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Il dialogo ecumenico e interreligioso: quale futuro? - Nemesistemi

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A. JOOS (DESCGSRI)<br />

IL DIALOGO ECUMENICO: QUALE FUTURO?<br />

MALINTESI E IDEALISMI, CHIARIMENTI E<br />

SCOMMESSE .<br />

IL DIALOGO ECUMENICO VERSO IL DOMANI: SEMBRAVA UN COMODO GALATEO<br />

PER I VERTICI, STA RIVELANDO LE SUE INCONTENIBILI ESIGENZE. QUALI<br />

IRRINUNZIABILI PASSI PENETRANDO OGNI FEDE.<br />

MALINTESI<br />

DELUSIONI - CHIARIMENTI SCOMMESSE<br />

DIALOGO ECUMENICO: NON FINE A SE STESSO, INSOSTITUIBILE COME AVVIO,<br />

INSUFFICIENTE COME IMPEGNO.<br />

(con la metodologia dialogale nella parità reciproca per vivere insieme la conversione del cuore)<br />

La presente riflessione intende fare il punto sulla scommessa ecumenica del <strong>dialogo</strong>,<br />

affrontando gli interrogativi anche più incerti che sono sorti dai cinquant anni di adesione ufficiale<br />

della Chiesa di Roma al movimento <strong>ecumenico</strong> tra le Chiese. Non si tratta nel tema chiesto per<br />

questa riflessione- di conteggiare i risultati positivi dei dialoghi portati a termine. La questione<br />

riassuntiva sul tema potrebbe essere: cosa non passa nel <strong>dialogo</strong> e perché sembra spegnersi il loro<br />

lucignolo fumigante<br />

(Is 42, 3)?<br />

Conviene fermarsi prima sul <strong>dialogo</strong> e le sue esigenze in seno<br />

al movimento <strong>ecumenico</strong> ed all esperienza umana più ampia (sezione A), poi occorre guardare a ciò<br />

che il <strong>dialogo</strong> doveva innescare come processo cristiano e religioso ulteriore nella scommessa che<br />

apriva (sezione B). Riassuntivamente si può condensare tutta la riflessione che segue in questa<br />

osservazione: non abbiamo forse fatto dell inizio una conclusione, dell avvio un traguardo, del<br />

preambolo un punto di arrivo?<br />

Ovviamente, la svista maggiore sarebbe poi- di dimenticare che<br />

ogni <strong>dialogo</strong> che coinvolge la fede è prima di tutto un <strong>dialogo</strong> interiore di ognuno con Dio, il suo<br />

Dio, la divina presenza o il mondo divino<br />

INTRODUZIONE: IL DIALOGO DI PREGHIERA IN<br />

DIO E CON DIO: PRECONDIZIONE E NON 'SETTORE'<br />

DELL INIZIATIVA ECUMENICA ED<br />

INTERRELIGIOSA<br />

Ogni possibile <strong>dialogo</strong> sorge, per i credenti, da un <strong>dialogo</strong> dalla presenza divina recepita:<br />

mutua partecipazione da scoprire passo a passo attraverso tutta la vita. Dalla stessa gloria data ad<br />

essi che hai dato a me (Giov 17, 22), questa precondizione mette in luce la necessaria questione su<br />

ciò che coinvolge il processo <strong>ecumenico</strong>: o cioè se esso fa trascendere la preghiera dai confini della<br />

propria configurazione confessionale o religiosa 1 . L intento <strong>ecumenico</strong> nasce da una preghiera di<br />

Gesù (Giov 17, 20), e aspetto capitale- non da una promessa che ci sarà senz altro questa unità,<br />

1 Nella enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995, nº 21-27, la 'priorità della preghiera' viene collocata dopo 'l'importanza<br />

fondamentale della dottrina' (nº 18-20).<br />

1


con le indicazioni per l attuazione e l articolazione di questa unità 1 . Questa preghiera imposta per<br />

i cristiani- la qualità dalla <strong>quale</strong> sorge l unità auspicata da Cristo. Da questa preghiera di Gesù dovrà<br />

anche essere ripensata la formula ecumenica consueta: l unità quando e come Egli vorrà 2 . Senza<br />

questa dimensione spirituale, l unità rischia di scivolare non soltanto verso l attivismo nelle<br />

iniziative di riconciliazione ma anche nella sola concettualità dogmatica a livello dottrinale 3 . È<br />

proprio dall approfondimento spirituale che sorge la consapevolezza della gravità delle nostre<br />

disunioni 4 . Solo nel radicamento spirituale che non è per niente indifferente alle forme esterne- si<br />

trovano le sorgenti per una unità organica 5 . Sarà anche dalla vita spirituale che si troverà nuovi<br />

modi di fare teologia nell ambito della scommessa ecumenica 6 . È stato detto che "l'anima" del<br />

movimento <strong>ecumenico</strong> è la 'preghiera per l'unità' 7 . D altra parte, non tutto il coinvolgimento<br />

<strong>ecumenico</strong> si riduce alla formale celebrazione annuale della settimana di preghiera per l unità dei<br />

cristiani .<br />

ALLA SORGENTE DI TUTTO: LA SEMPLICE PREGHIERA INCESSANTE DEL CUORE DA<br />

PARTE DI TUTTI E L ADORAZIONE DELL ANIMA<br />

La preghiera è la semplice preghiera di tutti i battezzati e credenti 8 . L uguaglianza di tutti nel<br />

Popolo di Dio è più che mai prioritaria in questa disponibilità alla preghiera 9 . Non vi può essere<br />

1 Cfr R. Etchegaray, L Unité des chrétiens n est pas l objet d une promesse mais seulement d une prière. Homélie du cardinal Roger Etchegaray<br />

pour la clôture de la Semaine de prière pour l Unité des chrétiens, in «La documentation catholique», 2000 n° 2220, pp. 166-167.<br />

2 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, World Assembly of New Delhi, London 1962, p. 129, nº 39 del documento: «(a) Our deepest responsibility in<br />

the ecunienical movement is faithful prayer for the unity of Christ's Church as and when he wills it. Faith and Order has long sought to encourage<br />

such prayer as it is focused in the Week of Prayer for Christian Unity. We give thanks to God that recent years have witnessed a steadily widening<br />

observance of this Week throughout the world. But there is also need to think more deeply about the nature of the unity for which we pray, including<br />

the part which the ecumenical movement itself can play in developing a common understanding».<br />

3 R. Houdard, EAG, in «Unité des chrétiens», 1973 n° 11, p. 13: «C est dans la perspective d une expérience de plus en plus multiple et prolongée<br />

d un «vivre ensemble» que me sernble s'inscrire la contribution actuelle des communautés monastiques à la restauration de l unité. Leur enracinement<br />

dans la tradition de l'Eglise indivise les rend particulièrement aptes au dialogue et au partage de vie avec les communautés monastiques des autres<br />

Eglises. N'est-ce pas, au surplus, leur commune vocation que de se garder disponibles à l'unique Nécessaire, de demeurer les humbles témoins de<br />

cette adoration contemplative sans laquelle l Eglise cesserait d être elle-même? Ainsi que l'écrivait récemment le pasteur André Dumas,<br />

l oecum6nisme a un ardent besoin de la contemplation mystique au sens premier du mot (c est-à-dire selon ce qui précède le texte cité: «de la volonté<br />

positive, souveraine, imprévisible et créatrice de Dieu»), «car notre témoignage, notre service, notre communion, ne seraient que bavardage, activisme<br />

et vaine unification, si elles n étaient pas toujours précédées par la vision du mystère de l'oeuvrede Dieu éternel et contemporain. Sans cette mystiquelà,<br />

l oecuménisme resterait une entreprise de confrontation dogmatique de programmes d entraide et de projets de réunions interecclésiatiques».<br />

4 J. Tillard, A necessary Dimension of Ecumenism, in «Origins», 1976 nº 16, p. 250: «I believe that it is not unfair to say during the last years, we<br />

probably did not care sufficiently about this profound dimension of our reunification. We had a theological, doctrinal, official ecumenism Did we<br />

have a real spiritual one? The spiritual dimension I am speaking about is rooted, first of all, in a clear Christian conscience of the supreme gravity of<br />

disunion. A divided church is not only a contradiction in terms: it is an insult to Christ Jesus. Our pain and our sincere will to change the situation are<br />

really Christian only if they come primarily from our love for Jesus Christ and the desire of his lordship, not from pragmatical reasons».<br />

5 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, World Assembly of Nairobi 1975, Documents, Section II, Geneva 1975, p. 19: «No antithesis, then, could be<br />

more false to the letter and the spirit of the Scriptures than the common modern antithesis between spiritual unity' and organic union'. There is no<br />

scriptural warrant (and this conviction has been an ecumenical spur to many) for the idea that spirituali unity' implies indifference to external forms.<br />

And much of the present quest for'organic union', which extends over so many continents and churches today, is precisely this: to find the external<br />

forms appropriate to the unity of spirit into-which the good hand of God has been leading them more and more».<br />

6 G. F. Svidercoschi, Riunione de Comitato centrale del C. M. C., in «La Civiltà cattolica» 1973 n° 2959, p. 73: «Ciò che manca oggi al movimento<br />

<strong>ecumenico</strong>, è una nuova maniera di fare la teologia E "fare della teologia presuppone una rinnovata spiritualità in cui la riflessione su Dio si trasformi<br />

in risposta obbediente al suo appello e in cui le azioni divengano una testimonianza vivente dell impegno di Dio nel mondo"».<br />

7 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 8.<br />

8 E. Bianchi, Non siamo migliori. La vita religiosa nella chiesa, tra gli uomini, Magnano 2002, p. 17: «La verità affermata da Pacomio di fronte ad<br />

Atanasio, delineata dal grande padre Basilio, ribadita da tutte le riforme, compresa quella studita, deve restare: la vita monastica è costituita<br />

essenzialmente da semplici fedeli che in nome del sacerdozio comune dei battezzati offrono a Dio la loro vita intera "senza distrazioni" (amérimnoi) e<br />

"senza preoccupazioni" (aperispdstos; cf. ICor 7,32-35) all'interno di strutture di vita cenobitiche, anacoretiche o eremitiche».<br />

9 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 61 : «L Ancienne Alliance s'est montrée<br />

transitoire, imparfaite et charnelle. La Nouvelle que le Paraclet a conclue est une Alliance éternelle fondée sur La foi au Dieu-Trine et scellée par<br />

l'union ineffable du Ressuscité avec l'Eglise. Notons que le mot «Eglise» désigne toujours et uniquement l'ensemble du Peuple de ceux qul croient à la<br />

Résurrection (1). <strong>Il</strong> ne peut janiais designer une classe, une caste séparée, une élite hiérarchique à l'intérieur de la Communauté des croyants. Ceux-ci<br />

sout tons frères et égaux. Tous sont appelés par le Père, sauvés par le Fils et sanctifiés par l'Esprit. C'est aller contre le donné néo-testamentaire que<br />

d'identifier Eglise et hiérarchie, en en élimnant les laïcs, eux qui sont précisément le «Laos Theou» le Peuple de Dieu (2). «Laos» n'implique aucune<br />

distinction essentielle à l'intérieur de la Communauté des croyants. La distinction ne peut se faire que par rapport à ceux qui ne croient pas à la<br />

Résurrection. Quant à la distinction des ministères dans la Communauté, elle n'entache pas du tout l'égalité fondamentale de la foi. Ce qui prime, ce<br />

n'est pas d'avoir telle fonction on tel charisme dans le Peuple de Dieu, mais d être, en quelque fonction que ce soit, un authentique croyant».<br />

((1) Jacques de Tagrit, Livre des Trésors, chap. 39, op. cit., p.79, v. Isho'dad De Merv, Commentaries..., vol. V. part. I, op. cit., p. 100. Ce<br />

commentaire d'Eph. 1,22-23 qu'Isho'dad fait est un echo fidèle de Théodore De Mopsueste, cf. ibid., p. 132. Chrisostome, Hom. avant depart pour<br />

l exil, éd. Bareille, t. VI, P. 69 c. / (2) Didascalie..., chap. IX, 26, op. cit., p. 81 : «Ecoutez donc tous ceci, laïques, Eg1ise choisie de Dieu; car le<br />

premier peuple (le peuple juif) fut appelé Eglise, mais vous (vous êtes appelés) Eglise catholique, sainte et accomplie, sacerdoce royal, foule sainte,<br />

peuple (adopté) en héritage, grande Eglise, épouse ornée pour le Seigneur Dieu).<br />

2


elitismo di preghiera nell autenticità ecclesiale 1 . È la preghiera senza nome di un popolo senza<br />

nome Questa preghiera è continua e si protrae dal cuore a tutta la vita 2 . Nasce una memoria<br />

continua nel cuore: scala verso la contemplazione più alta 3 . La preghiera continua è una eucaristia<br />

interiore di una liturgia cosmica che non ha limiti 4 . La preghiera è un processo di unificazione di<br />

tutto l intento umano nell adorazione vissuta fino in fondo 5 . La preghiera per l unità è -<br />

prioritariamente- preghiera nel senso proprio e abituale, cioè semplice preghiera cristiana 6 . Si tratta<br />

di comprendere che il movimento <strong>ecumenico</strong> non è un meccanismo di unità , e ciò è possibile solo<br />

se si sottolinea la dimensione mistica (orante) dell intuito <strong>ecumenico</strong> 7 . Essa è preghiera pubblica<br />

e preghiera gli uni per gli altri (si dirà ciò piuttosto di Abramo che intercede per altri, che di Noè<br />

che si disinteressa degli altri per sfuggire alla catastrofe seguendo la meditazione rabbinica) 8 . La<br />

preghiera è sempre una anticipazione del banchetto celeste preparato per tutta l umanità (senza<br />

limiti o frontiere da innalzare) 9 . La preghiera per l unità è di origine anglicana (Spencer Jones e<br />

Lewis Wattson -quest ultimo passato al cattolicesimo nel 1908) 10 . Si svilupperà, dalla premessa<br />

1<br />

Erasmo da Rotterdam / Martin Lutero, <strong>Il</strong> libero arbitrio / il servo arbitrio, Torino 1984, pp. 178-179: (M. Lutero) n 650. La Chiesa - infatti - e retta dallo<br />

Spirito di Dio ed i santi sono condotti dallo Spirito, come dice Paolo in Romani VIII, v. 14... Ma qui occorre subito chiarire un equivoco: ciò che tu chiami<br />

Chiesa, è veramente Chiesa?... Al tempo del Profeta Elia tutta la comunità israelitica era caduta nell'idolatria al punto che Elia credeva d'essere rimasto il solo<br />

credente 1 ; tuttavia, mentre re, capi, preti, profeti e tutto cio che poteva essere chiamato popolo o Chiesa di Dio era perduto, Dio si riservò settemila uomini 2 ,<br />

ma chi riconobbe allora che quegli uomini erano il popolo di Dio? Chi dunque oserà negare che Dio si sia riservato una Chiesa nel popolo, al disotto degli<br />

uomini ragguardevoli e titolati da te citati, ed abbia lasciato cadere questi ultimi nell'errore, come fece con il regno d'Israele? Infatti Dio e abituato a colpire<br />

l'élite d'Israele e ad uccidere i migliori di essi 3 , e conservare invece i disprezzati che formano il resto d'Israele, come dice Isaia 4 , Che cosa e dunque accaduto<br />

al tempo di Gesù Cristo stesso, quando tutti gli apostoli si scandalizzavano e lo abbandonavano 5 , quando era rinnegato e condannato da tutto il popolo<br />

mentre appena due o tre persone, Nicodemo, Giuseppe ed il ladro ne erano salvati presso la croce? Queste persone che lo rinnegavano non eran forse<br />

chiamate il popolo di Dio ? È rimasto, infatti, un popolo di Dio, ma non gli si e dato questo nome; e quello al <strong>quale</strong> e stato dato questo nome non era, in<br />

realta, il popolo di Dio. Chissà se, fin dall'origine, non e stata questa la situazione permanente della Chiesa di Dio: gli uni eran chiamati popolo di Dio<br />

santi di Dio e non lo erano; gli altri, quelli che Dio si era riservati, non erano chiamati popolo di Dio , così come ci dimostrano le storie di Caino ed Abele,<br />

di Ismaele ed Isacco, di Esau e Giacobbe .<br />

( 1 I Libro dei Re, cap. XVIII, 22. / 2 I Libro dei Re, cap. XIX, 18. / 3 Salmo LXXVIII, 31. / 4 Isaia X. 22. / 5 Matteo XXIV. 56.)<br />

2<br />

P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 68: La prière du coeur libère ses espaces et y attire Jésus par<br />

l'invocation incessante: Seigneur Jésus-Christ, Fils de Dieu, aie pitié de moi, pécheur ... Dans cette prière qui est celle du publicain évangélique,<br />

c'est toute la Bible, tout son message réduit à son essentielie simplicité: confession de la Seigneurie de Jésus, de sa divine filiation, donc de la Trinité;<br />

ensuite l'abaîme de la chute qui invoque l'abîme de la miséricorde divine. Le commencement et la fin sont ramassés ici dans une seule parole chargée<br />

de la présence sacramentelle du Christ dans son nom. Cette prière résonne sans cesse au fond de l'äme, même en dehors de la volonté et de la<br />

conscience; à la fin, le nom de Jésus résonne de lui-même et prend le rythme de la respiration; en quelque sorte il est collé au souffle, même pendant<br />

le sommeii: je dors, mais mon esprit veille<br />

(Cant. 5, 2). Jésus attiré dans le coeur, c'est la liturgie intériorisée et le Royaume dans l'äme apaisée. Le<br />

nom remplit l'homme comme son temple, le transmue en lieu de la présence divine, le christifie. C'est l'expérience de saint Paul à la lumière de cette<br />

prière: Ce n'est plus moi, c'est le Christ qui vit en moi .<br />

3<br />

P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 57: L'Echelle est un guide et une méthode: se détacher de tout<br />

pour s'attacher totalement à Dieu ( séparé de tout et uni à tous ). Que l'échelle t'enseigne l'enchaînement des ver tus: la foi, l'espérance et la charité,<br />

et la charité est la plus grande.<br />

Le propre de l'äme pure est l'amour inlassable pour Dieu. On atteint à la connaissance de Dieu par une adhésion<br />

totale de l'äme amoureuse. L'office consacré à sa mémoire, dit de Jean qu'il était enflammé par le feu de l'amour divin et qu'il n'était que prière<br />

incessante, qu amour inexplicable pour Dieu. L'impassibilité conduit à la paix de l'äame affranchie des passions; la prière unit à Dieu dans une<br />

conversation familière et incessante de l'homme et de Dieu. L'héritage des anachorètes égyptiens débouche chez Jean Climaque sur la mémoire de<br />

Jésus unie au souffle. Le nom de Jésus assimilé à la respiration attire sa présence au ceur de l'hésychaste. C'est dans ce climat du Sinai que<br />

l'hésychasme byzantin prend ses orignes. Elie l'Ecdicos se rattache à la m .ême spiritualité sinaite; mais chez lui, la pratique et la contemplation ne se<br />

séparent point. De l'expérience de la proximité de Dieu, il faut faire retour au monde dans la pure charité .<br />

4<br />

P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon La tradition orientale, Lyon 1967, p. 20: Ainsi revêtir le Christ signifie l'intérioriser e actualisant<br />

la présence totale de Dieu dans son Fils. Ce n'est pas le bénéfice des mérites de l'Incarnation, mais le prolongement, l'extension de l'Incarnation dans<br />

l'homme, perpétuée par le mystère eucharistique. C'est toute la tradition mystique de la prière de Jésus conçue comme eucharistie intérieure de la<br />

présence de Dieu. Nommer, c'est rendre présent. Par l'invocation incessante du Nom de Jésus, le c ur absorbe le Seigneur, et le Seigneur absorbe le<br />

c ur . Revêtir le Christ c est aussi parachever avec lui la liturgie cosmique<br />

3<br />

interrompue par la faute; c'est, dans le synergisme de l'agir divin et de<br />

l'agir humain, transfigurer le temps et l'espace et introduire le monde dans la lumière du Huitième Jour où Dieu sera tout en tous , et où l'état de saint<br />

Paul: ce n'est plus moi qui vis, mais le Christ qui vit en moi , deviendrait comme une seconde nature .<br />

5<br />

PLENARIA OF THE SACRED CONGREGATION FOR RELIGIOUS AND FOR SECULAR INSTITUTES, The Contemplative Dimension Of<br />

Religious Life (4-7 March 1980), Vatican City 1980, n° 1, etiam in «Internet» 2006, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/<br />

documents/rc_con_ccscrlife_doc_12081980_the-contemplative-dimension-of-religious-life_en.html: «As the unifying act of all human movement<br />

towards God, the contemplative dimension is expressed by listening to and meditating on the Word of God; by participating in the divine life<br />

transmitted to us in the sacraments, particularly the Eucharist; by liturgical and personal prayer, by the constant desire for God and the search for his<br />

will in events and people; by the conscious participation in his salvific mission; by self-giving to others for the coming of the Kingdom. There results,<br />

in the religious, an attitude of continuous and humble adoration of God's mysterious presence in people, events and things: an attitude which<br />

manifests the virtue of piety, an interior font of peace and a person who brings peace to every sphere of life and apostolate».<br />

6<br />

M. Thurian, Conversion spirituelle et prière pour l unité, in AA. VV., La prière pour l unité, Taizé 1972, p. 27.<br />

7<br />

J. Tillard, A necessary Dimension of Ecumenism, in «Origins», 1976 nº 16, p. 250.<br />

8<br />

G. Laras, Lo Spirito di Dio nella visione e nell'esperienza ebraica, in AA. VV., Manderò il mio Spirito su tutti, Roma 1994, pp. 39-43.<br />

9<br />

ROMAN CATHOLIC / METHODIST INTERNATIONAL COMMISSION, The apostolic Tradition, in «Information Service», 1991 nº 78, p. 222<br />

nº 67.<br />

10<br />

H. Tavard, Petite histoire du mouvement oecuménique, Paris 1960, p. 150; K. Storch, Praying Together For Christian Unity Throughout a Century<br />

of Changes, in «WCC e-news», For immediate release - 14/01/2008 04:05:28 PM, media@wcc-coe.org: «The roots of the Week of Prayer for<br />

Christian Unity can be traced back to the beginning of the 19th century. Initiatives involving praying for unity together with Christians from other<br />

denominations had been taking place here and there for over a century when, in 1908, a priest and a sister, both Episcopalians, publicly celebrated for<br />

e


stessa della preghiera, la rete del monastero invisibile 1 . Così, l unità detta prioritariamente<br />

visibile trova la sua assise più consistente nel monastero invisibile ... E si ritrova così anche la<br />

radice originaria, fino alla congiunzione con l «l ecclesia ex judaeis» e prima delle fratture storiche,<br />

dell intuito monastico stesso 2 .<br />

QUALE SANTIFICAZIONE: NELLA PREGHIERA PER L UNITÀ O NELLA PREGHIERA<br />

COMUNE?<br />

La preghiera rimette l'intento <strong>ecumenico</strong> nella prospettiva del 'mistero della Chiesa' 3 . La<br />

preghiera per l unità ha conosciuto momenti di crisi che potrebbero essere -addirittura- quelli della<br />

preghiera stessa 4 , conferma che la questione della preghiera comune o della preghiera per l unità<br />

superano gli alti e bassi della incognita ecumenica stessa. Essa è 'riflesso della comunione del Padre<br />

con il Figlio per mezzo dello Spirito Santo' 5 . Ogni preghiera autentica viene suscitata dallo Spirito<br />

e ciò in ogni persona umana disponibile 6 . Questo mistero di comunione è un 'mistero di santità'.<br />

L unità non può essere che una unità di santificazione 7 . La preghiera è anelito di santità 8 . La<br />

santità significa, in una parola: "diventa ciò che sei" 9 ! Essa sarà vissuta come un cammino<br />

(pellegrinaggio) di santificazione 10 . <strong>Il</strong> filo conduttore della santità è l'Amore 11 . La via dell'Amore -<br />

dalla sua sorgente nel mistero di Dio 12 - è l'unione 1 . La santificazione è l unità ricreata -<br />

the first time an Octave of Prayer for Church Unity from 18-25 January in Graymoor, Garrison, New York. The Rev. Paul Wattson and Mother<br />

Lurana White, co-founders of a small religious community in the Franciscan tradition known as the Society of the Atonement, chose for the octave<br />

the days spanning from what was at that time in the Roman Catholic calendar the "feast of the Chair of Peter", to the "feast of the conversion of Paul".<br />

In celebrating its 100th anniversary, this year's Week of Prayer for Christian Unity points to that historical milestone as its foundational moment. But<br />

it is clear that a lot has changed in the ecumenical landscape over the last century. The Octave of Prayer for Church Unity of those days was based on<br />

a concept of unity as re-union of Christendom under the Pope's authority. For that reason, the octave was neither appealing nor theologically<br />

acceptable for Christians and churches outside the Roman Catholic Church, except for some Anglicans who were sympathetic to the idea of a reunion<br />

of Canterbury with Rome<br />

like Wattson and White, who joined the Roman Catholic Church themselves. While it soon became widely observed in<br />

the Roman Catholic Church, the octave was by no means the only initiative of prayer for church unity at that time. Well before 1908, the World<br />

Evangelical Alliance, the World Student Christian Federation, the Young Men's Christian Association together with the Young Women's Christian<br />

Association, had already all launched worldwide annual weeks or days of prayer in which the aspect of unity played an important role. As early as<br />

1907 the London-based Times published a letter signed by an impressive list of high-ranking church leaders from different denominations, who called<br />

on "all the Christian ministers of religion in England [ ] to prepare their congregations for a united effort of prayer on Whitsunday [ ] for the<br />

reunion of Christians". They underlined that those prayers should not compromise the beliefs of any confession but should focus on God's will for the<br />

unity of all. The church leaders soberly declared that it was not yet the time for large schemes of corporate reunion but that churches should unite in<br />

penitence and prayer: penitence for their divisions and prayer for opening their minds to God's will for unity. "God's will for the unity of all" became<br />

something like the leitmotif of the Week of Prayer for Christian Unity through the years. Early writings of the Faith and Order movement on prayer<br />

and unity refer to that concept. Decades later, that formula made it possible to pray for unity within the Roman Catholic Church in a way that would<br />

not hurt denominational loyalties of other Christians. And even today it is a reminder to Christians and churches everywhere that the quest for the<br />

unity of all does not depend nor is it based on different doctrinal concepts of unity; it is rather God's will for the entire creation».<br />

1 M. Villain, Introduction à l oecuménisme, Paris 1960, pp. 188-193; G. Curtis, 'Paul Couturier and Unity in Christ', in «Internet» 2006,<br />

http://paulcouturier.faithweb.com/invisiblemonastery.html: «'The Invisible Monastery consists of the company of souls to whom, because they have<br />

tried truly to expose themselves to his flame and thus to his light, the Holy Spirit has been able to make known intimately the sorrowful meaning of<br />

the separations between Christians - those in whom such knowledge has engendered permanent suffering resulting in habitual prayer and penitence.<br />

This fellowship is invisible in its totality, for it is scattered among all Christian communions. In some cases its members are isolated. In others they<br />

are found in groups corresponding to their temperaments and their tastes. Sometimes these individuals or groups are in relations more or less visible,<br />

more or less frequent one with another, but the reality in its full number remains always invisible, being always hidden with Christ in God. The name<br />

of Monastery does nevertheless belong to this unity, because it is the same suffering, the same desires, the same pre-occupations, the same spiritual<br />

activity, the same goal which gather together in the heart of Christ this multitude drawn from every nation. . . . Enclosure there is none save that found<br />

through dwelling in Christ - his prayer for unity. The spirit is that of this Prayer Universal; the action is spiritual emulation developed in every<br />

direction'».<br />

2 J. Willebrands, Le rôle du monachisme dans le mouvement oecuménique, in «Unité des chrétiens», 1973 nº 2, p. 17.<br />

3 Y. Congar, The Theology of Prayer for Unity, in «One in Christ», 1967 nº 3, pp. 268-269.<br />

4 J. Hamer, Rapport du Secrétaire du Secrétariat pour l unité des chrétiens, in «Information service», 1972 nº 17, p. 6.<br />

5 Cfr l'intervento di N. Nissiotis all'incontro di FEDE E COSTITUZIONE, in A. Romita, La preghiera per l'unità dei cristiani, in «Nicolaus», 1994 nº<br />

1-2, p. 181.<br />

6 Cfr Giovanni Paolo II ad Assisi, il 27 ottobre 1986, in idem, Discorso ai cardinali della Curia del 22 dicembre 1986, in «Bulletin du Secrétariat<br />

pour les non chrétiens», 1987 nº 64, p. 69; COMMISSION INTERNATIONALE POUR LE DIALOGUE INTERRELIGIEUX, Contemplation et vie<br />

monastique, in «La documentation catholique», 1994 nº 2090, p. 292.<br />

7 W. Kasper, Contro i profeti della sventura. La visione del Concilio per il rinnovamento della Chiesa, in «Communio», 1990 nº 114, p. 68.<br />

8 Y. de Moncheuil, Aspects de l'Eglise, Paris 1958, p. 52.<br />

9 M. Labourdette, La sainteté, vocation de tous les membres de l'Eglise, in G. Barauna, L'Eglise de Vatican II, Paris 1967, vol. III, p. 1109.<br />

10 A. Huerga, La peregrinación como prática penitencial, in «Jubilaeum», Città del Vaticano 1974, p. 385.<br />

11 M. Labourdette, La sainteté, vocation de tous les membres de l'Eglise, in G. Barauna, L'Eglise de Vatican II,Paris 1967, vol. III, p. 1115; P. Tillich,<br />

Love, Power and Justice, London 1954, p. 77; P. Teilhard de Chardin, L'activation de l'énergie, Paris 1963, pp. 54, 78; idem, Science et Christ, Paris<br />

1965, pp. 214-215; S. Bulgakov, Le Paraclet, Paris 1943, p. 307.<br />

12 U. Hedinger, Der Freiheitsbegriff in der Kirchlichen Dogmatik Karl Barths, Zürich 1962, S. 37; F. Gogarten, Die Frage nach Gott, Tübingen 1968,<br />

S. 75; K. Barth, Kirchliche Dogmatik,Zürich 1975, B. II, 1, S. 35; P. Teilhard de Chardin, L'avenir de l'homme, Paris 1959, p. 75; idem, Science et<br />

Christ, Paris 1965, p. 215.<br />

4


ifocalizzata- dalla e nella persona umana 2 . La santità sarà una 'salvezza da' ma non una 'salvezza<br />

contro': non una 'separazione per distruggere' ma una 'separazione per rendere coerenti', "santità che<br />

costituisce un popolo per camminare verso tutta l'umanità": nesso di parallelismo-superamento fra<br />

liberazione del popolo eletto dall'Egitto e liberazione 'eucaristica' di santità 3 . La Chiesa 'santa'<br />

consiste nella massima santificazione eucaristica 4 . Anche qui, dal 'credo in un solo Dio -o cioè solo<br />

in Dio l'unità si svela- si dirà "solo Dio è 'il Santo'": con quello strano 'salto' fuori delle proprie<br />

frontiere, usando una parola egizia (sommamente ambigua per il soggiogamento da esso esercitato<br />

sul 'popolo di Dio') "anochi" per evocarla: santità dal suo esordio linguistico 'fuori recinto' e che<br />

non appartiene al patrimonio linguistico del popolo eletto 5 . Essa ci fa uscire dalle 'metodologie'<br />

predisposte sulla 'intercomunione' ecclesiale od ecclesiastica 6 . Spetterà all'intento <strong>ecumenico</strong> di<br />

approfondire il legame santità-eucaristia-unione. La preghiera di santificazione non va chiusa dentro<br />

nessuna frontiera, particolarmente tra cristiani. C'è chi chiederà piú esplicitamente una necessaria<br />

"nuova formulazione della santità" 7 . la santità non rappresenta un semplice ideale di 'perfezione' 8 ,<br />

ma un incessante 'ricentrarsi' sul Regno di Dio 9 nella tensione tra audacia e de-possessione<br />

(risurrezione e crocifissione) 10 . La premessa della santificazione nella preghiera ci rimanda alle<br />

radici comuni della preghiera del popolo di Dio, al di là delle sue incertezze di ieri e delle esitazioni<br />

dei cristiani oggi 11 . La preghiera di Gesù sorge da quella ebraica 12 . Dalle radici di cui nasce la<br />

comunità ecclesiale 13 , alle somiglianze tra Francesco d'Assisi e l'hassidismo 14 con la sua insistenza<br />

sulla 'de-possessione' interiore e della de-aggressivizzazione (che ritroviamo nelle categorie della<br />

spiritualità ortodossa slava 15 ), fino alle aperture di M. Buber 1 , non si potrà evacuare l'acqua viva<br />

dataci dall'avventura del popolo eletto ed oltre ad esso verso le grandi religioni dell'umanità.<br />

1 P. Teilhard de Chardin, Les directions de l'avenir, Paris 1973, p. 86; P. Tillich, Love, Power and Justice, London 1954, p. 33.<br />

2 P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. III, p. 440.<br />

3 M. Garard, L'Unité de composition de Jean 6, au regard de l'analyse structurelle, in «Eglise et Théologie», 1982 nº 1, p. 109: Gv 6, 16-21<br />

(Mosé-Gesú vittoria sul mare), 1-15 (Mosé-Gesú nutrimento della folla), 22-25 (corrergli dietro) / Gesú supera Mosé: 26-33 (aprire al mondo divino),<br />

35-47 (pane-parola), 48-58 (vera manducazione concreta "bebrÇkosin") / fine come con Mosé: 60-71 (brontolamento e 'pochi' che andranno fino alla<br />

terra promessa).<br />

4 H. De Lubac, Méditation sur l'Eglise, Paris 1955, pp. 23-31; G. Ferraro, Lo Spirito Santo nell'azione liturgica, in «La Civiltà cattolica», 1982 nº<br />

3162, pp. 551-563; cfr A. Joos, Eucaristia e spiritualità dell'epiclesi, Roma 1983.<br />

5 R. di Segni, La Pasqua ebraica, in AA. VV., Eucaristia e unità, Roma 1974, colpisce la vicinanza di angolatura tra l'insistenza ebraica sull'aspetto<br />

'pubblico' della preghiera, sul riferimento 'fuori frontiera' del riferimento ebraico alla preghiera come via di santità e l'impostazione di Giovanni Paolo<br />

II che tenta di congiungere 'preghiera per l'unità' con le sue visite pastorali dal centro di supremazia verso le varie Chiese nel mondo, abbinandole alla<br />

menzione della Settimana di preghiera per l'unità, in idem, Enciclica "Ut unum sint", Città del Vaticano 1995, nº 24-25..<br />

6 Cfr A. Hastings, Is there Room Today for Reciprocal Intercommunion between Catholics and Anglicans?, in «One in Christ», 1973 nº 9, pp. 335-<br />

353.<br />

7 P. Teilhard de Chardin, L'énergie humaine, Paris 1962, p. 136.<br />

8 H. Küng, Die Kirche,Freiburg 1967, S. 382-383.<br />

9 P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. III, p. 428.<br />

10 S. Bulgakov, L'Ami de l'époux, in «Le Messager orthodoxe», 1968 nº 42-43, p. 55; idem, Le Paraclet, Paris 1943, pp. 290, 396; P. Teilhard de<br />

Chardin, Le milieu divin, Paris 1964, p. 183.<br />

11 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, La misitica ebraica: una sconosciuta?, in «Vita monastica», 1983 nº 155.<br />

12 A. Mello, L'orizzonte ebraico della preghiera di Gesù, in «Vita monastica», 1984 nº 39, pp. 74-84.<br />

13 K. Hruby, Alle radici della mistica ebraica. Alcuni appunti, in «Vita monastica», 1983 nº 155, pp. 8-24; M. Cunz, Tradizione rabbinica e Nuovo<br />

Testamento, in «Vita monastica», 1984 nº 39, pp. 85-91; I. Zatelli, La lingua di Gesù, ibidem, pp. 92-97; G. Boccaccini, <strong>Il</strong> valore memoriale dell'atto<br />

eucaristico alla luce della tradizione giudaica, ibidem, pp. 107-117.<br />

14 C. Di Sante, S. Franceso e l'Hassidismo, ibidem, pp. 33-46.<br />

15 Bibliografia: Dispense del professore: A. Joos, Escatologia slava orientale, (appunti per il corso di cristologia presso il P. Istituto orientale), pro<br />

manuscripto, Roma 1991, [ pp.] // Documentazione ulteriore: A. Joos, Oriente - occidente, introduzione al confronto ed alle complementarietà<br />

teologiche, (appunti per i studenti, Pontificio Istituto orientale), pro manuscripto, Roma 1989 / documentazione ulteriore, A. Joos: Dalla Russia con<br />

fede, (originalità di un millennio cristiano), Roma 1990, tre volumi: vol. I, Le vie dell'esperienza cristiana russa / vol. II, Voci dell'originalità di fede<br />

russa / vol. III, Temi dell'intuito ecclesiale russo; idem, L'autocéphalie et l'autonomie d'après de récents documents du patriarcat de Moscou, in<br />

«Irénikon», 1972 nº 1, pp. 24-38; idem, L'homme et son mystère - éléments d'anthropologie dans l'oeuvre du père S. Boulgakov, in «Irénikon», 1972<br />

nº 4, pp. 332-361; idem, Comunione universale o cattolicita` dell'assemblea? (elementi di ecclesiologia nell'opera di N. Afanas'ev), in «Nicolaus»,<br />

1973 nº 1, pp. 7-47 / nº 2, pp. 223-260; idem, L'Eglise: (ré)conciliation et conciliarité (aspects de l'ecclésiologie de 'sobornost'' dans les écrits de S.<br />

Boulgakov), in «Nicolaus», 1976 nº 1, pp. 3-97; idem, Non violenza e resistenza nella storia del cristianesimo russo, in «Hermeneutica» (Università<br />

degli studi di Urbino), 1985 nº 5, pp. 167-229; idem, La pace come sinergia nell'esperienza cristiana russa ortodossa, in «Lateranum», 1987 nº 1, pp.<br />

111-190; idem, L'originalita' ortodossa russa nelle sue relazioni con l'esperienza cristiana veneta (una possibile lettura teologica), in «Studia<br />

patavina», 1988 nº 2, pp. 1-151; idem, <strong>Il</strong> Cristo di Dostoevskij e l'esperienza cristiana russa, in «Rassegna di teologia», 1988 nº 6, pp. 539-557; idem,<br />

Valori specifici della spiritualità cristiana orientale, in «Testimoni nel mondo», 1988 nº 4, pp. 1-26; idem, Teologia del laicato nell'oriente cristiano,<br />

in AA. VV., Atti dell'incontro di cultura cristiana per i laici, Venezia 1988; idem, La conciliarità o "l'insiemità conciliabile" nella teologia della<br />

sobornost' ortodossa russa recente, in AA. VV., Atti del convegno «conciliarita' e autorita' nella Chiesa», Bari; idem, La nouvelle création, vision<br />

de la rencontre du divin et de l'humain dans la Sophia: P. Florenskij (conférence aux "Semaines oecuméniques de Chevetogne"), in «Irénikon», 1990<br />

nº , pp. ; idem, Solov'ëv e Cristo: cogliere il mistero cristico smascherando l'anticristo dentro di noi, in AA. VV., La figura di Cristo vista da vari<br />

autori, Trento 1990, pp. ; idem, Prospettive slave su Cristo, appunti per il corso di cristologia presso il P. Istituto orientale, pro manuscripto,<br />

Roma 1990.<br />

5


La santità, nell interpretazione ufficiale occidentale, a molto a che fare con 'l'eroismo'.<br />

Qualcuno direbbe che 'ogni civiltà o religione ha i suoi eroi'. Ma si sa che la categoria dell'eroe è<br />

assai diversa dalla specificità cristiana e cristica. Fino a che punto ciò che sarebbe la somma<br />

trasparensa evangelica (cioè la santità) dovrebbe avere come criterio di autenticità ciò che e soltanto<br />

'comune a tutte le civiltà'? Come mai ci si affiderebbe all'eroicità quando, nella stessa sensibilità<br />

'agostianiana' ci si affida così poco all'umano? Nell'oriente cristiano, la grazia non sorge dai 'meriti'<br />

e non è fonte di 'azioni meritevoli' 2 . La scelta monastica non è una palestra d eroico combattimento<br />

'per se stessi' (la propria salvezza ecc.), ma una scuola di disponibilità nella e per la comunità<br />

credente 3 . Lo scopo non è la 'ferrea disciplina' ma la 'flessibile recettività' che può diventare<br />

assistenza ed illuminazione a servizio del popolo ecclesiale 4 . L'umile commozione (con le lacrime<br />

dell'intenerimento evangelico) sarà la via dell interiore trasfigurazione 5 . Tale sarà la maturazione<br />

della tradizione russa ortodossa riguardo ai 'conoscitori delle anime', o padri nello spirito, o<br />

«startsy» (anziani nell esperienza di fede) 6 . La metodologia dei 'startsy' è solo la 'cardiognosia' o<br />

l'aiuto offerto a 'vedere in ognuno dal di dentro' 7 . Essi non impongono niente, non 'dirigono' ma<br />

fanno l'esperienza dando l'esempio. La loro mediazione è una assistenza per ricomporre la persona<br />

nella sua totalità 8 . Se ci si fida di ogni persona umana in questa prospettiva, non è la stessa cosa per<br />

'l'eroe' (magari ecclesiale). Si parla della tentazione dell'eroismo 9 , o cioè di una vita costruita a<br />

spese degli altri 10 . Emergendo nello stile 'eroico' si distrugge la quotidianità per inserire la persona<br />

nel formalismo di una teatralità 11 . La stessa rivoluzione russa insegnerà quanto sia prezioso il<br />

superamento di questo tipo di insidiosa vanità 12 . Così viene superato una angolatura sempre<br />

aggressiva sulla santità evangelica. Quale sarà, allora, il tipo di risposta radicale all'invito<br />

evangelico? La tradizione e la sensibilità cristiana russa ce lo dice: si tratta di vivere il vangelo fino<br />

in fondo passando dalla 'non resistenza' (al male ed al bene) -indifesi come lo fu Cristo portato<br />

come un mite agnello al macello 13 - per vivere la totale gratuità del 'sacrificio inutile' dove<br />

scompare addirittura la scappatoia dei 'meriti' 14 . Dostoevskij saprà evocare l'apparente<br />

contraddizione tra questa radicalità interiore e l'ambiguità di ogni esperienza cristiana. Evitando<br />

l'inflessibilità del ferreo volontarismo e la tentazione di singolarizzazione 'eroica' nel farsi 'vittima'<br />

esemplare, si salverà la Chiesa nella sua insiemità di sobornost''. In questa santità di non resistenza<br />

evangelica appare l'impronta particolarissima della 'umilenie' o dell'intenerimento vissuto dalla<br />

Madre di Dio 15 : accoglienza totalmente umana ma inizio dl una 'maternità divina' 16 . In questo si<br />

trova la fonte 'storica' della divinizzazione in via di compimento.<br />

1<br />

A. Poma, Invito alla conoscenza di M. Buber, in «Vita monastica», 1983 nº 155, pp. 47-51: M. Viterbi Ben Horin, <strong>Il</strong> rapporto popolo e terra nel<br />

pensiero di Martin Buber, ibidem, pp. 52-63; E. Paggi Sadun, Martin Buber e il progetto educativo, ibidem, pp. 66-68; C. Levi Coen, Alla ricerca<br />

delle radici : l'identità ebraica in Martin Buber, Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, Ebrei e cristiani, chi siamo noi? - due identità a confronto, in<br />

«Vita monastica», 1991 nº 58, pp. 115-118.<br />

2<br />

Vl. Losskij, Théologie mystique de l'Eglise d'Orient, Paris 1944, pp. 194-195.<br />

3<br />

Metr. Séraphim, L'Eglise orthodoxe, Paris 1952, p. 182.<br />

4<br />

Metr. Séraphim, L'Eglise orthodoxe, Paris 1952, pp. 192-193.<br />

5<br />

Metr. Séraphim, L'Eglise orthodoxe, Paris 1952, pp. 198-199.<br />

6<br />

O. i evskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1965, pp. 200, 300; N. Berdjaev, Le fonti e il significato del comunismo russo, Milano 1976, p. 27;<br />

P. Kovalevskij, Saint Serge et la spiritualité russe, Paris 1958, p. 148; N. Zernov, Rinascita religiosa russa nel XXE secolo, Milano 1978, p. 28O.<br />

7<br />

P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 79.<br />

8<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, ( 1917), in idem,<br />

, 1984 / Bari 1974, . 462-463 / pp. 501-5O2.<br />

9<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, ( 1917), in idem,<br />

, 1984 / Bari 1974, . 42 / pp. 80-81.<br />

10<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, ( 1917), in idem,<br />

, 1984 / Bari 1974, . 463 / p. 502.<br />

11<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, ( 1917), in idem,<br />

,<br />

1984 / Bari 1974, . 464 / p. 503.<br />

12 T. Gori eva, Nous, convertis d'Union soviétique, Paris 1984, pp. 121-122.<br />

13 I. Kologrivov, Essai sur la sainteté en Russie, Bruges 1953, pp. 27-34.<br />

14 L. R. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, pp. 101-102; R. Guardini, Religiöse Gestalten in Dostojewskij's Werk, München<br />

1951, S. 69, 85.<br />

15<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

, 1984 / Bari 1974, . 385 / pp. 417-418.<br />

16 N. Berdjaev, Le fonti e il significato del comunismo russo, Milano 1976, p. 176.<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, (<br />

6<br />

1917), in idem,


PREGHIERA COMUNE - PREGHIERA A LUNGO OSTEGGIATA<br />

Dopo 100 anni di preghiera per l unità dal 1908, rimane ancora eccezionale pregare insieme<br />

per l unità 1 . Anticamente, si suggeriva di pregare insieme il Padre nostro nell intento di ritrovare la<br />

pienezza di unità: se il battesimo è riconosciuto come affiliazione comune, la riconciliazione offre<br />

inoltre il dono dell unità, per non imporre a chi accoglie inizialmente la fede il dissenso cristiano 2 .<br />

La preghiera comune fu a lungo osteggiata dall istituzione ecclesiale 3 . Questa potrà essere<br />

permessa "in alcune speciali circostanze", vissuta come "preghiera comune", "genuina<br />

manifestazione dei legami con i fratelli allontanati" 4 . Anche nell ambito degli accordi<br />

interecclesiali ecumenici, la preghiera comune rimane difficilmente recepita: prova né è la charta<br />

ecumenica delle Chiese cristiane d Europa nel 1999 non ha potuto esprimere l invito a una<br />

preghiera comune ma solo ad una preghiera per l unità o gli uni per gli altri , suscitando una seria<br />

perplessità da parte di chi vive da tempo la scommessa comune di vita<br />

7<br />

5 . Quale è questa<br />

preghiera? Una normalissima preghiera fatta di umiltà di spirito, di adorazione, di confessione dei<br />

peccati, di intercessione e di azione di grazie 6 . Nacque, poi, l'iniziativa specifica della "settimana di<br />

preghiere per l'unità cristiana" 7 . Anche questa è una iniziativa nata nell'ambito di altre Chiese<br />

cristiane, nelle <strong>quale</strong> si inserisce l'adesione della nostra Chiesa 8 . Si sottolineerà l'importanza della<br />

preparazione e partecipazione di comune accordo e reciproca di tali celebrazioni 9 . Dalla preghiera<br />

comune potrà sorgere l'iniziativa operativa che coinvolge le Chiese 10 . Una prudente progressività<br />

sarà possibile nella reciprocità di partecipazione 11 . Nel percorso <strong>ecumenico</strong>, si oscillerà tra una<br />

reticenza di certe Chiese a causa della sospetta artificialità della preghiera comune e la<br />

perseveranza nel proseguire su questo difficile cammino che mette in presenza sensibilità,<br />

linguaggi, stili assai diversi di pregare 12 . La "preghiera per l'unità della Chiesa" riprende quella ben<br />

nota del Salvatore: "Perché tutti siano una cosa sola" (Gv. 17, 21) 13 , uscendo da una ristrettezza<br />

1<br />

K. Storch, Praying Together For Christian Unity Throughout a Century of Changes, in «WCC e-news», For immediate release - 14/01/2008<br />

04:05:28 PM, media@wcc-coe.org: «Although prayer is certainly at the heart of Christian life, praying together is not an easy exercise for churches<br />

within worldwide Christendom. Even today, common prayers are exceptional events rather than part of the daily life of the churches. But at least once<br />

a year it has become "normal" for many churches and congregations to pray together during the annual celebration of the Week of Prayer for<br />

Christian Unity. In 2008, the 100th anniversary of this most meaningful ecumenical initiative is being celebrated around the globe».<br />

2 V. Grossi, L iter della comunione ecclesiale nella comunità di Tertulliano<br />

Cipriano<br />

Agostino, in AA. VV., Regno come comunione, Torino<br />

1980, p. 99: «Nel cammino di una Chiesa, quella africana, che doveva ritrovare la sua comunione, Agostino suggeriva di iniziare a pregare insieme il<br />

Padre nostro (Serm. ad Caes. eccl. plebem 2: CSEL 53, 170). Rilevava poi come sia necessaria l unità tra i cristiani per la natura missionaria della<br />

Chiesa. Egli vedeva come un ingiustizia il voler imporre ai gentili il dissenso cristiano (serm. 47, 28). <strong>Il</strong> perché dell unità Agostino ce lo ha lasciato<br />

in sintesi, rispondendo ad un dissidente: Chiede il dissidente: Se io ho già il battesimo cosa potrò ricevere di più dalla Chiesa? . Riceverai la<br />

Chiesa che non hai, riceverai l unità che non hai, riceverai la pace che non hai (serm. Denis 8, 3: MA I, 37), percepirai il frutto di ciò che possiedi .<br />

(C. Cresconium II, 16, 19)».<br />

3 B. Leeming, The Vatican Council and Christian Unity, New York 1966, pp. 207-208; cfr l accenno a documenti della Chiesa cattolica di comunione<br />

romana degli anni 70 a questo riguardo, in E. Lanne, Le mystère de l'Eglise et de son unité, in «Irénikon», 1973 nº 3, p. 339.<br />

4 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 8.<br />

5 I FRATELLI E LE SORELLE DI BOSE, Lettera agli amici, Ecumenismo e Vangelo, in «Qîqajôn di Bose», avvento 2006, p. 3: « la stagione che<br />

stiamo vivendo sembra nuovamente farci ripiombare in una stagnazione ecumenica che appare sempre più come una regressione rispetto alla<br />

primavera conciliare. I segnali sono purtroppo numerosi: dialoghi teologici che ristagnano o che si accontentano di trovare compromessi minimalisti;<br />

contenziosi giuridico-pastorali che feriscono e dividono le comunitii locali; timori identitari che si traducono nella rimessa in discussione di<br />

acquisizioni precedenti: basti pensare, per esempio, che il pur lodevolissimo lavoro che ha condotto alla stesura e alla approvazione della Charta<br />

Oecumenica da parte delle Chiese cristiane d'Europa, non ha potuto inserire tra gli impegni che i cristiani si ass umono quello di "pregare insieme",<br />

ma solo un molto più riduttivo "pregare gli uni per gli altri e per l'unità della chiesa", come se non fosse scandaloso per dei cristiani il recitare il Padre<br />

nostro ciascuno per con to suo. E poi, va detto con chiarezza: oggi nella Chiesa c'è anche chi lavora contro l'unità! E quando ci si affretta a dire che<br />

l'unità si farà "quando Dio vorrà ", Si compie un atto sincero di abbandono fiducioso nell'azione di Dio o si vuole giustificare la propria rassegnazione<br />

e incapacitità a fare qualcosa?».<br />

6 M. Thurian, Conversion spirituelle et prière pour l unité, in AA. VV., La prière pour l unité, Taizé 1972, p. 27.<br />

7 Paolo VI, Discours du Pape au Secrétariat, in «Information service», 1967 nº 2, p. 3.<br />

8 G. Tavard, Petite histoire du mouvement oecuménique, Paris 1960, p. 150.<br />

9 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, Cité du Vatican 1972, nº 35.<br />

10 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, Cité du Vatican 1972, nº 33.<br />

11 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, Cité du Vatican 1972, nº 26-27.<br />

12 G. de Turckheim, Qu il est difficile de vivre ensemble! Prière commune, in «Actualité des religions», 2002 n° 41, p. 39: «Principal point<br />

d achoppement la prière commune, notamment à l occasion des célébrations oecuméniques. Les conclusions de la commission ne sont pas très<br />

optimistes. Pour les uns, majoritairement orthodoxes, cette prière constitue me entrepnise artificielle et sans fondement théologique; pour les autres,<br />

majoritairement protestants, le vivre ensemble implique nécessairement le prier ensemble. Aux yeux de l évêque luthérien allemand Rolf Koppe, coprésident<br />

protestant de la commission, l impossibilité de prier ensemble constitue une plaie onverte dans le corps du Christ. Ses propos laissent peu<br />

d espoir de trouver me solution, et l une de ses suggestions est encore plus inquiétante «Des voix se font entendre, dont la mienne, qui demandent<br />

combien de temps ce processus de clarification va encore durer. Ne serait-il pas plus honnête de reconnaître l impossibilité de résoudre cette question<br />

centrale de la théologie, et de se séparer à l amiable après cinquante ans d un chemin commun ? L aventure du COE toucherait-elle donc à sa fin?».<br />

13 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965 , nº 8.


formalmente 'ecclesiologica' 1 . Commentatori ecumenici hanno sottolineato come questa preghiera<br />

di Gesù va capita inanzitutto nel contesto eucaristico 2 . <strong>Il</strong> momento e le modalità di questa<br />

preghiera vengono delineate dal concilio: "in alcune circostanze... è lecito, anzi desiderabile che i<br />

cattolici si associno nella preghiera con i fratelli da noi allontanati" 3 . Particolarmente praticata e<br />

conosciuta è la 'settimana di preghiera per l'unità dei cristiani' (dal 18 al 25 gennaio di ogni anno)<br />

che si chiede di osservare, promuovere ed ampliare 4 . Anche il Giovedì Santo ed il Venerdì Santo<br />

sono preferenzialmente indicati 5 , così come il tempo di vigilia a Pentecoste . In queste occasioni, là<br />

dove i fratelli cristiani partecipano insieme alla preghiera comune, si rispetti la reciprocità di<br />

accordo e di coinvolgimento 6 , esclusa -evidentemente- per la celebrazione comune dell eucaristica.<br />

Sarà dunque questa la grande sofferenza del cammino <strong>ecumenico</strong>, di non poter tuttora partecipare<br />

pienamente alla comune celebrazione del mistero eucaristico 7 . Tale sofferenza fa parte della<br />

necessaria lealtà ed onestà verso i nostri stessi fratelli cristiani 8 . Ed è proprio nella preghiera<br />

comune che si sente più vivacemente la pena per la mancata concelebrazione eucaristica. Vivendo<br />

questa sofferenza nella preghiera, si capisce che essa appartiene alla dinamica, maggiormente<br />

nascosta ma più sostanziale, del movimento <strong>ecumenico</strong> spirituale. Inevitabilmente, occorrerà<br />

camminare seguendo le vie di una tale «sofferenza nella preghiera» per arrivare, in modo purificato<br />

e veramente «convertiti», all'incontro della comunione piena. Come allora procedere verso una<br />

Eucaristia compartecipata? Appare qui una stretta relazione tra due poli: la fedeltà alle direttive<br />

ecclesiali, e, d'altra parte -partendo dal cuore stesso della realtà liturgica nella sua varietà-<br />

prospettare nel rinnovamento la possibilità di una certa «autonomia creativa» 9 . Tra la conversione<br />

del cuore, che è autentica ubbidienza alla fede nella propria Chiesa, ed il rinnovamento di vita<br />

all'interno della propria tradizione, si traccia un legame vivo tra fedeltà e creatività. <strong>Il</strong> movimento<br />

<strong>ecumenico</strong> implica e presuppone questa possibilità di vie creative. La creatività sorge dal centro<br />

nevralgico della vita ecclesiale: il pluralismo -cioè- delle diverse lingue ed espressioni nella liturgia.<br />

La preghiera ecumenica non cerca un minimo, su cui stabilire degli accordi accomodanti, ma cerca<br />

invece il massimo della pienezza, nella fede integralmente riscoperta e vissuta 10 . <strong>Il</strong> fatto di non<br />

poter celebrare insieme l'Eucaristia si radica nella dovuta onestà verso i nostri fratelli nella fede e<br />

verso noi stessi 11 . Dobbiamo progressivamente riabituarci eucaristicamente gli uni gli altri, grazie a<br />

1 B. Bobrinskoj, The Teological Basis of Common Prayer for Unity, in «One in Christ», 1967 nº 3, p. 282; cfr F. M. Braun, Quatre 'signes'<br />

johanniques pour l'unité chrétienne, in «New Testament Studies», 1962-1963 nº IX, pp. 147-155.<br />

2 V.D. Zizioulas, La prière eucharistique et la catholicité de l'Eglise, in «Istina», 1971 nº 3, p. 70.<br />

3 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 8.<br />

4 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, Cité du Vatican 1972, nº 22.<br />

5 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, Cité du Vatican 1972, nº 22.<br />

6 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, Cité du Vatican 1972, nº 35.<br />

7 Giovanni Paolo II, All'assemblea plenaria del Segretariato per l'unione dei cristiani, in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, p. 38.<br />

8 Giovanni Paolo II, Con i giovani partecipanti all'incontro promosso da Taizé, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1980, vol. II, p. 1825.<br />

9 Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i vescovi sul mistero e culto dell'Eucaristia "Dominicae Cenae"«, (18 marzo), in idem, Insegnamenti di Giovanni<br />

Paolo II, Città del Vaticano 1980, vol.. 1, pp. 632-633: «Inoltre dobbiamo seguire le ordinanze emanate dai vari Dicasteri in questo campo: sia in<br />

materia liturgica, nelle regole stabilite dai libri liturgici, in quanto concerne il Mistero eucaristico, e nelle Istruzioni dedicate al medesimo Mistero, sia<br />

per quanto riguarda la "communicatio in sacns", nelle norme del "Directorium de re oecumenica" e nell' "Instructio de peculiaribus casibus admittendi<br />

alios chnstianos ad communionem eucharisticam in Ecclesia catholica". E sebbene in questa tappa di rinnovamento sia stata ammessa la possibilità di<br />

una certa autonomia "creativa", tuttavia essa deve strettamente rispettare le esigenze dell'unità sostanziale. Sulla via di questo pluralismo (che<br />

scaturisce tra l'altro già dall'introduzione delle diverse lingue nella liturgia) possiamo proseguirc solo fino a quel punto in cui non siano cancellate le<br />

caratteristiche essenziali della celebrazione dell'Eucaristia e siano nspettate le norme prescritte dalla recente nforma liturgica».<br />

10 Giovanni Paolo II, Sinodo particolare dei vescovi dei Paesi Bassi - Documento conclusivo", (31 gennaio) n. 46, in idem, Insegnamenti di Giovanni<br />

Paolo II, Città del Vaticano 1980, vol.. 1, p. 266: «I vescovi incoraggiano vivamente l'azione ecumenica comc un grave dovere che deriva specialmente<br />

dal Vaticano II. Essi insistono sull'importanza della preghiera e sull'esscnza profondamente spirituale dell'azione ecumenica. La <strong>quale</strong> è<br />

ecclesiale a pieno diritto: nella sua origine, nella sua natura c ncl suo fine. Suo obiettivo è quello di giungere non tanto a un più piccolo denominatore<br />

comune, ma, al contrario, alla pienezza della fede. E per questo che tale azione ecumcnica sarà sostenuta dai vescovi, che vigileranno perché essa<br />

tenga conto delle esigenze della fede la <strong>quale</strong> ei ricorda soprattutto che l'intercomunione tra i fratelli separati non è che la risposta ail'appello di Cristo<br />

alla unità perfetta. Questa perfetta unione resta l'oggetto dei nostri sforzi e di una speranza fondata sulla preghiera di Cristo stesso: Che siano tutti<br />

una eosa sola (Gv 17,21)». Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione ai Presuli della Conferenza episeopale tenuta nella città di Chicago, il 5 ottobre 1979:<br />

A.A.S. (1979), 1218ss.<br />

11 Giovanni Paolo II, Discorso «Con i giovani partecipanti all'incontro promosso da Taizé», (30 dicembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo<br />

II, Città del Vaticano 1980, vol. 2, p. 1825: «Ci sono programmi notevoli nell'impegno, nella earità, nella preghiera eomune, anche se per lealtà verso<br />

noi stessi e i nostri fratelli non possiamo celehrare in comune l'Eucaristia, che è il sacramento dell'unità. Non si può infatti separare nella stessa fede,<br />

la comunione euearistiea dalla comunione ecclesiale. Ognuno, a secondo delle sue responsahilità e dcl ruolo che copre all'interno della Chiesa deve<br />

collaborare a questa opera di ricostruzione della unità. Sia nel campo della ricerca teologica, che in quello della preghiera e della carità, in cui voi<br />

stessi siete impegnati».<br />

8


tanti incontri ecumenici, che non sono dialoghi chiusi in cenacoli ristretti, ma approfondimento<br />

reciproco nell'amore ecclesiale.<br />

Ma la preghiera nella sua dimensione ecumenica ci dà una ulteriore 'premessa' per l'iniziativa<br />

ecumenica. Essa ci svela l'anima stessa delle Tradizioni cristiane al di là dei loro allontanamenti,<br />

essa confessa che una unità c è tra i credenti in Cristo 1 . Così, lo sguardo <strong>ecumenico</strong> coglie<br />

l'intento adorativo in tre delle sue affermazioni antropologiche possibili: l'affermazione della<br />

'presenza', l'ascolto della 'presenza' e la 'visione' della presenza 2 . L'ascolto nella sensibilità<br />

adorativa riformata 3 , in una effettiva 'epiclesi' illuminativa 4 , riceve tutto il suo valore. L'adorazione<br />

dalla 'epifania' iconica del divino nella sensibilità ortodossa 5 , valorizza la trasfigurazione luminosa<br />

nella pace contemplativa 6 . Tra presenza affermata, ascoltata e guardata, sono tre criteri<br />

fondamentali dell'esperienza umana che vengono messi avanti. La preghiera ecumenicamente<br />

prospettata nel suo momento di massima intensità adorativa non isola una Chiesa nella coscienza<br />

della sua unicità ma offre un terreno 'sincronico' (cioè in un contesto simultaneo) per invitare le<br />

Chiese a considerare i momenti più specifici della propria vita come parte di una simbolica<br />

organica. La Chiesa-dalla-storia si fa Chiesa-delle-simboliche. <strong>Il</strong> discernimento che nasce dalla<br />

preghiera ci permette di ritrovare le sorgenti della Parola di Dio vissuta dal 'popolo di Dio' 7 . Dallo<br />

'scopo' (avvenire), dalla 'storia' (passato) e dalla 'presenza' (presente): le premesse ecumeniche ci<br />

chiedono questa triplice apertura nella <strong>quale</strong> nessuna Chiesa possa chiudersi su se stessa. Queste tre<br />

chiavi ci fanno anche comprendere l'incidenza delle tre 'premesse' della ecclesiologia ecumenica: il<br />

mistero di unità nello 'scopo' complessivo, l'incognita della colpa in tutta la 'storia' del 'popolo' in<br />

cammino e l'apertura di santità nell'insieme del 'presente'... Si tratta di una presa di coscienza<br />

'previa' o di una condizione di partenza. Come per il mistero dell'unità e il paradosso della colpa,<br />

anche la santità alla <strong>quale</strong> ci apre la preghiera ci fa slittare oltre i 'limiti' delle Chiese istituzionali.<br />

Queste tre premesse ci danno a capire il perché della ecclesiologia ecumenica stessa, chiamata a<br />

rendere conto delle sorgenti che sono più 'grandi' delle Chiese stesse. In tal senso si chiarisce anche<br />

la necessaria irreversibilità del coinvolgimento <strong>ecumenico</strong>. Accettare l'intento <strong>ecumenico</strong><br />

presuppone questa visione dell'unità, della colpa e della santità che si muovono oltre le frontiere<br />

delle Chiese oggi configurate.<br />

LA PROSPETTIVA DELLA PREGHIERA NELLA COMUNE PARTECIPAZIONE CRISTIANA<br />

AI SANTI MISTERI<br />

La premessa sulla preghiera per l unità sfocia sulla mutua partecipazione ai santi misteri tra le<br />

Chiese cristiane che si svilupperà in un criterio specifico riguarda alla piena comunione eucaristica<br />

come traguardo del movimento <strong>ecumenico</strong> (cfr infra). Dalla preghiera comune, non messa in luce<br />

nelle sue possibilità,circostanze e modalità, dal Decreto romano Unitatis redintegratio si evoca un<br />

doppio principio riguarda alla communicatio in sacris : per lo più vietata e talvolta<br />

8<br />

racommandata . Più che mai, se l itinerario <strong>ecumenico</strong> deve essere proseguito, sarà una<br />

1 K. Storch, Praying Together For Christian Unity Throughout a Century of Changes, in «WCC e-news», For immediate release - 14/01/2008<br />

04:05:28 PM, media@wcc-coe.org: «The Week of Prayer for Christian Unity cannot provide a solution to all the(se) problems. But its celebration<br />

every year is a victory over divisions because it expresses the unity which Christians do have in Christ».<br />

2 M Giampiccolo, Adorazione cristiana, indagine e prospettive ecumeniche, (tesi dottorale, pro manuscripto, P. U. Lateranense) , Roma 1993, pp.<br />

122-307.<br />

3 Cfr L. Gagnebin, Le culte à choeur ouvert. Introduction à la liturgie du culte réformé, Genève 1992, pp. 68-70; idem, Prêcher c'est écouter, in<br />

«Lumière et vie», 1990 nº 199, p. 46.<br />

4 CHIESA EVANGELICA VALDESE, Liturgia per il culto pubblico, Roma 1965, p. 232.<br />

5 P. Florenskij, Le porte regali, Milano 1977, pp. 54-61.<br />

6 V. Ivanov, <strong>Il</strong> grande libro delle Icone russe, Milano/Mosca 1987, p. 21.<br />

7 M. Cunz, Per una spiritualità cristiana del giudaismo, in «Vita monastica», 1981 nº 146, pp. 111-132.<br />

8 E. F. Fortino, La preghiera per l unità da P. Paul Wattson al Concilio Vaticano II e alla collaborazione con il Consiglio <strong>ecumenico</strong> delle Chiese, in<br />

«Bulletin / Centro pro Unione», 2006 n° 70, p. 3: «c) La communicatio in sacris. Connessa con La preghiera comune, ma distinta è la questione della<br />

communicatio in sacris vera e propria, la partecipazione in sacramenti. II Decreto sull'ecumenismo fa un richiamo esplicito: "Tuttavia Ia<br />

comun/cazione in cose sacre non it, sideveconsidera re come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell unità dei cristiani (UR<br />

8). Questa questione è stata discussa ampiamente ira i cristiani nel dopo-concilio e anche 1'ultimo Sinodo dei vescovi della Chiesa canolica (2-23<br />

ottobre 2005) se ne ~ occupato ed una (Ia 41° delle 50 ptopositiones sottoposte al Papa riguarda questo terna. II Decreto ha affermato il criterio<br />

9


scommessa ecumenica di santità e di santificazione 1 . Santificazione, si sottolinea, vuol dire<br />

incisivamente santità relazionale e santità sociale 2 . In questa prospettiva, ciò che la gioventù<br />

vede come maggiormente carente nelle Chiese istituzionali è la mancanza di spiritualità nella loro<br />

offerta in seno al mondo: si tratta di spiritualità come esplorazione nelle profondità della propria<br />

identità 3 . Con quest intento, è proprio la trasparenza dell unità che appare come cardine, e non<br />

qualsiasi unità o l unità a qualsiasi costo .<br />

A.<br />

CHIARIMENTI SULL INTENTO<br />

DIALOGALE<br />

basilare sull'argomento: "Questa comunicazione dipende soprattutto da due principi: dalla manifestazione dell unità della Chiesa e dalla<br />

partecipazione in mezzi della grazia La significazione dell'unità per lo più (plerumque) vieta la comunicazione. La necessità di partecipare la grazia<br />

talvolta (quandoque) la raccomanda" (LTR 8). Quindi il decreto lascia all'autorità episcopale del luogo decidere ii concreto tenuto conto delle<br />

circostanze di tempo, e di luogo nonché delle eventuali disposizioni della Santa Sede o delle Conferenze episcopali».<br />

((1) Negli anni 70 una questione ha polarizzato I'attenzione dei cristiani e creato vera tensione tra le Chiese: la questione della communicatio in<br />

sacris, o dell intercomunione' (come si diceva allora) o della "ospitalità eucaristica . I1 Segretariato per l Unione è intervenuto in vari modi. In<br />

particolare con tre documenti: 1. Dichiarazione (7 gennaio 1970) sulla posizionc della Chiesa cattolica circa l Eucaristia comune tra cristiani di<br />

differenti Confessioni, 2. Istruzione (1 giugno 1972) circa casi particolari di ammissione di altri cristiani alla comunione nella Chiesa cattolica, 3.<br />

Nota (17 ottobre 1973) su alcune interpretazioni della Istruzione (1 giugno 1972) circa casi particolari di ammissione di altri cristiani alla comunione<br />

nella Chiesa cattolica . Un talc susseguirsi di documentisullo stesso soggetto indica il problema pastorale, teologico e disciplinare, sottostante e fa<br />

anche intuire Ia passione che una tale discussione suscitava. La questione del resto, sostanzialmentc chiara dat punto di vista cattolico, rimane aperto<br />

nelle relazioni con gli altri cristiani che hanno teologie e prassi diverse. Quci docurnenti tuttavia hanno offerto un sussidio teologico e pastorale utile.)<br />

1<br />

John Paul II, Tend Towards the Ecumenism of Holiness (11 March 2002), in «Internet» 2006, http://www.catholicculture.org/docs/doc_view.<br />

cfm?recnum=4194: «4. By the masterly way she has preserved her heritage of faith and Christian life, the Orthodox Church of Greece has a special<br />

responsibility in all this. During my stay in Athens, I recalled that "the name of Greece resounds wherever the Gospel is preached.... From the<br />

apostolic era until now, the Orthodox Church of Greece has been a rich source from which the Church of the West too has drawn her liturgy,<br />

spirituality and jurisprudence" (Address to Archbishop Christodoulos of Athens and All Greece, n. 3, 4 May 2001). In our responsibility that consists<br />

in tending toward the ecumenism of holiness that, with the help of God, will eventually lead us to full communion meaning neither absorption nor<br />

fusion, but a coming together in truth and love (cf. Slavorum apostoli, n. 27)<br />

10<br />

we must organize our collaboration and work together to make the<br />

voice of the Gospel resound forcefully throughout the Europe that is ours where the Christian roots of the peoples must be revived».<br />

2<br />

J. McMaster (June 2002), Holiness and the Wider Ecumenical Perspective, in «Internet» 2006, http://www.methodist.org.uk/downloads/emtc-paperholiness_and_the_wider_ecumenical_perspective.doc:<br />

«John Wesley envisioned the purpose of the Methodist people as the spread of scriptural<br />

holiness throughout the land. Methodism was to have been a holiness project. This visionary project was about the reform of the nation and the<br />

practice of just economics. It was the growing affluence of the Methodists that led him at the end of his life to judge the Methodist project a failure. 1<br />

This socio-economic and political emphasis has rescued Wesley from the criticism that he was purely individualistic in his theological method and<br />

content. The criticism has some validity but though there are serious gaps in Wesley's theology his description of holiness as perfect love is<br />

essentially a relational and social vision. Wesley's scriptural holiness may not always have been developed into the great social and political ethic it<br />

had the potential to become, yet the latter two decades of the 20th century have produced positive developments in this direction 2 ».<br />

((1) See the paper Wesley on Social Holiness, Dublin, January 2002 by Johnston McMaster. / (2) There are at least five notable contributions towards<br />

the expression of a Wesleyan social and political ethic; M Douglas Meeks, in God the Economist: The Doctrine of God and Political Economy,<br />

(Fortress Press, 1989; Theodore W Jennings in Good News to the Poor: John Wesley's Evangelical Economics, (Abingdon Press, 1990); Manfred<br />

Marquardt in John Wesley's Social Ethics, (Abingdon Press, 1992); Theodore Runyn in The New Creation: John Wesley's Theology Today,<br />

(Abingdon Press, 1998); Theodore R Weber in Politics in the Order of Salvation: Transforming Wesleyan Political Ethics, (Kingswood Books,<br />

2001).)<br />

3 st<br />

S. Kobia, Challenges Facing the Ecumenical Movement in the 21 Century. Keynote address by Rev. Dr Samuel Kobia General Secretary World<br />

Council of Churches, in «Oikumene» (22-10-2005), in «Internet» 2006, www.oikoumene.org/.../ 22-10-05-challenges-facing-the-ecumenicalmovement-in-the-21st-century.html:<br />

«What is it that so many churches and the ecumenical movement to which they have been exposed fail to<br />

provide? The term that usually comes into play in discussing this phenomenon is spirituality<br />

a spirituality understood as existing over against<br />

organized religion. This yearning must be taken into account as we discuss the challenge facing ecumenism in the 21 st century. I fear that the<br />

emphasis on spirituality in contemporary religious discourse provides one more enticement to battle-weary church leaders, and members, to retreat<br />

from social action and public controversy. If people are obsessed with the purely spiritual , runs the argument, then it might mean that our theology<br />

and our practice will turn inward once more. It seems to me that the issue of spirituality as we know it arises as a question of identity. Just as this<br />

question arises in matters of interchurch cooperation and interfaith dialogue, it also affects us both in personal and public life. Unlike the 20 th century,<br />

which was dominated by the politics of ideology, the 21 st century will most likely be dominated by the politics of identity. Who are we? What is the<br />

meaning of our lives and of our relationships to God and one another? How can we explore the depth dimension of human existence? Over the past<br />

two decades, it has become almost politically correct to speak of spirituality in positive terms, where use of the word religion may breed suspicion<br />

and contempt. So let me risk saying one or two politically incorrect things about spirituality as it is often described. The contemporary concept of<br />

spirituality too often embraces a vaguely psychological orientation toward the search for identity and meaning. It may present itself as an adjunct to<br />

the therapeutic, yet often in an uncritically self-affirming way. Indeed, especially in Western culture, the self can easily become the object of an illdefined,<br />

egoistic spirituality. Joseph Campbell s mantra, Follow your bliss , has been used as an excuse for selfishness when it could as easily be<br />

interpreted as an invitation to discover the bliss of engaging creatively with the world».


