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HAPPY HOUR - La Repubblica

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ia: l’uomo con la palpebra allungata alla Sharif e la fuggiasca<br />

rotonda, soli soletti, troppo vicini al cielo. Era la fine degli<br />

anni Settanta.<br />

“Non volevo fare scelte avventate…”<br />

Sposare l’extracomunitario all’epoca non era una scelta<br />

avventata, no, era la bomba atomica.<br />

“Quando lui si è laureato, io l’ho seguito e siamo diventati<br />

una vera famiglia. Poi c’era la questione della farmacia di<br />

mio padre. Si poteva ritornare a casa, ma non è che fosse una<br />

grande prospettiva. <strong>La</strong> gente ti guarda, fa domande. Ci abbiamo<br />

pensato a lungo prima di decidere. Poi papà è morto<br />

improvvisamente per un cancro alla prostata; nemmeno la<br />

mamma stava bene. E così adesso siamo qui…”<br />

Il marito sembrava essersi scrollato di dosso, come un cane<br />

bagnato, un intero patrimonio culturale. Possibile?<br />

Ci sono risposte che sembrano un pasto lasciato a metà. Il<br />

penultimo boccone rubato al cucchiaio. Non mi piaceva la<br />

situazione e, dall’osservazione attenta della fossetta sul mento<br />

del capo, potevo intuire che non era soddisfatto neppure lui.<br />

<strong>La</strong> fossetta si allagava in una smorfia d’insazietà, dinanzi<br />

all’innaturale metamorfosi del bacherozzo che si dichiarava<br />

italiano d’adozione, anche nell’anima. <strong>La</strong> moglie lo toccava di<br />

continuo, come fanno i gatti che pisciano negli angoli: gli toccava<br />

ora il gomito, ora la spalla, ora la nuca. Come dicesse: è<br />

mio.<br />

Fu per questa ragione che decidemmo di eseguire una giusta<br />

dose di intercettazioni telefoniche. Insomma, le chiacchiere<br />

non erano bastate in quel clima da favola e si era fatto tardi.<br />

Grazie al mio solito intuito da segugio, l’avevo capito subito<br />

che saremmo arrivati a quello. Non so come l’avevo capito,<br />

forse per una certa luce pomeridiana tra nuvole cariche e<br />

battiti d’ali d’uccelli al rientro, in stormi; per le pause del<br />

Ietta mentre mi riferiva alcuni elementi di dubbio. Per la coltre<br />

di foschi non detti, acquistati in confezione maxi in questa<br />

farmacia del centro. Per il tempo che passava e cancellava<br />

inesorabilmente le tracce che l’assassino doveva aver pur<br />

lasciato da qualche parte. Per la fretta. L’avevo intuito dai<br />

contrasti.<br />

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