Minori l’oltraggio infinito
Numero 58 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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TERRITORIO<br />
Domenica 25 marzo 2012<br />
Il Museo che fa capo alla Regione rischia di chiudere. Le attività sono ufficiali fino ad aprile<br />
Il Madre di tutte le questioni<br />
17<br />
Caotica, caleidoscopica, ribelle:<br />
Napoli è una città che suscita sentimenti<br />
contrastanti, sempre in<br />
bilico tra la voglia di aprirsi al<br />
mondo e il rischio di sprofondare<br />
nella propria pigrizia. Una città<br />
che ha una lunga storia - seppur<br />
minoritaria - di partecipazione al<br />
dibattito artistico moderno a livello<br />
internazionale: basti pensare a<br />
Lucio Amelio, Lia Rumma, Peppe<br />
Morra, che hanno diffuso l’arte<br />
contemporanea americana a<br />
Napoli più che in ogni altra città<br />
d’Italia. E una delle realtà partenopee<br />
più significative è senz’altro il<br />
Museo d’arte contemporanea<br />
Donnaregina (Madre), creato dalla<br />
Giunta Bassolino. Il Madre fu<br />
inaugurato nel 2005, dopo che il<br />
ministero per i Beni Culturali e la<br />
conferenza unificata delle Regioni<br />
e degli Enti Locali siglarono un<br />
accordo volto a favorire la promozione<br />
dell’arte contemporanea e<br />
Cycelin: «Il cambiamento dello statuto<br />
è finalizzato al mio licenziamento»<br />
costituire il primo museo in<br />
Campania in grado di confrontarsi<br />
con gli istituti museali di tutto il<br />
mondo. «La scelta della location –<br />
spiega Eduardo Cycelin, attuale<br />
direttore del Madre – non fu<br />
casuale. L’intento era quello di fare<br />
del Museo un volano per lo sviluppo<br />
della zona e l’idea di fondo è<br />
stata sempre quella di avviare un<br />
approccio pubblico molte forte,<br />
anche attraverso esposizioni artistiche<br />
in Piazza del Plebiscito».<br />
Ma il Madre ha sempre attratto su<br />
di sé numerose critiche da parte di<br />
chi ritiene che sia stato un investimento<br />
di denaro pubblico per<br />
valorizzare un tipo d’arte sottomessa<br />
alle ragioni del mercato. Ma<br />
questo tipo di considerazioni non<br />
sembrano turbare l’operato di<br />
Cycelin: «Napoli, come Torino e<br />
Roma vanta una storia importante<br />
sul piano artistico moderno, che è<br />
per sua natura soggetto a critiche,<br />
ma lo scopo è proprio questo, a<br />
patto però che si tratti di dissenso<br />
intelligente. Le critiche sui costi –<br />
continua - sono una problematica<br />
recente, di natura politica, strumentali<br />
alla volontà abbattere un<br />
simbolo della Giunta precedente».<br />
Secondo il direttore del Madre, il<br />
discorso pubblico è controverso e<br />
conflittuale. «Il nostro intento è<br />
sempre stato quello di svincolare<br />
la città dai topos tipici, seppur<br />
rispettabili, di Pulcinella e della<br />
canzone napoletana, e di costruire<br />
un immaginario moderno. Per<br />
quanto riguarda la collaborazione<br />
con gallerie private, nutro forti<br />
dubbi. Un museo pubblico deve<br />
avere funzione pubblica. Capita<br />
che un museo pubblico incontri il<br />
privato, ma è quest’ultimo che<br />
deve mettere a disposizione delle<br />
risorse e non il contrario».<br />
Oggi il Madre non ha un comitato<br />
scientifico e le sue attività resteranno<br />
ufficiali fino al prossimo 8 aprile,<br />
dopodiché incombe il rischio<br />
della chiusura. «La crisi del Madre<br />
è fatto politico – commenta<br />
