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“Graft versus host disease orale in pazienti sottoposti a ... - SIPMO

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

a cura della sede di Palermo<br />

<strong>“Graft</strong> <strong>versus</strong> <strong>host</strong> <strong>disease</strong> <strong>orale</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto di<br />

cellule stam<strong>in</strong>ali a regime ridotto<br />

e convenzionale”.<br />

Tesi di Laurea della Dott.ssa Manusè Iolanda<br />

Relatore: Prof. Antonio Carrassi, Milano<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

1. IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI<br />

EMATOPOIETICHE<br />

La maggior parte dei disord<strong>in</strong>i ematologici maligni, viene oggi trattata<br />

mediante l’<strong>in</strong>fusione <strong>in</strong>travenosa di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche. Questa<br />

procedura ha lo scopo di ristabilire l’attività del midollo osseo alterato da<br />

neoplasie o da altre anomalie funzionali (Forkner 1938; Armitage 1994).<br />

Negli ultimi anni, le <strong>in</strong>dicazioni del trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

ematopoietiche (HSCT) si sono ampliate ed esso è diventato parte <strong>in</strong>tegrante<br />

del trattamento di molte malattie. Dopo le prime esperienze <strong>in</strong>iziate più di<br />

trenta anni fa per le patologie rapidamente mortali quali leucemie acute,<br />

anemia aplastica e immunodeficienze congenite, il suo utilizzo ora si è<br />

esteso ad un gran numero di patologie, neoplastiche e non, nell’ambito<br />

dell’ematologia, dell’oncologia e delle malattie metaboliche. Ciò è divenuto<br />

possibile grazie ai notevoli progressi nel campo della genetica<br />

dell’istocompatibilità, con la def<strong>in</strong>izione delle complessità del sistema degli<br />

antigeni leucocitari umani (HLA) che ha permesso di selezionare donatori<br />

compatibili consangu<strong>in</strong>ei, e più recentemente, non consangu<strong>in</strong>ei; di notevole<br />

importanza anche l’<strong>in</strong>cremento delle conoscenze circa la fisiopatologia<br />

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dell’emopoiesi, la terapia di supporto e i regimi chemioterapici. (Rizzoli et<br />

al. 2000) Il riprist<strong>in</strong>o dell’attività midollare richiede prima di ogni cosa, la<br />

distruzione del midollo osseo malato e <strong>in</strong> seguito la sua sostituzione con<br />

cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche; per fare questo si passa attraverso quattro<br />

fasi:<br />

1. Fase pretrapianto. Prevede la valutazione della situazione medica del<br />

malato (ricevente) e la scelta di colui che donerà le cellule ematopoietiche<br />

(donatore).<br />

2. Fase del prelievo. Consiste nel prelievo di midollo osseo o di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali periferiche (PBSC); <strong>in</strong> quest’ultimo caso, per ovviare il problema<br />

dello scarso numero di cellule stam<strong>in</strong>ali presenti nel sangue periferico,<br />

vengono impiegati farmaci chemioterapici o fattori di crescita con lo scopo<br />

di aumentare il numero delle cellule stam<strong>in</strong>ali che dal midollo passa nella<br />

corrente sanguigna; tali cellule vengono poi prelevate per mezzo di una<br />

procedura chiamata aferesi (Armitage 1994). Le cellule prelevate vengono<br />

sottoposte a procedure di purg<strong>in</strong>g e successivamente <strong>in</strong>fuse nel soggetto<br />

ricevente. Il metodo attualmente utilizzato per il prelievo del midollo osseo è<br />

quello sviluppato da Thomas e Storb (Thomas et al. 1970).<br />

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Recentemente e prevalentemente negli autotrapianti, l’utilizzo delle PBSC,<br />

prelevate dal sangue periferico <strong>in</strong> <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a procedure di<br />

mobilizzazione con fattori di crescita emopoietici <strong>in</strong> comb<strong>in</strong>azione o meno a<br />

chemioterapia, ha quasi completamente sostituito il midollo osseo (>90%),<br />

avendo i seguenti vantaggi:<br />

la procedura di raccolta delle PBSC è meno <strong>in</strong>vasiva rispetto al prelievo<br />

di midollo, non richiede anestesia generale e può essere eseguita <strong>in</strong><br />

ricovero giornaliero;<br />

maggiore rapidità dell’attecchimento emopoietico;<br />

è possibile raccogliere le PBSC anche <strong>in</strong> caso di significativa<br />

<strong>in</strong>filtrazione midollare da parte della neoplasia o di precedente<br />

radioterapia sulla pelvi che rende impossibile la raccolta di cellule<br />

midollari;<br />

le PBSC consentono un più rapido recupero dei granulociti e delle<br />

piastr<strong>in</strong>e rispetto alla re-<strong>in</strong>fusione di precursori midollari, con<br />

conseguente riduzione della morbilità e mortalità legate al trapianto, del<br />

supporto trasfusionale, dei tempi di degenza e dei costi relativi alla<br />

procedura;<br />

disponibilità di larghe quantità di cellule emopoietiche suscettibili di<br />

procedure di manipolazione e utilizzazione nel contesto di terapie<br />

sequenziali ad alte dosi.<br />

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Il midollo è <strong>in</strong> genere prelevato tramite ripetute aspirazioni dalla cresta<br />

iliaca posteriore f<strong>in</strong>o a che non si raggiunge un adeguato numero di cellule;<br />

se il prelievo da questa zona risulta essere <strong>in</strong>sufficiente si può utilizzare la<br />

cresta iliaca anteriore o lo sterno. In genere, il numero di cellule prelevate è<br />

da 100 a 300 milioni per chilogrammo di peso corporeo del ricevente,<br />

considerando la patologia del paziente (nei <strong>pazienti</strong> affetti da anemia<br />

aplastica il numero di cellule prelevate è maggiore) e l’<strong>in</strong>tensità e il tipo di<br />

condizionamento a cui il ricevente verrà sottoposto. In genere il prelievo e<br />

ben tollerato (Bort<strong>in</strong> et al. 1983; Buckner et al. 1984).<br />

Il midollo a volte viene trattato <strong>in</strong> vitro per rimuovere le cellule che non<br />

servono; nel caso di trapianto allogenico, <strong>in</strong>fatti, se gli antigeni del sistema<br />

ABO sono <strong>in</strong>compatibili con quelli del ricevente, è necessario rimuovere gli<br />

eritrociti maturi dal trapianto per evitare una reazione emolitica (Gale et al.<br />

1977; J<strong>in</strong> et al. 1987)<br />

3. Fase del condizionamento. Consiste nella somm<strong>in</strong>istrazione di farmaci<br />

chemioterapici ed eventualmente di radiazioni ionizzanti (TBI o Total Body<br />

Irradiation). Questa fase ha i seguenti obiettivi (Armitage 1994; Bablor<br />

1994; Donnel et al. 1998):<br />

1. elim<strong>in</strong>are tutte le cellule tumorali maligne presenti;<br />

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2. “condizionare” il tessuto midollare del paziente aff<strong>in</strong>ché quest’ultimo<br />

possa ospitare le cellule midollari trapiantate, evitando che il proprio sistema<br />

immunitario le distrugga;<br />

3. creare spazio a livello delle cavità midollari per l’impianto del nuovo<br />

midollo.<br />

Negli ultimi trent’anni la TBI è stata utilizzata come terapia di<br />

condizionamento nei trapianti di cellule stam<strong>in</strong>ali per i tumori maligni<br />

ematici (Bes<strong>in</strong>ger 2000). Questa metodica offre eccellenti proprietà<br />

immunosoppressive, efficacia contro numerosi tipi di neoplasie ematiche,<br />

anche quelle resistenti alla chemioterapia, capacità di raggiungere siti come<br />

il sistema nervoso centrale ed i testicoli e ultimo ma non meno importante,<br />

offre una limitata tossicità extramidollare se somm<strong>in</strong>istrata ad alte dosi.<br />

La TBI è stata utilizzata da sola ma la sua associazione con ciclofosfamide<br />

rappresenta la terapia standard per la preparazione al trapianto di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche nel caso di neoplasie ematiche (Barrett 2000). Le<br />

dosi di radiazioni utilizzate variano tra i 10 e i 16 Gy, somm<strong>in</strong>istrate <strong>in</strong><br />

un’unica dose o <strong>in</strong> dosi frazionate: questo dosaggio rappresenta la MTD<br />

(maximum tollerated dose); dosi superiori, <strong>in</strong>fatti, sono associate a<br />

manifestazioni di tossicità acuta a carico dell’apparato gastro<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale e<br />

polmonare, deficit di crescita, <strong>in</strong>sufficienza polmonare cronica e neoplasie<br />

secondarie (Bes<strong>in</strong>ger 2000).<br />

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L’effetto antileucemico e la tossicità a carico dei tessuti sani sono<br />

proporzionali alla dose somm<strong>in</strong>istrata; l’aumento delle dosi f<strong>in</strong>o ai limiti<br />

della MTD causa una dim<strong>in</strong>uzione delle recidive post-trapianto, ma non<br />

migliora la sopravvivenza totale <strong>in</strong> quanto aumenta la tossicità a carico del<br />

polmone e del fegato.<br />

L’<strong>in</strong>tervallo tra le dosi frazionate deve essere sufficientemente lungo da<br />

permettere la riparazione del DNA dei tessuti sani; se la somm<strong>in</strong>istrazione è<br />

molto ravvic<strong>in</strong>ata la MTD dim<strong>in</strong>uisce.<br />

Nella tabella 1.1 sono riportati i farmaci chemioterapici maggiormente<br />

utilizzati nei regimi di condizionamento pre-trapianto, la classe a cui<br />

appartengono, il meccanismo d’azione e gli effetti colleterali.<br />

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Nella tabella 1.2 sono riportati i cocktail chemioterapici maggiormente<br />

utilizzati nei regimi di condizionamento pre-trapianto e le loro pr<strong>in</strong>cipali<br />

<strong>in</strong>dicazioni.<br />

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4. Fase dell’<strong>in</strong>fusione. Consiste nell’<strong>in</strong>fusione endovenosa delle cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali del donatore (allotrapianto) o dello stesso paziente (autotrapianto).<br />

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Il giorno dell’<strong>in</strong>fusione per convenzione viene def<strong>in</strong>ito “giorno 0”<br />

(Armitage 1994; Bablor 1994; Donnel et al. 1998).<br />

I giorni del condizionamento sono <strong>in</strong>dicati con numeri crescenti preceduti<br />

dal segno -; essi comprendono i giorni precedenti il giorno dell’<strong>in</strong>fusione<br />

delle cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche (3-10 giorni).<br />

Gli spazi midollari del ricevente vengono ripopolati dalle cellule stam<strong>in</strong>ali <strong>in</strong><br />

un periodo compreso tra il giorno +12 e il giorno +18 nel trapianto autologo<br />

e tra il giorno +18 e il giorno +22 nel trapianto allogenico.<br />

I granulociti neutrofili aumentano di numero e raggiungono i valori di<br />

500/mm3 tra il giorno +9 e +30, mentre i valori delle piastr<strong>in</strong>e superano i<br />

20.000/mm3 nel periodo compreso tra +10 e +100 (Lieschke et al. 1992). Lo<br />

stato di immunodepressione <strong>in</strong>dotta dai chemioterapici si risolve di solito nel<br />

periodo da +180 a +275 per l’autotrapianto e da +275 a +365 per<br />

l’allotrapianto (Lieschke et al. 1992).<br />

Esistono attualmente tre tipi di trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche:<br />

trapianto autologo, trapianto allogenico e trapianto allogenico a regime di<br />

condizionamento ridotto.<br />

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1.1 TRAPIANTO AUTOLOGO<br />

Il trapianto autologo (autotrapianto) consiste nel prelievo di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

dal soggetto malato e nella loro re<strong>in</strong>fusione, nello stesso soggetto, dopo la<br />

somm<strong>in</strong>istrazione della terapia di condizionamento (Armitage 1994). La<br />

sorgente più utilizzata <strong>in</strong> questo tipo di trapianto è rappresentata dalle cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali prelevate dal sangue periferico.<br />

Da un punto di vista pratico, dopo la raccolta (aferesi) le cellule vengono<br />

processate, congelate <strong>in</strong> azoto liquido e successivamente scongelate e<br />

trasferite dall’azoto liquido <strong>in</strong> acqua a 37-43 °C (Duncombe 1997).<br />

Successivamente, il paziente viene sottoposto al regime chemioterapico di<br />

condizionamento, al term<strong>in</strong>e del quale avviene l’<strong>in</strong>fusione delle cellule per<br />

via endovenosa, attraverso un accesso venoso centrale. In un periodo<br />

compreso tra i 20 e i 30 giorni avviene il recupero ematologico, con la<br />

progressiva ricostruzione di un quadro midollare qualitativamente normale e<br />

di normali valori ematologici del sangue periferico.<br />

Il trapianto autologo può essere effettuato anche <strong>in</strong> <strong>pazienti</strong> di età avanzata<br />

<strong>in</strong> quanto non è associato alle gravi complicanze del trapianto allogenico,<br />

come la Graft <strong>versus</strong> Host Disease (GvHD) (Armitage 1994). La pr<strong>in</strong>cipale<br />

problematica dell’autotrapianto è la totale elim<strong>in</strong>azione di cellule tumorali<br />

dal pool di cellule da re<strong>in</strong>fondere. Numerosi metodi vengono utilizzati per<br />

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ovviare a questo problema, tra questi il trattamento <strong>in</strong> vitro con agenti<br />

chemioterapici o con anticorpi monoclonali e complemento; un processo<br />

frequentemente utilizzato è il “purg<strong>in</strong>g” (Barrett 1987; Demarosi et al.2002).<br />

Analisi retrospettive hanno messo <strong>in</strong> evidenza che quest’ultima metodica è<br />

<strong>in</strong> grado di ridurre la percentuale di recidive <strong>in</strong> <strong>pazienti</strong> con leucemia<br />

mieloide acuta o <strong>in</strong> <strong>pazienti</strong> affetti da l<strong>in</strong>foma non Hodgk<strong>in</strong> a cellule B<br />

(Gribben et al. 1991).<br />

Nella tabella 1.1.1 vengono riportate le pr<strong>in</strong>cipali <strong>in</strong>dicazioni al trapianto<br />

autologo.<br />

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1.2 TRAPIANTO ALLOGENICO<br />

Il trapianto allogenico consiste nel trasferimento di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

ematopoietiche da un soggetto sano (donatore) a un soggetto malato<br />

(ricevente) (Armitage 1994).<br />

Esistono diverse tipi di trapianto allogenico. In relazione al donatore<br />

possiamo riconoscere:<br />

1. trapianto s<strong>in</strong>genico: <strong>in</strong> cui il donatore e il ricevente sono geneticamente<br />

identici; per esempio gemelli omozigoti (situazione molto rara);<br />

2. trapianto allogenico da familiare: <strong>in</strong> cui il donatore e il ricevente sono<br />

geneticamente diversi ma con genotipo HLA identico o parzialmente<br />

identico (Rugarli 2000). Nel caso <strong>in</strong> cui il ricevente non abbia un gemello<br />

omozigote, disporre di un familiare con HLA identico è sicuramente<br />

l’evenienza migliore; purtroppo questa situazione si presenta solo nel 30-<br />

40% delle famiglie americane (Armitage 1994).<br />

3. trapianto da banca: i <strong>pazienti</strong> che non dispongono di un familiare HLA<br />

identico, possono trovare come donatore un soggetto non consangu<strong>in</strong>eo;<br />

trapianto da cordone ombelicale: una fonte di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

recentemente identificata è il cordone ombelicale. Nel 1980 fu scoperta la<br />

presenza di progenitori ematopoietici nel sangue placentare che è quella<br />

parte del sangue fetale che rimane nella placenta e nel cordone placentare al<br />

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term<strong>in</strong>e del parto: si tratta di circa 50-150 ml di sangue nei nati a term<strong>in</strong>e;<br />

esso viene processato e criopreservato entro 36 ore: <strong>in</strong> seguito può essere<br />

conservato a lungo nelle banche placentari (Lambertegh<strong>in</strong>i Deliliers 2000).<br />

