Gesti estremi, perché? Ricchi ma fragili - Provincia di San Michele ...
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ità 2003/2009); il sussi<strong>di</strong>o che presenta<br />
il progetto per l’ottavo centenario della<br />
fondazione dell’Or<strong>di</strong>ne, La grazia delle<br />
origini ; quello del Capitolo generale<br />
straor<strong>di</strong>nario del settembre 2006 (il documento<br />
finale Il Signore ci parla lungo<br />
il cammino).<br />
Il cammino che abbiamo iniziato è segnato<br />
poi da una parola forte che il Ministro<br />
generale ci ha affidato e che ci ha aiutato<br />
progressivamente a meglio comprendere<br />
nei suoi contenuti profon<strong>di</strong>: la rifondazione<br />
dell’Or<strong>di</strong>ne. “Il nostro caris<strong>ma</strong> – vocazione<br />
e missione – è un caris<strong>ma</strong> storico,<br />
non statico. Richiede una sforzo continuo<br />
per ridargli vita, per attualizzarlo e,<br />
in questo modo, per poter offrire risposte<br />
significative agli uomini e alle donne del<br />
nostro tempo… Soltanto facendo questo<br />
sforzo… il nostro caris<strong>ma</strong> conserverà la<br />
sua funzione simbolica, sarà una sorta<br />
<strong>di</strong> parabola evangelica, in cui, accanto<br />
all’elemento visibile, vi è quello fondamentale<br />
<strong>di</strong> rinviare ad altro…. I carismi<br />
nella Chiesa – e quin<strong>di</strong> anche il nostro –,<br />
non sono fondamentalmente strumenti<br />
per fare, educare, curare, attendere, <strong>ma</strong><br />
simboli per significare, ispirare, alludere,<br />
rappresentare, <strong>ma</strong>nifestare, stimolare,<br />
trascendere…La rifondazione riguarda<br />
precisamente questo: ridare alla nostra<br />
vita il carattere simbolico che ha avuto<br />
dagli inizi e lungo la storia della Fraternità,<br />
ripartendo dalle ra<strong>di</strong>ci, dalle fonda-<br />
menta (ri-fondare). (Incontro Ministri<br />
provinciali Compi).<br />
Il mio intervento vuole esser solo <strong>di</strong><br />
stimolo ad iniziare un confronto che vi<br />
aiuti a valutare la vita e la missione <strong>di</strong><br />
questa vostra entità dentro l’orizzonte<br />
più ampio della fraternità universale.<br />
Per non ripetere stancamente<br />
Il Capitolo generale del 2003 ci ha invitati<br />
a leggere i segni dei tempi e ad interpretarli<br />
alla luce del Vangelo: “Sono<br />
gli avvenimenti della vita a segnare una<br />
determinata epoca della storia; attraverso<br />
questi avvenimenti il cristiano si sente<br />
interpellato da Dio e chia<strong>ma</strong>to a dare<br />
una risposta evangelica. I segni dei tempi<br />
sono, dunque, lampi <strong>di</strong> luce presenti nella<br />
notte oscura dei popoli, fari generatori<br />
<strong>di</strong> speranza” (StP 6). Lo stesso capitolo<br />
ci ha concretamente offerto un esempio<br />
<strong>di</strong> lettura e <strong>di</strong> interpretazione. “Noi Frati<br />
minori ci sentiamo interpellati, in modo<br />
speciale, da alcune realtà storiche negative<br />
nel contesto in cui viviamo, realtà<br />
che, per la loro <strong>di</strong>ffusione sempre più<br />
generalizzata, possono essere considerate<br />
caratteristiche della nostra epoca.<br />
Il comune denominatore <strong>di</strong> tali realtà<br />
è il rifiuto <strong>di</strong> ciò che è <strong>di</strong>verso, l’esclusione<br />
dell’altro, la negazione siste<strong>ma</strong>tica<br />
dell’alterità. Uno sguardo attento, tuttavia,<br />
riesce a scorgere anche i segni <strong>di</strong><br />
piccolo <strong>di</strong>zionario della grazia delle origini<br />
Minorità<br />
Se la fraternità ri<strong>ma</strong>nda imme<strong>di</strong>atamente al francescanesimo,<br />
è la minorità che identifica il proprium della for<strong>ma</strong> vitae <strong>di</strong> Francesco<br />
e la sua conseguente spiritualità: « e <strong>di</strong>ceva che si chia<strong>ma</strong>ssero<br />
semplicemente “frati minori” », dove l’accento va posto più<br />
sull’attributo che sul sostantivo. Se la fraternità è patrimonio comune<br />
<strong>di</strong> tutte le realtà cristiane, non proprio a tutti appartiene<br />
la minorità. Nella minorità c’è una duplice <strong>di</strong>mensione: una più<br />
esterna e concreta ed è la povertà; l’altra è più interiore e in<strong>di</strong>ca<br />
un atteggiamento dello spirito (cf “la povertà <strong>di</strong> spirito”), da cui<br />
deriva quella semplicità nei mo<strong>di</strong> e nelle relazioni che è quanto <strong>di</strong><br />
più affascinante nei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Francesco più conosciuti e a<strong>ma</strong>ti<br />
e che dà una specificità tutta propria al francescanesimo.<br />
E’ in<strong>di</strong>scusso che Francesco scelse la povertà fondamentalmente<br />
per imitare “Cristo e la sua Madre poverella”. Tuttavia non si può<br />
