Il dialogo ecumenico e interreligioso: quale futuro? - Nemesistemi

allo stretto riferimento cristico 1 . Dal 'segno del dono' al dono nel segno 2 , il segno-mezzo efficace
appare in modo abbastanza chiaro nel documento del BEM 3 , rinviando al sacramento senza
eccedere in questa terminologia pur non rifiutandola 4 e assumendone la problematica 5 . Si insisterà
talvolta sul significato 'ecclesiologico fondamentale' dei dialoghi e degli accordi sul Battesimo 6 , nel
Battesimo trinitario irripetibile, primo passo fondamentale del dialogo ecumenico, focalizzandosi
ulteriormente sul legame d intento tra riconoscimento del battesimo e ammissione all eucaristia dei
battezzati 7 . Si capisce il senso di questo passo: il battesimo riconosciuto porta al riconoscimento
1
M. Moser, Christian Baptism in both Gift and Response, in «Prairie Messenger Catholic Weekly», 1984 nº 1, p. 13; ROMAN CATHOLIC -
METHODIST INTERNATIONAL COMMISSION, The Apostolic Tradition, in «Origins», 1991 nº 15, p. 224; J. Vercruysse, Baptism, Eucharist,
Ministry: Lima's Achievement and Challenge, in «Theology Digest», 1982 nº 3, p. 20.
2
R. Falsini, Un solo battesimo: tra fede e prassi, Torino 1987, p. 20; cfr risposta 'tattica' di E. Fortino, Il battesimo nell'unità dei cristiani, in «Rivista
liturgica», 1984 nº 71, p. 487 (rassicurando sulla prassi della Cresima).
3
P. Ricca, Il Bem e il futuro dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 160: «C) Opportunamente il
testo mette in luce il duplice aspetto del battesimo che è, allo stesso tempo, «dono di Dio» e «rito di impegno» nei confronti del Signore (B 1), «dono
di Dio» è la nostra risposta umana a quel dono (B 8), tanto nel caso del battesimo dei bambini quanto in quello del battesimo del credenti: in entrambi
«prende corpo l iniziativa di Dio» ed entrambi esprimono una risposta di fede (B 12 comm.). Il rapporto però che intercorre tra questi due aspetti del
battesimo resta nel vago. Non stupiscono quindi le forti oscillazioni del testo: si va da affermazioni improntate a un massiccio sacramentalismo (La
dove si parla, ad esempio, di una salvezza «contenuta» nel battesimo
B 8
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o la dove si sostiene che il battesimo è «inseparabilmente» legato alla
ricezione dello Spirito Santo in quanto non solo la significa ma la «attua» (B 14) ad altre più sobriamente dettate da una teologia del «segno» (B 2, 3,
6, 7, 14). L impressione complessiva, a una prima lettura, è che la posizione prevalente sia quella che vede nel battesimo un segno efficace che, come
abbiamo appena visto, significa e attua (B 14). Un «mezzo di grazia», allora? L espressione, in questi termini, non ricorre, ma il pensiero è senz altro
presente. D altra parte una comprensione del sacramento nel senso di un opus operatum sembra evitata. Forse una maggiore chiarezza si sarebbe
potuta conseguire cercando di approfondire il rapporto tra il battesimo d acqua e il battesimo di Spirito. Il testo si limita invece ad esporre le vane
concezioni esistenti, senza proporne una sua (B 14, 5, 19, 21 comm. c): una prudenza comprensibile ma forse eccessiva. Ci si chiede se, su questo
punto particolare, il contributo di Karl Barth non avrebbe meritato maggiore considerazione».
4
P. Ricca, Il Bem e il futuro dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, pp. 159-160: « b) Colpisce e
sorprende il fatto che ii documento se lo abbiamo letto bene qualifichi una sola volta il battesimo come «sacramento», nel commento al n. 13.
mentre una seconda menzione dello stesso tenore ricorre nel testo sull eucaristia (1). D altra parte la teologia contenuta nel testo non sembra sgorgare
da una concezione non sacramentale del battesimo. Si tratta allora di una «concessione» terminologica fatta alla tradizione battista? Oppure di un
encomiabile adeguamento al linguaggio neotestamentario che com è noto
non parla mai del battesimo in termini di mysterion (considerato
1 equivalente biblico di «Sacramento»? Se cosi fosse, perché Ia stessa opzione non è stata fatta per Ia Cena del Signore, che il Nuovo Testamento
a differenza del BEM (cfr. E 2, e passim) - non qualifica mai come «nysterion?».