Il sangue prelevato viene sottoposto ad accertamenti dopo sei mesi dal parto<br />

e le sacche di bamb<strong>in</strong>i <strong>in</strong>fetti o con difetti genetici vengono scartate. Il<br />

sistema HLA del feto viene successivamente tipizzato e, una volta uscito dal<br />

periodo di quarantena può essere utilizzato.<br />

Il trapianto di sangue proveniente dal cordone presenta alcuni importanti<br />

vantaggi rispetto alle altre tecniche:<br />

il trapianto può essere effettuato anche se non esiste una corrispondenza<br />

assoluta HLA;<br />

il sangue di cordone è immunologicamente meno aggressivo delle altre<br />

fonti;<br />

il rischio di Graft <strong>versus</strong> Host Disease (GvHD) è <strong>in</strong>feriore, ma non viene<br />

perso l’effetto Graft <strong>versus</strong> Leukemia (GvL, reazione delle cellule<br />

trapiantate contro la malattia primitiva).<br />

Lo svantaggio maggiore, che attualmente impedisce un ampio utilizzo di tale<br />

metodica, è rappresentato dalla quantità di cellule stam<strong>in</strong>ali raccolte che<br />

essendo limitata, rende il trapianto possibile quasi esclusivamente nei<br />

<strong>pazienti</strong> pediatrici; <strong>in</strong>oltre, l’attecchimento del trapianto avviene più<br />

tardivamente rispetto alle altre tecniche (Lennard et al. 2000).<br />

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Il successo del trapianto, è direttamente proporzionale al grado di<br />

uguaglianza tra gli antigeni HLA del donatore e del ricevente (Beatty et al.<br />

1991; Armitage 1994).<br />

In genere i <strong>pazienti</strong> considerati idonei per questo tipo di trapianto non<br />

devono superare i 55 anni <strong>in</strong> quanto, all’aumentare dell’età del paziente,<br />

aumenta proporzionalmente il rischio di <strong>in</strong>sorgenza della GvHD (Armitage<br />

1994).<br />

Una volta che il donatore è stato identificato, lo stadio successivo prevede<br />

l’utilizzo di alte dosi di chemioterapia e/o radioterapia per il conseguimento<br />

di tre obiettivi:<br />

raggiungere un buon grado di immunosopressione al f<strong>in</strong>e di evitare la<br />

distruzione delle cellule trapiantate da parte delle cellule immunitarie<br />

sopravvissute;<br />

distruggere le cellule tumorali presenti;<br />

<strong>in</strong> alcuni <strong>pazienti</strong> creare spazio per accogliere il trapianto (Armitage<br />

1994).<br />

Nella tabella 1.2.1 vengono riportate le pr<strong>in</strong>cipali <strong>in</strong>dicazioni del trapianto<br />

allogenico.<br />

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1.3 TRAPIANTO ALLOGENICO A REGIME DI<br />

CONDIZIONAMENTO RIDOTTO<br />

Per consentire il successo del trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali il sistema<br />

immunitario del ricevente deve essere letteralmente cancellato e si parla<br />

pertanto di mieloablazione. È solo <strong>in</strong> questi ultimi anni che si è sviluppata<br />

una nuova modalità di trapianto allogenico che si basa su un regime di<br />

condizionamento poco aggressivo (ridotto) e qu<strong>in</strong>di non mieloablativo: il<br />

trapianto allogenico a regime di condizionamento ridotto o trapianto<br />

allogenico non mieloablativo o m<strong>in</strong>i-trapianto.<br />

Allo stato attuale questo trattamento deve essere considerato di tipo<br />

sperimentale, <strong>in</strong> attesa di verifiche cl<strong>in</strong>iche a lungo term<strong>in</strong>e.<br />

L’<strong>in</strong>novazione di questo tipo di trapianto, consiste nell’utilizzare basse dosi<br />

di terapia di condizionamento al f<strong>in</strong>e di ridurre la tossicità correlata al<br />

trapianto, nonché permettere a <strong>pazienti</strong> di età superiore a 55 anni e i <strong>pazienti</strong><br />

con patologie coesistenti che non avrebbero tollerato i regimi di<br />

condizionamento mieloablativi di ricevere trapianto (Slav<strong>in</strong> et al. 1988;<br />

Giralt et al. 1999).<br />

I regimi di condizionamento più utilizzati nel m<strong>in</strong>i-trapianto prevedono<br />

l’impiego di TBI a bassi dosaggi associata a fludarab<strong>in</strong>a e ciclofosfamide o<br />

tiotepa.<br />

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I regimi di condizionamento ridotto implicano l’utilizzo di agenti tossici per<br />

le cellule stam<strong>in</strong>ali e le cellule tumorali, come il busulfano o la TBI, ma <strong>in</strong><br />

dosi ridotte se confrontate al trapianto convenzionale. I regimi presentati al<br />

Workshop dell’ EBMT (European Group for Blood and Marrow<br />

Transplantation) possono essere divisi <strong>in</strong> quattro gruppi pr<strong>in</strong>cipali, la<br />

maggior parte dei quali è comb<strong>in</strong>ato alla fludarab<strong>in</strong>a (Bacigalupo 2002).<br />

TBI (Total Body Irradiation) 200 cGy: questo protocollo è stato proposto<br />

<strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e da Storb e collaboratori e prevedeva l’utilizzo di TBI a 200<br />

cGy associata a fludarab<strong>in</strong>a seguita da <strong>in</strong>nesto di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

periferiche non manipolate. Successivamente questo protocollo ha subito<br />

delle variazioni <strong>in</strong> seguito all’<strong>in</strong>sorgenza di c-GvHD estesa <strong>in</strong> circa il<br />

50% dei <strong>pazienti</strong> trattati;<br />

Busulfano 8 mg/Kg + fludarab<strong>in</strong>a(FLU) 125 mg/m2 + anticorpi<br />

antitimociti(ATG): nel 1998 Slav<strong>in</strong> e colleghi misero a punto questo<br />

protocollo. I <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a tale regime hanno sviluppato forme<br />

severe di GvHD acuta e/o cronica nel 15-34% dei casi; per questo motivo<br />

anche tale protocollo ha subito nel tempo delle variazioni;<br />

Thiotepa 10 mg/Kg + ciclofosfamide 100 mg/Kg: la thiotepa è stata<br />

largamente utilizzata da M. Martelli e collaboratori a Perugia per trapianti<br />

allogenici da non-consangu<strong>in</strong>eo <strong>in</strong> associazione con la TBI e la<br />

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ciclofosfamide. Più recentemente questo gruppo di studiosi ha <strong>in</strong>trodotto<br />

la fludarab<strong>in</strong>a nel protocollo. Uno studio che comprendeva 44 <strong>pazienti</strong><br />

effettuato a Milano ha messo <strong>in</strong> evidenza la bassa <strong>in</strong>cidenza (2%) di a-<br />

GvHD <strong>in</strong> questi <strong>pazienti</strong> e un rischio di sviluppare c-GvHD pari al 25%.<br />

Melphalan (MEL) 140 mg/m2, fludarab<strong>in</strong>a 150 mg/m2 e CAMPATH 1H:<br />

questo protocollo è stato presentato da S. McK<strong>in</strong>non. L’utilizzo di tale<br />

regime di condizionamento a livello sperimentale, ha messo <strong>in</strong> evidenza<br />

che GvHD acuta di III e IV grado, nonché forme estese di GvHD cronica<br />

sono virtualmente assenti; questo fenomeno sarebbe dovuto<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente all’impiego campath 1H.<br />

Il filo comune di tutti questi regimi di condizionamento è l’utilizzo di<br />

farmaci a dosaggi estremamente più bassi rispetto a quelli che normalmente<br />

si impiegano nei trattamenti mieloablativi di tipo standard.<br />

Dall’osservazione che le recidive dei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto<br />

allogenico potevano essere favorevolmente trattate con l’<strong>in</strong>fusione di<br />

l<strong>in</strong>fociti T del donatore (DLI) (Slav<strong>in</strong> et al. 1988; Coll<strong>in</strong>s et al. 1997) si è<br />

dedotto che una delle pr<strong>in</strong>cipali componenti terapeutiche del trapianto<br />

allogenico potesse ascriversi ai l<strong>in</strong>fociti T del donatore: questi, elim<strong>in</strong>ando<br />

fisicamente le cellule maligne dell’ospite, renderebbero superfluo l’utilizzo<br />

dei regimi di condizionamento ad elevato dosaggio poiché sfrutterebbero un<br />

ipotetico effetto Graft <strong>versus</strong> Leukemia (GvL). Da ciò, deriva la possibilità di<br />

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eradicare completamente le cellule tumorali maligne tramite la DLI e ciò<br />

viene sfruttato nei m<strong>in</strong>i trapianti (Slav<strong>in</strong> et al. 1998). I <strong>pazienti</strong> devono<br />

essere mantenuti sotto stretta sorveglianza cl<strong>in</strong>ica e trattati con farmaci<br />

immunosoppressori per controllare la GvHD.<br />

Un effetto collaterale presente anche nei m<strong>in</strong>i-trapianti è la GvHD, che <strong>in</strong><br />

alcuni casi può raggiungere quadri di particolare severità, f<strong>in</strong>o al decesso del<br />

paziente.<br />

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2. LE COMPLICANZE ORALI DEL TRAPIANTO DI<br />

CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE<br />

Le complicanze orali rappresentano un importante problema per i <strong>pazienti</strong><br />

<strong>sottoposti</strong> a trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche (Schubert et al.<br />

1998).<br />

Considerando le fasi del trapianto (pre-trapianto, condizionamento,<br />

<strong>in</strong>fusione/attecchimento e post-trapianto) si è giunti alla conclusione che<br />

tutte possono essere gravate da complicanze orali più o meno gravi.<br />

La tabella 2.1 riporta le pr<strong>in</strong>cipali complicanze orali del HSCT.<br />

Tra le complicanze a lungo term<strong>in</strong>e del trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

ematopoietiche, la forma cronica di GvHD occupa senza dubbio un posto di<br />

rilievo; <strong>in</strong>fatti dal 30% al 50% dei <strong>pazienti</strong> che ricevono un trapianto<br />

allogenico sviluppano questa complicanza.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

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2.1 MUCOSITE<br />

La mucosite è una delle più comuni e severe complicanze orali del trapianto<br />

di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche (Stephen et al. 1990; Schubert et al.<br />

1998).<br />

Questa patologia ha un’orig<strong>in</strong>e multifattoriale e viene def<strong>in</strong>ita come un<br />

“assottigliamento epiteliale associato a <strong>in</strong>tenso eritema, ulcere, dolore,<br />

sangu<strong>in</strong>amento e aumentato rischio di contrarre <strong>in</strong>fezioni”.<br />

La mucosite si presenta con maggior frequenza nella fase di<br />

condizionamento e di attecchimento del trapianto (W<strong>in</strong>gard et al. 1991;<br />

McGuire et al. 1993; Pico et al. 1998; Ruescher et al. 1998; Elad et al. 1999;<br />

Peterson 1999).<br />

La mucosa <strong>orale</strong> <strong>in</strong> condizioni di normalità funge da complessa barriera<br />

fisica e chimica alla penetrazione di agenti patogeni. L’epitelio di<br />

rivestimento della mucosa è caratterizzato da un elevato turn-over e l’elevata<br />

citotossicità nei confronti dei tessuti ad elevato turn-over dei farmaci<br />

ant<strong>in</strong>eoplastici spiega l’elevata sensibilità delle mucose orali nei confronti di<br />

questi farmaci.<br />

L’eziopatogenesi della mucosite è tutt’ora sconosciuta ma <strong>in</strong> merito sono<br />

state proposte alcune ipotesi patogenetiche. L’ipotesi più accreditata prevede<br />

una prima fase nella quale si avrebbe una reazione <strong>in</strong>fiammatoria-vascolare<br />

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conseguente al rilascio da parte dell’epitelio e del tessuto connettivo di<br />

citoch<strong>in</strong>e come ã-IFN, TNF-á, IL-1, <strong>in</strong>dotto dalla radioterapia e<br />

chemioterapia. In una seconda fase, ci si troverebbe di fronte ad un<br />

alterazione della s<strong>in</strong>tesi del DNA nelle cellule dell’epitelio della mucosa<br />

<strong>orale</strong> <strong>in</strong>dotto dagli agenti tossici; questa terza fase è detta epiteliale e sarebbe<br />

quella maggiormente responsabile dell’<strong>in</strong>sorgenza di ulcere. A questo punto,<br />

si <strong>in</strong>staurerebbe un’<strong>in</strong>terruzione della barriera mucosa responsabile della<br />

s<strong>in</strong>tomatologia dolorosa e della predisposizione del paziente allo sviluppo di<br />

<strong>in</strong>fezioni; questa fase è detta ulcerativamicrobiologica.<br />

Inf<strong>in</strong>e si avrebbe una fase di guarigione (quarta fase) nella quale si evidenzia<br />

proliferazione e recupero della differenziazione cellulare; <strong>in</strong> questa fase i<br />

valori di cellule circolanti sono normali e la flora batterica <strong>orale</strong> non è<br />

alterata. La velocità con la quale si <strong>in</strong>staura questa fase sarebbe direttamente<br />

proporzionale alla durata della mucosite (Barrett 1987; Sonis et al. 1990;<br />

Chaushu et al. 1995; Pico et al. 1998).<br />

Cl<strong>in</strong>icamente, i cambiamenti a carico della mucosa <strong>orale</strong> sono visibili<br />

tipicamente 5-10 giorni dopo il trattamento mieloablativo (Schubert et al.<br />

1993).<br />

Inizialmente, la mucosa appare atrofica ed <strong>in</strong>sorge un <strong>in</strong>tenso eritema,<br />

l’atrofia evolve <strong>in</strong> ulcerazioni che tendono ad aggravarsi 7-11 giorni dopo il<br />

trapianto. Le ulcere si localizzano quasi esclusivamente a livello delle<br />

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mucose non cherat<strong>in</strong>izzate: il pavimento <strong>orale</strong>, le mucose geniene, le<br />

mucose labiali e la l<strong>in</strong>gua sono le sedi più frequentemente colpite (Blijlevens<br />

et al. 2000).<br />

La mucosite può essere accompagnata da sangu<strong>in</strong>amento al cavo <strong>orale</strong><br />

soprattutto durante la fase di trombocitopenia grave <strong>in</strong>dotta dalla<br />

mielodepressione. I processi di guarigione a carico della mucosa <strong>orale</strong><br />

tendono a comparire dopo circa due settimane. I siti che sembrano essere più<br />

colpiti, <strong>in</strong>cludono la superficie laterale e ventrale della l<strong>in</strong>gua, la mucosa<br />

labiale e quella buccale (Walter et al. 1995).<br />

La severità delle lesioni sembrerebbe associata, <strong>in</strong> primo luogo, al tipo di<br />

condizionamento al quale il paziente viene sottoposto e successivamente,<br />

alla diversità genetica tra il donatore ed il ricevente; fattori che possono<br />

<strong>in</strong>vece aggravare questa situazione sono: disfunzioni delle ghiandole<br />

salivari, traumi a carico delle mucose ed <strong>in</strong>fezioni batteriche, virali o fung<strong>in</strong>e<br />

(Schubert et al. 1992).<br />

Da un punto di vista cl<strong>in</strong>ico, sono state proposte numerose classificazioni<br />

per la mucosite <strong>orale</strong> (Walsh et al. 1990; Donnelly et al. 1992; Schubert et<br />

al. 1992; Donaldson 1995; Tardieu et al. 1996; Parulekar et al. 1998; Sonis<br />

et al. 1999) quella più frequentemente utilizzata è la classificazione proposta<br />

dall’OMS (tabella 2.1.1).<br />

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Poiché, come già illustrato, la mucosite rappresenta una delle complicanze<br />

orali che più frequentemente si manifesta nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto<br />

di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche, molti Autori hanno cercato una<br />

soluzione volta alla prevenzione e alla cura di questa patologia (Wilkes<br />

1998; Sardella et al. 1998; Plevova 1999; Biron et al. 2000; Kostler et al.<br />

