bosgattia ristampa - Stampa Libera
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grappolo su grappolo, come un assetato che, raggiunta finalmente<br />
la fontana, vi si tuffi con la testa sotto il getto,<br />
bevendo e rinfrescandosi ad un tempo. E sentiva piano<br />
piano dissolversi quella fiacca, quel peso che gli legavano<br />
le gambe e il cervello.<br />
Finché il professore, sazio, smise abbozzando un risolino<br />
impacciato con l’impressione di aver saccheggiato un<br />
mezzo filare.<br />
– Gierela bona alora, l’uva? – fece Riccardo, che aveva<br />
spilluzzicato in silenzio, e rise.<br />
Anche il professore scoppiò a ridere; e si sentì più leggero<br />
e con la mente sgombra.<br />
Un merlo, sfrecciando lungo la siepe di confine, andò in<br />
quel momento a posarsi in cima alla robinia della seraja<br />
squittendo. Era una tentazione e il professore curvo, si<br />
avviò lungo la strenna per arrivargli a tiro, senza cambiar<br />
cartuccia.<br />
Riccardo gli sussurrò dietro: – E il lievro? – Ma quello<br />
abbozzò un segno con la mano, chissà dov’è, e proseguì.<br />
Procedeva piano piano, cercando di ripararsi sempre con<br />
le viti e con gli alberi, il fucile impugnato e i cani alzati. Il<br />
merlo era restato immobile a osservare in giro per assicurarsi<br />
che non ci fossero insidie; poi aveva cominciato a saltellare<br />
da un ramo all’altro della robinia, chiamando a raccolta.<br />
Un altro merlo, infatti, gli rispose dalla siepe ed uno,<br />
più lontano, s’annunciò precipitoso.<br />
Sempre costeggiando il filare, il professore si trovò all’improvviso<br />
di fronte a una ghiandaia che lo fissò attonita<br />
con occhi selvaggi e schiamazzando, si cancellò dall’altra<br />
parte della strenna. Il cacciatore col fucile imbracciato, fu<br />
turbato da quell’imprevisto.<br />
In quel momento, tra la tensione e il dispetto, frammezzo<br />
alle viti intravvide, o gli parve, fra i cavoli allineati<br />
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in parata, balenar qualcosa di indistinto, a metà coperto<br />
dalle larghe foglie; poteva anche essere un uccello, o un<br />
gatto, o una donnola o magari... e senza finir neppure il<br />
pensiero, per scaramanzia, abbassò le canne e lasciò andare<br />
il colpo così, d’istinto. Nulla si mosse, s’alzò un po’ di polvere<br />
e di terriccio, e le foglie della cavolaia caddero falciate.<br />
– A cossa galo tirà? – chiedeva Riccardo.<br />
La voce gli arrivò incredibilmente lontana, irreale. Non<br />
seppe cosa rispondere. In verità, non sapeva neanche lui<br />
perché, e a cosa avesse sparato. Tuttavia, per forza d’abitudine,<br />
lentamente, come un delinquente che s’accosti, affascinato<br />
e atterrito, al luogo del misfatto, s’avviò là, dove<br />
credendo di scorger qualcosa, aveva maciullato le foglie e<br />
il terriccio.<br />
Senza affrettarsi, s’accostava passo a passo. Non si vedeva<br />
nulla: solo le foglie e le tracce dei pallini che avevano<br />
rastrellato il solco, e poi... e poi una macchiolina di sangue<br />
e un ciuffo di peli, e nell’altro solco, tra i cavoli, dove s’era<br />
rovesciata fulminata dalla cattiva fortuna, la lepre: proprio<br />
la lepre.<br />
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