Cycelin - Si è alla resa conti con la<br />
Regione, che mal sopporta questo<br />
museo, icona di un passato politico<br />
diverso e che ha avuto una sua<br />
grandezza. Ma è anche un segno di<br />
scarsa sensibilità verso la modernità<br />
e l’arte in generale». Il cambiamento<br />
dello statuto della Fondazione<br />
Donnaregina, avvenuto nell’agosto<br />
2011, prevede l’accesso ai<br />
privati che, finora – spiega Cycelin<br />
– non ci sono. «Cambiare lo<br />
Statuto – dice Cycelin – è stata<br />
un’azione strumentale al mio licenziamento,<br />
perché privati disposti a<br />
investire non ce ne sono. Nessuno<br />
dei più prestigiosi musei moderni<br />
d’Italia (Castello di Rivoli a Torino,<br />
Pecci a Milano, Maxxi e Macro a<br />
Roma) ha partecipazioni private. E<br />
non credo che questo possa avvenire<br />
proprio a Napoli».<br />
Pagine a cura di<br />
VALENTINA BELLO<br />
MARIAROSARIA DI CICCO<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
Nitsch: dall’orrore<br />
alla coscienza<br />
Morra: «Dobbiamo stupire il visitatore»<br />
Percorrendo le incantevoli viuzze dello<br />
storico quartiere Avvocata di Napoli, tra<br />
insegne di bottega e gerani variopinti<br />
sospesi sui balconi, c’è uno dei più importanti<br />
centri dedicati all’arte contemporanea:<br />
il Museo Hermann Nitsch della<br />
Fondazione Morra. Situato all’interno di<br />
un suggestivo edificio di fine ’800, un’ex<br />
centrale elettrica che forniva energia al<br />
teatro Bellini, questo museo/archivio/laboratorio<br />
è uno spazio di documentazione<br />
e approfondimento delle tematiche<br />
filosofiche, poetiche e visive sviluppate<br />
dal padre dell’azionismo viennese. Gli<br />
ampi spazi dell’edificio contengono i<br />
“relitti” delle azioni di<br />
Nitsch dal 1974 ad oggi,<br />
in collaborazione con<br />
Giuseppe Morra, legato<br />
all’artista da un’amicizia<br />
e comunione creativa di<br />
oltre 30 anni. I documenti<br />
fotografici, i video,<br />
le grandi tele rosse<br />
di colore e di sangue<br />
rappreso, le tonache e le<br />
barelle, insieme con gli<br />
scaffali colmi di ampolle,<br />
alambicchi e strumenti<br />
chirurgici, definiscono<br />
una mappatura<br />
completa della poetica<br />
e dell’estetica del maestro<br />
fondatore del teatro<br />
delle Orge e dei<br />
Misteri. L’aggressività<br />
delle opere rimanda ad<br />
un’istintualità cruda e<br />
vivificata dalla preponderanza del colore<br />
rosso. La suggestione che si viene così a<br />
creare rispecchia in pieno uno dei concetti<br />
fondamentali di Nitsch, quello della<br />
Gesamtkunstwerk, cioè del “tutto come<br />
opera d’arte”.<br />
Un concetto che si fonda sul totale coinvolgimento<br />
sensoriale. Secondo l’artista<br />
infatti, lo stato di alterazione psicofisico è<br />
la condizione necessaria all’uomo per raggiungere,<br />
in una doppia valenza rituale e<br />
purificatrice, l’apice dello stato di coscienza.<br />
Coscienza che, risvegliandosi dal tor-<br />
Sono in mostra<br />
opere vive<br />
e non lasciate<br />
appese al muro<br />
pore indotto dalle convenzioni sociali,<br />
supera il confine dell’inconscio per riappropriarsi<br />
della purezza primordiale che<br />
le è propria. Il simulacro del tabù e della<br />
morale comune viene dunque abbattuto<br />
in nome della vita. Ed è proprio in nome e<br />
per amore della vita che l’artista ripercorre<br />
i riti arcaici di matrice religiosa come il<br />