2001; Demarosi et al. 2002; Clarkson et al. 2003; Worth<strong>in</strong>gton et al. 2003).<br />

Sfortunatamente, molte di queste soluzioni sono state vanificate dalla<br />

difficoltà nel prevedere i <strong>pazienti</strong> che svilupperanno la mucosite e nel<br />

prevenire la patologia stessa. Diversi studi hanno però dimostrato che il<br />

mantenimento di una buona igiene <strong>orale</strong>, l’elim<strong>in</strong>azione di focolai <strong>in</strong>fettivi e<br />

l’abbassamento della carica batterica rappresentano un fondamento per<br />

ridurre il rischio, la severità e la durata della mucosite (Carl 1993; Elad et al.<br />

1999; Plevova 1999).<br />

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2.2 DISFUNZIONI DELLE GHIANDOLE SALIVARI<br />

Le disfunzioni delle ghiandole salivari costituiscono una complicanza<br />

comune nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

ematopoietiche (Schubert et al. 1987).<br />

L’eziologia di tali disfunzioni può essere riconducibile al regime di<br />

condizionamento cui il paziente è sottoposto, alla GvHD o all’utilizzo di<br />

farmaci (Schubert et al. 1998). Le radiazioni ionizzanti e la chemioterapia,<br />

per esempio, utilizzate nel regime di condizionamento dei <strong>pazienti</strong> <strong>in</strong> attesa<br />

di trapianto, possono <strong>in</strong>durre xerostomia.<br />

La xerostomia può essere un problema piuttosto significante per questi<br />

<strong>pazienti</strong>; la saliva non ha solo proprietà lubrificanti, ma contiene numerosi<br />

fattori anti-microbici che contribuiscono alle difese dell’ospite. Questi<br />

componenti <strong>in</strong>cludono muc<strong>in</strong>e che <strong>in</strong>ibiscono l’adesione microbica alle<br />

mucose, Ig A secretorie, lattoferr<strong>in</strong>a, lattoperossidasi, transferr<strong>in</strong>a e altre<br />

prote<strong>in</strong>e (Garfunkel et al. 1994; Chaushu et al. 1996; Schubert et al. 1998).<br />

I farmaci che <strong>in</strong>ducono ipersalivazione <strong>in</strong> genere sono rari; <strong>in</strong> alcuni <strong>pazienti</strong><br />

è possibile evidenziare scialorrea la quale non sembra essere correlata ad un<br />

aumento della produzione di saliva da parte delle ghiandole salivari, ma<br />

piuttosto sembra essere la conseguenza di una riduzione della deglutizione<br />

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correlata alla disfagia e al dolore <strong>in</strong>dotti dalla mucosità (Schubert et al.<br />

1998).<br />

La funzione salivare tende a migliorare durante i primi 3-6 mesi dopo il<br />

trapianto, ma <strong>in</strong> alcuni casi il danno risulta essere permanente. La GvHD<br />

può essere responsabile di disfunzioni ghiandolari le quali riproducono un<br />

quadro simile a quello della s<strong>in</strong>drome di Sjögren come risultato di un danno,<br />

causato dai l<strong>in</strong>fociti del donatore che attaccano le strutture ac<strong>in</strong>ari e duttali<br />

delle ghiandole salivari dell’ospite. I <strong>pazienti</strong> affetti da GvHD possono<br />

presentare anche mucoceli localizzati con maggior frequenza a carico della<br />

mucosa labiale e del palato molle; queste lesioni spesso vengono confuse<br />

con vescicole causate dall’HSV (Schubert et al. 1998).<br />

La xerostomia predispone questi soggetti ad un elevato rischio di sviluppare<br />

carie dentali le quali possono essere prevenute utilizzando appropriati regimi<br />

di igiene <strong>orale</strong> e applicando soluzioni topiche di fluoro per favorire la<br />

rim<strong>in</strong>eralizzazione dello smalto (Dens et al. 1996).<br />

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2.3 ALTERAZIONI DEL GUSTO<br />

A questa categoria appartengono le disfunzioni del sistema neurosensitivo<br />

conseguenti all’utilizzo di chemioterapici e radiazioni ionizzanti (Schubert et<br />

al. 1998).<br />

I recettori del gusto, sono cellule di orig<strong>in</strong>e neuroepiteliale le quali hanno un<br />

turn-over di circa 10 giorni a meno che esse non vengano danneggiate<br />

permanentemente.<br />

I <strong>pazienti</strong> che vengono <strong>sottoposti</strong> al regime di condizionamento con<br />

chemioterapia e/o radioterapia <strong>in</strong> genere riferiscono disgeusia, ossia<br />

sensazione di sapore sgradevole; questo s<strong>in</strong>tomo può essere <strong>in</strong>terpretato<br />

come conseguenza dell’impiego di farmaci che <strong>in</strong>durrebbero un danno a<br />

livello dei recettori gustativi (Bartoshuk 1990; Schubert et al. 1998).<br />

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2.4 INFEZIONI<br />

Il trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche è associato ad un aumentato<br />

rischio di sviluppare <strong>in</strong>fezioni sistemiche acute o croniche a partenza dal<br />

cavo <strong>orale</strong> (McGuire et al. 1993; Schubert 1998).<br />

I microrganismi co<strong>in</strong>volti nell’eziologia delle <strong>in</strong>fezioni acute, appartengono<br />

alla microflora <strong>orale</strong> e la loro patogenicità è proporzionale al grado e alla<br />

durata dell’immunosopressione del paziente.<br />

La frequenza con la quale le <strong>in</strong>fezioni <strong>in</strong>sorgono nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a<br />

trapianto sembrerebbe essere uguale a quella osservata nei <strong>pazienti</strong><br />

immunodepressi che sono <strong>sottoposti</strong> a regimi di condizionamento elevati<br />

senza ricevere il trapianto.<br />

I microrganismi maggiormente responsabili di queste <strong>in</strong>fezioni sono: funghi,<br />

virus e batteri.<br />

2.4.1 Infezioni fung<strong>in</strong>e<br />

Le candidosi rappresentano le <strong>in</strong>fezioni fung<strong>in</strong>e più frequenti nei <strong>pazienti</strong><br />

<strong>sottoposti</strong> a trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali periferiche. Diverse specie di<br />

Candida sono state <strong>in</strong>dagate nei <strong>pazienti</strong> immunodepressi, ma quella che<br />

sicuramente compare con maggior frequenza è la Candida Albicans (Crislip<br />

et al. 1989; Peterson 1992).<br />

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Va comunque sottol<strong>in</strong>eato che la C. Albicans è un normale abitante del<br />

tratto orofar<strong>in</strong>geo e che la sua presenza non <strong>in</strong>dica necessariamente una<br />

patologia <strong>in</strong> corso ma una semplice colonizzazione delle mucose; il rischio<br />

che tale microrganismo diventi patogeno per l’ospite e che causi <strong>in</strong>fezioni<br />

aumenta con la severità e la durata dell’immunodepressione.<br />

Le <strong>in</strong>fezioni acute, <strong>in</strong> genere, si presentano con pseudomembrane ossia,<br />

lesioni bianche, asportabili, localizzate con maggior frequenza a livello della<br />

l<strong>in</strong>gua, delle mucose geniene e delle commissure labiali. Neutropenia,<br />

GvHD, xerostomia, utilizzo di antibiotici ad ampio spettro e di steroidi<br />

rappresentano fattori predisponenti lo sviluppo di un’<strong>in</strong>fezione (Schubert et<br />

al. 1998).<br />

Le forme di candidosi atrofica sono meno comuni, cl<strong>in</strong>icamente si<br />

presentano come aree atrofiche ed eritematose le quali <strong>in</strong>teressano con<br />

maggior frequenza la regione dorsale della l<strong>in</strong>gua, il palato duro e molle.<br />

Detriti di cibo, essudato fibr<strong>in</strong>oso, secrezioni mucose e lesioni associate a<br />

GvHD possono essere confuse con le pseudomembrane della candidosi; per<br />

questo motivo, è necessario effettuare degli esami specifici al f<strong>in</strong>e di<br />

identificare la specie fung<strong>in</strong>a ed avere una diagnosi di certezza. La diagnosi<br />

def<strong>in</strong>itiva viene effettuata tenendo conto delle caratteristiche cl<strong>in</strong>iche della<br />

patologia, della storia cl<strong>in</strong>ica, dei fattori di rischio del paziente ed degli<br />

esami di laboratorio (Schubert et al. 1998).<br />

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Per la terapia della candidosi vengono impiegati svariati farmaci<br />

antifung<strong>in</strong>i:<br />

1. nistat<strong>in</strong>a sottoforma di soluzioni orali o pastiglie;<br />

2. clotrimazolo;<br />

3. amfoteric<strong>in</strong>a B <strong>in</strong> soluzione, nelle forme acute.<br />

I farmaci sopraelencati, vengono utilizzati topicamente per curare lesioni<br />

localizzate alle mucose orali mentre per il controllo della candidosi<br />

orofar<strong>in</strong>gea si preferiscono farmaci sistemici come:<br />

1. ketoconazolo;<br />

2. fluconazolo;<br />

3. itraconazolo.<br />

Altre <strong>in</strong>fezioni fung<strong>in</strong>e che possono <strong>in</strong>sorgere nel paziente trapiantato di<br />

midollo <strong>in</strong>cludono le aspergillosi e le mucormicosi. Tali <strong>in</strong>fezioni sono<br />

molto aggressive e tendono ad <strong>in</strong>vadere l’organismo.<br />

2.4.2 Infezioni batteriche<br />

Le <strong>in</strong>fezioni batteriche che <strong>in</strong>teressano il paziente sottoposto a trapianto di<br />

cellule stam<strong>in</strong>ali, possono essere causate da batteri appartenenti alla flora<br />

batterica del paziente stesso od essere patogeni nosocomiali (Schubert et al.<br />

1998).<br />

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Tra questi microrganismi sono <strong>in</strong>clusi lo Streptococcus viridans e lo<br />

Streptococcus mutans (Villablanca et al. 1990), tra i batteri acquisiti <strong>in</strong>vece<br />

si ricordano P.aerug<strong>in</strong>osa, S.aureus ed E.coli.<br />

Alcuni batteri come lo Streptococcus mutans e lo Streptococcus viridians,<br />

possiedono una bassa virulenza nei <strong>pazienti</strong> immunocompetenti, ma sono<br />

spesso responsabili di <strong>in</strong>fezioni nei <strong>pazienti</strong> con sistema immunitario<br />

depresso (Schimpff et al. 1991; Pizzo et al. 1993).<br />

Bisogna sottol<strong>in</strong>eare come, nei <strong>pazienti</strong> immunocompromessi, può<br />

comparire una sovra<strong>in</strong>fezione di lesioni già presenti nel cavo <strong>orale</strong> da parte<br />

dei batteri. Inoltre <strong>pazienti</strong> affetti da malattia parodontale cronica e<br />

<strong>sottoposti</strong> a trapianto, sono a rischio di sviluppare una <strong>in</strong>fezione parodontale<br />

acuta associata a sequele sistemiche (Schubert et al. 1998).<br />

Per il controllo di queste <strong>in</strong>fezioni si può utilizzare una terapia antibiotica ad<br />

ampio spettro; a livello locale si può <strong>in</strong>tervenire mediante:<br />

1. irrigazione con agenti effervescenti (perossido di idrogeno) i quali,<br />

esplicano un’azione tossica nei confronti di batteri anaerobi che<br />

colonizzano i solchi e le tasche gengivali;<br />

2. rimozione meccanica delicata della placca batterica tramite spazzol<strong>in</strong>o e<br />

filo <strong>in</strong>terdentale.<br />

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2.4.3 Infezioni virali<br />

I <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto presentano un elevato rischio di sviluppare<br />

<strong>in</strong>fezioni virali acute a partenza dai tessuti orofar<strong>in</strong>gei (Saral 1990; Lloid et<br />

al. 1994).<br />

Durante la seconda (prelievo) e terza fase (condizionamento) del trapianto,<br />

le <strong>in</strong>fezioni virali sono più comunemente causate da: Herpes Simplex Virus<br />

(HSV), Virus Varicella-Zoster (VZV) e Cytomegalovirus (CMV).<br />

Con frequenza m<strong>in</strong>ore, le <strong>in</strong>fezioni vedono come pr<strong>in</strong>cipali agenti patogeni<br />

Epste<strong>in</strong>-Barr Virus (EBV), Coxackie Virus, Adenovirus e Human Herpes<br />

Virus 6 (Crislip et al. 1989; Ganz et al. 1994). La riattivazione dell’HSV si<br />

manifesta a livello del cavo <strong>orale</strong> tramite la comparsa di lesioni emorragico-<br />

ulcerative le quali, possono estendersi ad un’ampia superficie della mucosa<br />

<strong>orale</strong>; spesso può comparire un quadro di mucosite che può essere<br />

facilmente confusa con la mucosite orofar<strong>in</strong>gea conseguente al regime di<br />

condizionamento.<br />

Per i <strong>pazienti</strong> HSV-sieropositivi e <strong>sottoposti</strong> a trapianto di midollo osseo è<br />

opportuno effettuare una profilassi sistemica con acyclovir la quale riduce<br />

drasticamente l’<strong>in</strong>cidenza di riattivazione del virus durante la fase del<br />

prelievo (Bustamante et al. 1991).<br />

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I <strong>pazienti</strong> che non vengono <strong>sottoposti</strong> alla profilassi possono <strong>in</strong>correre <strong>in</strong><br />

gravi conseguenze legate alla dissem<strong>in</strong>azione del virus nell’organismo.<br />

Raramente si osservano resistenze dell’HSV nei confronti dell’acyclovir; il<br />

fallimento della profilassi o del trattamento <strong>in</strong>fatti, è più spesso riconducibile<br />

ad <strong>in</strong>adeguate dosi di farmaco somm<strong>in</strong>istrato (Schubert et al. 1998).<br />

La riattivazione del VZV avviene <strong>in</strong> genere durante la terza e quarta fase; le<br />

lesioni sono caratterizzate da eruzioni vescicolari che seguono la<br />

distribuzione di un dermatomero (Schubert 1991).<br />

Nei casi più severi, l’<strong>in</strong>fezione può essere dissem<strong>in</strong>ata e può essere fatale per<br />

il paziente particolarmente immunodepresso.<br />

L’<strong>in</strong>fezione causata dal CMV è più frequente nel corso della seconda e terza<br />

fase del trapianto. Le lesioni causate da questo virus <strong>in</strong> genere non hanno un<br />

aspetto caratteristico: più spesso si notano ulcere superficiali o<br />

moderatamente profonde ricoperte da pseudomembrane di essudato<br />

fibr<strong>in</strong>oso.<br />

Nei casi più gravi, le lesioni possono estendersi ed <strong>in</strong>teressare gran parte<br />

della mucosa <strong>orale</strong> (Schubert et al. 1993).<br />

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2.5 IPERTROFIA GENGIVALE DA CICLOSPORINA<br />

Per aumentare la sopravvivenza dei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto di midollo<br />

allogenico riducendo l’<strong>in</strong>cidenza e la gravità della GvHD e per prevenire il<br />

rigetto nei <strong>pazienti</strong> trapiantati d’organo, viene utilizzato un potente farmaco<br />

immunosoppressore: la ciclospor<strong>in</strong>a A.<br />

Tale farmaco esplica un’azione <strong>in</strong>ibitoria sia a livello dell’immunità um<strong>orale</strong><br />

che di quella cellulo-mediata (Wondimu et al. 1997) .<br />

La ciclospor<strong>in</strong>a è particolarmente attiva nei confronti dei l<strong>in</strong>fociti T e<br />

soprattutto nei confronti dei l<strong>in</strong>fociti T-helper; la sua azione è volta<br />

all’<strong>in</strong>ibizione della s<strong>in</strong>tesi e del rilascio dell’<strong>in</strong>terleuch<strong>in</strong>a 2 (IL-2),<br />

mediatore responsabile della proliferazione dei l<strong>in</strong>fociti T citotossici. Il<br />

farmaco, <strong>in</strong>oltre, sopprime la sensibilità dei l<strong>in</strong>fociti T citotossici all’IL-2,<br />