Gli interrogativi si incentrano oggi sull intento dialogale nella misura in cui esso sembra<br />

nutrirsi di se stesso, senza prospettive ulteriori che non siano uno stile di rapporto formale educato<br />

ed eventualmente cortese. La questione qui- sembra essere sopra tutto se: abbiamo davvero<br />

compreso ciò che il <strong>dialogo</strong> poteva significare nell intento <strong>ecumenico</strong>? .<br />

I<br />

IL DIALOGO ECUMENICO STESSO COME EVENTO DI FEDE:<br />

ESSO È UN POSSIBILE BIVIO DI GRAZIA OFFERTO DA DIO ALLE<br />

CHIESE NEL RISPONDERE ALL INVITO DI CONVERTIRSI<br />

INSIEME A CRISTO OGGI, NON UNA PROCEDURA GIÀ<br />

SCONTATA E BANALIZZATA, CON IL RICHIAMO PIÙ<br />

PRESSANTE FATTO DAL CONCILIO AI CATTOLICI.<br />

<strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong> vede nella via di conversione delle Chiese a Cristo la soglia verso la<br />

riconciliazione piena. Questa conversione si concretizza però nell esperienza delle Chiese. L intento<br />

<strong>ecumenico</strong> comprende il <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> come via per la riattuata conversione comune delle<br />

Chiese a Cristo. Questa conversione del cuore delle Chiese è l "anima" stessa del movimento<br />

<strong>ecumenico</strong> 1 . La via del <strong>dialogo</strong> si è concretizzato partendo dal discernimento delle Chiese sulla<br />

necessità di riscoprire insieme il senso della conversione interiore a Dio di fronte alle loro<br />

mancanze del passato 2 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> si presenta come un 'nuovo carisma dato a tutta la Chiesa nel<br />

nostro tempo' 3 . Tale dono fa parte dalla stessa dinamica rivelativa di Dio, anzi la stessa<br />

incarnazione di Cristo 'è <strong>dialogo</strong>'. Come dono e carisma, si tratta di una opportunità o di un percorso<br />

aperto che avrà la sua conferma nella risposta data a questa apertura. La dimensione verticale del<br />

<strong>dialogo</strong> è stata sottolineata e praticata dall inizio del processo <strong>ecumenico</strong> e recentemente ribadita<br />

nell enciclica Ut unum sint , ponendo l interrogativo se una nuova tappa dell intento dialogale non<br />

dovesse essere intrapresa 4 . Ciò che sarà chiesto innanzitutto oggi è l umiltà che sorge dal<br />

pentimento di conversione cristiana 5 .<br />

1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 8.<br />

2 L aspetto spirituale della conversione appare come discernimento comune delle Chiese sia nel movimento <strong>ecumenico</strong> (cfr i documenti del<br />

Consiglio <strong>ecumenico</strong> delle Chiese) sia nei documenti del concilio Vaticano II. Non appare del tutto chiaramento in alcuni accenni posteriori nella<br />

Chiesa cattolica di comunione romana: cfr M. Zago, Spiritualité du dialogue, in «Documentation OMI», 2001 nº 240, pp. 3-6.<br />

3 P. Rossano, Missione e <strong>dialogo</strong>, in Oikumenikon , 1973 n° 10, p. 229, 237.<br />

4 K. Raiser, The Nature and Purpose of Ecumenical Dialogue, in «The Ecumenical Review», July, 2000: «This concern for the vertical and spiritual<br />

dimension of dialogue is placed in the centre of the reflection on ecumenical dialogue in the famous encyclical of Pope John Paul II Ut Unum Sint. In<br />

fact, the whole encyclical deals with the question of the nature and purpose of ecumenical dialogue, and its third chapter discusses extensively the<br />

fruits of ecumenical dialogues carded on over the last thirty years. Before addressing the practice and the results of dialogue, however, the encyclical<br />

focuses on the very basis and nature of dialogue as a way towards renewal and conversion. The encyclical places dialogue into the context of<br />

profound anthropological insights: dialogue is not only a way of exchanging ideas, but represents a mutual, reciprocal giving of oneself as an<br />

existential act. The encyclical wants to nurture this "spirit of dialogue" and to contribute to the emergence of a culture of dialogue. Thus, before<br />

speaking about dialogue as a way to overcome disagreements, the encyclical underlines the need for an examination of conscience, that is, for the<br />

purification of the heart, and it calls for a mutual acknowledgment of the personal as well as social and structural "sins against unity". Dialogue must<br />

be permeated by the spirit of conversion, and thus become truly a "dialogue of conversion". It does not take place merely on a horizontal level, but has<br />

a vertical thrust in the common turning to God in Christ. This vertical aspect of dialogue lies in our acknowledgment, jointly and to each other, that<br />

we are men and women who have sinned. It is precisely this acknowledgment which creates in brothers and sisters living in communities, not in full<br />

communion with one another, that interior space where Christ, the source of the church's unity, can effectively act, with all the power of his Spirit, the<br />

Paraclete ( [sections] 35). The encyclical thus takes seriously the call for "spiritual ecumenism", that change of heart and mind which is required for<br />

any true progress towards unity. It is this emphasis on the vertical and spiritual dimension of dialogue which is the most distinctive contribution of the<br />

encyclical to this renewed discussion about the nature and purpose of ecumenical dialogue. The subsequent indications of the encyclical about the<br />

conditions and methods of dialogue restate earlier explanations without, however, becoming more explicit about the underlying hermeneutical<br />

issues».<br />

5 A. Laham, Closing of the Syndesmos ecumenism leadership training workshop, Chambesy, Switzerland, 06/04/1995, in «Internet» 2006,<br />

http://www.syndesmos.org/en/texts/files/Text_09_Laham%20Chambesy%2095.pdf: «When you will be going back to your places you will keep the<br />

memory of your unity in Christ and His Church, of the beauty of every faces that we have seen here which, as we say in our liturgy, the light of Your<br />

Face has shown on us oh Lord (1). The light of the Face of Christ reflects on our faces and therefore it reflects on faces of love, of purity, of<br />

humility. Let us be humble. Participating in ecumenism is a sign of humility of orthodoxy. Humility is not against truth. Humility is not against<br />

devotion to the Church from the beginning. Humility is the sign that we are taking this treasure of Orthodoxy in earthly vessels, as the apostle says in<br />

earthen vessels (2). That s humility of the orthodox. It s not that we don t bare life giving treasures, it s that we bare it knowing that we are<br />

personally and as a community unfaithful and that we need every time through humility and repentance to go back to the day of resurrection».<br />

((1) To check.Ref?/ (2) 2 Cor 4:7)<br />

11


CONVERTIRSI INSIEME A DIO IN CRISTO<br />

Questa conversione comincia con se stessi (non con quella dell altro) 1 . La conversione delle<br />

Chiese nel <strong>dialogo</strong> è sempre conversione a Dio, non conversione di qualcuno all altra Chiesa 2 .<br />

"Non ci si converte da soli" o non ci si salva da soli , tale sarebbe l opportunità di grazia offerta<br />

nel <strong>dialogo</strong>? Si comincia sempre con il riferimento conversionale a Cristo 3 . La priorità della<br />

conversione delle Chiese a Cristo si esprime nell adesione di una Chiesa al movimento <strong>ecumenico</strong><br />

verso la riconciliazione piena tra i cristiani 4 . Si è talvolta evocato questo ritorno a Cristo come una<br />

dimensione verticale del movimento <strong>ecumenico</strong> nascente 5 . La via della conversione ecclesiale a<br />

Dio in Cristo si attua poi- concretamente tramite la metodologia del <strong>dialogo</strong>, tramite l'impegno<br />

della collaborazione mutua ed il coinvolgimento nella testimonianza cristiana comune 6 . Ogni<br />

conversione è -comunque- una 'teshuvah': invocata dalla tradizione ebraica, un 'ritorno al Signore<br />

Dio' 7 . Questa conversione al Signore che ci riporta al 'Dio unico', Padre di tutti, senza restringere la<br />

visuale sul Cristo soltanto, essa è conversione per la riconciliazione: dalla teshuvah, al capro<br />

espiatorio, al Yom kipur -fino alla perplessità giudaica sul 'venerdì santo' dei cristiani 8 .<br />

Riconoscere che questo pentimento è presente nell interlocutore significa considerarlo un giusto<br />

nella compassione divina verso tutti 9 .<br />

1 W. Kasper, The Joint Declaration on the Doctrine of Justification. Cause for Hope, in «Centro pro Unione», 2000 n° 57, p. 6: «It has also become<br />

clear that the primary purpose of dialogue is not to change one s partner, but to recognize one s own deficits and learn from one another. Conversion<br />

does not begin with the conversion of the other, but with one s own conversion. Thus it is better to consider what steps I can make towards the partner<br />

than to encourage the dialogue partner to make certain steps which he or she cannot make at this time. Such excessive demands, such as a demand for<br />

Eucharistic communion here and now, are less of a help than a hindrance to the discussion. On the other hand, considering what steps I can take<br />

towards the partner can encourage him or her to dare to take a few steps as well».<br />

2 J. Dupuis, Dialogue interreligieux, in AA. VV., Dictionnaire de théologie fondamentale, Paris 1985, p.263 : «Le dialogue ne sert donc pas de simple<br />

moyen en vue d'une fin ultérieure. Ni d'un côté ni de l'autre, il ne tend pas à la du partenaire à la tradition religieuse de l'autre; il tend<br />

plutôt à une conversion plus profonde de l'un et de l'autre vers Dieu. Car le même Dieu parle au coeur de chacun des partenaires, et le même Esprit est<br />

à l'oeuvre en tous. A travres le témoignage réciproque, c'est le même Dieu qui interpelle les partenaires l'un par l'autre. <strong>Il</strong>s deviennent ainsi, peut-on<br />

dire, l'un par l'autre un signe menant à Dieu.La fin propre du dialogue interreligieux est en dernière analyse, la conversion commune des chrétiens et<br />

des membres des autres traditions religieuses au même Dieu, celui de Jésus Christ, qui les appelle ensemble en les interpellant les uns vers les<br />

autres».<br />

3 J. -M. R. Tillard, The Necessary Dimension of Ecumenism, in «Origins», 1976 n° 16, p. 251: «This is what William Temple, Archbishop of<br />

Canterbury, was preaching in Oxford 50 years ago, when the ecumenical movement was still at its beginning. After a quite long explanation of the<br />

role of the Holy Spirit in the renewal of Christian life, he added: "You must begin with Jesus Christ. The way to find his power in your heart is to be<br />

perpetually turning your eyes towards the objective revelation there given on the stage of history. Jesus is not only the revelation of the Spirit; he is<br />

the source of hat Spirit to us. Into our, as in the being of the Godhead, the Holy Spirit proceeds not only from the Father from the Father through the<br />

Son. This power which develops in our hearts is the response which God calls out from our hearts by the revelation given in his Son, and you cannot<br />

know the power of the Holy Spirit in its fullness except by the companionship of Jesus Christ. (Christian Faith and Life, London 1931, 96)».<br />

4 <strong>Il</strong> Papa Paolo VI lo fa per esempio- per dare l indirizzo e l interpretazione della celebrazione dell Anno Santo nel 1974: Paolo VI, Apostolorum<br />

Limina, nº VII, in «Anno Santo», 1974 nº 9-10, p. 223: «Praeterea commonefacimus ipsum Concilium Vaticanum II docere omne studium et opus<br />

huius reconciliationis christianorum sicut et omnem verum occumenismum necessario proficisci debere ex interiore aliquo animi mutatione, quoniam<br />

ipsa communionis christianae cupiditas nascitur ac maturescit, ex spiritus renovàtione, ex sui ipsius abnegatione, ex plena amoris exercitatione, ex<br />

fidelitate, quae veritati revelatac servatur. <strong>Il</strong>la autem in re prorsus agitur verissimeque efficitur totus oecumenicus motus, ad quem catholica Ecclesia,<br />

quantum potest, adhaeret et per quem Ecclesiae atque Communitates cum Apostolica Sede nondum plane coniunctae conquirunt et appetunt<br />

perfectam eam communionem, quam exoptaverat Christus. Munus namque atque officium Ecclesiae totius est iunctionem hanc restituere in integra<br />

Ecclesiarum communione. Annus gratiae ergo hoc sensu prae se fert opportunitatem peculiaris paenitentiae ob christianorum discidia, occasionem<br />

renovationis tamquam altioris experientiae ipsius vitae sanctimoniae in Christo, progressionem ad optatam illam reconciliationem per crebriores<br />

collocutiones atque solidam adiutricem christianorum operam in procurando orbis salute: «et ipsi in nobis unum sint, ut credat mundus»».<br />

5 K. Raiser, The Nature and Purpose of Ecumenical Dialogue, in «The Ecumenical Review», July, 2000: «Obviously, thirty years ago ecumenical<br />

dialogue was a new undertaking and the affirmations about the bases and aims of ecumenical dialogue remained relatively general and tentative. Both<br />

texts seem to oscillate between a concept of dialogue as a means to reach agreement and understanding, or to search together for a deeper<br />

understanding of the truth; and an understanding of dialogue as an expression and manifestation of the real, even though limited, communion that<br />

already exists between the churches by virtue of the common baptism. In the development of ecumenical dialogue within the World Council of<br />

Churches this dialectic is well known since the commission on Faith and Order, at the third world conference in Lund in 1952, made the deliberate<br />

shift from the method of comparative ecclesiology to the christological method emphasizing the vertical, over against the horizontal, dimension in<br />

ecumenical dialogue».<br />

6 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 6, 7, 8; nella ultima enciclica di Giovanni<br />

Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995, e. g. nº 42, si parla della conversione non delle Chiese ma dei 'cristiani'; stranamente, poi, sotto la<br />

testata "Quanta est nobis via?", viene leggermente modificato il modo di esprimersi, evocando il '<strong>dialogo</strong> di conversione' di tutte le comunità con il<br />

Padre (nº 82), introducendo la parte dell enciclica sul ruolo del Papa in seno al cammino <strong>ecumenico</strong>.<br />

7 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, Venite ritorniamo al Signore, in «Vita monastica», 1988 nº 174-175.<br />

8 M. Cunz, Lettura cristiana della teshuvah ebraica, ibidem, pp. 8-21; M. Viterbi Ben Horin, <strong>Il</strong> capro espiatorio, ibidem, pp. 22-32; E. Kopciowsky,<br />

Yom kippur nella prassi e nella esperienza ebraica, ibidem, pp. 33-46; C. Di Sante, Lettura teologica della liturgia del Venerdì Santo, ibidem, pp. 47-<br />

60; A. Janes, <strong>Il</strong> Venersì Santo vissuto dagli ebrei nella storia, ibidem, pp. 61-73.<br />

9 CELEBRATION DES OBSEQUES DU CARDINAL DECOURTRAY, Prière du grand rabbin Sirat, in «La documentation catholique», 1994 nº<br />

2102, p. 895.<br />

12


Non si tratta, nel <strong>dialogo</strong>, di un problema 'strutturale', ma di una trasparenza fondamentale 1 ,<br />

o -come dice S. Basilio- di una "rinnovata conversione di tutti a Cristo e alla sua Parola" 2 . Pertanto,<br />

tutti si devono convertire, o instancabilmente ri-convertirsi, anche i cattolici di comunione romana!<br />

In <strong>quale</strong> senso? Inanzitutto prendendo atto del discernimento seguente fatto dal concilio Vaticano<br />

II: "non si salva chi, anche se incorporato nella Chiesa, non perseverando nella carità, rimane sì in<br />

seno alla Chiesa cal "corpo", ma non col "cuore". Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa (nostra),<br />

che la loro privileggiata condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di<br />

Cristo; per cui se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si<br />

salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati" 3 . Così rissuona l'avvertimento per chi<br />

penserebbe di essere esente della necessità di confessare proprie mancanze 'da cattolico-romano e<br />

come cattolico'. Infatti, chi può affermare, dal Papa fino al più genuino e semplice credente<br />

cattolico di comunione romana, che non abbia mai trascurato qualcosa della pienezza ricevuta<br />

gratuitamente, nei pensieri, parole o nelle opere?<br />

ACCETTARE IL GIUDIZIO DI DIO SULLA PROPRIA CHIESA<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> è un invito non una pretesa , che accetta il 'giudizio' di Dio sulla propria Chiesa<br />

e su tutti gli esseri umani (ma cominciando sempre da noi stessi) 4 . <strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong> aveva<br />

inizialmente praticato il <strong>dialogo</strong> come scambio e paragone delle posizioni proprie di ognuno in vista<br />

di ampliare un possibile consenso, prima di mettersi insieme in presenza di ciò che ci unisce Gesù<br />

Cristo sul <strong>quale</strong> occorre ricentrare tutto in una metanoia di tutti 5 . Questa conversione dovrebbe,<br />

come nel caso di Saulo diventato Paolo, "far cadere i squami dalla vista delle Chiese" (Att. 9, 17-<br />

18) 6 . La conversione comune delle Chiese a Cristo non riguarda il riassetto delle strutture<br />

ecclesiastiche ma la purificazione interiore della vita ecclesiale: indirizzo escatologico della<br />

conversione attraverso i tempi e non limitata a un rimaneggiamento delle configurazioni storiche<br />

(come ancora evocata nella Ad Petri Cathedram del Papa Giovanni XXIII) 7 . Questa conversione è<br />

l unica via praticabile verso la comunione d unità ritrovata, come San Basilio, tra i Padri della<br />

Chiesa, lo ricorda: "rinnovata conversione di tutti a Cristo e alla sua Parola" 8 . In ultimo, la<br />

1 J. Feiner, The Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, New York 1971, Vol. 21, p. 89.<br />

2 S. Basilio, De iudicio, in Patrologia graeca, vol. 31, c. 660b-661a; cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica "Patres ecclesiae", in idem,<br />

Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Roma 1980, vol. 11, p. 58.<br />

3 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", Città del Vaticano 1965, nº 14.<br />

4 WORLD ASSEMBLY OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, p. 79: «7. We say these words about<br />

Christ, not about ourselves. We are not the World's saviour We are called to witness to him as the Saviour and Lord of all. We cannot bear his name<br />

without coming under the searching light of his judgment on all men, beginning with us. This means asking some practical questions in our churches:<br />

whether we love men enough to be able to witness to them; whether we are sensitive to the ceaseless work of the Holy Spirit among men; whether we<br />

think and act as though Christ died for all men and not just for us. But we acknowledge our blindness and faithlessness and accepting our forgiveness<br />

we can testify that Christ never has forsaken his Church: by his spirit its life is sustained and many are brought by him into its faith and fellowship».<br />

5 Y Congar, Sur le Jubilé de 1975, in «Unité des chrétiens» 1973 n° 12, p. 32: «D'abord le recentrement sur Jésus-Christ et sur une métanoia ou<br />

conversion en profondeur. On sait comment, après avoir, pendant deux décennies, pratiqué une méthode d exposés mutuels, de comparaison et de<br />

confrontation, pour chercher à reconnaître, puis à éIargir, la surface d'agrément doctrinal entre les Confessions, on en est venu (Conférence de Lund,<br />

1951 où, pour la première fois, il y avait officiellement des Observateurs catholiques) à l'idée suivante: plutôt qu'essayer d'ajuster statiquement des<br />

doctrines, vivons ensemble la même Réalité qui nous est commune, Jesus-Christ».<br />

6 Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, pp. 329-330.<br />

7 J. Feiner, The Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, New York 1971, Vol. 21, p. 89: «This paragraph is<br />

not concerned with the retorm ot the Church's institutions, but with the spiritual purification and renewal of the Church, which is something that can<br />

only take place through the spiritual renewal of the members of the Church. This is also shown by the demand, associated with a reference to Jas 1:4<br />

and Rom 12:1-2, to all Catholics to aim at Christian perfection. The Church will course never reach a perfectly immaculate and glorious state in the<br />

present age, for that will be given by Christ at the end of this aeon. The sentence beginning Donec shows that it is an eschatological reality. The<br />

Apostle Paul's description of the Church as "without spot or wrinkle" (Eph 5:27) is no longer referred to the historical structure of the Church, as was<br />

done in the encyclical Ad Petri Cathedrarn of John XXIII, almost in terms of enthusiastic millenarianism (1959)».<br />

8 S. Basilio, De iudicio, in Patrologia graeca, vol. 31, c. 660b-661a; cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica "Patres ecclesiae", in idem,<br />

Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Roma 1980, vol. 11, p. 58; etiam Giovanni Paolo II, Lettera apostolica per il XVI centenario di San Basilio:<br />

«Patres Ecclesiae», in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. III, 1, Città del Vaticano 1980, p. 58: «Idem praeterea Christi amor eiusque<br />

Evangelii fecit, Ut tantopere sancrus Basilius cruciaretur ob Ecdesiae discidia utque tanta cum perseverantia, sperans contra spem, conquireret<br />

efficaciorern manifestioremque communionem universis cum Ecclesiis (1). Etenim Christianorum discordia ipsam obscurat Evangelii veritatem<br />

Christumque ipsum lacerat (2). Credentiurn partitio opponitur unius baptismi virtuti (3), qui in Christo nos unum quiddarn efficit, immo unicam<br />

quandam mysticam personam (4); opponitur etiam supremae Christi auctoritati, qui unicus est rex et cui omnes pariter subici debent; opponitur<br />

tandem potestati et coniungenti efficacitati ipsius verbi Dei, quod unica restat lex, cui credentes universi concorditer pareant oportet (5). Quapropter<br />

13


conversione delle Chiese è sempre conversione a Cristo, ma non conversione di una Chiesa all altra<br />

1 . Si distingue, ovviamente, questa specifica conversione delle Chiese a Cristo dalla iniziativa<br />

individuale di riconciliazione di singole persone appartenenti ad altre Chiese (per ragioni anche<br />

personali) che vogliono entrare in un altra Chiesa, senza opporre ciò alla conversione dell anima da<br />

parte delle Chiese verso Cristo 2 .<br />

STACCARE IL DIALOGO DALLA CONVERSIONE A CRISTO?<br />

Parlando ognuno per la propria Chiesa, una prima costatazione deve essere fatta riguardo<br />

alla Chiesa di Roma: non si può certo negare che essa non abbia avuto la tentazione di fermarsi e di<br />

guardare indietro Vedendo le difficoltà ed i rischi dell'impresa ecumenica, esiste la tentazione di<br />

tirarsi indietro. Considerando i punti di discordia, e tenendo presente le possibili conseguenze di<br />

confusione -con eventuale pericolo di indifferentismo 3 - diversi hanno giudicato l'ecumenismo, in<br />

un certo modo, nocivo alla causa della Chiesa romana. Eppure, malgrado tutto ciò, l autorità<br />

romana è del parere che il momento nuovo della vita ecclesiale esige tale orientamento 4 . Certe<br />

affermazioni ufficiali rimangono meno disponibili per questa qualifica data all'apertura dialogale,<br />

dividendo chiaramente la 'conversione' dal '<strong>dialogo</strong> ed i suoi frutti' 5 . Talvolta, si tende a staccare la<br />

'conversione' dalla scommessa di <strong>dialogo</strong> attuata attraverso la metodologia ecumenica di comune<br />

conversione delle Chiese a Cristo 6 . Da una conversione non vissuta come <strong>dialogo</strong> si arriverà quasi<br />

impercettibilmente a considerare come 'convergenza' quello che corrisponde all'intento della propria<br />

Chiesa, senza evocare neanche la 'riscoperta degli altri' da parte di una tradizione 7 .<br />

FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: IL RISCHIO EVANGELICO RIGUARDO<br />

ALLA SCELTA DIALOGALE DI CONVERSIONE A CRISTO, GUARDARE INDIETRO<br />

Riguardo alla scelta di conversione evangelica delle Chiese , la stessa via di conversione a<br />

Cristo ci suggerisce qualche elemento di meditazione per fare il punto oggi. Ecumenicamente, il<br />

<strong>dialogo</strong> è una metodologia o una praxis per convertirsi insieme alla pienezza del mistero di Dio in<br />

Ecciesiarurn divisio sic liquido directoque adversatur tum ipsi Christo tum biblicae doctrinae, ut, e sancti Basilii sententia, sola via redintegrandae<br />

unitatis esse possit nova omnium conversi ad Christum eiusque verbum (6)».<br />

((1) Cfr. S. BASILII Epistulae 70 et 243. / (2) Cfr. 1 Cor. 1, 13. / (3) Cfr. Eph. 4, 4. (4) Cfr. Gal. 3, 28. (5) Cfr. S. BASILII De iudicio PG 31, 653 a-<br />

656 c. / (6) Cfr. ibid. 660 b-661 a.)<br />

1 J. Dupuis, Dialogue interreligieux, in AA. VV., Dictionnaire de théologie fondamentale, Paris 1985, p.263 : «Le dialogue ne sert donc pas de<br />

simple moyen en vue d'une fin ultérieure. Ni d'un côté ni de l'autre, il ne tend pas à la du partenaire à la tradition religieuse de l'autre; il<br />

tend plutôt à une conversion plus profonde de l'un et de l'autre vers Dieu. Car le même Dieu parle au coeur de chacun des partenaires, et le même<br />

Esprit est à l'oeuvre en tous. A travers le témoignage réciproque, c'est le même Dieu qui interpelle les partenaires l'un par l'autre. <strong>Il</strong>s deviennent ainsi,<br />

peut-on dire, l'un par l'autre un signe menant à Dieu. La fin propre du dialogue interreligieux est en dernière analyse, la conversion commune des<br />

chrétiens et des membres des autres traditions religieuses au même Dieu, celui de Jésus Christ, qui les appelle ensemble en les interpellant les uns vers<br />

les autres».<br />

2 L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 109: «Dementsprechend sagte das Schema in seiner zweiten Fassung: Es<br />

ist also (igitur) klar, daß kein Gegensatz besteht - obwohl sie durch ihre Natur unterschieden sind - zwischen dieser ökumenischen Tätigkeit<br />

(actionem) und dem Apostolat der Versöhnung (reconciliationis) jener Einzelnen, die in die katholische Kirche einzutreten wünschen, da beides ein<br />

vom Heiligen Geiste eingegebenes (inspiratum) Werk ist"».<br />

3 G. Colombo, Ecclesiam suam, Première lettre encyclique de Paul VI, in AA. VV., Colloque international, Roma 1980, pp. 142-143.<br />

4 Giovanni Paolo II, Enciclica "Redemptor hominis", in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, nº 6, pp. 266-267 (Insegnamenti, 1979, vol. 1, pp. 558-559):<br />

«Vi sono persone che, trovandosi di fronte alle difficoltà, oppure giudicando i risultati degli iniziali lavori ecumenici, avrebbero voluto indietreggiare.<br />

Alcuni esprimono perfino l'opinione che questi sforzi nuocciano alla causa del Vangelo, conducano ad un'ulteriore rottura della Chiesa, provochino<br />

confusione di idee nelle questioni della fede e della morale, approdino ad uno specifico indifferentismo. Sarà forse bene che i portavoce di tali<br />

opinioni esprimano i loro timori tuttavia, anche a questo riguardo, bisogna mantenere i giusti limiti. «ovvio che questa nuova tappa della vita della<br />

Chiesa esiga da noi una fede particolarmente cosciente, approfondita e responsabile. La vera attività ecumenica significa apertura, avvicinamento,<br />

disponibilità al <strong>dialogo</strong> comune ricerca della verità nel pieno senso evangelico e cristiano; ma esso non significa assolutamente né può significare<br />

annunciare o recare in qualsiasi modo pregiudizio ai tesori della verità divina, costantemente confessata ed insegnata dalla Chiesa».<br />

5 Cfr Giovanni Paolo II, Enciclica "Ut unum sint", Città del Vaticano 1995, nº 15-18 e 41-76; il movimento <strong>ecumenico</strong> ha sempre manifestato la<br />

massima cura di collegare '<strong>dialogo</strong>' e 'conversione ecclesiale', per evitare in tutti i modi di poter usare l'intento di 'conversione' come 'ritorno' più o<br />

meno velatamente mantenuto <strong>quale</strong> chiave di reintegrazione in una Chiesa. Questo distacco della enciclica potrebbe lasciare un dubbio sulla visuale<br />

ultima di possibile reintegrazione -magari parziale- sulla via della piena comunione. L incertezza sul tenore fondamentale del <strong>dialogo</strong> si riscontra poi<br />

nel documento sul <strong>dialogo</strong> monastico <strong>interreligioso</strong> nel <strong>quale</strong> si fa precedere la conversione come garanzia di fecondità del <strong>dialogo</strong>, in<br />

COMMISSION INTERNATIONALE POUR LE DIALOGUE INTERRELIGIEUX, Contemplation et vie monastique, in «La documentation<br />

catholique», 1994 nº 2090, p. 293.<br />

6 Significativamente, nella enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995, nº 15, la 'conversione' viene trattata per conto<br />

proprio, facendone una operazione di 'penitenza' espiativa e non di risanamento prospettivo.<br />

7 Cfr Giovanni Paolo II, Enciclica "Ut unum sint", Città del Vaticano 1995, nº 45.<br />

14


Cristo. La conversione è apertura consapevole a Dio e si compie in riferimento all unica Parola di<br />

Dio. Si tratta da parte delle Chiese di riconoscere sempre più pienamente il loro riferimento a Cristo<br />

nel Suo mistero 1 . La conversione è conversione a Dio, ma anche conversione all altro 2 . Chi dice<br />

conversione implica anche ciò che la conversione evangelica include: la richiesta del Maestro a<br />

seguirLo senza indugio ed a non guardare indietro: chi si mette all aratro e poi si volta indietro non<br />

è adatto per il Regno di Dio (Lc 9, 62). Chi pensa di dover sistemare certe faccende prima di<br />

poter confermare la sua scelta è come un morto che seppellisce i suoi morti (cfr Lc 9, 57-62 / Mtt<br />

8, 18-22). Una volta fatta la scelta, tutto potrà essere fatto lo stesso, con Lui che non ha un posto<br />

dove poter riposare (Mtt 8, 20). Si compieranno le cose quotidiane, ma in una prospettiva diversa<br />

da scoprire, senza mezzi propri (cfr Lc 9, 1-6). Se il <strong>dialogo</strong> è il modo di convertirsi<br />

evangelicamente da Chiese oggi, risuona l avvertimento di non guardare indietro, come la moglie<br />

di Lot (che) si voltò indietro a guardare e divenne una statua di sale (Gen 19, 26)<br />

15<br />

<strong>Il</strong> continuo<br />

rischio di volgere indietro il proprio cuore è vivacemente presente nei richiami riassuntivi più<br />

pressanti del Signore Dio (cfr Dt 30, 17), evocando il bivio tra il meglio ed il peggio oggi vi<br />

propongo la scelta tra la vita e la morte (Dt 30, 15). L appartenenza di corpo e non di cuore e<br />

l avvertimento conciliare di essere più severamente giudicati si carica di una tonalità tanto più<br />

austera, avendo in mente questo arcaico richiamo (cfr LG 14). <strong>Il</strong> titolo della nostra riflessione<br />

prende tutto il suo significato alla luce di questa interpellazione biblica ed evangelica: <strong>dialogo</strong><br />

<strong>ecumenico</strong>, <strong>quale</strong> <strong>futuro</strong>? <strong>Il</strong> suo <strong>futuro</strong> dipenderà dall aver seguito la conversione dialogale<br />

comune senza indugio o se ci si sia voltati indietro a guardare !!...<br />

II<br />

IL DIALOGO NEL PERCORSO DELLA MATURAZIONE<br />

ECUMENICA CRISTIANA: NON FINE A SE STESSO MA UN<br />

PREAMBOLO CHE INNESCA IMPEGNATIVAMENTE PASSI<br />

ULTERIORI DI RICONCILIAZIONE DALL ESPERIENZA VISSUTA<br />

Se il <strong>dialogo</strong> fa parte della conversione del cuore e non deve essere distaccato da essa, esso<br />

non esaurisce però- tutta la conversione e tutta la riconciliazione ecumenica. Nel <strong>dialogo</strong>, non si<br />

tratta di un vago auspicio ma un puntuale impegno con i suoi presupposti ed i suoi criteri di<br />

attuazione. <strong>Il</strong> paradosso del <strong>dialogo</strong> è che se esso muove chi si coinvolge, si proietta anche al dilà<br />

di se stesso. Questo andare oltre riguarda sia i campi da affrontare nelle loro specificità, sia la<br />

partecipazione nelle sue estenzioni.<br />

IL DIALOGO DI CONVERSIONE COME AVVIO IMPEGNATIVO ED ANTICIPATORE O<br />

PREAMBOLO NEL MOVIMENTO ECUMENICO<br />

1 J. -M. R. Tillard, The Necessary Dimension of Ecumenism, in «Origins», 1976 n° 16, p. 250: «Our desires of unity will remain vain, our attempts<br />

will always be superficial or even equivocal as long as they do not spring from the love of our two churches for the Lord Jests Christ. The question of<br />

ecumenism is fundamentally not a question of goodwill or of generous involvement, but a Christological problem - the problem of the true<br />

akcnowledgment of the lordship of Christ. During the last ten years the horizon of our ecumenical discussions and projects was mainly the service of<br />

the world. Our desire was to be obedient to the task that Christ committed to his church. It was an ethical horizon. We wanted to beame able to work<br />

with those who try to transform humanity, to change our world into a world of justice, concord, peace and happiness. This is, indeed a real Christian<br />

task, and the faithfulness to Christ, the Lord of creation, demands this service of the world».<br />

2 G. Gutierrez, Teología de la Liberación, Salamanca 1975, p. 268: «Una espiritualidad de la liberación estará centrada en una 'conversión' al prójimo,<br />

al hombre oprimido, a la clase social expoliada, a la raza depreciada, al país dominado. Nuestra conversión al Señor pasa por ese movimiento. La<br />

conversión evangelica es, en efecto, la piedra de toque de toda espiritualidad. Conversión significa una trasformación radical de nosotros mismos,<br />

significa pensar, sentir y vivir como Cristo presente en el hombre despojado y alienado. Convertirse es comprometerse con el proceso de liberación de<br />

los pobres y explotados, comprometerse lúcida, realista y concretamente. No solo con generosidad, sino también con análisis de situación y con<br />

estrategia de acción. Convertirse es saber y experimentar que, contrariamente a las leyes del mundo de la física, se está de pie, según el evangelio,<br />

cuando nuestro eje de gravedad pasa fuera de nosotros».


Colpisce subito un orientamento fondamentale nel discernimento su ciò che rappresenta il<br />

<strong>dialogo</strong>: esso è un preambolo (condizione previa) del cammino <strong>ecumenico</strong> 1 . L unità di <strong>dialogo</strong><br />

non basta come modello di riconciliazione piena 2 . Si parlerà anche, nel coinvolgimento <strong>ecumenico</strong>,<br />

di un penultimo<br />

compito cristiano: né l unico e neanche preferenziale, esso è il Giovanni<br />

Battista del percorso <strong>ecumenico</strong> 3 . Esso è un invito , non una pretesa 4 . Siamo così rinviati dal<br />

metodo dialogale al succo che esso deve valorizzare: la conversione effettiva delle Chiese (nella<br />

loro vita vissuta) al mistero di Dio in Cristo.<br />

UN PRIMO CRITERIO, PARTIRE DALLA VITA STESSA NEL PROPRIO SENSO DI<br />

RESPONSABILITÀ ECCLESIALE<br />

Per essere fruttuoso, il <strong>dialogo</strong> deve partire dalla vita concreta delle Chiese, con temi<br />

fondamentali di questa vita, nell insieme del processo di riavvicinamento 5 . La metodologia del<br />

<strong>dialogo</strong> è tale da non precludere e non predeterminare niente. Esso parte dalla spontaneità stessa<br />

dell esperienza a cui si va incontro (al di là della sua concettualizzazione) 6 . Nel <strong>dialogo</strong> ognuno<br />

diventa ecclesialmente responsabile nel condividere intenti e prospettive in modo reciproco 7 .<br />

Anche il <strong>dialogo</strong> più circoscritto coinvolge la Chiesa tutta e tutte le Chiese 8 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> implica un<br />

senso di urgenza nei temi vitali che si impongono alla sua attenzione. <strong>Il</strong> riconoscimento dell unico<br />

battesimo, la fede eucaristica, l armonizzazione dei ministeri sono apparsi dall inizio del cammino<br />

<strong>ecumenico</strong> come primi passi ineludibili verso una riconciliazione da portare a termine. L esperienza<br />

più intensa del cammino <strong>ecumenico</strong> sarà soprattutto la purificazione intrinseca del messaggio<br />

evangelico da professare (molto più che l organizzazione di un potente ordinamento unificatore) 9 .<br />

1<br />

Paul VI, Lettre de Paul VI pour le VIIº centenaire du concile de Lyon, "Alterum Generale Concilium Lugdunense", in «La documentation<br />

catholique», 1975 nº1668, p. 64: «A notre époque on voit mieux que le dialogue est une condition préalable à tout effort en vue de l unité des<br />

chrétiens. comme l'enseigne le Second Concile du Vatican dans son décret Unitatis redintegratio : «Seul le dialogue véritable permet, en effet,<br />

d'acquérir une connaissance plus exacte et une plus juste estime de la doctrine et de la vie de l'une et l'autre communion (1)». Ce dialogue demande,<br />

en effet, de ceux qui travaillent à l'oecuménisme que: «l'on donne la considération qui lui est due à la condition particulière de la naissance et de la<br />

croissance des Eglises d'Orient et à la nature des relations qui existaient entre elles et le siège de Rome avant la séparation (2)». Le dialogue, enfin,<br />

doit revêtir un caractère fraternel tant au sujet de la doctrine que des nécessités pastorales les plus urgentes de notre époque».<br />

((1) Unitatis redintegratio, n. 4 [DC 1964, nº 1437, col, 1619. / (2) Ibidem, n. 14. / (3) Ibidem, n. 18.)<br />

2<br />

COMMISSION MIXTE EGLISE CATHOLIQUE-ROMAINE FEDERATION LUTHERIENNE MONDIALE, L unité qui est devant nous, in<br />

«Service d information», 1985 nº III-IV (59), p. 47: «10. 2) <strong>Il</strong> en va de même lorsqu'on voit l'unité de l'Eglise réalisée sous la forme d'une simple<br />

communauté de dialogue dans laquelle, à partir de communautés ecclésiales jusque là séparées, ayant défini leurs frontières et se condamnant<br />

mutuellement, se constitue un échange vivant où chacune questionne et se laisse questionner, écoute et parle. Autant le dialogue représente une phase<br />

essentielle des efforts pour rétablir l'unité entre les Eglises, et autant le moment du dialogue ne peut disparaître d'une Eglise réunifiée, autant une<br />

simple communauté de dialogue demeure en-deçà d'une pleine réalisation de l'unité ecclésiale».<br />

3<br />

SEMPER REFORMANDA - WORLD ALLIANCE OF REFORMED CHURCHES, The World Alliance of Reformed Churches in ecumenical<br />

dialogue, in «Internet» 2006, http://www.warc.ch/where/22gc/study/27.html: «Ecumenical dialogue is, then, a penultimate activity of the church. As<br />

such, it makes valued contributions to the quest for visible expressions of unity. This method makes no claim, however, to be the only, or even the<br />

preferred, instrument by which unity is achieved. Nor does it claim to be able to fully accomplish the goal of unity. Like John the Baptist, it prepares<br />

the way for something greater than itself. And yet in making it possible for two traditions to explore together matters of faith and practice, and to give<br />

careful attention to issues which have been church-dividing, the ecumenical dialogue provides a valuable and in some cases indispensable service to<br />

the church».<br />

4<br />

R. C. Arnett, Dialogic Education: Conversation about Ideas and between Persons, Edwardsville IL 1992, p. 4.<br />

5<br />

SECRETARIAT FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Réflections and suggestions concerning the ecumenical Dialogue, in «Information<br />

Service», 1970, p. 9 (nº 4): «Attention to real life is fundamental as a guide in the choice of subjects and the way of tackling them. Certain subjects<br />

suggested in the Decree on Ecumenism will be the object of special attention for example: the study of Scripture, the sacramentai and liturgical life,<br />

notably on occasions of common prayer or attendance at the liturgical celebrations of the Churches '».<br />

( 1 Cf. Unitatis redintegratio, chap. 3; Directorium cumenicum, Pars Prima, 50 and 59: AAS, 59, 1967, pp. 589 and 591.)<br />

6<br />

SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 9 (nº 1): «La forme la plus fréquente du dialogue est celle qui naît spontanément de la rencontre des chrétiens entre eux. C'est là que<br />

prend forme le désir d'une connaissance plus approfondie des autres et que s'établissent les contacts nécessaires à des rencontres plus organisées. On<br />

ne peut régler de tels contacts, qui font partie intégrante du style de la vie d'aujourd'hui. Mais on devra aider les chrétiens à en prendre occasion pour<br />

mieux connaître les situations, les problèmes et les positions doctrinales les uns des autres».<br />

7<br />

N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189: «Ökumenischer Dialog ist hier die<br />

gemeinsame Teilhabe an Erfahrungen in dem Bemühen, als Christen verschiedener Traditionen zusammenzuwachsen und mündige und<br />

verantwortliche Glieder ihrer Kirchen zu werden und somit sich zu öffnen für ihren universalen Auftrag, den sie als Christen in der heutigen Welt<br />

haben. Die Sicht der Einen, Katholischen und Apostolischen Kirche ist weder die dogmatische Grundlage für das Wirken dieser Bewegungen noch<br />

das unmittelbare Ziel, das sie erstreben, aber sie ist eine Wirklichkeit, die ihre Studien und ihr Handeln ständig antreibt und ihr Werk der Erneuerung<br />

beseelt.».<br />

8<br />

N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 192.<br />

9<br />

R. Niebuhr, Essays in Applied Christianity, New York 1964, pp. 337-338.<br />

16


LA PARITÀ METODOLOGICA PER GLI INTERLOCUTORI: CONDIZIONE PRIORITARIA<br />

DELLA CONVERSIONE DEL CUORE DI OGNUNO<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> segue una sua modalità prioritaria: "ognuno tratti da pari a pari" 1 . Esso si svolgerà<br />

in radicale parità (pari cum pari) 2 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ha bisogno di parità per dare a tutti uguale accesso per<br />

esprimersi, ma anche per considerare ugualmente da parte di tutti le possibilità di distorsione.<br />

L «uguaglianza» nel <strong>dialogo</strong> non è soltanto una ragione metodologica umana o magari- di una<br />

disposizione giuridico-sociale . Ma questa incidenza risponde ad un altra priorità. Nella condizione<br />

di una comunione ferita<br />

3 , qualsiasi sia la pienezza che si riconosce o si asserisce riguardo alla<br />

propria Chiesa, rimarrà sempre questa 'uguaglianza' nel non valorizzare le vie della grazia che ci<br />

sono gratuitamente offerte. Questa 'uguaglianza' ci introduce a quella della conversione ecclesiale<br />

nel suo cammino storico e della metodologia del <strong>dialogo</strong> come consapevolezza di una comune non<br />

pienezza e della reciproca necessità -dialogando- di riscoprire aspetti e dimensioni talvolta<br />

trascurate o dimenticate. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> scommetterà sulla volontà di cogliere dall interno ciò che<br />

esprime l interlocutore 4 . L'uguaglianza non solo non è possibile senza accettazione dell'altro tale<br />

<strong>quale</strong> lo incontriamo, ma neanche senza "reciprocità" 5 . Tale atteggiamento implica un sincero<br />

rispetto per tutto ciò che l'interlocutore è e rappresenta 6 . Esso include anche la capacità di lasciarsi<br />

mettere in questione l'uno dall'altro 7 . Tutto ciò è possibile sulla base di una ferma convinzione della<br />

comune appartenenza all'unica Chiesa nell'unico battesimo 8 , per giungere a una più profonda<br />

comunicazione malgrado gli allontanamenti verificatisi nel passato 9 . L unica non uguaglianza si<br />

discernerà partendo dal superamento di ogni indifferentismo di appartenenza alla fede, mettendo<br />

ogni dimensione ed aspetto della pienezza di comunione in una specie di equivalenza non<br />

impegnativa 10 . Oggi, si sente la necessità di offrire una vera parità tra le Chiese malgrado le<br />

disparità di numero, di configurazione, di origine con un forum aperto 11 . Questa parità è prima di<br />

1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 9.<br />

2 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le Dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 7 (nº 2).<br />

3 J.-M. Tillard, Quelle communion?, in Unité des chrétiens , 1995 n 99, pp.23-24.<br />

4 J.-M. Le Guillou, Des controverses au dialogue oecuménique, in «Istina», 1958 nº5, pp. 354-376.<br />

5 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 7; W. Becker, Bemerkungen zur Vorgeschichte und Eigenart der Arbeitsdokument über den ökumenischen Dialog, pro manuscripto,<br />

Roma 1970, S. 43, 48: «Hier erscheint der Begriff der Gegenseitigkeit", der schon in dem Dokument über den Dialog mit den Nichtglaubenden ins<br />

Licht gestellt worden war und in unserem Dokument später durch die Ausdeutung des Begriffs "auf gleicher Ebene" (par eum pari)'weiter erklärt<br />

wird»; «Die Anerkennung der Gleichheit der Gesprächspartner ist bekanntlich schon in der Instruktion des Hl. Offiziums vom Jahre 1949 offiziell<br />

ausgesprochen worden und bedeutete damals einen Durchbruch aus der Welt der Enzyklika "Mortalium animos" von 1928 zum Dialog mit den im<br />

Weltrat der, Kirchen vereinigten Kirchenggemeinschaften, zumal sie mit der Anerkennung der Wirksamkeit des Heiligen Geistes in der<br />

Ökumenischen Bewegung verbunden war. Damit ist, wie das Dokument sagt, durchaus nicht dem Indifferentismus Tür und Tor geöffnet».<br />

6 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 8, nº 3.<br />

7 Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 181: «Der Dialog ist gegenseitige Befragung. Er schließt die<br />

Bereitstaft zur Infragestellung des einen durch den anderen ein, und damit auch die Bereitschaft zu einem gewissen Wagnis, zumindest auf einem<br />

bestimmten Niveau. Er setzt die Annahme des anderen in seiner Andersartigkeit voraus, die Anerkennung, daß der andere anders ist. Der echte<br />

Dialog wird lediglich durch die Selbstbehauptung, tie Selbstrechtfertigung und dadurch behindert, daß man den anderen nur mit Mißtrauen,<br />

Verachtung oder Aggressivität betrachtet. Die Kontroverse ist noch eine Form des Dialoges, die Polemik ist es nicht»; W. Becker, Bemerkungen zur<br />

Vorgeschichte und Eigenart der Arbeitsdokument über den ökumenischen Dialog, pro manuscripto, Roma 1970, S. 42.<br />

8 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 6, nº 1.<br />

9 W. Visser t'Hooft, Hat die ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 164.<br />

10 SECRETARIATE FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Guidelines on Dialogue, in «Information service», 1970 nº 4, p. 7: «a) In ecumenical<br />

dialogue, those who take part recognize honestly that because of existing differences there is an inequality between the different Christian<br />

Communions. Hence they reject on the one hand that doctrinal indifferentism which would claim that, before the mystery of Christ and the Church,<br />

all positions are equivalent. On the other hand they do not pass any judgement regarding the willingness of one side or the other to be faithful to the<br />

Gospel. The Catholic participant, believing as he does that the Lord has confided to the Catholic Church the fullness of the means of salvation and all<br />

truth revealed by God, will be ready to give an account of his faith 1 ».<br />

1 Unitatis redintegratio, 3, 4, 11.<br />

11 S. M. Heim, The next ecumenical movement, in «The Christian Century» 8/14/1996, etiam in «Internet» 2006, www.highbeam.com/doc/<br />

1G1:18612640/The+next+ecumenical+movement~R~(Cover+Story).html?refid=ency_botnm: «THE NEXT ecumenical movement will maintain<br />

Christian unity as its clear focus and will make wide inclusivity its method. The first priority of the movement must be to find a forum for regular<br />

interchange, on a full and equal basis, between Roman Catholic, Pentecostal, Orthodox, evangelical, ecumenical Protestant, independent and<br />

indigenous Christian churches. It is an open question, given the vast disparities in size between the largest Christian communions and the smallest,<br />

whether ecumenical purposes are best served by a forum that takes single communions as the primary unit or one which allows them to group<br />

themselves in families of various kinds. Initially at least, this new beginning will have the character of a fluid forum--even the question of whether it<br />

is a movement of churches alone or a kind of experimental congress of Christian groups must be sorted out in the process».<br />

17


tutto metodologica: sarà con la via comparativa che si istaurerà un accostamento sincero senza<br />

preconcetto 1 .<br />

INCONTRARSI NELLA LIBERTÀ<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ha una sua intrinseca 'libertà' 2 . Esso non condiziona ('lega') le strutture di autorità<br />

ma agisce nella libertà per il risveglio rinnovativo 3 . Anche per questo inciso, potrebbe sembrare<br />

che si tratti solo di una clausola giuridica da rispettare. In questa flessibilità si è parlato del <strong>dialogo</strong><br />

come 'partecipazione contestativa' 4 . Ma si tratta piuttosto della scommessa sulla libertà nella fede .<br />

Certo, c è anche la libertà resa cieca dall''hamartia' (dall annebbiamento sorto nella colpa<br />

ancestrale) 5 . D altra parte, si preferisce talvolta una unità universale imposta dall autorità come un<br />

1 S. M. Heim, The next ecumenical movement, in «The Christian Century» 8/14/1996, etiam in «Internet» 2006, www.highbeam.com/doc/<br />

1G1:18612640/The+next+ecumenical+movement~R~(Cover+Story).html?refid=ency_botnm - 50k: «The new ecumenical movement needs to begin<br />

also with this modest, necessary comparative work. We need to address our contemporary divisions with the same seriousness and diligence that<br />

earlier ecumenical pioneers addressed the traditional theological issues of the fourth or 16th centuries. Differences over the nature of other religions,<br />

economics, poverty, racial relations, the public status of religion, sexuality, abortion, euthanasia, the role of government: these are today the moral<br />

equivalents of denominational differences. They merit the same kind of comparative ecclesiological approach, from the widest breadth of the<br />

Christian church. In such an approach, many traditional theological issues will inevitably reappear as integral parts of the discussion, for these<br />

differences cannot be addressed without reference to such foundations. Two generations ago it was difficult for denominations to speak of each other<br />

without heavy doses of ignorance and demonization. Today it is equally hard for differing parties in the Christian culture wars to do so. What if in the<br />

next 50 years that situation were to change as dramatically as the denominational one has in the past 50? To ask the question is to grasp at once the<br />

very real accomplishment the past ecumenical movement and the urgent need for the next one».<br />

2 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189: «a) Der ökumenische Dialog beruht<br />

hier auf zwei Prinzipien: erstens auf der Freiheit, Auffassungen miteinander auszutauschen und zusammen zu handeln und zu beten, aber bei voller<br />

Achtung der kirchlichen Bekenntnisse und Autoritäten, und zweitens auf der Überzeugung, daß den Verhandlungen zur Wiederherstellung der Einheit<br />

zwischen Kirchen gemeinsames Studium, Handeln und Gebet vorangehen müssen, da nur so eine geeignete Atmosphäre geschaffen werden kann.<br />

Diese Einheit kann nur das Ergebnis der Erneuerung des Lebens der einzelnen Kirchen sein, auf die sie auch eine direkte Wirkung ausüben muß.<br />

Innerhalb dieser Erneuerungsbewegungen wird daher der konfessionelle, theilogische und lehrmäßige Dialog dem existenziellen, aktuellen und<br />

dynamischen Austausch gemeinschaftlicher oder persönlicher Gnadengaben untergeordnet oder besser eingeordnet».<br />

3 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 188-189.<br />

4 A. Gottardi, Riconciliazione in clima di Anno santo, Trento 1974, p. 16.<br />

5 M. Lot-Borodine, La déification de l'homme, Paris 1970, pp. 47-49: «Mais l'homme, doué aussi de la pleine liberté du choix, sans laquelle il n'eût été<br />

qu'un vil esclave, tomba. <strong>Il</strong> tomba, parce qu'il préféra l'amour vain de soi à l'amour vrai de Dieu. Volontairement, par orgueil et par cupidité, troublé<br />

d'abord par la fausse science du bien et du mal, il s'enfonça dans la nuit du non-être. La désobéissance d'Adam, ce germe vivant qui portait en lui tout<br />

l'avenir de notre race , fut une chute immédiate dans la vie des sens et par elle dans la mort. Ici nous nous retrouvons en plein dans la tradition<br />

augustinienne, universelle dans l'Eglise, car saint Augustin dit expressément que l'homme a opté pour l'avare possession de ses biens privés . C'est<br />

l'acte prévaricateur qui a tout déclenché (*). Seulement les Grecs insisteront davantage sur le caractère intellectuel de la faute ou hamartia. Tout le<br />

mal vient pour eux de l'agnoia (ignorance), le noûs ayant cessé d'être le régulateur parfait (**). Donc rupture de l'équilibre intérieur, désorganisation<br />

de la psyché tout entière. Mais on ne dira pas, avec saint Anselme, que l'effet premier du péché originel a été la privation de la justice ou rectitude,<br />

entraînant le réveil de la concupiscence, comme latente. L'ordre des termes est ici renversé: non pas privatio-vulneratio, mais vulneratio-privatio,<br />

lésion initiale qui déchire toute la nature adamite (***). Ses conséquences furent infiniment douloureuses. Pour la chair d'abord, condamnée à la<br />

concupiscence et par elle à l'infirmité, à la flétrissure et à la dissolution. Pour l'âme ensuite, privée de sa sève naturelle, ébranlée jusqu'en ses<br />

profondeurs et comme désagrégée. La volonté, non pas entièrement corrompue et broyée, comme dans l'augustinisme, mais gauchie, faussée dans<br />

tous ses ressorts. L'intelligence surtout, jadis, puissance royale de lumière, maintenant obnubilée par l'illusion et dominée par la tyrannie de l'irascible<br />

et du concupiscible, parties inférieures de la psyché humaine. Enfin, dernière et fatale conséquence du péché d'Adam, le macrocosme entier, blessé<br />

avec son chef, toute créature, appelée pour louer le Seigneur dans la joie, condamnée à souffrir et à gémir jusqu'à la fin des temps. Ce tableau, d'une<br />

immense désolation, où les tons sombres recouvrent, éteignent soudain la radieuse clarté de l'aube terrestre, se retrouve aussi --combien saisissant!--<br />

sous la plume de saint Augustin. <strong>Il</strong> lui manque cependant, sinon la vision grandiose de la catastrophe finale, l'envol si hardi d'un même rêve<br />

eschatologique (****). Psychologue admirable et maître de l'introspection, le grand Africain, guidé par une poignante expérience personnelle, s'est<br />

attaché presque exclusivement aux réalités de notre état présent empirique, de notre déchéance devenue la marque au fer rouge de l'espèce humaine.<br />

Quant au premier Adam en état d'innocence préternaturel, il est avant tout, pour Augustin, une créature tirée du néant. Et ce néant qui, dans le<br />

néoplatonisme, n'est qu'absence ou vide métaphysique, aux yeux de saint Augustin (dernière réminiscence manichéenne sans doute) a un caractère<br />

déficient pour ainsi dire positif...».<br />

((*) On a beaucoup discuté pour savoir si la concupiscence était chez Augustin la racine ou bien, comme pour saint Anselme, et dans toute l'Eglise<br />

d'Occident après lui, seulement la conséquence du péché. Cf. J.-B. KORS, La Justice primitive et le peché originel d'après saint Thomas (Bibl. Thom.<br />

II, le Saulchoir, 1922), l'article de E. Portalis, Saint Augustin dans le Dict. de Théol. cathol., t. I et Et. Gilson, op. c. La même question devrait être<br />

posée pour les Grecs dont la pensée paraît flottante, à première vue. Pour S. Grégoire de Nysse, la chute des Anges aurait eu pour cause l'orgueil:<br />

Lucifer offensé de ce que l'homme ait été créé à l'image divine. Chose curieuse, on retrouve cette croyance, sous une forme bien plus saisissante, dans<br />

les imaginations de l'Islam qui remontent à la Vila Adae d'origine judaïque: la désobéissance de Satan refusant de se prosterner devant Adam, sur<br />

l'ordre de Dieu. Voir le développement de ce thème dans l'important travail de Louis Massignon, La Passion d'Al Hallaj, Paris, 1921 (chap. wn et xn<br />

et l'appendice C). En ce qui concerne la chute de l'homme (homo, au sens de créature humaine) elle semble avoir été provoquée, d'après le plus jeune<br />

Cappadocien, par un mouvement d'attirance vers le faux bien ou la fausse science. Erreur de jugement, au premier chef mais erreur qui est déjà l'aveu<br />

d'une préférence sensible. C'est pour cela sans doute que -- toujours selon le docteur de Nysse qui suit son maître Origène -- Adam et Eve, perdant<br />

aussitôt leur corps éthéré, prennent un corps matériel qui incarne l'appel des sens; ce n'est qu'avec ce corps-là que naîtrait la vie sexuelle, inconnue au<br />

paradis terrestre. A ce souvenir du hautain spiritualisme d'Origène les Byzantins sont restés fidèles en grande partie (moins sa doctrine gnostique de la<br />

préexistence des âmes). On retrouve encore la même idée de la destruction de notre nature divine primitive chez Scot Origène dont toute<br />

l'anthropologie est essentiellement grecque. Nous pouvons en dire autant de quelques Bénédictins du XII° S., égarés en Occident, Rupert de Deutz,<br />

Honorius d'Augsbourg et surtout les frères Gerhoh et Arno de Reichersberg. Consulter sur eux et leurs affinités patristiques le précieux travail,<br />

aujourd'hui epuisé, de J. BACH, Die mittelalterliche Christologie, Vienne, 1873. / (**) Pour saint Grégoire de Nysse, la dignité de l'homme est dans<br />

son intelligence, image ou miroir réfléchi de l'Intelligence-Dieu. C'est là la partie divine de son être. Cf. De imagine, XII, c. 164. Même conception<br />

18


pane assicurato : 'perdita di libertà interiore' nell'asservimento 1 . «Interrogate voi stessi! Non è<br />

forse l effetto della vostra volontà (proairesis)?» 2 .<br />

I LIMITI DEL DIALOGO<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> non potrà continuare infinitamente, come se fosse il compito complessivo<br />

dell intento <strong>ecumenico</strong> 3 . Un <strong>dialogo</strong> infinitamente prolungato può diventare un alibi 4 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong><br />

ha dunque il suo limite: quello intrinseco tra incondizionalità della fede e gli sforzi di mutuo<br />

scambio dialogale 5 . <strong>Il</strong> limite è sempre il soggetto che percepisce la sua incapacità 'storica' alla<br />

verità piena 6 . Questa ristrettezza storica non è però una ragione per non lasciarsi fruttificare ogni<br />

passo del frammentato cammino di riconciliazione. Nel <strong>dialogo</strong> si avvia un cammino che traccierà<br />

la sua strada comune e condivisa. Non tutto è scontato o chiaro in partenza. Si dirà che il <strong>dialogo</strong><br />

nella fede si apre al mistero stesso nel <strong>quale</strong> siamo coinvolti (cfr infra). Non si indica<br />

semplicisticamente la strada al <strong>dialogo</strong> ma è il <strong>dialogo</strong> che ci indica la strada Perciò il <strong>dialogo</strong><br />

segue la via dell esperienza vissuta, della parità nel contributo aperto, della libertà nella fede<br />

compartecipata.<br />

intellectualiste chez saint Maxime qui, dans son anthropologie, suit de près l'évêque de Nysse, et chez tous les Byzantins, mais l'intelligence ici est<br />

toujours supra-rationnelle, ne l'oublions pas. / (***) Voir le développement de cette pensée dans le livre (en russe) du P. Boulgakoff, Le Buisson<br />

ardent, Paris, 1928. / (****) Ce n'est pas que l'eschatologìe de la Cité de Dieu, dont s'est abreuvé tout le Moyen Age, ait été moins riche que celle des<br />

Byzantins. Loin de là. Mais l'homme augustinien ressuscité garde encore son aspect terrestre (De Civit. Dei, XXII, í). Sa chair n'est pas transfigurée,<br />

comme dans la patristique grecque. Et c'est le reproche que formulait à son égard Jean Scot (De divis. natur., V, 37). Sur ce point, il est intéressant de<br />

comparer l'évêque d'Hippone avec son maître, saint Ambroise de Milan, qui a gardé intacte la pensée traditionnelle: voir son Commentaire sur Saint<br />

Luc où la spiritualisation de la nature humaine est complète. Sur cette tendance augustinienne et les résistances qu'elle a rencontrées chez le<br />

philosophe irlandais du IX<br />

s., consulter Popov (en russe) Le bienheureux Augustin, sa personnalité ef sa doctrine. L'auteur y indique aussi le<br />

caractère acosmique de toute la pensée augustinienne.)<br />

1 N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, pp. 214-215: «Les sociétés humaines et les sociétés qui sont passées par le<br />

Christianisme subissent, sous des formes diverses, trois tentations qu'a repoussées le Christ dans le désert. L'homme éprouve un besoin profond non<br />

seulement de pain (lequel symbolise la possibilité de l'existence humaine), mais aussi d'une unité universelle. C'est pourquoi l'homme s'attache à<br />

ceux qui lui promettent de changer les pierres en pain et créent les royaumes de ce monde. Les hommes aiment la servitude et l'autorité. La masse<br />

humaine n'aime pas la liberté et la craint. D'ailleurs la liberté a été terriblement déformée et transformée même en instrument de servitude; elle a été<br />

comprise exclusivement, comme droit, comme prétention des hommes, alors qu'elle est surtout devoir. La liberté n'est pas ce que l'homme demande<br />

de Dieu, mais ce que Dieu demande de l'homme. C'est pourquoi la liberté n'est pas facilité, mais difficulté, fardeau dont l'homme doit se charger. C'est<br />

ce qu'on admet si rarement. La liberté au sens spirituel est aristocratique et non démocratique. <strong>Il</strong> y a aussi une liberté bourgeoise, mais elle est une<br />

déformation et un outrage à l'esprit. La liberté est spirituelle, elle est esprit. Elle vient du monde nouménal et renverse l'ordre déterminé du monde<br />

phénoménal. L'idéal anarchique, pris à la profondeur limite, est l'idéal limite de la libération humaine. <strong>Il</strong> ne doit aucunement signifier la négation de<br />

l'importance fonctionnelle de l'Etat dans ce monde objectivé. L'anarchisme doit s'opposer, non pas à l'ordre et à l'harmonie, mais au principe du<br />

pouvoir, c'est-à-dire d'une contrainte venant du dehors. L'optimisme d'une grande part des doctrines anarchiques est faux. Dans les conditions de ce<br />

monde objectivé nous ne pouvons penser une société idéale, sans mal, sans lutte ni guerre. Le pacifisme absolu dans ce monde est un idéal<br />

mensonger, parce qu'il est antieschatologique. Proudhon dit beaucoup de choses vraies à ce sujet. Toutes les formes politiques sont relatives, aussi<br />

bien la démocratie que la monarchie. Jusqu'à la fin il faudra affermir les formes relatives, qui donnent un maximum de liberté réelle possible et de<br />

dignité de la personne, et la primauté du droit sur l'Etat. Mais la victoire sur tout pouvoir, en tant que fondé sur l'aliénation et l'extériorisation, en tant<br />

qu'asservissement, ne peut être qu'un idéal. On ne peut penser le Royaume de Dieu qu'apophatiquement, comme absence complète du pouvoir,<br />

comme royaume de la liberté. Hegel dit que la loi est une objectivité de l'esprit , c'est-à-dire qu'il reconnaît par là qu'elle signifie royaume de<br />

l'objectivation. <strong>Il</strong> dit encore que l'Etat est l'idée spirituelle dans l'Ausserlichkeit de la volonté humaine de liberté. L'Ausserlichkeit est aussi la marque<br />

essentielle de l'Etat et du pouvoir. <strong>Il</strong> y a deux conceptions de la société et deux chemins qui mènent à elle. Ou bien la société est comprise comme<br />

nature, ou bien elle l'est comme esprit. Ou bien la société est construite comme nature, conformément aux lois de la nature, ou bien elle l'est comme<br />

réalité spirituelle. Cette opposition détermine les idéaux sociaux et le caractère de la lutte sociale. La société, en tant que nature, se trouve sous le<br />

pouvoir de la nécessité, elle est mue par la lutte en vue de la domination et de la suprématie, en elle se produit une sélection naturelle des forts et elle<br />

se construit sur les principes de l'autorité et de la contrainte; en elle enfin les rapports se définissent comme objectifs. La société en tant qu'esprit est<br />

mise en mouvement par la recherche de la liberté, elle est basée sur le principe de la personne et des rapports subjectifs, est mue par le désir de voir<br />

l'amour et la miséricorde à la base de la structure sociale».<br />

2 Giovanni Crisostomo, In Matthaeum, 59, 2, PG 58, 576c / , 59, 2, PG 58, 337d..<br />

3 J. Willebrands, Allocution du Président, in «Information service», 1971 nº 13, pp. 7-8: «Au début de la même semaine j ai parlé dans l'église<br />

anglicane de l'Université de Cambridge (Great St Mary's Church). J'y ai exprimé ma conviction que les dialogues interconfessionnels ne pouvaient<br />

pas continuer indéfiniment et que, peut-être, d'ici cinq ans, nos théologiens pourraient en atteindre le premier objectif, c'est-à-dire constater l'accord<br />

sur les vérités essentielles de la foi et les conséquences qui en découlent. Naturellement, cela ne signifierait pas la fin du dialogue et l'unité retrouvée,<br />

mais cela voudrait dire que le dialogue entre dans une nouvelle phase dont le but serait de se rendre compte des formes concrètes par lesquelles<br />

réaliser le rétablissement de la pleine communion».<br />

4 P. Ricca, <strong>Il</strong> Bem e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, pp.157-158.<br />

5 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 10 (nº 6): «Cependant le dialogue, en tant qu'il est effort humain, a ses limites. Entre les Eglises, certaines différences reposent sur des<br />

données d'ordre historique, psychologique, sociologique; elles sont ressenties comme encore irréductibles. D'autres, plus profondes, dépendent de la<br />

manière dont on conçoit sa propre foi et la vit. Le dialogue apparaît ici impuissant. Les interlocuteurs perçoivent que Dieu les appelle à s'en remettre à<br />

lui dans la prière, leur apprenant à placer leur confiance dans la seule puissance de l'Esprit-Saint».<br />

6 P. Rossano, Missione e <strong>dialogo</strong>, in «Oikumenikon», 1973 nº 10, p. 233.<br />

19


FARE IL PUNTO OGGI: COME IMPOSTARE IL SEGUITO NEL E OLTRE IL DIALOGO ,<br />

FUORI DELLE FRONTIERE STABILITE E DELL APPARTENENZA INIZIALE<br />

Qualche accenno di riflessione ecclesiale può essere proposto anche su questa dimensione<br />

del <strong>dialogo</strong>, il <strong>quale</strong> rinvia urgentemente a ciò che deve seguirlo. La liturgia romana, nel primo anno<br />

(A) della terna liturgica, evoca suggestivamente l avvio della risposta di conversione all iniziativa<br />

di Gesù, dopo il suo Battesimo, e sulle priorità che Egli suggerisce dal Suo modo di portare avanti<br />

la Sua missione. Nella terza domenica del tempo ordinario, le letture ci guidano in una meditazione<br />

su questo avvio o preambolo per la costituzione al seguito del Cristo della originaria comunità che<br />

lo accompagna. <strong>Il</strong> Vangelo comprende quattro chiavi che impostano l avvio dell iniziativa di Dio in<br />

Cristo (Vangelo di quella domenica - Mtt 4, 12-23): Gesù inizia dopo che Giovanni il Battista è<br />

sottratto alla sua missione, egli comincia il suo percorso in Galilea, egli chiama poi i primi seguaci a<br />

seguirlo senza indugio, infine egli passa dalla prassi di pentimento presso il Giordano alla visita<br />

nelle sinagoge predicando la Buona Novella e curando i malanni in seno al popolo. Gesù lascia che<br />

si compia la fase di passaggio di Giovanni il Battista, con quella pazienza che sorge dalla vita<br />

vissuta nelle urgenze che si presentano. Egli sceglie il suo quadro di partenza: Galilea delle genti<br />

e Cafarnao, crocevia delle nazioni (cfr 1° lettura - Is 8, 23b<br />

20<br />

9, 3), l orizzonte esce ormai dal<br />

Tempio e dalle frontiere stabilite per il popolo della Legge. Poi Cristo chiama a seguirLo subito,<br />

senza indugio in ciò che sta per essere ulteriormente portato a termine con i primi seguaci (Andrea-<br />

Pietro, Giovanni-Giacomo) che lasciano le loro cose. Infine Gesù sceglie non di battezzare ma di<br />

dare l indirizzo di partenza nelle sinagoghe, proclamando la Buona Novella. La seconda lettura (I<br />

Cor. 1, 10<br />

13, 17) accenna alle appartenenze battesimali ed avverte intanto di non limitare subito<br />

ciò che si inizia alla sola procedura già compiuta, sorgente di divisioni nel mancato respiro di<br />

lungimiranza: appartengo a Paolo, Apollo, Cefa . Cristo non si limita alla prassi del<br />

battesimo ma prepara ad impegni ben più aperti (I Cor 13, 17), dal crocevia dei popoli (Is 8, 23b).<br />

Dalla domenica del Battesimo di Gesù alla seconda domenica del tempo ordinario la coscienza<br />

ecclesiale, che si esprime nella scelta e nell abbinamento delle letture e del loro insegnamento,<br />

traccia così la promessa ma anche una certa metodologia della via cristiana ecclesiale. Da questo<br />

insegnamento liturgico possiamo trarre gli orientamenti stessi per il <strong>dialogo</strong> di conversione.<br />

III<br />

NEL DIALOGO UN SEGNO DEI TEMPI SVELATO NELLA<br />

PERSONA UMANA: NELLA CONSAPEVOLEZZA DELL ALTERITÀ,<br />

NELLA PRECONDIZIONE DELLA RELAZIONALITÀ, NEL<br />

LINGUAGGIO, NEL DIALOGO PUBBLICO, NEL RELIGARE<br />

RELIGIOSO<br />

In senso prettamente cristiano, si parla di segno dei tempi per indicare quella anticipazione<br />

umana di ciò che potrà essere recepita dall intento cristiano e di cui rimane debitore. Parlando del<br />

cambiamento radicale che il concilio Vaticano II ha introdotto nella praxis e nella coscienza<br />

ecclesiali, ciò che maggiormente risalta nei commenti è la novità di 'metodo' 1 . Questa 'novità' non<br />

1 G. G. Higgins, Commentary on the Pastoral Constitution of the Church in the modern World, in V. A. Yzermans, American Participation in the<br />

Second Vatican Council, New York 1967, pp. 263-264: «Thus to contrast Gaudium et Spes with the Syllabus of Errors as dramatic symbols of their<br />

respective eras in the modern history of the Church, is not to make light of the problems which bedeviled the reign of Pius IX and ultimately<br />

prompted him, with his back to the wall, to fulminate against the world of 1864 in the latter document, nor is it to ignore the providential changes<br />

which made it not only possible, but absolutely necessary for Vatican II to take a much more conciliatory approach in the former document a century<br />

later. Whatever of that, it is fair to say, in the words of Ernesto Balducci, that, with Pope John's opening address at the Council, a whole era of the<br />

history of the Church is solemnly ... declared closed, and that from that moment the Church has achieved a new consciousness of herself. The<br />

Conciliar assembly, receiving such a peremptory warning (against undue severity in its judgment of the contemporary world), far from feeling<br />

dismay, rejoiced to hear itself thus freed from a fear complex, and from perplexities concerning possible schemes for the future... The voice of her<br />

