />
manca un rapporto di fiducia con<br />
le istituzioni.<br />
Pensare all’arte contemporanea<br />
come volano per l’uscita dalla crisi<br />
e strumento contro l’impantanamento<br />
culturale di Napoli, da sempre<br />
storica capitale di movimenti<br />
artistici, potrebbe portare la città<br />
fuori dall’oblio che attraversa e la<br />
rimetterebbe al centro dei percorsi<br />
turistici. Al di là di eventi sportivi,<br />
come la Coppa America, e appuntamenti<br />
internazionali, come il<br />
Forum delle Culture, che rischiano<br />
di lasciare alcuna un’eredità.<br />
La parola all’esperto<br />
Le gallerie:<br />
un successo<br />
senza tempo<br />
«Sul Corriere del Mezzogiorno,<br />
lo storico Paolo Macry<br />
ha scritto che sfogliando l’inserto<br />
sulle mostre d’arte in<br />
Italia de Il Venerdì di Resolo la<br />
città di Napoli. E questo non è<br />
un caso». A discutere dello<br />
scenario attuale nell’ambito<br />
dell’arte contemporanea, sul<br />
territorio campano e in particolare<br />
quello partenopeo, è<br />
Angelo Trimarco, critico d’arte<br />
e presidente della Fondazione<br />
Filiberto Menna di Salerno.<br />
Come funziona la fruizione<br />
dell’arte a Napoli nel 2012?<br />
«L’arte contemporanea sta vivendo<br />
un momento poco florido<br />
rispetto agli anni passati. Il<br />
vero problema è la mancanza di<br />
fondi da parte della Regione».<br />
Napoli rispetto a realtà come<br />
Milano, Torino e Roma, che<br />
hanno saputo costruire una rete<br />
di musei pubblici rilevanti, sta<br />
facendo un passo indietro perché<br />
è poco sollecitata dalle istituzioni,<br />
ma si spera che questa<br />
momentanea fermata non sia<br />
irreversibile».<br />
Attualmente Il Madre o il Pan<br />
come intendono organizzarsi?<br />
Dal 2010 la situazione del<br />
Madre è totalmente cambiata.<br />
Qualche anno fa si trovava ai<br />
piani alti, ora invece, costituisce<br />
l’anello debole della catena dell’arte<br />
partenopea a causa del<br />
taglio drastico dei fondi. Bisogna<br />
ristabilire il comitato<br />
d’amministrazione e nominare<br />
un presidente per riattivare così<br />
una politica seria. Nonostante<br />
questo, il museo sta tentando<br />
una risalita e riprogettando il<br />
suo percorso. Il Palazzo delle<br />
Arti, invece, è un’istituzione<br />
comunale che fatica a trovare<br />
una linea rigorosa di scelta. È<br />
diventato uno spazio che non da<br />
campo solo all’arte in sé ma<br />
anche alla musica, la fotografia o<br />
la presentazione di libri. Se<br />
l’Amministrazione comunale<br />
sapesse organizzarsi questi due<br />
musei potrebbero nuovamente<br />
divenire i punti luminosi del sistema<br />
dell’arte».<br />
Che ruolo svolgono, infine, le<br />
gallerie d’arte private?<br />
«Le gallerie, fin dagli anni 60,<br />
continuano a fiorire in<br />
maniera straordinaria e costituiscono<br />
un punto di riferimento<br />
per l’arte italiana.<br />
Dunque, l’imprenditoria privata<br />
continua il suo lavoro pioneristico<br />
in modo competitivo.<br />
Dalla fine degli anni 90 al<br />
2000, si era consolidata a<br />
Napoli l’idea di un lavoro<br />
comune tra gallerie private,<br />
istituzioni museali e pubblico.<br />
Ma le strutture museali, in cui<br />
si confidava per ridisegnare il<br />
contemporaneo sul nostro territorio,<br />
sembrano ferme».
TERRITORIO<br />
Domenica 25 marzo 2012<br />
Il Museo che fa capo alla Regione rischia di chiudere. Le attività sono ufficiali fino ad aprile<br />
Il Madre di tutte le questioni<br />
17<br />
Caotica, caleidoscopica, ribelle:<br />
Napoli è una città che suscita sentimenti<br />
contrastanti, sempre in<br />
bilico tra la voglia di aprirsi al<br />
mondo e il rischio di sprofondare<br />
nella propria pigrizia. Una città<br />
che ha una lunga storia - seppur<br />
minoritaria - di partecipazione al<br />
dibattito artistico moderno a livello<br />
internazionale: basti pensare a<br />
Lucio Amelio, Lia Rumma, Peppe<br />
Morra, che hanno diffuso l’arte<br />
contemporanea americana a<br />
Napoli più che in ogni altra città<br />
d’Italia. E una delle realtà partenopee<br />
più significative è senz’altro il<br />
Museo d’arte contemporanea<br />
Donnaregina (Madre), creato dalla<br />
Giunta Bassolino. Il Madre fu<br />
inaugurato nel 2005, dopo che il<br />
ministero per i Beni Culturali e la<br />
conferenza unificata delle Regioni<br />
e degli Enti Locali siglarono un<br />
accordo volto a favorire la promozione<br />
dell’arte contemporanea e<br />
Cycelin: «Il cambiamento dello statuto<br />
è finalizzato al mio licenziamento»<br />
costituire il primo museo in<br />
Campania in grado di confrontarsi<br />
con gli istituti museali di tutto il<br />
mondo. «La scelta della location –<br />
spiega Eduardo Cycelin, attuale<br />
direttore del Madre – non fu<br />
casuale. L’intento era quello di fare<br />
del Museo un volano per lo sviluppo<br />
della zona e l’idea di fondo è<br />
stata sempre quella di avviare un<br />
approccio pubblico molte forte,<br />
anche attraverso esposizioni artistiche<br />
in Piazza del Plebiscito».<br />
Ma il Madre ha sempre attratto su<br />
di sé numerose critiche da parte di<br />
chi ritiene che sia stato un investimento<br />
di denaro pubblico per<br />
valorizzare un tipo d’arte sottomessa<br />
alle ragioni del mercato. Ma<br />
questo tipo di considerazioni non<br />
sembrano turbare l’operato di<br />
Cycelin: «Napoli, come Torino e<br />
Roma vanta una storia importante<br />
sul piano artistico moderno, che è<br />
per sua natura soggetto a critiche,<br />
ma lo scopo è proprio questo, a<br />
patto però che si tratti di dissenso<br />
intelligente. Le critiche sui costi –<br />
continua - sono una problematica<br />
recente, di natura politica, strumentali<br />
alla volontà abbattere un<br />
simbolo della Giunta precedente».<br />
Secondo il direttore del Madre, il<br />
discorso pubblico è controverso e<br />
conflittuale. «Il nostro intento è<br />
sempre stato quello di svincolare<br />
la città dai topos tipici, seppur<br />
rispettabili, di Pulcinella e della<br />
canzone napoletana, e di costruire<br />
un immaginario moderno. Per<br />
quanto riguarda la collaborazione<br />
con gallerie private, nutro forti<br />
dubbi. Un museo pubblico deve<br />
avere funzione pubblica. Capita<br />
che un museo pubblico incontri il<br />
privato, ma è quest’ultimo che<br />
deve mettere a disposizione delle<br />
risorse e non il contrario».<br />
Oggi il Madre non ha un comitato<br />
scientifico e le sue attività resteranno<br />
ufficiali fino al prossimo 8 aprile,<br />
dopodiché incombe il rischio<br />
della chiusura. «La crisi del Madre<br />
è fatto politico – commenta<br />
Cycelin - Si è alla resa conti con la<br />
Regione, che mal sopporta questo<br />
museo, icona di un passato politico<br />