<strong>in</strong>ibisce l’attivazione dei macrofagi, la produzione di IL-1 e l’espressione dei<br />

recettori per l’IL-1 sulla superficie dei l<strong>in</strong>fociti T-helper (Wondimu et al.<br />

1997).<br />

La ciclospor<strong>in</strong>a oltre ad agire su questi bersagli, esplica la sua azione anche<br />

a livello del cavo <strong>orale</strong> dove <strong>in</strong>duce un aumento del volume delle gengive.<br />

Perché si crei questa situazione è fondamentale che gli elementi dentari<br />

siano presenti; l’aumento di volume <strong>in</strong>teressa la gengiva cherat<strong>in</strong>izzata e può<br />

estendersi coronalmente <strong>in</strong>terferendo con la masticazione e la fonazione.<br />

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La presenza di placca batterica, associata all’assunzione di ciclospor<strong>in</strong>a,<br />

può aggravare l’aumento di volume gengivale; il miglioramento delle<br />

condizione di igiene <strong>orale</strong> <strong>in</strong> questi casi ha <strong>in</strong>fatti dimostrato una riduzione<br />

del grado e della durata di tale complicanza (Wondimu et al. 1997).<br />

L’aumento di volume gengivale <strong>in</strong>izialmente è localizzato alle papille<br />

gengivali, particolarmente a livello dei settori frontali e sul versante<br />

vestibolare. Le gengive possono presentare un aspetto e un colore normale<br />

oppure possono essere presenti eritema e sangu<strong>in</strong>amento al sondaggio; la<br />

presenza di pseudotasche (tasche parodontali non causate dalla perdita<br />

d’attacco a livello del solco gengivale, quanto piuttosto da una maggiore<br />

estensione delle gengive), tipica dell’aumento di volume gengivale,<br />

predispone all’accumulo di placca e tartaro.<br />

Cl<strong>in</strong>icamente l’aumento di volume gengivale è <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>guibile da quello<br />

<strong>in</strong>dotto dalla placca o da altri farmaci.<br />

L’<strong>in</strong>cidenza dell’aumento di volume gengivale da ciclospor<strong>in</strong>a varia dal 13%<br />

all’81% <strong>in</strong> relazione alla dose del farmaco, alla concentrazione plasmatica,<br />

alla durata della terapia, ai parametri impiegati nella diagnosi di iperplasia<br />

gengivale, alle condizioni parodontali precedenti alla terapia, all’età del<br />

paziente, alla malattia di base, alla predisposizione genetica, al tipo di<br />

trapianto e a terapie concomitanti.<br />

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La patogenesi dell’aumento di volume gengivale da ciclospor<strong>in</strong>a è<br />

sconosciuta, ma probabilmente è tipo multifattoriale: tre sembrano essere i<br />

fattori maggiormente implicati (Wondimu et al. 1997):<br />

1. le caratteristiche farmacoc<strong>in</strong>etiche: dose somm<strong>in</strong>istrata, ciclospor<strong>in</strong>emia,<br />

durata del trattamento;<br />

2. le alterazioni <strong>in</strong>fiammatorie legate alla presenza di placca e tartaro;<br />

3. la predisposizione genetica.<br />

In alcuni <strong>in</strong>dividui geneticamente predisposti, sarebbe <strong>in</strong>fatti presente una<br />

sottopopolazione di fibroblasti gengivali che, sotto l’azione della<br />

ciclospor<strong>in</strong>a, aumenta la s<strong>in</strong>tesi proteica a la proliferazione cellulare (Lee et<br />

al. 1994). Un altro fattore a favore della predisposizione genetica<br />

nell’<strong>in</strong>durre tale condizione è la dimostrazione di una maggiore <strong>in</strong>cidenza<br />

della patologia nei soggetti appartenenti all’HLA-DR2 rispetto alla<br />

popolazione generale; <strong>in</strong>vece, i soggetti che esprimono l’HLA-DR1 solo<br />

raramente sviluppano aumento di volume gengivale (Wondimu et al. 1997).<br />

Istologicamente, la gengiva iperplastica, è costituita da tessuto connettivo<br />

rivestito da un epitelio irregolare, pluristratificato, paracherat<strong>in</strong>izzato e di<br />

spessore variabile. Il tessuto connettivo è altamente vascolarizzato e<br />

contiene <strong>in</strong>filtrati di cellule <strong>in</strong>fiammatorie tra le quali predom<strong>in</strong>ano le<br />

plasmacellule. Sono <strong>in</strong>oltre presenti l<strong>in</strong>fociti T e monociti che si<br />

distribuiscono lungo l’epitelio giunzionale, mentre i l<strong>in</strong>fociti B sono assenti.<br />

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Sono state descritte anche acantosi e paracheratosi dell’epitelio <strong>orale</strong><br />

associate a proliferazione di tipo pseudomembranoso (Wondimu et al. 1997).<br />

In questi <strong>pazienti</strong> è utile mantenere un buon livello di igiene <strong>orale</strong> mediante<br />

sedute di igiene <strong>orale</strong>, sciacqui di clorexid<strong>in</strong>a e istruzioni su una corretta<br />

igiene <strong>orale</strong> domiciliare; qualora la gengiva <strong>in</strong>terferisca con la masticazione<br />

o la fonazione è <strong>in</strong>dicata la gengivectomia.<br />

2.6 OSTEORADIONECROSI<br />

L’ostoradionecrosi è una delle complicanze più pericolose che può <strong>in</strong>sorgere<br />

nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a cicli di radioterapia per tumori del collo o della testa<br />

(Silverman 1999).<br />

L’osteoradionecrosi è un <strong>in</strong>sieme, ben def<strong>in</strong>ito, di segni cl<strong>in</strong>ici e radiografici,<br />

al cavo <strong>orale</strong>, <strong>in</strong> <strong>pazienti</strong> che hanno ricevuto radioterapia della testa e del<br />

collo.<br />

I segni e s<strong>in</strong>tomi cl<strong>in</strong>ici sono rappresentati da dolore, ulcere, formazione di<br />

fistole e ritardo nella guarigione delle ferite.<br />

In tale condizione le cellule ossee e la vascolarizzazione possono essere<br />

danneggiate irreversibilmente. Fortunatamente, <strong>in</strong> molti casi frammenti di<br />

osso non vitali vengono riassorbiti e le lesioni guariscono spontaneamente.<br />

39


GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Comunque, quando l’osteoradionecrosi è progressiva e il paziente avverte<br />

un dolore <strong>in</strong>tollerabile oppure subisce fratture ossee è necessaria una<br />

resezione ossea della zona <strong>in</strong>teressata.<br />

Il rischio di <strong>in</strong>correre <strong>in</strong> una complicanza quale l’osteoradionecrosi non è<br />

prevedibile, ma si suppone che questo sia correlato alla dose delle radiazioni<br />

e allo spessore dell’osso irradiato (<strong>in</strong> genere più di 6000 cGy) (Morrish et al.<br />

1981; Oblon et al. 1997).<br />

La mandibola presenta un rischio maggiore rispetto all’osso mascellare a<br />

causa della sua m<strong>in</strong>or vascolarizzazione; il rischio aumenta nei <strong>pazienti</strong><br />

dentuli e nei soggetti a cui vengono estratti elementi dentari dopo la<br />

radioterapia. Spesso ci può essere una esposizione spontanea dell’osso anche<br />

a più di un anno dal term<strong>in</strong>e della terapia.<br />

Il rischio di sviluppare osteoradionecrosi cont<strong>in</strong>ua per un periodo <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito<br />

dopo l’irradiazione.<br />

Se la complicanza non progredisce da un punto di vista cl<strong>in</strong>ico e<br />

radiografico il paziente viene richiamato periodicamente per essere<br />

sottoposto a controlli. Se <strong>in</strong>vece il paziente è s<strong>in</strong>tomatico (tumefazioni,<br />

suppurazioni o dolore), è possibile trattarlo con terapia antibiotica; se il<br />

dolore e/o il bruciore <strong>in</strong>sorgono frequentemente e se il paziente lamenta<br />

difficoltà nella funzione masticatoria può essere considerata la terapia<br />

chirurgica. Il trattamento iperbarico associato alla chirurgia e alla terapia<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

antibiotica può aiutare la guarigione come risultato di angiogenesi<br />

provocata dall’aumentata ossigenazione (Silverman 1999).<br />

2.7 FIBROSI DEI MUSCOLI MASTICATORI E<br />

DELL’ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE<br />

Il trisma, caratterizzato da spasmi tonici dei muscoli masticatori, è una<br />

complicanza <strong>in</strong>dotta dall’irradiazione dei muscoli masticatori o<br />

dell’articolazione temporo-mandibolare. Esso si manifesta di solito come<br />

una grave limitazione nel movimento di apertura della bocca dovuta alla<br />

fibrosi della muscolatura e ad alterazioni fibrose della capsula<br />

dell’articolazione temporo-mandibolare (Oblon et al. 1997).<br />

Il trisma compare di solito dopo 3-6 mesi dal trattamento radiante.<br />

41


GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

2.8 NEOPLASIE SECONDARIE<br />

I <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche<br />

presentano un rischio di sviluppare una neoplasia secondaria quattro-sette<br />

volte maggiore rispetto alla popolazione generale (Bhatia et al. 1996).<br />

Tra le neoplasie secondarie le più frequenti sono quelle ematologiche, ma<br />

non meno importanti sono i tumori solidi e tra questi il carc<strong>in</strong>oma a cellule<br />

squamose.<br />

I fattori di rischio non sono attualmente noti, ma si pensa che l’esposizione<br />

pre-trapianto a chemioterapici e a radiazioni ionizzanti, le alterazioni del<br />

sistema immunitario, la GvHD e la terapia utilizzata per prevenire e curare la<br />

GvHD contribuiscono ad aumentare il rischio di <strong>in</strong>sorgenza di tali neoplasie.<br />

I tumori solidi localizzati alla cute e alle mucose orali rappresentano circa un<br />

terzo di tutti i tumori solidi nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche e il carc<strong>in</strong>oma squamocellulare rappresenta da solo<br />

il 50% di tali neoplasie (Curtis et al. 1997).<br />

E’ qu<strong>in</strong>di fondamentale che ogni lesione sospetta del cavo <strong>orale</strong> venga<br />

diagnosticata tempestivamente. In molti casi, la prognosi di queste neoplasie<br />

è sfavorevole; una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo possono<br />

portare ad un aumento della sopravvivenza del soggetto (Schubert et al.<br />

1998).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

3. GRAFT VERSUS HOST DISEASE (GvHD)<br />

La Graft <strong>versus</strong> Host Disease (GvHD) rappresenta la più importante<br />

complicanza del trapianto allogenico di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche;<br />

tale patologia è associata ad un elevato tasso di morbilità e mortalità<br />

(Aschan et al. 1994; Nakamura et al. 1996)<br />

L’<strong>in</strong>cidenza della GvHD varia dal 20% al 50%.<br />

Tale complicanza <strong>in</strong>sorge quando, il sistema immunitario del donatore<br />

riconosce come estranei (non-self) i tessuti del ricevente e attacca le cellule<br />

che li costituiscono.<br />

La probabilità di sviluppare la GvHD è legata al grado di disparità genetica<br />

tra il donatore e il ricevente, quest’ultima è determ<strong>in</strong>ata da due importanti<br />

fattori: il complesso maggiore di isotcompatibilità (MHC) e il complesso<br />

m<strong>in</strong>ore di istocompatibilità (Woo et al. 1993).<br />

Il MHC è localizzato sul braccio corto del cromosoma 6 e codifica delle<br />

prote<strong>in</strong>e cellulari di superficie chiamate HLA (human leucocite antigen).<br />

Esistono due classi di HLA: la classe 1 (HLA-A, -B,-C) è espressa su tutte le<br />

cellule nucleate dell’organismo e permette al sistema immunitario di<br />

riconoscere le cellule come “self” o “non-self”. La classe 2 (HLA-DR, -DP,<br />

-DQ) è espressa dalle cellule presentanti l’antigene (APC) le quali aiutano a<br />

regolare le reazioni immunitarie permettendo il riconoscimento di antigeni<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

estranei all’organismo (Woo et al. 1993). Nella ricerca del donatore si tiene<br />

conto della maggior compatibilità esistente tra gli HLA del donatore e del<br />

ricevente; nella disparità genetica bisogna però tenere conto di altri loci non-<br />

MHC chiamati antigeni del sistema m<strong>in</strong>ore di istocompatibilità (Woo et al.<br />

1993).<br />

Anche questi antigeni, <strong>in</strong>fatti, partecipano alle reazioni immunitarie e<br />

possono giocare un ruolo determ<strong>in</strong>ante nel riconoscimento di antigeni<br />

estranei. Se si effettua un’<strong>in</strong>adeguata terapia immunosoppressiva e ablativa<br />

prima del trapianto, è possibile che il sistema immunitario del ricevente<br />

riconosca come estranee le cellule del donatore e che si abbia il rigetto del<br />

trapianto.<br />

Se <strong>in</strong>vece il sistema immunitario del donatore riconosce i tessuti del<br />

ricevente come estranei li attacca e si <strong>in</strong>staura la GvHD (Woo et al. 1993).<br />

Bill<strong>in</strong>gham ha decritto tre condizioni necessarie perché si possa manifestare<br />

tale complicanza (Bill<strong>in</strong>gam 1967):<br />

1. il trapianto deve contenere cellule immunocompetenti (L<strong>in</strong>fociti-T);<br />

2. il ricevente deve esprimere degli antigeni tissutali sufficientemente<br />

diversi da quelli del donatore tali da permettere al sistema immunitario<br />

del donatore stesso di riconoscerli come estranei;<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

3. il ricevente non deve riconosce le cellule come estranee e qu<strong>in</strong>di<br />

rigettare il trapianto; ciò viene ottenuto con l’impiego dei farmaci<br />

immunosoppressori.<br />

La GvHD è una patologia sistemica e viene suddivisa <strong>in</strong> due forme: acuta e<br />

cronica.<br />

La GvHD acuta (a-GvHD) <strong>in</strong>sorge entro i primi cento giorni dal trapianto di<br />

cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche, mentre la GvHD cronica (c-GvHD)<br />

compare successivamente (Woo et al. 1993; Nakamura et al. 1996; Franca et<br />

al. 2001).<br />

Benché la GvHD sia una complicanza <strong>in</strong>desiderabile, associate ad un elevato<br />

tasso di mortalità e morbilità, è noto ormai anche un suo effetto benefico.<br />

Infatti, oltre a riconoscere e qu<strong>in</strong>di ad attaccare le cellule e i tessuti sani del<br />

ricevente, i l<strong>in</strong>fociti T del donatore riconoscono e distruggono le cellule<br />

tumorali contribuendo così alla remissione della malattia.<br />

In alcune patologie, ed <strong>in</strong> particolar modo nelle leucemia mieloide cronica,<br />

si osserva un fenomeno noto come graft <strong>versus</strong> leukemia (GVL) il quale<br />

riduce <strong>in</strong> maniera importante la ripresa della patologia. Tale effetto è<br />

supportato da due evidenze: la registrazione di una riduzione delle recidive<br />

nei <strong>pazienti</strong> affetti da GvHD di grado severo e l’osservazione di una ridotta<br />

<strong>in</strong>cidenza di GvHD associata ad un’elevata probabilità di ripresa della<br />

patologia primitiva o di rigetto del trapianto nei <strong>pazienti</strong> che ricevono un<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche privo di l<strong>in</strong>fociti T del<br />

donatore. L’effetto GvL, ha un’importanza terapeutica molto rilevante;<br />

<strong>pazienti</strong> affetti da leucemia mieloide cronica colpiti da recidiva, dopo essere<br />

stati <strong>sottoposti</strong> al trapianto, hanno la possibilità di ritornare ad uno stato di<br />

remissione molecolare dopo aver ricevuto un <strong>in</strong>fusione di l<strong>in</strong>fociti-T<br />

appartenenti al donatore.<br />

Numerosi tentativi per separare l’effetto benefico GvL dalle deleterie<br />

complicanze legate alla GvHD sono ancora <strong>in</strong> corso di sperimentazione.<br />