Head ... brought to the light of day her unconscious intuitions and turned the inarticulate depths of her aspirations into an explicit idea. And in this<br />

way there began to take shape, in the most fitting place and manner, a new era of Christianity, which we might call the ecumenical era».


sarebbe altra che la memoria rivivificata della metodologia di Gesù, ribadita come 'via di<br />

misericordia' dal richiamo di papa Giovanni XXIII: andare ovunque e sempre in cerca dei 'segni dei<br />

tempi' 1 . Si deve tentare di entrare in <strong>dialogo</strong> con il mondo contemporaneo, dalla sua consistenza<br />

umana, partendo dalla comprensione dell umanità di oggi 2 . Paolo VI preciserà la prospettiva: non<br />

si tratta più di dominare il mondo ma di servirlo, animati -spesso- da un senso di ammirazione per<br />

esso 3 . L'atteggiamento della Chiesa nostra non è stato univoco su questo punto (ma neanche quella<br />

delle altre Chiese cristiane). Bisognerà mettersi 'in cerca' ed 'in ricerca', o cioè intraprendere la<br />

necessaria indagine sui processi di convivenza e di esperienza umane in seno ai quali la Chiesa offre<br />

il suo Messaggio di speranza 4 . Un ulteriore paradosso del <strong>dialogo</strong> potrebbe dunque essere questo:<br />

come mai ciò che sia il più specificatamente 'cristiano' (la conversione a Cristo) si esprime in ciò<br />

che sia più umanamente umano (persino coloro che non si riconoscono nella prospettiva cristiana<br />

dialogano talvolta meglio di noi), forma di evangelismo nell'ingegno di oggi 5 ?... Stiamo forse<br />

copiando valori soltanto umani? Si discernerà nel <strong>dialogo</strong> una sua sorgente etica con i vari criteri da<br />

prendere umanamente in conto 6 . Si tratta forse della lunga marcia di Dio con l umanità nel Suo<br />

Spirito? Nello Spirito Santo Dio si offre a garanzia che niente sarà intrapreso a favore dell'umanità<br />

senza il libero consenso di ogni persona umana 7 . Lo Spirito Santo è il "tra" del "Noi" trinitario:<br />

colui che vive per collegare, scomparendo -per modo di dire- nella piena compenetrazione della vita<br />

divina, "Umiltà" per eccellenza dell'essere radicalmente 'passaggio' 8 . Egli è la trasparenza di Dio a<br />

1<br />

CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes», Civitas vaticana 1965, n° 4; G. G. Higgins,<br />

Commentary on the Pastoral Constitution of the Church in the modern World, in V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican<br />

Council, New York 1967, pp. 264: «Father Balducci, who is one of Pope John's more perceptive biographers, is using the word ecumenical here, not<br />

in the limited sense of Catholic-Protestant relations, but in the much broader sense of a continuing and completely openended dialogue between the<br />

Church and the contemporary world. Balducci's emphasis on the crucial importance of Pope John's keynote address at the opening session of the<br />

Council is well taken, but, as he himself has pointed out, too little attention has been paid thus far to John's Apostolic Constitution, Humanae Salutis,<br />

which antedated the Council by almost a year. It was in this earlier document that John not only formally convoked the Council, but quite explicitly<br />

noted that, in his judgment, it should proceed according to the methodology recommended to the Church by Christ Himself. "Indeed," he said, "we<br />

make ours the recommendation of Jesus that one should know how to distinguish the 'signs of the times' (Mt. 16:4), and we seem to see now, in the<br />

midst of so much darkness, a few indications which augur well for the fate of the Church and of humanity».<br />

2<br />

Giovanni XXIII, Costituzione apostolica « Humanae salutis » (25 dicembre 1961), Civitas Vaticana 1961, n° 6; Giovanni XXIII, Discorso di<br />

apertura del Concilio Vaticano II Gaudet Mater Ecclesia (11 ottobre 1962), in «Acta Apostolicae Seids» 1962 n° 54, pp. 786-796.<br />

3<br />

H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants, Paris 1967, p. 174: «"Cela signifie,<br />

vénérables frères, que ce Concile se caractérise par l'amour, l'amour très large et pressant, l'amour qui pense aux autres avant de penser à soi, l'amour<br />

universel du Christ... Que le monde le sache l'Eglise le regarde avec une profonde compréhension, avec une admiration vraie, sincèrement disposée<br />

non à le subjuguer, mais à le servir; non à le déprécier, mais à accroître sa dignité; non à le condamner, mais à le soutenir et à le sauver 1 ". Par ces<br />

derniers mots, Paul VI a mis en lumière l'un des caractères principaux de Gaudium et Spes, ce texte représente de la part du Concile une prise de<br />

conscience; le temps n'est plus où l'Église pouvait dominer le monde. On peut regretter l'abandon dans la rédaction definitive d'un passage significatif<br />

des rédactions antérieures l'Eglise «ne met plus aucun espoir dans les privilèges que lui assurent les autorités civiles», en se contentant de dire:<br />

«Aucune ambition terrestre ne pousse l'Église» (GS, nE 3). Mais l'ensemble du texte corrobore l'intention exprimée par Paul Vl: l'Eglise est disposée,<br />

non à subjuguer le monde -- et l'Eglise se détache ainsi de l'ère constantinienne, non seulement parce qu'elle est terminée dans de nombreuses parties<br />

du monde occidental, mais surtout parce qu'elle représentait une déviation par rapport à l'Evangile -- mais à le servir -- ce qui signifie aussi l'abandon<br />

d'une attitude nostalgique, replée sur elle-même, d'une Eglise dépassée par le monde moderne».<br />

1<br />

«La documentation catholique», 1963 nº 60, col. 1357 et 1359.<br />

4<br />

H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants, Paris 1967, pp. 174-175: «Comment<br />

décrire cette attitude nouvelle de l'Eglise, son rôle dans le monde, ses relations avec lui? Tel est le but poursuivi par le Concile. Or, remarquons-le, le<br />

Concile ne peut s'appuyer sur une tradition continue et vivante; il lui faut s'engager dans une recherche: certes des théologiens et des hommes d'action<br />

ont dejà mené cette recherche, mais à titre de pionniers; souvent incompris ou contredits, ils ne peuvent espérer faire accepter leur pensée dans le<br />

temps relativement bref des sessions conciliaires. La Constitution revêtira souvent un caractère inachevé, insuffisant, car elle doit rassembler autour<br />

d'elle une immense majorité de votes favorables 1 . Si tout texte «conciliaire» est plus ou moins un texte de «conciliation», celui-ci l'est plus<br />

particulièrement. Remarquons d'ailleurs que les Eglises protestantes se trouvent dans une situation à bien des égards comparable. Les relations entre<br />

l'Eglise et le monde de ce temps sont, certes, I'objet de nombreuses recherches théologiques et pratiques; mais celles-ci reflètent une grande diversité<br />

de tendances et les confrontations entre ces orientations n'ont pu aboutir à un consensus suffisant pour jalonner une route commune. Car pas plus que<br />

l'Eglise catholique, les Eglises protestantes ne peuvent s'appuyer sur une tradition ferme ou sur un accord actuel».<br />

( 1 Le vote d'ensemble du 6 décembre 1965 donne, sur 2.377 votants, 2.111 placet, 251 non placet et 11 bulletins nuls.)<br />

5<br />

WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, p. 84: «23. Dialogue is a form of evangelism which is often effective.<br />

Many experiments are being made in this direction. This is not the place to express judgments upon their value, but rather to rejoice in the<br />

encouragement which they give to those who see the urgent need for new approaches to the task of evangelism in the twentieth century. There are, for<br />

example, the vigorous work of the Evangelical Academies, the leaderless face-to-face exposure of 'group dynamics', the dialogue sermon, the study<br />

group, the experiments in corporate Bible study, the parish meeting , and so on. They all emphasize the point that the communication of the Gospel<br />

today consists in listening first and then in showing how the Gospel meets the need of the times as we have learned to understand it».<br />

6<br />

A. Molinari, Eticità del <strong>dialogo</strong>, in AA. VV., Dialogo a una svolta, Roma 1969, p. 160: «Nel riconoscimento e nell accettazione dell altro come<br />

persona si compie l avvenimento interpersonale, che implica, come base, un atteggiamento di apertura e di comprensione, una situazione di<br />

reciprocità nella sincerità e nella generosità, un vicendevole arricchimento e fondamentalmente un clima di libertà e di rispetto. Un incontro tra due<br />

persone è un avvenimento interpersonale in quanto si ha l incontro di due coscienze e di due libertà che si ergono e si realizzano come coscienza e<br />

come libertà proprio in quell incontro».<br />

7<br />

P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, pp. 30-31.<br />

8<br />

. / S. Bulgakov, /Le Paraclet, 1936 / Paris 1944, . 126 / p. 175.<br />

21


se stesso e verso l'umanità, senza pretese né pressioni... La maturazione umana sarebbe allora come<br />

una precondizione di certe ulteriori promesse evangeliche non recepite prima La maturazione<br />

umana nel <strong>dialogo</strong> significa cercare insieme per trovare e trovare per cercare ancora 1 . <strong>Il</strong> taglio<br />

antropologico del <strong>dialogo</strong> darà alla riflessione cristiana una sua dimensione di personalizzazione<br />

radicale, superando le trattative apersonali, cosificanti o soltanto ogettivanti 2 . In questo senso esso<br />

è 'conversione' 3 , o cioè passaggio nel <strong>quale</strong> l'umano lascia la sua 'chiusura disumana'.<br />

SUPERARE I SCOGLI DELL AUTORITARISMO<br />

La dinamica dialogale sostituisce quella previa del confronto controversiale 4 , per 'orientarsi<br />

insieme nella stessa direzione: Cristo'. Questa conversione dovrebbe, come nel caso di Saulo<br />

diventato Paolo, "far cadere i squami dalla vista delle Chiese" (Att. 9, 17-18) 5 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> si<br />

distingue -in senso del tutto generico- dalle impostazioni mentali dell autoritarismo nella ricerca<br />

della verità 6 , compresa come un insieme di proposizioni garantite dall autorità di Dio 7 .<br />

Storicamente, il <strong>dialogo</strong> è l atteggiamento cristiano in un mondo dove esso non intende più<br />

prevalersi (o tentare di prevalersi) di una posizione di potenza o di forza, basata sul modello della<br />

cristianità 8 . In senso genericamente umano, il <strong>dialogo</strong> è una comunicazione reciproca che mira ad<br />

uno scopo comune o a una relazionalità interpersonale più profonda 9 . Si parlerà di <strong>dialogo</strong><br />

profondo con la sua priorità di incontro con mondi religiosi e culturali diversi 10 . La capacità<br />

1<br />

L. Sartori, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, in «Ut unum sint», 1970 nº 25, p. 9 (nº 2 d).<br />

2<br />

J. Speck, Karl Rahners theologische Anthropologie, München 1967, S. 36-37.<br />

3<br />

P. Lengsfeld, Macht als Factor in ökumenischen Prozesses, in «Una Sancta», 1973 nº 3, S. 239; cfr L. Sartori, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, in<br />

«Oikumenikon», 1970 nº 4, p. 37.<br />

4<br />

Y. Congar, Sur le jubilé de 1975, in «Unité des chrétiens», 1973 nº 12, p. 32.<br />

5<br />

Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, pp. 329-330.<br />

6<br />

A. Maffeis, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, Brescia 2000, p. 92: «<strong>Il</strong> ricorso al metodo dialogico come via maestra per la ricerca della verità e per raggiungere<br />

il consenso gode di una plausibilità generale. Al contrario l'autoritarismo e la presunzione di una parte di possedere interamente e in modo esciusivo la<br />

verità sono stigmatizzati dall'opinione pubblica come comportamenti inaccettabili».<br />

7<br />

A. Maffeis, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, Brescia 2000, p. 92: «La controversia, infatti, nelle vane forme che ha assunto nel corso delta storia, ha inteso<br />

generalmente la rivelazione come un insieme di proposizioni la cui verità garantita dall'autorità di Dio che rivela e ha ridotto la fede at riconoscimento<br />

delta verità di tali proposizioni.. La problematicità del metodo della controversia deriva, dunque, non solo -e neppure primariamente- dal fatto che<br />

non corrisponde più allo spirito di tolleranza diffuso nella cultura, ma prima di tutto da un modo riduttivo di concepire la rivelazione e la fede<br />

comprese in termini esclusivamente dottrinali e oggettivanti <strong>Il</strong> superamento dei metodi predialogici nel confronto tra te chiese è andato di pari<br />

passi con lo sforzo compiuto dalla teologia di comprendere in modo più adeguato la rivelazione e la fede».<br />

8<br />

W. Visser t'Hooft, Hat die ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 162: «Es gibt Formen des Dialogs die<br />

einen Sinn haben. Zuerst der Dialog der davon ausgeht, daß es in dieser pluralistischen Welt viele Aufgaben gibt, die nur dann gelöst werden können,<br />

wenn Menschen jeder religiösen oder sogar nicht-religiösen Überzeugung sich zusammenschließen. Die Christen haben so lange eine besondere<br />

Machtposition in der Welt gehabt, daß sie sich noch immer nicht an die neue Situation, in der ihre Stimme eine unter vielen geworden ist, gewöhnt<br />

haben».<br />

9<br />

Cfr e. g. S. Karotemprel, Following Christ in Mission, Nairobi 1995, p. 101.<br />

10<br />

GLOBAL DIALOGUE INSTITUTE, The Power and Promise of Deep-Dialogue. Promoting Through Deep-Dialogue Intercultural - Interreligious<br />

Understanding and Creative Collaboration, in «Internet» 2004, http://www.astro.temple.edu/~dialogue/case.htm: «Deep-Dialogue is a way of<br />

encountering and understanding oneself, others, and the world at the deepest levels, which opens up possibilities of grasping individually and<br />

corporately the fundamental meanings of life and its various dimensions. Deep-Dialogue has three dimensions: Ethics, Globality, and Spirituality.<br />

Dialogue: Dialogue, understood as Deep-Dialogue, is an encounter with those whose view of the world is significantly different from our own-- an<br />

Inter-World Encounter. The primary purpose of this opening out is for each to gain a new insight into reality. Such a dialogical encounter enables<br />

each of us to view ourselves, others, and the world, as well as our understanding of it, from a new perspective, more "objectively" enriched through<br />

the eyes of others. This whole new way of understanding reality, which is opening up and being made explicit now at the turn of the third millennium,<br />

provides each of us the opportunity to probe the inner depth of the meaning of life as it faces us in the different dimensions of our experience:<br />

individually, with others, at work, in the family, on the several levels of community up to the global level, and amidst the world around us. Ethics:<br />

Ethics is the set of principles which each of us develops by which we decide how to act both in general and in particular situations. Because of the<br />

fluidity of modern society it is especially vital both for individuals and for communities to develop integrated, holistic ways of ethical behavior. At the<br />

same time it is essential that we enter respectfully into Deep-Dialogue with those whose ethical principles appear to be grounded differently from<br />

ours. That is: we need to experience Inter-World Encounters which will lead us through the Seven Stages, both to seek out what is held in common<br />

and to discern true differences. In the end it is necessary for human survival that such individual and group commitments to integrated ethical living in<br />

a dialogical context expand to the fullest, aiming at the joint discovery of a "Global Ethic." Globality: Globalization on the physical level is<br />

accelerating at such a rapid rate that intellectually and emotionally we humans need to focus our full attention on this reality if we are to survive on all<br />

three levels, intellectual, emotional and even physical -let alone flourish. However, globalization is likewise an incredible opportunity to overcome the<br />

"Divisive Dualisms" that have plagued humankind from the beginning: Body-spirit, men-women, black-white, rich-poor, labor-management,<br />

religious-secular, nation-nation, etc. A humane globalization cannot succeed by way of dominance. Rather, it can be accomplished only by Deep-<br />

Dialogue: within persons, among individuals, between groups, and onto the global level--issuing in a "Global Ethic," that is, the basic ethical<br />

principles discovered to be actually held world-wide, arrived at by consensus, brought about through Deep-Dialogue. Spirituality: Spirituality refers<br />

to the way each individual and groups inwardly understand the meaning of life and then outwardly give it expression. Thus, spirituality underlies all<br />

aspects of every-day life-- including every specific religion or ideology, each of which are particular crystallizations of that perception of the meaning<br />

of life and how to manifest it. As persons mature they enter into a kind of Deep-Dialogue within themselves, thereby giving shape to their personal<br />

understanding of the meaning of life -- their spirituality. Though this has often been done within the context of a religious tradition, today many are<br />

22


dialogale viene riconosciuta come caratteristica delle persone di buona volontà , che interpella<br />

ovviamente chi ha responsabilità civile oggi 1 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> è reso possibile da una maturità<br />

umanamente umana per avviare verso il cristianamente cristiano 2 . <strong>Il</strong> taglio antropologico del<br />

<strong>dialogo</strong> darà alla riflessione cristiana una sua dimensione di personalizzazione radicale, superando<br />

le trattative impersonali, cosificanti, o soltanto ogettivanti 3 . La maturazione umana nel <strong>dialogo</strong><br />

significa cercare insieme per trovare e trovare per cercare ancora 4 . In questo senso, il <strong>dialogo</strong> è il<br />

contrario del dibattito e si attua come flusso esponenziale di senso 5 . L'anticamera dialogale<br />

nasce nella parola-sorgente-di-creatività-inventiva dell'umanità stessa: o cioè la capacità di 'dire' e<br />

di 'udire' 6 , di ascoltare e di rispondere 7 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> apre la strada dal 'dividere' al 'con-dividere' 8 .<br />

LE ESIGENZE DIALOGALI DELLA PERSONA VERSO SE STESSA NELL ALTERITÀ<br />

Nel <strong>dialogo</strong> inteso nel senso più ampio, si indicherà che lo scopo primario sarà non di<br />

9<br />

cambiare l altro ma di riconsiderare se stesso . Si insiste sulla maturazione<br />

dell'approfondimento comune della fede nel <strong>dialogo</strong> 10 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> mette in risalto la necessità di<br />

credibilità delle posizioni affermate 11 . Esso comincia con la presa di coscienza interiore sulla<br />

impossibilità di fare a meno dell altro 12 . L altro è alter e non alius (o portatore di qualche cosa<br />

d aliud ) 13 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> è la disponibilità di mettersi in questione con gli altri 14 : 'consegnarsi agli<br />

altri' e simultaneamente 'accogliere gli altri' 15 . Infatti, la verità da lasciare trasparire nella<br />

conoscenza non è soltanto 'mia' e se mi ci trovo immerso 'non mi appartiene'. Non a caso, la<br />

Riforma dirà che la giustificazione ci viene radicalmente dall'"Altro" e non dalle nostre 'capacità'! <strong>Il</strong><br />

discovering spiritual meaning in alternative ways. Hence, spirituality provides the basis from which ethics, the principles of behaviour, springs. So<br />

too, because of the shifting quality of contemporary society, it is vital that each of us develop integrated, holistic ways of fusing our spirituality and<br />

everyday life: in the family, at work, in our communities, up to the global level, and in relation to the world around us. At the same time it is essential<br />

that we enter into Deep-Dialogue with those whose spirituality is different from ours, both to seek out what is held in common and to discern true<br />

differences. The Global Dialogue Institute's Transformational Technology is custom-designed to quickly lead individuals and groups through the<br />

Seven Stages with the aid of the Twelve-Step Program and Deep-Dialogue Decalogue into Deep-Dialogue and assist them to apply its results and<br />

implications to their specific settings».<br />

1 Jean Paul II, Lettre encyclique «Centesimus annus», Cité du Vatican 1990, p. 118, n° 60: «D autre part, il est demandé à tous les hommes de bonne<br />

volonté d être disposés au dialogue et à la collaboration, et cela vaut en particulier pour les personnes et les groupes qui ont une responsabilité propre<br />

dans les domaines politique, économique et social, que ce soit au niveau national ou international».<br />

2 L. Sartori, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, in «Ut unum sint», 1970 nº 25, pp. 46-47: «Credo, appunto, che il <strong>dialogo</strong> debba edere visto soprattutto e anzitutto<br />

come forma di vita, come espressione e stile di maturità. Non lo si deve giudicare solo dai frutti; né solo in funzione dell'esistenza cristiana, e quindi<br />

in una visione soltanto soprannaturale. Si potrebbe anche discutere sul posto che compete al <strong>dialogo</strong> nella scala dei valori propriamente cristiani; ma è<br />

sufficiente collocarsi in prospettiva semplicemente «umana» per accorgersi che il <strong>dialogo</strong> dovrebbe rappresentare la piú elevata forma di vita, la più<br />

corrispondente allo stadio di maturità della persona, e quindi che esso va posto come traguardo finale e forma perfetta d'essere e d'agire anche del<br />

cristiano adulto e della Chiesa adulta».<br />

3 J. Speck, Karl Rahners theologische Anthropologie, München 1967, S. 36-37.<br />

4 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le Dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 9 (nº 2 d)).<br />

5 A. McGee-Cooper, Dialogue: The Power of Understanding, in AMCA , «Internet» 2004, http:// www.amca.com/articles/article-dialogue.html:<br />

«The Meaning of Dialogue. The root of the word, dialogue, comes from two Greek words, dia, which means, "through;" and logos, which is usually<br />

translated, "word." William Isaacs, in his book, Dialogue, calls dialogue a "flow of meaning." This flow of meaning occurs in the context of a<br />

relationship among the people gathered to talk. In ancient days, the Greeks used to gather in the polis to converse about current issues. This "talk"<br />

became the fountain from which their self-governance flowed. Dialogue is the opposite of debate, a verbal "fight," the goal of which is to win an<br />

argument by besting an opponent. The focus is on listening for flaws in the "opponent's" argument rather than listening to understand something new<br />

or from a different perspective. Ego is typically at the center of this win-lose conversation. Dialogue is also different from discussion, the "breaking<br />

apart" of issues, individuals or situations to gain agreement. Discussions tend to be fast-paced, persuasive conversations in which one person tries to<br />

convince the other of a point of view or solution. Ego, control and power over others are often at the forefront of this style of talking. The first and<br />

most difficult task of dialogue involves parking the ego and listening with an open spirit. From this receptivity can come questions which lead to<br />

understanding».<br />

6 L. Leonardi, La riflessione ermeneutica in prospettiva ecumenica, in «Quaderni di o odigos», 1992 nº 3, p. 9.<br />

7 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 5 (nº 1).<br />

8 L. Leonardi, La riflessione ermeneutica in prospettiva ecumenica, in «Quaderni di o odigos», 1992 nº 3, p. 34.<br />

9 R. Panikkar, On Going Dialogue, in H. Coward, Hindu Christian Dialogue Perspectives and Encounters, New York 1990, p. XV.<br />

10 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 472.<br />

11 J. Bernardin, The Defense of Human Life, in «Origins», 1976 nº 22, p. 344.<br />

12 R. Panikkar, Hermeneutics of Comparative Religion: Paradigms and Models, in Journal of Dharma , 1980 n° 1, pp. 38-40.<br />

13 R. Panikkar, The Dialogical Dialogue, in F. Whaling, The Worlds Religious Traditions: Current Perspectives in Religious Studies, Edinburgh<br />

1984, p. 201.<br />

14 Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 181.<br />

15 W. Becker, Bemerkungen zur Vorgeschichte und Eigenart der Arbeitsdokument über den ökumenischen Dialog, pro manuscripto, Roma 1970, S.<br />

42.<br />

23


<strong>dialogo</strong> potrebbe essere questa apertura che ci permette di non considerarci come perno 'a se stante'<br />

della verità. La sorprendente formula di Dostoevskij ce lo ricorda: "è la verità soltanto, perciò è<br />

ingiusto" 1 . <strong>Il</strong> fenomeno dell'atteggiamento dialogico nasce, comunque, dalla presa di coscienza di<br />

una immancabile ristrettezza o imperfezione della conoscenza umana in questa vita 2 . Nell ambito<br />

<strong>ecumenico</strong>, ciò permetterebbe soprattutto di superare i malintesi e valutare pienamente la<br />

differenza 3 .<br />

CI SI CONOSCE O CI SI VUOL CONOSCERE NELL INDISPENSABILE RECIPROCITÀ<br />

DALL ASCOLTO MUTUO<br />

Si è preso coscienza che solo "in questo <strong>dialogo</strong> si potrà acquistare una conoscenza più vera<br />

ed una valutazione più equa della dottrina e della vita dell'una e dell'altra comunione" 4 . "...verrà<br />

espressa con più adeguatezza la nostra fede" 5 . Lo scambio comunicativo a perciò- un fine:<br />

"scoprire" la verità 6 . Ed è qui che appare tutta l'ambivalenza umana del <strong>dialogo</strong>:<br />

<strong>dialogo</strong>-capirsi-troppo-bene e <strong>dialogo</strong>-intuire-oltre. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> implica l'interrogare e lasciarsi<br />

interrogare, consegnarsi nelle mani dell'altro 7 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> diventa possibile là dove ambedue le parti<br />

1<br />

.<br />

/ F. Dostoevskij, / L'idiota, 1970, I / Torino 1984, . 140-141 (V. II) / pp. 510-511. <strong>Il</strong> principe My kin<br />

rappresenta la figura simbolicamente cristica del romanzo. Le sue osservazioni rispecchiano spesso quel riferimento più profondo. Nelle sue<br />

conversazioni con Aglaja, ragazza emblematica. Egli ricorda un giudizio fatto sul ragazzo particolarmente travagliato e contradittorio, Ippolít, ed<br />

osserva: «Poco fa avete detto ad un tratto una parola assennatissima. A proposito della mia opinione su Ippolít, avete detto Non è che la verità, e<br />

perciò è ingiusto . Me ne ricorderò e ci penserò su» (cfr A. Joos, <strong>Il</strong> Cristo di Dostoevskij e l'esperienza cristiana russa, in «Rassegna di teologia», nº<br />

6, pp. 539-557).<br />

2<br />

P. Rossano, Missione e <strong>dialogo</strong>, in «Oikumenikon», 1973 nº 10, p. 233: «L'attitudine al <strong>dialogo</strong> fu finalmente stimolata dall'esperienza, oggi più<br />

profondamente avvertita, del carattere sempre relativo e imperfetto della conoscenza umana; nonché dei limiti che, storicamente parlando, restringono<br />

la conquista della verità. Se la verità logica consiste in una relazione di adesione e di fedeltà all'essere, bisogna tuttavia aggiungere che l'essere stesso<br />

non è mai raggiunto dalla persona umana storica in modo esauriente e totale. Rimangono sempre, inevitabilmente, zone d'ombra e di mistero. Oggi gli<br />

uomini hanno preso di questo fatto inequivocabile una nuova e più acuta coscienza».<br />

3<br />

D. T. Irvin, Towards a hermeneutics of difference at the crossroads of ecumenics, in «The Ecumenical Review», Oct, 1995: «In line with this call to<br />

the churches, I would like to explore a more adequate "ecumenical hermeneutics of difference" that would enable churches to understand the diversity<br />

encountered in their dialogue at the crossroads. Through the lens of this hermeneutic of difference we can examine specific concerns which embrace<br />

both' unity and diversity. Along these lines I will briefly examine the conciliar theme which has occupied much of the recent conversation. Openness<br />

to the "permanent newness of meaning" is ultimately grounded in that permanent openness to one another and to God, which is a task of the<br />

ecumenical movement precisely because it is a mark of divine koinonia. Towards a hermeneutic of difference. First, then, the step towards a<br />

hermeneutic of difference. No church can today escape the multiplicity of traditions that characterizes the Christian way.(2) Christian communities in<br />

the modern and post-modern worlds find themselves living with increasing diversity in expressions of faith, in ever-closer proximity to one another. It<br />

is not uncommon today to discover "evangelical" and "catholic" convictions coexisting side by side within the same Christian congregation. Often a<br />

single community embraces within its own membership those who find their faith nurtured by charismatic, revivalistic and eucharistic forms of<br />

expression. New, complex fusions of multiple cultural and ecclesial forces in more or less stable syntheses are no longer the exception but the rule, at<br />

both the local level and at the trans-congregational levels of ecclesial life. Churches in the ecumenical movement today would do well to attend to the<br />

multiple forces and expressions that trace across their religious fields and make themselves manifest in their various places of worship. They might<br />

find that what they take to be centres of ecclesial life are already crossroads. And they might discover that ecumenical theology can assist them not so<br />

much with constructing a new centre as with mapping the crossroads. In these endeavours, however, churches are hampered by the lack of an<br />

adequate ecumenical hermeneutics. Most of the hermeneutical models employed in the ecumenical movement this century have been adapted from<br />

Western philosophical systems that have extolled uniformity or singularity of meaning. The hermeneutical methods that have been employed by<br />

ecumenical theology have for the most part been characterized by the "metaphysics of presence" that mark the Western onto-philosophical project.(3)<br />

This philosophical tradition, according to its critics, "consists in suppressing or reducing all forms of otherness by transmitting their alterity into the<br />

Same".(4) Too often in its pursuit of consensus or convergence the ecumenical movement has failed to appreciate the "alterity" of Christian traditions.<br />

By the same token, continuing differences among various branches of the movement are perceived to be signs of its failure rather than expressions of<br />

its success. Not surprisingly these same ecumenical hermeneutical models have been rather closely tied to the dominant ecclesial interests of the<br />

North Atlantic churches and have had more than a whiff of imperialism about them. A more adequate hermeneutics might allow us to recognize the<br />

increasing diversity of Christian traditions, including their conflicts and tensions. as a mark of the openness that is characteristic of God's new event.<br />

In the dialogue of our differences, even when manifested as disagreements or through refusals to join together in a common witness, the ecumenical<br />

movement might well be accomplishing its task».<br />

4<br />

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 4: «Infatti per mezzo di questo <strong>dialogo</strong><br />

tutti acquistano una cognizione più vera e una più equa estimazione della dottrina e della vita di entrambe le Comunioni, e inoltre quelle Comunioni<br />

conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, se talora si può, convengono<br />

a pregare insieme. Infine, tutti esaminano la loro fedeltà alla volontà di Cristo circa la Chiesa e, com'è dovere, intraprendono con vigore l opera di<br />

rinnovamento e di riforma».<br />

5<br />

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 9.<br />

6<br />

JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the ecumenical<br />

Dialogue, in «The ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 470: «I.- -Nature of the dialogue Etymologically dialogue means a conversation; but a<br />

conversation with an aim: to discover the 'thruth . All dialogue involves anexchange, an interplay between speakking and suggesting on the one hand<br />

and listening and receiving on the other. Dialogue is, therefore,he opposite of monologue. It requires reciprocity and a certain equality, which does<br />

not prejudice each participant s personal convinction or opinion that his communion is more authentic or closer to the truth. Dialogue supposes that<br />

the interlocutor is not necessarily to adhere to the other's convictions, that he also has something to give, questions to answer and to raise, so that<br />

through the reciprocity of give and take we can go forward towards realising God's will for His people».<br />

7<br />

W. Becker, Bemerkungen zur Vorgeschichte und Eigenart der Arbeitsdokument über den ökumenischen Dialog, pro manuscripto, Roma 1970, S. 42.<br />

24


si ascoltano e si rispondono, cercano di comprendere e di essere comprese, interrogano e si fanno<br />

questionare 1 . Sarà soltanto "ascoltando, come parte essenziale della nostra testimonianza -con<br />

sensibilità verso le aspirazioni ed esigenze degli altri- che potremo sapere ciò che Cristo ci dice<br />

attraverso il nostro <strong>dialogo</strong>" 2 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> premette la disponibilità ad affrontare con sempre<br />

maggiore schiettezza e sincerità i problemi centrali che ci allontanano gli uni dagli altri, senza<br />

temere la chiarezza di formulazione e senza farne rimprovero all'interlocutore 3 . Così, il <strong>dialogo</strong><br />

diventa una crescita comune nella trasparenza reciproca 4 .<br />

LA SCOMMESSA DELLA PAROLA NEI LINGUAGGI DELL INGEGNO UMANO<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> si esprime umanamente in modo più specifico attraverso i nostri linguaggi tra cui spicca<br />

quello della parola. La parola di chi parla non si pone nell'assoluto e dall'assoluto, essa è sempre<br />

contestualizzata 5 . Ma la parola non tende neanche verso un assoluto in se: si indirizza ed "è fatta<br />

per" l'interlocutore 6 . <strong>Il</strong> malinteso sarebbe di identificare il nostro linguaggio dialogale con 'tutta la<br />

realtà dell'essere' 7 . La questione del <strong>dialogo</strong> non si trova "nella persona umana" come individuo di<br />

fronte ad un altro individuo, ma invece nel labirinto dei nostri linguaggi, che facciamo così<br />

facilmente combaciare con la consistenza delle 'cose come realmente stanno' 8 . Ma esso prende<br />

anche atto che -dai nostri percorsi di vita- parliamo linguaggi diversi, talvolta indicando con le<br />

stesse parole intenti diversi o vice versa, rendendo necessario il metodo ermeneutico per arrivare<br />

alla piena e mutua comprensione dell altro 9 . Anche la comprensione di se stessi richiede la capacità<br />

di risituarsi in un paesaggio complessivo in continua trasformazione tramite una ermeneutica 10 . Un<br />

1<br />

SECRETARIATE FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Guidelines on Dialogue, in «Information service», 1970 nº 2, p. 5.<br />

2<br />

Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, p. 54.<br />

3<br />

H. H. Harms, Dreht Rom das Rat zurück, in «Una Sancta», 1973 nº 3, S. 189.<br />

4<br />

N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189.<br />

5<br />

G. Gusdorf, La parole, Paris 1977, pp. 82-83: «Une analyse plus précise des conditions du dialogue devrait en effet nous permettre de dépasser ce<br />

moment de désespoir. Le plus urgent est de ressaisir la parole dans le contexte de la situation particulière où elle intervient. Une phrase ne se pose pas<br />

dans l'absolu: elle suppose un certain état des relations entre les interlocuteurs, et l'horizon d'un langage correspondant à des valeurs communes. Dans<br />

l'usage courant, le contexte va de soi, de sorte que le texte littéral des propos semble se suffire à lui-même. La conversation familière ou l'article de<br />

journal se règlent sur un langage existant, mis au point une fois pour toutes en fonction de valeurs moyennes tacitement reconnues. Le décalage ne se<br />

manifeste, et le malentendu, que lorsque l'une des personnes présence répudie le consentement mutuel implicite et dénonce le pacte social du langage<br />

courant. La parole automatique et approximative fait place alors à une d'authenticité, qui se heurte à toutes sortes d'obstacles».<br />

6<br />

G. Gusdorf, La parole, Paris 1977, pp. 83-84: «Mais la référence à celui qui parle demeure unilatérale: il faut tenir compte aussi de l'autre, de celui à<br />

qui la phrase s'adresse. Cette visée est essentielle, car la parole prononcée n'a vraiment d'efficace que s'il y a réciprocité entre les interlocuteurs. S'ils<br />

ne se trouvent pas en simultanéité d'attitude, mais décalés l'un par rapport à l'autre, le malentendu interviendra nécessairement. Le sens littéral des<br />

mots sera peut-être compris, mais leur sens en valeur échappera. Si l'on me croit sérieux quand je plaisante, ou plaisant quand je témoigne de ma<br />

sincérité dernière, mes paroles perdent leur signification en cours de route. Une affirmation profonde et tendue, une confession, un témoignage venu<br />

des profondeurs, sont aussi difficiles à écouter qu à dire. <strong>Il</strong> exige pour atteindre à sa plénitude une même ferveur de part et d autre, une sorte de<br />

communion préalable. Chaque fois que je prends la parole, ce que je dis dépend de l'autre, que vise mon langage: indifférent, adversaire ou ami et<br />

allié. Un sens est toujours le fruit d'une collaboration».<br />

7<br />

G. Gusdorf, La parole, Paris 1977, p. 86: «La communication n'est donc indirecte que si l'on prétend d'abord identifier le langage avec l'être, comme<br />

s'il suffisait de dire les mots pour que l'être se transmette avec eux. Or la valeur n'est pas dans le langage mais dans l'homme qui s'efforce par tous lm<br />

moyens de se réaliser selon le meilleur. La parole peut contribuer à cette éducation de l'homme par l'homme, à cette épiphanie de l'être, mais elle n'est<br />

ici que seconde -non pas mot magique dispensant de tout effort, mais point de repère au long de cette ascèse que constitue la réalisation de l'homme<br />

selon la vérité. L'idée d'un langage parfaitement juste est d'ailleurs aussi fausse que l'idée d'un homme parfaitement juste. L'homme vivant est un<br />

homme en marche, et l'exercice de la marche consiste à rétablir sans cesse un équilibre en train de se rompre. La parole est un chiffre particulièrement<br />

précieux de ce mouvement perpétuel de l être humain, qui s'oppose à toute mise en formule définitive».<br />

8<br />

Vedere A. Joos, Messaggio cristiano e comunicazione oggi, 6 vol., Verona 1988, specialmente il vol. II, parte I°, Alle sorgenti del linguaggio, dalla<br />

comunicazione alla fede, Verona 1989-1992.<br />

9<br />

SECRETARIAT FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Réflections and suggestions concerning the ecumenical Dialogue, in «Information<br />

Service», 1970, p. 8 (nº 3): «With each one using the language of his own Cbommunion, the same words may signify quite different realities in one<br />

Church and in another, while different words may express the same reality. Since it is a question of establishing real and complete communication, of<br />

eliminating the risk of misunderstandings and of not travelling unaware along parallel ways, it is absolutely necessary that those taking part in<br />

dialogue, even though they be formed by the spirit of the Scriptures and express themselves in a language inspired by the Scriptures, should submit<br />

the language they use to a hermeneutic, a critical study. c) Approaching together the mystery of Christ, men discover the difficulty of speaking the<br />

same Christian language. By language is meant not just vocabulary, but above all mentality, the genius of a culture, philosophical tools, traditions<br />

and style of life».<br />

10<br />

H. Köchler, Philosophical Foundations of Civilizational Dialogue, The Hermeneutics of Cultural Self-Comprehension versus the Paradigm of<br />

Civilizational Conflict. (Third Inter-Civilizational Dialogue, University of Malaya 1997 Civilizational Dialogue: Present Realities, Future<br />

Possibilities ), in «I . P . O . R E S E A R C H P A P ERS»: «According to Gadamer, the universal horizon of my understanding of the world<br />

(Gesamthorizont) is constantly being modified by my encounter with other human realities in my own individual history, which is part of a larger<br />

history of interacting civilizations. My understanding of reality and of myself is not something static, it is a dynamic process shaped by those cultural<br />

perceptions which enter my individual horizon and the collective horizon of the cultural community (civilization) I belong to. (*) The cultural ego is<br />

not a static entity that exists in a world defined according to one tradition only. Such exclusiveness would be the death of any critical understanding of<br />

one s own social environment and the world as such. It would make tolerance towards other cultures impossible».<br />

25


<strong>dialogo</strong> implica sempre più di quanto appare a prima vista, esso ha bisogno per essere un <strong>dialogo</strong><br />

fruttuoso o riuscito - di una interpretazione al di là della impostazione dei suoi autori 1 . <strong>Il</strong> dire del<br />

linguaggio vivo -però- non è quello della parola che si limita a fissare le cose nei 'nomi', come agli<br />

albori dell'umanità 2 , ma nella capacità di relazionarsi nell'alterità rivelativa fino all'inattingibile 3 ,<br />

esplorazione comune nello scambio, relazionalità che 'insiemizza' più che impone contenuti sigillati.<br />

In quel senso potrebbe anche essere riveduto il riferimento a Mtt. XVI, 16 4 . <strong>Il</strong> riconoscimento di<br />

Pietro "tu sei il Figlio di Dio" -citato spesso a metà - abbina il 'non te l'ha rivelato la carne' al 'dietro<br />

di me satana, tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini' 5 . Di fatti, Pietro aveva trovato il<br />

'nome giusto'. Pietro aveva pensato che con ciò tutto si assestava col 'nome giusto' nel <strong>quale</strong> ci si<br />

può ripiegare. Gesù interpella -invece- dicendo: "occorre ascoltare oltre . Lasciate stare i<br />

preconcetti dei 'nomi' e fatevi guidare dal '<strong>dialogo</strong>' ulteriore con me... Anche la dicitura <strong>dialogo</strong><br />

potrebbe essere soltanto un nome , che avrà sempre bisogno di svelare il suo intento vitale.<br />

L INTENZIONALITÀ INTERIORE NEL DIALOGO<br />

Nel <strong>dialogo</strong> in genere si parte da una situazione di antipatia, non a livello personale ma a<br />

livello di questioni storico-dottrinali. Entrando nel vivo del cammino <strong>ecumenico</strong>, si radica nella<br />

coscienza del Popolo di Dio la consapevolezza della necessità di «essere ecumenicamente cristiani e<br />

cattolici»: dinamica che sostituisce quella previa del confronto controversiale 6 . Si passa poi ad un<br />

secondo momento di empatia 7 , cioè il comune sentimento di sofferenza per la mancata pienezza di<br />

comunione, e da questo scaturisce l apertura di mutua simpatia 8 . La via di riavvicinamento non è<br />

possibile senza una disponibilità di partenza nella simpatia aperta verso i fratelli cristiani di altre<br />

Chiese 9 .<br />

(*) On the hermeneutic aspects of the human perception of reality cf. our analysis The Relation of Man and World. Existential and<br />

Phenomenological Perspectives, in Hans Koechler, Phenomenological Realism. Selected Essays. Frankfurt a.M./Berne/New York: Peter Lang, 1986,<br />

pp. 45-58; and The Problem of Reality as Seen from the Viewpoint of Existential Phenomenology, op. cit., pp. 59-73.<br />

1 V. Hösle, Hermeneutics of Dialogue, (Erasmus Institute, Notre Dame University), in «Internet» 2004, http://www.nd.edu/~erasmus/<br />

fellows_research/past.fellows_research.2hosle_projects.html: «The reason I am particularly interested in the genre of the philosophical dialogue is<br />

that it represents a peculiar challenge to the art of interpretation, since it confronts the reader with different opinions and does not always make it clear<br />

which opinion is favoured by the author. Since furthermore, according to Gadamer, real dialogue is the model for meaningful hermeneutic activity,<br />

there is the hope that an elaboration of the different forms of interaction in philosophical dialogues may contribute to an ethics of dialogue as the basis<br />

of hermeneutics. Since Rudolf Hirzel's "der dialog" (1985) an exhaustive analysis of this literary genre is missing, even if the twentieth century is full<br />

of reflections on the ethical importance of the principle of dialogue (Mikhail Bakhtin, for example, was interested in dialogue within novels). I myself<br />

have already proposed a taxonomy of dialogues according to different criteria and discussed the question why a "correct" interpretation of a dialog<br />

must indeed go beyond its author's intentions. Now I would like to research the hermeneutics immanent in the dialogues themselves: How do<br />

understanding and misunderstanding occur in dialogues? Why do some dialogues fail? What are the ethical principles guiding the discourse? Of<br />

particular emotional importance is the dialogue, when one of its possible results is a conversion; and therefore an analysis of inter-religious dialogues<br />

promises peculiarly valuable insights into the nature of the dialogue».<br />

2 Cfr Gen., 2, 20; J. Culler, Saussure, New York 1976, pp. 22-23; H. Laborit, La cybernétique et la machine humaine, in AA. VV., Le dossier de la<br />

cybernétique, Paris 1968, p. 195.<br />

3 Cfr P. J. Labarrière, L'unité plurielle, Paris 1975, p. 98; G. Gusdorf, La parole, Paris 1977, pp. 65, 87; E. Morin, Le complexe d'Adam et l'Adam<br />

complexe, in AA. VV., Pour une anthropologie fondamentale, Paris 1974, vol. III, pp. 280-282; M. Black, The Labyrinth of Language, New York<br />

1969, p. 65; W. J. Ong, Interfaces of the Word: Television as Open System, in G. Gumpert - R. Cathcart, Inter/Media, New York 1980, p. 108; J.<br />

Charon, De la physique à l'homme, Paris 1963, p. 113; J. Vendryes, Le langage, Paris 1962, pp. 260-261; M. Jousse, L'anthropologie du geste, Paris<br />

1974, p. 151; A. Martinet, Langue et fonction, Paris 1962, pp. 188-189, 193-194; F. De Saussure, Cours de linguistique générale, Paris 1968, pp. 110-<br />

112; G. Steiner, Language and Silence, New York 1969, p. 143; C. Geffré, Le nouvel âge de la théologie, Paris 1972, p. 70; cfr E. Schillebeeckx, La<br />

crise du langage de la foi comme problème herméneutique, in «Concilium», 1973 nº 85, p. 37; V. Turner, Passages, Margins and Poverty: Religious<br />

Symbols of Communitas, in «Worship», 1972 nº 46, p. 392; J. Macquarrie, Twentieth-Century Religious Thought, London 1971, p. 317; J. Gelineau,<br />

Eléments de réflexion sur «Foi et langage», in AA. VV, Foi et langage, Paris 1977, pp. 85, 88; J. A. T. Robinson, Exploration into God, London<br />

1967, pp. 73-74)<br />

4 Paolo VI, Litterae enciclicae "Ecclesiam suam", in «Acta Apostolicae Sedis», 1964 nº 10, p. 617.<br />

5 Cfr Mtt. 16, 21-23.<br />

6 Cfr l esempio della controversia irenica: J. B. BOSSUET, Exposé de la doctrine de l'Eglise catholique sur les matières de controverse, Paris 1671;<br />

Y. Congar, Sur le jubilé de 1975, in «Unité des chrétiens», 1973 nº 12, p. 32.<br />

7 R. Panikkar, The Invisible Harmony: A Universal Theory of Religion or a Cosmic Confidence in Reality?, in L. Swildler, Toward a Universal<br />

Theology of Religion, New York 1987, p. 139.<br />

8 R. Panikkar, In Christ there is neither Hindu or Christian: Perspectives on Hindu-Christian Dialogue,<br />

9 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, pp. 6-7.<br />

26


IL CAMPO APERTO : IL DIALOGO DELLE CHIESE COL MONDO E L UMANITÀ IN<br />

CAMMINO. UN DIALOGO NECESSARIAMENTE AMBIENTATO NEL DIALOGO<br />

PUBBLICO DELLA COMUNICAZIONE<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> si dice- vede aprirsi un campo enorme nella Chiesa, ma questo <strong>dialogo</strong> si estende<br />

al mondo intero, attraverso tutta la storia pure riguardo alle stesse verità della fede 1 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> in<br />

quanto tale non ha limiti nei suoi vari interlocutori 2 . Intorno al <strong>dialogo</strong> si muove la comunicazione<br />

3 . La comunicazione dal linguaggio si incontrano tutte le dimensioni dell'esperienza umana 4 . <strong>Il</strong><br />

<strong>dialogo</strong> prospetta dalla sua stessa disponibilità ciò che voglia affrontare e le prospettive ulteriori da<br />

prendere in conto 5 . Esso segue l'indirizzo del <strong>dialogo</strong> pubblico che viene impostato dalle priorità<br />

del pubblico stesso 6 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ha una sua intrinsica 'libertà' 7 . Esso è nella participazione dei<br />

membri delle Chiese nell incontrarsi- la via lungo la <strong>quale</strong> ognuno diventa ecclesialmente<br />

responsabile nel condividere intenti e prospettive in modo reciproco 8 . Esso non condiziona ('lega')<br />

le strutture di autorità e agisce nella libertà per il il risveglio rinnovativo 9 . In questa flessibilità si è<br />

parlato del <strong>dialogo</strong> come 'partecipazione contestativa' 10 . Anche il <strong>dialogo</strong> più circoscritto coinvolge<br />

la Chiesa tutta e tutte le Chiese 11 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> in quanto tale non ha limiti nei suoi vari interlocutori<br />

12 . La conversione a Cristo segue sempre l'iniziativa di Cristo che si descrive come 'effatà' o cioè<br />

"apertura" al di dentro del processo comunicativo 13 . Intorno al <strong>dialogo</strong> si muove la<br />

1 COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale "Communio et progressio", Cité du Vatican<br />

1971, p. 55 nº 117: «Un champ immense s'offre à l'Eglise pour le dialogue interne. <strong>Il</strong> est, certes, acquis que les vérités de la foi tiennent à l'essence<br />

même de l'Eglise et ne peuvent, en aucun cas, être laissées à l'interprétation arbitraire des individus. Néanmoins, l'Eglise se meut dans l'Histoire; elle<br />

doit donc s'adapter aux circonstances particulières de temps et de lieu. Elle doit chercher comment exposer les vérités de la foi, à des époques et dans<br />

des cultures différentes, comment adapter son action aux mutations qui s'opèrent dans le monde»; etiam nº 122.<br />

2 COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale "Communio et progressio", Cité du Vatican<br />

1971, p. 56 (nº 122).<br />

3 W. Visser t'Hooft, Hat die ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 164: «Aber es gibt noch mehr. Es gibt den<br />

Dialog, der beabsichtigt, zu tieferer Kommunikation zu kommen. Das Evangelium wird Menschen von Menschen verkündigt. Zwischen diesen<br />

Menschen muß es zu einer echten Begegnung kommen. Das kann nie geschehen, wenn der eine den anderen einfach als Obiekt, als Beute betrachtet.<br />

Beide müssen zuhören können. Wer erzählen will, was er im Evangelium und durch das Evangelium gefunden hat, muß dabei mit gutem Beispiel<br />

vorangehen. Er soll erst dann erzählen, nachdem er so gründhch zugehört hat, daß er anfängt zu verstehen, wie die Gechichte Jesu diesen Menschen,<br />

mit denen er zu tun hat, verständlich werden und in ihrer konkreten Situation er treffen kann».<br />

4 L. Leonardi, La riflessione ermeneutica in prospettiva ecumenica, in «Quaderni di o odigos», 1992 nº 3, p.15.<br />

5 JOINT WORKING GROUP OF THE ROMAN CATHOLIC CHURCH AND THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, On the ecumenical<br />

Dialogue, in «The ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 471: «4. Themes for the dialogue Everthing may be of importance. The most decisive issues<br />

reveal themselves through the dialogue itself. It is impossible to decide in advance whether a theme is interesting or not. Here are a few considerations<br />

inspired by experience:<br />

a) The theme chosen may be not only theology but the life of prayer, the liturgy, pastoral questions, the sociology of the religious groups, current<br />

issues, the spheres of action, history. We feel that we must insist on the importance of history, for our divisions (even those which affect doctrine)<br />

have arisen within (and because of) a certain situation of understanding and formulating doctrine, within (and because of) a certain form of piety and<br />

of church-life».<br />

6 COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale "Communio et progressio", Cité du Vatican<br />

1971, p. 39 (nº 74).<br />

7 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189: «a) Der ökumenische Dialog beruht<br />

hier auf zwei Prinzipien: erstens auf der Freiheit, Auffassungen miteinander auszutauschen und zusammen zu handeln und zu beten, aber bei voller<br />

Achtung der kirchlichen Bekenntnisse und Autoritäten, und zweitens auf der Überzeugung, daß den Verhandlungen zur Wiederherstellung der Einheit<br />

zwischen Kirchen gemeinsames Studium, Handeln und Gebet vorangehen müssen, da nur so eine geeignete Atmosphäre geschaffen werden kann.<br />

Diese Einheit kann nur das Ergebnis der Erneuerung des Lebens der einzelnen Kirchen sein, auf die sie auch eine direkte Wirkung ausüben muß.<br />

Innerhalb dieser Erneuerungsbewegungen wird daher der konfessionelle, theilogische und lehrmäßige Dialog dem existenziellen, aktuellen und<br />

dynamischen Austausch gemeinschaftlicher oder persönlicher Gnadengaben untergeordnet oder besser eingeordnet».<br />

8 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189: «Ökumenischer Dialog ist hier die<br />

gemeinsame Teilhabe an Erfahrungen in dem Bemühen, als Christen verschiedener Traditionen zusammenzuwachsen und mündige und<br />

verantwortliche Glieder ihrer Kirchen zu werden und somit sich zu öffnen für ihren universalen Auftrag, den sie als Christen in der heutigen Welt<br />

haben. Die Sicht der Einen, Katholischen und Apostolischen Kirche ist weder die dogmatische Grundlage für das Wirken dieser Bewegungen noch<br />

das unmittelbare Ziel, das sie erstreben, aber sie ist eine Wirklichkeit, die ihre Studien und ihr Handeln ständig antreibt und ihr Werk der Erneuerung<br />

beseelt.».<br />

9 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 188-189.<br />

10 A. Gottardi, Riconciliazione in clima di Anno santo, Trento 1974, p. 16.<br />

11 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 192.<br />

12 COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale "Communio et progressio", Cité du Vatican<br />

1971, p. 56 (nº 122).<br />

13 C. M. Martini, Effatà "Apriti", Milano 1990, p. 14: 3. Ciò che avviene a seguito del comando di Gesù è descritto come apertura ( gli si aprirono le<br />

orecchie ), come scioglimento ( si sciolse il nodo della sua lingua ) e come ritrovata correttezza espressiva ( e parlava correttamente ). Tale capacità<br />

di esprimersi diviene contagiosa e comunicativa: E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano . La<br />

barriera della comunicazione è caduta, la parola si espande come l'acqua che ha rotto le barriere di una diga. Lo stupore e la gioia si diffondono per le<br />

valli e le cittadine della Galilea: E, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti" (7, 35-37). In<br />

quest'uomo, che non sa comunicare e viene rilanciato da Gesù nel vortice gioioso di una comunicazione autentica, noi possiamo leggere la parabola<br />

27


comunicazione 1 . Nella comunicazione dai linguaggi si incontrano tutte le dimensioni<br />

dell'esperienza umana 2 . La problematica comunicativa si apre -dunque- alle esigenze fondamentali<br />

del '<strong>dialogo</strong>', superando il concetto della 'trasmissione strumentale' in quanto veicolo 'neutrale' di<br />

discorsi già pronti. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> comunicativo sorge dal coinvolgimento di tutti, degli utenti in<br />

particolare 3 . Occorrerà riesaminare la presenza ecclesiale nella comunicazione partendo dalle<br />

urgenze del '<strong>dialogo</strong>' a tutti i livelli, tra cattolici, tra cristiani, con le altre religioni dell'umanità, con<br />

la comunità umana stessa. Si suggeriva nella linea della Gaudium et spes- che il fenomeno<br />

comunicativo alla pari di tutte le realtà create aveva una sua specificità propria 4 . Uno degli ultimi<br />

documenti della Conferenza episcopale degli Stati Uniti comincia a parlare esplicitamente di<br />

"information society" 5 . <strong>Il</strong> tipo di presenza ecclesiale che si auspica in tale contesto è quello del<br />

'<strong>dialogo</strong> pubblico' 6 . Esso costituisce il criterio fondamentale della comunicazione da parte della<br />

Chiesa 7 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> si trova alla base delle priorità umane in quanto tali. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> pubblico sorge<br />

da questo <strong>dialogo</strong> fondamentale che costituisce la specificità dell evento umano e nel <strong>quale</strong> si<br />

iscrive l intento ecclesiale stesso. L'accenno ci pare importantissimo: a differenza della premessa<br />

anteriore secondo la <strong>quale</strong> le scelte religiose ed ecclesiali entravano a far parte della "sfera privata"<br />

e non pubblica della vita sociale, adesso si prende atto che la comunicazione stessa inserisce le<br />

del nostro faticoso comunicare interpersonale, ecclesiale`, sociale. Possiamo anche individuare le tre parti di questa Lettera: 1. rendersi conto delle<br />

proprie difficoltà comunicative; 2.lasciarsi toccare e risanare da Gesù; 3. riaprire i canali della comunicazione a tutti i livelli .<br />

1 W.A. Vissert' Hooft, Hat die Ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, p. 164..<br />

2 L. Leonardi, La riflessione ermeneutica in prospettiva ecumenica, in «Quaderni di o odigos», 1992 nº 3, p.15.<br />

3 COMMISSION PONTIFICALE DES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale Communio et progressio , Cité du Vatican 1971,<br />

n<br />

81: Les possibilités des récepteurs<br />

sont plus larges et, par conséquent, leurs responsabilités sont plus importantes qu'on ne le croit<br />

communément. La poursuite d'un véritable dialogue dépend, en grande partie, des usagers. S'ils demeurent passifs devant les moyens de la<br />

communication, celle-ci restera à sens unique, malgré les efforts des professionnels pour établir le dialogue .<br />

4<br />

COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale Communion et progrès , Cité du Vatican<br />

1971, nº 14 : «Puisque c'est l'homme lui-même qui décide de la manière d'utiliser les inventions, les principes moraux qui les régissent reposent sur la<br />

juste considération de la dignité de l'être humain, appelé à participer à la société des fils adoptifs de Dieu. D'autre part, ces principes découlent aussi<br />

de la nature intime de la communication sociale et des qualités propres à chacun de ses moyens. Cela ressort également de la Constitution pastorale<br />

«Gaudium et Spes»: C'est en vertu de la création même que toutes choses sont établies selon leur consistance, leur vérité et leur excellence propres,<br />

avec leur ordonnance et leurs lois spécifiques, que l'homme doit respecter ... » (n. 36)».<br />

5<br />

UNITED STATES CATHOLIC CONFERENCE, In the Sight of All, Washington 1986, pp. 8-9: 8. The Catholic Church in the United States is<br />

affected by communication in other ways, too. First, the church is an object of other people's communication. The witness of Christian living kads<br />

peopie to proebim God's goodness. 1 Journalists write about the church; television networks cover papal travels; films, plays, novels, and television<br />

drama find in the church fascinating subject matter. Whether in news or entertainment, the church in its institutions, offcials, and individuals is part of<br />

the information sockty of the United States. Second, church members form an aiudience that is a religious audience, hearing, reading and sharing the<br />

message of the Lord. At the same time, however, we form an audience for other messages messages about power, about consumption, about many<br />

values we do not hold .<br />

( 1 Lumen Gentium, #38. in Vatican Council II, the Conciliar and Post Conciliar Documents, ed Austin Flannery (Collegeville MN: Liturgical Press,<br />

1975), p. 569.)<br />

6<br />

UNITED STATES CATHOLIC CONFERENCE, In the Sight of All, Washington 1986, pp. 8-9: A PUBLIC DIALOGUE OF FAITH AS THE<br />

GENERAL PRINCIPLE OF CHURCH COMMUNICATION. 9. Thus, the Catholic Church in the United Sates is in public dialogue with American<br />

society. From the perspective of communication, the church represents a public dialogue of faith. First, the church is public. We proclaim the Gospel<br />

and build up our community openly "in the sight of all.<br />

Because no one can be exeluded, the church publicly manifests Christ's presence in the<br />

world. Communication implies this public quality: to communiate is to share, to overcome isolation and individuality, and to become community.<br />

Second, the nature of our community and its place within American society lead to dialogue. For true communication, people must listen as well as<br />

speak; in this way, communication leads to communion. The Second Vatican Council committed the church in the contemporary world to dialogue<br />

that leads to "a feeling of deep solidarity with the human race and its history." 1 As American bishops, we also recognize that genuine communication<br />

must allow a11 men and women a voicc in the dialogue. Third, the church is a community of faith whose communication always engages that faith.<br />

Our dialogue is rooted in faith; its subject ultimately is the Lord. Through our prayer and our teaching, as pastors of the Catholic Church in the<br />

United States, we gather the community Of disciples. This faith reaches its fullness not in doctrine alone, but in acts of charity, justicc, and peace. 2<br />

Communiation, too, reaches its fullness in mutual love. 3 Thus we share a common vision of communication in Jesus Christ, the living Word, the<br />

perfect communiator, the Teacher and Listener who unites us in his Body and in the Kingdom of God 4 .<br />

( 1 Lumen Gentium, #1 see also #3. in Vatican Council II, the Conciliar and Post Conciliar Documents, ed Austin Flannery (Collegeville MN:<br />

Liturgical Press, 1975), pp. 903-904. And so the Council, as witness and guide to the faith of the whole people of God, gathered together hy Christ,<br />

can find no more eloquent expression of its solidarity and respectful affection for the whole human family, to which it belongs, than to enter into<br />

dialogue with it . / 2 James 2: 14-26. / 3 I John 4. / 4 A vision All can share, "Mission Statement," p. 8. A Vision All can share Conference Mission<br />

Statement," in William Thorn, ed. A Vision All can Share Report on the Conference at Marqette University, June 11-13 1984 (Washington D.C.<br />

United States Catholic Conference, 1985), p. 8.)<br />

7 UNITED STATES CATHOLIC CONFERENCE, In the Sight of All, Washington 1986, p. 11: 14. This same right and need of all people for true<br />

dialogue lies at the heart of communication policy as well. Effective communication demands a knowledge and love that comes only from dialogue.<br />

Because the church desires to enter into communication with church members and non-members alike, the style of our communication must reRect<br />

the loving, communicative nature of the church. We must learn the needs, concerns, symbols, and language of the people, as well as the media in<br />

which they are literate. To this end, we endorse communication research on behalf of the church and urge that our bishops, in their dioceses and<br />

through the USCC Department of Communication, foster national coòp eration for communication research, planning, and strategy. 1 .<br />

( 1 A Vision All Can Share, "Recommendations," II. A. 2. p. 11. In addition, we commend the Catholic Press Association for commissioning the<br />

Annenberg/Gallup study of the Catholic press. and the Catholic Communication Campaign for commissioniny the Annenoerg study of Religion and<br />

Television.)<br />

28


Chiese nell'ambito del '<strong>dialogo</strong> pubblico', offerto all'interesse di tutti. Anzi, se la comunicazione<br />

manifesta i punti di interesse degli utenti e ne segue le priorità, l'interesse per le faccende 'religiose'<br />

appare sintomatico!... Quale è la messa in gioco di questa affermazione? Si tratta del superamento<br />

di una 'gogna' -che alcuni accettavano di buon grado e che altri riggettavano con sdegno- nella <strong>quale</strong><br />

si trovava costretta a profilarsi la problematica ecclesiale: e cio la retrocessione delle tematiche<br />

cristiane, ecclesiali o della fede ad en livello non pubblico (il <strong>quale</strong> 'secolaristico' non prevede tali<br />

punti di interesse nella gestione sociale comune delle megalopoli industriali). Nel momento in cui la<br />

comunità umana stessa ri-inserisce la Chiesa come elemento del '<strong>dialogo</strong> pubblico', occorre che<br />

l'ambito ecclesiale prenda atto di questa fondamentale modifica di comportamento e di mentalità.<br />

Cambia lo stile di 'società'. Infatti, l dove certuni vedevano nei 'mezzi della comunicazione sociale'<br />

un prolungamento -con conseguenze aggravate- della sensibilità 'industriale' e -pertanto-<br />

'secolaristica'. <strong>Il</strong> compito della Chiesa si situa molto meno al livello dell'"utilizzare gli strumenti"<br />

che a quello di "essere presenti nel <strong>dialogo</strong> pubblico": nuovo tipo di presenza cristiana che viene<br />

sollecitato 'dal di fuori' della struttura ecclesiastica. La comunicazione attuale è uno scambio<br />

pubblico in vista dell'esercizio della totale corresponsabilità pubblica 1 . Tali scambi non<br />

restringono ma moltiplicano i punti di interesse della gente. Nella megalopoli industriale, essi<br />

venivano 'ristretti' -in maniera 'secolaristica'- alle sole questioni della gestione pratica ed ai problemi<br />

della produzione e del consumo dei 'beni'. Ora, invece, l esperienza cristiana diventa -tra tantissimi<br />

altri- un "tema di cui si parla"... <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> prospetta dalla sua stessa disponibilità e metodologia ciò<br />

che si voglia affrontare 2 . Esso segue l'indirizzo del <strong>dialogo</strong> pubblico che viene impostato dalle<br />

priorità del pubblico stesso 3 .<br />

L UMANO NON PIÙ SEMPLICEMENTE UMANO: IL RELIGARE RELIGIOSO NELLA<br />

RELAZIONALITÀ ULTIMA<br />

Nell evento umano si include sempre più volentieri oggi- ogni dimensione religiosa. Ci si<br />

chiederà chi nel <strong>dialogo</strong> sarà questo altro : una appartenenza religiosa o solo un individuo? La<br />

filosofia della religione -si dice- viene riprospettata oggi in una fenomenologia delle religioni 4 .<br />

Dall approccio sulla scommessa religiosa dell indagine antropologica, una convergenza<br />

fondamentale sembra delinearsi: la 'religione' "raccoglie" e "collega" (legere vel ligare) 5 . "Religere"<br />

vuol anche dire 'riconsiderare', o cioè ricontestualizzare una scelta di fronte a opzioni anteriori 6 .<br />

Alcuni teologi insisteranno su questa qualità di 'legame' di -svjaz' (in russo)- nella sua capacità di<br />

creare "l'unibilità" ultima dell'esperienza umana 7 . La religione rinvia -pure- a una 'mediazione',<br />

cioè un accesso capace di effettuare la messa in contatto di tante dimensioni dell esperienza umana<br />

in senso più complessivo, nel 'culto' 8 . C'è chi pensa che questa cultualità o questi 'culti' non sono<br />

per niente circoscritti (come lo sia la ritualità codificata da preservare a tutti i costi), ma che essi<br />

trovano un dinamismo nella 'indeterminazione delle forme rituali' 9 . Infine, si è detto che la<br />

'religione' costituisce un insieme d'iniziativa umana ricapitolata ed "informata" da una credenza, da<br />

1 THESES DES EGLISES, L'évolution des moyens de communication sociale, Fribourg 1983, Thèse 1, p. 11: Thèse 1. Les media sont nécessaires à<br />

l'exercice de la coresponsabilité.<br />

Pour affronter les tâches du présent et de l'avenir, les hommes ont besoin de s'informer et de discuter sur la place publique; les moyens de<br />

communication sociale offrent ce forum dans un monde aussi vaste que complexe. Faute d'un lieu public de communication, l'être humain ne pourrait<br />

prendre ses responsabilités dans la société .<br />

2 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 471.<br />

3 COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale "Communio et progressio", Cité du Vatican<br />

1971, p. 39 (nº 74).<br />

4 R. Panikkar, The Inrarreligious Dialogue., New York 1978, pp. 65-69.<br />

5 M. Izard - P. Smith, La fonction symbolique, Paris 1979, p. 56.<br />

6 M. Izard - P. Smith, La fonction symbolique, Paris 1979, p. 56; R. McBrien, Catholicism, Minneapolis (USA) 1970, p. 245.<br />

7 S. Bulgakov, Svet nevercenij (Luce senza tramonto), Moscow 1917 (Farnborough 1971) / La lumière sans déclin, Lausanne 1990, p. 21; P. Teilhard<br />

de Chardin, Comment je crois, Paris 1969, p. 119; Vl. Solov'ëv, Ctenija o Bogocelovecestve, Brjussel' 1966 (S. Peterburg 1877-1884), pp. 12-16; J.<br />

Charon, L'homme à sa découverte, Paris 1963, p. 22.<br />

8 M. Izard - P. Smith, La fonction symbolique, Paris 1979, p. 56.<br />

9 R. Ruyer, Dieu des religions, Dieu de la science, Paris 1970, p. 33.<br />

29


una 'fede' 1 . Questa informazione non elude una sua dimensione di coerenza basilare, cioè di essere<br />

'organizzata' o di presentarsi come 'sistema', sia di pensiero che di operatività 2 . La 'totalità' rimane<br />

l intento d'un interesse più ampio delle varie religioni 3 . La chiave di totalità si coglie come<br />

simbolica nei linguaggi religiosi vari 4 . La scommessa religiosa affronta questo difficile paradosso:<br />

mediare e organizzare i simboli delle attese ultime dell'umanità 5 . Si sa -poi- quanto l'orizzonte<br />

simbolico veniva collegato con una valutazione di 'primitivo' 6 . Si sa anche della confusione tra<br />

simbolo e segno 7 . Alcuni hanno -poi- sottolineato quanto l'illusione di fabbricare un 'progresso'<br />

fuori del contributo simbolico sia stata distruttiva per l'occidente 8 . La chiave interpretativa di<br />

'preparazione' che costituissero le altre religioni di fronte alla 'verità cristiana' permette di<br />

salvaguardare la 'superiorità' e la centralità ultima della via ecclesiale 9 . Un correttivo alla 'centralità<br />

di supremazia' viene offerto da chi vede gli aderenti alle altre religioni come 'cristiani anonimi' 10 .<br />

Eppure si sottolinea che diverse altre religioni o movimenti religiosi offrono una qualità di sincerità<br />

ed autenticità migliore di quella cristiana 11 . Si proporrà un 'capovolgimento copernicano', che<br />

permette di vedere in ogni religione una espressione diversificata della ricerca di apertura al divino<br />

(equiparando il mito della 'centralità del cristianesimo' nel mondo a quello della 'centralità della<br />

terra', nell universo sciolto da Copernico) 12 . Si aggiungerà alla caduta dei miti medievali anche<br />

quella dei miti della centralità occidentale inscenato dal colonialismo, suggerendo una conversione<br />

cristiana per ciò che ha denigrato nelle religioni dei paesi già colonizzati 13 . La stretta cristologia<br />

incarnazionale farà ritrovare ogni valore religioso nel 'Logos' 14 , volendo mettere in questione<br />

l'intento di interpretazione pluralista 15 . Ma la visione incarnazionalista può anche essere estesa<br />

teocentricamente ad ogni espressività religiosa nella storia dell'umanità 16 . La chiave<br />

pneumatologica permetterà -peraltro- ai cristiani di non limitare la stessa 'redenzione' alla sola<br />

'Chiesa o alle comunità cristiane' 17 .<br />

1 M. Meslin, Qu'est-ce que la religion , in Foi et langage , 1977 n° IV, p. 245; cfr P. Berger, La religion dans la conscience moderne, Paris 1971, e<br />

W. Cantwell Smith, The Meaning and End of Religion, a new Approach to the religious Traditions of Mankind, London 1964.<br />

2 M. Meslin, Qu'est-ce que la religion , in Foi et langage , 1977 n° IV, p. 243.<br />

3 R. Ruyer, Dieu des religions, Dieu de la science, op. cit., pp. 62-65, 195; .<br />

30<br />

/ S. Bulgakov,<br />

/ La lumière sans déclin,<br />

1917 (Glasgow 1971) / Lausanne 1990, . 41 / p. 16; E. Schillebeeckx, Jezus, het verhaal van een levende, Bloemendaal 1975, p. 499; P.<br />

Tillich, Ultimate Concern, London 1965, p. 32; P. Teilhard de Chardin, Science et Christ, Paris 1965, p. 143; P. Tillich, The Shaking of the<br />

Foundations, London 1962; Idem, Systematic Theology, London 1968, vol. III, p. 271; L. Sebag, Marxisme et structuralisme, Paris 1964, p. 139; J.<br />

Charon, L'homme à sa découverte, Paris 1963, p. 132.<br />

4 J. Charon, De la physique à l'homme, Genève 1965, pp. 133-134; SECRETARIATE FOR NON CHRISTIANS, Religious Forms and Expressions,<br />

in AA. VV., Religions, Rome 1970, p. 76.<br />

5 R. Panikkar, Myth, Faith and Hermeneutics, New York 1979 pp. 5-7.<br />

6 G. Van der Leeuw, L'homme primitif et la religion, Paris 1940, p. 263.<br />

7 R. Alleau, La science des symboles, Paris 1982, pp. 29-30; R. Foulquié, Dictionnaire de la langue philosophique, Paris 1962, p. 703.<br />

8 M. Eliade, Images and Symbols, London 1961, pp. 13, 19; X. Eyt, La foi chrétienne à l'épreuve des médias, in AA. VV., Le courage des prophètes,<br />

Paris 1979, p. 104; P. Tillich, Theology of Culture, London 1968, pp. 45, 58, 152; P. F. Fransen, The Ordained and Non-Ordained Ministry, in P. S.<br />

De Achutegui, Asian Colloquium on Ministries in the Church, Manila 1977, pp. 253-254; A. Jaffé, Symbolism in the Visual Arts, in C. G. Jung, Man<br />

and his Symbols, New York 1975, p. 284.<br />

9 P. Rossano, Le religioni non cristiane nella storia della salvezza, rassegna delle posizioni teologiche attuali, in La scuola cattolica , 1965 n° 93,<br />

(suppl. 2), pp. 131-140 (riferimenti a Rahner, Thils, Panikkar); L. Richard, What are they saying about Christ and World Religions, New York 1981,<br />

p. 28.<br />

10 F. P. Knitter, No other Name? A critical Survey of christian Attitudes toward other Religions, London 1983, p. 128.<br />

11 J. Hick, The Non-Absoluteness of Christianity, in J. Hick - P. F. Knitter, The Myth of Christian Uniqueness, New York 1987, p. 17; P. F. Knitter,<br />

No other Name? A critical Survey of christian Attitudes toward other Religions, London 1983, p. 2; R. Panikkar, The Intrareligious Dialogue., New<br />

York 1978, pp. 61, 69; idem, The Unknown Christ of Hinduism (Completely revised and enlarged Edition), New York 1981, p. 35.<br />

12 J. Hick, Whatever Path Men choose is mine, in J. Hick - B. Hebblethwaite (ed.), Christianity and other Religions, London 1980, p. 174; idem, The<br />

Center of Christianity, London 1977, p. 76..<br />

13 L. Rouner, Theology of Religions in recent protestant Theology of Religions, in Concilium , 1986 n° 183, p. 109.<br />

14 H. Coward, Pluralism: Challenge to World Religions, New York 1985, p. 20; cfr le implicazioni della incarnazionalità in E. Hugon, Le mystère de<br />

l'incarnation, Paris 1925; cfr la focalizzazione radicale in senso incarnazionalista in, D. Lane, The Incarnation of God in Jesus, in The Irish<br />

theological Quaterly , 1979 n° 3, pp. 166-167.<br />

15 W. Tan, Religious Pluralism revisited, in The Asia Journal of Theology , 1988 n° 2, p. 345; H. D. Lewis, Jesus in the Faith of Christians, London<br />

1981, p. 82.<br />

16 Cfr N. Pittenger, Christology riconsidered, London 1970.<br />

17 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Christian Encounter with men of other Beliefs, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 16, pp. 451-452;<br />

idem, Guidelines on Dialogue, in «Mission Trends», 1979 nº 5, p. 139; cfr etiam, l indirizzo di M. L. Fitzgerald, Giornata di riflessione e di<br />

preghiera sui doveri dei cattolici verso gli altri uomini: annuncio di Cristo, testimonianza, <strong>dialogo</strong>, in D. Busolini, Una Pentecoste interiore, in «<strong>Il</strong><br />

giornale del pellegrino», 2000 nº 13, p. 11.


FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: QUALE INTENTO DEL SERVO DEL<br />

SIGNORE DI FRONTE ALLA GRANDE FATICA UMANA, NON TRASCURARE NIENTE DI<br />

CIÒ CHE SIA UMANO<br />

<strong>Il</strong> rapporto tra la conversione in Cristo e l itinerario umano è fondamentale quando si<br />

considera l intento dialogale. L insegnamento liturgico della Parola di Dio in proposito ci viene<br />

anche suggerito dalla liturgia romana, nelle letture del primo anno (A) della terna degli anni<br />

liturgici, per la domenica del Battesimo di Gesù. <strong>Il</strong> succo dell angolatura di questa festa liturgica<br />

potrebbe essere riassunta così: l apertura cristiana non pretende né sostituire, né riassumere in se, né<br />

concentrare nelle proprie mani il progetto umano nella sua pienezza. L indirizzo della prima lettura<br />

ci suggerisce che l indirizzo cristiano -come ed al seguito del servo del Signore- non spezza niente<br />

di ciò che sia umano, anche ammalato ed indebolito (1° lettura, Battesimo di Gesù: questo è il mio<br />

servo egli non griderà né alzerà la voce nelle piazze non spezzerà la canna incrinata, non<br />

spegnerà la fiammella debole (Is 42, 1-4, 6-7)). <strong>Il</strong> Battesimo di Gesù si inquadra nella<br />

metodologia più fondamentale di Dio verso l umanità: non scartare niente di ciò che è<br />

umanamente umano anche se indebolito o vulnerabile. L umano pienamente rispettato è<br />

precondizione per poter essere assunto dal divino e può diventare così segno dei tempi là dove<br />

esso anticipa ciò che si vivrà nell apertura al divino. Si insiste poi nella seconda lettura: l iniziativa<br />

cristiana come e al seguito del Signore- non fa nessuna differenza umana tra persone, popoli e<br />

nazioni (2° lettura, Battesimo di Gesù: Dio tratta tutti alla stessa maniera Egli è Signore di tutti<br />

gli uomini Ac 10, 34-38) ma guarda l autentica adorazione e la giustizia di tutti e di ognuno. <strong>Il</strong><br />

Vangelo evidenzia poi come Gesù silenzioso presso il Giordano si fa dare il battesimo da Giovanni,<br />

per compiere ogni giustizia (Mt 3, 13-17) non accentrando ogni iniziativa nelle proprie mani ma<br />

rimette proprio a Giovanni Battista il gesto battesimale, e facendolo vede scendere lo Spirito stesso<br />

su Gesù rivelandolo . L estrema discrezione di Gesù conferma di non voler sostituire niente oltre a<br />

non spezzare né soffocare niente. D altra parte, l esperienza umana ci illustra che da se stessa<br />

l umanità non riesce a trovare la piena illuminazione riguardo a Chi è Dio . Molte risposte<br />

religiose arcaiche ed antiche appaiono insufficienti. Fino a quando Dio stesso prende su di Se di<br />

rivelare il volto del Suo servo, si rimane disorientati e al buio . Lo specifico cristiano è di<br />

discernere questa rivelazione esplicita dallo Spirito, non solo come ispirata da Dio ma come<br />

presenza personale diretta di Dio in mezzo a noi nella figura del Cristo. Niente di autenticamente<br />

umano sarà escluso o trascurato, ma l umano dovrà essere illuminato dallo Spirito rivelatore.<br />

Nell umano stesso, la retta adorazione dei popoli e nazioni rilancia la rivelazione cristica oltre alle<br />

sue forme costituite.<br />

IV<br />

L AUTO-SUPERAMENTO INTRINSECO DEL DIALOGO STESSO<br />

NELLA INCESSANTE DIAGNOSI DELLA PROPRIA DINAMICA E<br />

DELLE PROPRIE TEMATICHE<br />

<strong>Il</strong> chiarimento sui passi dialogali richiede di prendere atto delle vie percorse e delle<br />

potenzialità che abbiano potuto essere valorizzate -o no- nei stessi dialoghi. Un discernimento sui<br />

cosidetti contenuti dei dialoghi ci possono aiutare. Essi tracciano un senso che la maturazione<br />

ecumenica è chiamata a chiarire. I dialoghi implicano dentro di se un orientamento ad andare oltre,<br />

particolarmente dove essi portano frutto e lasciano soddisfatti coloro che guardano dall alto o dal<br />

di fuori, pensando che si possa continuare allo stesso modo e nello stesso ambito, sembrando un<br />

percorso inesauribile.<br />

IL ROMPICAPO PREFERENZIALE DEI DIALOGHI BILATERALI O MULTILATERALI<br />

31


I dialoghi possono essere multilaterali o bilaterali, cioè tra diverse Chiese (nell ambito del<br />

Consiglio <strong>ecumenico</strong> delle Chiese) 1 o tra due Chiese singolarmente (modalità preferita nelle<br />

relazioni promossi da parte della Chiesa di Roma) 2 . I vari tipi di dialoghi non si escludono, ma<br />

sono invece complementari 3 . Pur essendo bilaterali, si insiste che nessun <strong>dialogo</strong> tra due Chiese<br />

abbia soltanto come scopo la riunificazione limitata, separatamente da tutto il movimento<br />

<strong>ecumenico</strong> 4 . Questi dialoghi si dedicheranno più particolarmente a questioni direttamente<br />

ecclesiologiche 5 , nella loro capacità di focalizzare con più precisione le tematiche da affrontare tra<br />

due specifiche denominazioni 6 . Per essere portatori di frutti effettivi, i dialoghi bilaterali sono<br />

costretti a coinvolgere persone pienamente rappresentative a livello ufficiale della loro confessione<br />

7 . Si arriva, il più delle volte, ad un rapporto dove la sicurezza di se e la impostazione di potere fa in<br />

modo che non si ha niente da chiedere ma soprattutto da esigere 8 . In tal senso, il rischio potrebbe<br />

poi essere di istituzionalizzare esageratamente con questa preferenza- la stessa configurazione<br />

denominazionale, con strutture rinforzate in modo parallelo al Consiglio <strong>ecumenico</strong> delle Chiese 9 .<br />

Le ragioni non ecumeniche (non di fede ) come il rinforzamento della propria entità ecclesiale o<br />

la ricerca di maggiori sostegni e sussidi materiali- non aiuteranno ad una trasparenza dialogale<br />

autentica 10 . I dialoghi multilaterali rappresentano una impresa più complessa di quelli bilaterali per<br />

l accordo necessario di ogni Chiesa in particolare e per la diversità molto più significativa che<br />

invece tra due Chiese soltanto.<br />

1 N. Ehrenström - G. Gassmann, Confessions in Dialogue, Geneva 1975.<br />

2 J.F. Puglisi - S.J. Voicu, A Bibliography of Interchurch and Interconfessionnal theological Dialogues, Rome 1984.<br />

3 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 198: «Die drei Formen des gegenwartigen<br />

Dialogs können nicht voneinander getrennt werden, aber wir müssen imme deutlich zwischen ihnen unterscheiden, wenn wir den Wunsch haben, daß<br />

sie Forschritte machen und ihre besonderen Aufgaben im Rahmen des einen ökumenischen Bemühens erfüllen. Ich wurde sagen, daß diese drei Arten<br />

des ökumenischen Dialogs verstanden werden müssen als miteinander verbundene Stufen des Handelns in der ökumenischen Erfahrung. Der Gedanke<br />

der Stufen sollte hier nicht verstanden werden als aufeinander folgende, weiterscheitende Stufen von etwas Kleinerem zum Größeren, oder von<br />

einem sekundären zu einem primären Ökumenismus, was die Bedeutsamkeit anbelangt. Unsere Aufgabe heute besteht darin, darauf zu achten, daß<br />

alle diese drei Typen eng miteinander verbunden bleiben»<br />

4 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 476 (nº 6, d); N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und<br />

Dogma», 1966 nº 3, S. 192: «d )Der Dialog in Unionsverhandlungen zwischen zwei oder mehreren Kirchen, die sich lehrmäßig nahestehen, sollte<br />

niemals nur mit der begrenzten Sicht einer Einheit begonnen werden, die lediglich die zwei oder mehrere benteiligte Kirchen umfaßt. Jeder<br />

ökumenische Dialog über Wiedervereinigung sollte die ganze universale Kirche im Auge behalten. Jedes Unionsgespräch stellt einen oder mehrere<br />

Schritte auf dem Wege zu einer vollen Gemeinschaft zwischen allen historischen Kirchen dar, die als nichts weniger denn als Kirchen bestimmt<br />

werden können, die die trinitarische Glaubensgrundlage des Nicaenums bekennen und die trinitarische Taufe und die Feier des Heiligen Abendmahls<br />

durch ein (ein!) ordiniertes Amt üben».<br />

5 J. Willebrands, Bilan oecuménique, in «La Documentation catholique», 1975 nº 1668, p. 69.<br />

6 H.-J. Goertz, Amt und Ordination in Glauben und Kirchenverfassung , in «Una Sancta», 1973 Nº 4, S. 300: «Bilaterale Gespräche haben den<br />

Vorteil, daß sie dogmatisch präziser und eindringender die kirchentrennendenFaktoren zwischen zwei Konfessionen überprüfen können und einen<br />

höheren Grad an ekklesialer Verbindlidikeit aufweisen. Daraus werden multilaterale Gespräche in Zukunft noch mehr Nutzen ziehen. Das betrifft vor<br />

allem den Erkenntnisfortschritt in der Leuenberger Konkordie und in den lutherisch-katholischen Gesprächen. Apostolische Sukzession,<br />

Ordinationsverständnis, Ordinationsliturgie, character indelebilis, Primat des Papstes, der Zusammenhang von Interkommunion und<br />

Amteranerkennung sind vornehmlich in den letztgenannten Gesprächen intensiver beraten worden als in der Kommission für Glauben und<br />

Kirchenverfassung».<br />

7 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 193: «Eine kirchliche Delegation in<br />

bilateralen Unionsverhandlungen muß in internationaler wie in ekklesiologischer Hinsicht voll repräsentativ für die ganze Kirche sein, die sie vertritt,<br />

andernfalls wird die beschlossene Wiedervereinigung wiederum eine Pseudounion sein und negative Auswirkungen auf den inneren Zusammenhalt<br />

der an dieser Union beteiligten Kirche und enttäuschende Folgen für einen Teil ihrer Glieder haben».<br />

8 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 191: «Weiterhin ist es für einen Dialog<br />

dieses Typus wesentlich, daß sich die offiziellen Vertreter als gleichberechtigte Partner begegnen und nicht als Leute, die um etwas bitten müssen.<br />

Die Elemente der Macht und Selbstgenügsamkeit müssen verschwinden, bevor der Dialog beginnt. Eine gegenseitige Achtung der Traditionen der<br />

Kirchen, die an den Verhandlungen beteiligt sind, sollte an die Stelle der verborgenen und unterbewußten Wünsche treten, die andere Seite zu<br />

besiegen, eine besondere Denkweise aufzuzwingen und zu hoffen, daß die Opposition der anderen aufgesogen werden wird durch unsere eigene<br />

Überlegenheit in der Wahrheit oder durch unsere größeren Möglichkeiten praktischen Handelns oder unsere vorherrschende Stellung in der<br />

theologischen Forschung oder in der Welt».<br />

9 E. Perret, Dialogues bilatéraux. Leur signification pour le mouvement oecuménique, Genève 1972 (polycopié), p. 1: «En effet, dans l'accélération du<br />

processus actuel des dialogues interconfessionnels, se trouve à la limite un danger: celui de voir apparaître, par une sorte d'institutionalisation de ces<br />

dialogues et un renforcement des structures confessionnelles, une sorte d'oecuménisme parallèle à celui du Conseil oecuménique; le danger n'est<br />

certes pas grand à l'heure actuelle mais pour éviter qu'il ne prenne de trop grandes proportions, il est essentiel que tant le Conseil oecuménique des<br />

Eglises que les Familles confessionelles doivent renoncer à la tentation d'enfler leurs structures et renforcer constamment leur participation<br />

oecuménique; pour sa part, le Conseil oecuménique doit, comme il commence à sty employer, trouver un mode de coopération dynamique avec les<br />

Familles confessionnelles».<br />

10 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 192: «Es ist natürlich möglich, daß ein<br />

solcher Dialog aus einem Grunde begonnen wird, der nicht wesentlich Treue gegenüber der Einen Ekklesia ist. Alle Versuche zu<br />

Unionsverhandlungen, die durch politische Notwendigkeiten oder den Wunsch, die Position der eigenen Kirche zu stärken oder ihr materiell zu helfen<br />

bestimmt sind, beruhen auf Motiven, die nicht dazu helfen können, einen wirklichen Dialog über kirchliche Einheit zu führen. Diese, Art eines<br />

offiziellen Dialogs kann kein anderes Ziel als die Einheit der Einen Ekklesia haben».<br />

32


LE PRIORITÀ DELL URGENZA TRA LE CHIESE: PARTIRE DAL RICONOSCIMENTO DEL<br />

BATTESIMO UNICO<br />

Perché si sono iniziati i dialoghi proprio con il tema del Battesimo? Era una prima urgenza<br />

(cfr supra). La spina nella praxis corrente di ribattezzare in alcune comunità- doveva essere tolta 1 .<br />

Gesto della grazia ('diluvio di grazia' -Lutero) nella radicale gratuità di Dio 2 , il battesimo include<br />

un riferimento cristologico prioritario 3 , ma pone anche la questione della responsabilizzazione<br />

antropologica del battesimo (bambini-adulti) 4 . La questione 'ecumenica' rinvia al rapporto Cristo-<br />

Spirito Santo nell'intento trinitario (senza dover rimandere il dono dello Spirito ad un altro 'rito') 5 ,<br />

con una 'letteralità' cristocentrica 6 , e la sottolineatura di 'incorporazione' 7 , subordinando lo Spirito<br />

1 J. Jayakiran Sebastian, Infant versus Believers' Baptism: Search for Ecumenical Understanding, in «Internet» 2004, http http://www.religiononline.org/showarticle.asp?title=1501:<br />

«"By the sacrament of baptism a person is truly incorporated into Christ and into his Church and is reborn to a<br />

sharing of the divine life. Baptism, therefore, constitutes the sacramental bond of unity existing among all who through it are reborn. Baptism, of<br />

itself, is the beginning, for it is directed toward the acquiring of fullness of life in Christ. It is thus ordered to the profession of faith, to the full<br />

integration into the economy of salvation, and to Eucharistic communion. Instituted by the Lord himself, baptism, by which one participates in the<br />

mystery of his death and resurrection, involves conversion, faith, the remission of sin, and the gift of grace." [1] Although the above statement reflects<br />

a carefully reasoned out theological position, and incorporates the concern for unity, in actual fact churches all over the world, including churches in<br />

India, continue to struggle with the meaning and implications, as well as the practice of baptism. [2] One of the major questions that continues to<br />

dominate discussions on baptism is the question regarding the relationship between the understanding of baptism as the basis for the unity of the<br />

church and the reality of the divergences between those churches who hold to the reality of infant baptism and those churches who stress the necessity<br />

of believer's baptism. In a fine article analysing various aspects of baptism, Dagmar Heller points out that "[t]he greatest divergence evident in the<br />

responses [of the churches to the BEM document [3]] concerns the question of the practice of infant baptism over against the practice of adult<br />

baptism." [4] With this introduction, let us move on to a consideration of the BEM document and also look back at some of the stages of the<br />

ecumenical journey, and also follow some of the post-BEM developments. [5] The specific issue of infant and believers baptism will also be studied.<br />

The article will conclude with some questions related to baptism in the Indian context. The BEM Document and its Optimism. In 1982, the Faith and<br />

Order Commission of the World Council of Churches, following a long and arduous journey, published the document entitled "Baptism, Eucharist<br />

and Ministry," following a meeting in Lima, Peru, where representatives of "virtually all major church traditions," including "Eastern Orthodox,<br />

Oriental Orthodox, Roman Catholic, Old Catholic, Lutheran, Anglican, Reformed, Methodist, United, Disciples, Baptist, Adventist and Pentecostal,"<br />

[6] reached theological convergence on various issues regarding baptism, eucharist and ministry. This major ecumenical document [7] has, since its<br />

adoption, "led to a process of discussion, exchange and response which is of major ecumenical significance." [8] The following quotation on baptism<br />

from the BEM document, accentuates the longing and illustrates the great desire of the ecumenical movement to move towards convergence in the<br />

understandings of the churches with regard to what could be considered some of the basic convictions of Christianity: administered in obedience to<br />

our Lord, baptism is a sign and seal of our common discipleship. Through baptism, Christians are brought into union with Christ, with each other and<br />

with the Church of every time and place. Our common baptism, which unites us to Christ in faith, is thus a basic bond of unity. [9] With regard to<br />

baptism, the BEM document itself recognizes in the commentary section that the inability of the churches mutually to recognize their various<br />

practices of baptism as sharing in the one baptism, and their actual dividedness in spite of mutual baptismal recognition, have given dramatic<br />

visibility to the broken witness of the Church. ... The need to recover baptismal unity is at the heart of the ecumenical task as it is central for the<br />

realization of genuine partnership within the Christian communities [10]».<br />

([1] This is the opening paragraph [92] of Chapter IV: "Communion in Life and Spiritual Activity among the Baptized," Section A: The Sacrament of<br />

Baptism," in Directory for the Application of Principles and Norms of Ecumenism, Pontifical Council for Promoting Christian Unity (Vatican City,<br />

March 1993), p. 57. / [2] See my article, J. Jayakiran Sebastian, "Baptism and the Unity of the Church in India Today," in Michael Root and Risto<br />

Saarinen, eds., Baptism and the Unity of the Church (Grand Rapids, Michigan/Cambridge, U.K.: William B. Eerdmans Publishing Co.; Geneva:<br />

WCC Publications, 1998), pp. 196 - 207. / [3] The BEM document: Baptism, Eucharist and Ministry, Faith and Order Paper No. 111 (Geneva: World<br />

Council of Churches, 1982). / [4] Dagmar Heller, "Baptism - the Basis of Church Unity? The Question of Baptism in Faith and Order", Ecumenical<br />

Review, Vol. 50, No. 4, October 1998, pp. 484. / [5] In analysing this, I have drawn upon the section "Baptism in the Contemporary Ecumenical<br />

Discussions," of my earlier work, J. Jayakiran Sebastian, "... baptisma unum in sancta ecclesia...": A Theological Appraisal of the Baptismal<br />

Controversy in the Work and Writings of Cyprian of Carthage (Delhi: ISPCK, 1997). [Also published by Verlag an der Lottbek (Peter Jensen),<br />

Ammesbek bei Hamburg,1997]. / [6] Baptism, Eucharist and Ministry, [hereafter BEM] back cover. / [7] A detailed "critique" of the baptism section<br />

in the BEM document, which takes into consideration the thinking of certain bilateral dialogues on the theme of baptism, as well as the baptismal<br />

liturgical practises of some churches as examples, is found in Eugene L. Brand, "The Lima Text as a Standard for Current Understandings and<br />

Practice of Baptism," Studia Liturgica, Vol. 16 (1986), pp. 40 - 63. / [8] Baptism, Eucharist and Ministry 1982 - 1990: Report on the Process and<br />

Responses, Faith and Order Paper No. 149 (Geneva: WCC Publications, 1990), p. 3. / [9] BEM, D. 6, p. 3. / [10] Baptism, Eucharist and Ministry, op.<br />

cit., Commentary (6), p. 3.)<br />

2 P. Buelher, Baptême, Eucharistie,Ministère. Un point de vue critique, in «Etudes théologiques et religieuses», 1984 nº 59, p. 532.<br />

3 L. Weeks, An appreciative Testimony concerning the Baptism of Infants, in AA. VV., Baptism and Churches: A Believer's Churxh Vision, Michigan<br />

1986, p. 116.<br />

4 COMMISSION OF FAITH AND ORDER, Louisville Consultation on Baptism, in «Review and Expositor», 1980 nº 1, p. 101; E. Jungel, <strong>Il</strong><br />

battesimo nel pensiero di K. Barth, Torino 1968; G. Angelini, I problemi teorici dell'iniziazione cristiana in prospettiva teologico-pratica, in AA.<br />

VV., Iniziazione cristiana e immagine di Chiesa, Torino 1982, pp. 44-51; L. S. Mudge, Convergence on Baptism, in M. Thurian, Ecumenical<br />

Perspectives on Baptism, Eucharist and Ministry, Geneva 1983, p. 37; E. Paschetto, <strong>Il</strong> battesimo dei credenti e il battesimo dei bambini, in «Studi<br />

ecumenici», 1985 nº 3-4, pp. 380-381; L. Thorwald, Baptism and Church Membership and their Ecumenical Implications, in «Journal of Ecumenical<br />

Studies», 1984 nº1, p. 59.<br />

5 G. Wagner, Baptism from Accra to Lima, in M. Thurian, Ecumenical Perspective on Baptism, Eucharist and Ministry, Geneva 1983, p. 22.<br />

6 M. Thurian, Roman Catholic Church, in WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Churches respond to BEM. Official Responses to the "Baptism,<br />

Eucharist and Ministry", Geneva 1988, vol. VI, pp. 9-11.<br />

7 G. Worgul, Lima's Ecclesiology: an Inquiry, in M. Johey, Catholic Perspective on Baptism, Eucharist and Ministry, New York 1986, p. 100; D.<br />

Shannon, Baptism, Eucharist and Ministry. A personal Reflection, in «American Baptist Quaterly», 1988 nº 1, p. 20.<br />

33


allo stretto riferimento cristico 1 . Dal 'segno del dono' al dono nel segno 2 , il segno-mezzo efficace<br />

appare in modo abbastanza chiaro nel documento del BEM 3 , rinviando al sacramento senza<br />

eccedere in questa terminologia pur non rifiutandola 4 e assumendone la problematica 5 . Si insisterà<br />

talvolta sul significato 'ecclesiologico fondamentale' dei dialoghi e degli accordi sul Battesimo 6 , nel<br />

Battesimo trinitario irripetibile, primo passo fondamentale del <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, focalizzandosi<br />

ulteriormente sul legame d intento tra riconoscimento del battesimo e ammissione all eucaristia dei<br />

battezzati 7 . Si capisce il senso di questo passo: il battesimo riconosciuto porta al riconoscimento<br />

1<br />

M. Moser, Christian Baptism in both Gift and Response, in «Prairie Messenger Catholic Weekly», 1984 nº 1, p. 13; ROMAN CATHOLIC -<br />

METHODIST INTERNATIONAL COMMISSION, The Apostolic Tradition, in «Origins», 1991 nº 15, p. 224; J. Vercruysse, Baptism, Eucharist,<br />

Ministry: Lima's Achievement and Challenge, in «Theology Digest», 1982 nº 3, p. 20.<br />

2<br />

R. Falsini, Un solo battesimo: tra fede e prassi, Torino 1987, p. 20; cfr risposta 'tattica' di E. Fortino, <strong>Il</strong> battesimo nell'unità dei cristiani, in «Rivista<br />

liturgica», 1984 nº 71, p. 487 (rassicurando sulla prassi della Cresima).<br />

3<br />

P. Ricca, <strong>Il</strong> Bem e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 160: «C) Opportunamente il<br />

testo mette in luce il duplice aspetto del battesimo che è, allo stesso tempo, «dono di Dio» e «rito di impegno» nei confronti del Signore (B 1), «dono<br />

di Dio» è la nostra risposta umana a quel dono (B 8), tanto nel caso del battesimo dei bambini quanto in quello del battesimo del credenti: in entrambi<br />

«prende corpo l iniziativa di Dio» ed entrambi esprimono una risposta di fede (B 12 comm.). <strong>Il</strong> rapporto però che intercorre tra questi due aspetti del<br />

battesimo resta nel vago. Non stupiscono quindi le forti oscillazioni del testo: si va da affermazioni improntate a un massiccio sacramentalismo (La<br />

dove si parla, ad esempio, di una salvezza «contenuta» nel battesimo<br />

B 8<br />

34<br />

o la dove si sostiene che il battesimo è «inseparabilmente» legato alla<br />

ricezione dello Spirito Santo in quanto non solo la significa ma la «attua» (B 14) ad altre più sobriamente dettate da una teologia del «segno» (B 2, 3,<br />

6, 7, 14). L impressione complessiva, a una prima lettura, è che la posizione prevalente sia quella che vede nel battesimo un segno efficace che, come<br />

abbiamo appena visto, significa e attua (B 14). Un «mezzo di grazia», allora? L espressione, in questi termini, non ricorre, ma il pensiero è senz altro<br />

presente. D altra parte una comprensione del sacramento nel senso di un opus operatum sembra evitata. Forse una maggiore chiarezza si sarebbe<br />

potuta conseguire cercando di approfondire il rapporto tra il battesimo d acqua e il battesimo di Spirito. <strong>Il</strong> testo si limita invece ad esporre le vane<br />

concezioni esistenti, senza proporne una sua (B 14, 5, 19, 21 comm. c): una prudenza comprensibile ma forse eccessiva. Ci si chiede se, su questo<br />

punto particolare, il contributo di Karl Barth non avrebbe meritato maggiore considerazione».<br />

4<br />

P. Ricca, <strong>Il</strong> Bem e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, pp. 159-160: « b) Colpisce e<br />

sorprende il fatto che ii documento se lo abbiamo letto bene qualifichi una sola volta il battesimo come «sacramento», nel commento al n. 13.<br />

mentre una seconda menzione dello stesso tenore ricorre nel testo sull eucaristia (1). D altra parte la teologia contenuta nel testo non sembra sgorgare<br />

da una concezione non sacramentale del battesimo. Si tratta allora di una «concessione» terminologica fatta alla tradizione battista? Oppure di un<br />

encomiabile adeguamento al linguaggio neotestamentario che com è noto<br />

non parla mai del battesimo in termini di mysterion (considerato<br />

1 equivalente biblico di «Sacramento»? Se cosi fosse, perché Ia stessa opzione non è stata fatta per Ia Cena del Signore, che il Nuovo Testamento<br />

a differenza del BEM (cfr. E 2, e passim) - non qualifica mai come «nysterion?».<br />

5 P. Ricca, <strong>Il</strong> Bem e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 159: «Gli anabattisti,<br />

rifiutando ii pedobattismo, incrinavano la compattezza del corpus christianum e lo minavano alla base. Si può discutere sul valore delle loro<br />

argomentazioni e delle loro posizioni di fondo, ma la portata evangelica di questo aspetto della loro protesta non può essere taciuta. Purtroppo, invece,<br />

il testo di Lima ignora tutta questa tematica (tra 1 altro ancora molto attuale) e la immiserisce facendone una questione di prassi battesimale. Dietro il<br />

battesimo dei credenti c è ben più che l esigenza (peraltro ineccepibile) di una confessione di fede personale da parte del battezzato; c è una nuova<br />

coscienza di chiesa in rapporto alla comunità civile. <strong>Il</strong> testo di Lima cerca di sdrammatizzare ii conflitto tra i due tipi di battesimo (quello dei bambini<br />

e quello dei credenti), ed ha ragione di farlo; ma ha il torto di non illustrare a fondo le ragioni che lo hanno determinato. La riconciliazione tra loro<br />

caldeggiata dal documento e senz altro da raccogliere e attuare, ma non si sfugge all impressione di un certo appiattimento della problematica in<br />

gioco».<br />

6 <strong>Il</strong> capitolo sui 'frutti del <strong>dialogo</strong>' della enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995,nº 42-43, fa passare il 'pendolo' di<br />

equilibrio tra 'affermazione ecclesiologica' sul Battesimo ed i dialoghi su temi di 'solidarietà' al servizio dell'umanità, con un riferimento che si<br />

indirizza direttamente a 'Dio'.<br />

7 W. Kasper, Ecclesiological and Ecumenical Implications of Baptism, in «The Ecumenical Review», Oct. 2000, etiam in «Internet» 2004,<br />

http://www.findarticles.com/p/articles/mi_m2065/is_4_52/ai_68864487/pg_23: «More serious ecumenically is another circumstance: the Orthodox<br />

churches and the Roman Catholic Church, even though they recognize the baptism of another church, nevertheless do not allow persons baptized<br />

within that church to participate in the eucharist. To Protestant Christians this practice is hard to understand and, even within Roman Catholicism, it<br />

causes pain from the pastoral point of view. Here we have to do with one of the thorniest ecumenical problems of the present time, from which many<br />

Christians and pastors suffer. For the Roman Catholic and the Orthodox churches communio and eucharistic fellowship belong together. For this they<br />

can appeal to 2 Corinthians 10:17: "Because there is one bread, we who are many are one body, for we all partake of the one bread." In the Tradition<br />

of the ancient church the unity of eucharistic fellowship and church fellowship was fundamental and, till the middle of the 20th century, this was also<br />

the position of the Reformation churches(1) -- for till then, despite unity in principle on the doctrines of justification and baptism, there was no<br />

fellowship in the Lord's table between the Lutheran and the Reformed churches. A consensus of the universal church is thus involved, from which,<br />

from this perspective, Christians of the Reformation churches have now departed. Put briefly, they mostly argue as follows: It is Jesus Christ who<br />

invites, so the church is not entitled to exclude; Jesus Christ is the giver and the gift in the eucharist, so the church is not lord of the eucharist.(2) This<br />

argument, I believe, is plausible only at first sight. It presupposes a definition of the relation between Jesus Christ and the church which leaves out of<br />

consideration the sacramental view of the church. But taking seriously the New Testament and the Tradition of the ancient church, that the mystery of<br />

Jesus Christ becomes manifest and present in and through the church (Rom. 16:25f.; Eph. 3:4-6,9-11; Col. 1:26f.), and as soon as one understands the<br />

church as a sacramental sign and instrument of Jesus Christ,(3) it becomes impossible to separate fellowship in Christ and church fellowship. The<br />

relation between Christ and the church must then be understood in the sense of Augustine's Christus totus, the whole Christ, involving Head and<br />

members.(4) In such a sacramental view of the church one simply cannot see fellowship in Christ, the eucharist and the church other than in their<br />

inner unity. From this standpoint the eucharist has to be always two things at once: a sign of an already given unity of the church, and the means of<br />

deepening this given unity, and growing and maturing in it (cf. UR 2, 8).(5) Thus finally the ecclesial "fault-lines" which have already come to light in<br />

the doctrine of baptism become clear in a new form. This concerns both the sacramental view of baptism and the sacramental view of the church.<br />

Following agreement on basic questions relating to the doctrine of justification, and the basic consensus on the doctrine of baptism, the ecclesiological<br />

implications of the doctrine of baptism are now on the agenda of ecumenical dialogue. Here the pneumatological delineation of the sacraments and<br />

the church, such as we find them in Orthodox theology, might prove ecumenically fruitful as a means of breaking down institutional rigidities. Thus<br />

there are good, hopeful signs for the new consultation process which the commission on Faith and Order has introduced on the "Nature and Purpose<br />

of the Church".(6) One can only hope that this process will find a positive reception similar to that of Baptism, Eucharist and Ministry. Of course, real<br />

progress will only be possible if we have the courage to tackle the root problems, and if [in the original sense of the word] we have the strength to


delle Chiese come Chiese. I dialoghi ecumenici hanno specificato ulteriormente il senso del<br />

battesimo unico : non solo irripetibile nella vita di ogni credente ma anche il sacramento che crea<br />

l unità fondamentale delle Chiese, la sacramentalità battesimale fa sì che l unità è data in esso 1 .<br />

IL TRAGUARDO DEL TEMA EUCARISTICO NELLA CONDIVISIONE DELLA FEDE<br />

EUCARISTICA<br />

Tutto fa capo a questo Sacramento per eccellenza 2 nella dicitura romana di communicatio in<br />

sacris 3 . Nel Concilio Vaticano II, la «Lumen gentium» (al capitolo Iº) evidenzia che la Chiesa è<br />

anche visibile (oltre che Mistero) e la sua visibilità sostanziale è la FRACTIO PANIS, cioè<br />

l'Eucarestia. Negli anni 1969-'75 viene ripreso l elemento della fede esplicita nella "presenza reale"<br />

di Cristo nell'Eucarestia (ARCIC -Anglican Roman Cattolic International Convention), poi con le<br />

tradizioni della Riforma 4 , includendo il tema 'sacrificale' come intimamente legato alla discussione<br />

sull'Eucaristia 5 e che esercita una sua attrattiva in varie sensibilità religiose del mondo 6 , mostrando<br />

l'intimo collegamento tra <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> e <strong>dialogo</strong> inter-religioso in alcune chiavi fondamentali<br />

di approfondimento 7 sulla ritualizzazione che ne fa parte integrante 8 (con una via d'uscita nella<br />

chiave della 'epiclesi' 9 ). Negli anni '70, con i dialoghi tra Paolo VI e il Patriarca Athenagoras, si era<br />

giunti alla possibilità del calice comune che poi però è stata sentita come un modo di conglobare le<br />

comunità più vulnerabili in quelle più forti, particolarmente dopo gli anni 90. I risultati positivi con<br />

la Federazione luterana che conferma la fede nella "presenza reale".<br />

L INEVITABILE CHIAVE DEL RICONOSCIMENTO INTERMINISTERIALE.<br />

La tematica dell'articolazione della vita ecclesiale è, oggi, uno dei temi centrali del <strong>dialogo</strong><br />

<strong>ecumenico</strong>. Esiste una nutrita documentazione a riguardo 10 . La chiave di ogni riferimento<br />

think "radically". The ecumenical movement needs this new courage for serious theological work. Bishop Karl Lehmann, to whom this article is<br />

dedicated, has shown this courage in exemplary fashion».<br />

((1) W. Elert, Abendmahlsgemeinschaft und Kirchengemeinschaft in der alten Kirche, Berlin, 1954. Fundamental for the new mind on the Roman<br />

Catholic side was above all H. de Lubac, Corpus mysticum, L'Eucharistie et l'Eglise au Moyen Age, Paris, 1949 (German tr. Einsiedeln, 1969). On<br />

Augustine's corresponding doctrine cf. F. Hofmann, Der Kirchenbegriff des hl. Augustinus, Munich, 1933, pp.390-413; J. Ratzinger, Volk und Haus<br />

in Augustins Lehre von der Kirche (Munchner Theol. Studien, vol. II,7), Reprinted St Ottilien 1992, pp.211-15. / (2) See the nuanced argument in G.<br />

Wenz, "Sanctorum Communio: Eine Problemskizze zum Verhaltnis von Kirchen- und Abendmahlsgemeinschaft in lutherischer Perspektive", in<br />

Okumene vor neuen Zeiten, Festschrift for Theodor Schneider, K. Raiser and D. Statler, eds, Freiburg im Breisgau, 2000, pp.319-53. / (3) Thus in<br />

four places Vatican II: LG 1,9,48,59; OS 42,45; AG 1,5. On the Protestant side there are indications of openings, cf. E. Jungel, "Die Kirche als<br />

Sakrament", in ZThK, 80, 1983, pp.432-57. In this context the last dialogue document, Kirche und Rechtfertigung, 1993, nos. 122-32, between the<br />

Evangelical Lutheran and Roman Catholic churches, is of importance. / (4) Cf. F. Hofmann, op. cit., pp.152ff.; J. Ratzinger, op. cit., pp.206-209,216-<br />

18. / (5) The resultant regulations are to be found in the Ecumenical Directory, 1993, nos. 122-132. (6) The Nature and Purpose of the Church: A<br />

Stage on the Way to a Common Statement, Faith and Order Paper no. 181, Geneva, WCC, 1998.)<br />

1<br />

DISCIPLES CHURCH ROMAN CATHOLIC DIALOGUE, RICD, in «Information Service», 1982 n° 49, pp. 68-69: «IV. BAPTISM. 23. By its<br />

very nature, baptism impels Christians toward oneness. In baptism a person is incorporated into Christ Jesus and into his Body, the Church. The<br />

fundamental unity which God has given us is rooted in the sacrament and cannot be destroyed. We are called to the one baptism by the Gospel that is<br />

the way of salvation for all humanity. Baptism is, therefore, the fundamental source of our oneness in Christ's life, death and resurrection».<br />

2<br />

Nella enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995, nº 46, l'eucaristia comune viene trattata sotto il titoletto 'convergenze<br />

sulla Parola di Dio ed il culto', facendone un aspetto derivato della prospettiva ecumenica complessiva in funzione del '<strong>dialogo</strong>'.<br />

3<br />

SECRETARIAT POUR L UNITE DES CHRETIENS, Directoire oecuménique, partie I, in «Service d information», 1967 nº 2, p. 9: «29. Sous le<br />

nom de communication dans la vie et l'activité spirituelles, on comprend toutes les prières à faire en commun, l'usage commun des choses ou des lieux<br />

sacrés, et toute «communicatio in sacris» vraiment et proprement dite. 30. I1 y a «communicatio in sacris» quand quelqu'un participe à un culte<br />

liturgique quelconque ou même à des sacrements d'une Eglise ou d'une Communauté ecclésiale. 31. Le mot «culte liturgique» signifie le culte<br />

ordonné selon les livres, prescriptions ou habitudes d'une Eglise ou Communauté, célébré par un ministre ou un délégué d'une telle Eglise ou<br />

Communauté, selon que celui-ci remplit ainsi sa fonction».<br />

4<br />

Cfr A. Nitrola, L eucaristia forza dell unità. La dimensione escatologica dell eucaristia nel <strong>dialogo</strong> tra cattolici e protestanti, Casale Monferrato<br />

1992.<br />

5<br />

Cfr A. Bourassa, Redenzione e sacrificio, Città del Vaticano 1989.<br />

6<br />

Cfr R. A. Bullard - L. D. Shinn, Abingdon Dictionary of living Religions, Nashville 1981, pp. 639 ss; L. V. Thomas, Les religions d'Afrique noire,<br />

Paris 1969, p. 156 ss; J. S. Mbiti, African Religion and Philosophy, London 1969, p. 58 ss; idem, The Concept of God in Africa, London 1979, p. 127;<br />

M. Dhavamony,, Phenomenology of Religion, Rome 1973, p. 207 ss; J. Beattie, Other Cultures, London 1964, p. 235; H. Sawyer, Sacrifice, in K. A.<br />

Dickson - P. Ellingworth, Biblical Revelation and African Beliefs, London 1969, p. 71; G. Van der Leeuw, Religion in Essence and Manifestation,<br />

New York 1963, p. 351.<br />

7<br />

E. G. Parrinder, African traditional Religion, London 1976, p. 87.<br />

8<br />

J. S. Mbiti, Introduction to african Religion, London 1981, p. 126.<br />

9<br />

FAITH AND ORDER, Baptism, Eucharist and Ministry, in «Faith and Order Papers nº 111», Geneva 1983, p. 13.<br />

10<br />

Cfr. A. Joos, Specificità relazionale e unità personalizzata dei ministeri ecclesiali, in Lateranum , 1981 n 7, conclusione e appendice bibliografica<br />

(J. Puglisi, A Workshop of Bibliographies on Bilateral Dialogues, Rome 1979-1994; Confessions in Dialogue, Geneva 1975).<br />

35


personalizzato del ministero è senz altro la "morte e risurrezione" di Cristo 1 : compimento della<br />

riconciliazione tra il Padre e la comunità umana 2 , fonte unica per qualsiasi servizio ed iniziativa di<br />

salvezza nella Chiesa 3 . Ogni "opacità ministeriale" rende indebitamente pesante il "trasparente<br />

passaggio" della salvezza offerta all'umanità nella Chiesa 4 . Questo riferimento si esprime in modo<br />

multiforme dall'Amore di Dio 5 . Partendo dal mistero della persona di Cristo, tutta la Chiesa è<br />

fondamentalmente sacerdotale 6 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> bilaterale anglicano-cattolico ha voluto prendere in<br />

considerazione il tema del dono dell autorità , introducendo così la chiave della leadership nella<br />

prospettiva ministeriale 7 . Uno dei contesti non europei ha tentato la via della conciliazione<br />

ministeriale tra le tradizioni episcopali e non episcopali: l'Unione dell'India del Sud 8 . La chiave<br />

cristocentrica è -anche qui- emblematica nell'intento iniziale stesso delle trattative 9 . La 'organicità'<br />

dell'unione si riferirà prevalentemente alla chiave cristologica 10 . <strong>Il</strong> 'principle of Comity' (cortesia,<br />

andando incontro gli uni agli altri) focalizza gli sforzi su accordi strutturali progressivi 11 . La<br />

priorità, nel dare pieno spazio alla 'indianità' della vita ecclesiale, viene affermata dal principio 12 .<br />

La non riordinazione dei ministri chiarisce il discernimento metodologico dell'Unione 13 .<br />

UNA SUMMA ECUMENICA RIGUARDO AL BATTESIMO, EUCARISTIA E MINISTERI?<br />

Tale sarebbe la scommessa del BEM (notissimo documento di FEDE E COSTITUZIONE)<br />

che raccoglie l eredità ed il lavoro di molti dialoghi bilaterali e multilaterali già svolti, verso la<br />

speranza di un accordo degli accordi 14 . Non mancano però le voci che vedono meglio, oggi, come<br />

il documento di FEDE E COSTITUZIONE avrebbe avuto maggiore impatto riconciliativi se si<br />

1<br />

FAITH AND ORDER, One Baptism, one Eucharist, a mutually ricognized Ministry, Geneva 1975, p. 29, n 1; WORLD METHODIST<br />

COUNCIL-ROMAN CATHOLIC CHURCH, Report of the joint commission, 1967-1970, in Information Service , 1973 n 21, p. 33, n 89.1.<br />

2<br />

ANGLICAN-ROMAN CATHOLIC STATEMENT, Canterbury Statement, in Origins , 1973 n 26, p. 403, n. 3; LUTHERAN-ROMAN<br />

CATHOLIC STATEMENT (USA), Statement on Eucharist and Ministry, in Lutherans and Catholics in Dialogue , 1970 n IV, p. 9, n 6..<br />

3<br />

EVANGELISCH-LUTHERISCH / RÖMISCH-KATHOLISCHEN STUDIENKOMMISSION, Bericht Das Evangelium und die Kirche , in<br />

Lutherische Rundschau (Sonderdruck), 1972 n 3, S. 3, n 48.<br />

4<br />

REFORMED-PRESBYTERIAN/ROMAN CATHOLIC DIALOGUE USA, Statement on Ministry in the Church, Richmond 1971, p. 3, n 2.<br />

5<br />

SYNODUS EPISCOPORUM, 1971, De Sacerdotali Ministerio, op.cit., p. 12, n 1, 1.<br />

6<br />

B. Alfrink, Intervento al sinodo dei vescovi 1971, in Bulletin d'information, Salle de Presse du Saint-Siège , n 3, p. 3.<br />

7<br />

J. Baycroft, Challenges of The Gift of Authority for the Churches (Lecture given at the Centro Pro Unione, Thursday, 20 January 2000), in «Centro<br />

pro Unione», 2000 n° 58, p. 18: « First let us acknowledge the context and purpose of the document. The Gift of Authority: Authority in the Church<br />

III, published in 1999, is an Agreed Statement by the Anglican Roman Catholic International Commission (ARCIC). It is the most recent fruit of<br />

the seeds planted in this city thirty-three years ago when Pope Paul VI and the Archbishop of Canterbury (Michael Ramsey) declared their intention,<br />

to inaugurate between the Roman Catholic Church and the Anglican Communion a serious dialogue which founded on the Gospels and on the<br />

ancient common traditions, may lead to that unity in truth for which Christ prayed. (Common Declaration, Rome, Saint Paul Without-the-Walls, 24<br />

March, 1966). Although there have been serious obstacles standing in the way, the unswerving aim since then has been, and continues to be, a<br />

restoration of complete communion of faith and sacramental life . (ib.) This will be impossible to achieve without substantial agreement about the<br />

exercise of authority in the Church. ARCIC is the servant of the Anglican Communion and the Roman Catholic Church. Its mandate is to work for<br />

their reconciliation and full visible unity. Nevertheless, the Commission also keeps in mind the wider ecumenical movement. We should ask whether<br />

its Agreed Statements, particularly The Gift of Authority, have anything to say to other Churches as well as to Anglicans and Roman Catholics».<br />

8<br />

Cfr B. Sundkler, Church of South India, the Movement towards Union 1900-1947, London 1954; M. Ward, The Churches move together, Nutfield<br />

1968, p. 45; S. C. Neill, Plans of Union and Reunion, in idem (ed.), A History of the Ecumenical Movement 1517-1948, Philadelphia 1968, p. 474; J.<br />

Lawrence, The Hard Facts of Unity, a Lay Man looks at Ecumenical Movement, London 1961, p. 94; O. S. Tomkins, Issues on Church Union in the<br />

Indian Sub-Continent, in «The Ecumenical Review», 1950-51 nº 3, p. 273; H.-R. Weber, Asia and the Ecumenical Movement, London 1966, p. 202.<br />

9<br />

THE JOINT COMMITTEE, The proposed Scheme of Church Union in South India, Foreword, Madras 1942, p. IV.<br />

10<br />

CHURCH OF SOUTH INDIA, The Constitution of the Church of South India with Amendments up to and Approved by the Synod of January 1972,<br />

Madras 1972, II, 2, '2; L. Newbigin, One Body, One Gospel, One World, in «The Ecumenical Review», 1958-59 nº 11, p. 154<br />

11<br />

A. E. J. Rawlinson, The Church of South India, London 1951, p. 17; L. Newbegin, The Reunion of the Church, a Defense of the South India<br />

Scheme, London 1960, p. 14.<br />

12<br />

THE JOINT COMMITTEE, Basis of Union, in idem, The proposed Scheme of Church Union in South India, Madras 1942, nº 1-5.<br />

13<br />

A. E. J. Rawlinson, The Church of South India,London 1951, p. 26; G. Vodopivec, <strong>Il</strong> ministero ordinato e l'unione tra le Chiese, in «Lateranum»,<br />

1981 nº 47, pp. 507-534; cfr varie sfumature e riserve in A. M. Ward, Lay Administration of the Lord's Supper, A Methodist Point of View, Madras<br />

1932, p. 82; A. H. Legg, An Examination from the Congregational Point of View with some Suggestions, Trivandrum 1929, pp. 2-5; J. Garvie, Review<br />

of the Pamphlet of Rev. Legg, in «Review of the Churches», 1930 nº 7, pp. 160-172; S. Carile, I Metodisti, Torino 1981, p. 47.<br />

14<br />

P. Ricca, <strong>Il</strong> Bem e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 157: «<strong>Il</strong> secondo fatto<br />

rilevante è che il BEM conclude<br />

si può dire<br />

oltre mezzo secolo di <strong>dialogo</strong> interconfessionale, svo1tosi non solo in seno a Fede e Costituzione<br />

ma anche in molte altre sedi. Un gran di dialoghi bilaterali e multilaterali, già conclusi o ancora in corso, sono stati tenuti presenti nella stesura del<br />

BEM che, in questo senso, può essere considerato come un accordo degli accordi o quanto meno come un testo in cui confluiscono, direttamente o<br />

indirettamente risultati del lavoro di molte commissioni interconfessionali. Sui tre temi trattati il BEM offre una piccola summa ecumenica, in cui si<br />

tirano le fila del discorso sin qui svolto in seno all intero movimento <strong>ecumenico</strong> su battesimo, eucaristia e ministero».<br />

36


fosse limitato alla sorgente battesimale che costituisce la base più sostanziale per il cammino<br />

<strong>ecumenico</strong> 1 .<br />

LA METODOLOGIA DIALOGALE SBALLOTTATA: DALLA PAROLA DI DIO, AI<br />

MATRIMONI MISTI, ALLA TEMATICA ETICA, AI DIALOGHI DI TIPO DEVOZIONALE<br />

(MARIANO)<br />

La Bibbia è senz altro la base di ogni <strong>dialogo</strong> in quanto ci unisce tutti in modo esemplare 2 . I<br />

dialoghi sull autorità e l interpretazione della Bibbia, dopo il 450° anniversario della Dieta di<br />

Augusta nel 1979, approfondisce ulteriormente il punto decisivo del posto del Vangelo nella<br />

Chiesa: interesse dialogale che non cala 3 . <strong>Il</strong> tema dei matrimoni misti appare urgente nei Paesi dove<br />

c'è una molteplicità di appartenenze ecclesiali 4 . La Chiesa ortodossa suggeriva la doppia<br />

celebrazione dal fatto della impostazione sacramentale diversa in oriente (il ministro è il sacerdote,<br />

non i sposi contraenti)<br />

proposta rigettata da parte romana 5 . Lo scoglio, da parte romana, rimane<br />

l interpretazione data sulla possibilità del divorzio 6 . La chiave 'ecclesiologica' si manifesta<br />

chiaramente nella impostazione dei dialoghi sui matrimoni misti: 'non ci divide Cristo, ma la visuale<br />

1 Vl. Phidas, Baptism and ecclesiology, in «The Ecumenical Review», Jan-April 2002: «"The church is denoted in the sacraments" (N. Cabasilas).<br />

Meanwhile, the sacrament of baptism is the sacrament of initiation par excellence among the entire range of sacraments of the church. This<br />

distinctiveness is well-explained on the basis of the fundamental principle of the unity and the distinctiveness of the sacraments of the church, but at<br />

the same time it is important as a way of connecting this sacrament of baptism with the contemporary ecclesiological dilemmas, within the context of<br />

the ecumenical movement. Thus one can explain the clear focus of the ecumenical dialogue, especially during the last decade, on using baptism more<br />

systematically to specify not only the minimum for a common ecclesiological basis in the ecumenical context, but also the direct ecclesiastical<br />

consequences of this in inter-Christian relations. In this connection it becomes increasingly clearer that if a systematic study of the ecclesiological<br />

implications of baptism alone had been undertaken, instead of the combined study of baptism, eucharist and ministry done in BEM, then a minimal<br />

common ecclesiological basis would have been formed. This would have facilitated the positive development of not only the multilateral or bilateral<br />

theological dialogues, but also the entire range of contemporary inter-Christian relations. Indeed specifying these fundamental parameters, which<br />

would avert frivolous enthusiastic perspectives or even baseless confessional paroxysms, is possible only by acknowledging responsibly the unique<br />

significance of baptism for describing the identity of both the one, holy, catholic and apostolic church and also of the ecclesiastical bodies that exist<br />

outside it».<br />

2 JOINT WORKING GROUP OF THE ROMAN CATHOLIC CHURCH AND THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, On the ecumenical<br />

Dialogue, in «The ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 473: «We should give priority to what we have in common. Bearing in mind our source of<br />

knowledge, we should give priority to the Bible. We should try to discover the intention of the Biblical statement; during the course of history this<br />

has been confined to giving it a special expression related to the needs and resources of the different historical and geographical settings (Tradition<br />

within traditions). But already at the level of Scripture the inspired witness expressed was directed towards a definite situation; every author wrote<br />

from his own situation and had his own practical purpose».<br />

3 SEMPER REFORMANDA - WORLD ALLIANCE OF REFORMED CHURCHES, The World Alliance of Reformed Churches in ecumenical<br />

dialogue, in «Internet» 2006, http://www.warc.ch/where/22gc/study/27.html: «The authority and interpretation of scripture. In many Reformed<br />

responses to BEM uneasiness is expressed about that document's use of scripture, its understanding of the relation between scripture and the tradition<br />

of the early church, and what is felt to be an over-emphasis on the word of God. This is not the place to assess how valid these reservations may be,<br />

but they do reflect a traditional Reformed sense of the living authority of the word of God, heard, confessed and obeyed in faith, as an essential mark<br />

of any authentic church. In all the dialogues so far published between the Alliance and other communions stemming directly or indirectly from the<br />

Reformation this authority of scripture is emphasized. It is "the authoritative standard of faith" (Angl.-Ref. § 40), "the primary authority in matters of<br />

faith and practice" (Meth.-Ref. p.824), "the normative source (norma normans)" (Bapt.-Ref. p.11); the church "lives by faithful hearing of the word of<br />

God, as the testimony of the bible is witnessed to afresh in its bearing upon today and tomorrow" (Disc.-Ref. § 90). These reports also emphasize that<br />

faithful hearing of scripture also requires interpretation and translation, in which we are assisted by the witness of earlier generations. At this point,<br />

however, certain variations of emphasis in different dialogues become apparent. The Anglican-Reformed dialogue stresses the return of Reformers<br />

like Calvin to "Scripture and the Fathers" and "our dependence on the credal and liturgical formulations of the earliest centuries" (Angl.-Ref. § 41) as<br />

well as "our need to remain open to the witness of Christians from other traditions" (ibid.); similarly the Methodist-Reformed report affirms that we<br />

"confess the shared faith of the universal church expressed in ecumenical creeds and by witnesses to it through the centuries" (Meth.-Ref. p.824). The<br />

Methodist-Reformed dialogue also notes that for the Reformed "the great confessions of the 16th and 17th centuries...have often operated, under<br />

scripture, as subordinate standards for the teaching and government of the church" (Meth.-Ref. p.824). The report of the dialogue with the Disciples<br />

of Christ, by contrast, notes that the "way such confessions of faith were sometimes used as exclusive tests of fellowship led Disciples in the 19th<br />

century to reject them and to prefer only the simplest confession of faith in Jesus Christ as the Son of God" (Disc.-Ref. § 21). The Baptist-Reformed<br />

report does not directly discuss creeds and confessions, but underlines the modern problem of hermeneutics: "The great question is...how the results<br />

of biblical and historical scholarship can be put to good use in the situation of today" (Bapt.-Ref. p.12). These brief quotations may serve to suggest<br />

that there is room within the framework of a commitment to the supreme authority of the word of God in scripture for a good deal of variety of<br />

emphasis on "subordinate standards" and the appropriate contemporary interpretation of scripture. That variety is also certainly reflected within the<br />

Alliance itself, not merely a reflex of dialogue with different partners. There is here a theme which deserves further consideration and clarification in<br />

the future work of the Alliance».<br />

4 P. Evdokimov, Le sacerdoce conjugal, essai de théologie orthodoxe du mariage, Tours 1966, p. 122; J. Höffner, L eucharistie, signe d unité des<br />

croyants, in «La documentation catholique», 1971 nº 1589, p. 631.<br />

5 ORTHODOX CHURCH, Interchurch Marriages, in «Eastern Churches Review», 1971 nº 3, p. 317, 1974 nº 2, p. 197, etiam in «One in Christ»,<br />

1972 nº 8, pp. 424-432; ORTHODOX CHURCH<br />

ROMAN CARHOLIC CHURCH, Common Statement on the Sanctity of Marriage<br />

37<br />

Orthodox<br />

Roman Catholic Consultation, in «Diakonia», 1978 nº 13, pp. 89-90.<br />

6 C. Vogel, Fiançailles, mariage et divorce dans les pays de religion orthodoxe grecque, in «Revue de droit canonique», 1954 nº 1, pp. 298-299; J.<br />

Petritakis, Le doir matrimonial dans l Eglise orthodoxe grecque, les mariages mixtes, in «Année canonique», 1976 nº 20, pp. 76-83.


delle Chiese' su questo punto 1 . La sacramentalizzazione formale del matrimonio farà problema per<br />

chi vede la sacramentalità ecclesiale riassuntivamente ricapitolata in 'due sacramenti' formali<br />

(battesimo e Eucaristia) 2 . La 'istituzionalità' verrà messa avanti come conferma di questa<br />

'ecclesiologizzazione' 3 . Si rimane, in genere, puntualmente legati al criterio di favorire i matrimoni<br />

nella propria struttura confessionale 4 . Dalla istituzionalizzazione si vedrà che verrà messo in primo<br />

piano lo scoglio de-istituzionalizzante del 'divorzio' 5 . Stranamente, la chiave del 'dono' non è<br />

assente dalla tematica matrimoniale ma viene considerato come dono-obbligo in senso formale dei<br />

doveri mutui 6 . Togliendo il dono dal 'mistero del Dono' nello Spirito, si dovrà inevitabilmente<br />

restringere tutto ad una questione di 'indissolubilità' 7 . L'unione di Cristo e della Chiesa non può<br />

essere vissuto se non nello Spirito, aprendo la vita comune d'amore alla sua dimensione<br />

pneumatologia radicale 8 . La dimensione pneumatologica supererà un approccio puramente legalista<br />

delle tematiche morali nell'ambito dei matrimoni misti 9 . Si riconosce peraltro che la stessa<br />

questione del battesimo dei figli in una o l'altra Chiesa si pone aldilà della stretta problematica<br />

ecclesiologica 10 . Si menzionano le obiezioni alle promesse da fare in vista della celebrazione del<br />

matrimonio 11 . Ciò incita a sviluppare la via d'uscita multilaterale nei dialoghi 12 . Si è passati anche<br />

alle tematiche sulle scelte etiche nella convivenza mondiale maggiormente dagli anni 1990 13 .<br />

Talvolta, il riferimento alle tematiche etiche viene inserito nell'ambito della 'testimonianza comune'<br />

1<br />

COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes<br />

des mariages mixtes, in «Service d information», 1978 nº 36, nº 12 du document.<br />

2<br />

COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes<br />

des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº 12 du document.; J. E. Maldonato, Matrimonio, in AA. VV., Dizionario del movimento<br />

<strong>ecumenico</strong>, Milano 1986, p. 713.<br />

3<br />

A. Dumas, Matrimonio, in AA. VV., Dizionario del movimento <strong>ecumenico</strong>, Milano 1986, p. 710; cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II,<br />

Costituzione pastorale "Gaudium et spes", Città del Vaticano 1965, nº 48, 2 (è interessante vedere come il documento conciliare dà spazio al ruolo<br />

dello Spirito Santo e mette in primo piano il comune impegno di unione nella santificazione.<br />

4<br />

Cfr e. g. DIALOGUE BETWEEN THE CATHOLIC CHURCH AND THE MALANKARA SYRIAN ORTHODOX CHURCH ON INTER-<br />

CHURCH MARRIAGES, Pastoral Guidelines, in «Information Service», 1993 nº 84, pp. 160-161 nº3-16.<br />

5<br />

COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes<br />

des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº 41 du document.<br />

6<br />

COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes<br />

des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº 24 du document.<br />

7<br />

ANGLICAN - ROMAN CATHOLIC INTERNATIONAL COMMISSION, Rapport final. La théologie du mariage et ses applications aux mariages<br />

mixtes, cfr Section C, in «Information service», 1976 nº 32 (III), nº 28-55, pp. 19-24; COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE -<br />

CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº<br />

42 du document.<br />

8<br />

Cfr l'unione di Cristo e della Chiesa nel matrimonio: in COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE,<br />

Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº 30-31 du document.<br />

9<br />

Cfr il modo formale di evocare il confronto sulle 'differenze' in ambito morale da parte delle coppie nei matrimoni misti: in COMMISSION MIXTE<br />

LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes des mariages mixtes, in<br />

«Information service», 1978 nº 36, nº 59 du document; JOINED COMMISSION BETWEEN THE WORLD METHODIST COUNCIL AND THE<br />

ROMAN CATHOLIC CHURCH, The Dublin Report (1972-1975), in «Information service», 1977 nº 34 (II), nº 44, p. 13; ANGLICAN - ROMAN<br />

CATHOLIC INTERNATIONAL COMMISSION, Final Report II "Life in Christ: Moral, Communion and Church, in «Information service», 1994 nº<br />

85 (I), pp. 55-78.<br />

10<br />

COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes<br />

des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº 65 du document.<br />

11<br />

COMMISSION MIXTE LUTHERIENNE - REFORMEE - CATHOLIQUE ROMAINE, Rapport final. La théologie du mariage et les problèmes<br />

des mariages mixtes, in «Information service», 1978 nº 36, nº 65 , 67, 71.<br />

12<br />

CONSEIL OECUMENIQUE DES EGLISES, Mariage et division parmi les Eglises, in M. Sweeting, Les Eglises et les mariages mixtes, Paris<br />

1969, pp. 141-177.<br />

13<br />

D. McFee, The WCC's engagement with civil society, in «The Ecumenical Review», Oct, 2003, p. 3: «Work in the 1990s within the Justice, Peace<br />

and Creation team on a "theology of life" pointed to the concrete goals of equity, respect for diversity, accountability, participation, sufficiency and<br />

subsidiarity as models for a common life to be lived. (19) The WCC's theology-of-life initiative emerged from its attempts to wrestle with dire social<br />

realities of the early 1990s. In January 1994, the WCC's central committee meeting in Johannesburg approved a programme for a theology of life<br />

under the auspices of the WCC's Justice, Peace and Creation unit. The focus of this programme was twofold. First, the theology-of-life initiative<br />

centred on establishing local, practical commitments for solidarity with marginalized peoples wrestling with specific lifethreatening issues. At a<br />

global level, the theology-of-life initiative approached ethical issues historically, theologically and dialogically. Historically, this initiative embarked<br />

upon compiling a comprehensive history of the WCC's ecumenical social thought and action such that future ecumenical ethical decisions might have<br />

a firmer grasp of past institutional difficulties. Theologically, the initiative encouraged an inductive methodology whereby participants in regional<br />

consultations discussed and analyzed the 1990 Seoul affirmations in order to process these in specific contexts. Finally, WCC staff members<br />

consulted regional theology-of-life meetings to hear the concerns of specific marginalized peoples. This complex working apparatus affirmed the<br />

WCC's commitment to approaching ethical issues at the global and local levels. (20) The WCC's theology-of-life initiative facilitated an expanded<br />

understanding of the WCC's role in and conceptualization of civil society. At a practical level, the theology of life stressed providing healthy "space"<br />

within the oikoumene for reflection, growth and the flourishing of life. Such notions supplemented older notions of ecumenical "dialogues" as<br />

vehicles through which social change might occur. Indeed, through the theology-of-life initiative the WCC often provided the "space" for<br />

marginalized peoples to gather and discuss ethical issues without any over-riding WCC guidance. By providing this space for social ethics to emerge,<br />

the WCC reconfigured its understanding of how environmental ethics might be practised at an institutional level. (21) For instance, the WCC's<br />

attempt to provide "space" for social ethics took concrete form in its work with indigenous and marginalized peoples during the 1990s».<br />

38


(cooperazione più che <strong>dialogo</strong>, cfr il capitolo seguente) 1 . Viene -però- considerata anche un'altra<br />

dimensione a questa prospettiva dialogale: e cioè che le Chiese non stiano a rincorrere le correnti di<br />

opinione che sfilano nel pubblico 2 . Altri penseranno che i temi dell'"ethos" sono più 'innocui' che<br />

quelli sulla fede 3 . Eppure qualche spiraglio sembra aprirsi sulla possibilità di entrare insieme in<br />

questa discussione etica a livello della presenza delle Chiese cristiane nel '<strong>dialogo</strong> pubblico'<br />

multimediale 4 . L ambito spirituale riguarda la chiave del culto mariano, particolarmente nel<br />

contesto delle Chiese sorte dalla Riforma con le specifiche difficoltà che porta con se 5 . <strong>Il</strong> confronto<br />

si accende tra stretta dottrina cristologica e devozione mariana 6 : da Lutero con l Ave Maria come<br />

lode mariana a Zwingli che accoglie la verginità perpetua e la maternità divina 7 . Da Agostino al<br />

movimento <strong>ecumenico</strong> attuale, si auspica che Maria diventi Madre dell unità<br />

39<br />

8 . <strong>Il</strong> concilio<br />

Vaticano II riambienta l intento mariano in quello della Chiesa nel suo mistero 9 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong><br />

anglicano-cattolico parte dalla questione specifica della proclamazione del dogma romano sulla<br />

base dell infallibilità 10 . Si specificherà, da parte cattolica, che la fede mariana cattolica non procede<br />

dalle proclamazioni del primato papale ma sorgono dalla fede apostolica che vi riconoscono 11 . Da<br />

parte anglicana e sulla piattaforma della Commissione Fede e costituzione, si accetterà la qualifica<br />

mariana di Theotokos del concilio di Efeso e di esaltata nei cieli al di sopra degli angeli e degli<br />

arcangeli 12 . L immacolata concezione e l assunzione in cielo non si considerano necessari per la<br />

salvezza, pur considerando talvolta l elezione di Maria (Jer. 1, 5) prima della nascita come aperta<br />

alla discussione, senza però- portare ombra alla mediazione unica di Cristo 13 . Per i metodisti, la<br />

formulazione dogmatica romana nelle mani del vescovo di Roma a nome di tutta la Chiesa,<br />

costituisce sempre una difficoltà di fondo 14 . Nell ambito di Fede e Costituzione, la via devozionale<br />

mariana viene recepita, pur esprimendo l interrogativo posto da varie voci cristiane sulla verginità<br />

di Maria 15 . Le implicanze della devozione a Maria saranno ulteriormente approfondite in senso<br />

1 E. I. Cassidy, Lettre de S. Exc. Mgr Cassidy au pasteur Mr. Emilio Castro, in «Information service», 1990 nº 74, pp. 57-58.<br />

2 E. I. Cassidy, Lettre de S. Exc. Mgr Cassidy au pasteur Mr. Emilio Castro, in «Information service», 1990 nº 74, pp. 57-58.<br />

3 W. Henn, An Evaluation of the "Church as Communion in Christ", in «Information Service», 1993 nº 84, pp. 174-175.<br />

4 GROUPE MIXTE DE TRAVAIL ENTRE L'EGLISE CATHOLIQUE ROMAINE ET LE CONSEIL OECUMENIQUE DES EGLISES, Sixième<br />

rapport du Groupe mixte de travail, in «Information service», 1990 nº 74, p. 64.<br />

5 M. Thurian, The Ways of Worship, London 1951, p. 289; W. Loewenich, Modern Catholicism, New York 1959, p. 234; J. Daniélou, The Heart of<br />

the Problem, in J. Bosc, The Catholic Protestant Dialogue, Baltimore (US) 1960, pp. 124-125.<br />

6 D. Flanagan, An Ecumenical Future for Roman Catholic Theology of Mary, in A. Stacpole, Occasional Papers of the Ecumenical Society of the<br />

Blessed Virgin Mary 1970-1980, New York 1982, p. 5; A. B. Vaughan, The Development of Marian Doctrine as an Ecumenical Problem, in «Marian<br />

Studies», 1964 nº XV, p. 36; W. Burghardt, Mary and Reunion, in «Catholic Mind», 1962 nº LX, p. 15.<br />

7 Y. Congar, Dialogue between Christians. Catholic Contribution to Ecumenism, Westminster (US) 1966, p. 408.<br />

8 Paolo VI, Ai partecipanti al 4º Congresso mariano mondiale (2 febbraio 1965), in idem, Insegnamenti di Paolo VI, Città del Vaticano 1965, pp. 68-<br />

69.<br />

9 F. M. Jelly, The Theological Context of an Introduction to Chapter 8 of Lumen gentium , in «Marian Studies», 1986 nº 37, pp.50-61; idem,<br />

Roman Catholic Ecumenical Response to the theme Ut unum sint , in «Marian Studies», 1997 nº 48, p. 131.<br />

10<br />

ANGLICAN ROMAN CATHOLIC INTERNATIONAL COMMISSION, Authority in the Church II, (Windsor Statement) 1981, in H. Meyer<br />

L. Vischer (ed.), Growth in Agreement: Ecumenical Documents H, Reports and Agreed Statements of Ecumenical Conversations on a World Level,<br />

New York 1984], pp. 114-115, nº 30: «Anglican and Roman Catholics can agree on much of the truth that these two dogmas are designed to affirm.<br />

We agree that there can be but one mediator between God and man, Jesus Christ, and reject any interpretation of the role of Mary which obscures this<br />

affirmation. We agree in recognizing that Christian understanding of Mary is inseparably linked with the doctrines of Christ and of the Church. We<br />

agree in recognizing the grace and unique vocation of Mary, Mother of God Incarnate (Theotokos), in observing her festivals, and in according her<br />

honour in the communion of saints. We agree that she was prepared by divine grace to be the mother of our Redeemer, by whom she herself was<br />

redeemed and received into glory. We further agree in recognizing in Mary a model of holiness, obedience, and faith for all Christians. We accept that<br />

it is possible to regard her as a prophetic figure of the Church of God before as well as after the Incarnation. Nevertheless the dogmas of the<br />

Immaculate Conception and the Assumption raise a special problem for those Anglicans who do not consider that the precise definitions given by<br />

these dogmas are sufficiently supported by Scripture. For many Anglicans the teaching authority of the bishop of Rome is not recommended by the<br />

fact that through it these Marian doctrines were proclaimed as dogmas binding on the Church...».<br />

11<br />

CANADIAN ANGLICAN ROMAN CATHOLIC DIALOGUE, Canadian ARC: Remarks on the Congregation for the Doctrine of the Faith s<br />

Observations on the Final Report of ARCIC , April 1983, in «One in Christ», 1984 nº 20, pp. 257-272.<br />

12<br />

J. W. Witmer J. R. Wright (ed.), Called to Full Unity: Documents on Anglican-Roman Catholic Relations 1966-1983, Washington 1986, pp. 308-<br />

327, 324; cfr etiam ANGLICAN ORTHODOX DIALOGUE, The Dublin Agreed Statement 1984, London 1984, p. 37, nº 75 del documento;<br />

FAITH AND ORDER, Confessing the One Faith: An Ecumenical Explanation of the Apostolic Faith as it is confessed in the Nicene-<br />

Constantinopolitan Creed (381), Geneva 1991, p. 53, nº 122 del documento.<br />

13<br />

J. W. Witmer J. R. Wright (ed.), Called to Full Unity: Documents on Anglican-Roman Catholic Relations 1966-1983, Washington 1986, pp. 325-<br />

326.<br />

14<br />

WORLD METHODIST COUNCIL ROMAN CATHOLIC JOINT COMMISSION, Denver Report, in H. Meyer L. Vischer, Growth in<br />

Agreement: Ecumenical Documents II. Reports and Agreed Statements of Ecumenical Conversations on a World Level, New York 1984, p. 321, nº 63<br />

del documento; Towards a Statement on the Church, in «Information Service», 1986 nº 20, pp. 206-216.<br />

15<br />

FAITH AND ORDER, Confessing the One Faith: An Ecumenical Explanation of the Apostolic Faith as it is confessed in the Nicene-<br />

Constantinopolitan Creed (381), Geneva 1991, pp. 53-54, nº 123 del documento.: «Some Christians today feel difficulties with the affirmation of<br />

Mary's virginity. For some, this is because they consider that such a miraculous birth would be inconsistent with God's way of acting towards his


<strong>ecumenico</strong>- dalla Società ecumenica della Beata Vergine Maria 1 o in occasione dei Congressi<br />

mariani internazionali.<br />

FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: NON FARCI TROVARE IMPREPARATI<br />

NELLA VIGILANZA VUOL DIRE NON RIDARE INDIETRO IL TALENTO DEL SIGNORE<br />

TALE QUALE L ABBIAMO RICEVUTO<br />

I dialoghi ci preparano sempre a qualcos altro, cioè a un esito che si muove al dilà di ciò che<br />

hanno compiuto. È un continuo prepararsi ad altro <strong>Il</strong> mandato è di non farci trovare impreparati<br />

a mezzanotte o al mattino presto (Mc 13, 37). E come fare per non essere impreparati? Ci sarà da<br />

preoccuparsi in ogni momento per il ritorno improvviso del Signore, tanto pensare solo a questo?<br />

Stiamo sotto torchio in ogni attimo? Ecco dove subentra la fine nell anno liturgico della liturgia<br />

romana, cioè del 1° ciclo (A) della terna degli anni liturgici, e precisamente dell ultima domenica<br />