diverso e che ha avuto una sua<br />
grandezza. Ma è anche un segno di<br />
scarsa sensibilità verso la modernità<br />
e l’arte in generale». Il cambiamento<br />
dello statuto della Fondazione<br />
Donnaregina, avvenuto nell’agosto<br />
2011, prevede l’accesso ai<br />
privati che, finora – spiega Cycelin<br />
– non ci sono. «Cambiare lo<br />
Statuto – dice Cycelin – è stata<br />
un’azione strumentale al mio licenziamento,<br />
perché privati disposti a<br />
investire non ce ne sono. Nessuno<br />
dei più prestigiosi musei moderni<br />
d’Italia (Castello di Rivoli a Torino,<br />
Pecci a Milano, Maxxi e Macro a<br />
Roma) ha partecipazioni private. E<br />
non credo che questo possa avvenire<br />
proprio a Napoli».<br />
Pagine a cura di<br />
VALENTINA BELLO<br />
MARIAROSARIA DI CICCO<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
Nitsch: dall’orrore<br />
alla coscienza<br />
Morra: «Dobbiamo stupire il visitatore»<br />
Percorrendo le incantevoli viuzze dello<br />
storico quartiere Avvocata di Napoli, tra<br />
insegne di bottega e gerani variopinti<br />
sospesi sui balconi, c’è uno dei più importanti<br />
centri dedicati all’arte contemporanea:<br />
il Museo Hermann Nitsch della<br />
Fondazione Morra. Situato all’interno di<br />
un suggestivo edificio di fine ’800, un’ex<br />
centrale elettrica che forniva energia al<br />
teatro Bellini, questo museo/archivio/laboratorio<br />
è uno spazio di documentazione<br />
e approfondimento delle tematiche<br />
filosofiche, poetiche e visive sviluppate<br />
dal padre dell’azionismo viennese. Gli<br />
ampi spazi dell’edificio contengono i<br />
“relitti” delle azioni di<br />
Nitsch dal 1974 ad oggi,<br />
in collaborazione con<br />
Giuseppe Morra, legato<br />
all’artista da un’amicizia<br />
e comunione creativa di<br />
oltre 30 anni. I documenti<br />
fotografici, i video,<br />
le grandi tele rosse<br />
di colore e di sangue<br />
rappreso, le tonache e le<br />
barelle, insieme con gli<br />
scaffali colmi di ampolle,<br />
alambicchi e strumenti<br />
chirurgici, definiscono<br />
una mappatura<br />
completa della poetica<br />
e dell’estetica del maestro<br />
fondatore del teatro<br />
delle Orge e dei<br />
Misteri. L’aggressività<br />
delle opere rimanda ad<br />
un’istintualità cruda e<br />
vivificata dalla preponderanza del colore<br />
rosso. La suggestione che si viene così a<br />
creare rispecchia in pieno uno dei concetti<br />
fondamentali di Nitsch, quello della<br />
Gesamtkunstwerk, cioè del “tutto come<br />
opera d’arte”.<br />
Un concetto che si fonda sul totale coinvolgimento<br />
sensoriale. Secondo l’artista<br />
infatti, lo stato di alterazione psicofisico è<br />
la condizione necessaria all’uomo per raggiungere,<br />
in una doppia valenza rituale e<br />
purificatrice, l’apice dello stato di coscienza.<br />
Coscienza che, risvegliandosi dal tor-<br />
Sono in mostra<br />
opere vive<br />
e non lasciate<br />
appese al muro<br />
pore indotto dalle convenzioni sociali,<br />
supera il confine dell’inconscio per riappropriarsi<br />
della purezza primordiale che<br />
le è propria. Il simulacro del tabù e della<br />
morale comune viene dunque abbattuto<br />
in nome della vita. Ed è proprio in nome e<br />
per amore della vita che l’artista ripercorre<br />
i riti arcaici di matrice religiosa come il<br />
sacrificio animale e i convivi propiziatori,<br />
che divengono veicolo privilegiato per<br />
inscenare la tragedia umana. La gestualità<br />
estrema, teatrale, legittimata dal cerimoniale,<br />
esaspera il bisogno di un ritorno alle<br />
origini. La presentazione oscena di carne,<br />
viscere e organi è, quindi, rappresentazione<br />
del trapasso, del passaggio<br />
doloroso ma<br />
catartico ad uno stato<br />
superiore di felicità.<br />
«Hermann Nitsch –<br />
spiega Giuseppe Morra<br />
– è un’artista totale, che<br />
ama il senso della natura<br />
e della realtà, all’interno<br />
della quale stabilisce<br />
delle possibilità di tipo<br />
sensoriale, da toccare<br />
con mano, così da permettere<br />
allo spettatore<br />
di partecipare all’esperienza<br />
dell’arte».<br />
«Ho sempre pensato che<br />
il museo debba essere<br />
vivente – continua<br />
Morra – le opere non<br />
possono rimane attaccate<br />
al muro ma devono<br />
avere la forza di dare, a<br />
chi ne ha interesse, la possibilità di conoscere<br />
altri mondi».<br />
Rispetto ad altri musei, il Nitsch è<br />
punto d’incontro, di laboratori, di formazione.<br />
Oggi, l’Avvocata è un luogo<br />
propulsivo di energia. La nascita del<br />
“Quartiere dell’arte”, attraverso il recupero<br />
di due importanti spazi, il convento<br />
delle Cappuccinelle e la chiesa di San<br />
Giuseppe a Pontecorvo, asseconda la<br />
volontà di una realtà limitrofe di trarre<br />
linfa dalla cultura.<br />
Rivoluzione in via dei Mille<br />
Quanti<br />
colpi batte<br />
il Pan<br />
Il Pan c’è. Lo slogan usato per il rilancio<br />
del museo trascina da solo la domanda<br />
d’obbligo: ma batte un colpo? A giudicare<br />
dagli ultimi eventi in cartello sembrerebbe<br />
proprio di sì. Palazzo Roccella, sede del<br />
Palazzo delle Arti di Napoli, ha ospitato<br />
eventi di fama internazionali come la<br />
mostra di Bruno di Bello, del fumettista<br />
argentino Mordillo, la rassegna Rock!2 e il<br />
World Press Photo 2011. Oltre a essere<br />
punto d’incontro di una fervente realtà<br />
culturale che ha trovato sfogo nella creazione<br />
del collettivo “Urto!”. Con il suo<br />
insediamento, la nuova giunta targata De<br />
Magistris aveva previsto una radicale trasformazione<br />
dello spazio, con l’introduzione<br />
di un biglietto di ingresso per le<br />
mostre a pagamento e il fitto dei locali<br />
interni per eventi di diverso genere, piccoli<br />
concerti o<br />
pièce teatrali.<br />
Inoltre, via la<br />
figura del direttore<br />
artistico,<br />
è l’amministrazione<br />
a<br />
fare da interfaccia,<br />
e sì a<br />
interventi di<br />
sponsorizzazioni<br />
private e<br />
il ricorso al<br />
fund raising,<br />
ovvero ottenere i fondi necessari e avviare<br />
immediatamente la crescita dell’attività<br />
culturale.<br />
La volontà del Comune, come spiegato<br />
dall’assessore alla Cultura Antonella di<br />
Nocera è che «il Pan ben presto diverrà<br />
un luogo di grandi attrazioni, aperto<br />
liberamente a tutti. Speriamo che ben<br />
presto si possa anche realizzare un<br />
archivio d’arte».<br />
Un catalogo che lo faccia caratterizzare<br />
come centro di documentazione, potenziando<br />
quindi l’idea già parzialmente sviluppata<br />
nei primi sei anni di attività,<br />
affinché si costituisca una memoria dell’arte<br />
contemporanea in città, con l’acquisizione,<br />
ad esempio, di archivi fotografici<br />
e di teatro, soprattutto degli anni<br />
‘70 e ‘80.