Alcune di queste prevedono l’<strong>in</strong>fusione di l<strong>in</strong>fociti T del donatore privati<br />

della categoria dei CD8+ oppure l’utilizzo di basse dosi di l<strong>in</strong>fociti-T non<br />

selezionati.<br />

In modelli sperimentali, una s<strong>in</strong>drome del tutto simile alla GvHD, è stata<br />

osservata <strong>in</strong> animali <strong>sottoposti</strong> a HSCT da donatore geneticamente identico,<br />

convalidando le segnalazioni di casi di GvHD dopo trapianto s<strong>in</strong>genico o<br />

autologo riportate, anche nella pratica cl<strong>in</strong>ica (Rappeport et al. 1979). Tale<br />

s<strong>in</strong>drome prende il nome di Graft <strong>versus</strong> Host Disease sngenica. La GvHD<br />

s<strong>in</strong>genica sembra essere mediata da l<strong>in</strong>fociti autoreattivi diretti contro<br />

prote<strong>in</strong>e MHC di classe II. Le cellule T autroreattive si sviluppano <strong>in</strong> una<br />

midollare timica estremamente danneggiata, nella quale le cellule esprimenti<br />

MHC di classe II sono carenti o del tutto assenti: viene così a mancare la<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

selezione negativa (delezione clonale) nel timo e le cellule T migrano <strong>in</strong><br />

periferia dove possono <strong>in</strong>nescare o mediare il danno tessutale.<br />

Gli altri l<strong>in</strong>fociti regolatori, che normalmente <strong>in</strong>attiverebbero o<br />

elim<strong>in</strong>erebbero tali cellule autoreattive, sono a loro volta stati elim<strong>in</strong>ati dalla<br />

TBI (regime di condizionamento). L’<strong>in</strong>fusione sperimentale di l<strong>in</strong>fociti<br />

normali <strong>in</strong> questi ospiti irradiati ristabilisce il meccanismo di regolazione e<br />

previene processi autoaggressivi.<br />

Gli effetti della ciclospor<strong>in</strong>a sono importanti <strong>in</strong> questi modelli, sia<br />

nell’impedire la ricostituzione delle cellule regolatrici, sia nel consentire lo<br />

sviluppo di cellule autoreattive; questi due processi sembrano correlati al<br />

danno che la ciclospor<strong>in</strong>a provoca nella midollare timica (Fischer et al.<br />

1989).<br />

Qu<strong>in</strong>di si può <strong>in</strong>tendere la GvHD s<strong>in</strong>genica come un disequilibrio tra<br />

l<strong>in</strong>fociti autoreattivi e autoregolatori, sbilanciamento dovuto alla disfunzione<br />

timica.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

3.1 GRAFT VERSUS HOST DISEASE ACUTA<br />

La GvHD acuta (a-GvHD), è una s<strong>in</strong>drome che colpisce cute, <strong>in</strong>test<strong>in</strong>o e<br />

fegato e comporta, dal punto di vista istopatologico, la necrosi a livello delle<br />

cellule epiteliali di questi tre pr<strong>in</strong>cipali organi bersaglio.<br />

La frequenza della a-GvHD è alta, raggiungendo circa il 70% <strong>pazienti</strong><br />

<strong>sottoposti</strong> a trapianto allogenico di cellule stam<strong>in</strong>ali (Darmstadt et al. 1992).<br />

L’<strong>in</strong>cidenza di aGvHD <strong>in</strong> seguito a tale procedura può variare dal 6% al 90%<br />

<strong>in</strong> dipendenza di numerosi fattori tra cui (Fimiani et al. 2003):<br />

1. il grado di istocompatibilità del sistema HLA;<br />

2. il numero di l<strong>in</strong>fociti T nel tessuto trapiantato;<br />

3. l’età del paziente e del donatore;<br />

4. l’eventuale discordanza di sesso tra donatore e ricevente;<br />

5. la sorgente di cellule stam<strong>in</strong>ali;<br />

6. l’<strong>in</strong>tensità del regime di condizionamento;<br />

7. il protocollo di profilassi;<br />

8. altri fattori di rischio quali: multitrasfusioni, malattia primitiva, <strong>in</strong>fezioni<br />

virali <strong>in</strong> corso, una precedente splenectomia.<br />

Da un punto di vista patogenetico, si dist<strong>in</strong>guono due fasi: fase afferente e<br />

fase efferente.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Nella fase afferente si ha un’attivazione e proliferazione delle cellule<br />

immunocompetenti che attaccano e distruggono i tessuti dell’ospite; i<br />

l<strong>in</strong>fociti T del donatore riconoscono come estranei gli antigeni superficiali<br />

delle APC ( cellule presentanti l’antigene) del ricevente. Tali cellule,<br />

secernono mediatori chimici tra cui l’<strong>in</strong>terleuch<strong>in</strong>a 1 (IL-1) stimolando così<br />

la proliferazione dei l<strong>in</strong>fociti T i quali, a loro volta, secernendo IL-2<br />

determ<strong>in</strong>ano un’ulteriore proliferazione degli stessi l<strong>in</strong>fociti (Unanue et al.<br />

1987). In questo modo, la popolazione di cellule immunocompetenti è<br />

formata e attivata.<br />

Nella fase efferente, <strong>in</strong>vece, si ha un vero e proprio danno a carico degli<br />

organi bersaglio (Krensky et al. 1990) questa fase è molto complessa e non<br />

ancora del tutto chiara. La distruzione dei tessuti, sembra essere mediata<br />

dall’azione citotossica dei l<strong>in</strong>fociti T; (Sale et al. 1981) alcuni studi (Piguet<br />

et al. 1987; Holler et al. 1990; Sym<strong>in</strong>gton et al. 1990; Ant<strong>in</strong> et al. 1992;<br />

Abhyankar et al. 1993) hanno ipotizzato il co<strong>in</strong>volgimento di mediatori<br />

dell’<strong>in</strong>fiammazione come citoch<strong>in</strong>e e tumor necrosis factor (TNF) nel danno<br />

cellulare e ne hanno correlato la quantità con il grado di severità della<br />

GvHD. Nella figura 3.1.1 sono riportati gli eventi che regolano la GvHD<br />

(Donnel et al. 1998).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

È stata proposta una stadiazione cl<strong>in</strong>ica della a-GvHD cutanea sulla base<br />

dell’estensione della cute co<strong>in</strong>volta, sulla severità delle manifestazioni<br />

cutanee e sull’istologia. Esiste poi una stadiazione cl<strong>in</strong>ica complessiva, a<br />

significato prognostico, ottenuta comb<strong>in</strong>ando parametri cutanei, epatici ed<br />

<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali.<br />

Gli organi bersaglio che primariamente vengono colpiti sono cute, fegato e<br />

tratto gastro-enterico; <strong>in</strong> base al loro grado di co<strong>in</strong>volgimento la a-GvHD<br />

può presentarsi <strong>in</strong> quattro stadi di gravità come mostrato nella tabella 3.1.2<br />

(Glucksberg et al. 1974; Thomas et al. 1975; Sullivan 1986).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Il grado I o II <strong>in</strong> genere sono associati ad una bassa morbilità e mortalità<br />

mentre la mortalità è quasi del 100% nei <strong>pazienti</strong> affetti da a-GvHD di grado<br />

IV.<br />

L’apparato tegumentario viene spesso colpito precocemente e si ha la<br />

comparsa di rash cutaneo di tipo maculo-papulare e morbilliforme associato<br />

a prurito e localizzato primariamente a livello del palmo delle mani e della<br />

pianta dei piedi; papule desquamanti di colore violaceo e placche<br />

progrediscono f<strong>in</strong>o ad esitare <strong>in</strong> un eritroderma generalizzato, associato a<br />

bolle e, nei casi più severi può <strong>in</strong>staurarsi una forma simile alla necrolisi<br />

tossica epidermica. Il co<strong>in</strong>volgimento del tratto gastro-enterico si manifesta<br />

con la comparsa di nausea, vomito, diarrea emorragica, dolore addom<strong>in</strong>ale,<br />

e, occasionalmente ileo paralitico.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

La a-GvHD epatica causa iperbilirub<strong>in</strong>emia, aumento della fosfatasi<br />

alcal<strong>in</strong>a e aumentati livelli di am<strong>in</strong>otransferasi; i casi più severi possono<br />

portare a danno epatico con comparsa di coagulopatie, ascite ed<br />

encefalopatie (Vogelsang et al. 1988).<br />

Biopsie cutanee hanno messo <strong>in</strong> evidenza vacuolizzazione dello strato basale<br />

dell’epidermide, spongiosi, discheratosi, necrosi satellite delle cellule,<br />

formazione di spaccature sotto-epidermiche, completa perdita<br />

dell’epidermide e la presenza di una dermatite acuta <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>guibile da quella<br />

legata alla reazione da farmaci (Lerner et al. 1974; Darmstadt et al. 1992;<br />

Horn et al. 1994).<br />

Prelievi bioptici a livello cutaneo, epatico ed <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale <strong>in</strong>dicano un danno a<br />

livello epiteliale molto <strong>in</strong>tenso, localizzato <strong>in</strong> particolar modo a carico delle<br />

cripte <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali e a livello dell’epitelio periduttale del fegato; <strong>in</strong> tali zone è<br />

stato r<strong>in</strong>venuto anche un grande numero di cellule stam<strong>in</strong>ali il quale ha<br />

suggerito che le cellule bersaglio potrebbero essere elementi epiteliali meno<br />

differenziati che esprimono antigeni superficiali primitivi (Sale et al. 1985).<br />

L’<strong>in</strong>cidenza di a-GvHD si avvic<strong>in</strong>a al 100% senza profilassi (Sullivan et al.<br />

1986), che dunque è essenziale nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto allo genico<br />

di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche. Le strategie per la prevenzione o il<br />

trattamento della GvHD hanno generalmente lo scopo di <strong>in</strong>terferire con la<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

fase afferente della risposta, cioè mirano ad elim<strong>in</strong>are i l<strong>in</strong>fociti T del<br />

donatore o a bloccarne l’attività.<br />

La profilassi farmacologica con methotrexate (MTX) e ciclospor<strong>in</strong>a (CsA), è<br />

ancora oggi la profilassi standard della GvHD; tale profilassi è riportata nella<br />

tabella 3.1.3.<br />

Nonostante uno degli obiettivi pr<strong>in</strong>cipali della profilassi sia prevenire<br />

l’<strong>in</strong>sorgenza della GvHD, spesso tale obiettivo non è raggiunto ed allora è<br />

necessario impostare una terapia.<br />

La terapia primaria della a-GvHD viene condotta con steroidi, considerati<br />

ancora oggi i farmaci di prima scelta. Il meccanismo d’azione degli steroidi<br />

è presumibilmente legato alla loro azione l<strong>in</strong>folitica. Metilprednisolone (MP)<br />

alla dose di 2 mg/kg/die costituisce <strong>in</strong> genere la prima scelta terapeutica.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Nel caso di fallimento della terapia primaria con MP, cioè nei <strong>pazienti</strong> <strong>in</strong><br />

cui si assiste a una progressione della malattia dopo tre giorni, oppure nei<br />

casi <strong>in</strong> cui non si assiste a variazione del decorso della malattia dopo sette<br />

giorni, oppure quando quattordici giorni di trattamento con MP si ottiene<br />

una risposta <strong>in</strong>completa, sono state proposte numerose terapie di recupero<br />

quali CsA, anticorpi monoclonali (Przepiorka et al. 2000), micofenolato<br />

(Cellcept) e fotoferesi.<br />

La prognosi è strettamente dipendente dal grado della malattia e alla<br />

responsività alla terapia. È stato <strong>in</strong>fatti dimostrato che il tasso di mortalità <strong>in</strong><br />

<strong>pazienti</strong> con GvHD acuta di grado da II a IV è notevolmente basso <strong>in</strong> coloro<br />

nei quali si è avuta una risposta completa alla terapia primaria: il tasso di<br />

mortalità a 300 giorni dall’esordio della malattia è stimato attorno al 25% <strong>in</strong><br />

caso di risposta completa alla terapia, 50% <strong>in</strong> caso di risposta parziale, 80%<br />

<strong>in</strong> caso di non responsività o progressione della malattia.<br />

Come illustrato precedentemente, il cavo <strong>orale</strong>, rappresenta una sede<br />

frequentemente co<strong>in</strong>volta nelle complicanze legate al trapianto di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche siano esse legate al regime di condizionamento o<br />

alle <strong>in</strong>fezioni opportunistiche. Anche la GvHD, oltre ad <strong>in</strong>teressare nelle<br />

varie forme diversi distretti dell’organismo, co<strong>in</strong>volge con una certa<br />

frequenza le strutture della cavità <strong>orale</strong>.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

3.1.1 Graft <strong>versus</strong> <strong>host</strong> <strong>disease</strong> <strong>orale</strong><br />

La a-GvHD colpisce la cavità <strong>orale</strong> approssimativamente nel 60%-70% dei<br />

<strong>pazienti</strong> che presentano una severità di III e IV grado.<br />

I primi studi sulla a-GvHD hanno descritto manifestazioni orali come lesioni<br />

ulcerative dolenti associate a desquamazione, eruzioni papulari biancastre e<br />

lesioni reticolari lichenoidi diffuse a quasi tutte le mucose orali. La diagnosi<br />

cl<strong>in</strong>ica di a-GvHD <strong>orale</strong> viene di solito posta <strong>in</strong> concomitanza alla diagnosi<br />

di a-GvHD sistemica (Dreizen et al. 1979; Barrett et al. 1984).<br />

Studi successivi, condotti su <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto allogenico, hanno<br />

evidenziato l’<strong>in</strong>sorgenza di eritema, atrofia ed ulcere <strong>in</strong> una prima fase e la<br />

comparsa di lesioni ipercheratosiche e lichenoidi solo <strong>in</strong> un secondo<br />

momento (Hsiao et al. 1988).<br />

Da questi studi, è risultato anche che le prime lesioni non <strong>in</strong>sorgono prima di<br />

21-28 giorni dal trapianto, periodo necessario alla risoluzione della<br />

neutropenia associata a mucosite conseguente al regime di condizionamento<br />

cui è sottoposto il paziente prima del trapianto (Dreizen et al. 1979; Hsiao et<br />

al. 1988).<br />

Risulta pertanto difficile dist<strong>in</strong>guere cl<strong>in</strong>icamente le lesioni di a-GvHD dalle<br />

recidive dell’<strong>in</strong>fezione da HSV e dalla mucosite; <strong>in</strong>fatti queste sono tutte<br />

condizioni che <strong>in</strong>sorgono nel periodo immediatamente successivo al<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

trapianto. Si è visto comunque, che la mucosite tende ad <strong>in</strong>sorgere nelle<br />

prime due settimane dopo il trapianto sia nei <strong>pazienti</strong> che ricevono il<br />

trapianto autologo che <strong>in</strong> quelli che ricevono l’allogenico (Berkowitz et al.<br />

1987; Kolb<strong>in</strong>son et al. 1988; Woo et al. 1993) la a-GvHD si manifesta,<br />

<strong>in</strong>vece, successivamente a tale periodo.<br />

Aspetti cl<strong>in</strong>ici che possono essere d’aiuto nella diagnosi differenziale tra<br />

mucosite e a-GvHD sono:<br />

1. peggioramento della mucosite dopo 21 giorni dal trapianto con cultura di<br />