(chiamata di Cristo Re). <strong>Il</strong> primo passo di questo processo liturgico si focalizza piuttosto sulle<br />

condizioni di partenza nel cammino della fede. <strong>Il</strong> preggio o il rimprovero del Re tra coloro che<br />

stanno alla Sua destra o alla Sua sinistra fa eco al ma quando mai Signore abbiamo fatto (non fatto)<br />

questo e quello a uno di questi piccoli? (cfr Mtt 25, 31-46) Tutto si svolge in una<br />

inconsapevolezza di fondo da parte di tutti: di chi ha fatto senza sapere o di chi non ha fatto senza<br />

sapere. Che tipo di vigilanza si debba svolgere nella nostra spensierata inconsapevolezza? Vediamo<br />

poi che il Messale torna su alcuni accenni proprio in conclusione del primo ciclo liturgico (A): si<br />

tratta delle parabole dei talenti o della mine che abbiamo già brevemente menzionato. Quel servo<br />

che aveva conservato tutto tale <strong>quale</strong> per dare ciò che aveva ricevuto tale <strong>quale</strong> come l aveva<br />

nascosto al Padrone: le tue stesse parole ti giudicano (cfr Lc 11, 19-28 lectio continua della 33°<br />

settimana, il mercoledì che corregge il brano domenicale (32°) dando ad ognuno una stessa ed<br />

uguale mina e non un diverso numero di talenti ). Chi ha vigilato in modo da non cambiare niente<br />

lasciando tutto tale <strong>quale</strong>- non può che avere un idea del tutto negativa del suo Signore. <strong>Il</strong><br />

mandato, secondo l immagine che ci siamo fatta del Padrone , sarà una vigilanza inventiva come<br />

chi ha fatto sfruttare i suoi talenti o mine che siano. È qui che subentra la nostra verifica sul <strong>dialogo</strong><br />

che inevitabilmente- modifica le cose dall impegno di ognuno. Anche il Vangelo delle le 10<br />

vergini accennano a qualcosa di questo tipo: ci sono quelle che hanno preso il lumino tale <strong>quale</strong><br />

gliel hanno dato e quelle che ci hanno pensato un attimo sopra e si presero una scorta d olio (Mtt<br />

25, 1-13). La liturgia (32° domenica, A) lega questa scorta alla stessa Saggezza (32° domenica, A,<br />

1° lettura, Sap. 6, 12-16) e sembra rinviare parimenti all attesa della risurrezione ultima nella<br />

comprensione della Risurrezione di Cristo (32° domenica, (A), 2° lettura, I Tess, 4, 13-18). Chi sa<br />

fare qualche scorta o inventarsi qualcosa oltre vive nella Saggezza della Risurrezione. Si pone<br />

allora l interrogativo urgente: il portiere o la sentinella deve soprattutto guardare fuori verso<br />

nemici che si nascondessero, avvicinandosi alla casa per rubarci, rovinarla, incendiarla? O devono<br />

guardare dentro a come valorizzare la casa come si fa per i talenti e le mine da far sfruttare? Non<br />

dovrà forse guardare come migliorare le stanze interne, gli ornamenti, lo splendore d accoglienza<br />

della casa verso una indicibile ospitalità? Non è forse questo che il Lezionario ci suggerisce nella<br />

settimana 33° sul rinnovamento del Tempio nella sua imponente inaugurazione da parte di Giuda<br />

Maccabeo (venerdì dell 33° settimana, 1° lettura, I Mccb 4, 36-39). Eppure ciò convive con la<br />

tragedia sempre presente dei sette fratelli con la loro madre davanti al re Antioco (mercoledì della<br />

33° settimana, 1° lettura, II Mccb 7, 1, 20-31)! E quando si tratta di denunziare chi è infedele, la<br />

lectio continua ci mette davanti Mattatias riguardo al pericolo non dal di fuori nella persona del<br />

re, ma dal di dentro per chi sta sfaldando l intento stesso del culto all altare di Modina (giovedì<br />

people. Others do not reject in principle the possibility of God's miraculous action. But they do not find in New Testament any evidence other than the<br />

infancy narratives whose literary form does not necessarily imply a historical claim concerning Mary's virginity. The point of the narratives, they say,<br />

is to affirm the divine origin and sonship of Jesus Christ, without specifying the manner in which the incarnation has been realized».<br />

1 Cfr J. P. Farelly, The Origin of Marian Ecumenism and the Ecumenical Society of the Blessed Virgin Mary, Wallington, Surrey 1993; Papers studied<br />

and gathered into volumes edited by A. Stacpoole, Mary's Place in Christian Dialogue, New York 1982, Mary and the Churches, New York 1987,<br />

and Mary in Doctrine and Devotion, New York 1990; etiam J. De Satgt, Mary and the Christian Gospel, London 1976; M. O'Carroll, Theotokos: A<br />

Theological Encyclopaedia of the Blessed Virgin Mary, London 1984; and J. Macquarrie, Mary for all Christians, London 1991.<br />

40


della 33° settimana, 1° lettura, I Mccb 2, 15-29). Anche sui dialoghi sono stati formulati molti<br />

timori di infedeltà (cfr infra). Dobbiamo rinforzare i baluardi o dobbiamo rendere la casa più<br />

invitante, più ampia, con delle porte che si aprono meglio (cfr venerdì della 33° settimana, I Mccb<br />

4, 37). Vi sono porte che si possono ancora chiudere, ma annunziano quella casa-città dove i<br />

cancelli saranno sempre aperti di giorno le porte non saranno mai chiuse, e non ci sarà più notte<br />

(cfr Ap 21, 25). Potremo noi aggiungere altre stanze alte a questa casa? Potremo noi renderla del<br />

tutto accogliente? Non è forse vero che pur di difenderla meglio, siamo talvolta tentati a rendere<br />

questa casa sempre meno accogliente ed accessibile? E Marco aggiunge qualcosa che acquista<br />

rilievo in questa luce: rivolto ai discepoli a ciascuno ha dato un incarico (Mc 13, 34) e questo lo<br />

dico a voi e a tutti!! (Mc 13, 37). Anche qui si anticipano i tempi e si guarda lontano<br />

V<br />

DAI DUBBI E TIMORI CHE IL DIALOGO HA SUSCITATO FINO AI<br />

FONDAMENTALISMI. GLI OSTACOLI NEL DIALOGO STESSO E<br />

LA METODOLOGIA ORGANICA DELLA GERARCHIA DELLE<br />

VERITÀ<br />

Gli intralci al <strong>dialogo</strong> non si dimostrano essere principalmente delle debolezze o delle<br />

imperfezioni nel processo organico stesso del <strong>dialogo</strong>. Si possono persino perfezionare tutte le<br />

procedure formali di un <strong>dialogo</strong> senza arrivare ad un suo traguardo d intento. Due sono i scogli per<br />

un atteggiamento dialogale: rifiutare di superare il monologo e mancare di lealtà verso la propria<br />

Chiesa a nome di una erronea apertura mentale di cui ci si gloria 1 .<br />

L ARGOMENTO RICORRENTE DEL RELATIVISMO<br />

Avviando il cammino dialogale si temeva il relativismo religioso nel <strong>dialogo</strong> 2 , o che la<br />

Chiesa fosse ignorata o trascurata in esso 3 , o persino il trionfo dell'ateismo 4 . Ma appare più<br />

ambiguo il richiamo odierno verso una certa 'cultualità' formale ed intoccabile in campo religioso,<br />

vissuta come ripiegamento 5 di fronte alla fatica del sapere umano 6 . O, avvicinandosi alla fine del<br />

millennio 7 , subentra un tipo di religione-fuga 8 , non una 'invasione' indebita del religioso ma una<br />

'molla conformista', percepibile persino nel processo comunicativo 9 . Si era temuto l'eclectismo 10<br />

con la perdita d identità delle proprie comunità, ma riaffiorò poi il malinteso peggiore delle etnie:<br />

crogiuolo ripiegato per l'azione umana, illusione di superare il 'mito' razziale 11 , rigetto delle<br />

diversità etnico-culturali 12 . Si individueranno, ovviamente, alcuni rischi del <strong>dialogo</strong> tra cui<br />

l intento prioritariamente soggettivo nell impostare e prospettare l iter dialogale 13 .<br />

1 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 472; SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions<br />

concernant le dialogue oecuménique, in «Information service», 1970 nº 2, p. 8.<br />

2 Paolo VI, Litterae enciclicae "Ecclesiam suam", Città del vaticano 1964 / in «Acta Apostolicae Sedis» 1964, p. 631; W.A. Vissert' Hooft, Hat die<br />

Ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 162.<br />

3 Arch. Kyrill, The Ecology of the Spirit, (EUROPEAN ECUMENICAL ASSEMBLY PEACE WITH JUSTICE), Basel 1989, polyc., pp. 5-6.<br />

4 Paolo VI, Litterae enciclicae "Ecclesiam suam", Città del vaticano 1964 / in «Acta Apostolicae Sedis» 1964, pp. 652-653.<br />

5 R. Ruyer, Dieu des religions, Dieu de la science, Paris 1970, pp. 223-224.<br />

6 P. Teilhard de Chardin, Science et Christ, Paris 1965, pp. 132-133.<br />

7 P. Teilhard de Chardin, Les directions de l'avenir, Paris 1973, p. 31.<br />

8 P. de Béthune, Les rencontres avec l'Orient en Europe: Responsabilités des chrétiens confrontés aux méthodes orientales, in «Bulletin du Secrétariat<br />

pour les non-chrétiens», 1984 nº 55, pp. 74-75.<br />

9 J. Cazeneuve, L'homme téléspectateur, Paris 1974, p. 74; L. De Heusch, Introduction à une ritologie générale (II), in AA. VV., Pour une<br />

anthropologie fondamentale, vol. 3, Paris 1974, p. 232.<br />

10 W.A. Vissert' Hooft, Hat die Ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 162.<br />

11 M. F. A. Montagu, La razza, analisi di un mito, Torino 1966, pp. 369-370.<br />

12 C. Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino 1967, pp. 104-105.<br />

13 W. Visser t'Hooft, Hat die ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 162: «Ich nenne an erster Stelle den<br />

Dialog, der davon ausgeht, daß jede Religion wesentlich eine Angelegenheit subjektiver Erfahrung ist. Jeder suche für sich selbst, welche Spiritualität<br />

ihm am besten paßt. Wie jeder auf dem Gebiet der Literatur und der Kunst auswählt und ausmacht, wo er die besten Anregungen findet, so auch auf<br />

41


I FONDAMENTALISMI NEL LORO TERRORE PER IL DIALOGO<br />

Si è preso atto che una delle forme di rifiuto del <strong>dialogo</strong> si radica nei fondamentalismi vari. <strong>Il</strong><br />

fondamentalismo appare si dice- come una ricerca di salvaguardia dei punti di riferimento basilari,<br />

messi in questione dalla modernità , esprimendosi in un confronto apocalittico di conflitto finale<br />

semplificato tra due mondi opposti (ed evacuando così la meditazione escatologica sul Messaggio<br />

ricevuto) 1 . Ma si parla anche di un fondamentalismo nell ambito della convivenza umana,<br />

particolarmente oggi nel contesto della globalizzazione a tutto campo: esso viene chiamato<br />

fondamentalismo del mercato (mercato globale dell informazione) 2 . Si è tentato a livello<br />

cristiano- di caratterizzare i fondamentalisti cattolici uniati come zelanti , cercando di addolcire<br />

la conflittualità con questa terminologia diplomatica un po ristretta 3 . <strong>Il</strong> fondamentalismo<br />

evangelico si centra su alcuni nodi ineludibili: ispirazione verbale della Scrittura, la divinità di<br />

Cristo, l opera unica del Salvatore, la risurrezione corporale di Gesù, la seconda venuta di Gesù<br />

Cristo 4 . Per quest ultimo punto, vi sono condizioni sine qua non<br />

42<br />

per il ritorno<br />

ultimo nell'affresco apocalittico : e. g. l esistenza di Israele come Stato 5 . Più recentemente nel<br />

2007, una preoccupazione matura dal di dentro dei nuclei fondamentalisti riguardo alla qualità<br />

stessa della loro testimonianza (cfr in una certa visuale Battista) 6 . L isolamento complessivo,<br />

dovuto all esclusione violenta nella convivenza umana, genera il fondamentalismo culturale (con<br />

tutte le implicanze religiose) che sfocia sull integralismo e l integrismo complessivo nel rifiuto di<br />

qualsiasi <strong>dialogo</strong> 7 .<br />

religiösem Gebiet. Solcher Eklektizismus ist heutezutage viel vorhanden, wobei Yoga und Zen, Reisen zu Ashrams und Interesse für esoterische<br />

Mystik sich abwechseln. Der Dialog ist in diesem Fall ein Versuch, sich an den Einsichten und der geistlichen Technik des Partners zu bereichern».<br />

1<br />

Th. Stransky, Protestant and Catholic Fundamentalists. A Case Study: Political Zionism and the State of Israel, in «Centro pro unione», 1998 nº 52,<br />

p. 4.<br />

2<br />

Br. Geremek, Unis par la nécessité d agir pour le bien de 1 homme, in «La documentation catholique», 2002 nº 2279, pp. 919-920: «La<br />

mondialisation est le trait principal de La nouvelle situation, les corporations et les organisations financières supranationales définissent le rythme de<br />

l économie du monde. La mondialisation crée certainement de nouvelles chances pour l économie mondiale grâce à laffermissement de<br />

l interdépendance à l échelle du globe et à la stimulation du développement des technologies et des mécanismes financiers. Mais elle manque toujours<br />

d un horizon éthique necessaire pour qu elle ne soit pas contestée et pour qu elle puisse survivre à ses premiers succès. Si nous attendons que les<br />

chances offertes par la mondialisation soient mises au profit de l humanité, elle devrait s accompagner d une recherche de la distribution plus juste<br />

des richesses<br />

en particulier entre le Nord et le Sud. Certaines structures d orientation et des mécanismes de négociation devraient trouver leur place<br />

dans le processus de mondialisation pour faire face a la tentation de ce qu on a appele le «fondamentalisme du marche». La mondialisation nécessite<br />

une dimension politique et une politique globale digne de ce nom doit contribuer a la naissance d une communauté internationale ou globale».<br />

3 Cfr la risposta strategico-tattica, in G. Valente, <strong>Il</strong> Papa a Mosca. Intervista con il cardinale W. Kasper, in «30 Giorni», 2002 n° 2, p. 20: «Ci sono<br />

anche singoli "zelanti", nella nostra Chiesa, come nelle altre. Ma questa non è la strategia della Santa Sede, e neanche dei vescovi cattolici in Russia.<br />

Nessuno accarezza disegni d'espansione. Abbiamo una presenza cattolica cosi proporzionalmente esigua in quel grande Paese... Piuttosto, la<br />

sospensione dei rapporti tra il Patriarcato e la Santa Sede può favorire proprio i gruppi di zelanti, confermandoli nell'idea che il <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> è<br />

inutile e che bisogna portare avanti i propni progetti, senza inutili concertazioni. Mentre un <strong>dialogo</strong> aperto col Patriarcato di Mosca potrebbe anche<br />

salutare a canalizzare meglio, e in espressioni più caute e rispettose. Le energie di questi gruppi, spesso animati da un entusiasmo in sé positivo<br />

Monsignor Kondrusiewicz è cittadino russo (cfr la differenza con G. Cardinale, Ricostruzioni. I rapporti tra Roma e Mosca dall inizio dell anno,<br />

ibidem, p. 22, e la sprezzante dichiarazione dello stesso arcivescovo basteranno «tre o quattro mesi» per tornare alla normalità , ibidem, p. 24)».<br />

4 Th. Stransky, Protestant and Catholic Fundamentalists. A Case Study: Political Zionism and the State of Israel, in «Centro pro unione», 1998 nº 52,<br />

pp. 5-6.<br />

5 Th. Stransky, Protestant and Catholic Fundamentalists. A Case Study: Political Zionism and the State of Israel, in «Centro pro unione», 1998 nº 52,<br />

pp. 7-9.<br />

6 C. Hansen, The Crisis of Modern Fundamentalism. Defections threaten a proud movement, in «Christianity Today», October 30, 2007, etiam in<br />

«Internet» 2007, http://www.christianitytoday.com/ct/2007/octoberweb-only/143-52.0.html#related: «Fundamentalism is still with us, though you<br />

won't hear many evangelicals talk about it. Not so with the fundamentalists, who worry about a growing number within their ranks who have<br />

wandered toward evangelicalism. A 2005 survey released on the popular fundamentalist blog SharperIron "revealed that many in the newest<br />

generation of fundamentalist leadership were still committed to fundamentalist theology but uncomfortable with some of the more extreme positions<br />

on secondary separation, association, worship music, extra-biblical standards, and other issues." A resolution approved during the 2004 annual<br />

meeting of the Fundamental Baptist Fellowship International (FBFI) revealed the concern of fundamentalist leaders. They urged "young men to reject<br />

any temptation to lower biblical standards in order to gain acceptance of those in the world or among theologically accommodating Christian<br />

movements." According to Tim Baylor, reared in fundamentalism but now attending an evangelical seminary, "Militancy is at an all-time-low in<br />

Fundamentalism, and Fundamentalists are looking for someone to blame."».<br />

7 G. Y. Boscán, Dialogo tra le identità culturali nei processi di globalizzazione, in UNESCO<br />

CENTRE DE RECHERCHE JACQUES<br />

MARITAIN , Comunicazione e politiche interculturali per il <strong>dialogo</strong> e la pace, Roma 2000, p. 16: «In primo luogo, denunciamo le difficoltà del<br />

<strong>dialogo</strong> a causa dei rischi impliciti nei processi di globalizzazione. A nostro avviso, i più gravi sono due: primo, la tentazione di ripiegamenti<br />

disordinati delle identità culturali su se stesse, con l'isolamento o la chiusura socio-culturale e la produzione di tutte le forme collettive di rifiuto e di<br />

paura dell'altro. In secondo luogo, la tendenza alla omogenizzazione dei modi di informazione e di consumo che veicolano i processi globalizzanti a<br />

danno della diversità. Analizziamo in dettaglio queste due fenomeni. <strong>Il</strong> ripiegamento delle identità culturali, contrario alla loro naturale propensione<br />

ad espandersi e ad integrarsi, favorisce l'isolamento, alimenta le forme collettive più estreme di paura e di rifiuto dell'altro, sotto la modalità mentale<br />

dell'integralismo e, in certi casi, anche del fondamentalismo (1). Si chiudono le frontiere culturali e si regredisce o si riaffeninano in modo smisurato<br />

le tradizioni del passato. Si esalta il tribalismo e le paure irrazionali nei confronti dell'altro, che sconfinano nella xenofobia. In alcune società la


IL DIALOGO INDIFESO NELLA SPIRALE DELLA CONFLITTUALITÀ UMANA E DI<br />

FRONTE ALLA POSSIBILE FALSIFICAZIONE DEGLI INTENTI DEL DIALOGO<br />

Dal <strong>dialogo</strong>, la disumanità maggiore appare come sete di potere 1 . In questo senso il <strong>dialogo</strong><br />

2<br />

diventa davvero conversione , o cioè passaggio nel <strong>quale</strong> l umano lascia la sua chiusura<br />

disumana . Nel quadro così tragico della situazione dell Irlanda del Nord, si incoraggiava ad un<br />

discernimento per non confondere contrasti umani e allontanamenti cristiani mutui a causa della<br />

fede 3 . Per arrivare a un reale <strong>dialogo</strong>, occorre una particolare maturità e certezza, nella verità<br />

professata dalla Chiesa, specialmente da parte dei teologi interessati al <strong>dialogo</strong> comune 4 . I<br />

principali ostacoli al <strong>dialogo</strong> di franchezza lungimirante sonoinoltre l istinto di corporalismo, la<br />

riduzione delle convinzioni di fede a loro livello sociologico 5 . Eppure, si nota anche che il <strong>dialogo</strong><br />

rischia talvolta di portare ad un indurimento delle proprie posizioni e della auto-giustificazione 6 .<br />

UN CHIARIMENTO SULLA METODOLOGIA DIALOGALE: L'INTENTO DELLA<br />

'GERARCHIA' DELLE VERITÀ O CENTRALITÀ EVANGELICA O L ANALOGIA DI FEDE<br />

O LA TRADIZIONE VIVA<br />

Come uscire dal continuo rischio di adoperare la verità e le verità come giustificazione per<br />

escludere qualsiasi <strong>dialogo</strong>? <strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong> unico ha dovuto lasciarsi penetrare<br />

dall esperienza sempre precaria del percorso dialogale per discernere una via ed una metodologia<br />

organica di reciproco approfondimento delle verità nella prassi del <strong>dialogo</strong>. L'articolazione<br />

organica dei dogmi significa che alcuni dogmi hanno "la loro ragion d'essere in altri" 7 . Perciò, si<br />

parlerà della 'centralità evangelica' -Cristo- che dà la loro ragion d'essere a tutte le espressioni di<br />

mentalità integralista viene manipolata da demagoghi autocratici d'ufficio o politici privi di morale, per scatenare processi sociali di vendetta o di<br />

rappresaglia con fini inconfessabili, generalmente di concentrazione autoritaria del potere».<br />

(1) <strong>Il</strong> termine integralismo viene spesso usato con significati che vanno molto oltre la sua etimologia e si riveste, pertanto, di connotazioni diverse.<br />

Noi lo usiamo, in questo caso, con un senso negativo e di denuncia di quelli che rifiutano l'accettazione di una visione aperta del mondo e del <strong>dialogo</strong><br />

con il proprio tempo, considerandolo contaminante e deformante della fisionomia sociale, suppostamente, tradizionale e immodificabile. Per quanto<br />

riguarda il termine fondamenlalismo lo usiamo nel testo per indicare un tipo di mentalità religiosa che rifiuta qualsiasi <strong>dialogo</strong> con l'altro o con la<br />

società circostante, quando questo <strong>dialogo</strong> sembra supporre un compromesso con la società stessa accettando con essa certi nischi e acquisizioni<br />

nuove. Per estensione il termine viene usato per connotare le mentalità e le posizioni che si rifanno ai principi e alle tradizioni originarie e fondanti<br />

delle società». (Cfr Dizionario delle idee politiche. Direttore da Enrico Berti e Giorgio Campanini). Editrice AVE, Roma, 1993, p.p. 399-402).<br />

1<br />

Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 182.<br />

2<br />

P. Lengsfeld, Macht als Factor in ökumenischen Prozesses, in «Una Sancta», 1973 nº 3, S. 239; cfr L. Sartori, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, in<br />

«Oikumenikon», 1970 nº 4, p. 37.<br />

3<br />

Giovanni Paolo II, Omelia presso Drogheda - Viaggio in Irlanda (29 settembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano<br />

1979, vol. 2, p. 425: «Questo atto veramente fraterno ed <strong>ecumenico</strong> da parte dei rappresentanti delle Chiese è anche una testimonianza che i tragici<br />

eventi, che hanno luogo nell'Irlanda del Nord, non hanno la loro sorgente nel fatto di appartenere essi a differenti Chiese e confessioni. Nonostante ciò<br />

che si ripete così spesso di fronte all'opinione mondiale, non si tratta di una guerra di religione, di una lotta tra cattolici e protestanti. Al contrario,<br />

cattolici e protestanti, come persone che confessano Cristo, traendo ispirazione dalla fede e dal Vangelo, cercano di avvicinarsi gli uni agli altri<br />

nell'unità e nella pace. Quand'essi ricordano il più grande comandamento di Cristo, il comandamento dell'amore, non possono comportarsi<br />

diversamente».<br />

4<br />

Giovanni Paolo II, Discorso «Ai collaboratori nel governo centrale», (28 giugno), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano<br />

1980, vol. 1, p. 1892: «L'autentico <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> esige perciò da parte dei teologi una particolare maturità e certezza nella verità professata dalla<br />

Chiesa, esige una loro particolare fedeltà all'insegnamento del Magistero. Soltanto mediante un tale <strong>dialogo</strong> "l'ecumenismo, questa grande eredità del<br />

Concilio può diventare una realtà sempre più matura, cioè soltanto sulla via di un grande impegno della Chiesa ispirato dalla certezza della fede e da<br />

una fiducia nella forza di Cristo, nelle quali, fin dal principio, si sono distinti i pionieri di questa opera" (Lettera ai vescovi tedeschi, 22 maggio 1980).<br />

In tale sforzo ci basiamo unicamente sulla dottrina del Concilio e vogliamo avverare le parole programmatiche del suo decreto sull'Ecumenismo:<br />

"Unitatis Redintegratio", il "ristabilimento dell'unità"».<br />

5<br />

Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 182: «Im Grunde sind die großen Feinde des Dialogs: das<br />

Machtbewußtsein, Korpsgeist, die Reduzierung der Überzeugungen auf eine soziologische Wirklichkeit. Von daher verteidigt man sich, von daher<br />

greift man an; der andere ist ein Feind, eine Gefahr, oder man muß ihn besiegen und zur eigenen Stellung herüberziehen. Umgekehrt ist die Achtung<br />

des anderen in seiner Andersartigkeit , die Achtung seiner Freiheit die grundlegende Bedingung für den Dialog. Bis zu Johannes XXIII und dem<br />

Konzil haben viele Menschen nicht wirklich geglaubt, daß der Dialog mit der katholischen Kirche möglich sei, denn sie verdächtigten sie der<br />

Intoleranz, wenn nicht irn Bereich der Tatsachen, so doch zumindest auf der Ebene ihrer Prinzipien».<br />

6<br />

K. Raiser, The Nature and Purpose of Ecumenical Dialogue, in «The Ecumenical Review», July, 2000,: «There is an additional reason for<br />

reopening the question of ecumenical dialogue. In several instances it seems that the dialogues have revitalized confessional identity and selfconfidence,<br />

with the consequence that the results of ecumenical dialogue are being evaluated against the background of the official doctrinal positions<br />

of the separated churches, questioning the validity of the agreements reached. Expectations placed by the faithful in many of the churches in the<br />

ability of ecumenical dialogue to heal the divisions have been disappointed. It is therefore necessary to clarify the aims, the methodologies and the<br />

criteria used in evaluating the results of ecumenical dialogue».<br />

7<br />

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione "Mysterium Ecclesiae", in Acta Apostolicae Sedis , 1973, p. 667.<br />

43


fede 1 . <strong>Il</strong> 'centro' di questa 'gerarchia' non è -però- 'Cristo' nella Sua sagoma percepibile (cfr infra)<br />

ma 'il mistero di Cristo' 2 . I nostri fratelli metodisti parleranno, nello stesso senso, di analogia di<br />

fede tra le maggiori dottrine della Chiesa 3 . <strong>Il</strong> mistero di Cristo rimanda all''unico mistero' divino. <strong>Il</strong><br />

mistero di Cristo è la rivelazione dell'amore del Padre nello Spirito Santo 4 . La tradizione ecclesiale<br />

conosce altri modi di indicare questa 'gerarchia', come le 'verità da credere "direttamente" o<br />

"indirettamente"' 5 . Si è fatto notare che sono spesso gli aspetti periferici che creano più difficoltà<br />

per il <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>. Con una visione più organicamente ordinata, si potrà evitare il<br />

'massimalismo' dogmatico che intralcia ogni tentativo di riconciliazione 6 . Vi è una 'gerarchia delle<br />

verità' in senso 'negativo' e in senso 'positivo'. La prima consiste a non enfatizzare iperbolicamente<br />

delle verità derivate dalle sorgenti fondamentali della fede, al punto di farle sembrare più<br />

'importanti' che l'intuito originario stesso. La gerarchia delle verità in senso positivo consiste<br />

nell'impostare una 'lettura comune' delle sorgenti ecumeniche della fede. Si tratta di istaurare una<br />

'lettura ecumenica' e di una 'lettura dei testi ecumenici' in modo da superare senza demonizzare le<br />

differenze non 'essenziali' che ci caratterizzano 7 . Si tratta di una attuazione -contestualizzata oggidella<br />

'lectio divina' nota nella tradizione della nostra Chiesa 8 . Ovviamente, questa lectio divina e<br />

lectio continua sorge dalla lectio divina della Parola, come vera lettura spirituale comune, di cui<br />

la pastorale stessa avverte l intensa richiesta da parte del popolo di Dio 9 . Si tratterà di una lettura<br />

ecumenica della Bibbia , via nevralgica della testimonianza comune e superamento del<br />

10<br />

fondamentalismo nelle forme talvolta unilaterali della nuova evangelizzazione .<br />

RINCHIUDERE TUTTO NEL SOLO CRISTO<br />

44<br />

E CRISTO SOLO ?<br />

Eppure, un esagerato e formale riferimento alla sola dimensione cristologica rischia di<br />

indurire in affermazioni intransigenti ciò che è buona novella 11 . Perciò, il 'Soggetto' operante del<br />

<strong>dialogo</strong> è sempre lo Spirito Santo nelle Chiese e in noi 12 . Anzi, occorrerà tenere conto delle<br />

premesse del <strong>dialogo</strong> nell'esperienza umana resa vulnerabile 13 , dall'esperienza della divisione al di<br />

dentro di noi a quella dell'incontro (dalla nostra comune appartenenza malgrado i strappi e ferite<br />

degli allontanamenti). Dialogare sarà, dunque, cogliere insieme l'unico mistero che si rivela nei<br />

condizionamenti della storia 14 . Non si tratterà di Cristo 'sempre identico a se stesso' ma il mistero di<br />

Cristo 'pienamente esplicitato' 15 . La ricerca teologica ecumenica tenterà una de-cristallizzazione del<br />

1<br />

LUTHERISCH - RÖMISCH KATHOLISCHER DIALOG, Bericht Evangelium und Kirche, in Lutherische Rundschau , 1972 n 3, n` 25-26; H.<br />

Fries, Ökumenischer Dialog nach dem Konzil, in Una Sancta , 1966 n 2, S. 220 ss; idem, Das Gespräch mit den evangelischen Christen, Stuttgart<br />

1961, S. 143 ss.<br />

2<br />

GROUPE MIXTE DE TRAVAIL ENTRE L'EGLISE CATHOLIQUE ROMAINE ET LE CONSEIL OECUMENIQUE DES EGLISES, La notion<br />

de hiérarchie des vérités - interprétation oecuménique, in Information service , 1990 n 74, pp. 87 n 14-16.<br />

3<br />

ROMAN CATHOLIC / METHODIST INTERNATIONAL COMMISSION, The apostolic Tradition, in Information Service , 1991 n 78, p. 217<br />

n 36.<br />

4<br />

GROUPE MIXTE DE TRAVAIL ENTRE L'EGLISE CATHOLIQUE ROMAINE ET LE CONSEIL OECUMENIQUE DES EGLISES, La notion<br />

de hiérarchie des vérités - interprétation oecuménique, in Information service , 1990 n 74, pp. 89 n 29.<br />

5<br />

Thomas Aquinas, Summa theologica, Brugis 1928, I, 32, 4.<br />

6<br />

S. Bulgakov, Voies pour la réunion de l'Eglise, in Istina , 1969, n 2, pp. 238-239<br />

7<br />

L. F. Fuchs, The Reading of Ecumenical Texts, in Centro pro Unione , 1994 n 46, pp. 3-5.<br />

8<br />

L. F. Fuchs, The Reading of Ecumenical Texts, in Centro pro Unione , 1994 n 46, p. 5.<br />

9<br />

C. M. Martini, The pastoral Practice of Lectio Divina , in Information Service , 1990 n 77, pp. 55-60.<br />

10<br />

Cfr L. Feldkämpfer, 25 Years Dei Verbum and the Catholic biblical Federation, in Information Service , 1990 n 77, p.62.<br />

11<br />

P. Evdokimov, Esprit Saint et prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Taizé 1972, pp. 20-21: «Le christocentrisme excessif culmine<br />

dans un durcissement théologique et rétrécit les dimensions du dialogue. Une plus grande souplesse ne peut vernir que de l'équilibre trinitaire. C est<br />

en remontant à la Source abyssale de l'unité tri-personnelle qu'on dépasse les limitations des systèmes théologiques viciés par leur centrisme<br />

unilatéral. Une théologie correcte de l'Esprit Saint conduit des lieux de naufrage vers la haute mer de la philanthropie du Père et de la prière<br />

dominicale. Mais prier avec l'Esprit saint c'est conférer aux mêmes paroles habituelles son souffle eschatologique qui porte «en avant» et c'est la<br />

sanctification du Nom qui requiert l'attitude des confesseurs-martyrs -c'est l attente du Royaume-Esprit Saint (l'épiclèse eschatologique qui, de ce<br />

monde, fait «une nouvelle terre»), c'est l'accord final des volontés du Père et des hommes (sur la terre comme au ciel), c'est la demande si poignante<br />

du pain vraiment substantiel» car eucharistique, seul soutien dans l aridité des temps derniers, c'est le pressentiment de la tentation ultime, redoutable<br />

même pour les saints et enfin la doxologie dont l'ampleur remplit les cieux et anticipe déjà le Royaurne».<br />

12<br />

Cfr Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in Kerygma und Dogma , 1966 n° 3.<br />

13<br />

Cfr M. Buber, <strong>Il</strong> principio dialogico e altri saggi, Cisinello Balsamo, 1994; A. Rigobello, Una giustificazione storica e teoretica al <strong>dialogo</strong>, in<br />

«L'Osservatore romano», 8/6/1994, p. 8.<br />

14<br />

JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 n° 4, p. 473.<br />

15<br />

P. Teilhard de Chardin, Science et Christ, Paris 1965, p. 254.


iferimento a Cristo. Colpisce comunque la dimensione prettamente cristocentrica della<br />

accentuazione riguardo alla 'continua riforma' 1 , al punto di poter temere un certo "Cristomonismo"<br />

tipico delle varie tradizioni occidentali 2 . Persino nel richiamo alla priorità ecumenica per la Chiesa<br />

romana oggi, il riferimento esclusivo a Cristo (Redentore, con il punto fermo della vittimizzazione<br />

sulla 'croce') diventa quasi un ritornello 3 . Certi documenti di convergenza tentano di ri-equilibrare<br />

questo approccio 4 . Ed, altrettanto occidentalmente, si arriverà ad una particolare accentuazione di<br />

"carismomonismo" isolando l'esperienza dei doni dello Spirito nei movimenti carismatici e<br />

pentecostali 5 . Si è detto che la 'cristocentrizzazione' dei dialoghi ha indurito e ristretto l'orizzonte<br />

della comune esplorazione del mistero 6 . La via di trasparenza dialogica segue il confronto:<br />

pienamente in Cristo e pienamente verso l'altro. Da una più ampia comprensione del in Cristo<br />

sorge una apertura ulteriore verso l altro in senso non solo cristiano ma anche a livello<br />

dell incontro tra le religioni dell umanità. Occorrerà -secondo gli osservatori impegnati nella ricerca<br />

dialogica- un ripensamento della stessa cristologia nel senso dell accoglienza divina della piena<br />

alterità 7 . Si praticherà piuttosto l'interrogarsi a vicenda che il rispondersi nell'auto-giustificazione e<br />

nell'auto-affermazione 8 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> è via di de-possessione di cui la kenosis stessa di Cristo ci è da<br />

anticipazione. Tale sarà la via della scommessa ecumenica. Non si identificano semplicemente il<br />

Gesù storico con il Cristo della fede 9 . Nel <strong>dialogo</strong> inter-religioso, si spingerà oltre questa chiave di<br />

superamento del cristomonismo tramite la metodologia dell antinomia nella meditazione sul<br />

mistero. <strong>Il</strong> Cristo storico è il nome simbolico del mistero riconosciuto tale dai cristiani, che altre<br />

religioni riconoscono con altri simboli e che non va identificato soltanto con il Cristo 10 .<br />

Singolarizzare nel simbolo sarebbe monismo , separare in simboli segregati sarebbe dualismo,<br />

queste due posizioni si superano nell antinomia dell advaita : né lo stesso né diverso 11 . Questo<br />

paradosso o questa antinomia ci porta alla Trinità 12 . L antinomia è che si tratta e di nomi diversi e<br />

dello stesso mistero 13 . Ciò implica che nessuna religione può pretendere di possedere<br />

esclusivamente o di avere l esclusiva del mistero divino, ma deve de-possedersi del deposito<br />

rivelato in essa in una kenosis di cui il Gesù storico ci ha dato l esempio. La tensione dialogale è<br />

1 Vedere G. Cereti, <strong>Il</strong> concetto di riforma proprio del Vaticano II, in idem, Riforma della Chiesa e unità dei cristiani, Verona 1984, pp. 224-247, e ss.<br />

248-272.<br />

2 Y. Congar, Pneumatologie ou 'christomonisme' dans la tradition latine?, in AA. VV., Ecclesia a Spiritu Sancto edocta, Mélanges G. Philips,<br />

Gembloux 1970, pp. 41-83.<br />

3 Appare emblematico l'inizio dell'enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1995, n° 1-4, con il collegamento diretto tra Cristo-<br />

Redentore e Vescovo di Roma-Successore di Pietro, sul sottofondo del riferimento alla 'verità', che acquista tutta la sua pesantezza alla luce degli altri<br />

documenti di questo pontificato. Né Spirito Santo, né Popolo di Dio, sembrano doversi evocare in un tale avvio introduttivo del testo; altrettanto<br />

emblematico appare l'integrazione forzata dell'oriente cristiano nella formula ritualmente sacrificale dell'occidente "ne evacuatur crux" con il<br />

riferimento alla 'nuova evangelizzazione' (vedere supra il paragrafo su questo tema), senza il minimo accenno a ciò che l'oriente ci propone come<br />

'annientamento kenotico' nel mistero della Croce di Cristo, superando ogni vittimistico cristocentrismo, nella enciclica dello stesso Papa, Orientale<br />

lumen, Città del Vaticano 1995, n° 3.<br />

4 COMMISSION INTERNATIONALE LUTHERIENNE - CATHOLIQUE, La compréhension de l Eglise à la lumière de la justification, in «La<br />

documentation catholique», 1994 n° 2101, pp. 813-814 n° 10-12.<br />

5 (Meglio che 'pneumatomonismo', visto che i vari movimenti carismatici, di rinnovamento nello Spirito o pentecostali, mantengono una stessa<br />

elementarietà dottrinale molto vicina -a livello della spontaneità individuale- al Cristomonismo istituzionale).<br />

6 P. Evdokimov, Esprit Saint et prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Taizé 1972, pp. 19-21.<br />

7 G. Ruggieri, Urgenze della storia e profezia ecumenica, in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, p. 51.<br />

8 Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 n° 3, S. 181.<br />

9 R. Panikkar, A Christophany for our times, p. 9.<br />

10 R. Panikkar, The Intrareligious Dialogue, p. 22: «the ever transcending but equally ever humanly immanent mystery»; R. Panikkar, Faith and<br />

Belief: On the Multireligious Experience, p. 15: «(The mystery) also momentously unveils itself in Christ in the last days that is, with special<br />

historical amplitude»; R. Panikkar, A Christophany for our times, p. 7: «(The historic Christ) is human and divine without confusion of spheres of<br />

being and yet without any rupture whatsoever»; R. Panikkar, The Intrareligious Dialogue, p 20: «Mystery whom Christians recognize in Christ and<br />

other religions in other symbols present and at work in every religion, usually in a dark and enigmatic way»; cfr etiam R. Panikkar, Neither<br />

Christomonism nor Christodualism, in. «Jeevadhara», 1994 nº 142, p. 338.<br />

11<br />

Cfr R. Panikkar. Indian Christian Theology, in «Jeevadhara», 1997 nº 161, p. 320; R. Panikkar, Neither Christomonism nor Christodualism, in.<br />

«Jeevadhara», 1994 nº 142, p.338: «To affirm that there may be many Christs is not convincing for me nor, I would submit, for any orthodox<br />

Christian. To affirm that there is only one Christ (about whom we, at least, know his true" name) would amount to an equally unacceptable<br />

christomonism. Here is the christian theological locus for advaita - and for the indic contribution to a more adequate wisdom for our times»; R.<br />

Panikkar, The Unknown Christ of Hinduism (Completely revised and enlarged Edition), New York 1981, pp. 23-24.<br />

12<br />

R. Panikkar, The Unknown Christ of Hinduism (Completely revised and enlarged Edition), New York 1981, p 24.<br />

13<br />

R. Panikkar, Neither Christomonism nor Christodualism, in. «Jeevadhara», 1994 nº 142, p. 337: «"The Unknown Christ of Hinduism" is not<br />

another Christ, and yet it is not the same Christ Christians know. It is unknown to them - and known to the Hindus under other names, aspects and<br />

dimensions of that mystery for which the Christian has no other name than Christ. So I am not saying that the Hindu Christ is the 'same' as the<br />

Christian Christ." I am defending that, that Mystery, which the Christian cannot but call Christ, has aspects, manifestations, attributes, and what not,<br />

unknown to the Christian, that other people, believe are' "revealed" to them and for which they give different names».<br />

45


tensione comune 'verso' la verità radicale 1 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> sorge da ciò che l'Incarnazione stessa è stata<br />

in Dio verso di noi: promessa di libertà nell'Amore. Colpisce la dimensione talvolta prettamente<br />

cristocentrica della accentuazione riguardo alla 'continua riforma' 2 , al punto di poter temere una<br />

certa ristrettezza tipica delle tradizioni occidentali 3 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> avrà pertanto- come esito vitale, al<br />

di là dei risultati a breve scadenza riguardo alla vita ecclesiale riconciliata, di guidarci nella ulteriore<br />

esplorazione del mistero di Cristo con una tacita promessa di liberarla da ogni ristrettezza o da ogni<br />

miopia spirituale (cfr infra).<br />

FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: DI FRONTE ALLO STATUS QUO<br />

L INTENTO PROFETICO SARÀ DI CONSOLARE IL MIO POPOLO E DI APPIANARE LE<br />

VIE AFFINCHÉ IL REGNO DELLA VITA NUOVA NON SOFFRI VIOLENZA E LE CHIAVI<br />

DELLA CONOSCENZA NON SIANO BUTTATE VIA SENZA ENTRARVI<br />

La via del <strong>dialogo</strong> riceve un suo riferimento cristico nel profilo stesso che viene proposto<br />

riguardo all avvio del ministero pubblico di Gesù nel percorso liturgico delle domeniche nel loro<br />

cammino di maturazione della terna liturgica romana. <strong>Il</strong> preambolo nella conversione dalla figura<br />

di Giovanni il Battezzatore riceve tutto il suo significato nel mettere in risalto il modo di fare di<br />

Gesù. È forse la migliore focalizzazione sui dubbi possibili che il <strong>dialogo</strong> si apra eccessivamente e<br />

finisca col diluire la schietta specificità che ci mette da parte L evocazione spirituale della<br />

liturgia del Battesimo di Cristo nel anno liturgico C , evoca già nella testimonianza di Luca Gesù<br />

si fece battezzare con tutti quelli che venivano da Giovanni (cfr Lc 3, 15-22). Quel tranquillo<br />

inserimento nella novità della predicazione del Battista e sopra tutto il farsi battezzare con e alla<br />

pari di tutti gli altri colpiscono per la mite e dimessa presenza di Gesù. L evocazione liturgica di<br />

questa festa va poi inquadrata nell insegnamento attraverso le due altre letture di cui la prima<br />

prospetta il senso di ciò che succede nell evento del Battesimo di Gesù, con la parola di Isaia:<br />

consolate, consolate il mio popolo Appianate le vie, siano abbassate le montagne e colline .<br />

(cfr Is 1-11). Non si può non ricordare in questa linea la risposta della liturgia all interrogativo:<br />

qual è questa Chiesa che si sta rivelando dal Battesimo di Gesù: Beati voi (4° domenica del<br />

tempo ordinario (A), Vangelo (Mtt 5, 1-12)). Sarà per questi poveri in spirito, operatori di pace,<br />

miti, misericordiosi, cuori puri che si traccierà la via. <strong>Il</strong> Cristo si fa uguale a tutti nel battesimo e<br />

ciò ci ricorda la stessa parità che si riscontra nell avvio del <strong>dialogo</strong> di conversione. Sarà anche in<br />

questa semplice comunanza che si manifesta ulteriormente lo Spirito Santo che rende possibile di<br />

riconoscere Cristo (cfr Lc 3, 21-22). Nella seconda lettura l apostolo sottolinea che Dio ha scelto<br />

ciò che era debole nel mondo (non gli intelligentoni ed i potentissimi) per aprire il processo di<br />

compartecipazione, che offre ai battezzati in Cristo una rigenerazione di vita nuova (seconda lettura:<br />

Tit 2, 11-14; 3, 4-7). Fuori di questo si scivola verso un peso insostenibile invece di consolare il<br />

popolo ed appianare la via : il rifiuto di questa via può diventare violenza. La durezza del cuore può<br />

apparire nell avvio stesso del processo iniziato da Gesù da Giovanni Battista il Regno soffre<br />

violenza e i violenti si impadroniscono (Mtt 11, 12). Snaturando il modo di attuare, si snatura<br />

anche l offerta. <strong>Il</strong> rifiuto di aprirsi e di entrare in questo dimesso processo di conversione del cuore,<br />

come per il <strong>dialogo</strong> stesso va incontro all avvertimento del Maestro: sono state portate via le chiavi<br />

della conoscenza senza entrare ed ostacolando chi volesse entrare (cfr Lc 11, 52).<br />

B.<br />

LE SCOMMESSE DAL DIALOGO<br />

1<br />

W. A. Visser t Hooft, Heel de kerk voor heel de wereld, Utrecht 1968, p. 36.<br />

2<br />

Vedere G. Cereti, <strong>Il</strong> concetto di riforma proprio del Vaticano II, in idem, Riforma della Chiesa e unità dei cristiani, Verona 1984, pp. 224-247, e ss.<br />

248-272.<br />

3<br />

Y. Congar, Pneumatologie ou 'christomonisme' dans la tradition latine?, in AA. VV., Ecclesia a Spiritu Sancto edocta, Mélanges G. Philips,<br />

Gembloux 1970, pp. 41-83; . / S. Bulgakov,<br />

, 1945, . 280.<br />

46


La formula più volte ribadita che il <strong>dialogo</strong> non è fine a se stesso 1 - implica un discernimento<br />

su ciò che dal <strong>dialogo</strong> emerge verso il compimento del traguardo della riconciliazione piena tra le<br />

Chiese cristiane, ed oltre. L interrogativo sarà dunque: dove ci porta il <strong>dialogo</strong>? Dopo quattro<br />

decenni di <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, si avverte ulteriormente la necessità di un <strong>dialogo</strong> non solo di vita, di<br />

azione, teologico, spirituale, ma anche di scambio nelle esperienze religiose oltre i confini cristiani<br />

2<br />

. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong>-metodo-di-conversione viene prospettato ai suoi vari livelli di attuazione storica:<br />

conversione a Cristo nella dinamica ecumenica e conversione a Dio nel <strong>dialogo</strong> <strong>interreligioso</strong> (con<br />

riferimento prioritario ai fratelli-sorelle ebrei) 3 . Nel <strong>dialogo</strong>, la conversione stessa è nelle mani di<br />

Dio, al di là della testimonianza che si dà della propria adesione di fede (sia in senso cristiano, sia<br />

nell intento delle religioni dell umanità dalla strettoia ecclesiologica del ritorno in senso<br />

cristiano alla conversione-dal-paganesimo in senso <strong>interreligioso</strong>) 4 .<br />

I<br />

UN DILEMMA PER OGNI CHIESA: IL DIALOGO NELLA CHIESA<br />

O LA CHIESA NEL DIALOGO . IL DIALOGO DAL MISTERO<br />

DIVERSO DI DIO. FINO A QUALE SOGLIA E TRAGUARDO LE<br />

CHIESE SI TROVANO IMPEGNATE NEL MOVIMENTO<br />

ECUMENICO DAL DIALOGO, AL DILÀ DI SE STESSE<br />

Come situare il <strong>dialogo</strong> di conversione tra le Chiese oggi esistenti? La scommessa che si<br />

delinea, se diciamo le Chiese nel <strong>dialogo</strong> , è che intendiamo il <strong>dialogo</strong> come riferimento diretto al<br />

mistero dal <strong>quale</strong> ogni Chiesa storicamente costituita sorge. Dal <strong>dialogo</strong> di Dio con noi e di noi con<br />

Dio ed in Dio, si apre l ampia prospettiva di coinvolgimento delle Chiese. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> fa parlare le<br />

Chiese ma parla anche alle Chiese, le interpella 5 , aprendosi ad un poi che ritroverebbe i sogni<br />

iniziali della fede 6 . Si era chiarito che una Chiesa non possedeva un suo movimento <strong>ecumenico</strong> ma<br />

1<br />

SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 9 (nº 3): «Puisque le dialogue n'est pas une fin en lui-même, les groupes encore peu expérimentés devront veiller à ne pas choisir des<br />

sujets trop techniques. Le dialogue doit partir d'un désir légitime de connaissance mutuelle, d'un événement ou d'une situation. Ce n'est pas une<br />

discussion purement académique. Pour de tels sujets on devra faire appel à des experts qui apporteront l'information nécessaire. Mais, si les thèmes<br />

étaient trop techniques pour un groupe qui n'y est pas préparé, ou si l'on faisait habituellement appel à des spécialistes, on risquerait d'arrêter le<br />

dialogue parce que les participants n'auraient plus la possibilité de s'exprimer entre eux»; Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und<br />

Dogma», 1966 nº 3, S. 185-186: «d) Der Dialog hat seine eigene Dichte und Konsistenz, aber er ist nicht ein Ziel in sich. Sicherlich würde niemand<br />

behaupten wollen, daß er ein Ziel seil. Der ökumenische Rat der Kirchen selbst lehrt in seinem Text von Neu-Delhi über die Einheit, die wir<br />

suchen , etwas ganz anderes. Vielleicht ist das jedoch die Gefahr für ihn, daß er sich mit einer friedlichen Koexistenz begnügt, die gelegentlich in ein<br />

gemeinsames Zeugnis oder Handeln mündet? Vielleicht bestände einer der katholischen Beiträge darin, die Überwindung dieser erstarrten friedlichen<br />

Koexistenz zu erzwingen und die endgültige Frage nach der einen Kirche zu stellen, die sichtbar und organisch eine ist: nicht eine Interkommunion ,<br />

sondern eine Kommunion»; JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC<br />

CHURCH, On the Ecumenical Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 471.<br />

2<br />

J. D. Redington, Dialogue Today: A Certain Stubbornness, in «Internet» 2006, www.puffin.creighton.edu/jesuit/dialogue/documents/articles/<br />

redington_dwan_lecture.html: «In what ways do we dialogue, then? A formulation just over ten years old, but already becoming classic, suggests four<br />

ways: 4) the dialogue of religious experience, in which deeply believing partners share with and lead each other into the weighty matters of their<br />

religions by prayer, meditation, liturgy, silence, and so forth».<br />

3<br />

J. Dupuis, Dialogue interreligieux, in AA. VV., Dictionnaire de théologie fondamentale, Paris 1994, p. 263.<br />

4<br />

WORLD COUNCIL OF CHURCHES, TCDC, in «Bulletin of the Secretariate for non Christians», 1977 n° 36, p. 128: «e) Dialogue is a way of<br />

living with others. We were reminded of specific situations in which individuals of different faiths live in the same family. Here the relationship<br />

cannot be defined purely in terms of proclamation. Dialogue in this instance consists not only of entering with them into deeper relationships in life<br />

situations, but sometimes in raising our partners in intercession to God. Such living in itself constitutes our witness. Some among us felt that such<br />

wimess must lead us further to verbalize our faith and invite our partner to enter our community. There may be occasions in which each of the<br />

partners in dialogue may feel urged openly to invite the other to participate in his or her faith, be it Christian, Buddhist or Hindu. But the response to<br />

the witness is something that has be the initiative of the partner in dialogue. Some among us felt that conversion, when it takes place, is primarily to<br />

God and to a new relationship of love with the other and does not always imply the joining of any of the historical denominational churches as they<br />

now exist».<br />

5<br />

JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 471.<br />

6<br />

L.-J. Suenens, Pour l'Eglise de demain, Paris 1979, p. 81: «Peut-être un tel concile suppose-t-il une ouverture plus grande encore envers le souffle de<br />

l'Esprit. Avant tout, le dialogue de l'unité ne peut pas n'être qu'un dialogue entre Rome et Canterbury, entre Rome et Moscou, entre Rome et Istanbul,<br />

47


che le Chiese si inserivano nell unico movimento <strong>ecumenico</strong>. Vale questo ulteriormente per il<br />

<strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> e le sue scommesse? La conversione dialogale del cammino <strong>ecumenico</strong> non è<br />

più considerata problema individuale, ma problema ecclesiale di fondo, di rapporto con le Chiesa<br />

stesse e Cristo. <strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong> afferma che sono «le Chiese» ad essere soggetti del<br />

<strong>dialogo</strong> 1 . Esse sono soggetto nella misura in cui il <strong>dialogo</strong> istaura un loro rapporto di trasparenza<br />

con Cristo nello Spirito. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> «penetra» le Chiese trasversalmente. Esso porta le Chiese al dilà<br />

di se stesse nel loro rapporto con Cristo rivelando vie ulteriori del cammino e nuovi traguardi. <strong>Il</strong><br />

<strong>dialogo</strong> ha più a che vedere con il mistero della Chiesa che con le strutture assestate delle Chiese,<br />

che si trovano prese in un vortice che gli supera al dilà di ciò che potrebbero essere tentate di<br />

interpretare come centralità gerarchica e vertice ecclesiale ultimo. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong>-metodo-di-conversione<br />

viene prospettato ai suoi vari livelli di attuazione storica: conversione a Cristo nella dinamica<br />

ecumenica e conversione a Dio nel <strong>dialogo</strong> <strong>interreligioso</strong> (con riferimento prioritario ai fratelli<br />

ebrei) 2 . Nel <strong>dialogo</strong>, la conversione stessa è nelle mani di Dio, al di là della testimonianza che si<br />

dà della propria adesione di fede (sia in senso cristiano, sia nell intento delle religioni dell umanità<br />

dalla strettoia ecclesiologica del ritorno in senso cristiano alla conversione-dal-paganesimo in<br />

senso <strong>interreligioso</strong>) 3 .<br />

NON C È DIALOGO SENZA DIVERSITÀ: DAL MISTERO DIVERSO DI DIO ALLA<br />

NOSTRA DIVERSITÀ<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> implica la valorizzazione della diversità 4 , esso è anche l unico modo di gestire la<br />

pluralità 5 . Uno dei problemi più delicati è il confronto paradossale tra due priorità del movimento<br />

<strong>ecumenico</strong>: indigenizzazione e unibilità 6 , da contestualizzare poi nella inevitabile interdipendenza<br />

di convivenza odierna 7 . "Siccome una certa diversità di usi e costumi... non si oppone<br />

minimamente all'unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e non poco contribuisce al<br />

compimento della sua missione... La osservanza di questo tradizionale criterio... appartiene a quelle<br />

cose assolutamente richieste come previa condizione al ristabilimento dell'unità... Ciò che è stato<br />

detto circa la legittima diversità, piace dichiararlo anche della diversa enunziazione delle dottrine<br />

teologiche." 8 . La legittima diversità è condizione per poter vivere la piena comunione, essa sorge<br />

mais il doit avoir lieu entre Rome et le Christ, entre Canterbury et le Christ, entre Moscou et le Christ. Peut-être le vivrons-nous encore à la fin de ce<br />

siècle. <strong>Il</strong> y a des signes qui vont en ce sens, telle la préparation d'un concile panorthodoxe de l'Orient. Je puis très bien m'imaginer que Jérusalem soit<br />

le lieu d'un tel événement, la ville du premier concile des apôtres, la ville où se trouve le berceau de l'Eglise, la ville où la première eucharistie fut<br />

célébrée et où les apôtres, avec Marie, la mère de Jésus, ont reçu l'Esprit Saint. L'écrivain T. S. Elliot a dit un jour: «Au bout de toutes nos<br />

découvertes, nous aurons à nous retrouver à notre point de départ». Bien sûr, c'est un rêve, mais rêver est important. Je me rappelle les paroles d'une<br />

chanson brésilienne: «Quand un homme rêve seul, ce n'est qu'un rêve, mais lorsque plusieurs font le même rêve, c'est le début d'une nouvelle<br />

réalité»».<br />

1<br />

JOINT WORKING GROUP OF THE ROMAN CATHOLIC CHURCH AND THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, On the ecumenical<br />

Dialogue, in «The ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 471: «The subject of the dialogue is always, to a certain extent, the Churches; for even an<br />

individual Christian who speak for himself a whose thought has been does so as moulded by his own Church, which remains in some measure present<br />

in him. Furthermore, at the outset the ecumenical dialogue is not so much a dialogue between the confessions as a dialogue within the confessions.<br />

Whatever the results, they must be shared with the whole Church. Those participating in the dialogue are not merely the voices of the Church; they<br />

are also speaking to the Church».<br />

2<br />

J. Dupuis, Dialogue interreligieux, in AA. VV., Dictionnaire de théologie fondamentale, Paris 1994, p. 263.<br />

3<br />

WORLD COUNCIL OF CHURCHES, TCDC, in «Bulletin of the Secretariate for non Christians», 1977 n° 36, p. 128: «e) Dialogue is a way of<br />

living with others. We were reminded of specific situations in which individuals of different faiths live in the same family. Here the relationship<br />

cannot be defined purely in terms of proclamation. Dialogue in this instance consists not only of entering with them into deeper relationships in life<br />

situations, but sometimes in raising our partners in intercession to God. Such living in itself constitutes our witness. Some among us felt that such<br />

wimess must lead us further to verbalize our faith and invite our partner to enter our community. There may be occasions in which each of the<br />

partners in dialogue may feel urged openly to invite the other to participate in his or her faith, be it Christian, Buddhist or Hindu. But the response to<br />

the witness is something that has be the initiative of the partner in dialogue. Some among us felt that conversion, when it takes place, is primarily to<br />

God and to a new relationship of love with the other and does not always imply the joining of any of the historical denominational churches as they<br />

now exist».<br />

4<br />

SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Dialogue, in Information service , 1970 n 2, p. 8 n 5.<br />

5<br />

K. Lehmann, Du dialogue comme forme de la communication et de l approche de la vérité dans l Eglise d aujourd hui, in Documents épiscopats ,<br />

1995 n 7, p. 5.<br />

6<br />

FAITH AND ORDER, Paper n 73, Geneva (ciclost.), februari 1973, p. 32.<br />

7<br />

WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Breaking Barriers (The Official Report of the Fifth Assembly of the World Council of Churches), Nairobi<br />

1975, S. II, London 1975, p. 6.<br />

8<br />

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, n 16-17.<br />

48


dal mistero stesso della vita ecclesiale 1 , partendo dalla stessa 'diversità trinitaria' nella più perfetta<br />

unità divina. Questa diversità differisce dal pluralismo 2 nel senso che rimane una unanimità nella<br />

pluralità e non la coesistenza di contrastanti opposizioni e contraddizioni. <strong>Il</strong> pluralismo di quel tipo<br />

forma spesso il contesto di vita delle Chiese nel mondo, da prendere in seria considerazione nel<br />

discernere le priorità di testimonianza 3 . Niente è più lontano dalla piena comunione che la<br />

uniformità (chiamata anche omogeneizzazione) imposta a tutti.<br />

IL DIALOGO ED IL MISTERO DI FEDE: SORGENTE DIRETTA OLTRE I LIMITI GIÀ<br />

CIRCOSCRITTI DELLE CHIESE<br />

<strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong> sorge da ciò che è comune tra tutti i cristiani 4 , sviluppando una<br />

metodologia comune 5 . Ciò che è comune consiste nel Dono dalla sua sorgente divina stessa,<br />

facendo della 'casa' una ospitalità aperta ('<strong>ecumenico</strong>' implica che siamo tutti della stessa 'casa', cioè<br />

dello stesso "oikos") 6 . Da 'membri della stessa famiglia' si re-impara a vivere sotto 'lo stesso tetto',<br />

tale sarebbe la metodologia fondamentale del movimento <strong>ecumenico</strong>. Lo 'stesso tetto' sembra<br />

estendersi fino al senso di 'oikumenikos' che coinvolge l'intera umanità 7 . <strong>Il</strong> "consenso" nel<br />

"<strong>dialogo</strong>", valorizzando o riscoprendo ciò che ci unisce, nel pieno rispetto dell'interlocutore e<br />

dell'Interlocutore non sfugge alla dinamica del dono: ("quidquid recipitur, ad modum recipientis<br />

recipitur" 8 ) dinamica relazionale nella sua pienezza (gratuità dello scambio aldilà di 'ciò' che viene<br />

dato) 9 . Qualunque 'elemento' della fede che sia riconosciuto 'comune'- lo è meno per quanto<br />

formulato o strutturato in modo 'comune' - posseduto da una Chiesa 10 - che invece per quanto 'dato'<br />

senza misura da Dio. Lo Spirito ci fa passare dal 'costruire l'unità' ad 'accogliere la Sua unità come<br />

Dono' 11 . Come intuire questa apertura dialogale 'oltre' e 'aldilà', alla <strong>quale</strong> ci richiama l intento<br />

<strong>ecumenico</strong>? Si parlerà del beyondness di fronte alla nostra conoscenza razionale. Si tenterà di<br />

evocarla dalla stessa specificità cristiana che può sorgere dagli scambi dialogali e dalla trasmissione<br />

del messaggio evangelico: "proprio perché nasce dal mistero di Dio, la comunicazione del Vangelo<br />

custodisce la differenza..." 12 . Si parlerà felicemente del di più , o di questa strana "eccedenza",<br />

che caratterizza l'offerta del messaggio in quanto divino 13 . L'intento cristiano nel <strong>dialogo</strong> è che esso<br />

si 'apra' in un misterioso 'Effatà' 14 . Così il mistero stesso ci introduce al <strong>dialogo</strong> nella persona<br />

umana dialogante che viene creata all immagine di Dio che ci mette innanzitutto davanti a questa<br />

1 COMMISSION THÉOLOGIQUE INTERNATIONALE, L'unité de la foi et le pluralisme théologique, in La documentation catholique , 1973 n<br />

1632, p. 459; J.R.H. Moorman - H.E. Root, Unity and Comprehensiveness / J. Willebrands, To what extent can or should there be diversity in a united<br />

Church? Freedom and Authority, a paper presented at Huntercombe, 1 september 1967, in A Clark - C. Davey, Anglican - Roman Catholic Dialogue,<br />

London 1974, pp. 79 / 60-73.<br />

2 J.-M. Le Guillou, Pluralisme ou pluralité, in La documentation catholique , 1973 n 1632, p. 460.<br />

3 FAITH AND ORDER, Documents of Faith and Order, "FO/73", (polyc.), Geneva 1973, p. 8; L. Sartori, Unità e diversità nella Chiesa, in Ut unum<br />

sint , 1969 n 2, p. 5.<br />

4 A. Bea, L'unione dei cristiani, Roma 1962, p. 113.<br />

5 E. Schlink, Le décret sur l oecuménisme, in AA. VV., Le dialogue est ouvert. Le Concile vu par les observateurs luthériens, Neuchatel 1965, p. 218:<br />

«5) Ces différences ne doivent pas faire oublier que l oecuménisme de Vatican II et celui du Conseil oecuménique des Eglises n'ont pas seulement<br />

une origine et des méthodes fondamentales communes, mais que, partis de positions de départ, opposées, ils convergent, en ce sens que les uns vont<br />

d'une unité centralisatrice et uniforme vers une communion dans la diversité et que les autres vont d'une coexistence assez lâche dans la diversité vers<br />

une communion structurée».<br />

6 P. Kawerau, Die Ökumenische Idee seit der Reformation, Köln 1968, p. 7, 14; H. Jaspert, Ökumene, zum Verständnis eines Begriffes, in «Una<br />

Sancta», 1970 nº 1, p. 27.<br />

7 G. Thils, Propos et problèmes de la théologie des religions non chrétiennes, Paris 1966, p. 169.<br />

8 C. Dumont, Unité des chrétiens, in «Unité des chrétiens», 1972 nº 1, p. 13.<br />

9 A. Delzant, La communication de Dieu, Paris 1978, pp. 142-143.<br />

10 Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, pp. 179-180: «L Eglise craint de plus que, en participant à un mouvemient de ce genre, l'unité qu'elle<br />

possède ne soit entraînée et ne courre un risque de contamination par Ia piuraIité; que l'unité ne se mette à l école de la p1uralité, ne s'affadisse à son<br />

contact, alors que ce doit être l'inverse, et que la mission de l'Eglise catholique est de faire que ce soit l'inverse qui arrive. II faut bien comprendre ici<br />

Ia grande différence de valeur, de logique et d'exigence qu'il y a entre l «oecuménisme» et la catholicité».<br />

11 B. Forte, Le acquisizioni attuali della Chiesa cattolica in materia di ecumenismo, in AA. VV., La formazione ecumenica nella Chiesa particolare,<br />

Roma 1988.<br />

12 C. M. Martini, Effatà "Apriti", Milano 1990, p. 87.<br />

13 C. M. Martini, Effatà "Apriti", Milano 1990, p. 87; idem, <strong>Il</strong> lembo del mantello, Milano 1991, p. 16: «C'è un'eccedenza del Mistero divino, che non<br />

va mai dimenticata, e, che deve rendere perennemente vigilanti e attenti a quanto trascende ciò che la "notizia" comunica. <strong>Il</strong> lembo resta cioè un pezzo<br />

del mantello, e il mantello rimanda alla Persona che lo indossa e che potrebbe dismettere il mantello quando non volesse servirsene più. I mass media<br />

sono mezzi e non fini, realtà strumentali, penultime e non ultime, che potrebbero nascondere e ostacolare la via del vero, ma, quand'anche fossero a<br />

essa aperti non la esaurirebbero del tutto».<br />

14 C. M. Martini, Effatà "Apriti", Milano 1990, prospettiva dell'opera.<br />

49


priorità del mistero, cioè di lasciarsi proiettare al di là di se stessi 1 . E <strong>quale</strong> sarebbe la 'misteriosa<br />

eccedenza' che si avverte come mistero nel <strong>dialogo</strong>, dal ripiegamento fuori della comunione nel<br />

mistero di Dio e per non trovarsi "più severamente giudicati" 2 ? È la via che si apre al rinnovamento<br />

delle Chiese in Cristo: passaggio da una semplice ripetizione di se stessi alla "trasformazione di se<br />

stessi" tramite l'incontro con altri, nel <strong>dialogo</strong> 3 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> rinnova nella misura in cui "ci s interroga<br />

insieme sulla fedeltà alla volontà di Cristo" 4 . Dal mistero di Dio 5 , o cioè di pensare ciò che non<br />

può essere pensato 6 , si apre la via paradossale verso la verità che non si percorre come una<br />

riflessione astratta (concettuale ) ma dalla stessa dinamica del <strong>dialogo</strong> tra soggetti in cammino e<br />

che nessuna conoscenza permette di circoscrivere o nella <strong>quale</strong> si potesse concettualmente<br />

inquadrarLo 7 . <strong>Il</strong> mistero non richiude una fede su se stessa ma l apre dialogalmente ad ogni intuito<br />

che si rende disponibile alla ricersa del divino, dimensione ultima di ogni scambio 8 . Se il mistero<br />

non può essere circoscritto,<br />

1<br />

Paolo VI, Litterae enciclicae "Ecclesiam suam", Città del Vaticano 1964 / in «Acta Apostolicae Sedis» 1964, n° 9-10: «9. Vi diremo subito,<br />

Venerabili Fratelli, che tre sono i pensieri, che vanno agitando l'animo Nostro quando consideriamo l'altissimo ufficio, che la Provvidenza, contro i<br />

Nostri desideri ed i Nostri meriti, Ci ha voluto affidare di reggere la Chiesa di Cristo, nella Nostra funzione di Vescovo di Roma, e perciò di<br />

Successore del beato Apostolo Pietro, gestore delle chiavi del regno dei cieli e Vicario di quel Cristo che fece di Pietro il primo Pastore del suo gregge<br />

universale. 10. <strong>Il</strong> pensiero che sia questa l'ora in cui la Chiesa deve approfondire la coscienza di se stessa, meditare sul mistero che le è proprio,<br />

esplorare a propria istruzione ed edificazione la dottrina, già a lei nota e già in questo ultimo secolo enucleata e diffusa, sopra la propria origine, la<br />

propria natura, la propria missione, la propria sorte finale, ma dottrina non mai abbastanza studiata e compresa, come quella che contiene il piano<br />

provvidenziale del mistero nascosto da secoli in Dio... affinché sia manifestato... per mezzo della Chiesa,(*) misteriosa riserva cioè dei misteriosi<br />

disegni divini che mediante la Chiesa vengono notificati; e come quella che costituisce oggi il tema più d'ogni altro interessante la riflessione di chi<br />

vuol essere docile seguace di Cristo, e tanto più di chi, come Noi e come voi, Venerabili Fratelli, lo Spirito Santo ha posto quali Vescovi a reggere la<br />

Chiesa di Dio(**)».<br />

((*) Gv 7,16. / (**) Cf Ef 3,9-10. )<br />

2<br />

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", Città del Vaticano 1965, nº 14.<br />

3<br />

L. Vischer, Rapport, in «La documentation catholique», 1973 nº 1639, p. 830.<br />

4<br />

SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, in «Information service», 1967 nº 1, p. 6; CONCILIO<br />

ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 4, 6.<br />

5<br />

R. V. Schnucker, Neo-Orthodoxy History, in AA. VV., Elwell Evangelical Dictionary, in «Internet» 2004, mb-soft.com/believe/txc/neoortho.htm:<br />

«The methodological approach of the movement involved dialectical theology, theology of paradox, and crisis theology. The use of dialectical<br />

thinking goes back to the Greek world and Socrates' use of questions and answers to derive insight and truth. It was used by Abelard in Sic et Non,<br />

and is the technique of posing opposites against each other in the search for truth. Barth and the early leaders were probably attracted to the dialectic<br />

as the result of their study of Soren Kierkegaard's writing. For Kierkegaard, propositional truths are not sufficient; assent to a series of religious<br />

formulations or creeds is not enough. Kierkegaard believed theological assertions of the faith to be paradoxical. This requires the believer to hold<br />

opposite "truths" in tension. Their reconciliation comes in an existential act generated after anxiety, tension, and crisis, and which the mind takes to be<br />

a leap of faith. The neo - orthodox took the position that traditional and liberal Protestantism had lost the insight and truth of the faith. The nineteenth<br />

century theologians had taken the paradoxes of faith, dissolved their tension, used rational, logical, coherent explanations as a substitute, creating<br />

propositions, and thus had destroyed the living dynamic of the faith. For the neo - orthodox, paradoxes of the faith must remain precisely that, and the<br />

dialectic method which seeks to find the truth in the opposites of the paradoxes leads to a true dynamic faith. As an example of this consider the<br />

statement: "In the No found in God's righteous anger one finds the Yes of his compassion and mercy." Some of the paradoxes identified by the neoorthodox<br />

movement are the absolute transcendence of God in contrast with the self - disclosure of God; Christ as the God - man; faith as a gift and yet<br />

an act; humans as sinful yet free; eternity entering time. How is it possible to have a wholly other God who reveals himself? How is it possible for the<br />

man Jesus of history to be the Son of God, the second person of the Trinity? How can one speak of faith as God's gift and yet involve human action?<br />

How is it possible for humans to be simultaneously sinful and saved? How is it possible for eternity, which is apart from time, to break in on time? In<br />

struggling with these, the temptation is to rationalize answers and avoid the crisis of faith; but the neo - orthodox eschewed such a solution. It is only<br />

in crisis / struggling that one can rise above the paradox and be grasped by the truth in such a way as to defy rational explanation. Crisis is that point<br />

where yes and no meet. It is that theological point where the human recognizes God's condemnation of all human endeavours in morals, religion,<br />

thought processes, scientific discoveries, and so on, and the only release is from God's word. The neo - orthodox, in summarizing their methodology,<br />

used dialectics in relation to the paradoxes of the faith which precipitated crises which in turn became the situation for the revelation of truth».<br />

6<br />

J. Marsden, Review of The Paradoxical Vision: A Public Theology for the Twenty-first Century. By Robert Benne, in «Internet» 2004,<br />

www.firstthings.com/ftissues/ft9506/reviews/marsden.html: «Tinder, while less well known outside academic circles than Niebuhr or Neuhaus, may<br />

be the purest representative of the paradoxical vision. His much celebrated textbook, Political Thinking, is prefaced with this statement from Soren<br />

Kierkegaard: "The paradox is the source of the thinker's passion, and the thinker without a paradox is like a lover without feeling: a paltry mediocrity.<br />

The supreme paradox of all thought is the attempt to discover something that thought cannot think"».<br />

7<br />

K. Barth, Kirchliche Dogmatik, II, 1, Zürich 1975, S. 322-323: «Es ist das Paradoxon des Zusammenseins seiner Gnade mit unserer Verlorenheit,<br />

nicht das Paradoxon des Zusammenseins von zwei für uns logisch unvereinbaren Begriffen. Gerade in Anerkennung des wirklichen, des göttlichen<br />

Paradoxons werden wir Gottes Personsein und Gottes Absolutheit nicht nebeneinander stehen und nicht nebeneinander stellen in der Weise, wie wir<br />

es zur Beschreibung geschöpflicher Wirklichkeiten mit und ohne logische Widersprüche allerdings oft genug tun müssen, sondern werden wir uns<br />

daran halten, dass Gott sich uns als der, der er ist, nämlich als der Liebende und also als der Eine, als die Person offenbart hat und dass wir daneben<br />

nichts Anderes (sei es nun mit jenem logisch vereinbar oder unvereinbar), sondern in aller Aufmerksamkeit auf dessen einzigartige Eigenart Dieses<br />

und nur Dieses, mit allen Konsequenzen dieses Eine zu sagen haben: dieses Eine (dass er der Eine ist!) so, dass es dem entspricht, was er selber uns in<br />

seinem Wort darüber vorgesagt hat, wobei dann gewiss auch das, was mit 'dem Absoluten' gemeint sein könnte, zu Ehren kommen wird, aber gerade<br />

nicht so, als ob dies, dass er der Eine ist, da durch, dass er 'absolut' ist, als dialektisch begrenzt und ergänzt erscheinen würde, als müssten wir nun<br />

doch, um Gott zu bezeichnen, über seine Personalität und über seine Absolutheit hinaus in irgend einen leeren Raum weisen, als ob Gott erst dort, in<br />

der dialektischen Überwindung dieses Gegensatzes, wahrhaft und wirklich Gott wäre».<br />