18 Domenica 25 marzo 2012 SPETTACOLI<br />
In scena al teatro Mercadante di Napoli “Memorie di una schiava”:<br />
una donna sudafricana racconta la sua prigionia e la volontà di riscatto<br />
Nel baobab, la voce senza nome<br />
Il buio avvolge la scena come una<br />
spessa coltre. E il silenzio è quasi<br />
irreale. Una luce soffusa piano<br />
piano rischiara lo spazio, mostrando<br />
l’interno di un baobab: la<br />
sua corteccia è il rifugio di qualcuno.<br />
Non si capisce ancora se si<br />
tratta di un essere umano o di un<br />
animale. Alterna movenze leggiadre<br />
a movenze selvagge. Ma il<br />
volto, sebbene sia coperto come il<br />
corpo da uno spesso strato di<br />
argilla, è quello di una donna. Il<br />
nome di questa figura femminile<br />
ci è sconosciuto. Eppure la donna<br />
che ha quasi perso sembianze<br />
umane ha ancora voce. Vuole raccontare<br />
la sua storia a chiunque<br />
abbia voglia di sentirla.<br />
In scena al ridotto del teatro<br />
Mercadante di Napoli, “Memorie<br />
di una schiava”, tratto dal racconto-monologo<br />
della scrittrice sudafricana<br />
Wilma Stockenstrom,<br />
“Spedizione al baobab”. Il libro<br />
scritto in afrikaans, la lingua di<br />
origine olandese parlata dalle<br />
comunità “bianche” dell’Africa<br />
meridionale, è tradotto in italiano<br />
da Susanna Basso. Lo spettacolo,<br />
prodotto da La Bazzarra, prende<br />
forma nell’adattamento teatrale e<br />
nella regia di Gigi Di Luca.<br />
La protagonista, l’attrice Pamela<br />
Villoresi, indossa i panni di una<br />
schiava “senza nome”, in una<br />
performance che lega in maniera<br />
indissolubile gestualità e parola.<br />
Accompagnano l’ascolto, le<br />
intense, sensuali e a volte dure<br />
note dal vivo del musicista<br />
maliano Baba Sissoko, discendente<br />
di una grande dinastia di<br />
musicisti africani “Griots”.<br />
Dall’interno del gigantesco albero<br />
della savana, che ha trasformato<br />
nella sua casa, la schiava ripercorre,<br />
in una serie di flashback a crescente<br />
intensità emotiva, le tappe<br />
della sua vita. “Conosco l’interno<br />
del mio albero come un cieco casa<br />
sua, ne conosco le parti lisce e<br />
ruvide, i rigonfiamenti e le sporgenze,<br />
l’odore, l’oscurità e la grande<br />
fessura di luce, come non ho<br />
mai conosciuto le capanne e le<br />
stanze in cui mi veniva ordinato di<br />
dormire, come si può conoscere<br />
qualcosa che è nostro e nostro<br />
soltanto, la nostra dimora impenetrabile<br />
a chiunque. Posso dire:<br />
questa sono io. Ci sono le mie<br />
impronte. C’è la cenere del mio<br />
fuoco, il mio frantoio. Ci sono i<br />
miei chicchi, i miei reperti”. Inizia<br />
così il racconto poetico dell’io<br />
narrante, del quale non si conosce<br />
il nome, perché commenta con<br />
disillusione: “pronuncio il mio<br />
nome e non significa nulla”. Una<br />
storia di sopraffazione che comincia<br />
per la donna con la sua deportazione<br />
da bambina dal villaggio<br />
natale distrutto dai coloni boeri. E<br />
prosegue con il passaggio da un<br />
padrone a un altro, nella consapevolezza<br />
che, nemmeno per un<br />
istante, potrà assaporare l’anelito<br />
della libertà. Eppure, le violenze<br />
che subisce, i figli nati dal suo<br />
grembo per essere presto sottrattigli<br />
e ridotti in schiavitù, non<br />
bastano ad annullare l’umanità<br />
della donna. Memorie infelici che<br />
si susseguono e provocano nella<br />
protagonista spasmi di dolore fisico,<br />
che Pamela Villoresi riesce a<br />
consegnare agli occhi dello spettatore<br />
in maniera esemplare. La<br />
mimica del volto, le contorsioni<br />
del corpo ci restituiscono quell’immagine<br />
di sofferenza.<br />
“Ho superato l’offesa di non poter<br />
essere umana. E con quella, anche<br />
tutte le brutte visioni di irsute<br />
capanne e di porte socchiuse che<br />
cercano di allettarmi ed entrare<br />
per imprigionarmi, tutte le condizioni<br />
sbagliate, le false vie d’uscita:<br />
perché sono io a determinare l’apparenza<br />
e la realtà”. Infine, anche<br />
la schiava conosce l’amore con il<br />
suo ultimo padrone, un mercante<br />
di spezie: insieme vanno alla<br />
ricerca della loro “Eldorado di<br />
giada”, una terra promessa che<br />
però condurrà ad un destino di<br />
morte per l’uomo.<br />
La storia della donna che potrebbe<br />
essere quella di tante altre<br />
donne, diventa uno spunto di<br />
riflessione: tante piccole gocce di<br />
una realtà e di un tempo che forse<br />
si è fermato. Perché se la schiavitù,<br />
quella ufficiale e legale, è<br />
stata debellata dalla modernità,<br />
persiste in altre forme, magari<br />
latenti, sfuggenti, relegate ai margini<br />
di una società che tenta di<br />
nasconderle perché si vergogna<br />
ma che continuano a dominare la<br />
vita di alcuni esseri umani e<br />
soprattutto delle donne.<br />
Pagina a cura di<br />
IMMA SOLIMENO<br />
«Una storia coinvolgente e<br />
la collaborazione con persone<br />
di grande talento sono<br />
gli ingredienti del successo<br />
di “Memorie di una<br />
schiava”. In Italia non esiste<br />
una cultura del merito. E<br />
invece noi ci siamo incontrati<br />
e ci siamo scelti proprio<br />
sulla base del merito».<br />
Pamela Villoresi si<br />
esprime così quando parla<br />
della messa in scena<br />
dello spettacolo.<br />
«Questo è un racconto universale,<br />
di tutte quelle persone,<br />
donne e uomini, che<br />
la storia ha reso senza<br />
nome. E d’altra parte, non<br />
si tratta solo di restituire un<br />
grido di sofferenza: nell’opera<br />
si respira la poesia,<br />
persino la gioia e la voglia<br />
di rinascita. È questa la<br />
capacità dell’arte di restituire<br />
l’orrore e poi pacificare<br />
gli animi». Un’arte, quella<br />
teatrale, che per attirare<br />
e coinvolgere ha bisogno di<br />
interpreti che sappiano<br />
restituire le atmosfere della<br />
narrazione e i meccanismi<br />
interiori del personaggio.<br />
«L’interpretazione di un<br />
ruolo non è solo un atto<br />
tecnico o una questione di<br />
istinto – spiega Pamela<br />
L’attrice Pamela Villoresi<br />
“Una storia<br />
universale”<br />
Villoresi – Uno strumentista<br />
suona bene se conosce<br />
il suo strumento. La<br />
disciplina al servizio del<br />
talento. Interpretare la<br />
schiava del racconto è stato<br />
proprio questo».<br />
Un personaggio a tutto<br />
tondo, sottomesso psicologicamente<br />
e fisicamente,<br />
ma la cui fiammella vitale<br />
ancora non si è spenta. È<br />
evidente nei gesti ma soprattutto<br />
nel linguaggio:<br />
«La schiava possiede un linguaggio<br />
quasi colto, ha<br />
imparato il gusto della conversazione<br />
– racconta l’attrice<br />
– grazie al suo ultimo<br />
padrone che aveva creato<br />
un salotto letterario. Sembra<br />
strano per qualcuno che<br />
ha deciso di trovare rifugio<br />
in un albero e trasformandosi<br />