escludere del tutto l’esito <strong>di</strong> questa scelta: con essa Francesco fa<br />
una scelta <strong>di</strong> campo che, anche se non va accentuata nel contesto<br />
dell’antinomia <strong>ma</strong>iores–minores in una visione esclusivamente<br />
sociologica, tuttavia non la esclude del tutto. Francesco con questa<br />
opzione sceglie la <strong>ma</strong>rginalità: l’uscita dalla città <strong>di</strong> Assisi, la<br />
presa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalle classi nobili e benestanti e l’entrare a far<br />
parte degli esclusi: i lebbrosi, i poveri, i peccatori. Per questo Francesco<br />
non solo dà ai poveri, <strong>ma</strong> sta con i poveri; si fa piccolo con i<br />
piccoli e con<strong>di</strong>vide la vita <strong>di</strong> coloro che erano ai <strong>ma</strong>rgini sia della<br />
società che della stessa chiesa<br />
Per Francesco, tuttavia, la povertà <strong>ma</strong>teriale è via e mezzo che<br />
deve condurre alla “povertà <strong>di</strong> spirito”, all’espropriazione della<br />
Francescanesimo<br />
vita e <strong>di</strong> speranza: la ricerca incessante e<br />
creativa <strong>di</strong> inserimento, prossimità, comunione,<br />
abbraccio, fraternità, cammino<br />
<strong>di</strong> pace autentica” (StP 9). La pri<strong>ma</strong><br />
parte del documento conclusivo elenca<br />
queste realtà (Tra un’economia <strong>di</strong> mercato<br />
e una economia <strong>di</strong> solidarietà; Tra la<br />
forza della violenza e l’attuazione della<br />
pace; Dal fondamentalismo al <strong>di</strong>alogo;<br />
Dall’im<strong>ma</strong>gine al simbolo) e nella seconda,<br />
dopo aver affer<strong>ma</strong>to che “ le lacerazioni<br />
sociali <strong>di</strong> cui abbiamo parlato<br />
esistono anche in mezzo a noi e nella<br />
vita personale dei frati con cui viviamo”<br />
(StP 20), in<strong>di</strong>ca, attorno a cinque punti<br />
(La gioia della fede; Il <strong>di</strong>alogo, via alla<br />
pace; Itineranza sorella della pace; La<br />
gioia dell’evangelizzazione; La santità in<br />
Fraternità) la “nostra riflessione intorno<br />
alla risposta <strong>di</strong> fede che il nostro tempo<br />
recla<strong>ma</strong>” (StP 21).<br />
Lo stesso documento finale poi ci ricorda<br />
che: “Chi non legge i segni dei tempi<br />
rischia <strong>di</strong> fer<strong>ma</strong>rsi, <strong>di</strong> ripetersi …” (StP<br />
6). Ecco un primo impegnativo orizzonte<br />
dentro il quale siamo chia<strong>ma</strong>ti a muoverci:<br />
la fedeltà creativa che leggendo in<br />
profon<strong>di</strong>tà le sfide e le attese della realtà<br />
dove viviamo, sa ri<strong>di</strong>re, riesprimere,<br />
il caris<strong>ma</strong> francescano in modo nuovo.<br />
Una creatività che fa incontrare le attese<br />
più profonde della gente con il Vangelo<br />
attraverso la nostra vita e spiritualità. Le<br />
propria volontà, dopo l’espropriazione dei propri beni. La minorità<br />
rappresenta il te<strong>ma</strong> <strong>di</strong> fondo delle Ammonizioni: “o<strong>di</strong>are” se stessi e<br />
a<strong>ma</strong>re quelli che ci perseguitano; non appropriarsi nemmeno della<br />
propria volontà; né dei doni che Dio ci ha dato, né degli uffici, <strong>ma</strong><br />
affidarsi sempre all’obbe<strong>di</strong>enza, come docili strumenti dello Spirito<br />
(cf. Am 3 e 14). La povertà <strong>di</strong> spirito viene espressa da Francesco<br />
con le categorie del “sine proprio” e della “restituzione”:<br />
- il “sine proprio” verso Dio: è il non appropriarsi <strong>di</strong> ciò che appartiene<br />
a Dio, non attribuire il bene a se stessi, <strong>ma</strong> a Dio (cf Am<br />
7,11,18); vincere l’orgoglio e l’autosufficienza: ci si può gloriareappropriare<br />
solo delle proprie infermità, vizi e peccati (cf. Am<br />
5:153/4); un rischio speciale <strong>di</strong> appropriazione è la scienza, quando<br />
non viene riconosciuta come dono <strong>di</strong> Dio (cf Am 7:156);<br />
- il “sine proprio” verso i fratelli: consiste nel vincere l’invi<strong>di</strong>a,<br />
l’ira, il turbamento e a<strong>ma</strong>re chi ci <strong>di</strong>sprezza (cf Am 8 e 14); farsi<br />
sempre più piccolo e povero dei piccoli e dei poveri che si incontrano;<br />
- restituire: l’espropriazione non è completa se, dopo aver riconosciuto<br />
tutto ciò che non ci appartiene, non siamo capaci <strong>di</strong> restituirlo:<br />
“beato il servo che restituisce i suoi beni al Signore” (Am<br />
18:168). Francesco parla della “restituzione con le parole” (lode e<br />
ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> grazie), e della “restituzione con le opere sante”: dare<br />
il <strong>ma</strong>ntello al povero; il lavoro e il buon esempio: generare Cristo<br />
con le opere sante, le opere della penitenza (cf Lfed I,10:178/2).<br />
Peter<br />
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