8<br />

D. Goergen, Current Trends: The New Ecumenism, in «SPIRITUALITY TODAY», Winter 1982, Vol. 34, No. 4, pp. 350-361, etiam in Internet<br />

2006, http://www.spiritualitytoday.org/spir2day/823446goergen.html: «The mystery underneath the relationships of Judaism, Christianity, and Islam,<br />

however, is not only theological; it also has political implications today. One cannot talk about Jews, Christians, and Muslims, or Israelis, Arabs, and<br />

Westerners, without the awareness that our solidarity in faith has implications for our attitudes towards each other, for the ways we treat each other,<br />

and especially for the dilemma we find in the Middle East today. Our common ancestry makes the situation in Palestine, Israel, and Lebanon all the<br />

50


IL DIALOGO NON COMBACIA CON LE SOLE POSIZIONI CRISTALLIZZATE DEL<br />

PASSATO. QUALE PREVALENZA ISTITUZIONALE<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ha una sua consistenza concreta e densità nella vita di fede, che non combacia con i<br />

prospetti dogmatici e le sue finalità di auto-legittimazione 1 . Tale atteggiamento implica rispetto per<br />

tutto ciò che l'interlocutore è e rappresenta 2 . Esso include anche la capacità di lasciarsi mettere in<br />

questione l'uno dall'altro 3 . Questa via deve essere praticata aldilà dei timori o sospetti di alcuni<br />

riguardo al pericolo di indifferentismo 4 . Tutto ciò è possibile sulla base di una ferma convinzione<br />

della comune appartenenza all'unica Chiesa nell'unico battesimo 5 , in vista di giungere a una più<br />

profonda comunione malgrado gli allontanamenti ecclesiali verificatisi nel passato 6 . Pertanto il<br />

<strong>dialogo</strong> sarà una 'gara spirituale' per la verità, non dei partecipanti gli uni contro gli altri, ma di tutti<br />

nel raggiungerla 7 . Essere 'ecumenicamente cristiano e cattolico di comunione romana' fa parte della<br />

fondamentale maturità della Chiesa di Cristo oggi 8 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> premette la disponibilità ad<br />

affrontare con sempre maggiore schiettezza e sincerità i problemi centrali che ci allontanano gli uni<br />

dagli altri, senza temere la chiarezza di formulazione e senza farne rimprovero all'interlocutore 9 .<br />

Così, il <strong>dialogo</strong> diventa una crescita comune nella trasparenza reciproca 10 . Si insiste sulla<br />

maturazione dell'approfondimento comune della fede nel <strong>dialogo</strong> 11 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> mette in risalto la<br />

necessità di credibilità delle posizioni affermate 12 . <strong>Il</strong> 'sovvrappiù' della diversità di Dio passa<br />

attraverso l'umanamente umano del <strong>dialogo</strong>, annientandosi e depossedendosi di ogni 'supremazia'<br />

del divino. Come comune conversione e come movimento di rinnovamento ecclesiale, il movimento<br />

<strong>ecumenico</strong> supera le «frontiere confessionali»: esso non è vincolato dalle- e non vincola le strutture<br />

esistenti 13 . Si metterà in questione la moltiplicazione di dialoghi istituzionali e di commissioni<br />

ecclesiastiche tra le Chiese, ribadendo l inutilità di una loro interminabile estensione 14 .<br />

Istituzionalizzare il <strong>dialogo</strong> sarebbe incanalare le scommesse iniziali in percorsi paralleli 15 .<br />

more scandalous. Thus the new ecumenism at least raises political questions. But these questions are not simply political. There are two kinds of<br />

politics here -- one divorced from the religious consciousness involved, and one which respects and values the religions involved. It is only in this<br />

latter sense that the new ecumenism raises political questions; and with respect to politics, it is only questions that the new ecumenism raises. At the<br />

first and properly theological level, the new ecumenism affirms our brotherhood and sisterhood, our common commitment to monotheism, our<br />

recognition of Abraham as a model for faith; and it encourages mutual respect, greater understanding, and dialogue with dignity and love. At a<br />

second, quasi-political level -- a political level that recognizes the uniquely religious character of the issues involved -- the new ecumenism raises<br />

questions such as: (1) "Should Ishmael transform the once promised land into a land of hospitality by offering it for nothing, for the love of the God of<br />

Abraham, for the love of our father Abraham, for the love of our elder brethren in the faith, to the Jews?"(1) (2) "And, Israel, also spiritualized, in<br />

turn, shall he accept this gift from the hands of his brother Ishmael, and respect the limits fixed by the latter?"(2)».<br />

((1) Israel and Ishmael, p. 14. / (2) Ibid., p. 22.)<br />

1 Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 184: «Der Dialog hat nämlich seine eigene Dichte und Konsistenz.<br />

Er ist relativ unabhängig von dogmatischen Positionen, selbst wenn sie im Geist der Dialogpartner haften und diese sich zur Erläuterung ihrer<br />

überzeugungen darauf beziehen. Wir können sehr wohl ohne irgendeinen Hintergedanken oder die Absicht der Konversion mit einem anderen<br />

Christen sprechen. Als man Kardinal Mercier fragte, warum er nicht die Konversion von Lord Halifax betrieben habe, antwortete er, er habe niemals<br />

daran gedacht. Unter diesem Gesichtspunkt würden wir gerne den Dialog mit dem Gebet für die Einheit vergleichen».<br />

2 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 8, nº 3.<br />

3 Y. Congar, Vorschläge für den Dialog, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 181; W. Becker, Bemerkungen zur Vorgeschichte und Eigenart der<br />

Arbeitsdokument über den ökumenischen Dialog, pro manuscripto, Roma 1970, S. 42.<br />

4 Giovanni Paolo II, Enciclica "Redemptor hominis", in «Acta Apostolicae Sedis», 1979 pp. 266-267.<br />

5 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 6, nº 1.<br />

6 W. Visser t'Hooft, Hat die ökumenische Bewegung Zukunft?, in «Ökumenische Rundschau», 1975 nº 2, S. 164.<br />

7 W. Visser t'Hooft, Heel de Kerk voor heel de wereld, Utrecht 1968, blz. 36: «De dialoog is een geestelijke strijd om de waarheid, dat wil zeggen:<br />

niet de partners strijden tegen elkaar, want geen van hen kan beweren dat zijn positie eenvoudig met de waarheid is gelijk te stellen, maar het is een<br />

strijd waarin beiden worden betrokken bij de worsteling tussen waarheid en dwaling en waarin beiden de waarheid willen zien overwinnen. Vooral<br />

echter is het een geestelijke strijd, waarbij alleen geestelijke wapenen zijn toegestaan. Er is plaats voor de overreding, maar niet voor geweld».<br />

8 Giovanni Paolo II, Ai collaboratori nel governo centrale, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1980, vol. I, p. 1892.<br />

9 H. H. Harms, Dreht Rom das Rat zurück, in «Una Sancta», 1973 nº 3, S. 189.<br />

10 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189.<br />

11 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 472.<br />

12 J. Bernardin, The Defense of Human Life, in «Origins», 1976 nº 22, p. 344.<br />

13 N. Nissiotis, Formen und Problemen des okumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966, n. 3, S. 188-189.<br />

14 K. Rahner, Où en est l oecuménisme aujourd hui? Réponses d un orthodoxe, d un catholique-romain et d un protestant, in «Bip/Snop», 1981 nº<br />

426, p. 5.<br />

15 E. Perret, Dialogues bilatéraux. Leur signification oecuménique, polycopié, Genève 1971, p. 6.<br />

51


SE LA CHIESA È NEL DIALOGO COME È NELL EUCARISTIA , DAL DIALOGO<br />

ALL EUCARISTIA: ESSA NON APPARTIENE SOLTANTO AD UNA CHIESA<br />

Se l'impegno <strong>ecumenico</strong> appare primordiale ed irreversibile e se tutta la Chiesa dev'essere<br />

coinvolta nel <strong>dialogo</strong> e nella collaborazione sempre più estesi, diventa più penoso di non poter<br />

celebrare o partecipare -tra cristiani- al grande mistero dell'eucarestia 1 . La sofferenza non è solo<br />

disgregazione sconsolata ma è, cristianamente, spinta verso la trasfigurazione ultima. La sofferenza<br />

diventa ancora più dolorosa riguardo ai nostri fratelli cristiani ortodossi, con i quali non abbiamo<br />

ancora potuto giungere al punto di una comune concelebrazione eucaristica 2 . Come allora<br />

procedere verso una Eucarestia pienamente partecipata? appare accettabile la possibilità di una certa<br />

«autonomia creativa» 3 . <strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong> implica e presuppone questa possibilità di vie<br />

creative. Si cerca il massimo della pienezza, nella fede integralmente riscoperta e vissuta 4 , nella<br />

dovuta onestà verso i nostri fratelli nella fede e verso noi stessi 5 . Animati da questa autenticità del<br />

cuore, dobbiamo progressivamente riabituarci eucaristicamente gli uni gli altri, grazie a tanti<br />

incontri ecumenici, che non sono dialoghi chiusi in cenacoli ristretti, ma approfondimento reciproco<br />

nell'amore ecclesiale. L intento eucaristico rimane comunque prioritario nell impegno <strong>ecumenico</strong> 6 .<br />

1<br />

Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea plenaria del Segretariato per l'unione dei cristiani (18 novembre 1978), in «Acta Apostolicae Sedis»,<br />

1979 nº 6, p. 38: «Io so che, più noi ci troviamo come fratelli nella carità di Cristo, più ci è penoso non poter partecipare insieme a questo grande<br />

mistero. Ho già detto che le divisioni tra i cristiani diventano insopportabili. Questa sofferenza ci deve stimolare a superare gli ostacoli che ci<br />

separano ancora dall'unanime professione della medesima fede, dalla riunificazione, mediante uno stesso ministero sacramentale, delle nostre<br />

comunità divise. Non ci si può dispensare dal nsolvere insieme queste questioni che hanno diviso i cristiani. Sarebbe una carità molto mal intesa, che<br />

verrebbe espressa a spese della verità. "Cercare la verità nella carità" era un principio che amava ripetere il primo presidente del Segretariato, il<br />

venerando card. Bea, di cui voi avere celebrato in questi giorni il decimo anniversario della morte».<br />

2<br />

Giovanni Paolo II, Discorso «All'Assemblea plenaria del Segretariato per l'Unione», in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano<br />

1980, vol.. 1, pp. 340-341: «In questa preghiera noi abbiamo dolorosamente risentito come era spiacevole di non poter concelebrare. Bisogna far di<br />

tutto per affrettare il giorno di una tale concelebrazione e la durata stessa della nostra separazione rende ancora più urgente la necessità di mettervi<br />

fine. Quest'anno sarà contrassegnato dall'inizio del <strong>dialogo</strong> teologico con la Chiesa ortodossa. Questo <strong>dialogo</strong> teologico è una fioritura del <strong>dialogo</strong><br />

della carità che è iniziato durante il Concilio, che deve continuare e intensificarsi, perché esso è l'ambiente vitale necessario a questo sforzo di<br />

lucidità, che ci permetterà di riscoprire, al di là delle divergenze e dei malintesi ereditati dalla storia, le vie che ci condurranno finalmente a una<br />

comune professione di fede in seno alla concelebrazione eucaristica. <strong>Il</strong> secondo millennio ha visto progredire la nostra separazione. <strong>Il</strong> movimento<br />

inverso è iniziato dappertutto. Bisogna, e io lo domando costantemente al Padre della luce, dal <strong>quale</strong> proviene ogni dono perfetto (Gc 1,17), che l'alba<br />

del terzo millennio si levi sulla nostra piena comunione ritrovata».<br />

3<br />

Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i vescovi sul mistero e culto dell'Eucaristia "Dominicae Cenae"«, (18 marzo), in idem, Insegnamenti di Giovanni<br />

Paolo II, Città del Vaticano 1980, vol.. 1, pp. 632-633: «Inoltre dobbiamo seguire le ordinanze emanate dai vari Dicasteri in questo campo: sia in<br />

materia liturgica, nelle regole stabilite dai libri liturgici, in quanto concerne il Mistero eucaristico, e nelle Istruzioni dedicate al medesimo Mistero, sia<br />

per quanto riguarda la "communicatio in sacns", nelle norme del "Directorium de re oecumenica" e nell' "Instructio de peculiaribus casibus admittendi<br />

alios chnstianos ad communionem eucharisticam in Ecclesia catholica". E sebbene in questa tappa di rinnovamento sia stata ammessa la possibilità di<br />

una certa autonomia "creativa", tuttavia essa deve strettamente rispettare le esigenze dell'unità sostanziale. Sulla via di questo pluralismo (che<br />

scaturisce tra l'altro già dall'introduzione delle diverse lingue nella liturgia) possiamo proseguirc solo fino a quel punto in cui non siano cancellate le<br />

caratteristiche essenziali della celebrazione dell'Eucaristia e siano nspettate le norme prescritte dalla recente nforma liturgica».<br />

4<br />

Giovanni Paolo II, Sinodo particolare dei vescovi dei Paesi Bassi - Documento conclusivo", (31 gennaio) n. 46, in idem, Insegnamenti di Giovanni<br />

Paolo II, Città del Vaticano 1980, vol.. 1, p. 266: «I vescovi incoraggiano vivamente l'azione ecumenica comc un grave dovere che deriva specialmente<br />

dal Vaticano II. Essi insistono sull'importanza della preghiera e sull'esscnza profondamente spirituale dell'azione ecumenica. La <strong>quale</strong> è<br />

ecclesiale a pieno diritto: nella sua origine, nella sua natura c ncl suo fine. Suo obiettivo è quello di giungere non tanto a un più piccolo denominatore<br />

comune, ma, al contrario, alla pienezza della fede. E per questo che tale azione ecumcnica sarà sostenuta dai vescovi, che vigileranno perché essa<br />

tenga conto delle esigenze della fede la <strong>quale</strong> ei ricorda soprattutto che l'intercomunione tra i fratelli separati non è che la risposta ail'appello di Cristo<br />

alla unità perfetta. Questa perfetta unione resta l'oggetto dei nostri sforzi e di una speranza fondata sulla preghiera di Cristo stesso: Che siano tutti<br />

una eosa sola (Gv 17,21)». Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione ai Presuli della Conferenza episeopale tenuta nella città di Chicago, il 5 ottobre 1979:<br />

A.A.S. (1979), 1218ss.<br />

5<br />

Giovanni Paolo II, Discorso «Con i giovani partecipanti all'incontro promosso da Taizé», (30 dicembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo<br />

II, Città del Vaticano 1980, vol. 2, p. 1825: «Ci sono programmi notevoli nell'impegno, nella earità, nella preghiera eomune, anche se per lealtà verso<br />

noi stessi e i nostri fratelli non possiamo celehrare in comune l'Eucaristia, che è il sacramento dell'unità. Non si può infatti separare nella stessa fede,<br />

la comunione euearistiea dalla comunione ecclesiale. Ognuno, a secondo delle sue responsahilità e dcl ruolo che copre all'interno della Chiesa deve<br />

collaborare a questa opera di ricostruzione della unità. Sia nel campo della ricerca teologica, che in quello della preghiera e della carità, in cui voi<br />

stessi siete impegnati».<br />

6<br />

Giovanni Paolo II, Lettera enciclica ecclesia de eucharistia , (ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici<br />

sull'eucaristia nel suo rapporto con la chiesa), Città del Vaticano 2003, (etiam in «Internet» 2003, http://www.vatican.va/holy_father/special_<br />

features/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_20030417_ecclesia_eucharistia_it.html: «61. <strong>Il</strong> Mistero eucaristico<br />

52<br />

sacrificio, presenza, banchetto<br />

non consente riduzioni né strumentalizzazioni; va vissuto nella sua integrità, sia nell'evento celebrativo, sia nell'intimo colloquio con Gesù appena<br />

ricevuto nella comunione, sia nel momento orante dell'adorazione eucaristica fuori della Messa. Allora la Chiesa viene saldamente edificata e si<br />

esprime ciò che essa veramente è: una, santa, cattolica e apostolica; popolo, tempio e famiglia di Dio; corpo e sposa di Cristo, animata dallo Spirito<br />

Santo; sacramento universale di salvezza e comunione gerarchicamente strutturata. La via che la Chiesa percorre in questi primi anni del terzo<br />

millennio è anche via di rinnovato impegno <strong>ecumenico</strong>. Gli ultimi decenni del secondo millennio, culminati nel Grande Giubileo, ci hanno sospinto in<br />

tale direzione, sollecitando tutti i battezzati a corrispondere alla preghiera di Gesù «ut unum sint» (Gv 17,11). È una via lunga, irta di ostacoli che<br />

superano la capacità umana; ma abbiamo l'Eucaristia e davanti ad essa possiamo sentire in fondo al cuore, come rivolte a noi, le stesse parole che udì<br />

il profeta Elia: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino» (1 Re 19,7). <strong>Il</strong> tesoro eucaristico, che il Signore ha messo a nostra disposizione,<br />

ci stimola verso il traguardo della sua piena condivisione con tutti i fratelli, ai quali ci unisce il comune Battesimo. Per non disperdere tale tesoro,<br />

occorre però rispettare le esigenze derivanti dal suo essere Sacramento della comunione nella fede e nella successione apostolica».


Per comprendere la comunione piena, che non corrisponde alla sola struttura della Chiesa romana,<br />

si deve ritornare alle sorgenti della prospettiva conciliare: l'Eucarestia. Non c'è pienezza di<br />

comunione se non ha nell'Eucarestia la sua sorgente 1 .<br />

LA CHIESA CHE SI CONVERTE<br />

Per i Padri orientali la conversione parte dal peccato, visto come una specie di letargia<br />

dell anima e dello spirito che dimentica di essere, di vivere e di operare alla presenza di Dio, mentre<br />

la conversione è il risveglio alla presenza di Dio: nodo nevralgico dell hamartia o peccato 2 :<br />

assopimento dello spirito 3 . Esso è dissoluzione della personalità per ritrovarsi nella illusorietà di<br />

una pseudo-personalità 4 .<br />

1<br />

Cfr J. M. R. Tillard, The Eucharist: Pasch of God's People, New York 1967.<br />

2<br />

M. Lot-Borodine, La déification de l'homme, Paris 1970, pp. 47-48: «Seulement les grecs insisteront davantage sur le caractère intellectuel de la<br />

faute ou hamartia. Tout le mal vient pour eux de l'agnoia (ignorance), le noûs ayant cessé d'être le régulateur parfait (*). Donc rupture de l'équilibre<br />

intérieur, désorganisation de la psyché tout entière. Mais on ne dira pas, avec saint Anselme, que l'effet premier du péché originel a été la privation de<br />

la justice ou rectitude, entraînant le réveil de la concupiscence, comme latente. L'ordre des termes est ici renversé: non pas privatio-vulneratio, mais<br />

vulneratio-privatio, lésion initiale qui déchire toute la nature adamite (**)».<br />

((*) Pour saint Grégoire de Nysse, la dignité de l'homme est dans son intelligence, image ou miroir réfléchi de l'Intelligence-Dieu. C'est là la partie<br />

divine de son être. Cf. De imagine, XII, c. 164. Même conception intellectualiste chez saint Maxime qui, dans son anthropologie, suit de près l'évêque<br />

de Nysse, et chez tous les Byzantins, mais l'intelligence ici est toujours supra-rationnelle, ne l'oublions pas. / (**) Voir le développement de cette<br />

pensée dans le livre (en russe) du P. Boulgakoff, Le Buisson ardent, Paris, 1928.)<br />

3<br />

Th. pidlik, La sophiologie de Saint Basile, Rome 1961, p. 55: «Si nous confrontons cette expression avec ce que nous avons dit antérieurement,<br />

nous comprendrons dans quel sens il nous faut interpréter cet assoupissement. Pour Adam, la création entière n'était rien d'autre que la voix de Dieu; il<br />

écoutait ce qu'elle lui disait et saisissait la sagesse divine cachée au-dedans de cette parole. Mais, tout comme dans l'assoupissement on entend bien<br />

les paroles sans toutefois en comprendre la signification, par suite du manque de réflexion , ainsi le même fait s'est analogiquement reproduit ici.<br />

Délibérément Adam s'est assoupi , pour lui la création n'est plus la voix de Dieu et il la considère comme une chose indépendante de sa vraie<br />

signification. Or, à ses yeux de chair cette chose apparut agréable et charmante . Une espèce de gourmandise au sens métaphorique. L'homme sobre<br />

se nourrit parce que son corps et sa santé le requièrent, tandis que le gourmand mange parce que cela lui est agréable, même si sa santé doit en pâtir<br />

(*). Ainsi Adam jouissait-il du spectacle de l'univers pour nourrir son amour envers le Bienfaiteur ; dans le péché, il continua à en jouir, mais cette<br />

fois-ci c'était pour le plaisir d'en jouir, parce qu'il trouvait l'univers charmant et agréable en soi. <strong>Il</strong> ne comprenait donc plus le sens des créatures, il<br />

manquait de réflexion . <strong>Il</strong> en jouissait, dût son amour du Créateur en pâtir. Pour en arriver là il lui fallut tout d'abord rejeter de son coeur le souvenir<br />

de Dieu, bannir de sa propre pensée la pensée divine qui dirige tout vers son propre but, et s'enfler d'arrogance et d'orgueil, c'est-à-dire s'autoriser à<br />

décider lui-même ce qui est bien et ce qui est mal. <strong>Il</strong> dut assoupir son intellect pour en arriver à affirmer délibérément que le rassasiement du ventre<br />

et les honteuses jouissances des plaisirs terrestres lui sont un lien préférable à la bienheureuse délectation de la vision de Dieu. Sa sagesse, dont il<br />

avait été gratifié dès le début, se tourna en folie. Destiné à participer au gouvernement du monde en saisissant la pensée de Dieu et en l'exécutant,<br />

l'homme devint, par cette décision perverse de se libérer de la dépendance qui marque toute créature, l'auteur d'une catastrophe qui s'étendit sur la<br />

création entière (**)».<br />

((*) Première homélie sur le jeûne, 4, PG 31,168 B; Homélie prononcée à une époque de famine et de sécheresse, 7, ibid., col. 324C. / (**) Hom.<br />

citée, col. 344 BC. 11B; Ibid., col. 344 C. 114 Ibid., col. 445 A. 115 Fragment 31, éd. Klostermann, p. 260, 15 f.)<br />

4<br />

. / N. Berdjaev, / Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA. VV.<br />

53<br />

/ Dal profondo, 1967 /<br />

Milano 1971, . 90-91 / p. 76: «Se Gogol' non si vede subito nella rivoluzione russa e già l'impostare questo tema può sollevare qualche dubbio, in<br />

Dostoevskij non si può non vedere il profeta della rivoluzione russa. La rivoluzione russa è permeata dei principi intuiti e definiti con geniale acutezza<br />

da Dostoevskij. Egli ebbe il dono di portare alla luce la dialettica del pensiero rivoluzionario russo e di trarne le estreme conseguenze; non si arrestò<br />

alla superficie delle idee e dei sistemi della sua anima e perse il senso elementare della differenza tra il bene e il male, smarrì il baricentro spirituale.<br />

Nel personaggio di Pëtr Verchovenskij abbiamo una personalità ormai disintegrata, nella <strong>quale</strong> non si può trovare più nulla di ontologico; egli è tutto<br />

menzogna ed inganno e tutti induce in errore, sottomette al regno della menzogna. <strong>Il</strong> male è falsificazione dell'essere, pseudo-essere, non-essere.<br />

Dostoevskij ha mostrato come un'idea falsa, che s'impadronisce totalmente di un uomo fino alla demonicità, porti al non-essere, alla dissoluzione<br />

della personalità. Dostoevskij seppe scoprire magistralmente le conseguenze ontologiche delle false idee quando esse si impadroniscono<br />

completamente dell'uomo. Quale fu l'idea che s'impadronì di Pëtr Verchovenskij, portò la sua personalità alla dissoluzione e lo converti in un<br />

bugiardo e seminatore di menzogne? E' sempre l'idea fondamentale del nichilismo russo, del massimalismo russo, la passione demoniaca per il<br />

livellamento universale, la ribellione contro Dio in nome della felicità universale degli uomini, il sostituire al regno di Cristo il regno dell'Anticristo.<br />

Nella rivoluzione russa gli indemoniati come Petr Verchovenskij sono molti, dappertutto cercano di attrarre nel vortice demoniaco, impregnano il<br />

popolo russo di menzogna e lo trascinano nel non-essere. Non sempre questi Verchovenskij si riconoscono, non tutti sanno penetrare nel profondo<br />

oltre i veli esteriori. Nella rivoluzione è più facile distinguere i Chlestakov che i Verchovenskij, e neppure quelli sempre e la folla li esalta e li corona<br />

di gloria. Dostoevskij previde che in Russia la rivoluzione sarebbe stata triste, raccapricciante e tenebrosa e che non avrebbe segnato una rinascita del<br />

popolo. Egli sapeva che un ruolo non esiguo vi avrebbe avuto il galeotto Fed'ka e che vi avrebbe trionfato Pigalëv. Già da tempo Pëtr Verchovenskij<br />

ha scoperto l'importanza del galeotto Fed'ka per la causa della rivoluzione russa e tutta l'ideologia trionfante della rivoluzione russa è l'ideologia di<br />

Pigalëv. Oggi vengono i brividi a leggere le parole di Verchovenskij: In sostanza la nostra dottrina è la negazione dell'onore e il modo più facile per<br />

attirare l'uomo russo è proclamare il di ritto al disonore. E Stavroghin risponde: <strong>Il</strong> diritto al disonore? Tutti ci correranno dietro, nessuno escluso! La<br />

rivoluzione russa ha proclamato il 'diritto al disonore' e tutti le sono corsi dietro. Ma non meno importanti sono le parole: Da noi il socialismo si<br />

diffonderà soprattutto per motivi sentimentali. <strong>Il</strong> disonore e il sentimentalismo sono i principi fondamentali del socialismo russo, sono i principi di<br />

disintegrazione dell'intero nelle sue parti ed elementi costitutivi. Ma, grazie all'istinto vitale insito nel corpo sociale questa disintegrazione provoca<br />

una reazione di raccolta del la molteplicità in un certo intero organico per sfuggire alla rovina. Così alla rivoluzione, in quanto processo di<br />

metamorfosi politica, si associano due momenti derivati e apparentemente contrapposti: la disintegrazione o anarchia e la raccolta o concentrazione.<br />

Ma siccome tutto questo processo si svolge a dispetto della legge della vita organica, anche il secondo momento conduce unicamente a forme false di<br />

rinascita e di rinnovamento. Questa riunione nell'intero avviene ormai non già secondo un piano tracciato in precedenza, ma fino a un certo grado<br />

avviene a caso, allo scopo di mantenere la vita; come tutto nella rivoluzione avviene non per libertà interiore ma per costrizione esterna. Questa<br />

concentrazione forzata, che è come la seconda metà del processo rivoluzionario, creò varie forme di dispotismo statale. <strong>Il</strong> rivoluzionarismo,<br />

l'anarchismo e il dispotismo sono tre ascessi nella vita degli organismi sociali, esteriormente differenti ma interiormente collegati e generantisi a<br />

vicenda. La rivoluzione è uno slancio di creatività dell'intero, uno slancio positivo nella sua intenzione creatrice, ma che ha una provenienza errata:


FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: IL DIALOGO FA SCOPRIRE NELLA<br />

PURIFICAZIONE DEL CUORE E NELLO SPIRITO CHI È CRISTO E DOV È LA CHIESA<br />

MA ANCHE CHE NON SAPPIAMO DOVE ESSA NON È, PUR SAPENDO CIÒ CHE ESSA<br />

NON È<br />

Se il <strong>dialogo</strong> è nella Chiesa le cose sembrano chiare: una Chiesa si gestisce il <strong>dialogo</strong> nella<br />

misura in cui le appare confacente. Ma se la Chiesa è nel <strong>dialogo</strong> tutto sembra molto meno<br />

controllabile. L interrogativo si pone inevitabilmente: dove si trova la tentazione per la fede e la<br />

conversione del cuore? La liturgia romana ci sembra dare una risposta riguardo alle tentazioni ,<br />

partendo da Gesù stesso. La seconda domenica della quaresima la domenica delle tentazioni di<br />

Gesù- sembra enucleare questa risposta. In che cosa consiste la tentazione ? Essa è sopra tutto una<br />

falsificazione della scommessa. Dalla prima lettura della domenica 2° dell anno (A) della terna<br />

liturgica romana, si fa riferimento al malinteso nelle origini dell umanità ed all inganno dello<br />

Spirito del male nella colpa ancestrale (Gen 2, 7-9, 3, 1-7). La stessa falsificazione nell invertire<br />

l intento divino dal di dentro si verifica con le tentazioni di Gesù (Mtt 4, 1-11). Tutto si articola<br />

sempre da se sei Figlio di Dio . Si argomenta dalle Scritture stesse : è scritto che . L unica<br />

risposta per smascherare la frode è di contro-argomentare dalla Scrittura è scritto anche .<br />

Sappiamo pertanto da ora che il discernimento dovrà farsi tramite il ricorso a ciò che è scritto (la<br />

lettera) per aprire il varco allo Spirito Ma le tentazioni sono chiarissime nella scelta che<br />

propongono: promettere beni terreni (pane) a nome del Regno della vita nuova cambia queste<br />

pietre in pani , promettere incolumità individuale a nome del Regno della vita nuova lanciati dallo<br />

stipite del tempio , promettere potere sul mondo a nome del Regno della vita nuova tutto questo<br />

sarà tuo<br />

(cfr ibidem). A questi tre livelli sappiamo che sicuramente non è la Chiesa in Spirito e<br />

verità. Ma così sappiamo anche qual è e <strong>quale</strong> non è il <strong>dialogo</strong> di conversione comune del cuore.<br />

Solo così potremo discernere qual è e <strong>quale</strong> non è la Chiesa in Cristo Si tratta di un discernimento<br />

nello Spirito come si riconosce Cristo nello Spirito (e non solo dalla carne ). Ma per poter fare<br />

questo discernimento, a niente serve di fare l inventario di ogni caso particolare, perciò Dio ha<br />

messo tutti in regime di peccato (Rm 5, 12-19) affinché tutti possano essere riscattati (non l uno<br />

piuttosto che l altro). Se tutto si gioca non sul corpo (la lettera) ma sul cuore<br />

54<br />

(lo spirito), o cioè<br />

sull intenzionalità, ogni motivazione ed ogni intento, come per l unità stessa, neppure il <strong>dialogo</strong><br />

è univoco o privo di ogni derivazione o deviazione dal di dentro- nella misura in cui fosse solo<br />

corpo e non cuore (riprendendo sempre l espressione del concilio Vaticano II, cfr supra). Non si<br />

tratta, nel <strong>dialogo</strong>, di un problema strutturale , ma di una trasparenza fondamentale 1 . Torniamo<br />

per capire qualcosa di questa trasparenza- alla celebrazione liturgica del Battesimo di Gesù e<br />

dell inizio stesso dell anno liturgico del ciclo A della terna delle domeniche ordinarie, la II<br />

domenica dell anno: Giovanni Battista certifica la credibilità divina di Gesù ho visto scendere e<br />

dimorare su di lui lo Spirito Santo (Vangelo, Gio 1, 29-34). Egli lo riconosce come investito<br />

dallo Spirito e nello Spirito che lo indica a Giovanni. Dalla scelta dell umile servo che non alza la<br />

voce, il popolo stesso viene scelto per essere luce delle nazioni (1° lettura, Is 49, 3, 5-6) e<br />

l apostolo con gli altri vi sono stati chiamati per formare questo popolo (2° lettura, I Cor 1, 1-3). Si<br />

è Chiesa-popolo-scelto-e-chiamato riconoscendo Cristo nello Spirito, non nella strutturazione che se<br />

dalla molteplicità periferica e non dal centro, e che evoca le forze del caos. Per la sua origine questo slancio nasce propriamente non dalla<br />

molteplicità, ma da certi settori intermedi talvolta vicini all'unità centrale. E', per così dire, un eccitamento di elementi secondari dell'intero contro<br />

l'unità primaria, un eccitamento comprensibile che avviene in nome dello stesso intero ma è erroneo nel metodo e nei mezzi. Sul piano dell'ontologia<br />

religiosa a questo eccitamento corrisponde la ribellione di Lucifero contro il piano divino dell'universo, il suo desiderio di dirigerlo a modo suo<br />

attribuendosi il significato di unità centrale. Naturalmente una differenza essenziale è data dal fatto che nelle condizioni empiriche terrene questo<br />

disegno trova la sua giustificazione nel male che compenetra tutte le forme terrene di Stato. <strong>Il</strong> luciferismo terrestre ha tutte le ragioni di desiderare<br />

qualcosa di meglio, mentre non aveva nessuna ragione l'Angelo dell'universo primevo, così vicino a Dio. Tuttavia è una giustificazione soltanto<br />

relativa in quanto il male di questo mondo viene superato secondo la legge di Cristo, non con la resistenza esteriore, non con i mezzi meccanici della<br />

violenza, ma soltanto con il sostituirvi in modo interiore ed organico la forza del bene. Però resta indubbio che l'ideologia rivoluzionaria presa in se<br />

stessa è ancora permeata dalla coscienza dell'intero e in nome di quest'ultimo innalza la sua bandiera».<br />

1 J. Feiner, The Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, New York 1971, Vol. 21, p. 89.


ne fa. Questa Chiesa, sappiamo dov è ma non sappiamo dove non è 1 . A chi rimane perplesso<br />

per la prospettiva che si apre, occorre rimandare alla parola di Papa Giovanni riguardo ai sospetti<br />

che stiamo cambiando la fede: Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che lo capiamo meglio 2 .<br />

Mettere dei limiti assai stretti e formali alla Chiesa o fare di essa una compagine ripiegata su se<br />

stessa potrebbe rivelarsi assai illusorio.<br />

II<br />

DALL AVVIO DIALOGALE IL PASSO DI DIRETTA<br />

CONSEQUENZIALITÀ: LA CONTINUA RIFORMA DELLE CHIESE<br />

VERSO IL LORO RINNOVAMENTO DI VITA<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> vivo (e vivace) non lascia le cose come stanno , o vice versa se niente si muove<br />

vuol dire che il <strong>dialogo</strong> si è arrenato. Si dirà che il <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, in tal senso, è "una impresa<br />

ascetica di rinascita, di rinnovamento e di comunità ecclesiale dinamica" 3 . Si esce dalla<br />

preoccupazione circa l'unione fine a se stessa, o fine per il bene della Chiesa (di una Chiesa per<br />

conto suo), quando esso sorge, invece, per amore di Dio e del mondo umano 4 . Senza questo<br />

'risveglio' l'intento <strong>ecumenico</strong> è soltanto una "strategia comune" di fronte a pericoli incombenti che<br />

le istituzioni percepiscono 5 . Quasi, quasi, sembrerebbe che si cerchi di salvaguardare il proprio<br />

pane , la propria incolumità , il proprio potere di Chiesa<br />

NON LASCIARE LE COSE COME STANNO, PRIMA CONFERMA DEL DIALOGO<br />

IMPEGNATIVAMENTE VISSUTO<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> porta alla riforma di ogni Chiesa nella loro incessante conversione a<br />

Cristo. La Chiesa peregrinante è chiamata a questa continua riforma.... in quanto istituzione umana<br />

6<br />

e terrena..... nei costumi.... nella disciplina.... nel modo di enunciare la dottrina . È proprio<br />

dall esigenza di santificazione nella conversione che nasce l imperativo di continua riforma 7 , né<br />

aggiornamento, né auto-riforma, né restaurazione 8 . Purtroppo, alcuni continuano a bollare la<br />

reformatio perennis come innovazione da correggere con il riferimento alla tradizione 9 . Altri<br />

hanno tentato di evitare del tutto il riferimento alla reformatio , per ritenere soltanto i termini di<br />

mundetur e renovetur , come si verifica nella dichiarazione del 1973 della Congregazione romana<br />

per la fede 10 . La formulazione del concilio Vaticano II poteva apparire troppo vicina alle tematiche<br />

1 O. Clément, <strong>Il</strong> potere crocifisso. Vivere la fede in un mondo pluralista, Magnano (BI) 1999, pp. 60-61: «La divino-umanità riguarda l umanità<br />

intera. La chiesa è la parte emersa dell iceberg, un popolo di re, di sacerdoti e di profeti che testimoniano e pregano perché nel Cristo veniente<br />

risplendano le fiammelle ovunque presenti dello Spirito santo, Soffio che sorregge i mondi, le culture, le religioni. Noi sappiamo dov è il cuore della<br />

chiesa, nell evangelo e nell eucarestia, ma non ne conosciamo i confini: essa costituisce la profondità di ogni esistenza umana ed è in essa che le<br />

costellazioni descrivono le loro orbite e i mandorli fioriscono alla fine dell inverno».<br />

2 I FRATELLI E LE SORELLE DI BOSE, Lettera agli amici, Ecumenismo e Vangelo, in «Qîqajôn di Bose», avvento 2006, p. 5.<br />

3 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in Kerygma und Dogma , 1966 n° 3, S. 200.<br />

4 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, pp. 133-134, n° 57.<br />

5 E. Schlink, Le décret sur l'oecuménisme, in AA. VV., Le dialogue est ouvert, Neuchâtel 1965, p. 217.<br />

6 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 6; l'enciclica di Giovanni Paolo II, Ut<br />

unum sint, Città del Vaticano 1995, nº 16-17, indurisce il riferimento cristologico implicito di questo richiamo alla continua 'riforma', includendovi la<br />

dimensione di 'rinnovamento' e facendo così svanire il tenore prettamente pneumatologico di quest'ultimo (vedere capitolo seguente). Si fa poi un<br />

reiterato collegamento tra 'aggiornamento' e 'riforma' (ibidem), facendo slittare quest'ultima verso questioni periferiche di 'adattamento' e di<br />

'opportunità' ecclesiastica.<br />

7 Y. de Moncheuil, Aspects de l'Eglise, Paris 1958, pp. 86-87.<br />

8 M.-D. Chenu, Storia della salvezza e storicità dell'uomo nel rinnovamento della teologia, in AA. VV., Teologia del rinnovamento, Assisi 1969, p. 9;<br />

P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. III, pp. 428-429.<br />

9 Cfr J. Wick, Commentary and Assessment of the Apostolic Tradition , in «Information Service», 1991 nº 78, p. 228.<br />

10 E. Lanne, Le mystère de l Eglise et de son unité, in «Irénikon», 1973 nº 3, p. 308 : «Ici La note justficative de l'assertion renvoie de manière<br />

générique aux nn. 6 à 8 du Décret sur 1 oecuménisme. A ce sujet on relèvera deux choses. La première est que cette assertion corrobore ce qui avait<br />

été dit précédemment sur la nécessaire purification de l EgIise. Mais, ce faisant, secondement, le texte romain utilise un vocabulaire qui en rigueur de<br />

termes ne correspond pas exactement aux paragraphes du Décret concillaire qu il allègue. Le terme «purifier» se trouve, on 1'a vu, dans Ia Lumen<br />

Gentium n.8 (1), et dans le n. 4 du Décret sur l'oecuménisme (de die in diem mundetur el renovetur). Mais le n. 6 de ce dernier déret, tout entier<br />

consacré à la rénovation de l'Eglise, emploie un autre terme que n a pas repris La Déclaration: réforme {reformatio) (2) Ce terme se trouvait déjà dans<br />

le n. 4 (3)».<br />

55


iformate, anzi, c è chi diceva che il movimento <strong>ecumenico</strong> non era altro che l intento di portare a<br />

termine la non conclusa e ben nota Riforma evangelica 1 . Eppure, rinnovamento e riforma sono<br />

due indirizzi complementari 2 . Non c è rinnovamento senza riforma 3 . Eminenti padri e<br />

commentatori del concilio hanno indicato la volontà di inserire esplicitamente tale formulazioni<br />

contro i modi (osservazioni) di due vescovi partecipanti, specificando la differenza di significato<br />

con la parola renovatio e ricordando che altri concili avevano usato tale termine 4 . La fase<br />

postconciliare ha visto affrontarsi questi orientamenti con vari ripensamenti e ripiegamenti 5 . Si farà<br />

presente che solo se il contesto socio-culturale riesce ad assimilare la spinta rinnovatrice e<br />

riformativa (come nel tempo di Lutero e nel suo ambito culturale), la riforma ecclesiale può<br />

concretizzarsi, tale non sarebbe stato il caso negli anni 70-80 6 . Tramite l incessante riforma, la<br />

Chiesa diventa veramente cattolica, evangelica e riformata 7 , così si esprime il documento comune<br />

tra metodisti e rappresentanti della Chiesa romana. Veramente riformata vuol dire: disposta ad<br />

attuare l autocritica ed a scartare tutto ciò che vi è di inautentico nel pensiero e nell azione 8 . Sarà<br />

questa disposizione di spirito che distinguerà l aggiornamento strutturale dalla reale capacità di<br />

riforma 9 . Questa riforma può coinvolgere le stesse strutturazioni ecumeniche ed il Consiglio<br />

<strong>ecumenico</strong> delle Chiese 10 . La riforma è espressione di conversione e di metanoia, capacità di<br />

rivedere le proprie posizioni nella prospettiva liberante di Cristo 11 . Infatti, la riforma non è<br />

trasformazione di una realtà in una realtà diversa, ma la rivalorizzazione della genuinità data<br />

originariamente 12 . Si parlerà della irreformabilità delle formulazioni di fede 13 , non della forma ma del<br />

((1) Cf. déjà Lumen Gentium (= LG) 6. / (2) UR 6. / (3) UR 4: opus renovationis necnon refarmationis strenue aggrediuntur .)<br />

1 C.C. Morrison, The Unfinished Reformation, New York 1953, p. XI.<br />

2 E. Lanne, Le mystère de l Eglise et de son unité, in «Irénikon», 1973 nº 3, p. 308 : «Le Concile a associé volontairement ces deux termes de<br />

rénovation et réforme, en sorte qu'ils apparaissent comme deux expressions comp1émentaires de la même néessité pour 1'Eglise. Or le même Décret<br />

Unitatis Redintegratio en ce paragraphe 6 contient cette phrase qui, nous semble-t-iI,. exprime clairement l'intention du Concile en la matière:<br />

«L Eglise au cours de son pèlerinage, est appelée par le Christ à cette réforme permanente (perennem reformationem) dont elle a perpétuellement<br />

besoin en tant qu'institution humaine et terrestre».<br />

3<br />

R. Manning, From the President's Desk Ecumenism, in «Light & Life» (Weston Jesuit. School of Theology), Spring 2003: «And in this<br />

ecumenical transition, two forms of ecumenism seem to be crucially important: first, the continuation with renewed vigour of ecumenical encounters,<br />

dialogues, and cooperation, especially in matters of peace, justice, and solidarity with the poor, which are not restricted to the realm of selected<br />

experts, but are accessible and obligatory for all, as Cardinal Kasper puts it. And, second, and most important for us at Weston Jesuit, ecumenism<br />

through reform and renewal of the Catholic Church itself. There is no ecumenism without reform and renewal of the Catholic Church, as the Decree<br />

on Ecumenism stated unequivocally in its second chapter. And after the past difficult months, can there be any doubt about our need for reform and<br />

renewal? What, then, might this renewal of the Catholic Church look like? Let me respectfully make a few suggestions for your consideration».<br />

4<br />

Cfr il cardinale e padre conciliare L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 107: «In det letzten Zeile werden<br />

renovatio und reformatio nebeneinander genannt. Zwei Väter hielten das für überllüssig und schlugen die Tilgung des Wortes reformatio vor. Dieser<br />

Modus wurde nicht angenommen, weil renovatio und reformatio nicht genau dasselbe besagen und weil das Wort reformatio auch von den früheren<br />

Konzilien oft angewandt wurde (vgl. die Zusanimenstellung im Index von «Conciliorum Q<strong>ecumenico</strong>rum Decreta», Freiburg i.. Br. 1962, S. 39*<br />

unter dem Stichwort reformatio ecclesiae)».<br />

5<br />

R.E. McNally, Church and Reform, in «The American Ecclesiastical Review», 1972 nº 166, pp. 393-404; cfr. J. B. Metz, Reform und<br />

Gegenreformation heute -Zwei Thesen zur Ökumenische Situation der Kirche, Mainz 1969.<br />

6<br />

G. Baum, Unity or renewal?, in «The Ecumenist», 1974 nº 1, p. 7.<br />

7<br />

WORLD METHODIST COUNCIL-ROMAN CATHOLIC CHURCH, Report 1970, in «Information service», 1973 nº 22, p. 29, nº 60.<br />

8<br />

WORLD METHODIST COUNCIL-ROMAN CATHOLIC CHURCH, Report 1970, in «Information service», 1973 nº 22, p. 29, nº 60.<br />

9<br />

ARBEITSGEMEINSCHAFT ÖKUMENISCHER UNIVERSITÄTSINSTITUTE, Memorandum. Reform unnd Anerkennung kirchlicher Ämter,<br />

München 1973, S. 20, Nº 18.<br />

10 T. Finger, Orthodox, Evangelicals Push for WCC Reforms in Harare, with reports from Chris Roberts, Religion News Service, in «Christianity<br />

Today», in «Internet» 2004, http://ctlibrary.com/2147: «The World Council of Churches (WCC) is hoping to broaden its base in an appeal to<br />

Catholics and Pentecostals. But meanwhile, disenchanted Orthodox and mainline evangelicals are calling the world's largest ecumenical organization<br />

to affirm historic Christian doctrine.<br />

At its eighth assembly, 960 WCC delegates gathered in Harare, Zimbabwe, to celebrate the Geneva-based organization's fiftieth anniversary and<br />

debate theological, moral, and political issues. The WCC has had difficulty in maintaining unity and harmony among its 339 Protestant and Orthodox<br />

member communions. Orthodox and mainline Protestant evangelicals in recent years have pressed the WCC to refocus on historic Christian doctrine<br />

at a time when contemporary theology, some of which rejects traditional Christian teaching, is a potent force within some WCC-member churches.<br />

DEMANDS FOR CHANGE: Despite strong efforts to hold the WCC together, some have withdrawn from the body. Hilarion Alfeyev, leader of the<br />

scaled-back Russian Orthodox Church delegation attending the assembly, noted that two Orthodox bodies the Georgian and Bulgarian churches<br />

have quit in the past two years. "If the structure of the WCC is not radically changed, other Orthodox churches will also leave the WCC," he said. At<br />

the meeting, the WCC voted to establish a special commission to try to resolve issues of Orthodox participation. However, hours later, the Russian<br />

Orthodox Church the largest member denomination in the WCC voted to suspend its participation in the WCC's central committee ...».<br />

11 ARBEITSGEMEINSCHAFT ÖKUMENISCHER UNIVERSITÄTSINSTITUTE, Memorandum. Reform und Anerkennung kirchlicher Ämter,<br />

Grünewald 1973, p. 20: «18. Ausgangspunkt jeder kirchlichen Reform ist die Umkehrbereitschaft, die selbstkritische Prüfung der bisherigen Praxis<br />

und ihrer Legitimationen und die stäindige Orientierung an der befreienden und verssöhnenden Botschaft Jesu Christi. Dies ist notwendig, wenn es<br />

nicht nur bei organisatorische Strukturreformen bleiben soll, die als bloße Anpassung verstanden werden könnten. Aus dieser Orientierung erwachsen<br />

neue Formen brüderlicher Kommunikation, solidarischen Verhaltens, der Zusammenarbeit und des Dialogs mit allen Gliedern und Gruppen - in und<br />

zwischen den Gemeinden».<br />

12 Cfr Paolo VI, Enciclica "Ecclesiam suam", in «Acta Apostolicae Sedis», 1964 ;A. Dulles, The resilient Church, New York 1977, p. 31.<br />

13 B.-D. Dupuy, Le magistère, service de la parole, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 72.<br />

56


senso 1 . Ma come può esservi questione di senso irreformabile ? La dimensione riformatrice della<br />

Chiesa di Cristo è la continua incisività dello Spirito per superare le ambiguità religiose 2 . O, cioè,<br />

si tratta di purificare le opacità organizzative arrocate su se stesse e di rispondere alle urgenze di<br />

ogni periodo storico 3 ? In ogni caso, due sembrano essere le congiunte condizioni per una continua<br />

riforma: la sincerità di lealtà interiore convergente con una revisione dinamica delle strutture<br />

pastorali secondo le urgenze del tempo. La dimensione di riforma si dirà- è la dimensione di<br />

attesa o di incompiutezza consapevolmente vissuta dalla Chiesa 4 . La dimensione riformatrice<br />

della Chiesa di Cristo è la continua incisività dello Spirito per superare le ambiguità 'religiose' 5 . O,<br />

cioè, si tratta di purificare le opacità organizzative e di rispondere alle urgenze di ogni periodo<br />

storico 6 ? In ogni caso, due sembrano essere le congiunte condizioni per una continua riforma: la<br />

sincerità di lealtà interiore convergente con una revisione dinamica delle strutture pastorali secondo<br />

le urgenze del tempo. La dimensione di riforma -si dirà- è la dimensione di 'attesa' o di<br />

'incompiutezza' consapevolmente vissuta dalla Chiesa 7 .<br />

L IMPLICAZIONE-CONSEGUENZA DEL DIALOGO: NON RIPETERSI MA RINNOVARSI.<br />

UNITÀ SENZA RINNOVAMENTO SI LEGA ALLA COLPA PASSATA, L UNITÀ NEL<br />

RINNOVAMENTO ANTICIPA PROFETICAMENTE E DENUNCIA PER MEGLIO<br />

DISCERNERE<br />

Esso apre anche il campo a ricerche ed intuiti ulteriori 8 . La via si apre al rinnovamento delle<br />

Chiese in Cristo. <strong>Il</strong> rinnovamento è il passaggio da una semplice ripetizione di se stessi alla<br />

trasformazione di se stessi tramite l incontro con altri, nel <strong>dialogo</strong> 9 . Dialogando, ci si rende conto<br />

che non si possono più reiterare le stesse formulazioni di fronte alla nuove sfide della storia 10 .<br />

Questo <strong>dialogo</strong> rinnova le Chiese nella misura in cui ci si interroga insieme sulla fedeltà alla<br />

volontà di Cristo 11 . C'è chi ha manifestato il suo acuto terrore di fronte a qualsiasi "febbre di<br />

rinnovamento che fa paura...." 12 ! Inoltre, occorre sottolineare che il rinnovamento non è soltanto<br />

adattamento o 'aggiornamento' 13 . Ma dall'aggiornamento, i 'segni dei tempi' ci aprono al<br />

rinnovamento più radicale 14 . <strong>Il</strong> rinnovamento ecclesiale sarà, riassuntivamente: "carità, umiltà,<br />

abnegazione e servizio" 15 . Si dice che la profezia stessa è parola debole<br />

57<br />

nella dimessa presenza di<br />

anticipazione 16 . Si è detto in tal senso- che il movimento <strong>ecumenico</strong> doveva diventare<br />

«prospettico»: cioè un movimento capace di guardare al dilà delle configurazioni confessionali<br />

esistenti nell ascolto degli interrogativi alle Chiese da parte dell umanità in cammino 17 . Come<br />

1 W. Kasper, Teologia e Chiesa, Brescia 1989, p. 46.<br />

2 P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. 3°, p. 197; J.A.T. Robinson, The New Reformation, London 196 , pp. 16-17.<br />

3 A. Dulles, The resilient Church, New York 1977, pp. 32-33.<br />

4 J. Courvoisier, De la réforme au protestantisme, Paris 1978, p. 76.<br />

5 P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. 31, p. 197; J.A.T. Robinson, The New Reformation, London 196 , pp. 16-17.<br />

6 A. Dulles, The resilient Church, New York 1977, pp. 32-33.<br />

7 J. Courvoisier, De la réforme au protestantisme, Paris 1978, p. 76.<br />

8 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le Dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 8.<br />

9 L. Vischer, Rapport, in «La documentation catholique», 1973 nº 1639, p. 830.<br />

10 DIALOGUE LUTHÉRIEN-CATHOLIQUE ROMAIN, Tous sous un seul Christ (prise de position sur la Confession d'Augsbourg), in «La<br />

documentation catholique», 1980 nº 1785, p. 439, nº 28.<br />

11 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directoire oecuménique, in «Information service», 1967 nº 1, p. 6; CONCILIO<br />

ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 4, 6.<br />

12 A. Ottaviani, <strong>Il</strong> baluardo, Roma 1961, pp. 279-280: «La società moderna è travagliata da una febbre di rinnovamento che fa paura ed è infestata da<br />

uomini che si prevalgono di tanta nostra sofferenza per costruirvi l'impero dei loro arbitrii, la tirannide dei loro vizi, ii nido delle lussurie e delle<br />

rapine. Mai il male ha assunto caratteristiche tanto vaste e apocalittiche, mai abbiam conosciuto altrettanto pericolo. Da un'ora a<strong>Il</strong>'altra noi possiamo<br />

perdere non la vita soltanto, ma tutta la civiltà e ogni speranza, il presente con 1'avvenire: non la ricchezza, ma la radice stessa dell esistenza in<br />

comune».<br />

13 vedere l'angolatura di E. Masina, Cristianesimo senza Cristo, Assisi 1968, pp. 5-16.<br />

14 Cfr G. Alberigo - J. P. Jossua, La réception de Vatican II, Paris 1985, p. 50; B. Forte, L'Eglise, icône de la Trinité, Paris 1985, pp. 16-21; G.<br />

Alberigo, Critères herméneutiques pour une histoire de Vatican II, in AA. VV., Interpréter. Hommage à Claude Geffré, Paris 1992, pp. 261-275; M.<br />

D. Chenu, Signes des temps, in AA. VV., Dictionnaire de la vie spirituelle, Paris 1987, p. 219.<br />

15 G. Cereti, Riforma della Chiesa e unità dei cristiani, Verona 1985, p. 156.<br />

16 M. Russotto, Profezia. <strong>Il</strong> coraggio della parola debole, in Ricerca , 1995 n° 4, pp. 6-7.<br />

17 Ch. Moeller, <strong>Il</strong> rinnovamento della dottrina sull'uomo, in AA. VV., Teologia del rinnovamento, Assisi 1969, p. 213: «Questa osservazione ha la<br />

sua importanza, soprattutto terminando il nostro saggio. Noi siarno di fronte a un nuovo compito ecurnenico, quello de<strong>Il</strong>'ecumenisrno prospettico .


profezia, l'impegno <strong>ecumenico</strong> sarà 'sentinella' che avverte le Chiese nel suo cammino attraverso la<br />

storia: avvertimento che comincia col rapporto tra Chiesa e problemi maggiori della vita e<br />

dell'umanità 1 . Questa sentinella potrebbe essere l angelo delle Chiese al <strong>quale</strong> la visione<br />

dell Apocalisse giovannea è indirizzata: angelo interprete 2 . La profezia, nella sua denuncia, ci pone<br />

l interrogativo-limite se deve prevalere il <strong>dialogo</strong> come si è impostato nella dinamica ecumenica<br />

fino adesso o se bisogna -invece- operare un taglio netto da tutto quello che può sembrare tuttora<br />

idolatrico<br />

3<br />

. La profezia ecclesiale includerà la lettura dei segni dei tempi con una non velata<br />

sensibilità e priorità per le situazioni di maggiore emarginazione ed esclusione 4 . L'universale<br />

profezia spinge la Chiesa verso il suo compimento oltre ogni ostacolo 'ad intra' ed 'ad extra' 5 .<br />

LA RIFORMA DELLE CHIESE, NON RICOMINCIARE TUTTO DA CAPO . METTERE<br />

FETTE DI STORIA TRA PARENTESI<br />

Si è fatto recentemente riferimento ad una inclinazione propria delle tradizioni riformate e<br />

pre-riformate 6 , di voler sempre ricominciare da capo . Si tratterebbe di un tipo di inerente<br />

riformatìte (un tipo ipotetico di malattia ) o di riformatismo che mette in forse gli assetti<br />

stabiliti. O escludere le riforme a nome della legittimità o sciogliere la legittimità con le riforme che<br />

ricominciano la vita ecclesiale da capo... Sarà questo il dilemma che incontriamo sia in occidente<br />

sia in oriente, dal primo al secondo millennio?<br />

FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: TOCCANDO IL TESSUTO VIVO DELLE<br />

CHIESE, A CHI PARAGONARE L ODIERNA GENERAZIONE<br />

I dubbi sul <strong>dialogo</strong> si esprimono talvolta con insistenza: ma che cosa è cambiato<br />

sostanzialmente nel profilo delle Chiese? Dopo questi 50 anni di coinvolgimento ufficiale<br />

romano (parlando ognuno per il suo proprio contesto ecclesiale), una osservazione tende a mettersi<br />

avanti: l adesione formale al movimento <strong>ecumenico</strong> non ha suscitato né profondo ripensamento né<br />

schietta insofferenza o intransigente rifiuto. <strong>Il</strong> corpo stesso della Chiesa è rimasto quello che era,<br />

non si è mosso niente. Subentra un tipo di immobilismo che potrebbe prendere la forma<br />

dell indifferenza di fronte alle sollecitazioni del cammino o anche verso i segni dei tempi<br />

Stranamente ed ironicamente, questa via ecumenica suscitava invece dei timori o sospetti di essere<br />

<strong>Il</strong> mondo bussa alla porta delle chiese, di tutte le Chiese. E mezzanotte come nella parabola di Luca. <strong>Il</strong> mondo bussa alla porta, is knocking at the<br />

door , diceva Martin Luther King nella sua predica della Confercnza mondiale Eglise et société, nel luglio 1966, a Ginevra. <strong>Il</strong> mondo pone una serie<br />

di domande. Queste domande sono a tutte le chiese cristiane. Tra di esse vi quella dell'uorno. Le tensioni non stanno ai confini delle divisioni<br />

confessionali; esse attraversano le confessioni stesse, all interno».<br />

1 W. A. Visser't Hooft, Les tâches des Eglises dans la situation oecuménique nouvelle, in Irénikon , 1966 n° 1, pp. 168-169.<br />

2 P. Stefani, Alle sette Chiese, in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, pp. 200-201: <strong>Il</strong> Figlio dell'uomo si presenta con<br />

la spada a due tagli nella sua bocca . In questa immagine vi è un duplice richiamo alla parola, sia perché ci si riferisce a un passo biblico (cfr. Is<br />

49,2), sia perché la spada raffigura anch'essa proprio la parola (cfr. Eb 4,12). La spada a due tagli rappresenta la forza debole e potente a un tempo<br />

della parola. Essa segna la forza e nello stè`sso tempo contraddistingue anche l' umiltà del Figlio dell'uomo che ha indossato i panni del servo.<br />

L'immagine della spada a due tagli non giunge infatti all'Apocalisse provenendo da qualche scena grandiosa, deriva invece da uno dei carmi del 'servo<br />

del Signore' contenuto nel libro del profeta Isaia: II Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio<br />

nome, ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano... (Is 49,1-2). È decisivo cogliere il senso profondo legato<br />

al fatto che la spada esce dalla bocca invece di essere brandita con la mano. E, se viste sulla scorta di queste osservazioni, anche le orride scene di<br />

macello compiute dal cavaliere con in bocca la spada affilata, di cui parlerà più avanti l'Apocalisse (cfr. Ap 19,15-16), assumono un altro significato.<br />

<strong>Il</strong> linguaggio biblico non ignora una spada a due tagli afferrata con la mano. Questo gesto rappresenta l'effettuazione di un giudizio: Esultino i fedeli<br />

nella gloria, sorgano lieti dai loro giacigli. Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani per compiere la vendetta tra i popoli e<br />

punire le genti, per stringere in catene i loro capi e i loro nobili in ceppi di ferro; per eseguire su di essi il giudizio già scritto (Sl 149,5-9).<br />

Confrontate con le parole del salmo dove viene prospettata l'effettiva esecuzione di una sentenza tramite una spada a due tagli tenuta saldamente in<br />

pugno, si può comprendere come una spada che esce dalla bocca diriga l'interpretazione verso un'altra direzione, cioè verso l'umile, paradossale forza<br />

del servo e verso la debole forza della parola. Gesù Cristo può essere davvero testimoniato solo se si resta fedeli a chi è contraddistinto da una spada a<br />

doppio taglio che esce dalla sua bocca proprio per6té non è afferrata dalla mano (e, ai nostri giorni, non è certo difficile comprendere quanto sia<br />

intrinsecamente debole la testimonianza della bocca) .<br />

3 P. Ricca, Per una Chiesa che tollera l idolatria, in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, pp. 228-229.<br />

4 UGANDAN EPISCOPAL CONFERENCE, Pastoral Letter With a new Heart and a new Spirit , Kampala 1986, n° 129; .<br />

5<br />

. / S. Bulgakov, , 1945, . 137, 139-141, 280, 282, 285-286, 316-317.<br />

6<br />

Cfr il prof. Ricca in occasione del convegno del SEGRETARIATO ATTIVITÀ ECUMENICHE (SAE), a Verona il 30/4/89.<br />

58


la causa del pericolo di indifferentismo 1 Vale forse- la parola citata da Cristo: A chi<br />

paragonerò le persone di questo tempo? Sono come i bambini che gridano gli uni contro gli altri:<br />

Abbiamo cantato e non avete ballato abbiamo intonato un lamento e non avete pianto (Lc 7,<br />

32 / Mtt 11, 17 )? Si è trattato chissà- di una questione di corpo più che una questione di<br />

cuore ?... In <strong>quale</strong> senso? Innanzitutto prendendo atto del discernimento seguente fatto dal concilio<br />

Vaticano II per la Chiesa romana: non si salva chi, anche se incorporato nella Chiesa, non<br />

perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col corpo , ma non col cuore . Si<br />

ricordino bene tutti i figli della Chiesa (cattolica di comunione romana), che la loro privilegiata<br />

condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui se non vi<br />

corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi<br />

saranno più severamente giudicati 2 . Riguardo al cuore , si potrebbe chissà- dire che non si tratta<br />

neanche di indifferenza contestuale ma di insensibilità diffusa. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ha cantato e ha intonato<br />

il suo lamento , ma niente è stato dato come risposta Gesù sta parlando di se (del Suo mistero)<br />

davanti a questa generazione come si può parlare del <strong>dialogo</strong> di conversione del cuore delle<br />

Chiese L interattività non ha sfondato Subentra una letargia o una paralisi simile a ciò che i<br />

Padri della Chiesa diagnosticavano come infezione degli inizi del cammino umano 3 . <strong>Il</strong> Vangelo<br />

rimane nella tematica tipica di questa riflessione: la conversione dialogale in Cristo. È venuto<br />

Giovanni il Battista e hanno detto ha un demoni l avvio del processo di conversione fu sciolto in<br />

partenza. È venuto il Figlio dell uomo e hanno detto è un mangione e un beone (Mtt 11, 18-<br />

19). C è sempre una scusa per non entrare nel gioco Eppure, da Gesù viene fatta questa<br />

conclusione speranzosa alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere (Mtt 11, 19). <strong>Il</strong> campo<br />

rimane sempre aperto e c è sempre modo di coinvolgersi nelle opere di questa Saggezza Una<br />

cosa appare palese, se la Chiesa non entra in questa offerta e risposta dialogale, non è più se<br />

stessa<br />

III<br />

COSA C È OLTRE-DOPO IL DIALOGO NELLA DINAMICA<br />

ECUMENICA: DALLA GARA PER LA VERITÀ ALLE GARE DI<br />

COLLABORAZIONE E DI TESTIMONIANZA NELLA<br />

METODOLOGIA DEI PASSI DI CONSENSO CONCRETO,<br />

COLLABORARE SENZA DOMINARE, L EPICLESI DELLA<br />

TESTIMONIANZA COMUNE, LA METODOLOGIA DEI MODELLI<br />

NELLA VIA DELLA RICONCILIAZIONE<br />

Molto dipende da ciò che si intenderà con il movimento <strong>ecumenico</strong> stesso: una<br />

organizzazione per la ricomposizione dell unità nella sua pienezza che recepisce le diversità, o un<br />

risveglio interecclesiale che riconcilia le Chiese nelle loro diversità verso una pienezza di koinonia.<br />

Dalla conversione del cuore operata da Dio si passa alla consacrazione dell opera nello Spirito<br />

Santo nel <strong>quale</strong> il compimento si incammina verso i suoi traguardi. Questo compimento si muove<br />

immancabilmente oltre le nostre attese, esso apre una dinamica profetica che coinvolge le Chiese.<br />

1 Giovanni Paolo II, Enciclica "Redemptor hominis", in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, pp. 266-267: «Vi sono persone che, trovandosi di fronte alle<br />

difficoltà, oppure giudicando i risultati degli iniziali lavori ecumenici, avrebbero voluto indietreggiare. Alcuni esprimono perfino l'opinione che questi<br />

sforzi nuocciano alla causa del Vangelo, conducano ad un'ulteriore rottura della Chiesa, provochino confusione di idee nelle questioni della fede e<br />

della morale, approdino ad uno specifico indifferentismo. Sarà forse bene che i portavoce di tali opinioni esprimano i loro timori tuttavia, anche a<br />

questo riguardo, bisogna mantenere i giusti limiti. È ovvio che questa nuova tappa della vita della Chiesa esiga da noi una fede particolarmente<br />

cosciente, approfondita e responsabile. La vera attività ecumenica significa apertura, avvicinamento, disponibilità al <strong>dialogo</strong> comune ricerca della verità<br />

nel pieno senso evangelico e cristiano; ma esso non significa assolutamente né può significare anunciare o recare in qualsiasi modo pregiudizio ai<br />

tesori della verità divina, costantemente confessata ed insegnata dalla Chiesa».<br />

2 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", Città del Vaticano 1965, nº 14.<br />

3 Cfr i testi di A. Joos sulla teologia orientale, parte I, in http://www.webalice.it/joos.a.<br />

59


IL DIALOGO COME GARA PER LA VERITÀ ED OLTRE<br />

Si è ripetuto che il <strong>dialogo</strong> rimane uno scambio con uno scopo (non uno scopo in e per se):<br />

scoprire insieme la verità tutta 1 . Mettendo in comune tutti i nostri «sogni» in vista di ciò che l'unità<br />

potrà rivelarsi di essere, si potrà operare questo cammino di «verità» fino in fondo 2 . Sia la «verità»<br />

sia la «conversione», come superamento dei «confini» nei quali ci recintiamo, ambedue esigono di<br />

non essere ripetitive 3 . Ci vuole un «rinnovamento» 4 proprio per poter vivere in pieno il cammino<br />

in avanti verso la verità. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> non impedirà, pertanto, di considerare disuguali nella qualità di<br />

pienezza cristiana condivisa le diverse dottrine in presenza, evitando ogni equivalentismo ma<br />

anche ogni giudizio sulla volontà di fedeltà degli altri verso Cristo 5 . Essa apre la sua angolatura<br />

6 7<br />

dalla dottrina non nostra e sui misteri nascosti in Dio da secoli , che non sono mai<br />

esaurientemente esplorati... Pertanto il <strong>dialogo</strong> sarà una gara spirituale per la verità, non dei<br />

partecipanti gli uni contro gli altri, ma di tutti impegnati insieme nel raggiungerla 8 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong><br />

premette la disponibilità ad affrontare con sempre maggiore schiettezza e sincerità i problemi<br />

centrali che ci allontanano gli uni dagli altri, senza temere la chiarezza di formulazione e senza<br />

farne rimprovero all interlocutore 9 . Così, il <strong>dialogo</strong> diventa una crescita comune nella trasparenza<br />

reciproca 10 . Si insiste sulla maturazione dell approfondimento comune della fede nel <strong>dialogo</strong> 11 .<br />

LA COLLABORAZIONE NEL SERVIZIO COMUNE O CIOÈ LA VOLONTÀ DI NON<br />

DOMINARE L ALTRO<br />

Per dialogare bisogna essere, in qualche modo, diversi. La totale identità dell uno nell altro<br />

diventa monolitismo statico dove non si fa altro che ripetere e clonare le stesse identità . La<br />

pluralità espressiva conferma la ricchezza, che sorge dall'intensità di unità. L'unità non è né<br />

uniformità né assorbimento dell'uno nell'altro. Dal <strong>dialogo</strong> nella diversità si deve passare -nella<br />

concretezza quotidiana- alla collaborazione multiforme. La collaborazione nella diversità garantisce<br />

l'unità senza volontà di dominare sull'altro 12 . La collaborazione mutua garantisce l'unità senza<br />

volontà di dominare l'altro 13 . I due perni di bloccaggio della cooperazione sono il missionismo ed<br />

il ministerialismo , mentre la collaborazione tra cristiani scioglierà innanzitutto gli eccessi delle<br />

strutture ecclesiastiche e missionistiche 14 . La diaconia comune è -anzi- la via d uscita unificante<br />

1 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 470.<br />

2 R. NIEBUHR, Essays in applied Christianity, New York 1959, pp. 337-338.<br />

3 DIALOGUE DE LA FÉDÉRATION LUTHÉRIENNE MONDIALE ET DE L'EGLISE CATHOLIQUE ROMAINE, Tous sous un seul Christ, in<br />

«La documentation catholique», 1980 n° 1785, p. 439, n° 28.<br />

4 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Directorium oecumenicum, pars I, Roma 1969, p. 1, n° 2b.<br />

5 SECRÉTARIAT POUR L'UNITÉ DES CHRÉTIENS, Réflexions et suggestions concernant le dialogue oecuménique, in «Information service»,<br />

1970 nº 2, p. 7 (nº 2).<br />

6 Paolo VI, Litterae enciclicae "Ecclesiam suam", in «Acta Apostolicae Sedis», 1964 nº 10, p. 610.<br />

7 Paolo VI, Litterae enciclicae "Ecclesiam suam", in «Acta Apostolicae Sedis», 1964 nº 10, p. 611.<br />

8 W. Visser t'Hooft, Heel de Kerk voor heel de wereld, Utrecht 1968, p. 36.<br />

9 H. H. Harms, Dreht Rom das Rat zurück, in «Una Sancta», 1973 Nº 3, S. 189.<br />

10 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189.<br />

11 JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, On the Ecumenical<br />

Dialogue, in «The Ecumenical Review», 1964 nº 4, p. 472.<br />

12 Giovanni Paolo II, Discorso «Alla Delegazione Copta Ortodossa», (22 giugno), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano<br />

1979, vol. 1 p. l005: «È fondamentale in questo <strong>dialogo</strong> riconoscere che la ricchezza di questa unità nella fede e nella vita spirituale deve essere<br />

espressa nella diversità delle forme. L'unità -sia a livello universale che locale- non significa uniformità o assorbimento di un gruppo da parte di un<br />

altro. È piuttosto demandato al servizio di tutti i gruppi aiutare ciascuno a vivere meglio i propn doni che ha ncevuto dallo Spirito di Dio. Questo è un<br />

incoraggiamento ad andare avanti con hducia e facendo afhdamento sotto la guida dello Spinto Santo. Qualunque sia l'amarezza ereditata dal passato,<br />

qualunque possano essere i dubbi e le tensioni attuali, il Signore ci chiama a procedere nel mutuo amore e nella vicendevole hducia. Se la vera unità<br />

deve essere raggiunta, essa sarà il nsultato della cooperazione tra paston a livello locale e della collaborazione a tutti i livelli di vita delle nostre<br />

Chiese, di modo che il nostro popolo possa crescere nella comprensione l'uno per l'altro, nella fiducia e nella cantà l'uno verso l'altro, tutti insieme<br />

crescendo nella perfezione dell'unità per cui il nostro Signore ha pregato la sera prima di morire (Gv 17), e per cui l'apostolo Paolo ci esorta a lavorare<br />

con ogni diligenza (cf Ef 4, ll-13)».<br />

13 Giovanni Paolo II, Alla delegazione Copta ortodossa, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1979, vol. 11, p. 1605.<br />

14 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Minutes of the second Meeting of the Commission on World Mission and Evangelism, Geneva 1964, pp. 71,<br />

73.<br />

60


per le Chiese in quanto tali, particolarmente nei settori più emarginati della convivenza umana 1 . La<br />

collaborazione significa innanzitutto possibilità di condividere le risorse come Chiese in seno al<br />

movimento <strong>ecumenico</strong> 2 . L intento maggiore di questa cooperazione è di istaurare un comune<br />

impegno nelle opere di misericordia<br />

3 . La tradizione luterana vive la priorità di questa<br />

implicazione come gratuità della giustificazione (nelle opere che si diceva avesse trascurato) 4 .<br />

Serve sopra tutto una cooperazione mutua del ministero ecclesiale (o atti ecclesiastici reciproci )<br />

nelle situazioni odierne 5 .<br />

L EPICLESI COMPLESSIVA DELLA TESTIMONIANZA COMUNE<br />

"Tutti i cristiani professino davanti a tutti i popoli la fede di Dio uno e trino, nell'incarnato<br />