essa stessa in un pezzo<br />
di quercia, di natura».<br />
Complesso restituire il<br />
carattere e il corpo di una<br />
donna che è al contempo<br />
raffinata e primitiva. Eppure,<br />
l’attrice ci è riuscita,<br />
restituendoci l’immagine<br />
di un passato che forse è<br />
ancora presente.<br />
«Questo spettacolo affonda<br />
le radici nella mia passione<br />
verso i Sud del mondo. Con<br />
“Memorie di una schiava”,<br />
continua il mio percorso<br />
registico teso a restituire in<br />
chiave contemporanea, attraverso<br />
la parola, la musica<br />
e l’immagine, le identità<br />
e le espressioni popolari di<br />
etnie e culture dei Sud del<br />
mondo». Gli spettacoli realizzati<br />
dal regista Gigi Di<br />
Luca hanno un comune<br />
denominatore: la volontà di<br />
restituire all’immaginario<br />
dello spettatore un’identità<br />
“meridionale”, che tanto è<br />
più cara quanto più ci appartiene.<br />
Si pensa alla messa<br />
in scena de “La casa di<br />
Bernarda Alba” di Federico<br />
Garcia Lorca, fino ad arrivare<br />
a “La cantata per la<br />
festa dei bambini morti di<br />
mafia” di Luciano Violante<br />
e il “Mio cuore è nel Sud” di<br />
Giuseppe Patroni Griffi.<br />
Questa volta il protagonista<br />
assoluto del testo teatrale è<br />
il Sud Africa, con le sue<br />
contraddizioni e le sue speranze,<br />
con il suo terribile<br />
passato di schiavitù e con la<br />
sua lotta per rialzarsi.<br />
«”Memorie di una schiava”<br />
è un viaggio che, a partire<br />
Il regista Gigi Di Luca<br />
“Nessuna<br />
retorica”<br />
dalla sofferenza, tende verso<br />
il segno opposto, la leggerezza<br />
– spiega il regista – Il<br />
mio modo di fare teatro si<br />
pone l’obiettivo di “far sentire”,<br />
nel bisogno di raccontare<br />
forti emozioni». Un ruolo<br />
di primo piano è stato affidato<br />
da Gigi Di Luca alla<br />
musica: «Ho immaginato un<br />
percorso dove il suono fosse<br />
parte narrante. Alla musica<br />
il compito di restituire alla<br />
schiava quelle sonorità che<br />
la vita le aveva sottratto».<br />
Eppure, la trasposizione teatrale<br />
di un romanzo scritto<br />
in “afrikaans” non è stata un<br />
percorso privo di ostacoli.<br />
Racconta il regista: «Volevo<br />
che nel mio spettacolo non<br />
ci fossero retorica, banalità e<br />
luoghi comuni. Anche per<br />
questo, non ho scelto come<br />
interprete una donna africana.<br />
Non volevo localizzare<br />
la storia, ma restituire un’idea<br />
di uguaglianza e di<br />
appartenenza comune».<br />
D’altro canto, nel racconto<br />
di Stockenstrom, la schiava<br />
non ha nome perché «è<br />
tutte le schiave e nessuna».
EMANUELA DE VITA<br />
Una laurea in Economia, l’infanzia<br />
e la giovinezza in una<br />
piccola città del Sud: Benevento.<br />
Il presente in giro per il<br />
mondo, da trombettista jazz tra<br />
i più apprezzati da pubblico e<br />
intenditori.<br />
Luca Aquino ha oggi 37 anni e<br />
ha pubblicato diversi lavori da<br />
solista. Nessuno studio al conservatorio,<br />
una passione nata<br />
tardi ma portata avanti con<br />
forza e determinazione.<br />
«Prima nota a 19 anni – racconta<br />
– primo album da solista a<br />
32. Ho impiegato tempo. Non<br />
mi sentivo mai pronto e forse è<br />
stata una fortuna perché è stato<br />
un debutto positivo».<br />
«Ebbi l’opportunità – continua<br />
– di partecipare a un seminario<br />
di Paolo Fresu. Da allora mi<br />
sono innamorato del jazz. Cominciai<br />
ad ascoltare bebop<br />
tutto il giorno per poi capire<br />
che di jazz non ne esisteva solo<br />
uno e che, volendo, avrei potuto<br />
cercarne uno mio. In realtà<br />
dovrebbe essere la missione di<br />
tutti i jazzisti. Io ci provo, a volte<br />
invano. L'importante è osare<br />
e mettersi in discussione».<br />
Nel 2008 pubblica il suo primo<br />
album "Sopra le nuvole" e vince<br />
il premio internazionale per<br />
solisti “Urbani”. Già l’anno successivo<br />
il nuovo cd "Lunaria"<br />
con ospite Roy Hargrove e il<br />
premio “Musica Jazz” come<br />
miglior talento italiano. Il suo<br />
terzo lavoro lo registra nell'antico<br />
bagno turco di Skopje, in<br />
Macedonia. Nel 2010 l'opera<br />
"Icaro solo" e nel 2011 "Chia-<br />
SPETTACOLI Domenica 25 marzo 2012<br />
Il trombettista Luca Aquino, di Benevento, è oggi un artista affermato nel panorama internazionale<br />
Il mio jazz “sopra le nuvole”<br />
19<br />
La prima nota a diciannove anni, poi i premi e le collaborazioni con grandi musicisti<br />
A destra,la copertina<br />
di “Sopra le nuvole”,<br />
il primo album<br />
di Luca Aquino<br />
e in basso,<br />
l’artista beneventano<br />
durante un’esibizione<br />
ro", con un trio norvegese.<br />
Di strada ne ha percorsa parecchia<br />
l’artista che, parlando<br />
delle sue origini, sostiene: «Per<br />
suonare dovevo per forza allontanarmi<br />
da Benevento che,<br />
di jazz, offriva pochi spunti. E-<br />
ro costretto a viaggiare e assorbire<br />
suoni come una spugna.<br />
Molti musicisti delle<br />
grandi metropoli restano invece<br />
ancorati alla loro fantastica<br />
città e realtà, spesso fine a sé<br />
stessa. Si accontentano di ciò<br />
che vedono che, sicuramente, è<br />
tanto ma non tutto. In merito<br />
al Sud Italia non ho mai avvertito<br />
alcuna discriminazione.<br />
L'importante è parlare un po'<br />
d'inglese».<br />
La musica prima di tutto dunque.<br />
E quindi i viaggi. Ma le<br />
radici sono importanti per<br />
un’anima sensibile come quella<br />
di un artista e infatti Luca<br />
Aquino dà vita, nella sua città,<br />
all’ importante festival di musica<br />
jazz “Riverberi”. Ed è un<br />
uomo del Sud a ispirare il suo<br />
prossimo lavoro: «Ora sto scrivendo<br />
le musiche per il mio<br />
nuovo album – dice – dedicato<br />
all'impresa di Umberto Nobile,<br />
il primo ad aver avvistato<br />
il Polo Nord. È un personaggio<br />
che m'intriga molto. Generale<br />
dell'aereonautica ma uomo di<br />
sinistra. Grande esploratore ed<br />
inventore. Nato in Campania e<br />
con un cane identico al mio. È<br />
il mio uomo insomma. Per la<br />
registrazione sto pensando ad<br />
un quartetto nuovo, diverso».<br />
Non solo jazz nelle melodie di<br />
Luca Aquino, ma contaminazioni<br />
di generi molto diversi tra<br />
loro come il rock, la musica popolare<br />
brasiliana e la world<br />
music.<br />
Un universo con ancora tanti<br />
pianeti da esplorare e che si è<br />
arricchito, nell’album “Chiaro”,<br />
della collaborazione di Lucio<br />
Dalla per il brano “La Mer”. «Ho<br />
incontrato Lucio – ricorda<br />
Aquino – solo tre volte. Una<br />
persona curiosa, gentile, svelta e<br />
di cuore. Affabile e determinata.<br />
Era un vero jazzista, amava<br />
improvvisare e odiava le prove.<br />
Imprevedibile e sensibile. Gli<br />
chiesi di cantare in francese,<br />
non l'aveva mai fatto ma mi<br />
rispose immediatamente di sì.<br />
Un angelo».