5 P. Ricca, Il Bem e il futuro dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 159: «Gli anabattisti,
rifiutando ii pedobattismo, incrinavano la compattezza del corpus christianum e lo minavano alla base. Si può discutere sul valore delle loro
argomentazioni e delle loro posizioni di fondo, ma la portata evangelica di questo aspetto della loro protesta non può essere taciuta. Purtroppo, invece,
il testo di Lima ignora tutta questa tematica (tra 1 altro ancora molto attuale) e la immiserisce facendone una questione di prassi battesimale. Dietro il
battesimo dei credenti c è ben più che l esigenza (peraltro ineccepibile) di una confessione di fede personale da parte del battezzato; c è una nuova
coscienza di chiesa in rapporto alla comunità civile. Il testo di Lima cerca di sdrammatizzare ii conflitto tra i due tipi di battesimo (quello dei bambini
e quello dei credenti), ed ha ragione di farlo; ma ha il torto di non illustrare a fondo le ragioni che lo hanno determinato. La riconciliazione tra loro
caldeggiata dal documento e senz altro da raccogliere e attuare, ma non si sfugge all impressione di un certo appiattimento della problematica in
gioco».
6 Il capitolo sui 'frutti del dialogo' della enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995,nº 42-43, fa passare il 'pendolo' di
equilibrio tra 'affermazione ecclesiologica' sul Battesimo ed i dialoghi su temi di 'solidarietà' al servizio dell'umanità, con un riferimento che si
indirizza direttamente a 'Dio'.
7 W. Kasper, Ecclesiological and Ecumenical Implications of Baptism, in «The Ecumenical Review», Oct. 2000, etiam in «Internet» 2004,
http://www.findarticles.com/p/articles/mi_m2065/is_4_52/ai_68864487/pg_23: «More serious ecumenically is another circumstance: the Orthodox
churches and the Roman Catholic Church, even though they recognize the baptism of another church, nevertheless do not allow persons baptized
within that church to participate in the eucharist. To Protestant Christians this practice is hard to understand and, even within Roman Catholicism, it
causes pain from the pastoral point of view. Here we have to do with one of the thorniest ecumenical problems of the present time, from which many
Christians and pastors suffer. For the Roman Catholic and the Orthodox churches communio and eucharistic fellowship belong together. For this they
can appeal to 2 Corinthians 10:17: "Because there is one bread, we who are many are one body, for we all partake of the one bread." In the Tradition
of the ancient church the unity of eucharistic fellowship and church fellowship was fundamental and, till the middle of the 20th century, this was also
the position of the Reformation churches(1) -- for till then, despite unity in principle on the doctrines of justification and baptism, there was no
fellowship in the Lord's table between the Lutheran and the Reformed churches. A consensus of the universal church is thus involved, from which,
from this perspective, Christians of the Reformation churches have now departed. Put briefly, they mostly argue as follows: It is Jesus Christ who
invites, so the church is not entitled to exclude; Jesus Christ is the giver and the gift in the eucharist, so the church is not lord of the eucharist.(2) This
argument, I believe, is plausible only at first sight. It presupposes a definition of the relation between Jesus Christ and the church which leaves out of
consideration the sacramental view of the church. But taking seriously the New Testament and the Tradition of the ancient church, that the mystery of
Jesus Christ becomes manifest and present in and through the church (Rom. 16:25f.; Eph. 3:4-6,9-11; Col. 1:26f.), and as soon as one understands the
church as a sacramental sign and instrument of Jesus Christ,(3) it becomes impossible to separate fellowship in Christ and church fellowship. The
relation between Christ and the church must then be understood in the sense of Augustine's Christus totus, the whole Christ, involving Head and
members.(4) In such a sacramental view of the church one simply cannot see fellowship in Christ, the eucharist and the church other than in their
inner unity. From this standpoint the eucharist has to be always two things at once: a sign of an already given unity of the church, and the means of
deepening this given unity, and growing and maturing in it (cf. UR 2, 8).(5) Thus finally the ecclesial "fault-lines" which have already come to light in
the doctrine of baptism become clear in a new form. This concerns both the sacramental view of baptism and the sacramental view of the church.
Following agreement on basic questions relating to the doctrine of justification, and the basic consensus on the doctrine of baptism, the ecclesiological
implications of the doctrine of baptism are now on the agenda of ecumenical dialogue. Here the pneumatological delineation of the sacraments and
the church, such as we find them in Orthodox theology, might prove ecumenically fruitful as a means of breaking down institutional rigidities. Thus
there are good, hopeful signs for the new consultation process which the commission on Faith and Order has introduced on the "Nature and Purpose
of the Church".(6) One can only hope that this process will find a positive reception similar to that of Baptism, Eucharist and Ministry. Of course, real
progress will only be possible if we have the courage to tackle the root problems, and if [in the original sense of the word] we have the strength to