Figlio di Dio, Redentore e Signore nostro, e con comune sforzo nella mutua stima rendano<br />

testimonianza della speranza nostra, che non inganna" 6 . La testimonianza comune diventa possibile<br />

nella 'epiclesi' dello Spirito: tale appariva il gesto di apertura dell Assemblea ecumenica di<br />

Camberra 7 . La testimonianza comune trova la sua legittimità nella sorgente del comune battesimo,<br />

riconosciuto così- come chiave prioritaria di ecclesialità 8 . È lo Spirito che agisce come<br />

'proclamatore' del Messaggio: facendo sorgere la fede, essendo Spirito di fede, portando non al<br />

coraggio 'di' credere ma al coraggio 'nel' credere 9 . L'apostolicità è ritorno a Cristo nella comune<br />

testimonianza diversificata degli apostoli e dagli apostoli 10 . L'impegno apostolico è azione dello<br />

Spirito Santo 11 : interpellazione continua delle Chiese da parte di Cristo 12 nel comune "essere<br />

mandati" dei testimoni 13 . Si tratta di una testimonianza gratuita su Cristo via, verità e vita nella<br />

complementarietà di tutti 14 . Solo nella testimonianza comune si potrà discernere i doni che lo<br />

Spirito sparge nelle varie Chiese e comunità cristiane 15 . In questa gratuità reciproca, le stesse<br />

divergenze diventano occasione di perdono vissuto come testimonianza mutua 16 , via verso<br />

riscoperte di dimensioni talvolta non pienamente valorizzate da una parte o l'altra 17 . La<br />

testimonianza comune è il <strong>dialogo</strong> vissuto nel coinvolgimento quotidiano in seno al cammino<br />

1 Cfr WORLD COUNCIL OF CHURCHES, World Assembly of New Delhi, London 1962, pp. 108-114, 230-248; CENTRAL COMMITTEE OF<br />

THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Minutes and Reports of the centre Committee of the World Council of Churches at Paris, August 7-16<br />

1962, Geneva 1962, pp. 86-89.<br />

2 D. E. Johnson, Uppsala to Nairobi, 1968-1975, New York 1975, p. 177.<br />

3 ROMAN CATHOLIC / METHODIST INTERNATIONAL COMMISSION, The apostolic Tradition, in «Information Service», 1991 nº 78, p. 219<br />

nº 47.<br />

4 COMMISSION INTERNATIONALE LUTHERIENNE - CATHOLIQUE, La compréhension de l Eglise à la lumière de la justification, in «La<br />

documentation catholique», 1994 nº 2101, p. 813 nº 9.<br />

5 C. Dumont, Le dialogue cuménique, (pro manuscripto, polic., SEGRETARIATO PER L UNIONE DEI CRISTIANI, archivio) Roma 1974, p. 6 :<br />

«Nous touchons ici à un point très important. Nous progresserons sur la voie de l'unité plus par des actes ecclésiastiques réciproques que par des<br />

discussions. Dans le discours qu'il prononçait le 26 octobre à Saint-pierre en recevant le patriarche Athénagoras le Saint Père ne disait-il pas:<br />

"Beaucoup plus que par une discussion du passé, c'est dans une collaboration positive en vue de répondre à ce que l'Esprit demande aujourd hui à<br />

l'Egiise que nous arriverons à surmonter ce qui nous sépare encore».<br />

6 Paolo VI, Esortazione apostolica "Evangelii nuntiandi", in «Acta Apostolicae Sedis», 1976, p. 67, nº 67.<br />

7 J. M. R. Tillard, L'Esprit-Saint était-il à Camberra?, in «Irénikon», 1991 nº 2, p. 164.<br />

8 J. Willebrands, La contribution du Secrétariat pour l unité des chrétiens au travail du Synode des évêques, 1977, in «Service d information», 1978<br />

n° 36, p. 2 : «a) La catéchèse commune est possible. Nous en trouvons le fondement théologique dans la Constitution Lumen Gentium: «Avec ceux<br />

qui, étant baptisés, portent le beau nom de chrétiens sans pourtant professer intégralement la foi ou sans garder l'unité de la communion sous le<br />

successeur de Pierre, l'Eglise se sait unie pour de multiples raisons (n. 15)». Sont ensuite énumérés les éléments qui sont communs à tous les<br />

chrétiens. De même dans le décret sur 1'oecuménisme (n. 3). La prière commune elle aussi est recommandée, sous certaines conditions (UR, 8)».<br />

9 M. Jousse, La manducation de la Parole, Paris 1975, p. 180; G. Ebeling, Das Wesen des christlichen Glaubens, Hamburg 1959, S. 94.<br />

10 FAITH AND ORDER, One Baptism, one Eucharist, one mutually recognized Ministry, Geneva 1975, p. 31, nº 6; COMMISSION<br />

THEOLOGIQUE INTERNATIONALE, La succession apostolique et l'apostolicité de l'Eglise, in «La documentation catholique», 1974 nº 1657, p.<br />

617.<br />

11 GROUPE DES DOMBES, Pour une réconciliation des ministères, in «La documentation catholique», 1973 nº 1625, p. 134, nº 10.<br />

12 GROUPE DES DOMBES, Pour une réconciliation des ministères, in «La documentation catholique», 1973 nº 1625, p. 133, nº 7.<br />

13 R. Schnackenburg, Apostolizität, Stand der Forschung, in «Kerygma und Dogma», 1971 nº 2, S. 58; JOINT WORKING GROUP OF THE<br />

WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Catholicity and Apostolicity, in «One in Christ», 1970 nº 3, p.<br />

462.<br />

14 GROUPE MIXTE DE TRAVAIL DU CONSEIL OECUMÉNIQUE DES EGLISES ET DE L'EGLISE CATHOLIQUE, Témoignage commun et<br />

prosélitisme de mauvais aloi, in «La documentation catholique», 1972 nº 1575, pp. 1078-1079, nº 11, 21, 24.<br />

15 GROUPE MIXTE DE TRAVAIL DU CONSEIL OECUMÉNIQUE DES EGLISES ET DE L'EGLISE CATHOLIQUE, Témoignage commun et<br />

prosélitisme de mauvais aloi, in «La Documentation catholique», 1972 nº 1575, pp. 1081-1082, nº 40-41.<br />

16 GROUPE MIXTE DE TRAVAIL DU CONSEIL OECUMÉNIQUE DES EGLISES ET DE L'EGLISE CATHOLIQUE, Témoignage commun et<br />

prosélitisme de mauvais aloi, in «La Documentation catholique», 1972 nº 1575, p. 1079, nº 21.<br />

17 GROUPE MIXTE DE TRAVAIL DU CONSEIL OECUMÉNIQUE DES EGLISES ET DE L'EGLISE CATHOLIQUE, Témoignage commun et<br />

prosélitisme de mauvais aloi, in «La Documentation catholique», 1972 nº 1575, pp. 1079-1080, nº 24.<br />

61


dell'umanità. La testimonianza comune ci spinge a compiere insieme tutto ciò che siamo obbligati<br />

di fare separatamente 1 , pur offrendo di propria iniziativa tutto ciò che possiamo non pretendere<br />

2<br />

dagli altri, secondo il noto criterio della sussidiarietà . Tale testimonianza ci permette di scoprire<br />

dal vivo i doni sempre nuovi di cui ogni Chiesa e comunità viene dotata da parte del Signore, nello<br />

Spirito Santo, evitando ogni colpevole ignoranza da ambedue le parti 3 .<br />

DALLA PIENEZZA EUCARISTICA DI FEDE AI PASSI CONCRETI DI CONSENSO<br />

Se si guarda alla pienezza dell'assemblea eucaristica nell'Amore ecclesiale, tenendo conto<br />

della complementarietà nella uguaglianza, l'unica possibile preminenza sarà quella di un 'dono<br />

specifico' dello Spirito Santo ad una Chiesa nell'insieme della concordia tra tutte le assemblee, dono<br />

non umanamente circoscrivibile e spiegabile 4 . Quando si parla di 'dono specifico', si intende una<br />

qualità particolare d'Amore ecclesiale 5 . Come 'dono specifico' vi può essere quello della irripetibile<br />

priorità a servizio di tutte le Chiese 6 . La 'receptio' della Chiesa rivestita di priorità è inderogabile<br />

nel consenso tra tutte le assemblee e consiste nel <strong>dialogo</strong>, nella partecipazione e nel mutuo<br />

consentire 7 . Tale dono consiste in una testimonianza della Chiesa su se stessa, ed è la testimonianza<br />

di più insostituibile qualità che conferisce autorità specifica ad una Chiesa 8 . <strong>Il</strong> consenso nasce<br />

dall intento stesso del <strong>dialogo</strong> 9 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> non è tale se non punta ad un consenso tramite la mutua<br />

ricezione. La ricezione è il momento di impegno esplicito o ufficiale delle Chiese su un particolare<br />

aspetto di consenso abbozzato, facendo uscire il <strong>dialogo</strong> di consenso dal suo livello di scambio<br />

facoltativo e non vincolante, come lo potrà rivelare il processo di consenso nella ricezione del<br />

documento multilaterale del BEM 10 . Storicamente, la non ricezione di tale o tale aspetto di vita o di<br />

dottrina non significava necessariamente una rottura di comunione ecclesiale 11 . Al contrario, la<br />

rottura di comunione implicava un rifiuto di ricezione dell altra Chiesa 12 . La ricezione è -forse- una<br />

gestione programmata delle tappe ecclesiali da seguire? Se l organizzazione ecumenica di vertice<br />

fosse incitata a gestirla in questo modo, gli osservatori del cammino ecclesiale ed <strong>ecumenico</strong> ci<br />

ricordano che essa non è programmabile e non viene fissata una volta per tutte. La conferma viene<br />

1<br />

Cfr in L. Vischer, Documentary History of the ecumenical Movement, London 1975, pp. 86, 104, 151 (From the New Delhi Report).<br />

2<br />

Cfr Pio XI, Enciclica Quadragesimo anno , in «Acta Apostolicae Sedis», 1931 nº 23, p. 203;cfr Giovanni XXIII, Enciclica Mater et Magistra ,<br />

Città del Vaticano 1962, nº 53; A. Dulles, The resilient Church, New York 1979, p. 182.<br />

3<br />

JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Common Witness, in<br />

«Information Service», 1980 nº 44, p. 146, nº 25.<br />

4<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 410-411; .<br />

/ N.<br />

Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 31-32, 34.<br />

5<br />

.<br />

/ N. Afanas ev,<br />

, in<br />

, 1957 XI, . 34; .<br />

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui<br />

préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 31; .<br />

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n<br />

4, p. 470; . / N. Afanas ev,<br />

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 297-303.<br />

6<br />

. / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 32-35.<br />

7<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 411-412, 419-420; .<br />

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne<br />

1962, pp. 197-199; .<br />

/ N. Afanas ev,<br />

, in<br />

, 1957 XI, . 34; .<br />

/ N.<br />

Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 46, 48, 55; .<br />

/ N. Afanas'ev,<br />

Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, pp. 13-15; .<br />

/ N. Afanas'ev, Una<br />

Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 472.<br />

8<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 411, 414; .<br />

/ N.<br />

Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 197-<br />

199 . / N. Afanas ev,<br />

, in<br />

, 1957 XI, . 38; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui<br />

préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 35, 54-55; idem, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des<br />

évêques, op. cit., p. 15.<br />

9<br />

K. Lehmann, Du dialogue comme forme de la communication et de l approche de la vérité dans l Eglise d aujourd hui, in «Documents épiscopat»,<br />

1995 nº 7, p. 5.<br />

10<br />

P. Ricca, <strong>Il</strong> «BEM» e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 158: «Ma in che modo sarà<br />

ricevuto il BEM, che vorrebbe essere riconosciuto «come una espressione della fede apostolica»? Sarebbe avventato fare previsioni. Le risposte<br />

forniranno comunque indicazioni importanti non solo sull effettiva dispoinibilità ecumenica delle chiese ma anche sulla quaIità dell ecumenismo che<br />

esse intendono promuovere e praticare. Le reazioni al BEM niveleranno, in sostanza, se le chiese stanno realmente camminando verso l unità e, in<br />

caso affermativo, verso <strong>quale</strong> unità sono incamminate. L unità della chiesa sarà quel1a proposta (almeno a grandi linee) dal BEM o invece le chiese<br />

non «covergeranno» (ma divergeranno!) su di essa, per cui bisognerà cercarla su altre basi e quindi proporre e proninovere altri modelli di unità? La<br />

risposta a queste domande l avremo probabilmente- nel corso del 1985. <strong>Il</strong> BEM resterà comunque una tappa importante nel cammino <strong>ecumenico</strong>,<br />

anche se dovesse segnare (come pure è possibile) una battuta d arresto e la via del BEM dovesse rivelarsi al vaglio delle chiese- un vicolo cieco».<br />

11<br />

. / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 456, 462, 469.<br />

12<br />

N. Afanas ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 458.<br />

62


dall ultimo concilio romano di transizione , che suscitò per alcuni l euforia e poi la delusione 1 .<br />

L indagine ci orienta verso le incognite della ricezione (come già accennato in riferimento alla<br />

nuova metodologia nel concilio, cfr l introduzione, prima premessa). La svolta ecumenica avrà<br />

come priorità di promuovere in tutto le tappe di ricezione sulla base degli approfondimenti a<br />

monte della ecclesiologia di ogni Chiesa e famiglia cristiana. Se la non piena comunione tra le<br />

Chiese supera ciò che prima veniva evocato come rottura della comunione, il cammino paziente<br />

della ricezione mutua ridiventa ipotizzabile ed attuabile. L intento basilare va colto dalla stessa<br />

prospettiva organica della vita: la ricezione di ciò che l organismo assimila per permettere che si<br />

realizzi il suo progetto vitale specifico 2 . Poi, nella visuale evangelica, il bonum recipiendum è -<br />

per eccellenza- la Parola accolta ed assimilata in vista di una incorporazione specifica, magari<br />

originale ed aperta verso una sempre maggiore pienezza di vita nella fede 3 . Tutto ciò converge<br />

nell idea orientale ed ortodossa del processo di ricezione o nell idea anglicana dello spazio di<br />

tempo da lasciare ad ogni dinamica di accettazione 4 . Ma se vi è una maturazione nel tempo, vi può<br />

anche essere una maturazione diversificata secondo i luoghi, e ciò pone la questione della<br />

universalizzazione<br />

e dell universalismo nella impostazione ecclesiologica 5 . <strong>Il</strong> consenso è una<br />

tappa limitata del processo di ricezione complessiva da parte del popolo di Dio 6 . Si parlerà di<br />

consenso differenziato nel senso di compiere i passi possibili, volta per volta, senza premettere un<br />

assenso su tutto, subito 7 . Esso formula ciò che è comune piuttosto che ciò che ha portato<br />

all allontanamento mutuo e deve poter essere riformulato oggi 8 . <strong>Il</strong> consenso di portata e di<br />

intenzione universale (in genere concordato da persone delegate) dovrà passare attraverso una<br />

assimilazione locale nella vita stessa della comunità credente 9 . <strong>Il</strong> consenso del quod ubique, quod<br />

semper ha per l oriente ortodosso una dimensione inalienabile di antiquitas per poter diventare<br />

consensus Ecclesiae 10 . Ecclesiologicamente, questa antiquitas si rinchiuderà in una semplice<br />

verifica cronologica, se non si riesce a riprospettare l originarietà dalla cronologia alla sorgente<br />

pneumatologica come dono inesauribile. Ecco dove l ecclesiologia ecumenica subentra con la sua<br />

metodologia di rinvio a monte delle ecclesiologie stabilite verso le sorgenti del mistero di fede.<br />

L intuito del popolo di Dio stesso avrà la sua importanza. Occorrerà passare sempre dalla fede<br />

ufficiale alla fede volgare (come taluni lo formulano) 11 . Un mancato chiarimento sul tipo di<br />

consenso che si vuole offrire può portare a vari malintesi sul cammino <strong>ecumenico</strong> 12 .<br />

1 R. Aubert, Come vedo il Vaticano II, in «Rassegna di Teologia», 1995 nº 2, pp. 145-148.<br />

2 P. W. Scheele, Fragen zum kirchlichen Amt in Blick auf die kirchliche Rezeption, in «Catholica», 1973 nº 3-4, S. 388-389.<br />

3 P. W. Scheele, Fragen zum kirchlichen Amt in Blick auf die kirchliche Rezeption, in «Catholica», 1973 nº 3-4, S. 389.<br />

4 G. Thils, CESASD, in «Revue théologique de Louvain», 1973 nº 4, p. 460.<br />

5<br />

. / N. Afanas'ev, Le concile dans la théologie orthodoxe russe, in «Irénikon», 1962 nº 3, pp. 338-339.<br />

6<br />

COMMISSION OF FAITH AND ORDER, Faith and Order Paper 1973, Geneva 1973, p. 10.<br />

7<br />

Cfr J. Wicks, Lights and Shadows over Catholic Ecumenism (Conference held at the Centro Pro Unione, Tuesday, 22 January 2002), in «Centro pro<br />

Unione», 2002 n° 61, p. 14: «As the consultation closed, all had a heightened sense of the importance for the credibility of Christian witness in the<br />

world that it be made in the harmony of many voices. And for this witness, doctrinal agreements have a role in publicly reconciling bodies of<br />

Christians whose relations have been scarred by past condemnations of each other as being unfaithftul to God s word of revelation. Shadows do not<br />

come only from our Protestant partners. One challenge comes from Rome itself, in a recent article in which Franciscan Fr. Adriano Garuti takes a<br />

stand against differentiated consensus as a viable ecumenical method, since it does not, in his judgment, lead to a common profession of faith in its<br />

integrity (1). This intervention places a large question-mark beside the Joint Declaration, which is precisely a work of differentiated consensus. But<br />

this article touches on just one issue of docirinal difference, that of the Petrine-Papal primacy, without examining other precedents. After all,<br />

differentiated consensus was not invented in treating justification with the Lutheran World Federation, but appeared earlier in Pope John Paul II s<br />

common declarations of faith with the Patriarchs of Ancient Oriental Churches (Syrian, Assyrian), which have long held themselves back from<br />

subscribing to the fomulations of the Council of Chalcedon. But in visits of 1984 and 1994, the Pope and the Oriental Patriarchs affirm themselves to<br />

be one in faith, notwithstanding theological differences regarding the Incarnation of the Word of God (2). This seems to be a precedent at the highest<br />

level for the labored reconciliation of Lutheran-Catholic differences over justification».<br />

((1) A. Garuti, Né ritorno né consenso differenziato, in «Antonianum», 2001 n° 76,4, pp. 551-560. A longer study from the same author is Primato del<br />

Vescovo di Roma e <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong>, in «Spicilegium Pontificii Athenaei Antoniani», 2000 n° 35 (Rome: Pontificium Athenaeum Antonianum,<br />

2000). Fr. Garuti is Capo Ufficio of the doctrinal section of the Congregation for the Doctrine of the Faith. / (2) The texts are in Growth in<br />

Agreement II. 691 f., 711 f.)<br />

8<br />

KOMMISSION FÜR GLAUBEN UND KIRCHENVERFASSUNG, Vorstellungen der Einheit und Modelle der Einigung, in «Faith and Order<br />

Paper» 1972, nº 20, Genf 1972, S. 13.<br />

9<br />

COMMISSION OF FAITH AND ORDER, Faith and Order Paper 1973, Geneva 1973, p. 10.<br />

10<br />

J. N. Karmiris, Abriss der dogmatischen Lehre der Orthodoxen Katholischen Kirche, in P. Bratsiotis (Her.), Die Orthodoxe Kirche in griechischer<br />

Sicht, Band I, Teil I, Stuttgart 1959, S. 19-20.<br />

11<br />

J. Spoorenberg, Sortir l oecuménisme de l ornière. Interview à K. Rahner, in «Choisir», 1973 nº 167 (oct.), p. 24.<br />

12<br />

COMMISSION OF FAITH AND ORDER, Faith and Order Paper 1973, Geneva 1973, p. 9.<br />

63


L AVVENTO DELL APERTURA PROFETICA NELLE CHIESE E DA PARTE DELLE<br />

CHIESE<br />

Nella Chiesa esiste un movimento di creatività profetica spirituale compenetrato con un<br />

movimento di conversione interiore continua a Cristo. La vita della Chiesa si svolge "a doppio<br />

ritmo", dimensione "diadica", interazione di una doppia spirale in continuo <strong>dialogo</strong>: unità diadica<br />

del Verbo e dello Spirito Santo rappresenta il modello dell'autorivelazione del mistero divino dalla<br />

creazione fino alla consumazione dei tempi 1 , tensione nettamente antinomica estranea al processo<br />

logico ma che trascende sempre la propria espressione di vita 2 . La manifestazione profetica si<br />

concretizza in modo estremamente multiforme e dinamico, senza escludere momenti di contrasti o<br />

opposizioni, con il pericolo sempre esistente, dell'isolamento e della inconciliabilità nell'iniziativa<br />

che non si fa attiva 3 .<br />

LA METODOLOGIA DEI MODELLI NEGLI INCONTRI DI LAVORO PER IMPLEMENTARE<br />

I DIALOGHI<br />

Riguardo al <strong>dialogo</strong> teologico, si proponevano soprattutto di seguire il metodo dei documenti<br />

di lavoro (né consenso, né dichiarazione comune) che abbia però una data autorità riconosciuta, e<br />

che esprimerebbe la maturazione vicendevole sulle questioni teologiche 4 . Vediamo che la teologia<br />

cristiana ha recepito la metodologia dei modelli in tutto l ambito della riflessione sul mistero<br />

rivelato. In questo senso si conferma la prospettiva stessa di ogni capitolo e di queste pagine:<br />

riallacciare -cioè- le dimensioni ecclesiali ai grandi temi della stessa ed originaria teologia . I<br />

modelli -infatti- sono stati estesi in modo rapido nell ambito del linguaggio teologico ed anche<br />

scientifico. Si parlerà di modelli nei rapporti tra scienza e fede 5 . Si indicheranno modelli<br />

1<br />

. / S. Bulgakov, / <strong>Il</strong> Paraclito, 1936 / Bologna 1972, . 398 / p. 423.<br />

2<br />

. / S. Bulgakov, La Fiancée de l'Agneau, in Le Messager orthodoxe , 1969 n 46-47, p. 29 / . / S. Bulgakov,<br />

, 1945 , . 137, 139-141; . / S. Bulgakov, Kosmodizee, op. cit., S. 313; . / S. Bulgakov,<br />

(Gerarchia e Sacramenti), in , 1935 n 49, . 25, 29, 35-36.<br />

3<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ <strong>Il</strong> Paraclito, 1936 / Bologna 1972, . 395-398 / pp. 420-423, 437; . / S. Bulgakov,<br />

Die christliche Anthropologie, in AA. VV., Kirche, Staat und Mensch, op. cit., B. II, S. 251.<br />

4<br />

J. Hamer, Rapport, in «Information service», 1969 n° 7, p. 12: «Ma solution personnelle - strictement limitée au domaine du dialogue théologique<br />

dans lequel sont engagées des convictions religieuses et Ia profession de foi - serait celle-ci: le niveau habituel de notre travail devrait être le<br />

document de travail (study document) qui n'est ni un consensus doctrinal, ni une declaration commune mais un instrument par lequel, grâce à des<br />

rencontres régulières sur des questions essentielles, nos vues mûrissent ensemble. <strong>Il</strong> vaut la peine de noter que le C.OE.E. n'attend pas davantage ni<br />

de nous, ni de ses Eglises-membres . De tels documents de travail jouent un rôle important dans l'oecuménisme théologique: d'où la nécessité de<br />

déterminer exactement leur autorité et leur genre littéraire sans minimiser leur importance. Jadis, les théologiens étaient, dans leurs sujets, leur<br />

audience, leurs méthodes et leur langage, prisonniers du confessionalisme au point d'à peine comprendre les théologiens des autres Eglises. Une<br />

théologie sans lien ecclésial serait une fraud, mais le véritable oecuménisme permet, sur le plan technique, une certaine mise en commun des thèmes,<br />

du vocabulaire et des méthodes».<br />

5<br />

S. Rondinara, Modelli d'interazione tra conoscenza scientifica e sapere della fede, Roma (pro manuscripto) 2000, p. 1: «Sono varie le forme in cui<br />

nel corso della storia si sono relazionati il sapere della fede cristiana e quello scientifico. Per Giovanni Kelplero nella sua ricerca della firma di Dio<br />

nel cosmo « l'universo è il Libro della Natura nel <strong>quale</strong> Dio Creatore, in uno scritto senza parole, ha rivelato e spiegato la Sua essenza e ciò che Egli<br />

vuole dall'uomo» 5 ; Pierre Simon de Laplace rispose a Napoleone "Non ho avuto bisogno dell'ipotesi Dio per costruire la mia teoria cosmologica";<br />

oggigiorno per scienziati come Tipler 5 Dio è divenuto la «funzione d'onda dell'universo» e per Paul Davies Egli viene inteso come la mente<br />

dell'universo, la rappresentazione della struttura matematica ideale. Nel presentare alcuni modelli a riguardo farò riferimento principalmente allo<br />

schema elaborato e proposto da Ian Babour 5 il <strong>quale</strong> distingue nella storia della cultura dell'Occidente quattro modi d'intendere il rapporto tra scienza<br />

e teologia: il conflitto, l'indipendenza, l'integrazione e il <strong>dialogo</strong>. Per poter stare dentro al tempo concessomi mi soffermerò principalmente sul primo e<br />

l'ultimo modello cercando di esplicitarlo in base al tema del nostro seminario. Questa quatri-ripartizione raccoglie in modo soddisfacente la<br />

fenomenologia di questo interagire tra S&T ma certamente non ha la pretesa di esaurirla. Nel costatare come ogni asserzione circa i rapporti tra<br />

teologia e scienze naturali riflette inevitabilmente alcune posizioni e presupposti filosofici ed in particolar modo epistemologici e metafisici, si rende<br />

necessario - in questa esposizione - attingere almeno marginalmente alle tre diverse discipline chiamate in causa: scienze naturali, teologia e filosofia,<br />

e alle relative terminologie sperando di non creare troppa confusione. il Conflitto Fin dalla sua nascita, la moderna scienza della natura è venuta<br />

periodicamente a trovarsi in situazioni di contrasto o conflitto con la fede cristiana al punto da far pensare a molti che vi fosse un'incompatibilità<br />

reciproca. <strong>Il</strong> caso Galilei e l'acceso dibattito sulla teoria dell'evoluzione biologica ne sono gli esempi più noti. Le ragioni concettuali e storiche di<br />

questi contrasti, sono generalmente legate a difficoltà di comprensione e d'intesa fra gli spazi concettuali di una tradizione culturale - entro la <strong>quale</strong> la<br />

fede religiosa aveva trovato le categorie per esprimersi - e la rottura di alcuni quadri concettuali che le nuove discipline scientifiche avevano prodotto.<br />

Così che queste controversie, più che una opposizione intrinseca tra i due poli, hanno spesso manifestato - sul fronte laico - il tentativo di una<br />

moderna forma di contrasto nei confronti dell'esperienza religiosa cristiana, e - dal lato ecclesiale - un modo in cui si esprime la difficoltà, presente<br />

ancora oggi in noi cristiani, di proporre i contenuti della nostra conoscenza di fede nel contesto di una cultura profana e laica. Coloro che hanno<br />

sostenuto - o sostengono - il conflitto <strong>quale</strong> modello di rapporti tra scienza e teologia ritengono che fra conoscenza scientifica e le convinzioni<br />

religiose vi sia una profonda incompatibilità in quanto entrambe le parti avanzano delle pretese inconciliabili sul comune oggetto di studio.<br />

Incompatibilità tale da indurre a dover scegliere fra le due posizioni. Esempi chiari di questa convinzione ed atteggiamento sono il materialismo<br />

scientifico ed il letteralismo biblico, i quali pur occupando posizioni diametralmente opposte mostrano alcuni elementi caratteristici in comune.<br />

Entrambi affermano il primato della forma di conoscenza a cui fanno riferimento: quella empirico-teoretica del metodo scientifico per il materialismo<br />

64


concettuali in teologia fondamentale: modello sistematico e modello di comunicazione 1 .<br />

Passando alla cristologia, si menzionano modelli del Maestro e del Messia 2 . Si parlerà dei 4<br />

modelli cristologici fondamentali: esclusivo, inclusivo costitutivo, inclusivo normativo, pluralista 3 .<br />

Quest ultimo deve portare alla teologia pluralista, grazie al modello di teocentrismo pluralista che<br />

si propone nel <strong>dialogo</strong> inter-religioso 4 . Vi sarebbe poi il modello dualista e quello<br />

incarnazionalista 5 . I modelli vengono ripresi ai vari livelli applicativi, dal mistero di Dio, di<br />

Cristo, dello Spirito e della Chiesa. Per l evangelizzazione si parlerà anche ufficialmente del<br />

modello di inculturazione orientale<br />

6 . Nella catechesi, vi sarebbe il modello linguistico-<br />

funzionale (emittente, destinatario, messaggio) 7 . L intento <strong>ecumenico</strong> prospetta la dinamica dei<br />

'modelli' come uno degli elementi di ricerca teologica in seno all'itinerario storico della conciliarità.<br />

Essi non servono tanto ad ipotizzare una formula di unione , quanto invece a rinviare ogni intento<br />

ecclesiologico alle prospettive a monte della stessa meditazione sulla Chiesa. I modelli<br />

dovrebbero aprire l intuito ecclesiale al di là di se stesso. E vediamo che la teologia cristiana ha<br />

recepito la metodologia dei modelli in tutto l ambito della riflessione sul mistero rivelato. In questo<br />

senso si conferma la prospettiva stessa di ogni capitolo e di queste pagine: riallacciare -cioè- le<br />

dimensioni ecclesiali ai grandi temi della stessa ed originaria teologia . L intento delle Chiese<br />

sorelle vuole superare le tattiche di prevalenza di una Chiesa o tradizione ecclesiale sull altra nel<br />

'potere e potenza': nessuno potrà dirsi superiore o presentarsi come 'capo' al di sopra degli altri<br />

fratelli e sorelle 8 . Non si tratta di una diversità di natura, di dignità o di importanza, ma bensì<br />

funzionale. Una persona, pure scelta o eletta, o guida dell'assemblea eucaristica non è neppure<br />

'rappresentante' di essa 9 . Tali tattiche 'democratiche' non combaciano con l'organicità<br />

dell'assemblea eucaristica nell'insiemità ecclesiale 10 . La presidenza eucaristica si riferisce a tutti gli<br />

altri ministeri, non vice versa. La relazionalità mutua manifesta la veracità nella non superiorità 11 .<br />

<strong>Il</strong> ministero di guida rimane un servizio-chiave dell'insiemità, non un "potere", né una 'potestà' nel<br />

senso socio-politico umano 12 . Anche il ministero apostolico è un dono proprio, non un potere, e<br />

non costituiva un 'coleggio' nel senso che gli dà la convivenza culturale 13 . Uscendo da secoli di<br />

allineamento al modello politico dove la l ecclesiologia tendeva a diventare gerarcologia 14<br />

scientifico e quella legata all'infallibilità delle scritture per il letteralismo biblico».<br />

1<br />

A. Sbardella, Sul pensiero di B. J. F. Lonergan, in «La Civiltà cattolica», 1995 nº 3486, pp. 510-511.<br />

2<br />

R. Fabris, Gesù nell interpretazione dei suoi contemporanei, in AA. VV., Chi dite che Io sia, Roma 1992, p. 75.<br />

3<br />

R. Gibellini, La teologia del XX secolo, Brescia 1992, p. 555: «<strong>Il</strong> teologo cattolico americano Paul Knitter ha ripercorso nella sua opera Nessun altro<br />

nome? (1985) l'intera questione 1 , mostrando come il punto discriminante sia, in definitiva ' l'unicità dell'evento del Cristo come rivelazione di Dio.<br />

Sotto questo profilo, i quattro modelli ricordati possono essere ricondotti a tre posizioni fondamentali: il primo modello sostiene la unicità esclusiva<br />

del Cristo (esclusivismo); il secondo e il terzo modello sostengono la unicità inclusiva (sia essa costitutiva, o sia essa normativa) del Cristo<br />

(inclusivismo); mentre il quarto modello sostiene la unicità relazionale del Cristo (pluralismo). Knitter si ínterroga se nell'epoca del pluralismo<br />

religioso non si debba elaborare una nuova teologia delle religioni secondo il modello del teocentrismo pluralísta, che rinuncia afl'affermazione del<br />

carattere di unicità defl'evento del Cristo».<br />

1<br />

Cf. P. Knitter, No Other Name? (1985).<br />

4<br />

R. Gibellini, La teologia del XX secolo, Brescia 1992, p. 555: «<strong>Il</strong> modello del teocentrismo pluralista, che propone una teologia pluralista delle<br />

religioni, da una parte, svolge un'utile critica nei confronti delle posizioni che rivendicano arroganti pretese di superiorità del cristianesimo, ma,<br />

dall'altra, relativizzando la cristologia 1 , fa perdere alla teologia cristiana la propria identità e la rende incapace, in definitiva, di un <strong>dialogo</strong> costruttivo<br />

con le religioni. Essa rappresenta una ricaduta nella teologia liberale di Troeltsch e nello storicísmo di Toynbee. Una teologia cristiana delle religioni<br />

non può sospendere la questione della verità, in quanto un vero <strong>dialogo</strong> deve essere condotto nella verità e per la verità: essa è chiamata a coniugare la<br />

normatività dell'evento del Cristo con l'ecumenicità defl'orizzonte dialogico».<br />

1<br />

Cf. J. Hick (ed.), <strong>Il</strong> mito del Verbo incarnato (1977); J. Hick - P. Knitter (edd.), The Myth of Christian Uniqueness (1987).<br />

5<br />

C. Molari, Le Chiese cristiane leggono oggi la vicenda di Gesù, in AA. VV., Chi dite che Io sia?, Roma 1992, pp. 116-118.<br />

6<br />

Jean Paul II, Lettre apostolique «Orientale lumen», Cité du Vatican 1995, p. 15 n° 7.<br />

7<br />

S. Lanza, La catechesi nella comunicazione ecclesiale, in «Firmana. Quaderni di teologia e pastorale», 1993 n° 2, p. 141.<br />

8<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La pensée orthodoxe», 1968 nº XIII., pp. 17, 19; idem,<br />

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 16.<br />

9<br />

. / N. Afanas'ev, The Ministry of the Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958 nº 3, p. 262.<br />

10<br />

. / N. Afanas'ev,<br />

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 67, 223.<br />

11<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La pensée orthodoxe», 1968 nº XIII., p. 20; idem, The Ministry of the Laity in<br />

the Church, in «The Ecumenical Review», 1958 nº 3, pp. 260, 263; idem,<br />

(<strong>Il</strong> popolo santo), in «<br />

», 1948 nº VI,<br />

. 115, 116; idem,<br />

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 40, 238.<br />

12<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, Le pouvoir de l'amour, in «Le Messager orthodoxe», 1967 nº 39, p. 15; in .<br />

/ N. Afanas ev,<br />

(<strong>Il</strong> popolo santo), in «<br />

», 1948 nº VI, . 14-15; idem,<br />

(La Chiesa dello Spirito Santo),<br />

1971, . 144, 176.<br />

13<br />

.<br />

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 30; idem,<br />

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 88, 167-168.<br />

14<br />

A. Dulles, Models of the Church, in «Internet» 2006, http://dlibrary.acu.edu.au/staffhome/yukoszarycz/ecc/CHAP3.HTML: «This model was<br />

dominant for far too long, with serious effects on Church life. It fostered what Yves Congar has called a "hierarchology" rather than an ecclesiology.<br />

65


Cominciando con il modello di comunione , principalmente proposto dalla Chiesa cattolica di<br />

comunione romana, si sa che il dubbio delle altre Chiese cristiane è quello di un esagerato peso<br />

istituzionale e giuridico che tale impostazione potrebbe celare. La ministerializzazione e la<br />

verticizzazione appariono abbastanza chiaramente nel modo di esemplificare e sviluppare questo<br />

modello in senso intra-comunionale 1 . Da parte romana, il modello di comunione permette alla<br />

Chiesa di non fissarsi in una sola forma di presenza considerata come irreformabilmente<br />

permanente 2 . Esiste però il modello di comunione e l ecclesiologia di comunione 3 , che sembra<br />

corrispondere quest ultima- a qualcosa di diverso del modello di comunione. Eppure si trova<br />

talvolta il riferimento alla comunione di Chiese al dilà della Chiesa-comunione - nella<br />

ecclesiologia di comunione 4 . La confusione tra modello ed ecclesiologia di comunione porta<br />

persino a vedere nella ecclesiologia di comunione la sorgente della sinodalità e non il modello di<br />

comunione dalla dinamica di conciliarità 5 . La questione si complica con l aggiunta di una<br />

convergenza ulteriore tra modello di comunione e modello sacramentale che sembrano coprirsi a<br />

vicenda nell intento che propongono di legare il visibile e l invisibile 6 . Si tratta forse, qui, di un<br />

modello sacramentale nella ecclesiologia di comunione ? Certo, non è facile trovare formulazioni<br />

univoche. Si chiede anche di chiarire l intento interpretativo dato alla koinonia/communio 7 . La<br />

priorità strutturale 8 rimane un approccio non superato. Con questo termine, si vuole dire un pò di<br />

tutto ed il contrario di tutto 9 .<br />

FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: IL PROCESSO DIALOGALE VUOL<br />

ESSERE PORTATORE DI SPERANZA FACENDO DEI GESTORI DEL DIALOGO<br />

PORTATORI DI FUOCO<br />

Nella via che si è intrapresa il coinvolgimento <strong>ecumenico</strong> è chiamato a rispondere a<br />

chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr I Pt 3, 15) riguardo alla speranza che<br />

With this went a corresponding over-emphasis on authority and a corresponding lack of lay involvement in the life and mission of the Church. Much<br />

heroic missionary activity was undertaken in the period, but the aim was generally to build up the Church society on earth, efforts to save souls being<br />

directed precisely to bringing more and more people into the Church society. Success for the missionary, and for the pastor at home as well, was<br />

measured in statistics of conversions, baptisms, regular attendance and communions. Bishop de Smedt was describing succinctly the effects of this<br />

model when he criticised the first preliminary schema on the Church presented to the Fathers at Vatican II, using the words "clericalism, juridicism,<br />

and triumphalism"».<br />

1<br />

La discussione sulle «Conferenze episcopali» dalla prospettiva romana è assai chiara nel senso di questo garantismo di vertice e della gestione<br />

esclusivamente ministeriale della organicità della comunione . <strong>Il</strong> più che si può fare è la ricerca timorosa di una zona intermedia tra vertice<br />

universale e vertice locale (Papa e vescovi) ai quali si riconosce lo statuto di istituzione di diritto divino , cfr A. Antón Gómez, Le Conferenze<br />

episcopali in aiuto ai vescovi, in «La Civiltà cattolica», 1999 n° 3568, pp. 332-344.<br />

2<br />

B. Kloppenburg, The Ecclesiology of Vatican II, Chicago 1975, p. 115.<br />

3<br />

Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Christifideles laici , in «Acta Apostolicae Sedis», 1989 n 81, pp. 422-424 (nº 19); A. Grillmeier,<br />

Commentary on the Dogmatic Constitution on the Church, in idem, Commentary on the Documents of Vatican II, vol. I, New York 1967, pp. 138-<br />

185, 218-225; A. Acerbi, Due Ecclesiologie: ecclesiologia giuridica ed ecclesiologia di comunione nella Lumen Gentium , Bologna 1975; S.<br />

Dianich, La Chiesa mistero di comunione, Genova 1987; J. M. Tillard, Church of Churches: The Ecclesiology of Communion, Collegeville/Minnesota<br />

1992; M. G. Lawler - T. J. Shanahan, Church: a Spirited Communion, Collegeville/Minnesota 1995; W. Kasper, Church as Communio, in<br />

Communio, 1986 n 13, p. 103.<br />

4<br />

P. Grandfield, The Church Local and Universal: Realisation of Communion, in «The Jurist», 1989 n 49, pp. 451-452.<br />

5<br />

Cfr J. Werbick, La Chiesa, un progetto ecclesiologico per lo studio e la prassi, Brescia 1998, p. 395.<br />

6<br />

A. Dulles, Models of the Church, in «Internet» 2006, http://dlibrary.acu.edu.au/staffhome/yukoszarycz/ecc/CHAP3.HTML: «THE SACRAMENTAL<br />

MODEL. The next model to emerge, that of the Church as Sacrament, initially took on vigour in the late 1940's , in large measure through the work of<br />

Henri de Lubac. Again it was the case of a resurrection of a very ancient model used by Cyprian, Augustine, Aquinas and in the nineteenth century,<br />

by Scheeben. It was adopted and further developed by Rahner, then by Edward Schillebeeckx, Yves Congar, and many others. Thereupon it was<br />

accepted into the Vatican II Constitution on the Church in the statement: "The Church is in Christ as a sacrament or sign and instrument of intimate<br />

union with God and of the unity of all mankind." It became a major theme of the Council (ch. L.G.9, 48; S.C. 26; A.G. 5; G.S. 42). A sacrament is<br />

both sign and instrument. It describes in some sense the indescribable and inexpressible spiritual reality. For instance, pouring of water expressed<br />

spiritual purification: the Church as a sacrament of Christ expresses Christ ("the glory of Christ shines on its face"), and, as sacrament of salvation, the<br />

Church's community life expresses something of what salvation essentially consists in. At the same time a sacrament is an instrument which effects<br />

what it signifies. The symbolic washing brings about the spiritual purification it expresses: the Church as a sacrament of Christ brings about the<br />

continuation of Christ's ministry and as sacrament of salvation builds a community of salvation in the world».<br />

7<br />

INSTITUTE FOR ECUMENICAL RESEARCH, Communio/Koinonia: A New Testament-Early Christian Christian Concept and Its Contemporary<br />

Appropriation and Significance, in W. G. Rush, Commentary on Ecumenism: The Vision of the ELCA, Minneapolis 1990, pp. 119-141; ANGLICAN -<br />

ROMAN CATHOLIC INTERNATIONAL COMMISSION II, Church as Communion, an Agreed Statement by the Second Anglican-Roman Catholic<br />

International Commission., London 1991, n 12.<br />

8<br />

Cfr la visible and social union in CONGREGATION FOR THE DOCTRINE OF THE FAITH, Some Aspects of Church Understood as<br />

Communion, in «Acta Apostolicae Sedis», 1993 nº 85, p. 839 (n 3); M. A. Fahey, Ecclesial Community as Communion, in «The Jurist», 1976 nº 36,<br />

pp. 4-23.<br />

9<br />

A. Dulles, Church Membership as a Catholic and Ecumenical Problem, Milwaukee 1974, pp. 27-31.<br />

66


non porta alla delusione (Rom 5, 5). Nella scommessa della speranza vi è però anche un altro<br />

riferimento che la luce evangelica implica: cioè il fuoco dal <strong>quale</strong> essa sorge ed irradia. Portare la<br />

luce vuol dire anche nella speranza- portare il fuoco sulla terra (Lc 12, 49-55). Non si tratta di<br />

una luce più o meno universale e globale Cristo si presenta non come colui che lascia le cose<br />

come stanno in un equilibrio di pace io sono venuto per accendere un fuoco sulla terra Pensate<br />

che sia venuto per portare la pace sulla terra?... (ibidem) ma come un portatore di fuoco che deve<br />

essere acceso e gestito nelle incognite delle situazioni future. <strong>Il</strong> portatore di fuoco con la sua luce,<br />

colui che ha saputo gestire il fuoco e la sua luce sapendolo accendere, conservare, trasportaretravolge<br />

i rapporti esistenti nei tempi remoti del cammino umano (padre-madre-figli ), cambiando<br />

tutto con questa nuova potenzialità! È una tappa radicalmente nuova nell esperienza umana e niente<br />

sarà più come prima. Chi segue Cristo diventa portatore di luce-fuoco o non è seguace Suo<br />

Abbiamo tra le mani qualcosa che ha implicazioni molto più incisive e coinvolgenti di quanto<br />

sembra a prima vista Parlando di metamorfosi o di catastrofe terminale, si rinvia talvolta<br />

all'immagine del fuoco: lo stesso fuoco che può essere purificazione luminosa di trasfigurazione e<br />

tormento insopportabile della consumazione di se stessi 1 . Se niente si perde, ciò non significa che<br />

-parallelamente- 'niente è stato creato', ma che «tutto è già stato offerto»... Se tutto ci è stato già<br />

consegnato in dono, l'astuzia 'creatrice' è di scoprirlo... Non c'è ragione di lasciarsi terrorizzare dalla<br />

'creatività' o di negare a tutti costi il 'creare' all'umanità. <strong>Il</strong> 'fuoco' della verità è l'amore 2 ...<br />

L esperienza umana acquista la sua unità nella 'luce' che è allo stesso tempo 'materia sottilissima' e<br />

'continuità relazionale' 3 . Diciamo simbolicamente che Dio 'è luce' non per deduzione e costruzione<br />

mentale (anche se questo può poi verificarsi di seguito o come procedura supplementare o additiva)<br />

ma in funzione di quella ricapitolazione che ci precede e che costituisce il 'messaggio' della luce:<br />

unità di vera purezza, e libera relazione d'insieme 4 : simultaneizzazione , mentre l'assimilazione<br />

informativa è una temporalisazione . Davvero il tema meriterebbe una presentazione-meditazione<br />

dinamico-escatologica più prospettico-creativa nella speranza<br />

67<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong>, nella gestione del<br />

processo avviato dalla conversione del cuore, è un fuoco che bisogna saper gestire, accendere e<br />

mettere sotto moggio, riattivare e via dicendo. Come l età della pietra può essere diversa dell età<br />

del fuoco , così, la prospettiva profetica ci può investire di una missione che non assomiglia a ciò<br />

che era tranquillamente uguale a se stessa, o, come si suol dire in pace<br />

IV<br />

LA VIA D USCITA DEI DIALOGHI VERSO ALTRI TRAGUARDI:<br />

DAL RAPPORTO PIÙ PROFONDAMENTE VISSUTO NELLA<br />

CONVERSIONE COMUNE DELLE CHIESE CRISTIANE, LA<br />

CONTINUA ESPLORAZIONE DI FEDE SU QUALE CRISTO NEL<br />

SUO MISTERO: LA VIA DELLA MESSIANITÀ, L INTENTO<br />

KENOTICO ECUMENICO<br />

Molte difficoltà tra le varie Chiese erano legate a presupposti ecclesiologici sul mistero al<br />

<strong>quale</strong> esse si riferivano 5 e rendevano ardue le modalità di mutua ricezione 6 . Là dove la strettoia<br />

ecclesiologica si faceva più condizionanate, si è potuto risalire a monte, verso l impostazione<br />

1<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, in idem,<br />

, . IV,<br />

( 1917) 1989, . 249-250 / Milano 1974, p. 305.<br />

2<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La colonna e il fondamento della verità, in idem,<br />

, . IV,<br />

( 1917) 1989, . 395 / Milano 1974, pp. 460-461.<br />

3<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ Segni celesti, Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata<br />

ed altri scritti, in idem,<br />

, . I, 1984 / Milano 1974, . 57-58 / p. 68.<br />

4<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ Segni celesti, Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata<br />

ed altri scritti, in idem,<br />

, . I, 1984 / Milano 1974, . 59-60 / pp. 69-70.<br />

5<br />

L. Sartori, Teologia ecumenica, Padova 1987, pp. 487-492.<br />

6<br />

E. Lanne, The Theological Problem of Reception, in «Bollettino del 'Centro pro Unione'», 1984 nº 26, pp. 3-6.


cristologica nella <strong>quale</strong> i dialoghi hanno cominciato a trovare una loro valorizzazione 1 , nella<br />

convergenza da ciò che il riferimento a Cristo rende condivisibile nel comune ascolto 2 . Un<br />

insegnamento sempre più chiaro della dialogica -nel ritrovare Dio in Cristo- sembra farsi sempre<br />

maggiormente percepibile: il <strong>dialogo</strong> ci fa riscoprire Cristo al dilà di una fissazione formale che<br />

rassicurava chi preferiva non entrare nel merito del mistero. <strong>Il</strong> paradosso del profilo cristico ci svela<br />

non il 'modo di operare' di Cristo, ma 'Chi è Gesù Cristo?' nel senso esperienzialmente concreto 3 .<br />

I TEMI DIALOGALI E LA CHIAVE CRISTICA SORTA IN OCCIDENTE ED ORIENTE<br />

L intento dialogale prendeva atto negli anni 70- che certe questioni sorte nelle crisi del XI e<br />

XVI secolo non ponevano più i problemi di allora 4 (e. g. le indulgenze 5 ): la dottrina sulla<br />

giustificazione 6 : chiarendo la condanna del Concilio di Trento e le condanne della confessione<br />

luterana 7 , culmine dell impegnativo <strong>dialogo</strong> per molti anni 8 superando molti equivoci 9 . I luterani<br />

stessi devono ora spiegare "che cos è?" la giustificazione alle loro congregazioni fuori dai tempi<br />

della Riforma 10 , che non è non significa una reintegrazione luterana o il loro ritorno nella Chiesa<br />

romana 11 ma evoca possibilmente in modo nuovo le posizioni diverse della Chiesa cattolica di<br />

comunione romana ed i luterani 12 , senza riduttivismo storico-formale che aiuta poco alla<br />

riconciliazione sostanziale 13 . Ma se questo chiarimento rinvia alla questione della colpa dalla<br />

consapevolezza della nostra estraneità da Dio, sorge poi l orizzonte della giustificazione stessa non<br />

1<br />

GRUPPO MISTO ITALIANO DEL LAVORO TEOLOGICO DEL SAE, Memorandum sull'adeguata ricezione del BEM, in «Regno Documenti»,<br />

1984 nº 29, p. 161.<br />

2<br />

G. dal Ferro, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> nel concilio e nel post-concilio, in «Studi ecumenici», 1993 nº 11, pp. 79-98.<br />

3<br />

D. Bonhoeffer, Wer ist und wer war Jesus Christus, Hamburg 1965, S. 113-114.<br />

4<br />

SECRETARIATE FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Guidelines on Dialogue, in «Information service», 1970 nº 5, pp. 9-10: «In some<br />

countries, the questions raised during the crises of the eleventh and sixteenth centuries are today no longer the problem that they once were. Without<br />

forgetting historical origins, dialogue about such questions should focus attention on the way they pose themselves here and now. Particularly when<br />

dialogue hinges upon a subject relating to faith, it will be a fruitful exercise to begin from the ecclesial witness of those taking part, so as to obtain a<br />

clearer picture of how this faith is lived by them today within their Communities».<br />

5<br />

Cfr A. Moda, Cenni storici sulle indulgenze e sulla loro applicazione negli anni giubilari, in «Nicolaus», 2000 nº 1-2, pp. 391-424; L. Vischer,<br />

L'Année Sainte, une occasion à saisir pour l'oecuménisme, in «La vie protestante», 3 août 1973 (vedere anche, L. Vischer, Année Sainte, s'engager<br />

ensemble?, in «Convergence», 1973 nº 3, pp. 15-17), p. 5: «La question des indulgences, dans un certain sens, est presque devenue le symbole de la<br />

Réformation. Qui ne se souvient que le mouvement de la Réforme a débuté avec la protestation contre les indulgences? L'histoire de Luther ne se<br />

laisse guère raconter sans mentionner Jean Tetzel, ce prédicateur empressé et versé dans les affaires, une personne ambiguë non seulement aux yeux<br />

des Eglises protestantes mais presque autant à ceux des chrétiens catholiques. Une année sainte peut-elle donc réunir des chrétiens? Certainement,<br />

mais à condition qu'elle n'ait pas pour contenu principal le sujet des indulgences. Est-il alors possible de rompre avec la tradition commencée par<br />

Boniface VIII et marquer un nouveau départ?» ; C. Dumont, Les indulgences et les chrétiens non catholiques, in «Anno Santo», nº 4, 1974, p. 72:<br />

«Quanto ai nostri fratelli ortodossi, la dottrina della Comunione dei Santi non ha mai conosciuto, presso di loro, la più picola eclissi. E se essi non<br />

hanno mai adottato il nostro modo di farvi ricorso mediante indulgenze simili alle nostre, non si pub dire che la loro fede - se proprio non la loro<br />

teologia - sia su questo punto sostanzialmente diversa da quella che noi professiamo».<br />

6<br />

LUTHERAN WORLD FEDERATION - ROMAN CATHOLIC CHURCH, Official Common Statement regarding the Joint Declaration on<br />

Justification, in «Origins», 1999 nº 29/6, p. 85: «In faith we together hold the conviction that justification is the work of the triune God. The Father<br />

sent his Son into the world to save sinners. The foundation and presupposition of justification is the incarnation, death and resurrection of Christ.<br />

Justification thus means that Christ himself is our righteousness, in which we share through the Holy Spirit in accord with the will of the Father.<br />

Together we confess: By grace alone, in faith in Christ's saving work and not because of any merit on our part, we are accepted by God and receive<br />

the Holy Spirit, who renews our hearts while equipping and calling us to good works».<br />

7<br />

Cfr LUTHERAN - ROMAN CATHOLIC DIALOGUE, Joint Declaration on the Doctrine of Justification, in «Origins», 199, nº 28/8, pp. 120-127.<br />

Alla luce di questo consenso, le differenze di lingua, di elaborazione teologica ed enfasi nella comprensione della giustificazione descritta nei<br />

paragrafi 18 a 39 sono accettabili. Perciò le diverse interpretazioni cattolica e luterana sono aperte l'uno all altra nelle loro stesse differenze e non<br />

smentiscono il consenso riguardo alle verità di base (Ibid., nº 40-41).<br />

8<br />

U. Kühn, The Joint Declaration on the Doctrine of Justification: Opportunities - Problems - Hopes, in «Gregorianum», 1999 nº 80/4, p. 610; E.<br />

Cassidy, The Meaning of the Joint Declaration on Justification, in «Origins» 1999, nº 29/18, p. 286.<br />

9<br />

WORLD LUTHERAN FEDERATION - ROMAN CATHOLIC CHURCH, Official Common Statement regarding the Joint Declaration on<br />

Justification, in «Origins», 1999 nº 29/6, p. 91.<br />

10<br />

Cfr S. Oppegaard, Significance of the Joint Declaration: What is Justification?, in «Lutheran World Information», 1999 nº 11, pp. 12-14.<br />

11<br />

M. Johnson, The Joint Declaration and Lutheran - Roman Catholic Unity: Some Unresolved Questions, in «Lutheran Forum», 1999 nº 33/1, p. 23.<br />

12<br />

A. Dulles, Two Languages of Salvation: the Lutheran-Catholic Joint Declaration, in «First Things», 1999 nº 98, p. 29: «What seems to be surfacing<br />

is a willingness to acknowledge that we have here two systems that have to be taken holistically. Both take their departures from the Scriptures, the<br />

creeds, and carly tradition. But they filter the data through different thought-forms, or languages. The Catholic thought-form, as expressed at Trent, is<br />

Scholastic, and heavily indebted to Greek metaphysics. The Lutheran thought-form is more existential, personalistic, or, as some prefer to say,<br />

relational. The Scholastics adopt a contemplative point of view, seeking explanation. Luther and his followers, adopting a confessional posture, seek<br />

to address God and give an account of themselves before God. In that framework all the terms take on a different hue».<br />

13<br />

THE LUTHERAN CHURCH MISSOURI SYNOD, The Joint Lutheran/Roman Catholic Declaration on Justification. A Response Prepared by the<br />

Department of Systematic Theology Concordia Theological Seminary, Fort Wayne, (Indiana The Lutheran Church--Missouri Synod), in «Internet»<br />

1999, http://www.lcms.org/president/catholic.html, nº 6-7.<br />

68


da noi ma da Dio in Cristo 1 (soltanto chi è conscio della propria estraneità 2 da Dio può sapere della<br />

grazia 3 ). Dalla giustificazione gratuitamente data alla certezza della propria giustificazione , si<br />

delinea anche il profilo della colpa ancestrale 4 . La auto-giustificazione nei suoi traversi romani<br />

o secolari sarà messa sotto torchio 5 . Si corregge così una trascuratezza di focalizzazione su questo<br />

punto, nel corso dei recenti secoli 6 . I dialoghi sulla giustificazione hanno chiarito l intento<br />

cristologico 7 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> tra ortodossi di tradizione costantinopolitana e di tradizione non<br />

calcedonense chiariranno che occorreo evitare di guardare alla persona di Cristo come fosse una<br />

entità composita 8 . Tra l apertura del Patriarcato <strong>ecumenico</strong> e le reticenze dei monaci del Monte<br />

1 G. Calvino, in V. Vinay, <strong>Il</strong> catechismo di Ginevra del 1537, Torino 1983, pp. 36-37: Perché noi siamo tutti peccatori, e vi sono in noi parecchi<br />

residui di peccato, dobbiamo venir giustificati da qualche cosa fuori di noi, cioè abbiamo sempre bisogno di Cristo, affinché dalla sua perfezione<br />

venga ricoperta la nostra imperfezione, dalla sua purezza venga lavata la nostra impurità, dalla sua obbedienza sia cancellata la nostra iniquità; e<br />

infine affinché dalla sua giustizia ci venga imputata giustizia gratuitamente, cioè senza considerazione alcuna delle nostre opere, che non sono di tal<br />

valore che possano reggere al giudizio di Dio. Ma quando le nostre macchie, che nel cospetto di Dio potrebbero contaminare le nostre opere, vengono<br />

in tal modo coperte, il Signore non vede più in esse se non una completa purezza e santità. Perciò le onora con grandi titoli e lodi, e le chiama e le<br />

reputa giuste e promette loro una buona remunerazione. Insomma, dobbiamo affermare che la compagnia di Cristo ha un tal valore, che per essa noi<br />

non solo veniamo reputati giusti gratuitamente, ma le stesse opere nostre vengono considerate giuste e ricompensate con una retribuzione eterna 1 .<br />

1 Come abbiamo udito, Calvino afferma biblicamente che l'uomo è salvato per fede e non per opere, cioè consegue la vita eterna non perché riesca in<br />

qualche modo a conquistarla o meritarla, ma perché gli è donata da Dio in Cristo. Abbiamo già visto qual è la nostra impotenza a compiere le opere<br />

della legge. II volerci salvare, come si suol dire, facendo il bene, sarebbe un pò il tentativo di chi immerso fino alla gola in una palude e non avendo<br />

nessun punto d'appoggio cerchi di trarsi in salvo tirandosi per i capelli con le proprie mani. Ma il Vangelo e altro. Noi non siamo salvati perché buoni,<br />

ma perché Dio e buono verso di noi. È Cristo che ci afferra e ci salva. Tutto è fatto da lui. E a noi non è richiesta che la fede. Come dice Calvino: la<br />

vostra salvezza e fondata sulla sola misericordia di l)io, e su nessun'altra dignità né su alcunché altro di nostro e perciò tutta la speranza dev'essere<br />

riposta in questa misericordia e come profondamente infissavi e non possiamo più riguardare alle nostre opere, né attendere da esse un qualsiasi<br />

aiuto . (Ist., 1536,1, p. 60).<br />

2 P. Tillich, Theology of Culture, Oxford 1968, p. 123: «Second, it was a rediscovery of the meaning of the word "sin" which had become entirely<br />

unintelligible by the identification of sin with sins, and by the identification of sins with certain acts that are not conventional or not approvable. Sin is<br />

something quite different. It is universal, tragic estrangement, based on freedom and destiny in all human beings, and should never be used in the<br />

plural. Sin is separation, estrangement from one's essential being. That is what it means; and if, this is the result of depth psychological work, then this<br />

of course is a great gift that depth psychology and existentialism have offered to theology».<br />

3 R. Bultmann, Glauben und verstehen, München 1965, B. I, S. 23: «Und der Glaube ist deshalb kein Akt, der einmal vollzogen sein kann, mit dem<br />

die Rechtfertigung erledigt ist. Auch nicht ein wiederholbarer Akt, so daß Gericht und Gnade, Sünde und Vergebung sich im Menschenleben<br />

abwechseln könnten. Was Gnade ist, kann nur der Mensch wissen, der sich als Sünder weiß. Als Sünder weiß er sich nur, sofern er vor Gott steht; er<br />

kann also auch von Sünde nur wissen, wenn er von Gnade weiß. Der Blick auf Gottes Gericht und Gottes Gnade in einem macht das Wesen des<br />

Glaubens aus. Es gibt keine Gnade als für den Sünder, keine Gnade als im Gericht. Und wie der Mensch nur sinnvoll von Sünde reden kann, wenn er<br />

sich vor Gott sieht, so auch von Gnade nur als von Gnade für den Sünder. Es gibt keinen Standpunkt auf einer einmal erreichten Einsicht, in einer<br />

einmal errungenen Haltung».<br />

4 LUTHERAN - ROMAN CATHOLIC DIALOGUE IN THE UNITED STATES, Justification by Faith, in Origins , 1983 n<br />

69<br />

17, p. 282 n<br />

«Justification by faith without the works of the law led Luther to a mode of thinking about Christian life and experience markedly different from<br />

traditional Augustinian and medieval transformationist models. Instead of a progressive transformation under the power of grace, the imputation of an<br />

alien righteousness received in faith implies a simultaneity; the justification is complete in the imputing of it so tha the believer is "simultaneously a<br />

righteous person and a sinner" (simul iustus et peccator). All notions of "change" and "growth" in the life of the Christian therefore receive a quite<br />

different cast. The very imputation of Christ's righteousness also reveals to the believer the depth and persistence of sin. Sin, however, is then not<br />

merely the failure to do "good works" or the despair over such failure, but is, above all. the human propensity to trust in one's own righteousness. The<br />

imputed alien righteousness of Christ creates a new situation in which sin is exposed as both presumption and despair and is attack ed in its totality.<br />

Only when so exposed and confessed can sin no longer reign».<br />

5 L. Volken, The Lutheran World Federation Assembly in Helsinki, in «Unity», 1963 n° 3, S. 191-192: «For Helsinki and its Assembly the established<br />

theme was: Christ Today . The choice of a theme was important because it had to give to the life of worship and to the discussion activity its true<br />

sense. It had to stimulate the true concern of preserving the evangelical kerygma in a time when it is so strongly in danger, especially through the<br />

tendency toward self-justification. It had to awaken the conscience of pastoral responsibility to the actual situation of Christians and men in general;<br />

to promote the present ecumenical attitude and the readiness to go new ways in the changed situation of the world and its behavior regarding the<br />

Church. With this theme the LWF wanted to confess the presence of Our Lord in the existence of the Christian and the Church»; S. 195: «The<br />

Assembly also added some new elements in listing what Justification was not. Not only are Roman works like pilgrimages, indulgences,<br />

ceremonies etc. opposed to Justification, but also the self-justification of communists, of western philanthropists, of those zealous orthodox Lutherans<br />

who, in spite of their defense of the pure doctrine, their regularity in worship and their enthusiasm for a world mission, are in danger of making of<br />

their theology the way to a heaven where they already seem to have an account».<br />

6 LUTHERAN - ROMAN CATHOLIC DIALOGUE IN THE UNITED STATES, Justification by Faith, in «Origins», 1983 n° 17, p. 290 n° 93:<br />

«While this hermeneutical interpretation of the doctrine of justification is suggested especially by Luther's early writings, it was largely forgotten in<br />

later Lutheranism and even now is often not understood. Yet it is important for our purposes because, while it conflicts with Scholastic approaches,<br />

whether Catholic or Lutheran, it also converges in part with certain recent trends in Catholic sacramental and kerygmatic theology (cf. nos. 77 and 80,<br />

above)».<br />

7 P. Bobrinskoj, Una risposta ortodossa, in «Concilium», 1972 nº 4, p. 117: «Tra gli esempi più positivi e più avanzati di queste conversazioni<br />

bilaterali, nell'ambito di tutta l'ortodossia mi sembra si debba considerare il <strong>dialogo</strong> tra le chiese ortodosse e le chiese non-calcedonensi d'oriente. Dal<br />

1964 Si sono avuti quattro incontri non ufficiali di teologi ortodossi e 'orientali'. Sono stati raggiunti dei notevoli risultati positivi nel punto essenziale<br />

della controversia: il dogma cristologico. Questi incontri di teologi hanno preparato il terreno e reso possibili la riunione ufficiale della commissione<br />

inter-ortodossa di <strong>dialogo</strong> con le chiese non-calcedonesi, avvenuto ad Addis Abeba dal 18 al 29 agosto. Si spera che da questa assemblea venga un<br />

avallo ufficiale dei risultati degli incontri teologici: questo renderebbe possibili delle decisioni concrete per il ristabilimento della comunione<br />

eucaristica tra le due famiglie di chiese dell'oriente, in attesa di una fu sione giuridica e canonica totale 1 ».<br />

( 1 Al momento della stesura di questo articolo, i risultati della riunione non sono stati ancora resi noti.)<br />

8 JOINT COMMISSION OF THE THEOLOGICAL DIALOGUE BETWEEN THE ORTHODOX CHURCH AND THE ORIENTAL ORTHODOX<br />

CHURCHES, First Agreed Statement (1989), in «Internet» 1996, http://webzone1.co.uk/www/orthbrit/2church.htm: «When we speak of the one<br />

composite (synthetos) hypostasis of our Lord Jesus Christ, we do not say that in Him a divine hypostasis and a human hypostasis came together. It is<br />

that the one eternal hypostasis of the Second Person of the Trinity has assumed our created human nature in that act uniting it with His own uncreated<br />

25:


Athos 1 , la via non facile verso il superamento delle incomprensioni del passato in oriente richiede<br />

anche per i fratelli d oriente uno sforzo ed un coraggio particolare. Le reazioni al <strong>dialogo</strong> con i non<br />

calcedonensi lo esemplificano bene 2 .<br />

divine nature, to form an inseparably and unconfusedly united real divine-human being, the natures being distinguished from each other in<br />

contemplation (theoria) only. The hypostasis of the Logos before the incarnation, even with His divine nature, is of course not composite. The same<br />

hypostasis, as distinct from nature, of the Incarnate Logos, is not composite either. The unique theandric person (prosopon) of Jesus Christ is one<br />

eternal hypostasis Who has assumed human nature by the Incarnation. So we call that hypostasis composite, on account of the natures which are<br />

united to form one composite unity. It is not the case that our Fathers used physis and hypostasis always interchangeably and confused the one with<br />

the other. The term hypostasis can be used to denote both the person as distinct from nature, and also the person with the nature, for a hypostasis<br />

never in fact exists without a nature».<br />

1<br />

ADMINISTRATIVE COUNCIL OF THE SACRED COMMUNITY, Memorandum of the Sacred Community of the Holy Mountain (Mt. Athos)<br />

concerning the dialogue between the Orthodox and Non-Chalcedonian Churches, in «Internet» 1996, http://www.maximus.com/News/Declaration<br />

OfMtAthos.html: «The article of the co-president of the Joint Commission for Theological Dialogue between the Orthodox and Non-Chalcedonian<br />

Churches, the Most Reverend Damascene, Bishop of Switzerland, which was entitled "The Theological Dialogue of the Orthodox Churches and the<br />

Oriental Orthodox Churches: Thoughts and Perspectives" [ Episkepsis , n 516, March 31, 1995] gave impetus to more disquiet on the part of the<br />

Holy Mountain regarding the development of this Theological Dialogue. It is well known that a hurried union is being forced upon the Orthodox and<br />

the Non-Chalcedonians in spite of the yet existing dogmatic differences and of unsettled ecclesiological problems, such as, for example, the<br />

unconditional acceptance of the Decrees of the Ecumenical Councils and of their sacredness and universality by the Non-Chalcedonians. Therefore<br />

we denounce the Joint Commission of this Dialogue for all the aberrations which we have noted hereafter... Doing this, we confess that we are only<br />

moved by a feeling of responsibility. For the bringing into question by the Joint Commission of the continual consciousness of our Church that it<br />

constitutes the One, Holy, Catholic and Apostolic Church, when the Commission accepted the statement: "Both families have always preserved<br />

faithfully the same authentic Orthodox Christological Faith and the uninterrupted continuity of the apostolic tradition." [II Joint Statement, paragraph<br />

9] II) For the attack upon the validity and authority of the Holy Ecumenical Councils by the decision of the Joint Commission that the Anti-Chalcedon<br />

heresiarchs Dioscorus, Jacob, Severus, etc. be considered not heretical but Orthodox in their thinking. The consciousness of the Orthodox Church<br />

recognizes that infallibility and authority in the Holy Spirit is in the Ecumenical Councils and refuses to accept the possibility of revising the decisions<br />

of an Ecumenical Council by another Ecumenical Council without the latter Council being considered as an heretical conventicle, such as the<br />

Latrocinium of Ephesus. III) For the decision of the Joint Commission concerning the possibility of lifting an anathema placed by an Ecumenical<br />

Council. This is an unacceptable decision, alien to the sound mind of the Church, which offends the fundamental consciousness of the Church<br />

concerning the authority of the Ecumenical Councils. IV) For the radical disagreement of the Joint Commission with the teachings of the Holy Fathers<br />

as regards the Christology of the Non-Chalcedonians. The Fathers (Maximus the Confessor, Sophronius of Jerusalem, Anastasius of Sinai, John<br />

Damascene, Photius the Great, Theodore the Studite, Theodosius the Cenobiarch, etc.) term their Christology heretical, but the Joint Commission<br />

considers it to be Orthodox and a continuation of the ancient apostolic Faith of the Church. V) For the acceptance by the Joint Commission that the<br />

contemporary Non-Chalcedonians believe the same Christology as we do. However, this is not apparent in the Joint Statement (1989, 1990) in which<br />

there are many expressions susceptible to a monophysitic interpretation similar to the teaching of Severus, "The one unified theanthropic nature" [I<br />

Joint Statement] and "the natures are distinguished only in thought" [II Joint(Common)=20 Declaration]. It was requested that the Non-<br />

Chalcedonians elucidate these terms in order to dispel any uncertainty so that we could be certain they understood them in an Orthodox sense.<br />

Unfortunately no answer was given. VI) For the limiting by the Joint Commission of requiring only the condemnation of the extreme Monophysitism<br />

of Eutyches by the Non-Chalcedonians. According to the teachings of the Holy Fathers and the conscience of the worshipping Church, even the<br />

moderate Monophysitism of Dioscorus and Severus is a heresy. The comparison of certain formulations in the Joint Statements with corresponding<br />

expressions of contemporary Non-Chalcedonian Patriarchs and theologians proves their adherence to moderate Monophysitism. VII) For the<br />

misleading declaration of the Bishop of Switzerland that the Non-Chalcedonians accept the teachings of our Ecumenical Councils [ Episkepsis<br />

n 516, March 31, 1995, p. 13] in spite of their refusal to accept the Orthodox interpretation of the Definitions of the Fourth, Fifth, Sixth, and Seventh<br />

Ecumenical Councils as their own interpretation also. We will give word for word the text of the Joint Statement which supposedly supports their<br />

acceptance of the teachings of these Ecumenical Councils. "As for the four succeeding Councils of the Orthodox Church, the Orthodox declare that<br />

for them, the above points one through seven are also the teachings of the four later Councils of the Orthodox Church, while at the same time the<br />

Oriental Orthodox consider this declaration of the Orthodox as their interpretation. With this mutual understanding, the Orientals responded to it<br />

positively." We ask: Can it be concluded from this declaration that the Non-Chalcedonians accept without reservation the teachings of our<br />

Ecumenical Councils? VIII) For the novel theory of the Joint Commission that "the formal proclamation of their ecumenicity [i.e., of the Fourth,<br />

Fifth, Sixth, and Seventh Ecumenical Councils by the Non-Chalcedonians] was considered generally that it would be a natural consequence of the<br />

restoration of full communion or that it could be evaluated in the future." [ Episkepsis n 516, March 31, 1995, p. 15]. In other words, the union will<br />

take place without their recognizing the Ecumenical Councils;but after the union they probably will be accepted or the matter will be put up for their<br />

evaluation. We ask: Which Orthodox bishop, who gave an oath to defend the Ecumenical and Local Councils, will accept intercommunion with<br />

bishops who will discuss if the Ecumenical Councils are Ecumenical? The doubtfulness of their acceptance by the Non-Chalcedonians is proved in<br />

the declaration of the Coptic Patriarch Shenouda III before the Inter-OrthodoxCommission in Chambésy: "As for the Ecumenical Councils, we accept<br />

the first three..... We reject the Council of Chalcedon... I can say very frankly that all the Oriental cannot accept the Council of Chalcedon.... You have<br />

Seven Ecumenical Councils. If you should lose one, it should be no great loss to you" [from Metropolitan Chrysostom (Constantinides) of Myra,<br />

Dialogue of the Orthodox Church with the Ancient Oriental Churches, in the periodical Theologia , Athens 1980, Vol. 51, Issue 1, page 229-230]».<br />

2<br />

ADMINISTRATIVE COUNCIL OF THE SACRED COMMUNITY, Memorandum of the Sacred Community of the Holy Mountain (Mt. Athos)<br />

concerning the dialogue between the Orthodox and Non-Chalcedonian Churches, in «Internet» 1996, http://www.maximus.com/News/Declaration<br />