20 Domenica<br />
25 marzo 2012
SPORT<br />
Domenica 25 marzo 2012<br />
Ai partenopei non riesce l’impresa di qualificarsi ai quarti di Champions: sconfitti dal Chelsea<br />
Napoli, la favola deve continuare<br />
Il terzo posto in campionato e la Coppa Italia tra gli obiettivi immediati<br />
FRANCESCO GIORDANO<br />
Sperare in una favola non vuol<br />
dire sognare ad occhi aperti, ma<br />
riuscire a realizzare un sogno. E<br />
il sogno si infrange allo Stamford<br />
Bridge. Ma, per il Napoli vi<br />
sono altre fermate, altre imprese,<br />
altre emozioni da regalare<br />
al popolo partenopeo. Dopo<br />
aver navigato per anni negli<br />
inferi della Serie C, con De<br />
Laurentiis che l’ha comprata<br />
per “quattro soldi”, arrivare a<br />
giocare tra le squadre più forti<br />
d’Europa è stata una fatica<br />
degna di Ercole. Si dice che<br />
quando tutto va male, l’unico<br />
modo per rialzarsi e ricominciare,<br />
sia toccare il fondo, e così<br />
è stato anche per il Napoli.<br />
Adesso bisogna non perdere di<br />
vista i veri obiettivi: il terzo<br />
posto, che farebbe risuonare<br />
l’inno della champions al San<br />
Paolo e la finale di Coppa Italia.<br />
Non dimenticando che in Europa<br />
si paga dazio ad ogni piccolo<br />
e minimo errore.<br />
Infatti, l’inferno di Londra ha<br />
reso umani i giocatori partenopei<br />
e le urla dei dannati (i tifosi<br />
del Chelsea) li hanno talmente<br />
impauriti da renderli inermi.<br />
Drogba-Caronte traghettava i<br />
suoi verso i quarti di Champions,<br />
mentre Lavezzi e compagni<br />
restavano senza pace e con<br />
le lacrime tra la nebbia londinese.<br />
Ad un passo così dalla gloria<br />
che li avrebbe portati a raggiungere<br />
un traguardo che anche il<br />
mitico Diego aveva sfiorato. Un<br />
vantaggio di 2 gol (dopo il 3 a 1<br />
dell’andata) dilapidato in terra<br />
inglese con un 4 a 1. Diciamoci<br />
In basso l’esultanza<br />
dell’ivoriano Drogba<br />
dopo il gol al Napoli<br />
A destra tutta<br />
la disperazione<br />
dei giocatori del Napoli<br />
dopo la rete qualificazione<br />
segnata da Ivanovic<br />
la verità: tutti pensavano che<br />
questo Napoli potesse passare<br />
il turno, vuoi per le condizioni<br />
di un Chelsea moribondo, vuoi<br />
perché gli azzurri giocano un<br />
calcio migliore dei Blues, vuoi<br />
perché Lavezzi, Cavani e Hamsik<br />
(i tre tenori che quando giocano<br />
intonano un calcio soave)<br />
avrebbero potuto infilarsi nella<br />
retroguardia inglese con grandissima<br />
facilità. Qualcosa è<br />
andato storto.<br />
La squadra di Mazzarri ha giocato<br />
al dì sotto delle proprie<br />
potenzialità e si è fatta prendere<br />
dalla “fottuta” paura di passare<br />
il turno. Autocommiserarsi<br />
e pensare che passare il<br />
21<br />
turno era al di là delle aspettative<br />
è da ipocriti. Semmai il miracolo<br />
la squadra azzurra lo aveva<br />
fatto districandosi benissimo<br />
nella selva oscura del girone di<br />
qualificazione, dove aveva demolito<br />
il Manchester City di<br />
Mancini, affondato il sottomarino<br />
giallo (il Villareal) e giocandosela<br />
alla pari con i tedeschi<br />
del Bayern Monaco. Poi ecco<br />
spuntare il Chelsea dall’urna.<br />
Una squadra non irreprensibile<br />
e che quest’anno è lontana<br />
parente dei fasti che furono.<br />
Al San Paolo gli azzurri, che<br />
avevano visto le streghe dopo<br />
l’iniziale vantaggio di Mata, avevano<br />
travolto la squadra di<br />
Villas Boas infliggendogli una<br />
lezione di grande calcio e rispondendo<br />
oltre Manica con le<br />
pezze al sedere.<br />
Il sarto chiamato a rattoppare le<br />
toppe portava il nome Di<br />
Matteo (che sostituiva il “profeta”(?)Villas<br />
Boas) alla prima<br />
esperienza in champions. Il<br />
ritorno è stata tutt’altra cosa. Il<br />
Napoli ha giocato bene nei venti<br />
minuti iniziali ove Lavezzi,<br />
Cavani e Hamsik (tutti e tre al di<br />
sotto delle aspettative) non<br />
sono riusciti a segnare e a mettere<br />
ko l’avversario.<br />
L’esperienza, si sa, non si compra<br />
al mercato ma si guadagna<br />
sul campo di gioco.<br />
Un sogno infranto nell’inferno<br />
inglese può contribuire ad aprire<br />
le porte del Paradiso nei<br />
prossimi anni. Così da uscire e<br />
“riveder le stelle” presagendo<br />
per gli azzurri un nuovo cammino<br />
di luce e di speranza dopo le<br />
tenebre londinesi.<br />
Planando su ali di carta<br />
Il “Red Bull paper wings” fa tappa al Campus<br />
L’edizione precedente<br />
Alla finalissima della<br />
precedente edizione del<br />
“Red Bull paper wings”<br />
del 2009 hanno partecipato<br />
ben 253 studenti provenienti<br />
da 83 Paesi da tutto<br />
il globo. Nessun italiano è<br />
riuscito a salire sul podio<br />
benché Antonio Terrone<br />
abbia sfiorato il posizionamento<br />
alle super finali<br />
con la sua pregevole performance<br />
nel volo acrobatico.<br />
A trionfare sono<br />
stati il brasiliano Leonard<br />
Ang per la durata del<br />
volo( il suo veivolo ha<br />
planato per ben 11.66<br />
secondi), Takeshige<br />
Kishiura Kisshii(giapponese)<br />
per le magnifiche<br />
acrobazie e il croato<br />
Kozlica per la permanenza<br />
in aria di 54,43 metri.<br />
Nei tempi odierni in cui la<br />
parola aereo è sinonimo di<br />
vacanza, lavoro e purtroppo<br />
anche guerra, c’è un tipo<br />
di veivolo che permette<br />
di viaggiare sulle ali della<br />
fantasia. Non pesa sul bilancio<br />
di uno Stato o di<br />
una compagnia aerea e per<br />
costruirlo occorre un semplice<br />
foglio di carta. Chi di<br />
noi non ne hai mai costruito<br />
uno per giocarci da<br />
piccoli con gli amici o più<br />
astutamente per scambiarsi<br />
una formula matematica<br />
durante un compito in<br />
classe sotto il naso di un<br />
professore distratto? C’è<br />
chi faceva a gara con il<br />
compagno per vedere<br />
quanto durava il volo del<br />
suo aeroplanino e con<br />
quanta velocità scendeva<br />
in picchiata sul terreno.<br />
Oggi il gioco si è trasformato<br />
in uno sport. Si chiama<br />
“Red bull paper wings”<br />
ed è alla sua terza edizione.<br />
Il primo campionato<br />
internazionale di aeroplanini<br />
di carta si svolge ogni<br />