sacrificio animale e i convivi propiziatori,<br />
che divengono veicolo privilegiato per<br />
inscenare la tragedia umana. La gestualità<br />
estrema, teatrale, legittimata dal cerimoniale,<br />
esaspera il bisogno di un ritorno alle<br />
origini. La presentazione oscena di carne,<br />
viscere e organi è, quindi, rappresentazione<br />
del trapasso, del passaggio<br />
doloroso ma<br />
catartico ad uno stato<br />
superiore di felicità.<br />
«Hermann Nitsch –<br />
spiega Giuseppe Morra<br />
– è un’artista totale, che<br />
ama il senso della natura<br />
e della realtà, all’interno<br />
della quale stabilisce<br />
delle possibilità di tipo<br />
sensoriale, da toccare<br />
con mano, così da permettere<br />
allo spettatore<br />
di partecipare all’esperienza<br />
dell’arte».<br />
«Ho sempre pensato che<br />
il museo debba essere<br />
vivente – continua<br />
Morra – le opere non<br />
possono rimane attaccate<br />
al muro ma devono<br />
avere la forza di dare, a<br />
chi ne ha interesse, la possibilità di conoscere<br />
altri mondi».<br />
Rispetto ad altri musei, il Nitsch è<br />
punto d’incontro, di laboratori, di formazione.<br />
Oggi, l’Avvocata è un luogo<br />
propulsivo di energia. La nascita del<br />
“Quartiere dell’arte”, attraverso il recupero<br />
di due importanti spazi, il convento<br />
delle Cappuccinelle e la chiesa di San<br />
Giuseppe a Pontecorvo, asseconda la<br />
volontà di una realtà limitrofe di trarre<br />
linfa dalla cultura.<br />
Rivoluzione in via dei Mille<br />
Quanti<br />
colpi batte<br />
il Pan<br />
Il Pan c’è. Lo slogan usato per il rilancio<br />
del museo trascina da solo la domanda<br />
d’obbligo: ma batte un colpo? A giudicare<br />
dagli ultimi eventi in cartello sembrerebbe<br />
proprio di sì. Palazzo Roccella, sede del<br />
Palazzo delle Arti di Napoli, ha ospitato<br />
eventi di fama internazionali come la<br />
mostra di Bruno di Bello, del fumettista<br />
argentino Mordillo, la rassegna Rock!2 e il<br />
World Press Photo 2011. Oltre a essere<br />
punto d’incontro di una fervente realtà<br />
culturale che ha trovato sfogo nella creazione<br />
del collettivo “Urto!”. Con il suo<br />
insediamento, la nuova giunta targata De<br />
Magistris aveva previsto una radicale trasformazione<br />
dello spazio, con l’introduzione<br />
di un biglietto di ingresso per le<br />
mostre a pagamento e il fitto dei locali<br />
interni per eventi di diverso genere, piccoli<br />
concerti o<br />
pièce teatrali.<br />
Inoltre, via la<br />
figura del direttore<br />
artistico,<br />
è l’amministrazione<br />
a<br />
fare da interfaccia,<br />
e sì a<br />
interventi di<br />
sponsorizzazioni<br />
private e<br />
il ricorso al<br />
fund raising,<br />
ovvero ottenere i fondi necessari e avviare<br />
immediatamente la crescita dell’attività<br />
culturale.<br />
La volontà del Comune, come spiegato<br />
dall’assessore alla Cultura Antonella di<br />
Nocera è che «il Pan ben presto diverrà<br />
un luogo di grandi attrazioni, aperto<br />
liberamente a tutti. Speriamo che ben<br />
presto si possa anche realizzare un<br />
archivio d’arte».<br />
Un catalogo che lo faccia caratterizzare<br />
come centro di documentazione, potenziando<br />
quindi l’idea già parzialmente sviluppata<br />
nei primi sei anni di attività,<br />
affinché si costituisca una memoria dell’arte<br />
contemporanea in città, con l’acquisizione,<br />
ad esempio, di archivi fotografici<br />
e di teatro, soprattutto degli anni<br />
‘70 e ‘80.