HSV negativa;<br />

2. peggioramento della xerostomia e del dolore (Hsiao et al. 1988; Schubert<br />

et al. 1990a).<br />

3. comparsa delle ulcere dopo il giorno +21.<br />

Per quanto concerne la sede, all’<strong>in</strong>terno del cavo <strong>orale</strong>, ambedue le<br />

complicanze, colpiscono più frequentemente la l<strong>in</strong>gua, la mucosa labiale e<br />

geniena (Hsiao et al. 1988; Woo et al. 1993) alcuni studi hanno riportato che<br />

un ulteriore <strong>in</strong>teressamento della mucosa cherat<strong>in</strong>izzata del dorso l<strong>in</strong>guale e,<br />

forse, del palato duro sarebbe più frequente nella a-GvHD piuttosto che nella<br />

mucosite.<br />

Il trattamento della a-GvHD <strong>orale</strong> è diretto pr<strong>in</strong>cipalmente al controllo delle<br />

manifestazioni sistemiche e del dolore tramite misure palliative. In genere, le<br />

lesioni orali rispondono al trattamento sistemico con farmaci<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

immunosopressori e, se il dolore dovesse essere elevato è possibile ricorrere<br />

all’uso di oppiacei. Per aumentare il comfort locale ed alleviare il più<br />

possibile la s<strong>in</strong>tomatologia si può ricorrere a sciacqui orali con soluzioni<br />

sal<strong>in</strong>e, anestetici topici come lidoca<strong>in</strong>a <strong>in</strong> pomata, diclon<strong>in</strong>a idrocloridica o<br />

la comb<strong>in</strong>azione di lidoca<strong>in</strong>a e difenidram<strong>in</strong>a idrocloridrica e Kaopectato;<br />

sciacqui con steroidi topici (desametasone) e gel (fluoc<strong>in</strong>onide, clobetasolo,<br />

triamc<strong>in</strong>olone) sono stati utilizzati con successo.<br />

I sostituti salivari possono alleviare i s<strong>in</strong>tomi legati alla xerostomia e, <strong>in</strong><br />

alcuni casi, può essere utilizzato con successo un farmaco col<strong>in</strong>ergico quale<br />

la pilocarp<strong>in</strong>a.<br />

3.2 GRAFT VERSUS HOST DISEASE CRONICA<br />

La GvHD cronica (c-GvHD) è una s<strong>in</strong>drome complessa, multiorgano, che<br />

ricorda, per alcuni aspetti cl<strong>in</strong>ici, le malattie del collagene e viene <strong>in</strong>fatti<br />

considerata una malattia autoimmune.<br />

Le manifestazioni cl<strong>in</strong>iche della c-GvHD presentano similitud<strong>in</strong>i con alcune<br />

patologie autoimmuni come la sclerosi sistemica progressiva, la cirrosi<br />

biliare primaria, la dermatomiosite, il lupus eritematoso sistemico e la<br />

s<strong>in</strong>drome di Sjögren (Sale et al. 1985).<br />

L’<strong>in</strong>cidenza della c-GvHD varia dal 33% al 64%.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Poiché, come già precedentemente illustrato, questa complicanza <strong>in</strong>sorge<br />

dopo i primi 100 giorni dal trapianto, essa può presentarsi come diretta<br />

prosecuzione della a-GvHD (forma progressiva), seguire ad una prima<br />

guarigione della forma acuta (forma quiescente) o <strong>in</strong>sorgere de novo<br />

(Sullivan et al. 1991).<br />

Morbilità e mortalità sono maggiori nei <strong>pazienti</strong> con <strong>in</strong>sorgenza progressiva,<br />

<strong>in</strong>termedie nella forma quiescente e più basse <strong>in</strong> quella de novo. La severità<br />

cl<strong>in</strong>ica della malattia è attualmente valutata classificando la c-GvHD <strong>in</strong><br />

limitata ed estensiva (tabella 3.2.1) e solo quest’ultima richiede un<br />

trattamento specifico; recentemente è stato proposto un nuovo sistema di<br />

grad<strong>in</strong>g a significato prognostico basato sull’analisi di caratteristiche<br />

cl<strong>in</strong>iche statisticamente importanti, quali la percentuale di co<strong>in</strong>volgimento<br />

cutaneo, la piastr<strong>in</strong>openia e l’<strong>in</strong>sorgenza di tipo progressivo.<br />

Così come per la forma acuta anche <strong>in</strong> quella cronica esistono dei fattori<br />

predisponesti che <strong>in</strong>cludono: la disparità HLA, la precedente <strong>in</strong>sorgenza<br />

della forma acuta e l’età avanzata (Atk<strong>in</strong>son 1990; Sullivan et al. 1991).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

La cute, la cavità <strong>orale</strong>, il tratto gastroenterico, il fegato, la congiuntiva ed<br />

altre superfici mucose possono essere variabilmente co<strong>in</strong>volte nella c-<br />

GvHD; quando il sistema ematopoietico viene danneggiato vi possono<br />

essere anche manifestazioni trombocitopeniche.(Sullivan 1986).<br />

A livello cutaneo, <strong>in</strong>izialmente compaiono lesioni lichenoidi (Saurat et al.<br />

1975; Shulman et al. 1978) e successivamente <strong>in</strong>sorgono vari gradi di<br />

eritema, macchie iper- ed ipo-pigmentate, poichiloderma e, <strong>in</strong> casi rari,<br />

contratture articolari, alopecia cicatriziale ed ulcere croniche (Lawley et al.<br />

1977; Shulman et al. 1978; Sullivan et al. 1991; Chosidow et al. 1992).<br />

Gli occhi possono essere colpiti da cheratopatie le quali si manifestano con i<br />

s<strong>in</strong>tomi della cherato-congiuntivite secca ossia bruciore, irritazione,<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

fotofobia e dolore; l’utilizzo prolungato di prednisone, impiegato per<br />

controllare la GvHD, può <strong>in</strong>durre l’<strong>in</strong>sorgenza di cataratta.<br />

In circa il 65-80% dei <strong>pazienti</strong> affetti da c-GvHD sono stati ritrovati<br />

anticorpi ant<strong>in</strong>ucleo, anticorpi diretti contro l’act<strong>in</strong>a dei muscoli lisci e<br />

contro altre prote<strong>in</strong>e del citoscheletro, nonché anticorpi anti-epitelio<br />

squamoso (Rouquette-Gally et al. 1987; Kier et al. 1990; Lortan et al. 1992;<br />

Sale et al. 1992).<br />

L’esame istologico mette <strong>in</strong> evidenza, a livello cutaneo, note di<br />

ipercheratosi, ipergranulosi, acantosi, apoptosi, un <strong>in</strong>filtrato di cellule<br />

mononucleate tipico delle lesioni lichenoidi, <strong>in</strong>cont<strong>in</strong>entia pigmenti e<br />

occasionalmente necrosi cellulare (Saurat et al. 1975; Jan<strong>in</strong>-Mercier et al.<br />

1981).<br />

Le mucose co<strong>in</strong>volte nella c-GvHD, presentano modificazioni come atrofia<br />

epiteliale, con corpi apoptotici, degenerazione idropica delle cellule basali e<br />

<strong>in</strong>filtrato l<strong>in</strong>focitico che potrebbe essere scarso qualora il paziente faccia uso<br />

di farmaci immunosopressori; questo quadro istologico può essere affiancato<br />

a quello delle reazioni lichenoidi (Sale et al. 1981; Nakhleh et al. 1989;<br />

Hiroki et al. 1994).<br />

Il più importante fattore di rischio per lo sviluppo di c-GvHD è una<br />

precedente diagnosi di a-GvHD, ma non esiste una terapia profilattica<br />

specifica per c-GvHD, <strong>in</strong> quanto gli approcci farmacologici di prevenzione<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

sono stati deludenti. È stato recentemente pubblicato uno studio <strong>in</strong> doppio<br />

cieco che prevedeva l’utilizzo di talidomide, agente già efficace nella terapia<br />

della c-GvHD, che ha mostrato il risultato paradossale di una maggiore<br />

<strong>in</strong>cidenza di c-GvHD e una m<strong>in</strong>ore sopravvivenza globale per i <strong>pazienti</strong> che<br />

hanno ricevuto talidomide rispetto al controllo (Chao et al. 1996).<br />

Il tacrolimus, se usato nella profilassi della GvHD, riduce l’<strong>in</strong>cidenza di a-<br />

GvHD, ma non ha mostrato nessuna <strong>in</strong>fluenza nella prevenzione della c-<br />

GvHD (Nash et al. 2000).<br />

La deplezione delle cellule T del trapianto, attraverso l’utilizzo di anticorpi<br />

monoclonali, riduce <strong>in</strong>vece il rischio di entrambe le forme di GvHD<br />

(Papadopoulos et al. 1998).<br />

Per quanto concerne la terapia va osservato che quanto più precoce è<br />

l’<strong>in</strong>tervento terapeutico tanto più il paziente trae beneficio dalla terapia. Così<br />

come per la a-GvHD, anche per la c-GvHD è necessario un trattamento<br />

primario. I <strong>pazienti</strong> con c-GvHD limitata generalmente non richiedono<br />

trattamento o solo una terapia topica; <strong>in</strong>vece i <strong>pazienti</strong> con malattia estesa<br />

richiedono un trattamento sistemico. Il trattamento d’elezione della c-GvHD<br />

prevede la somm<strong>in</strong>istrazione di prednisone 1 mg/kg a giorni alterni e<br />

ciclospor<strong>in</strong>a (CsA) 1.5 mg/kg/die (Birek et al. 1989). Tale terapia deve<br />

essere protratta per almeno 13 mesi prima che se ne possa valutare la reale<br />

efficacia (Sullivan et al. 1988). Comunque, un grande studio randomizzato<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

con follow-up a lungo term<strong>in</strong>e che ha messo a confronto la comb<strong>in</strong>azione<br />

prednisone-CsA con il solo prednisone, non ha mostrato benefici nell’uso<br />

della CsA. Inoltre, sebbene queste osservazioni richiedano una conferma,<br />

sembra che, nei <strong>pazienti</strong> ad alto rischio, l’aggiunta di CsA non migliori la<br />

sopravvivenza, anzi potrebbe peggiorarla a causa di una maggiore mortalità<br />

trapianto correlata o di recidive. Comunque l’impiego di CsA riduce la<br />

morbilità legata all’uso degli steroidi <strong>in</strong> particolare la necrosi vascolare (Koc<br />

et al. 2002).<br />

In s<strong>in</strong>tesi, i <strong>pazienti</strong> con rischio basso o <strong>in</strong>termedio, così come def<strong>in</strong>ito dal<br />

recente PFS (Prognostic Factor Score), (Akpek et al. 2003) richiedono<br />

m<strong>in</strong>ore immunosoppressione, al f<strong>in</strong>e di bilanciare il controllo della GvHD e<br />

gli effetti collaterali della terapia. Invece una terapia immunosoppressiva più<br />

decisa è richiesta nel trattamento dei <strong>pazienti</strong> ad alto rischio.<br />

Nella tabella 3.2.2 (Farag 2004) sono riportati i fattori prognostici<br />

classicamente considerati confrontati con quelli recentemente proposti da<br />

Akpek et al.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

La sopravvivenza a 10 anni nei <strong>pazienti</strong> con c-GvHD è dell’82% se non è<br />

presente alcun fattore di rischio, 68% nel gruppo a rischio <strong>in</strong>termedio, 34%<br />

nel gruppo ad alto rischio e 3% se sono presenti tutti i fattori si rischio.<br />

Inoltre, la mortalità è più elevata nei <strong>pazienti</strong> con un <strong>in</strong>izio progressivo della<br />

GvHD cronica, <strong>in</strong>termedia nei soggetti con <strong>in</strong>izio lento e successiva a a-<br />

GvHD dopo un periodo di quiescenza; più bassa nei <strong>pazienti</strong> <strong>in</strong> cui la c-<br />

GvHD compare de novo.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

3.2.1 Graft <strong>versus</strong> <strong>host</strong> <strong>disease</strong> <strong>orale</strong><br />

Le caratteristiche orali della c-GvHD sono state esaurientemente descritte<br />

solo <strong>in</strong> pochi studi (Rodu et al. 1983; Med<strong>in</strong>a et al. 1984; Schubert et al.<br />

1984; Heimdahl et al. 1985; Barrett 1987).<br />

In molti casi le lesioni orali di questa forma possono rappresentare la prima<br />

o addirittura l’unica manifestazione della c-GvHD; eritema, atrofia delle<br />

mucose e lesioni lichenoidi sono le manifestazioni più comuni.<br />

Le lesioni lichenoidi, fortemente associate alla c-GvHD, (Woo et al. 1997) si<br />

manifestano pr<strong>in</strong>cipalmente come strie bianche, di aspetto reticolare simili<br />

alle strie di Wickham del lichen planus <strong>orale</strong>; le erosioni <strong>in</strong>sorgono, <strong>in</strong>vece,<br />

quando il grado di severità della patologia è molto più elevato. Cl<strong>in</strong>icamente,<br />

le lesioni del cavo <strong>orale</strong> da c-GvHD, che sono presenti <strong>in</strong> circa l’80% dei<br />

<strong>pazienti</strong>, sono localizzate prevalentemente alle mucose geniene (figure 3.2.1-<br />

1/-2), alla l<strong>in</strong>gua e alle gengive proprie (Eggleston et al. 1998).<br />

La c-GvHD <strong>orale</strong> è spesso associata a dolore, che potrebbe essere anche il<br />

primo s<strong>in</strong>tomo, e a xerostomia la quale può <strong>in</strong>terferire notevolmente con<br />

l’alimentazione e l’igiene <strong>orale</strong>. La xerostomia è stata riportata <strong>in</strong> circa il<br />

50% dei <strong>pazienti</strong> (Schubert et al. 1984; Hiroki et al. 1994) studi riguardanti il<br />

flusso salivare, hanno evidenziato una riduzione del flusso stimolato <strong>in</strong> circa<br />

il 40-60% dei <strong>pazienti</strong> (Heimdahl et al. 1985; Hiroki et al. 1994).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

La xerostomia è <strong>in</strong>dotta da un’alterazione delle ghiandole salivari sostenuta<br />

da disfunzioni immunologiche; essa può essere associata a<br />

cheratocongiuntivite secca e possono essere presenti <strong>in</strong>filtrati l<strong>in</strong>focitari<br />

nelle ghiandole salivari simili a quelli riscontrati nella s<strong>in</strong>drome di Sjögren<br />

(Gratwohl et al. 1977; Koc et al. 2002).<br />

Il condizionamento effettuato nel periodo pre-trapianto è anch’esso associato<br />

ad una riduzione del flusso salivare (Heimdahl et al. 1985; Chaushu et al.<br />

1995) tuttavia, i <strong>pazienti</strong> che ricevono il trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali, con o<br />

senza TBI, lamentano la comparsa di xerostomia e un’oggettiva riduzione<br />

del flusso salivare. Pertanto, risulta difficile durante i primi mesi dopo il<br />

trapianto, dist<strong>in</strong>guere cl<strong>in</strong>icamente ed istologicamente la riduzione del flusso<br />

salivare <strong>in</strong>dotta dalla radioterapia da quella <strong>in</strong>dotta dalla c-GvHD (Chaushu<br />

et al. 1995; Eisen et al. 1997).<br />

Uno studio effettuato su <strong>pazienti</strong> affetti da c-GvHD, ha evidenziato un<br />

aumento della concentrazione salivare di sodio, album<strong>in</strong>e, immunoglobul<strong>in</strong>e<br />

G (IgG) e una dim<strong>in</strong>uzione di immunoglobul<strong>in</strong>e A (IgA) secretorie e di<br />

fosfati <strong>in</strong>organici (Izutsu et al. 1983b).<br />

Se si paragona comunque, un paziente sottoposto a trapianto di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche che non ha sviluppato c-GvHD ad uno che <strong>in</strong>vece<br />

ha sviluppato tale complicanza, si rileva solo l’<strong>in</strong>cremento salivare di sodio e<br />

dim<strong>in</strong>uzione delle IgA secretorie; la riduzione di questa categoria di<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

immunoglobul<strong>in</strong>e sarebbe responsabile di una aumentata <strong>in</strong>sorgenza di<br />