tre anni e possono parteciparvi<br />
tutti gli studenti universitari<br />
provenienti da<br />
ogni parte del mondo. Nel<br />
2006 erano 10.000 i partecipanti<br />
provenienti da 48<br />
Paesi. Nel 2009 sono arrivati<br />
a ben 37.000 da 83<br />
Stati e quest’anno le nazioni<br />
che hanno aderito sono<br />
85. Il Red bull paper wings<br />
italiano ha preso il via<br />
all’Università “la Sapienza”<br />
di Roma il 15 febbraio<br />
e sta facendo tappa in 18<br />
atenei fino alla finale che<br />
avrà luogo il 30 marzo nell’avveniristica<br />
sede delle<br />
“Cartiere Paolo Pigna Spa”<br />
ad Alzano Lombardo in<br />
provincia di Bergamo.<br />
Il 5 marzo anche al Campus<br />
di Fisciano si è svolta<br />
questa originale gara nell’atrio<br />
della facoltà di Ingegneria,<br />
che si è trasformata<br />
in un singolare aeroporto.<br />
L’evento è stato organizzato<br />
dalla Red Bull in collaborazione<br />
con le associazioni<br />
Asp e Studenti Ingegneria<br />
e inoltre la redazione<br />
sportiva Unis@und (la<br />
web radio dell’Università)<br />
ha trasmesso in diretta la<br />
Servizio di<br />
FEDERICA MASSARI<br />
competizione.<br />
Le adesioni sono state tantissime:<br />
oltre cento ragazzi<br />
si sono presentati<br />
nell’improvvisato terminal<br />
e hanno dato libero sfogo<br />
alla loro creatività, costruendo<br />
aeroplani di ogni<br />
forma e colore con i fogli<br />
di carta distribuiti dalle<br />
hostess.<br />
I provetti piloti si sono<br />
dovuti sfidare in ben tre<br />
categorie: lunghezza del<br />
volo, maggiore permanenza<br />
in aria e volata più<br />
acrobatica. In quest’ultimo<br />
tipo di sfida ne è uscito<br />
vincitore Raffaele Longobardi<br />
che ha totalizzato<br />
il punteggio più alto.<br />
Mentre per le prime due<br />
categorie l’ha spuntata su<br />
tutti uno studente spagnolo<br />
José Manuel Barea. Il<br />
suo aeroplano ha volato<br />
per ventisette metri con<br />
un tempo di permanenza<br />
in volo di 9,2 secondi.<br />
Entrambi i vincitori approderanno<br />
alla finale nazionale<br />
di Bergamo e lì i<br />
migliori top gun di tutte le<br />
università del pianeta si<br />
giocheranno la possibilità<br />
di partecipare alla finalissima<br />
mondiale che si terrà<br />
all’Hangar-7 di Salisburgo<br />
il 4-5 maggio.
22 Domenica<br />
25 marzo 2012 RUBRICHE<br />
Il libro analizza<br />
i fatti e le scelte<br />
della classe politica<br />
nei lunghi anni<br />
della ricostruzione<br />
L’autore<br />
Pietro Funaro è nato a Napoli<br />
nel 1953. Giornalista professionista<br />
dal 1982, è stato<br />
redattore del quotidiano Il<br />
Diario e poi inviato speciale<br />
de Il Mattino. Attualmente è<br />
direttore responsabile del<br />
quindicinale magazine online<br />
dell’Agenzia Regionale<br />
per la Protezione Ambientale<br />
Un momento della presentazione<br />
della Campania.<br />
e in basso la copertina del libro<br />
La scossa delle coscienze<br />
Pietro Funaro ripercorre i giorni del sisma in Irpinia<br />
con i protagonisti di un’epoca di grandi sconvolgimenti<br />
MARIAROSARIA DI CICCO<br />
In tempo di crisi è difficile immaginare<br />
un futuro, soprattutto per i giovani.<br />
Eppure è alle nuove generazioni che<br />
verrà consegnato, come effetto di ciò<br />
che siamo stati. Con questa idea Pietro<br />
Funaro ha concepito il suo nuovo libro,<br />
“Mani sul terremoto – Campania anni<br />
Ottanta, l’altra faccia dell’emergenza”.<br />
Un volume che prende il titolo dall’inchiesta<br />
sugli illeciti di denaro nell’ambito<br />
Mani Pulite, in cui ripercorre quel<br />
drammatico 23 novembre del 1980 e la<br />
ricostruzione negli anni che seguirono,<br />
attraverso il racconto delle scelte e delle<br />
azioni dei protagonisti dell’epoca.<br />
Alla presentazione del libro, che si è<br />
tenuta lo scorso 2 marzo alla Mostra<br />
d’Oltremare nella sala conferenze del<br />
quotidiano “Il Denaro”, con l’autore<br />
sono intervenuti Ermanno Corsi, ex<br />
presidente regionale dell’Ordine dei<br />
Giornalisti, in veste di moderatore, Rosa<br />
Russo Jervolino, Antonio Fantini, Giulio<br />
Di Donato e Gennaro De Crescenzo,<br />
scrittore e presidente dell’Associazione<br />
Culturale Neoborbonica.<br />
Quelli del terremoto furono anni<br />
profondamente difficili, in cui comin-<br />
ciavano a delinearsi i vizi dello Stato che<br />
avrebbero portato in seguito alla rovinosa<br />
caduta della prima Repubblica.<br />
Vizi che il terremoto portò alla luce<br />
dopo che tre regioni, otto province e<br />
679 comuni vennero rasi al suolo:<br />
costruzioni abusive, speculazioni, mazzette<br />
e poi i ritardi dei soccorsi.<br />
Un’occasione mancata per la rinascita di<br />
una nuova Questione Meridionale, che<br />
potesse avviare una serie di riflessioni e<br />
azioni per risanare il divario tra Nord e<br />
Sud. Funaro descrive con doviziosa cura<br />
quella sera di novembre, seguendo il filo<br />
conduttore di un’idea: come sparirono i<br />
soldi destinati alla ricostruzione e come<br />
questo accada ancora oggi. Dopo nove<br />
anni una Commissione parlamentare<br />
d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi<br />
Scalfaro venne incaricata di accertare i<br />
costi reali per il ripristino delle aree terremotate:<br />
circa 58.600 miliardi di lire<br />
finiti chissà dove, mentre migliaia di<br />
persone, dopo anni, non hanno ancora<br />
una casa. Una denuncia che, secondo<br />
Ermanno Corsi, diede man forte all’antimeridionalismo.<br />
Antonio Fantini, presidente<br />
della Regione Campania dal<br />
1983 al 1989, fu condannato in appello<br />
per la cattiva gestione dei fondi, ma oggi<br />
spiega: «Molti dei progetti infrastrutturali<br />
ritenuti sprechi, come l’Asse<br />
Mediano, si sono rivelati di grande utilità<br />
per la città. Sono questi gli sperperi,<br />
o forse tutta una serie di sovrastrutture<br />
senza senso, come il consorzio<br />
UnicoCampania?». Un dibattito ancora<br />
aperto, dunque, tra un passato ed un<br />
futuro ancora da inventare.<br />
a cura di<br />
GIORGIA MENNUNI<br />
Tutti i pozzi<br />
della lingua italiana<br />
Pozzo di San Patrizio”, “chiudere il pozzo<br />
dopo che è annegato il vitello”, “pozzo di<br />
scienza”, “pozzo senza fondo”, “scavare un<br />
