bosgattia ristampa - Stampa Libera
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plesso, levava il fucile di spalla e si avvicinava, uscendo dalle<br />
garitte di legno coperte di carta catramata, a ridosso dell’argine;<br />
finalmente quando una selva di braccia tese indicava<br />
l’aeroplano, i tedeschi si decidevano ad alzare gli occhi.<br />
In quella, la folla si sbandava correndo al riparo; il giovane<br />
biondo, sfisionomato dalla rabbia, si buttava a picchiare i<br />
più vicini con lo scudiscio e col manico della pistola e siccome<br />
quelli l’evitavano di misura, solitamente, così, i colpi<br />
piovevano sugli interpreti e sugli assistenti che dovevano<br />
restargli lì accanto, lividi per le botte e la paura.<br />
Se l’apparecchio poi s’avvicinava, entrava in azione la<br />
mitragliera tedesca di protezione; si vedevano per l’aria,<br />
lontano, i fiocchetti rosso azzurri delle esplosioni svanire<br />
spampanandosi in fiori nerastri. Inseguito dal tiro, l’apparecchio<br />
scompariva dietro l’isola di Ariano per piombare<br />
di sorpresa sulla mitragliera del ponte e sui lavori. Ma già<br />
all’avvio della manovra, che si ripeteva ormai con monotona<br />
precisione, i lavoratori erano già corsi tutti via per i<br />
campi, e distesi nei fossi, mimetizzati come lucertole e rane,<br />
premevano la faccia contro l’erba col cuore in bocca, in<br />
ascolto delle raffiche e delle bombe.<br />
Il biondo giovane, dopo aver assistito urlando freneticamente<br />
alla sparizione della massa e poi a quella dei suoi<br />
aiutanti ed interpreti, e dei militi azzurri con l’elmo, anche<br />
lui, prima con passi misurati e dignitosi, poi affrettando<br />
man mano l’andatura fino a renderla eccessivamente simile<br />
ad una corsa, con un’ultima occhiata al campo di lavoro<br />
deserto, si buttava agilmente in una buca rifugio,<br />
dalla quale raffiorava solo quando l’allarme era passato,<br />
per riprendere le sue urla contro quei maledetti porci fannulloni<br />
di italiani.<br />
La gente sparsa tutto intorno, cessato l’attacco, si radunava<br />
lentamente, senza fretta, discutendo, ammiccando, ri-<br />
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chiamandosi l’un l’altro, con l’aria di scolari al rientro dalle<br />
lezioni; altri rispondevano di lontano. Minacce ed improperi<br />
incorniciavano la ripresa dei lavori, mentre il biondino,<br />
risalendo sul piedistallo della propria autorità, mostrava<br />
una faccia più smunta, coi muscoli tirati. Così si svolgevano<br />
i lavori, con una santa fiacca, intercalata dalle visite<br />
dei caccia e dei ricognitori. Ogni tanto però, ci lasciava la<br />
pelle un povero diavolo, sorpreso per la strada in bicicletta,<br />
o qualcuno dei lavoratori un po’ più lento o sfortunato.<br />
Mai però che ci lasciassero le penne quei maledetti tugnìn!<br />
Pareva che fossero tutti d’accordo, gli americani, gli inglesi<br />
e i tedeschi a bucar solo la pelle degli italiani.<br />
Lungo il Po non si poteva più né passare, né pescare;<br />
tutte le barche erano state requisite, al pari dei carri, dei<br />
buoi e dei cavalli. Vetture e barrocci portavano ora solo dei<br />
tugnìn in uniforme, coi loro interpreti ed aiutanti; e dei repubblichini<br />
che, con la morte di latta sul berretto, filavano<br />
come già sentissero il diavolo alle calcagna. Dunque il Po<br />
era deserto e muto, le ultime chiatte affioravano con la prua<br />
come ippopotami dalle secche, dove erano affondate crivellate<br />
dalla mitraglia o sfiancate dalle bombe.<br />
Però rintanato nella lanca dentro un fascio di cannicci,<br />
il Bosghìn viveva una vita sua clandestina, sfiorato di notte<br />
dai riflettori o salutato da qualche fucilata sparata nel buio<br />
dalle sentinelle, che lungo gli argini avevano sorpreso lo<br />
sciacquio dei remi. Solo Berardo, il professore e Mario, allora<br />
appena di ritorno dai Balcani, dov’era sfuggito a tedeschi<br />
ed a partigiani, custodivano il segreto. Nelle acque<br />
della lanca deserta di barche, troppo arenose perché i tedeschi<br />
venissero a buttarci le bombe come lungo i marmi<br />
degli argini, per distruggere il pesce a quintali, fra le alghe<br />
sciamavano frotte di rinatti, baluginavano lucci veloci come<br />
squali, nuvole di oratine sventagliavano i loro fianchi aran-<br />
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