<strong>in</strong>fezioni s<strong>in</strong>o-bronchiali (Izutsu et al. 1983b). Un ulteriore studio riporta la<br />

possibile predicibilità di c-GvHD legata ad un’elevata concentrazione di<br />

sodio a livello salivare (Izutsu et al. 1983a).<br />

Come già illustrato nei paragrafi precedenti, il periodo post-trapianto è<br />

particolarmente suscettibile all’<strong>in</strong>sorgenza di <strong>in</strong>fezioni causate dall’HSV, dal<br />

CMV e dall’EBV (stomatite erpetica, leucoplachia capelluta) o da funghi<br />

(Birek et al. 1989; Schubert et al. 1990b; Epste<strong>in</strong> et al. 1993; LeVeque et al.<br />

1994; Lloid et al. 1994; Chambers et al. 1995).<br />

Recrudescenze orali dell’HSV tendono ad <strong>in</strong>staurarsi nelle zone sottoposte a<br />

stress, come quelle esposte al sole o a traumi dentari. La comb<strong>in</strong>azione di<br />

traumi locali e l’immunosopressione del paziente affetto da c-GvHD<br />

possono predisporre alla riaccensione di focolai erpetici.<br />

Altre lesioni orali associate a c-GvHD <strong>orale</strong> sono il granuloma piogenico<br />

(Gehrke et al. 1986; Lee et al. 1994; Woo et al. 1996) e lo xantoma<br />

verruciforme (Allen et al. 1993); queste lesioni possono <strong>in</strong>sorgere<br />

spontaneamente e qu<strong>in</strong>di essere <strong>in</strong>dipendenti dalla patologia oppure, nel caso<br />

del granuloma piogenico, possono essere associate all’assunzione di<br />

ciclospor<strong>in</strong>a responsabile di un aumento del turn-over cellulare. Lo xantoma<br />

verruciforme sembra <strong>in</strong>sorgere, <strong>in</strong>vece, nelle zone traumatizzate.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Fibrosi e limitazioni di apertura della bocca si sono presentate nel 26-76%<br />

dei <strong>pazienti</strong> con e senza GvHD, anche se sembrano essere più pronunciate<br />

nei <strong>pazienti</strong> affetti da c-GvHD con aspetti sclerodermici. La fibrosi tissutale<br />

si traduce <strong>in</strong> una ridotta mobilità della l<strong>in</strong>gua con difficoltà all’alimentazione<br />

e all’articolazione della parola (Koc et al. 2002).<br />

Nei casi più gravi si assiste ad una riduzione dell’orifizio <strong>orale</strong>; una diagnosi<br />

precoce ed una tempestiva terapia possono tuttavia evitare il manifestarsi di<br />

tali complicanze.<br />

Istologicamente, i cambiamenti a carico delle mucose orali <strong>in</strong>cludono:<br />

atrofia epiteliale con formazione di corpi apoptotici, degenerazione idropica<br />

delle cellule basali ed <strong>in</strong>filtrato l<strong>in</strong>focitario il quale potrebbe essere scarso a<br />

causa della terapia immunosopressiva (Sale et al. 1981; Nakhleh et al. 1989;<br />

Hiroki et al. 1994). Queste modificazioni sono simili a quelle r<strong>in</strong>venute nelle<br />

lesioni lichenoidi.<br />

Le ghiandole salivari labiali, mettono <strong>in</strong> evidenza un <strong>in</strong>filtrato di l<strong>in</strong>fociti o<br />

di l<strong>in</strong>fociti e plasmacellule il quale <strong>in</strong>teressa la zona periduttale, <strong>in</strong>tralobulare<br />

o dei dotti escretori maggiori; il danno dei dotti escretori conduce a necrosi<br />

dell’epitelio duttale con possibile ostruzione, fibrosi e danno degli ac<strong>in</strong>i<br />

(Sale et al. 1981; Nakhleh et al. 1989; Hiroki et al. 1994).<br />

La necrosi epiteliale sia della mucosa che del dotto escretore è associata<br />

statisticamente ad un’elevata <strong>in</strong>cidenza di c-GvHD. Infiltrati <strong>in</strong>fiammatori,<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

oltre che a livello delle ghiandole salivari, sono stati r<strong>in</strong>venuti anche nella<br />

zona periduttale di altre ghiandole esocr<strong>in</strong>e come il pancreas e le ghiandole<br />

lacrimali (Sale et al. 1981).<br />

Il trattamento di lesioni atrofico-ulcerative severe a carico delle mucose orali<br />

non è risolto completamente tramite l’utilizzo di farmaci immunosopressori,<br />

anche se i s<strong>in</strong>tomi possono essere alleviati.<br />

La persistenza di dolore, lesioni lichenoidi ed ulcere può essere l’unico<br />

segno di c-GvHD <strong>in</strong> molti <strong>pazienti</strong>; il trattamento di tali manifestazioni è<br />

diretto prevalentemente al controllo del dolore, della xerostomia e al<br />

mantenimento della salute <strong>orale</strong>.<br />

In genere, l’utilizzo di preparati steroidei per uso topico come il fluoc<strong>in</strong>onide<br />

e il clobetasolo <strong>in</strong> gel, o soluzioni a base di desametasone o betametasone,<br />

sono di sostegno nel trattamento della c-GvHD <strong>orale</strong> così come nel<br />

trattamento del lichen planus <strong>orale</strong>.<br />

Comunque, la corretta applicazione di steroidi topici è impedita dalla<br />

mancanza di uno specifico veicolo che promuova la ritenzione del farmaco a<br />

livello delle mucose <strong>in</strong> modo da assicurarne un sufficiente assorbimento<br />

locale. Come l<strong>in</strong>ea generale, i gel sono utilizzati per lesioni localizzate, gli<br />

sciacqui per lesioni generalizzate e nei rari casi di lesioni molto estese è<br />

possibile ricorrere a <strong>in</strong>iezioni <strong>in</strong>tralesionali di trianc<strong>in</strong>olone.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

In alcuni casi si sono ottenuti buoni risultati anche con l’utilizzo di<br />

ciclospor<strong>in</strong>a topica sottoforma di sciacqui.<br />

Alcune fonti di ricerca stanno studiando un possibile utilizzo della terapia<br />

con PUVA (ps<strong>orale</strong>n-ultra-violet A) per le lesioni ulcerative <strong>in</strong>traorali<br />

persistenti.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

4. SCOPO DELLO STUDIO<br />

Lo scopo di questo studio è stato valutare l’<strong>in</strong>cidenza della GvHD cronica<br />

del cavo <strong>orale</strong> <strong>in</strong> seguito a trapianto allogenico di cellule stam<strong>in</strong>ali di tipo<br />

convenzionale e a regime di condizionamento ridotto.<br />

Lo studio si è <strong>in</strong>oltre proposto di descrivere le caratteristiche delle lesioni<br />

orali associate a GvHD, <strong>in</strong>dividuare le sedi maggiormente colpite, rilevare la<br />

s<strong>in</strong>tomatologia ad esse associate e registrare la presenza di xerostomia.<br />

Inf<strong>in</strong>e, si è <strong>in</strong>dagata l’associazione tra GvHD <strong>orale</strong> e GvHD localizzata <strong>in</strong><br />

altri distretti corporei (GvHD sistemica).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

5. MATERIALI E METODI<br />

In questo studio prospettico sono stati arruolati tutti i <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a<br />

trapianto allogenico di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche, presso il Centro<br />

Trapianti “Luigi Marcora” dell’Ospedale Maggiore di Milano, nel periodo<br />

compreso tra il mese di gennaio 2000 e il mese di luglio 2004.<br />

Tutti i <strong>pazienti</strong> sono stati <strong>in</strong>viati per una valutazione odontoiatrica, prima e<br />

dopo le procedure per il trapianto, presso l’Unità di Patologia e Medic<strong>in</strong>a<br />

Orale del Dipartimento di Medic<strong>in</strong>a Chirurgia e Odontoiatria dell’Università<br />

degli Studi di Milano. Le visite sono state sempre effettuate da tre<br />

odontoiatri esperti <strong>in</strong> GvHD <strong>orale</strong> (FD - IM - CM).<br />

Nel periodo post-trapianto tutti i <strong>pazienti</strong> sono stati richiamati entro un anno<br />

dal trapianto a partire dal giorno +100.<br />

La visita pre-trapianto prevedeva:<br />

esame obiettivo delle mucose orali e valutazione cl<strong>in</strong>ica delle condizioni<br />

dento-parodontali;<br />

valutazione di ortopantomografia recente (eseguita da non più di un<br />

anno);<br />

rilevazione di eventuali s<strong>in</strong>tomi al cavo <strong>orale</strong>;<br />

formulazione di un piano di trattamento che doveva essere concluso entro<br />

15 giorni dall’<strong>in</strong>izio delle terapie di condizionamento. Tale piano di<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

trattamento prevedeva la riduzione della carica batterica <strong>in</strong>tra-<strong>orale</strong> e<br />

l’elim<strong>in</strong>azione di tutti i focolai <strong>in</strong>fettivi dento-parodontali potenzialmente<br />

dannosi durante la fase di immunosoppressione.<br />

La visita post-trapianto prevedeva:<br />

esame obiettivo delle mucose orali e valutazione cl<strong>in</strong>ica delle condizioni<br />

dento-parodontali;<br />

rilevazione di eventuali s<strong>in</strong>tomi al cavo <strong>orale</strong>;<br />

necessità di trattamenti odontoiatrici.<br />

L’attenzione nel corso di tale visita era pr<strong>in</strong>cipalmente focalizzata alle<br />

mucose orali al f<strong>in</strong>e di evidenziare:<br />

la presenza di alterazioni della mucosa <strong>orale</strong> compatibili con GvHD. In<br />

tutti i <strong>pazienti</strong> era prevista una biopsia <strong>in</strong>cisionale diagnostica che potesse<br />

fornire una diagnosi istopatologica di conferma.<br />

le caratteristiche delle lesioni orali associate a GvHD<br />

le sedi maggiormente colpite da GvHD<br />

i s<strong>in</strong>tomi associati a GvHD<br />

la xerostomia con l’impiego di un apposito questionario (Thomson et al.<br />

2000) (tabella 5.1).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Per ogni paziente è stata compilata un’apposita cartella (figura 5.2) nella<br />

quale sono state riportate, oltre agli aspetti precedentemente descritti,<br />

l’eventuale presenza di GvHD sistemica nonché la terapia locale e/o<br />

sistemica <strong>in</strong> atto.<br />

I <strong>pazienti</strong> arruolati sono stati suddivisi <strong>in</strong> due gruppi <strong>in</strong> base al tipo di<br />

trapianto:<br />

• Gruppo 1: <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto allogenico convenzionale;<br />

• Gruppo 2: <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto allogenico a regime di<br />

condizionamento ridotto o “m<strong>in</strong>i-trapianto”.<br />

L’analisi statistica dei risultati ha impiegato Fisher’s exact test.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

6. RISULTATI<br />

In questo studio sono stati arruolati 104 <strong>pazienti</strong> (64 maschi e 40 femm<strong>in</strong>e)<br />

di età media pari a 45 anni (range: 18-67 anni) <strong>sottoposti</strong> a trapianto di<br />

cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche dal mese di gennaio 2000 al mese di luglio<br />

2004.<br />

Le caratteristiche dei 104 <strong>pazienti</strong> sono riassunte nella Tabella 6.1.<br />

Dei 104 <strong>pazienti</strong> considerati 59 (56,7%) hanno ricevuto un trapianto<br />

allogenico di tipo convenzionale e i rimanenti 45 <strong>pazienti</strong> (43,3%) un<br />

trapianto allogenico a regime di condizionamento ridotto.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Dei 104 <strong>pazienti</strong> arruolati, 32 (30,8%) hanno ricevuto la visita odontoiatrica<br />

post-trapianto presso l’Unità di Patologia e Medic<strong>in</strong>a Orale del Dipartimento<br />

di Medic<strong>in</strong>a Chirurgia e Odontoiatria dell’Università degli Studi di Milano;<br />

tale visita non è stato eseguita <strong>in</strong> 49 <strong>pazienti</strong> (47,1%) perché deceduti<br />

durante o subito dopo le procedure per il trapianto e <strong>in</strong> altri 23 <strong>pazienti</strong><br />

(22,1%) a causa del loro precario stato di salute o per motivi geografici<br />

(Figura 6.1).<br />

Figura 6.1 Pazienti arruolati nello studio<br />

Di questi 32 <strong>pazienti</strong>, 17 (3 femm<strong>in</strong>e e 14 maschi; età media: 34,4 anni,<br />

range: 20-54) hanno ricevuto un trapianto allogenico convenzionale e sono<br />

stati <strong>in</strong>seriti nel Gruppo 1, mentre 15 <strong>pazienti</strong> (2 femm<strong>in</strong>e e 13 maschi; età<br />

media: 49,9 anni, range: 44-57) sono stati <strong>sottoposti</strong> a m<strong>in</strong>i-trapianto<br />

(Gruppo 2) (Tabella 6.2a e 6.2b). I due gruppi sono risultati comparabili per<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

sesso, patologia e terapia immunosoppressiva; <strong>in</strong>vece, l’età dei <strong>pazienti</strong><br />

<strong>sottoposti</strong> m<strong>in</strong>i-trapianto era maggiore di quella dei <strong>pazienti</strong> che avevano<br />

ricevuto un trapianto convenzionale <strong>in</strong> quanto, come già illustrato<br />

precedentemente, la tecnica del m<strong>in</strong>i-trapianto ha il vantaggio di poter essere<br />

utilizzata anche nei <strong>pazienti</strong> di età superiore ai 55 anni.<br />

I 32 <strong>pazienti</strong> sono stati visitati <strong>in</strong> un periodo compreso tra 100 giorni e 805<br />

giorni dal trapianto (media: 347,69); 20 <strong>pazienti</strong> sono stati visitati entro un<br />

anno dal trapianto (range: 100-362) e i rimanenti 12 <strong>pazienti</strong> entro 2,2 anni<br />

(range: 378-805).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

L’<strong>in</strong>cidenza complessiva di GvHD <strong>orale</strong> nei 32 <strong>pazienti</strong> nel periodo di tempo<br />

considerato (Gennaio 2000 – Luglio 2004) è pari al 75% (24/32).<br />

In 22 <strong>pazienti</strong> (68.7%) è stata effettuata una biopsia <strong>in</strong>cisionale del cavo<br />

<strong>orale</strong> che ha confermato la diagnosi cl<strong>in</strong>ica di GvHD. Nei rimanenti 10<br />

<strong>pazienti</strong> (31,3%) tale procedura diagnostica non è stata eseguita per rifiuto<br />

del paziente o per le condizioni di salute scadenti.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Dei 17 <strong>pazienti</strong> che hanno ricevuto il trapianto convenzionale (Gruppo 1),<br />

10 (58,8%) hanno sviluppato GvHD; nei rimanenti 7 <strong>pazienti</strong> (41,2%) non<br />

sono state rilevate lesioni al cavo <strong>orale</strong>.<br />

Dei 15 <strong>pazienti</strong> che hanno ricevuto il m<strong>in</strong>i-trapianto, 14 (93,3%) hanno<br />

sviluppato GvHD; solo 1 paziente (6,7%) non ha manifestato lesioni al cavo<br />

<strong>orale</strong> (Figura 6.2). Da questi dati si ev<strong>in</strong>ce che l’<strong>in</strong>cidenza della GvHD <strong>orale</strong><br />

è maggiore nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a m<strong>in</strong>i-trapianto rispetto a quelli che<br />

ricevono un trapianto convenzionale; tale differenza è statisticamente<br />

significativa (p = 0.0411 Fisher’s exact test).<br />

Figura 6.2 Incidenza della GvHD <strong>orale</strong> nel Gruppo 1 (trapianto<br />

convenzionale) e nel Gruppo 2 (m<strong>in</strong>i-trapianto).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Dall’analisi della distribuzione delle lesioni di GvHD <strong>orale</strong> (Tabella 6.3 e<br />

Figura 6.3), è emerso che le sedi colpite da tale patologia sono, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di<br />

frequenza, la mucosa geniena (91,7%), la l<strong>in</strong>gua (54,2%), le mucose labiali<br />