pozzo vicino al fiume”. Sono solo alcuni tra<br />
i numerosissimi modi dire della lingua italiana<br />
che includono la parola “pozzo”. È<br />
curioso andare a vedere qual è la loro origine<br />
e scoprire come e da dove sono nati. Con<br />
“pozzo di San Patrizio” ci si riferisce a una<br />
persona, attività o situazione che sembra<br />
inesauribile nel distribuire denaro, risorse,<br />
energia o altro. Ci sono due possibili origini<br />
di questo modo di dire: una riguarda il<br />
pozzo di Orvieto in cui, secondo la tradizione,<br />
bastava gettare una moneta per vedere<br />
esaudito un desiderio; l’altra fa riferimento<br />
invece al “purgatorio di San Patrizio”, una<br />
caverna in Irlanda che di riteneva fosse un<br />
passaggio obbligato per chi voleva avere la<br />
redenzione dai peccati. La leggenda voleva<br />
che chiunque si intrattenesse nella caverna<br />
un intero giorno e una intera notte otteneva<br />
il perdono dalle proprie malefatte.<br />
“Chiudere il pozzo dopo che è annegato il<br />
vitello” è invece un modo di dire meno utilizzato<br />
e vuol dire correre ai ripari quando<br />
ormai è troppo tardi oppure pentirsi tardivamente.<br />
Un “pozzo di scienza” è invece un<br />
individuo così colto ed erudito che gli altri<br />
possono attingere al suo bacino di conoscenza<br />
come a un pozzo; il termine è spesso<br />
utilizzato in modo ironico e scherzoso.<br />
“Pozzo senza fondo” è un modo per indicare<br />
due concetti diametralmente opposti: da<br />
un lato vuol dire tutto ciò che ha bisogno di<br />
essere continuamente alimentato senza<br />
arrivare mai a riempimento; dall’altro lato<br />
sta a significare anche tutto ciò che sembra<br />
essere inesauribile e a cui si può attingere<br />
senza soluzione di continuità. Infine, il<br />
modo di dire “scavare un pozzo vicino al<br />
fiume”: fare una cosa sciocca, stupida, inutile<br />
come può essere scavare un pozzo per<br />
cercare l’acqua quando lì vicino c’è un<br />
fiume e quindi acqua in abbondanza.
ITALIA/MONDO<br />
Domenica 25 marzo 2012<br />
23<br />
“Mani pulite 2” in Lombardia<br />
Sono nove gli indagati per tangenti, corruzione e finanziamenti illeciti<br />
Nel mirino noti imprenditori ed esponenti delle istituzioni<br />
Il Pirellone al centro delle ultime indagini dei magistrati<br />
Sembra proprio che la sorte si<br />
stia divertendo e non abbia la<br />
minima intenzione di placare il<br />
vento contrario che da tempo,<br />
ormai, si abbatte impetuoso sulla<br />
Lombardia.<br />
Dallo scandalo degli anni Novanta<br />
di Tangentopoli, che portò alla luce<br />
un sistema di corruzione, concussione<br />
e finanziamento illecito ai<br />
partiti che coinvolse i più alti personaggi<br />
del mondo politico, la<br />
Procura della Repubblica di Milano<br />
non ha mai smesso di lavorare<br />
sul malaffare, tanto è vero che i<br />
magistrati hanno aperto più di una<br />
inchiesta a carico di imprenditori<br />
ed esponenti di istituzioni. Nelle<br />
ultime settimane i giudici si sono<br />
occupati del Pirellone, sede del<br />
Consiglio regionale e, alla fine di<br />
questa prima fase d’indagini, è<br />
finito nel mirino il presidente<br />
leghista Davide Boni, accusato<br />
per un presunto giro di tangenti e<br />
indagato per corruzione. E mentre<br />
infuriano le polemiche e i contrasti<br />
sulle sue dimissioni, non<br />
ancora arrivate, una nuova bufera<br />
si è abbattuta sul Pirellone investendo,<br />
stavolta, il consigliere<br />
regionale del Pdl Angelo Giammario,<br />
accusato di aver intascato<br />
una tangente da 10mila euro.<br />
I carabinieri del Nucleo operativo<br />
ecologico hanno bussato alla sua<br />
porta e hanno contemporaneamente<br />
perquisito i suoi uffici in<br />
Regione, alla ricerca di prove e<br />
documenti relativi a delibere e gare<br />
d’appalto del 2009, per le quali<br />
sarebbero state pagate tangenti.<br />
L’indagine è nata da un’inchiesta<br />
della Procura di Monza che ha rinviato<br />
a giudizio una ventina di persone,<br />
tra cui molti imprenditori del<br />
settore della floricoltura, con l’accusa<br />
di associazione per delinquere,<br />
finalizzata alla turbativa d’asta,<br />
per aver cercato di manipolare e<br />
condizionare le gare d’appalto per<br />
la realizzazione di parchi pubblici<br />
e arredo urbano in Lombardia,<br />
Piemonte e Puglia.<br />
A Giammario, vicepresidente della<br />
commissione Ambiente e componente<br />
della commissione Sanità, la<br />
Procura milanese contesta la tangente<br />
da 10mila euro, su trentamila<br />
promessi, che potrebbe essere<br />
stata utilizzata per sostenere le<br />
spese elettorali del 2010, e il reato<br />
di finanziamento illecito ai partiti.<br />
Sale così a nove, su ottanta componenti,<br />
il numero degli indagati in<br />
Consiglio regionale della Lombardia<br />
durante questa legislatura.<br />
Sembra proprio di essere tornati al<br />
periodo triste e buio di “mani pulite”<br />
e che lo scandalo delle tangenti<br />
e dei finanziamenti illeciti si sia letteralmente<br />
ancorato in questa<br />
regione. Dallo scorso luglio, infatti,<br />
sono stati indagati o arrestati ben<br />
otto politici: quattro componenti<br />
su cinque dell’ufficio di presidenza,<br />
due assessori leghisti e due consiglieri<br />
regionali del Pdl.<br />
E non solo: il 20 luglio scorso l’ex<br />
presidente pd della Provincia,<br />
Filippo Penati, è stato iscritto nel<br />
registro degli indagati per corruzione,<br />
concussione e finanziamento<br />
illecito ai partiti nell’inchiesta<br />
sul “Sistema Sesto”. Il 30 novembre<br />
è stata la volta del vicepresidente<br />
del consiglio Franco Nicoli Cristiani,<br />
arrestato con l’accusa di<br />
traffico illecito di rifiuti nel cantiere<br />
della Brebemi. Stessa sorte per<br />
Massimo Ponzoni, arrestato il 16<br />
gennaio scorso per corruzione,<br />
concussione, finanziamento illecito,<br />
bancarotta fraudolenta delle<br />
società Pellicano e Immobiliare<br />
Mais. Per non parlare poi dei due<br />
assessori leghisti Daniele Belotti,<br />
accusato di concorso in associazione<br />
a delinquere nell’inchiesta sugli<br />
ultrà dell’Atalanta e Monica Rizzi,<br />
indagata per trattamento illecito di<br />
dati protetti per i falsi dossier a<br />
