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HAPPY HOUR - La Repubblica

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non sapendo come fare il furbo, in quale anfratto andare a<br />

imbucarmi.<br />

Era stata mia la scelta, però. Avevo voluto completare i<br />

miei 18 mesi complessivi di pratica in una città diversa dalla<br />

mia. Di questi, sei mesi con Ietta.<br />

Mio padre diceva che mi avrebbe fatto crescere. Lui ne era<br />

certo e io avevo scelto sulla base delle sue certezze. Avevo<br />

comprato cinque valigie nuove, le ricordo bene, di forma differente<br />

ma dello stesso colore. Dimensioni a crescere o a<br />

decrescere, come bambole russe. Bellissime, perché nuove.<br />

Vivevo in quella città, che non era la mia, dal lunedì al<br />

venerdì, giorno in cui tornavo a casa da mia moglie. Non avevamo<br />

figli e anche lei lavorava. Mi sentivo un fringuello sul<br />

davanzale.<br />

Avevo preso un appartamento in affitto, appartenuto a una<br />

coppia di coniugi anziani che si erano spenti, solidalmente,<br />

l’uno a breve distanza dall’altra, e poi gestito dall’unico figlio<br />

addolorato. Un appartamento carico di vecchie fotografie, di<br />

figurine attaccate da probabili nipoti sulle mattonelle fiorate<br />

della cucina, a un prezzo stracciato, ma che dovevo preservare<br />

intatto nel tempo, per contratto. Evidentemente, al proprietario<br />

ero apparso come un uomo sensibile a questo tipo<br />

di problematica. Un ottimo custode dei sentimenti altrui.<br />

Forse.<br />

Attenzione al mio olfatto da segugio. Quando dico incline<br />

all’indagine, non lo dico tanto per dire. Le inclinazione sono<br />

una cosa seria, secondo me. Infatti. Ogni stanza dell’appartamento<br />

preso in affitto, nonostante tenessi costantemente le<br />

finestre aperte, conservava ancora una fragranza intensa di<br />

lucido da scarpe. Saranno stati i mobili, i divani, le tovaglie<br />

ancora perfettamente piegate nel terzo cassetto della madia in<br />

tinello, forse una fissa di contenuto puramente estetico dell’anziano<br />

proprietario; chi lo sa. Non so, ma l’odore era prepotente.<br />

È per questo che per me i cadaveri, ancora oggi,<br />

hanno lo stesso odore di un paio di mocassini di pelle ben<br />

lustrati.<br />

Non era la mia città e dunque mi abituavo con caparbia<br />

lentezza. Nella mia città non pioveva così spesso e, per que-<br />

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