(41,7%), il palato (25%), la gengiva propria (25%) e il pavimento <strong>orale</strong><br />

(8.33%).<br />

Non si sono osservate differenze significative relative alla sede delle lesioni<br />

nei due gruppi di <strong>pazienti</strong> (Figura 6.4).<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Figura 6.3 Sedi colpite dalla GvHD <strong>orale</strong>.<br />

Figura 6.4 Sedi della GvHD <strong>orale</strong> nel Gruppo 1 e nel Gruppo 2.<br />

Relativamente alle caratteristiche delle lesioni associate a GvHD <strong>orale</strong><br />

(Tabella 6.4 e Figura 6.5) è emerso che 23 <strong>pazienti</strong> (95,8%) hanno<br />

sviluppato lesioni lichenoidi, 5 (20,8%) lesioni ulcerative, 9 (37,5%) lesioni<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

eritematose e 9 (37,5%) lesioni a placca. Non si sono osservate differenze<br />

significative tra i due gruppi di <strong>pazienti</strong> (Figura 6.6).<br />

Tabella 6.4 Caratteristiche delle lesioni associate a GvHD <strong>orale</strong> nel<br />

Gruppo 1 e nel Gruppo 2.<br />

Figura 6.5 Caratteristiche delle lesioni associate a GvHD.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Figura 6.6 Caratteristiche delle lesioni associate a GvHD nel Gruppo 1 e<br />

nel Gruppo 2.<br />

Si sono identificate due forme di GvHD <strong>orale</strong> <strong>in</strong> relazione all’aspetto delle<br />

lesioni: GvHD eritemato-ulcerativa (forma rossa) e GvHD lichenoide-a<br />

placca (forma bianca). I risultati hanno evidenziato una maggiore <strong>in</strong>cidenza<br />

della forma bianca rispetto alla rossa e l’assenza di differenze statisticamente<br />

significative tra i due gruppi (p = 1; Fischer exact test) (Tabella 6.5 e Figura<br />

6.7).<br />

Tabella 6.5 Aspetti cl<strong>in</strong>ici della GvHD <strong>orale</strong> nei due gruppi di <strong>pazienti</strong>.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Figura 6.7 Aspetti cl<strong>in</strong>ici della GvHD <strong>orale</strong> nei due gruppi di <strong>pazienti</strong>.<br />

Dei 24 <strong>pazienti</strong> che hanno sviluppato GvHD <strong>orale</strong>, 12 (50%) erano<br />

s<strong>in</strong>tomatici e 12 (50%) non presentavano alcun s<strong>in</strong>tomo. In 6 (60%) dei 10<br />

<strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto convenzionale e <strong>in</strong> 6 (42,8%) dei 14 <strong>pazienti</strong><br />

<strong>sottoposti</strong> a m<strong>in</strong>i-trapianto, la GvHD era s<strong>in</strong>tomatica (Tabella 6.6). Da questi<br />

dati si evidenzia che i s<strong>in</strong>tomi associati a GvHD <strong>orale</strong> sono più frequenti nei<br />

<strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto convenzionale rispetto a quelli <strong>sottoposti</strong> a<br />

m<strong>in</strong>i-trapianto, anche se tali risultati non sono statisticamente significativi<br />

(p= 0,6; Fischer exact test).<br />

Tabella 6.6 S<strong>in</strong>tomatologia asoociata a GvHD <strong>orale</strong> nei due gruppi di<br />

<strong>pazienti</strong>.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Dei 12 <strong>pazienti</strong> s<strong>in</strong>tomatici 6 (50%) presentavano xerostomia, 6 (50%)<br />

dolore/bruciore (Figura 6.8).<br />

Il s<strong>in</strong>tomo xerostomia è stato riferito da 3 <strong>pazienti</strong> (3/10, 30%) del Gruppo 1<br />

e da 3 (3/14, 21,42%) <strong>pazienti</strong> del Gruppo 2. Il questionario relativo alla<br />

xerostomia è stato compilato <strong>in</strong> 19 <strong>pazienti</strong> (79,1%), ma non è stato possibile<br />

rilevare differenze sulla severità della xerostomia.<br />

Dolore/bruciore sono stati riferiti da 3 <strong>pazienti</strong> (3/10, 30%) del Gruppo 1 e<br />

da 3 (3/14, 21,42%) <strong>pazienti</strong> del Gruppo 2. L’<strong>in</strong>tensità del dolore, che<br />

doveva essere rilevata per mezzo della scala VAS, non è stata valutata <strong>in</strong><br />

nessun paziente.<br />

Figura 6.8 S<strong>in</strong>tomatologia riferita dai <strong>pazienti</strong> affetti da GvHD <strong>orale</strong>.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

Dei 24 <strong>pazienti</strong> affetti da GvHD, 15 (62,5%) presentavano anche<br />

manifestazioni sistemiche, mentre <strong>in</strong> 9 <strong>pazienti</strong> (37,5%) il cavo <strong>orale</strong> era<br />

l’unica sede <strong>in</strong>teressata.<br />

In particolare, 3 <strong>pazienti</strong> (30%) del Gruppo 1 e 12 <strong>pazienti</strong> (85,7%) del<br />

Gruppo 2 hanno manifestato GvHD sistemica (Figura 6.9). Tali risultati<br />

sono statisticamente significativi (p= 0.00104 Fisher’s exact test).<br />

Figura 6.9 GvHD sistemica nei <strong>pazienti</strong> del Gruppo 1 e del Gruppo 2.<br />

Dei 15 <strong>pazienti</strong> con manifestazioni sistemiche, 8 (53,4%) avevano<br />

localizzazioni esclusivamente cutanee e 2 (13,3%) esclusivamente epatiche;<br />

i rimanenti 5 <strong>pazienti</strong> (33,3%) presentavano: alterazioni ematologiche,<br />

<strong>in</strong>teressamento cutaneo ed epatico, cutaneo-epatico-mucoso, entero-epatico,<br />

cutaneo-entero-epatico.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

7. DISCUSSIONE<br />

Negli ultimi anni, la ricerca nel campo dell’ematologia ha cercato di<br />

migliorare le tecniche e le procedure del trapianto di cellule stam<strong>in</strong>ali<br />

ematopoietiche al f<strong>in</strong>e di prevenire le numerose complicanze che<br />

contribuiscono ad aumentare la morbilità e la mortalità nei <strong>pazienti</strong><br />

<strong>sottoposti</strong> a questa procedura.<br />

Per tale motivo una nuova concezione di trapianto si è fatta strada: il<br />

trapianto allogenico di cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche a regime di<br />

condizionamento ridotto o m<strong>in</strong>i-trapianto (Slav<strong>in</strong> et al. 1998).<br />

L’<strong>in</strong>novazione di questo tipo di trapianto consiste nell’utilizzare basse dosi<br />

di terapia di condizionamento al f<strong>in</strong>e di ridurre le complicanze legate ai<br />

farmaci utilizzati nel regime di condizionamento nonché permettere ai<br />

<strong>pazienti</strong> con più di 55 anni di essere <strong>sottoposti</strong> al trapianto stesso (Slav<strong>in</strong> et<br />

al. 1998).<br />

Nonostante numerosi sforzi siano stati fatti al f<strong>in</strong>e di ridurre o trattare le<br />

complicanze, a breve e a lungo term<strong>in</strong>e, correlate al trapianto di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche, la Graft <strong>versus</strong> Host Disease (GvHD) rimane<br />

tuttora la complicanza a lungo term<strong>in</strong>e più grave, associata ad elevati tassi di<br />

morbilità e mortalità (Aschan et al. 1994; Nakamura et al. 1996). Questa<br />

complicanza colpisce circa il 20-50% dei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a trapianto<br />

90


GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

allogenico di cellule stam<strong>in</strong>ali sebbene siano numerosi i protocolli di<br />

profilassi proposti negli ultimi anni.<br />

La forma <strong>orale</strong> di GvHD è presente nel 80-100% dei <strong>pazienti</strong> affetti da<br />

GvHD sistemica. Nella maggior parte dei casi le lesioni orali rappresentano<br />

la prima o addirittura l’unica manifestazione di GvHD cronica (Denarosi et<br />

al. 2002). Nel presente studio si è valutata, <strong>in</strong> particolare, la forma cronica di<br />

GvHD <strong>orale</strong>; <strong>in</strong>fatti, i <strong>pazienti</strong> arruolati sono stati visitati <strong>in</strong> un periodo di<br />

tempo compreso tra 100 e 805 giorni dal trapianto (media: 347,69)<br />

(Eggleston et al. 1998). I risultati sono il l<strong>in</strong>ea con i dati presenti <strong>in</strong><br />

letteratura con un’<strong>in</strong>cidenza, nel periodo considerato, pari al 75%.<br />

Dal confronto delle caratteristiche della GvHD <strong>orale</strong> nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a<br />

trapianto convenzionale e a regime di condizionamento ridotto sono emerse<br />

numerose differenze.<br />

Innanzitutto, l’<strong>in</strong>cidenza è statisticamente maggiore nei <strong>pazienti</strong> che hanno<br />

ricevuto un m<strong>in</strong>i-trapianto (93,3%) rispetto a quelli che hanno ricevuto un<br />

trapianto convenzionale (58,8%). Attualmente, non esistono <strong>in</strong> letteratura<br />

dati relativi all’<strong>in</strong>cidenza della GvHD <strong>orale</strong> nei <strong>pazienti</strong> <strong>sottoposti</strong> a<br />

trapianto a regime di condizionamento ridotto; i dati di questo studio si<br />

riferiscono ad un numero di <strong>pazienti</strong> non particolarmente elevato, ma sono<br />

certamente <strong>in</strong>dicativi e meritano un ulteriore approfondimento. Una<br />

possibile spiegazione della maggior <strong>in</strong>cidenza della GvHD <strong>orale</strong> nei <strong>pazienti</strong><br />

91


GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

<strong>sottoposti</strong> a m<strong>in</strong>i-trapianto potrebbe risiedere nel fatto che questo tipo di<br />

trapianto, avvalendosi dell’effetto Graft-<strong>versus</strong>-Leukemia, prevede<br />

l’<strong>in</strong>fusione, <strong>in</strong>sieme alle cellule stam<strong>in</strong>ali ematopoietiche, di l<strong>in</strong>fociti T<br />

immunocompetenti del donatore (Slav<strong>in</strong> et al. 1998); potrebbero essere<br />

proprio questi l<strong>in</strong>fociti i pr<strong>in</strong>cipali responsabili dell’<strong>in</strong>sorgenza della GvHD<br />

<strong>orale</strong> (Slav<strong>in</strong> et al. 1998).<br />

Le sedi colpite più frequentemente sono, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di frequenza, le mucose<br />

geniene, la l<strong>in</strong>gua e le gengive proprie (Eggleston et al. 1998). Nel presente<br />

studio l’esame obiettivo delle mucose orali, eseguito <strong>in</strong> occasione della visita<br />

odontoiatrica successiva al trapianto, ha evidenzato lesioni imputabili a c-<br />

GvHD localizzate prevalentemente alle mucose geniene (91,7%), alla l<strong>in</strong>gua<br />

(54,2%) e alle mucose labiali (41,7%), confermando i dati presenti <strong>in</strong><br />

letteratura; meno frequenti le localizzazioni <strong>in</strong> altri altri distretti del cavo<br />

<strong>orale</strong>. Comunque, <strong>in</strong> contrasto con i dati presenti <strong>in</strong> letteratura, nel 25% dei<br />

casi lesioni di GvHD sono state rilevate <strong>in</strong> corrispondenza della gengiva<br />

propria (Eggleston et al. 1998).<br />

Relativamente alla tipologia delle lesioni, (Woo et al. 1997; Eggleston et al.<br />

1998) le lesioni da c-GvHD si manifestono pr<strong>in</strong>cipalmente come strie<br />

bianche di aspetto reticolare simili alle strie di Wickham del lichen planus<br />

<strong>orale</strong> e dette, pertanto, lesioni o strie lichenoidi. Altre lesioni descritte<br />

associate alla c-GvHD sono eritema, erosioni, ulcere e lesioni a placca; le<br />

92


GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

erosioni e le ulcere sarebbero associate alle forme più severe di c-GvHD<br />

(Slav<strong>in</strong> et al. 1998). In questo studio si sono confermati i dati della<br />

letteratura con una prevalenza delle lesioni lichenoidi (95,8%) seguite da<br />

lesioni eritematose (37,5%), lesioni a placca (37,5%) e lesioni erosive<br />

(20,8%).<br />

È stato riportato come la c-GvHD <strong>orale</strong> sia spesso associata a dolore, che<br />

talvolta può rappresentare il primo s<strong>in</strong>tomo, e a xerostomia la quale può<br />

<strong>in</strong>terferire notevolmente con l’alimentazione e l’igiene <strong>orale</strong>. La presenza di<br />

xerostomia è stata riscontrata <strong>in</strong> circa il 50% dei <strong>pazienti</strong> affetti da c-GvHD<br />

(Schubert et al. 1984; Hiroki et al. 1994); studi che hanno <strong>in</strong>dagato eventuali<br />

modificazioni del flusso salivare, hanno evidenziato una riduzione del flusso<br />

stimolato <strong>in</strong> circa il 40-60% dei <strong>pazienti</strong> con c-GVHD (Heimdahl et al.<br />

1985; Hiroki et al. 1994). E stato ipotizzato che la xerostomia derivi da<br />

alterazioni delle ghiandole salivari sostenute da disfunzioni immunologiche;<br />

<strong>in</strong>fatti, nelle ghiandole salivari possono essere presenti <strong>in</strong>filtrati l<strong>in</strong>focitari<br />

simili a quelli riscontrati nella s<strong>in</strong>drome di Sjögren (Gratwohl et al. 1977;<br />

Koc et al. 2002).<br />

In merito alla s<strong>in</strong>tomatologia riferita dai <strong>pazienti</strong> facenti parte dello studio, il<br />

50% ha riferito s<strong>in</strong>tomi correlabili alle lesioni orali da GvHD, mentre il<br />

restante 50% non ha riferito alcun s<strong>in</strong>tomo. La metà (50%) dei <strong>pazienti</strong> con<br />

s<strong>in</strong>tomatologia ha riferito xerostomia e l’altra metà (50%) dolore o bruciore.<br />

93


GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

I dati sopra esposti discordano da quelli riportati <strong>in</strong> letteratura; <strong>in</strong>fatti, la<br />

maggior parte degli studi che ha <strong>in</strong>dagato la s<strong>in</strong>tomatologia associata a c-<br />

GvHD riporta che il dolore e il bruciore associati alle lesioni orali da c-<br />

GvHD sono presenti nel 56% dei <strong>pazienti</strong> (Barrett 1987); l’<strong>in</strong>cidenza di<br />

xerostomia riportata è pari al 50% (Peterson 1992; Hiroki et al. 1994).<br />

Concludendo, la GvHD rappresenta, senza dubbio, un’importante<br />

complicanza cronica a lungo term<strong>in</strong>e non solo del trap<strong>in</strong>to allo genico<br />

convenzionale, ma anche del trapianto a regime di condizionamento ridotto.<br />

L’odontoiatra, avendo la possibilità di visitare il cavo <strong>orale</strong> dei <strong>pazienti</strong> a<br />

distanza di mesi o anni dal trapianto può, tramite un’accurata ispezione delle<br />

mucose orali, riscontrare la presenza di lesioni correlabili a GvHD ed avere,<br />

di conseguenza, un ruolo di primaria importanza nella diagnosi precoce di<br />

questa condizione. Effettuare una diagnosi precoce di c-GvHD <strong>orale</strong><br />

significa, come precedentemente illustrato, <strong>in</strong>tercettare nelle fasi <strong>in</strong>iziali una<br />

condizione sistemica le cui conseguenze possono seriamente <strong>in</strong>cidere sulla<br />

salute e sulla qualità di vita del paziente.<br />

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GvHD ORALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI A REGIME RIDOTTO E CONVENZIONALE<br />

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