favore di Renzo Bossi. E di<br />
Gianluca Rinaldin e Nicole Minetti,<br />
imputata nel Rubygate per<br />
induzione e favoreggiamento della<br />
prostituzione minorile.<br />
Chissà che non sia poi del tutto<br />
infondata la dichiarazione, da<br />
molti ritenuta scomoda, del presidente<br />
della Corte dei Conti, Luigi<br />
Giampaolino, che, analizzando<br />
l’attuale situazione italiana, ha<br />
dichiarato che il nostro sistema<br />
grava eccessivamente sui contribuenti<br />
fedeli, su quei cittadini onesti<br />
che rispettano la legge e pagano<br />
le tasse, senza cercare o inventarsi<br />
i soliti, tristi, escamotages.<br />
La strage<br />
sul bus<br />
Quello che doveva essere un<br />
momento felice, uno dei ricordi<br />
più belli e indelebili che un<br />
bimbo porterà per sempre con<br />
sé, si è trasformato in vera tragedia.<br />
L’incidente è avvenuto la<br />
sera del 13 marzo scorso in<br />
Svizzera, nel Canton Vallese.<br />
Sull’autostrada A9 un pullman,<br />
con a bordo due scolaresche di<br />
ritorno da una gita sulla neve,<br />
nella Val d’Anniviers, si è schiantato<br />
contro il muro di un tunnel.<br />
Nessuno lo dimenticherà.<br />
A ricordare la tragedia non<br />
saranno solo i parenti e i genitori<br />
delle tante vittime e di chi<br />
porterà a vita, sul proprio<br />
corpo e nel cuore, i segni indelebili<br />
di quel terribile urto, ma<br />
chiunque apprezzi il valore<br />
della vita e sappia quant’è bello<br />
il sorriso di un bambino.<br />
E non importa se a causarla sia<br />
stato un malessere o un colpo di<br />
sonno dell’autista, o forse anche<br />
la scarsa sicurezza di quel tratto<br />
autostradale. A nulla servirebbe,<br />
ora, trovare un capro espiatorio.<br />
Quel che conta è che le precauzioni<br />
andrebbero prese prima,<br />
quando c’è ancora tempo. Perché<br />
un papà e una mamma non<br />
dovrebbero mai seppellire il proprio<br />
figlio.<br />
Aumenta il numero di italiani rapiti da cellule terroristiche di Al Qaeda<br />
La lunga strada verso casa<br />
Omicidio dell’ing. Lamolinara: morto uno dei rapitori e il giallo s’infittisce<br />
La notizia della morte nel carcere in Nigeria di<br />
Abu Mohammed, capo dei sequestratori dell’ingegnere<br />
italiano Franco Lamolinara e del<br />
suo collega britannico Chris McManus, non è<br />
servita a far chiarezza sugli omicidi sospetti dei<br />
nostri connazionali all’estero. Né ha placato la<br />
sete di giustizia e verità dei familiari delle tante<br />
vittime. Mohammed, secondo le dichiarazioni<br />
della polizia nigeriana, sarebbe morto a causa<br />
delle ferite riportate nell’operazione tesa alla<br />
liberazione dei due ostaggi, rapiti il 12 maggio<br />
2011 a Birkin Kebin. Ma il decesso è stato reso<br />
noto solo dopo diversi giorni. La scomparsa di<br />
quello che poteva essere un valido testimone<br />
ha, invece, aumentato i dubbi e le incertezze su<br />
quanto accaduto, riportando alla mente altri<br />
rapimenti finiti in tragedia.<br />
Franco Lamolinara, in Nigeria da circa 11 anni,<br />
lavorava per la società di costruzioni “Stabilini<br />
Visinoni Limited” ed era impegnato nella realizzazione<br />
di un edificio della Banca centrale a<br />
Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi.<br />
Ripetuti e inutili sono stati i tentativi e le richieste<br />
di liberazione avanzate dall’Italia nei circa<br />
dieci mesi di prigionia. L’ultimo, l’8 marzo,<br />
deciso autonomamente dalle autorità nigeriane<br />
e britanniche all’insaputa dell’Italia, è stato fatale.<br />
Questa triste storia ha particolarmente toccato<br />
i familiari di chi, in queste ore, si trova<br />
chissà dove e chissà in quali condizioni, ancora<br />
ostaggio di cellule terroristiche di Al Qaeda.<br />
Tra tutti, colpisce particolarmente il destino<br />
della turista Maria Sandra Mariani, rapita in<br />
Algeria il 2 febbraio dello scorso anno dal gruppo<br />
terroristico Aqmi, e di Rossella Urru, la cooperante<br />
sarda sequestrata il 23 ottobre 2011 nel<br />
campo profughi sahawari, in cui lavorava da<br />
oltre due anni, con due colleghi spagnoli.<br />
Ma non si tratta di due casi isolati. A tenere col<br />
fiato sospeso c’è anche la sorte di Giovanni Lo<br />
Porto, sequestrato in Pakistan il 19 gennaio<br />
scorso, e quella dei membri dell'equipaggio<br />
della nave Enrico Ievoli, vittime, lo scorso 21<br />
aprile, di un attacco dei pirati somali avvenuto<br />
al largo delle coste dell'Oman. Ma è difficile<br />
continuare a sperare di poterli riabbracciare. Se<br />
è infatti vero che bisogna imparare dalla storia<br />
e dagli errori del passato, il ricordo della morte<br />
di Fabrizio Quattrocchi, il componente italiano<br />
ucciso in Iraq il 14 aprile del 2004, e di Nicola<br />
Calipari, l’agente segreto italiano ucciso da soldati<br />
statunitensi in Iraq il 4 marzo del 2005,<br />
Pagina a cura di<br />
VALENTINA DE LUCIA<br />
SVIZZERA<br />
lascia alquanto perplessi e sfiduciati. Neanche<br />
quando arriva la notizia della liberazione di<br />
uno degli ostaggi si può stare tranquilli e si riaccende<br />
una speranza. Quattrocchi, infatti, fu<br />
preso in ostaggio a Bagdad insieme ad altri tre<br />
colleghi che, dopo 58 giorni di prigionia, l’8<br />
giugno 2004, furono liberati. E chi non ricorda<br />
l’assassinio di Calipari, che in un film sembrerebbe<br />
tragicomico, ferito a morte per non<br />
essersi fermato a un posto di blocco?<br />
Ma non ci resta che attendere perché, forse, i<br />
tentativi italiani di negoziazione attraverso<br />
riscatto, giudicati da altri sbagliati perché istigano<br />
i rapitori e sovvenzionano il terrorismo,<br />
stavolta potrebbero avere successo.<br />
L’ANGOLO<br />
Ce l’hanno fatta, hanno invaso l’Europa.<br />
Non sono i turchi dopo Lepanto ma gli omosessuali.<br />
Il Parlamento dell’Ue chiede il riconoscimento<br />
delle nozze gay in tutti i Paesi<br />
membri. Ormai è chiaro, ci hanno sconfitti.<br />
Un terrificante successo che ricorda quello<br />
dei negri dopo il Civil Rights Act in America<br />
e che fa il paio con l’inaspettato trionfo degli<br />
schiavi durante gli ultimi due secoli di storia.<br />
È finita l’epoca dei diritti “normali”, ora<br />
ci sono quelli “pari”. Hanno vinto loro. p.e.