bosgattia ristampa - Stampa Libera

ciacole serali, con tutti i pettegolezzi del paese, che teneva
in serbo come una ghiottoneria.
Neppure il ritorno di Berardo, che era riuscito a rintracciare
la sua garzetta, risollevò l’umore. Rino chiamò
per la cena ed accese il grande lume a carburo.
Mentre l’oscurità cadeva sul fiume, si udì uno schianto,
una luce violenta e insostenibile accecò il campo, poi il
tuono empì tutta la golena.
E la pioggia, come avesse atteso quel segnale, ricominciò
a cadere, adesso a torrenti, annegando il paesaggio.
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IL RAMPONE
L’acqua ringorgava fra i marmi, la barca avanzava a fatica
contro corso, lungo l’argine.
Nonostante il fanale a petrolio, Ivano riusciva appena a
distinguere il fratello a poppa, curvo sul remo. Si sentiva il
buriolo saltare nella cassetta; un gobbo, infilatosi sotto i paglioli,
sbatteva la coda come una motoretta. Il guadino, afflosciato
contro l’orlo, colava un sottile rivolo giù per la
sponda.
Con gli occhi fissi sull’acqua, Ivano reggeva la corda
della bilancia, pronto a calare. Ogni tanto tirava una boccata
dalla pipa e il fumo gli sostava intorno alla faccia come
una nebbiolina; «el para via i mussati» pensava, socchiudendo
gli occhi per l’acredine del tabacco moro.
– Cossa fèmia, alora? – chiese ancora, impaziente, la
voce del fratello.
Erano scesi fino a marina con la prima acqua nuova e
avevano pescato un paio di quintali. Con la fiacca della
gente di mestiere, che commisura lo sforzo alla durata, s’erano
alternati al remo, senza quasi riposare, buttando giù
pan biscotto e qualche pesciaccio dei meno fini, preparato
alla brava sul fornello di bordo. Venduta la pesca a Donada,
e intascate alquante carte da mille, s’erano lentamente rincamminati
in su, saggiando i fondali battuti dal pesce
grosso, ma senza fortuna.
Era dal principio della stagione che non gli capitava un
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