OfMtAthos.html: «IX) For the tendency of concealing events and giving misleading information to the body of the Church by the Joint Commission<br />

-- actions extremely provocative to church sensibilities -- as proved in the following: A) The Minutes of the official meetings of the Joint Commission<br />

for Dialogue have yet to be published so that the hierarchy of the Church, the sacred clergy and the pious people be informed and aware. B) By orders<br />

of the local Churches, the Joint Commission assembled in its Fourth Meeting, and on the ground of what was accepted and agreed upon in the Joint<br />

Statements, it reached the decision of the possibility for lifting the anathemas. [Announcement of the Fourth Meeting, Episkepsis n 498, November<br />

30, 1993, p. 4, 6]. We ask: Which local Synod gave such an order or on the grounds of which Synodical decisions did the Primates of the Churches<br />

approve the texts of the Joint Statements and bless the decision concerning the lifting of the anathemas, based upon the theology of the Joint<br />

Statements as though upon a firm Orthodox foundation? Let such decisions of the Sacred Synods be published. Otherwise it will be understood that<br />

the Joint Commission proceeds to take successive decisions without first securing Synodical approval for its prior enactments and decisions. C) The<br />

Most Reverend Bishop of Switzerland affirms: "all the above mentioned local Orthodox and Oriental churches welcomed with enthusiasm not only<br />

the positive results of the Theological Dialogue but also the prospect for restoration of ecclesiastical communion after a separation of fifteen<br />

centuries; they described the complete agreement on Christological doctrine as an historical event..." [ Episkepsis n<br />

70<br />

516, March 31, 1955, p. 14].<br />

This affirmation is in resounding contradiction to concrete actions by the churches which testify the opposite. Specifically we refer to: 1) The<br />

February 2, 1994 recommendation to the Sacred Synod of the Synodical Committee on Dogmatic and Canonical Issues of the Church of Greece, in<br />

which "The Committee proposes that the Church of Greece not hasten to accept these 'Statements' and considers the following as essential dogmatic


DAL FONDAMENTALISMO DEI MESSIANISMI RICORRENTI VERSO LE RISCOPERTE<br />

DEL MISTERO CRISTICO<br />

Nei dialoghi le Chiese si indirizzano a Cristo nella Sua statura di Risorto, o cioè nella<br />

prospettiva del 'Corpo mistico' 1 . L intento messianico si esprime, oggi, come giustizia nella<br />

prospettiva evangelica della giustificazione 2 . L affermarsi di nuovi movimenti messianici non<br />

deve essere confusa con movimenti profetici 3 . La via messianica può essere compresa come<br />

funzione della teshuvà , della conversione dell umanità: sia che la conversione introduce ai tempi<br />

messianici, sia che il Messia porti alla conversione 4 . <strong>Il</strong> 'Corpo mistico' non è né spiritualmente<br />

'mistico' né materialmente 'organico-biologico' 5 , ma mistico in quanto 'nello Spirito' e corpo come<br />

'non cristallizzato in se stesso' (pietrificato). Esso è storico senza essere 'società religiosa' 6 . <strong>Il</strong> 'corpo'<br />

evoca il rapporto di uno solo con il 'popolo', nel 'da dove', verso dove' e 'che cosa' nella unione<br />

personalizzata di santificazione 7 . Dal Cristo 'Capo-accentratore', si arriva a Colui che è 'Presente<br />

come Eucaristia': 'noi' relazionale e 'anima' ecclesiale 8 . <strong>Il</strong> Corpo mistico 'amplia' Cristo 9 . Esso è la<br />

costante 'storicizzazione' senza mai rinchiudersi nel 'fatto' circoscritto 10 , o nella 'tematica<br />

conditions for the union of the Non-Chalcedonians with the Orthodox Catholic Church: a) The acceptance by the Non-Chalcedonians of the Defininition<br />

of the Fourth Ecumenical Council... b) the recognition of the Fourth, Fifth, Sixth, and Seventh Ecumenical Councils as being Ecumenical as<br />

well as their dogmatic definitions without interpretive statements... c) the discouragement of "concelebrations" or other "manifestations<br />

(demonstrations) of common (joint) worship"... If these conditions are not met, the Non-Chalcedonians . . . . remain . . . heterodox [_Ecclesia_,<br />

January 1-15, 1995, issue 1, p. 31] 2) the December, 1994 submitted report of the Synodical Theological committee of the Church of Russia to the<br />

Sacred Synod of that Church's hierarchy, in which "The Synod of of Hierarchs . . . decided the following: 1) to approve the report of the Synodical<br />

Theological committee; 2) to assess that the "Second Joint Statement and its proposals to the Churches" cannot be considered a final text... 3) the<br />

Synodical Theological Committee should undertake a further study of the records of former meetings of the theologians of both sides... After this, the<br />

Orthodox Church of Russia will inform the Joint Commission for Theological Dialogue of its opinion... 4) having in mind the necessity for the<br />

participation of the people of God in this matter of firmly establishing the union, which people, according to the words of the Encyclical of the<br />

Patriarchs of the East, "is the guardian of ancient piety", the Synod considers the time appropriate for the organization of a discussion by the whole<br />

Church upon this specific issue" [ Episkepsis , n 516, March 31, 1995, p. 16]. Has there not been a scandalous deception in the information given to<br />

the people of God? D) Bishops of Orthodox Churches have declared to us that they had never been informed about events in this theological dialogue<br />

and that they will never accept a union unless the Non-Chalcedonians accept the Ecumenical Councils. We ask: Can such an omission of informing<br />

the Bishops of the Church who have a direct concern be justified, especially since conciliar approval is an indispensable condition when dealing with<br />

such serious issues? X) For the decision of the Sacred Synod of the Church of Romania as being alien to the mind of the Church, because this<br />

decision: A) considers that the anathemas were laid upon the heretics by the Ecumenical Councils in a spirit lacking love, while today, since love now<br />

exists, union can be accomplished. Such a way of thinking directs a profound blasphemy against the Holy Spirit, through Whose inspiration these<br />

decisions were made, and against the sacred memory of the Holy Fathers, whom the Church calls God-bearers, Mouths of the Word, Harps of the<br />

Spirit, etc. B) proposes the substitution of the authority of an Ecumenical Council by the unanimity of the local Sacred Synods -- a new first in the<br />

history of the Church. C) approves the organizing of programs which will disseminate amidst the people the decisions of the Joint Commission<br />

without there having previously been a unanimous, pan-orthodox decision. These present conditions are certainly grievous and harmful for the pious<br />

Romanian people. For this reason, our hearts are filled with unspeakable sorrow for the Church of Romania. XI) For the extremely disturbing decision<br />

of the Joint Commission to purge the liturgical books of texts which refer to the Non-Chalcedonians as heretical. The sacred services of many holy<br />

confessors of the Faith, of many righteous Fathers, and especially the Holy Fathers of the Fourth Council in Chalcedon will be mutilated. The<br />

Synodicon of Orthodoxy will practically be silenced. The Synaxaria (Lives) of many Saints will cease to be read by the people of God».<br />

1<br />

T. Maertens, Fichier biblique, Tournai 1967, voce: "Corps mystique" (Schede bibliche; dizionari biblici, come quello a cura di L. Dufour o quello a<br />

cura di McKenzie); E. Mersch, Le Corps mystique du Christ, Paris 1951, vol. I, pp. 144-145; N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in «Le<br />

Messager orthodoxe», 1964 n° 27-28, p. 541; F. Jürgensmeier, Der mystische Leib Christi als Grundprinzip derAszetik, Paderborn 1938, S. 15.<br />

2<br />

K. Srisang, Perspectives on political Ethics. An ecumenical Inquiry, Geneva 1983, p. 179.<br />

3<br />

Cfr B. Sundkler, Bantu Prophets in South Africa, London 1960; cfr G. Balandier, Afrique ambigüe, Paris 1957; idem, Messianismes et nationalismes<br />

en Afrique noire, in «Cahiers internationaux de sociologie»,1953 n° 1, pp. 41-65.<br />

4<br />

A. Luzzato, Giustizia ed età messianica, in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, pp. 292-293.<br />

5<br />

H. Ott, Réflexions d'un théologien réformé sur la Constitution dogmatique "Lumen Centium", in G. Barauna (éd.), L'Eglise de Vatican II, vol III,<br />

Paris 1967, p. 1328; J . Grillmeyer, The Mystery of the Church, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, vol. I, New York 1971, p.<br />

145; R. Bultmann, Glauben und Verstehen, B. II, München 1965, S. 166; H. Mühlen, L'Esprit dans l'Eglise, vol. I, Paris 1970, p. 177; J . Feiner, The<br />

Council Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, vol. II, New York 1971, p. 73; K. Barth, Kirchliche<br />

Dogmatik, B. II, 1, Zürich 1940, S. 180; L. A. Zander, (Dio e il mondo), vol. I, Parigi 1948, . 2.<br />

6<br />

L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 213 ; S. Bulgakov, Una Sancta, in « », 1938-39 n° 58, . 7; Y. de<br />

Moncheuil, Aspects de l'Eglise, Paris 1948, pp. 46-47;E. Mersch, Le Corps mystique du Christ, Paris 1951, vol. I, p. 306; CONCILIO ECUMENICO<br />

VATICANO II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", Città del Vaticano 1965, n. 48.<br />

7<br />

F. Jürgensmeier, Der mystische Leib Christi als Grundprinzip derAszetik, Paderborn 1938, S. 34; cfr O. Schmitz, Die Christusgemeinschaft des<br />

Paulus im Lzhte seines Genitivgebrauchs, B. I, 2, Gütersloh 1924; Y. Congar, Esquisses du Mystère de l'Eglise, Paris 1958, p. 12; WORLD<br />

COUNCIL OF CHURCHES, World Assembly: New Delhi 1961, "Report", London 1962, pp. 121-122 (n. 17 del documento); N. Nissiotis, Die<br />

Theologie der Ostkirche im ökumenischen Dialog, Stuttgart 1968, S. 32; L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 21 ;<br />

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", Città del Vaticano 1965, n. 7.<br />

8<br />

F. Jürgensmeier, Der mystische Leib Christi als Grundprinzip derAszetik, Paderborn 1938, S. 21, 27-28, 31, 105-106, 121-122; N. Afanas'ev, Una<br />

Sancta, in Irénikon , 1964 n° 3, p. 462; J. Meyendorff, Orthodoxie et Catholicité, Paris 1965, p. 9; E. Mersch, Le Corps mystique du Christ, Paris<br />

1951, vol. I, pp. 429-430; Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, p. 64.<br />

9<br />

Y. Congar, Esquisses du mystère de l'Eglise, Paris 1958, p. 23.<br />

10<br />

Cfr L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 213; R. Pannikar, Social Ministry and Ministry of Word and Worship,<br />

in AA. VV., Asian Colloquium on Ministries in the Church, Manila 1979, pp. 262-263.<br />

71


disciplinare' in senso astratto 1 . Indispensabilmente, occorre ri-inserire il riferimento al Corpo<br />

mistico in quella del popolo di Dio (popolo eletto) in seno al <strong>quale</strong> si muove Gesù 2 . La presa di<br />

coscienza nei dialoghi ecumenici fa infatti- riemergere la tematica vitale della messianità nella più<br />

ampia maturazione del Popolo eletto. In questo senso, lo scoglio messianista cristiano ci ricorda la<br />

continua tendenza a 'monizzare' il Messia (di fare di lui una figura spettacolare) 3 , per poi<br />

individuare i tratti apocalittici nelle vicende direttamente interpretabili della storia odierna 4 . Da<br />

Cristo contro le culture, Cristo delle culture, Cristo sopra le culture, Cristo e le culture, Cristo<br />

trasformatore delle culture, appare la visuale del paradosso 5 . L'oriente cristiano ha saputo<br />

esaminare ed esorcizzare questa tematica nel profilo del Messia ma anche del contro-Messia,<br />

dell'Anticristo 6 . <strong>Il</strong> messianismo ebraico esprime la "drammaticità" dell'attesa 7 , particolarmente<br />

nella tragedia del popolo storico di Israele 8 : ampliata dal senso di 'distanza trascendentale' tra Dio e<br />

il Suo stesso popolo 9 . La messianità della meditazione cristiana russa riguardo al profilo cristico,<br />

discerne le simboliche dell'"eroe", dell'"asceta", dell'"armonizzatore", e la tipologia arcaica umana<br />

fondamentale: quella "messianica" 10 (quattro tipologie 'demitizzate' nella visuale orientale slava:<br />

Cristo-non-eroe, Cristo-non-vittima-sacrificale, Cristo-non-capo-istituzionale, Cristo-nongiustiziere-vendicativo<br />

11 ). Le radici antropologiche ed etniche della simbolica messianica rinviano<br />

alla dimensione pluri-religiosa ed interculturale dell escatologia 12 . Più genericamente, viene anche<br />

ricordato il legame tra la dimensione messianica e l avventura rivoluzionaria ricorrente nella storia<br />

dei popoli 13 , nelle quali non si identificherà l'Anticristo con la "Bestia" malvagia di chi si oppone<br />

alla fede. Anzi, l'Anticristo prenderebbe 'corpo' in una proposta 'inecceppibile' di idealità umana che<br />

diventa la forma definitiva (innanzi tempo) di una gestione della convivenza umana 14 . La<br />

messianità è invece- radice dell'intuito profetico come nervo vitale della 'storia' 15 . <strong>Il</strong> senso<br />

messianico -che nasce dalla speranza al di là delle sofferenze vissute- anima il senso tragico della<br />

storia 16 . La sofferenza universale è sorgente di questa attesa sempre più intensa: messianismi<br />

snaturati o messianità autentica 17 . <strong>Il</strong> Messia ebraico con il profilo non vittorioso ma sofferente è<br />

stato un processo difficilissimo di maturazione 18 . Se Cristo è 'pienamente Dio' e 'pienamente uomo',<br />

centro della 'storia', lo è nella sua sanguinaria tragicità 19 . <strong>Il</strong> messianismo trionfante degenera nelle<br />

varie forme di teocrazia 20 . Le 'faccie' dell'Anticristo assomigliano meno alla temibile 'Bestia' 1 che<br />

1<br />

Cfr l'assenza di riferimento al Corpo mistico da parte di Papa Clemente quando tratta di questioni disciplinari: in E. Mersch, Le Corps mystique du<br />

Christ, Paris 1951, vol. I, p. 39.<br />

2<br />

Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, Gesù Ebreo provocazione e mistero, in «Vita monastica», 1984 n° 39; J. Mayer, <strong>Il</strong> giudaismo del secondo<br />

tempio, Brescia 1991, p. 52; G. Segalla, La terza ricerca di Gesù storico: il Rabbi ebreo di Nazaret e il Messia crocifisso, in Studia patavina , 1993<br />

n° 3, p. 7; C. Dodd, L'interpretazione del quarto Vangelo, Brescia 1987, pp. 30-35; cfr il superamento di alcune ristrettezze in G. Ricciotti, Vita di<br />

Gesù Cristo, Milano 1964, pp. 8-49; E. Käsemann, <strong>Il</strong> problema di Gesù storico, in idem, Saggi esegetici, Casale Monferrato 1985, pp. 30-32; M.<br />

Pesce, Discepolato gesuano e discepolato rabbinico, problemi e prospettive della comprensione, in ANRW , 1984 n° 3, pp. 352-359; P. Sacchi,<br />

Riflessioni sul problema della formazione culturale di Gesù, Enoch 1992, pp. 243-260; E. P. Sanders, Gesù e il giudaismo, Genova 1992, pp. 83-102;<br />

G. Vermes, Gesù l'ebreo, Roma 1983, pp. 15-32.<br />

3<br />

P. Sacchi, Gesù e i movimenti della sua epoca, in «Vita monastica», 1984 n° 39, pp. 7-39.<br />

4<br />

J.-M. R. Tillard, L'avenir de FOI ET CONSTITUTION, in FOI ET CONSTITUTION, La cinquième conférence mondiale de FOI ET<br />

CONSTITUTION, in «Information service», 1994 n° 85, p. 37.<br />

5<br />

A. J. Van der Bent, Vital ecumenical Concerns, Geneva 1986, p. 1.<br />

6<br />

. / N. Berdjaev,<br />

/ Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA.VV.,<br />

/ Dal profondo, 1967 /<br />

Milano 1971, . 103-104 / p. 89.<br />

7<br />

. / N. Berdjaev,<br />

/ <strong>Il</strong> senso della storia, 1923 / Milano 1977, . 88-89 / pp. 78-79.<br />

8<br />

P. Sacchi, <strong>Il</strong> messianismo ebraico dalle origini al sec. II d. C., in Vita monastica , 1987 n° 46, pp. 14-38.<br />

9<br />

. / N. Berdjaev,<br />

/ <strong>Il</strong> senso della storia, 1923 / Milano 1977, . 102 / p. 80.<br />

10<br />

W. Schubart, L'Europe et l'âme de l'Orient, Paris 1938, in G. Guariglia, <strong>Il</strong> messianismo russo, Roma 1956, pp. 23-24.<br />

11<br />

Cfr A. Joos, <strong>Il</strong> Cristo di Dostoevskij e l'esperienza cristiana russa, in Rassegna di teologia , 1988 n° 6, pp. 539-557; idem, Cristologia russa,<br />

(appunti per il corso di cristologia presso il P. Istituto orientale), pro manuscripto, Roma 1990-.... , [ pp.]; vedere, per esempio il riassunto presentato<br />

nel testo, (A. Joos), Come la Chiesa ortodossa vive l'obbedienza ecumenica allo Spirito?, in Atti del convegno (centro <strong>ecumenico</strong> di Maguzzano) (in<br />

preparazione), (pro manuscripto, Roma, 1993, p. 20-22).<br />

12<br />

G. Guariglia, <strong>Il</strong> messianismo russo, Roma 1956, p. 30.<br />

13<br />

Cfr J. L. Seifert, Die Weltrevolutionäre von Bogomil über Huss zu Lenin, Vienna 1931, e W. Schmidt, Razza e nazione, (trad. dal ted.), Brescia<br />

1938, p. 105 ss, in G. Guariglia, <strong>Il</strong> messianismo russo, Roma 1956, pp. 25-26.<br />

14<br />

. .<br />

/ S. A. Askol'dov,<br />

, in AA.VV.,<br />

/ <strong>Il</strong> significato religioso della rivoluzione<br />

russa, 1967 / Milano 1971, . 63-64 / p. 50.<br />

15<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, p. 225.<br />

16<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, p. 226.<br />

17<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, p. 227.<br />

18<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, p. 228.<br />

19<br />

. / N. Berdjaev,<br />

/ <strong>Il</strong> senso della storia, 1923 / Milano 1977, . 71-72 / pp. 50-55.<br />

20<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, pp. 230-231.<br />

72


invece ad un 'astuto utilizzatore' della fede cristica (ben più Napoleone che Robespierre) 2 . La<br />

questione escatologica dell'Anticristo non è che vi sia Cristo e l'Anticristo, ma che essi si<br />

intrecciano, si mescolano (come lo vide Dostoevskij) 3 . <strong>Il</strong> messianismo si secolarizza nel XX<br />

secolo: nella razza e classe eletta 4 , già tramutato 'umanisticamente' nella 'dottrina del progresso' 5 .<br />

Nella misura in cui la presenza cristiana ha perso la sua premessa escatologica, essa cessa di avere<br />

un ruolo credibile nella storia 6 : la teocrazia secolarizzata diventa 'teocrazia umanista' o 'teocrazia<br />

del popolo' 7 . Un sano confronto sulla figura 'messianista' di Gesù ci è indispensabile 8 . L'attesa<br />

messianica va continuamente riconsiderata 9 , da quella ebraica 10 , fino a quella cristiana 11 , anche<br />

quella dalle tradizioni della Riforma 12 . Non abbiamo mai finito di comprendere Chi è Cristo ,<br />

ecco la soglia che porta i dialoghi verso orizzonti rivelativi sempre più aperti ed ulteriori. Tutto ciò<br />

ci fa vedere quanto la dialogica dovrà chiarire e dipanare e strigare nella pazienza e la<br />

consapevolezza di avere sempre tantissimo da imparare dalle varie esperienze della fede vissuta.<br />

ENTRARE NELLA PROSPETTIVA KENOTICA UNENDO LA PROSPETTIVA ECUMENICA<br />

DIALOGALE AL PROFILO RISCOPERTO DI CRISTO<br />

Di fronte all aggressività messianista di accentramento e di conquista, si propone di animare il<br />

movimento <strong>ecumenico</strong> e l intento ecclesiale partendo dalla kenosis (o svuotamento di depossessione)<br />

13 . Si parlerà dell ethos kenotico che permetterà alle Chiese storiche di andare verso<br />

l unità e la creazione nuova 14 . Da questa chiave cristologica può essere colta la manifesta<br />

contradittorietà delle situazioni ecclesiali tra unità e sgretolamento. La kenosis sarebbe un<br />

processo di risanamento, una cura (ibidem) per le Chiese. La proposta si estende -oggi- alla stessa<br />

prospettiva filosofica-teologica: la kenosi sarebbe il solo modo di uscire dal dilemma tra visuale<br />

totalizzante e frammentante della verità nello svuotamente di se (per la teologia e la filosofia)<br />

che scioglie l auto-accentramento della articolazione mentale 15 . Le resistenze di fronte alla<br />

prospettiva kenotica sono tuttora vive, particolarmente per quanto riguarda la visuale evangelicocarismatica<br />

sulla kenosis , che certi teologi rifiutano 16 . Si sa che la così detta 'kenosi' è una parte<br />

fondamentale della esperienza di fede dei cristiani russi 17 . Nella 'kenosis' alcuni vedono soltanto<br />

l''umiliazione' 18 : scambio esterno tra dignità della filiazione divina in Cristo e stato di peccato<br />

sacrificalmente preso in prestito da Gesù 19 . Per altri essa non si limita ad una soteriologia estrinseca<br />

ma fa parte della 'cristologia' stessa 20 , appartenendo intrinsicamente al mistero divino<br />

1<br />

L'individuazione lineare della 'Bestia', tra "storia" ed "escatologia" senza prendere in conto le 'trappole' simboliche dell'apocalittica, si ritrova nella<br />

visuale orientale greca: cfr R. Scognamiglio, Apocalisse tra storia e profezia a proposito di un recente libro di S. Agourides, , in O odigos - la<br />

guida , 1995 n° 2, p. 9.<br />

2<br />

. .<br />

/ S. A. Askol'dov,<br />

, in AA.VV.,<br />

/ <strong>Il</strong> significato religioso della rivoluzione<br />

russa, 1967 / Milano 1971, . 31 / p. 29.<br />

3<br />

. / N. Berdjaev,<br />

/ Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA.VV.,<br />

/ Dal profondo, 1967 /<br />

Milano 1971, . 95 / p. 81.<br />

4<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, p. 231.<br />

5<br />

. / N. Berdjaev,<br />

/ <strong>Il</strong> senso della storia, 1923 / Milano 1977, . 222-228 / pp. 155-159.<br />

6<br />

N. Berdjaev, Essai de métaphysique eschatologique, Paris 1946, pp. 231-232.<br />

7<br />

. / S. Bulgakov, / La lumière sans déclin, 1917 (Glasgow 1971) / Lausanne 1990, . 398-399 / pp. 363-364.<br />

8<br />

L. Sestieri, Gli ebrei di fronte a Gesù, in Vita monastica , 1984 n° 39, pp. 40-63; P. C. Bori, La polemica antigiudaica nel N. T., ibidem, pp. 64-73.<br />

9<br />

Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, L'attesa messianica oggi, in Vita monastica , 1987 n° 46.<br />

10<br />

S. J. Sierra, L'attesa messianica nell'ebraismo oggi, ibidem, pp. 39-59.<br />

11<br />

C. Molari, L'attesa messianica oggi nel cristianesimo, ibidem, pp. 60-90.<br />

12<br />

G. Scuderi, Le attese messianiche nella tradizione protestante, ibidem, pp. 91-129.<br />

13<br />

L. Orsy, Kenosis : The Door to Christian Unity, in Origins , 1993 n° 3, pp. 38-41.<br />

14<br />

Cfr le parole del patriarca Bartolomeos I nella sua predica del 29/6/1995 a San Pietro, citato da C. Molari, Per una Chiesa che ha ceduto al<br />

compromesso (Tiatira - Ap 2, 18-29), in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumencia, Roma 1996, p. 241.<br />

15<br />

G. Feretti, La teologia di fronte alla svolta ermeneutica, in «Firmana, Quaderni di teologia e pastorale», 1993 n° 2, pp.26-29.<br />

16<br />

Ch. Buntin, THE EMPTY GOD. A Biblical and Theological Answer to the False Doctrine of Kenosis, in «Internet» 1996,<br />

http://www.bible.org/docs/theol/kenosis.htm.<br />

17<br />

G. Guariglia, <strong>Il</strong> messianismo russo, Roma 1956, p. 55.<br />

18<br />

G. Guariglia, <strong>Il</strong> messianismo russo, Roma 1956, p. 55; N. Gorodetzky, The humiliated Christ in modern Russian thought, London, 1938.<br />

19<br />

COMMISSION THEOLOGIQUE INTERNATIONALE, Quelques questions choisies concernant la christologie, in «La documentation<br />

catholique», 1981 n° 1803, p. 229.<br />

20<br />

D. M. Baillie, God was in Christ, London 1956, p. 98; . / S. Bulgakov, The Wisdom of God, London 1948, pp. 133 ss; N. Gorodetzky,<br />

The humiliated Christ in modern Russian thought, London, 1938, chap. V.<br />

73


dell'incarnazione 1 (lasciando da parte la 'kenosis estrinseca' 2 ): si mediterà sulla kenosis come<br />

rivelazione del paradosso di Cristo che offre la piena divinizzazione e allo stesso tempo fugge da<br />

3<br />

tutto quello che esprime una 'auto-deificazione' . L'enigma dell'annientamento o<br />

dell'" " di Cristo sorge dal più profondo del mistero divino in senso 'premondiale' 4 . La<br />

prospettiva dell'annientamento si delinea partendo dalla 'assimetria' espressione dell antinomia (cfr<br />

supra)- tra il divino e l'umano 5 (con voci di consenso nella teologia russa 6 . Essa indica che<br />

l'incarnazione si compie non dal di fuori ma 'dal di dentro' 7 . L'enigma di questa sproporzionalità<br />

divino-umana si riassume nel paradosso: "Dio è Dio, non essendo più Dio" 8 , dalla 'libertà di<br />

pienezza' di Dio stesso 9 nella dimensione 'tragica' di auto-depossessione nell'incontro<br />

incarnazionale tra il divino e l'umano 10 . L auto-depossessione divina si attua nella stessa creazione<br />

del mondo. Si 'spegne' l'onnipotenza divina 11 . Questo annientamento riprospetta il significato del<br />

'sacrificio' del Figlio: la credibilità massima di Dio si esprime nella sua estrema vulnerabilità.<br />

L'asceta eroico nell'orgoglio non sarà riconosciuto santo 12 . La 'prodezza cristica' è un confronto<br />

senza armi 13 . Cristo è la vulnerabilità di Dio fatta persona umana. <strong>Il</strong> 'sacrificio inutile' attua questa<br />

sua vulnerabilità interiore. L'autentica morte in Cristo non è quella biologicamente individuale, ma<br />

è 'la morte per irrilevanza' 14 . La sofferenza fino alla morte nella non resistenza al male si trasformò<br />

in una sventura di annientamento di tutto il popolo delle zone slave orientali, quando la 'zona<br />

cuscinetto' del territorio kieviano -tra 'estremo oriente ed estremo occidente'- si trovò presa tra<br />

l'espansionismo germanico e la pressione mongolico-tartarica 15 . Da questa esperienza,<br />

l'annientamento cristico viene considerato come via 'normale' dell'esperienza della fede 16 , col nervo<br />

vitale della sofferenza cristiana, certo non solo quella fisica <strong>quale</strong> soglia che ci apre alla<br />

trascendenza. L'annientamento gratuito di Cristo scioglie la tipologia 'sacrificale' con i contenuti di<br />

espiazione e di riscatto e quella dell'"eroe" o della "vittoria" 17 . La 'prodezza' apparirà essere la 'non<br />

vittoria' nel 'non essere eroi': sparirà la simbolica militare dell eroismo nell'evidenziare la pienezza<br />

evangelica cristiana 18 (fuori dei stereotipi vittimistici e del 'fascino' visivo per la morte violenta 19 ).<br />

<strong>Il</strong> tema del sacrificio lega la soddisfazione per i peccati all ubbidienza perfetta ed alla sacerdotalità<br />

di Cristo 20 , con la priorità del sacrificio di soddisfazione 21 , acuendo il giuridismo soteriologico 22<br />

(col 'sacrificio' sul <strong>quale</strong> sta o cade la rilevanza di Cristo 23 ). In Cristo -però- Dio ci dice che non<br />

vuole sacrifici delle cose nostre ma fa della 'Sua' misericordia un dono 'nostro' 24 . Cristo non<br />

viene a 'rifare tutto da capo'; tutto è già stato offerto dalla iniziativa divina, Cristo si presenta come<br />

1<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 246-247 / pp. 145-146.<br />

2<br />

J. A. T. Robinson, Honest to God, London 1963, pp. 74-75; P. T. Forsyth, The Person and Place of Jesus Christ, London 1909, pp. 313-316.<br />

3<br />

Archim. Sophrony, La félicité de connaître la voie, Genève 1988, p. 44.<br />

4<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 245 / p. 141.<br />

5<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 245 / pp. 144-145.<br />

6<br />

R. u ek, L'opera di Cristo secondo autori russi, Roma 1984, pp. 95-96; G. Florovski, As the Truth is in Jesus, in «The Christian Century» 1951, p.<br />

1458; idem, On the Tree of the Cross, in «St. Vladimir's Seminary Quarterly», 1953, n. 3/4. p. 17.<br />

7<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 260 / p. 158.<br />

8<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 249 / p. 147.<br />

9<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 251-252 / p. 149.<br />

10<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 252 / p. 150.<br />

11<br />

. / S. Bulgakov,<br />

/ Le Verbe incarné, 1933 / Paris 1943, . 253 / p. 151.<br />

12<br />

. / F. Dostoevskij,<br />

/ I fratelli Karamazov, 1980, T. I / Torino 1981, . 50-51 ( . I) / p. 38 (V. I).<br />

13<br />

L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, pp. 160-161.<br />

14<br />

R. Guardini, Religiöse Gestalten in Dostojewky's Werk, München 1951, S. 368, 401.<br />

15<br />

A. M. Amman, Storia della Chiesa russa, Torino 1948, p. 44.<br />

16<br />

. / A. Schmemann, , - 1954, . 344.<br />

17<br />

L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, pp. 160-161.<br />

18<br />

L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, p. 174.<br />

19<br />

. / F. Dostoevskij, / L'idiota, 1970, T. I / Torino 1984, . 331 (T. I) / pp. 403-404.<br />

20<br />

F. Prokopovi , in N. Landomerszky, Une histoire orthodoxe du dogme de la rédemption, Paris 1937, p. 26.<br />

21<br />

. / P. Ternovskij,<br />

, 1844, . 158; cfr M. / M. Bulgakov,<br />

/ Théologie dogmatique orthodoxe, T.<br />

2, - 1862 / Paris 1860, . 103-126 / pp. 152-190; / Filaret (Gumilevskij), , . 2, -<br />

1882, . 119-152; . . / E. P. Akvilonov, , - 1906, . 83-106.<br />

22<br />

A. S. Chomjakov, L'Eglise latine et le protestantisme, Lausanne et Vevey 1872, p. 131; R. u ek, L'opera di Cristo secondo autori russi, Roma<br />

1984, p. 77.<br />

23<br />

Cfr B. Schultze, La nuova soteriologia russa, in «Orientalia christiana periodica» 1943, pp. 422-427; idem, Vertiefte Khomjakov-Forschung:<br />

Ekklesiologie, Dialektik, Soteriologie, Gemeinschaftsmystik, in «Orientalia christiana periodica» 1968, S. 382-383.<br />

24<br />

. / V. Solov'ëv, / Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem, , T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 338-339 / S. 54.<br />

74


il 'liberatore della via' 1 . Cristo non è neppure il 'punto finale' oltre il <strong>quale</strong> non esisterebbe più<br />

niente 2 . Egli ci viene a liberare dalla paura del Dio-forza 3 che ispirava i sacrifici antichi 4 . La<br />

'libertà etica' dalla <strong>quale</strong> nasce la via dell'"amore" 5 (non come 'dovere' 6 ) procede dalla illimitata<br />

compassione come "elemosina" 7 o 'libera unità' 8 . Invece di dare per ottenere , ci si sacrifica in<br />

pura perdita 9 : il 'sacrificio' cristico non serve a qualcosa (per ottenere un 'bene' maggiore) ma è il<br />

sintomo della gratuità divina totale. <strong>Il</strong> 'Cristo morto' 10 , nel vittimismo della "forza cieca, oscura,<br />

insolente" del distruttivismo fa "perdere la fede" 11 . La irrilevanza di Cristo nell'annientamento<br />

appare come una 'indifferenza della storia umana' 12 . La croce non è uno 'strumento' di salvezza, ma<br />

l'espressione riassuntiva della depossessione interiore di Cristo per 'essere scambiata' (condivisa) tra<br />

coloro che iniziano il loro cammino di annientamento 13 . Cristo scioglie il giudizio 'condannando se<br />

stesso' 14 ! Nella filiazione del Creatore, Cristo si fa 'colpevole' del fatto che ci sia l'universo con la<br />

sua propria vita e configurazione 15 . <strong>Il</strong> racconto letterario-teologico di Dostoevskij sul Grande<br />

Inquisitore che voleva giudicare e giustiziare il Gesù-pellegrino nella 'Leggenda' del suo ultimo<br />

romanzo si conclude con un non-procedimento: il contesto dell uccisione di 'allora' è irripetibile 16 .<br />

Le invettive dell Inquisitore contro questa "Tua libertà" 17 (facendo invece del peccato una 'utilità'<br />

istituzionale per sottomettere la gente debole al potere clericale) svelano che per Dio, il peccato<br />

come leva di pressione non 'serve'... Ecco il senso dell'annientamento. Fin dove si spingerà la<br />

vulnerabile inutilità di Cristo, nella sua irrilevanza kenotica? Forse fino alla stessa inutilità davanti<br />

al 'peccato' 18 ? Si porrà la questione se Cristo è 'giustizia' o 'amore' del Padre 19 . Cristo non è 'il solo<br />

giusto' individuale, ma colui che ri-mise la giustizia nella sua luce di totalità e d''insiemità' (o cioè la<br />

capacità di conciliare tutto e tutti) 20 . La ristrettezza giudiaca rischiava di far slittare la chiave<br />

religiosa dell'Alleanza verso la 'superiorità' e la perfezione della 'legge' e della 'giustizia', capaci<br />

di obbligare 'a nome proprio' 21 . La giustizia soggioga o costringe il 'mondo fuori Cristo' ad<br />

aggregarsi a Cristo, ma come fare questo senza la 'forza' 22 ? La giustizia ultima dell'Anticristo è<br />

1<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 313-314 / S. 23.<br />

2<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

, in idem,<br />

, T. III / Lectures on Godmanhood, 1956 /<br />

London 1968, . 112-113 / pp. 152-153.<br />

3<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 334 / S. 48.<br />

4<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 337 / S. 52.<br />

5<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 338 / S. 53.<br />

6<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 341 / S. 57.<br />

7<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 342 / S. 58.<br />

8<br />

. / V. Solov'ëv, / L'idée russe, in idem, Deutsche Gesammtausgabe, B. III, 1964 / Freiburg in Breisgau 1972,<br />

. 29 / S. 80-81.<br />

9<br />

. / F. Dostoevskij,<br />

/ Crime et châtiment, 1970 / Paris 1950, . 343-344 / pp. 383-384.<br />

10<br />

. / F. Dostoevskij, / L'idiota, 1970, T. I / Torino 1984, . 104-106 (T. II) / pp. 404-406.<br />

11<br />

. / F. Dostoevskij, / L'idiota, 1970, T. I / Torino 1984, . 261-262 (T. II) / pp. 265-266.<br />

12<br />

. . / A. S. Chomjakov, , in idem, . . , 1900, . 410.<br />

13<br />

. / F. Dostoevskij, / / Delitto e castigo, 1970 / Milano 1981, . 450 / pp. 501-502; idem,<br />

/ L'idiota, 1970, T. I / Torino 1984, . 265 ( . I) / pp. 220-221.<br />

14<br />

. . / V. I. Nesmelov, , 1907, . 331.<br />

15<br />

Cfr R. u ek, L'opera di Cristo secondo autori russi, Roma 1984, pp. 70-71.<br />

16<br />

. / F. Dostoevskij,<br />

/ I fratelli Karamazov, 1980, T. I / Torino 1981, . 325 (T. I) / p. 350 (V. I).<br />

17<br />

.<br />

/ F. Dostoevskij,<br />

/ I fratelli Karamazov, 1980, T. I / Torino 1981, . 314 ( . I) / pp. 337-338 (V.<br />

I).<br />

18<br />

.<br />

/ F. Dostoevskij,<br />

/ I fratelli Karamazov,<br />

75<br />

1980, T. I / Torino 1981, . 309 ( . I) / pp. 332-339 (V.<br />

I); cfr H. De Lubac, Témoignages autobiographiques, Paris 1974, pp. 335, 404.<br />

19<br />

A. S. Chomjakov, L'Eglise latine et le protestantisme, Lausanne et Vevey 1872, pp. 259-266.<br />

20<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

/ Die geistige Grundlagen des Lebens, in idem,<br />

, T. III / Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. II, 1956 / Freiburg in Breisgau 1964, . 403 / pp. 136-137.<br />

21<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

, in idem,<br />

, T. III,<br />

1956, T. III / Der Talmud und die neuste polemische Literatur über ihn in Österreich und Deutschland, in idem, Deutsche<br />

Gesammtausgabe, B. IV, Freiburg in Breisgau 1972, . 19 / S. 529; . / V. Solov'ëv,<br />

/ Das<br />

Judentum und die christliche Frage, in idem,<br />

, T. IV / Deutsche Gesammtausgabe, B. IV, 1956 / Freiburg in Breisgau<br />

1964, . 135-137 / S. 581.<br />

22<br />

. / V. Solov'ëv,<br />

, in idem,<br />

, T. III / Lectures on Godmanhood, 1956 /<br />

London 1968, . 173-174 / p. 201.


'clemenza' (condiscendente concessione di un favore) invece di essere 'compassione' (con<br />

sofferenza di Dio partecipando alla sventura dell umanità) 1 . La perfezione è estetica (esterna o<br />

interiore): ma implica un avvertimento, la bellezza stessa "è un enigma" o meglio "che tremenda ed<br />

orribile cosa" (e non la formula tante volte ripetuta a proposito di Dostoevskij: la bellezza salverà<br />

il mondo ) 2 ! La perfezione è inversione della pienezza divina nell'intento dell Anticristo 3 , La<br />

verità di superiorità è l''imperium' nella 'perfetta sintesi' che il racconto solov ëviano sull Anticristo<br />

ascrive all Imperatore universale 4 . La perfezione è 'garanzia' e 'legittimità' nelle 'perfezioni' del<br />

Superuomo<br />

5 . L'incarnazione è invece una de-imperializzazione di Dio... Da questo<br />

approfondimento sul mistero kenotico di Cristo si traccia la dinamica stessa della scommessa<br />

ecumenica. La via ecumenica è una via di de-possessione delle Chiese in riferimento cristologico ,<br />

non una umiliazione storica delle Chiese o una rinuncia a quello che la propria perfezione<br />

includerebbe . In questo senso, si va oltre alla liberazione da contingenze storiche 6 . <strong>Il</strong> mistero<br />

d amore della de-possessione in Dio è proprio quello di far essere non Suo quello che sorge dal<br />

Suo dono. <strong>Il</strong> non possedersi del movimento <strong>ecumenico</strong> segue questa via della non appartenenza a se<br />

stessi nell itinerario di riconciliazione cristiana.<br />

FARE IL PUNTO OGGI DALLA PAROLA DI DIO: DAL PRIMO CORRETTIVO CHE GESÙ<br />

FORMULA DOPO LA RISURREZIONE SULLA FEDE CHE DEVE MATURARE OLTRE<br />

BEATI QUELLI CHE HANNO CREDUTO SENZA AVER VISTO , SPECIFICANDO: AVER<br />

VISTO CIÒ CHE TU HAI VOLUTO VEDERE TOMMASO , CON L INGIUNZIONE A<br />

NON RIDURRE IL CRISTO RISORTO ALLE FERITE DELLA SUA PASSIONE<br />

La domenica di San Tommaso illustra quest ultimo richiamo che ogni anno liturgico<br />

riprende come fondamento e premessa per ogni testimonianza: la 2° domenica dopo Pasqua. È<br />

sintomatico che questo vangelo si riprende per i tre anni liturgici della terna (A- B- C), come un<br />

riferimento da rilanciare per ogni livello di approfondimento dell insegnamento delle letture per i<br />

tre cicli successivi: un richiamo cioè- da riprendere instancabilmente. Si potrebbe chiamare il tema<br />

liturgico di questa domenica del Messale romano quello della parzialità , rischio dal didentro della<br />

visuale cristiana di fede. <strong>Il</strong> Vangelo ce lo propone in modo lineare: Gesù, nel tentativo di far vedere<br />

la continuità senza materiale identificazione tra la Sua persona terrena e l evento della Risurrezione,<br />

appare ai discepoli ed apostoli e mostra le Sue ferite che fanno da collegamento tra la Sua Passione,<br />

croce e Risurrezione. Le altre letture della anno (A) parlano della grande fedeltà di perseveranza dei<br />

primi discepoli (Ac 2, 42-47) e della rinascita interiore conferita nella fede (Pi 1, 3-9). Tommaso<br />

però, che non c era, vuol andare oltre alla verifica su ciò che Gesù vuol far vedere. Vuol mettere le<br />

dita nelle ferite. I suoi parametri sono prettamente fisiologico-immediati, in una parola parziali<br />

(Gio 20, 19-29). La sua iniziativa non viene demonizzata da parte di Gesù, ma il correttivo finale è<br />

eloquente: beati quelli che hanno creduto senza aver visto (Gio 20, 29). Si potrebbe specificare:<br />

vedere quello che e come tu hai voluto vedere! Si vede subito quello che si è preparati a vedere.<br />

Chi vede in genere un paesaggio senza focalizzarlo ha bisogno di orientarsi per capire dove e come<br />

ci si trova Vedere significa scoprire e risituarsi. Vedere quello che si è già deciso che si vuol<br />

vedere punta su una forma già assimilata. Vedere è una cosa, voler completare con il senso del tasto<br />

è un altra cosa. <strong>Il</strong> paesaggio si restringe su una zona ben circoscritta, più limitata, e si pensa che<br />

diventa più precisa . Sarà questo passaggio che toglierà ogni possibilità di dubbio? Vedere così è<br />

proprio l ultima certezza? Gesù non sembra sentirlo in quel modo. Beato chi crederà senza voler<br />

1<br />

B. / V. Solov'ëv,<br />

/ I tre dialoghi, 1954 / Torino 1975, . 201 / p. 191.<br />

2<br />

.<br />

/ F. Dostoevskij,<br />

/ I fratelli Karamazov, 1980, T. I / Torino 1981, . 93-94, 145 / pp. 92-93, 144<br />

(V. I) ; cfr i studi di A. Joos sulla questione estetica nella teologia odierna, in http://www.webalice.it/joos.a nella sezione e nella pagina interna<br />

«Teologie in <strong>dialogo</strong> Theologies in dialogue» - particolarmente la corrente di salvaguardia della «teologia della Golia» in confronto con l intuito<br />

dostoevskijano sulla bellezza cfr http://www.webalice.it/joos.a/S-RP1S1B.pdf.<br />

3<br />

B. / V. Solov'ëv, / I tre dialoghi, 1954 / Torino 1975, . 193-233 / pp. 184-217.<br />

4<br />

B. / V. Solov'ëv, / I tre dialoghi, 1954 / Torino 1975, . 205 / p. 194.<br />

5<br />

B. / V. Solov'ëv, / I tre dialoghi, 1954 / Torino 1975, . 217 / p. 204.<br />

6<br />

L. Orsy, Kenosis : The Door to Christian Unity, in «Origins», 1993 n° 3, p. 41.<br />

76


vedere in quel modo indica che qui manca una certa dimensione di esperienza, e che non è soltanto<br />

la verifica che sia in causa. Cosa non va , allora? Le altre letture ci possono dare un ulteriore<br />

delucidazione sul caso. La Chiesa ha voluto mettere insieme al fatto di Tommaso il brano del Libro<br />

degli Atti sul condividere tutto della prima comunità apostolica (Att 4, 32-35). Per entrare<br />

nell adesione piena al Regno delal Vita nuova, bisogna mettere tutto in comune . Se lo vogliamo<br />

guardare nella prospettiva del Vangelo, si potrebbe dire bisogna superare ogni parzialità La<br />

cosa è ancora più palese se ci lasciamo guidare attraverso la seconda lettura: l amore di Dio<br />

significa osservare i suoi comandamenti (I Gio 5, 4). E cosa sono i comandamenti: non un fardello<br />

(cfr I Gio 5, 5). Non sono un fardello perché sono l amore stesso: ama e fai quello che vuoi . <strong>Il</strong><br />

grande slancio della messa in comune di tutto quello che si aveva nell primo momento ecclesiale va<br />

ben al dilà di una disponibilità materiale dei beni. E sappiamo che anche oggi, la via evangelica<br />

della non proprietà individuale rimane materialmente parziale anche tra comunità, o Congregazioni<br />

od Ordini che mantengono la loro configurazione di proprietà. <strong>Il</strong> significato, dal Vangelo di quella<br />

domenica, dovrebbe dunque indicare qualcosa di più radicale. Anche il <strong>dialogo</strong> ha bisogno di una<br />

particolare capacità di visione : c è chi vuole farlo sempre più preciso e materialmente ristretto<br />

nella lettera la visuale sorge da ciò che 'vediamo'. E cosa 'vediamo'? Volendo arrivare a<br />

puntualizzare nel modo più ristretto e diretto ciò che vediamo effettivamente in un preciso attimo di<br />

focalizzazione visuale, siamo costretti a ridurre in tal modo il campo ad una parte così esigua di un<br />

qualsiasi ambito visuale che esso -in fine dei conti- non è che un punto o poco più, ma un punto<br />

non esiste... Nella più stretta precisione della visione: "letteralmente non vediamo proprio niente"<br />

(cioè un punto che non esiste) 1 . "Meglio si vede, meno si vede!"... Questo sarebbe il paradosso. Più<br />

si focalizza con precisione, più si restringe il campo visuale 2 . Spingendo l'operatività e l'efficacia<br />

visuale, i limiti si impongono ancora più schiettamente 3 . In modo del tutto accurato, alla San<br />

Tommaso , non vediamo letteralmente nulla 4 . L estrema precisione formale può farci ignorare<br />

l intento più ampio<br />

V<br />

IL DIALOGO ECUMENICO NELLA SUA SCOMMESSA DI<br />

TRAGUARDO APERTO: IL LEGAME DIALOGALE INTRINSECO<br />

NELLA DINAMICA DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO. DAL<br />

DIALOGO CON IL POPOLO ELETTO NEI FRATELLI-SORELLE<br />

EBREI AL DIALOGO DELLE RELIGIONI<br />

1<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ Segni celesti, Riflessioni sulla simbologia dei colori, , in idem,<br />

, in<br />

idem,<br />

, . I / La prospettiva rovesciata ed altri scritti, 1985 / Roma 1983, . 57-58, 186-187 / p. 68, 132.<br />

2<br />

E. T. Hall, The hidden Dimension, New York 1966, pp. 71-72: «The man who detects movement out of the corner of his eye is seeing peripherally.<br />

Moving away from the central portion of the retina, the character and quality of vision change radically. The ability to see color diminishes as the color<br />

sensitive cones become more scattered. Fine vision associated with closely packed receptor cells (cones), each wilh its own neuron, shifts to very coarse<br />

vision in which perception of movement is enhanced. Connecting two hundred or more rods to a single neuron has the effect of amplifying the<br />

perception of motion while reducing detail. Peripheral vision is expressed in terms of an angle, approximately 90 degrees, on each side of a line<br />

extending through the middle of the skull. Both the visual angle and the capacity to detect motion can be demonstrated it the reader will perform the<br />

following experiment. Make two fists with the index fingers extended. Move them to a point adjacent to, but slightly behind, the ears. Looking straight<br />

ahead, wiggle the fingers and slowly advance both hands until motion is detected. Thus even though man sees less than a one-degree circle sharply, the<br />

eyes move so rapidly as they dart around painting in the details of the visual world that one is left with the impression of a much wider clear area than is<br />

actually present in the visual field. The fact that attention is focused on foveal and macular vision in coordinated shifts also maintains the illusion of<br />

broad-band clear vision».<br />

3<br />

E. T. Hall, The Hidden Dimension, New York 1966, p. 71: «A simple demonstration illustrates the tiny size of the area covered by the fovea. Pick up<br />

any sharp, bright object, such as a needle, and hold it steady at arm's length. At the same time, pick up a similar pointed object in the free hand and<br />

slowly move it toward the first object until both points are in a single area of clearest vision and can be seen clearly without shifting the eyes at all.<br />

The two points have to be virtually overlapping before they can be seen that clearly. The most difficult part is to avoid shifting the eyes away from the<br />

stationary point toward the moving point. Surrounding the fovea is the macula, an oval, yellow body of color-sensitive cells. It covers a visual angle<br />

of 3 degrees in the vertical plane and 12 to 15 degrees in the horizontal plane. Macular vision is quite clear, but not as clear and sharp as foveal vision<br />

because the cells are not as closely packed as they are in the fovea. Among other things man uses the macula for reading».<br />

4<br />

.<br />

/ P. Florenskij,<br />

/ La prospettiva rovesciata, in idem,<br />

, in idem,<br />

, . I / La prospettiva rovesciata ed altri scritti, 1985 / Roma 1983, . 186 / p. 132: «Si dice: Ma non si possono vedere<br />

simultaneamente tutte e tre le pareti di una casa . Se questa obiezione è esatta, allora bisogna portarla avanti ed essere conseguenti. Simultaneamente<br />

non si possono vedere non solo tre, ma neanche due pareti di una casa, addirittura neanche una. Simultaneamente vediamo solo un piccolo pezzettino da<br />

nulla della parete, ed anche questo non lo vediamo simultaneamente, anzi simultaneamente, non vediamo letteralmente nulla».<br />

77


Da quando si è fatta strada l avventura ecumenica, si è preso atto che il <strong>dialogo</strong> apriva in<br />

essa un processo incoativo che non poteva essere pre-delimitato. <strong>Il</strong> passaggio verso orizzonti più<br />

ampi, al dilà della appartenenza cristiana esplicita non rappresenta una aggiunta estrinseca al<br />

<strong>dialogo</strong>, ma si iscrive nella sua stessa dinamica. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong>-nel-mistero-della-fede include questa<br />

impossibilità di stabilire delle frontiere che mettano gli uni dentro e gli altri fuori del suo<br />

intento intrinseco.<br />

UN PRIMO PASSO VERSO LA FEDE DI ALTRE APPARTENENZE RELIGIOSE<br />

Già a suo tempo, un tentativo viene fatto dal cardinale Nicola Cusano di considerare l Islam<br />

come una fede cristiana che si ignora (che anticipa in qualche modo ed in un senso interessante il<br />

cristiano anonimo di K Rahner, che avrebbe dovuto valorizzare questa anticipazione storica) 1 .<br />

Ecco che la storia della Chiesa ci insegna quanto possa essere poco lineare lo sviluppo<br />

dell apertura dottrinale: per lo stesso intuito l uno è fatto cardinale e l altro quasi emarginato da chi<br />

ansimava per diventarlo Un approccio comparativo era già maturato nel contesto bizantino:<br />

quello del <strong>dialogo</strong> tra il <strong>futuro</strong> imperatore Manuele Paleologo ed un saggio musulmano (1390) o<br />

<strong>dialogo</strong> sulle tre leggi , o cioè mosaica<br />

musulmana<br />

78<br />

cristiana. Per il saggio musulmano si<br />

avrebbe nella legge mosaica una legge incoativa, in quella cristiana una legge troppo elevata, nella<br />

legge coranica una legge media 2 . <strong>Il</strong> ricordo di Nicola Cusano che vede i musulmani come cristiani<br />

che si ignorano viene esteso nell antropologia trascendentale del XX secolo (K. Rahner) al mistero<br />

stesso dell essere umano, implicitamente aperto a questa dimensione di apertura al divino (in<br />

termini non solo cristiani). Si sottolinea anche che diverse interpretazioni delle altre religioni o<br />

movimenti religiosi offrono talvolta una qualità di vita migliore di quella cristiana 3 . Si partirà dalla<br />

grazia che opera ovunque: da questa angolatura, la fede cristiana non è una religione come le altre<br />

ma il compimento, l entelechia della dinamica religiosa, e le vaste aree di non cristianità possono<br />

essere partecipi della stessa grazia, fede e anche Chiesa dei fedeli espliciti 4 . Si sospetterà un<br />

assorbimento implicito di tutti nell intento cristiano 5 . Si potrà anche ribaltare la formula applicata<br />

ai cristiani come per esempio- buddhisti anonimi !... Si tenterà invano di mettere in auge testi<br />

adoperati (a Ratisbona) dal Pontefice degli anni 2006 di fronte al discernimento assai lucido per il<br />

suo tempo del Cusano 6 .<br />

1 A. Besançon, L islam, in «Commentaire», 2004 n° 107, p. 590: «La troisième approche, je l'appellerai la recherche du point sublime de<br />

dépassement par le haut. Un bon exemple en est le De pace fidei, écrit par le cardinal Nicolas de Cuse en 1452, à la veille même de la chute de<br />

Constantinople. Son but est d'atteindre un point de vue supérieur et englobant, tel qu'on pourrait interpréter l'islam comme une forme de christianisme<br />

inconsciente d'elle-même. Comme lui non plus ne peut pas faire appel à la Bible, il décide de partir de l'article de foi qu'il pense commun, la foi au<br />

Dieu unique. A partir de cet axiome, il déduit par un raisonnement scolastique aussi savant qu'abstrait la Trinité et les autres grands dogmes chrétiens.<br />

Cet exposé strictement rationnel pouvait, espérait-il, plaire à des sages musulmans nourris de la meilleure philosophie, celle d'Avicenne».<br />

2 A. Besançon, L islam, in «Commentaire», 2004 n° 107, p. 590: «La seconde approche chrétienne, je l'appellerai celle des Trois Lois. On en trouve<br />

un bon exemple dans le dialogue qui eut lieu entre le futur empereur Manuel Paléologue et un sage musulman en 1390. IL s'agit d'établir un ordre de<br />

précellence entre les Lois de Moise, de Jésus et de Mahomet. Manuel commence en affirmant que la loi musulmane est inférieure à celle des juifs, en<br />

particulier à cause du djihad, selon lequel les hommes ont le choix entre la conversion et la mort ou l'esclavage. Or La volonté divine ne se plaît pas<br />

dans le sang et veut amener les hommes à La foi par la persuasion et non par la violence. A fortiori est-elle inférieure à la loi du Christ. A quoi le<br />

musulman répond qu'en effet La loi du Christ est meilleure que la loi de Moïse, mais elle est trop dure, trop élevée, donc impraticable. C'est prêcher<br />

par excès de devoir aimer ses ennemis, rechercher la pauvreté, supporter La virginité. Le Coran tient la voie moyenne entre les déficiences de la loi<br />

mosaïque et les excès de celle du Christ. Or le milieu, la modération est synonyme de vertu et de raison».<br />

3 J. Hick, The Non-Absoluteness of Christianity, in J. Hick - P. F. Knitter, The Myth of Christian Uniqueness, New York 1987, p. 17; P. F. Knitter, No<br />

other Name? A critical Survey of christian Attitudes toward other Religions, London 1983, p. 2; R. Panikkar, The Intrareligious Dialogue., New York<br />

1978, pp. 61, 69; idem, The Unknown Christ of Hinduism (Completely revised and enlarged Edition), New York 1981, p. 35.<br />

4 K. Riesenhueber, Die Anonymen Christ nach Karl Rahner, in: «Zeitschrift für Kirche und Theologie», 1964 N° 86, S. 286-303.<br />

5 H. Küng, Essere cristiani, Milano 1976, p. 97; idem, Anonyme Christen - wozu?, in «Orientierung» 1975 N° 39, S. 216; cfr H. Scheurich, Karl<br />

Rahners These von anonymen Christentum. Darstellung. Kritik. Würdigung, HalleWittenberg 1976, S. 288.<br />

6 R. Fisichella, Prefazione, in Manuele II Paleologo, Dialoghi con un Persiano, Roma 2008, p. 2: «I Dialoghi tra Manuele II Paleologo e l anonimo<br />

Persiano di cui sappiamo solo essere un muteriz , cioè un uomo sapiente a cui tutti portavano rispetto<br />

non sono molto conosciuti nella storia<br />

dell Apologetica. Come spesso avviene, la ricostruzione storica preferisce muoversi tra i più facili viali dei famosi maestri e delle scuole di pensiero,<br />

piuttosto che addentrarsi nei complicati meandri di opere secondarie e autori sconosciuti. La dimenticanza di questi, tuttavia, non permette di avere<br />

una visione completa della problematica e la stessa ricostruzione storica lascia il fianco scoperto. D altronde, anche alla luce dei fatti recenti, chi<br />

potrebbe dire con assoluta certezza che il Liber creaturarum del catalano Raimondo da Sebunda (1385-1436), rettore della prestigiosa scuola di<br />

Toulouse abbia avuto più fortuna dei Dialoghi dell imperatore Paleologo? O, forse, il Dialogion de fide cattolica e il Contra perfidiam Mahumeti del<br />

certosino Dionigi di Ryckel (1402-1471) hanno argomentazioni più delicate di quelle contenute delle pagine dei Dialoghi con il Persiano? Se,


IL PRESUPPOSTO PER OGNI APERTURA DI DIALOGO, IL DIALOGO COL POPOLO DI<br />

DIO<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> include la comune appartenenza cristiana alle sorgenti stesse della vita<br />

ecclesiale: dall Alleanza di Dio con il Suo popolo alla Nuova Alleanza. <strong>Il</strong> riconoscimento<br />

dell'appartenenza all'unico popolo di Dio o popolo eletto è una premessa fondamentale -dalla<br />

comune ambiguità fino alla comune sete di santità- per qualunque iniziativa cristiana ulteriore 1 . Lo<br />

scioglimento dell esclusivismo cristocentrista operando un taglio incolmabile tra Cristo e le tappe<br />

progressive della pedagogia divina- passa attraverso questo crogiuolo. <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano ci<br />

insegna che la stessa 'Torah' non è 'legge' ma 'seme di vita' 2 . L elezione di Israele include un intento<br />

divino verso tutti i popoli umani 3 . Si dirà che Cristo è la conferma del comune riferimento ad<br />

Abramo delle genti 4 . Ecco dove il comune riferimento alla Parola di Dio in tutta la sua estensione<br />

forma la sorgente del movimento <strong>ecumenico</strong> 5 . La stessa Bibbia non potrà essere pienamente<br />

recepita nel sapere cristiano senza ricorso alle tradizioni giudaiche nell interpretazione esegetica 6 .<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> intercristiano non avrà vitalità senza quello ebraico-cristiano 7 . I passi in avanti dei<br />

dialoghi ecumenici sono in gran parte da attribuire al cammino del <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano 8 . Ciò<br />

che caratterizza l'incognita del <strong>dialogo</strong> odierno è la disparità d'impegno dialogale da tutte le parti 9 .<br />

Dai primi passi fino ad oggi, la continuità dell'unico popolo di Dio si è progressivamente affermato<br />

come convergenza sofferta 10 . <strong>Il</strong> linguaggio <strong>ecumenico</strong> tenta di evocare la reciprocità dei due poli<br />

del popolo di Dio come appartenenza della Chiesa a Israele e di Israele alla Chiesa 11 . La svolta<br />

conciliare romana rimane una pietra miliare per quella Chiesa 12 . Tra superamento del proselitismo<br />

e delle varie strumentalizzazione in ambito della più ampia convivenza umana 13 , il bilancio odierno<br />

non può che approdare convergere verso un progetto nel millennio che si annuncia 14 , con<br />

l'insostituibile ri-prospezione del profilo cristico in senso non monolitico. <strong>Il</strong> mistero stesso di Dio,<br />

probabilmente, il De pace seu concordantia fidei del cardinale Nicolò Cusano (1401- 1464) ebbe maggior eco dei Dialoghi, chi può attestare che<br />

l Adversus Iudaeos et Gentes dell umanista fiorentino Giannozzo Manetti (1396-1459) abbia avuto maggior influsso dello scritto di Manuele II?»<br />

1 E. Bianchi, Dossier, il <strong>dialogo</strong> cristiani-ebrei, problema - ambiguità - prospettive, in «Missione oggi», 1993 n° 5, p. 37; Cfr A. Bea, <strong>Il</strong> popolo<br />

ebraico nel piano divino della salvezza, in L. Sestieri - G. Cereti, Le chiese cristiane e l'ebraismo, Casale Monferrato 1983, pp. 76-80;<br />

CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA, Rapporti fra Chiesa ed ebraismo, ibidem, pp. 304-305; C. Thoma, L'ebraismo come realtà religiosa, in<br />

idem, Teologia cristiana dell'ebraismo, Casale Monferrato 1983, pp. 192-193; SINODO DELLA CHIESA RIFORMATA OLANDESE, Proposte per<br />

una riflessione teologica su Israele, in L. Sestieri - G. Cereti, Le chiese cristiane e l'ebraismo, Casale Monferrato 1983, pp. 143-145; J. Willebrands -<br />

E. Toaff, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> cattolici ebrei nel XV della Nostra Aetate, Casale Monferrato 1983, pp. 324-330; cfr J. Willebrands, Apporto degli ebrei alla<br />

civiltà europea, in «Rocca», 1992 n° 1.<br />

2 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, <strong>Il</strong> dono della Torah, in Vita monastica , 1985 n 161-162; C. Di Sante, L'importanza della Torah nel <strong>dialogo</strong><br />

ebraico-cristiano, ibidem, pp. 15-27; L. Sestrieri, La Torah: costrizione o libertà?, ibidem, pp. 28-39; P. De Benedetti, La Torah nell'ebraismo,<br />

ibidem, pp. 40-51; P. Stefani, I cristiani e la Torah, ibidem, pp. 56-73; M. Viterbi Ben Horin, <strong>Il</strong> deserto e la Torah, ibidem, pp. 74-85; J. Genot,<br />

Legge scritta, legge orale nella tradizione giudaica, ibidem, pp. 86-111; G. Boccaccini, <strong>Il</strong> dibattito sul valore salvifico della Torah nel I secolo,<br />

ibidem, pp. 112-120.<br />

3 COMMISSION INTERNATIONALE LUTHERIENNE - CATHOLIQUE, La compréhension de l Eglise à la lumière de la justification, in La<br />

documentation catholique , 1994 n° 2101, p. 814 n° 16.<br />

4 E. Bianchi, Gesù e il Dio di Abramo, in AA. VV., Chi dite che Io sia?, Roma 1992, p. 63.<br />

5 P. Grech, Fonti giudaiche nell'esegesi del 1° secolo, in «Vita monastica», 1981 n° 146, pp. 11-26; M. Pesce, Elementi di interpretazione della<br />

Scrittura nel primo secolo, ibidem, pp. 27-29; M. Cunz, Per una spiritualità cristiana del giudaismo, ibidem, pp. 11-132; J. Smeets, Ipotesi di<br />

interdipendenza fra tradizioni e interpretazioni bibliche, ibidem, pp. 70-76; J. Des Rochettes, Vivere: un criterio di ermeneutica biblica nella<br />

tradizione rabbinica, ibidem, pp. 77-99.<br />

6 COMMISSION BIBLIQUE PONTIFICALE, L interprétation de la Bible dans l Eglise, in «La documentation catholique», 1994 n° 2085, pp.21-22.<br />

7 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano oggi, in «Vita monastica», 1986 n° 166-167.<br />

8 Cfr F. König, Address at the Lateran University. Catholic-Jewish Relations: Perspectives and Guidelines, in «Information Service», 1990 n° 77,<br />

p.79.<br />

9 M. Viterbi Ben Horin, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano oggi : cosa, come e perché, , in «Vita monastica», 1986 n° 166-167, pp. 15-23.<br />

10 R. Fabris, <strong>Il</strong> cammino da Seelisberg a "Nostra Aetate" e altre, in «Vita monastica», 1986 n° 166-167, pp. 24-54.<br />

11 COMMISSION INTERNATIONALE LUTHERIENNE - CATHOLIQUE, La compréhension de l Eglise à la lumière de la justification, in «La<br />

documentation catholique», 1994 n° 2101, pp. 819-820 n° 52.<br />

12 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, Israele e le genti - le genti e Israele (Stanno succedendo cose nuove, come non le vedete ancora? Is. 43, 19),<br />

in «Vita monastica», 1989 n° 51; M. Viterbi Ben Horin, Orizzonti nuovi fra ebrei e cristiani a 25 anni dalla convocazione del Vaticano II, ibidem, pp.<br />

11-35; B. Calati, <strong>Il</strong> kairos del <strong>dialogo</strong>, ibidem, pp. 36-45.<br />

13 G. Sorano, Gruppo di studio: problematiche inerenti al <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano, in «Vita monastica», 1986 n° 166-167, pp. 57-60; G. Boccaccini,<br />

Gruppo di studio: il <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano e le provocazioni del mondo giovanile, ibidem, pp. 63-64; F. Fumagalli, Gruppo di studio: la realtà di<br />

Israele oggi e il <strong>dialogo</strong>, ibidem, pp. 65-73.<br />

14 L. Sestieri, Tavola rotonda conclusiva. Quasi un bilancio per andare oltre, in «Vita monastica», 1986 n° 166-167, pp. 77-83; V. Lampronti, Ipotesi<br />

per un <strong>dialogo</strong> del terzo millennio, ibidem, pp. 84-88; C. Di Sante, "Sognando" il <strong>futuro</strong> del <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano, ibidem, pp. 89-90; M.<br />

Vingiani, Yules Ysaac e il <strong>dialogo</strong> ebraico-cristiano, ibidem, pp. 93-112.<br />

79


nel suo senso più ampio riscoperto da tutti, appare come scommessa di massima apertura 1 . Gli<br />

incontri ebraico-cristiani ci offrono esempi eloquenti di un cammino convergente con le promesse<br />

ecumeniche più consistenti 2 .<br />

IL DIALOGO ECUMENICO CHE SI APRE AL DIALOGO DELLE RELIGIONI<br />

Si insiste -il più delle volte- sulla differenza tra <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> e <strong>dialogo</strong> con le religioni<br />

dell'umanità 3 . Se il <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> è conversione comune delle Chiese a Cristo seguendo la<br />

metodologia di mutua disponibilità , il <strong>dialogo</strong> inter-religioso insisterà sulla priorità aperta della<br />

disponibilità radicale di fiducia mutua e franchezza nella scambio in piena uguaglianza tramite una<br />

religatio reciproca 4 . Si parlerà -a questo livello- di religioni tradizionali 5 . Non si potranno<br />

ignorare, in questo senso, i criteri di Heschel sul fatto che nessuna religione sta per conto suo o è<br />

una isola a se stante (magari da qualche parte nel cielo, per conto proprio) 6 . Le ingenerose e<br />

meschine osservazioni contro il tentativo di riconoscere il valore delle religioni dell umanità da<br />

parte di teologi del XX secolo appaiono sconsolatamente blande 7 . Qualche sprovveduto portavoce<br />

della ufficialità si azzarda a delineare la differenza tra cristianesimo e religioni (naturali, dette<br />

anche pagane {!}) a modo di contrasto radicale tra unire senza miscuio e confusione e essere<br />

tutto miscuio e confusione 8 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> delle religioni e tra le religioni -comunque- non è una<br />

questione che riguarda esclusivamente le istituzioni religiose, o i culti di mediazione, ma si iscrive<br />

in un intreccio comunicativo complessivo e fa eco alle antiche tradizioni di tolleranza religiosa<br />

1<br />

E. Kopciowsky, In quel giorno l'eterno sarà unico (Zc. 14, 19), ibidem, pp. 46-58.<br />

2<br />

Le tematiche di Camaldoli fanno eco alle priorità e all'impostazione complessiva del movimento <strong>ecumenico</strong>. La prima premessa è certo<br />

l'insostituibile riferimento alla Parola di Dio (1° sessione), impossibile senza la sorgente biblico-ebraica (1° incontro). La secondo premessa<br />

ecumenica non può dimenticare l'appartenenza al <strong>dialogo</strong> con Dio dalla creazione e oltre la (e le) colpa(e), impossibile senza il contributo ebraico sul<br />

primo itinerario che nasce nella 'immagine di Dio' (2° incontro): unità malgrado gli allontanamenti. La terza premessa ecumenica mette in avanti la<br />

preghiera di santificazione: preghiera comune che non potrà omettere quella ebraica che né è la culla (3° incontro). <strong>Il</strong> primo passo del percorso<br />

<strong>ecumenico</strong> è la presa di coscienza della priorità del mistero, il cui nodo rimane il mistero della fede e Gesù ebreo (4° incontro). Segue poi il richiamo<br />

al dono della Torah o sorgente di vita nel mistero trasmesso, concretizzazione del mistero in una scelta di vita (5° incontro), esplicitazione ebraica<br />

della visibilità di una opzione radicale. Gli incontri calmaldolensi si fermano -poi- sulla metodologia ecumenica della indagine sul cammino percorso<br />

(6° incontro), continuo rinvio al coinvolgimento vissuto e non a 'principi predeterminati' ed indispensabile al fine di non dimenticare l'inizio di<br />

intolleranze nutrite anche dai cristiani. Dal mistero si passa al profilo sul <strong>quale</strong> si annodano le ragion d'essere di molti confronti: la figura messianica e<br />

le sue connotazioni (iperboliche o minimizzanti) (7° incontro). Subito dopo viene trattato il tema-maestro dell'intuito <strong>ecumenico</strong>: la conversioneteshuvah<br />

al Signore (8° incontro) nella <strong>quale</strong> tutti devono essere coinvolti e che rimette 'ebraicamente' in bilanciata luce il riferimento a Cristo nella<br />

dinamica dialogale: piattaforma dove il messaggio ebraico appare vitale. Non può mancare l'interrogativo sull'avvenire e le sue incognite ove l'intento<br />

<strong>ecumenico</strong> non sarà prospettabile senza la chiave ebraico-cristiana (9° incontro) nell'inserimento in seno all'umanità: soglia di apertura della scomessa<br />

ecumenica al di là di se stessa. Si va verso gli ultimi incontri con la tematica del rapporto alla 'terra di tutti', avvio di profezia (10° incontro), che<br />

suggerisce le avvisaglie dell'accoglienza dello Spirito oltre ogni appartenenza. In questa luce si esamina 'l'identità' reciproca di ebrei e cristiani (11°<br />

incontro) senza cui non si supererà le diversificazioni aggressive tra Chiese e cristiani. L'ultimo <strong>dialogo</strong> considerato si ferma sulla simbolica della<br />

'terra' che ricorda quella cristiana del 'tempio dello Spirito' nelle sue implicazioni arcaiche ed anticipative (12° incontro). I vari riferimenti specifici<br />

verranno ripresi -nel testo- con dati biliografici specifici. La parte II focalizza una chiave sostanziale che i dialoghi di Camaldoli hanno trattato o che<br />

rimangono sempre in filigrana degli incontri: Gesù (pp. 282-389) nelle sue varie dimensioni. L'incidenza maggiore viene data al confronto tra Gesù<br />

della storia e Gesù della fede con una inquadratura incentrata su questo doppio rinvio. Dalla tematica prettamente ecumenica, questo abbinamento<br />

ridimensiona il discorso aperto dagli autori ed oggi prospettato dalla comune meditazione cristiana per superare l'intralcio del 'Cristomonismo'. <strong>Il</strong><br />

preambolo sembra utile e situa bene il contesto del 2° millennio occidentale nel <strong>quale</strong> si rinchiude questa discussione. Più volte affiora l'accenno alla<br />

messianità, al Cristo spossessato, al Cristo nudo... con interessanti indicazioni per una più ampia interpretazione della maturazione cristiana orientale<br />

ed occidentale. Caratteristica del percorso camaldolense è di non trovare contributi cristiani orientali dove molti elementi ci aiuterebbe a meglio<br />

vedere quanto alcuni intuiti ebraici hanno trovato eco e hanno potuto essere implementati cristianamente (e. g. nel contesto slavo cristiano-orientale).<br />

3<br />

JOINT WORKING GROUP BETWEEN THE ROMAN CATHOLIC CHURCH AND THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Ecumenical<br />

Formation. Ecumenical Reflections and Suggestions, in «Information Service», 1993 n° 84, p. 179 n° 23-24.<br />

4<br />

R. Panikkar, Myth, Faith and Hermeneutics, New York 1979 pp. 4, 232, 242-243; idem, Metatheology or Diacritical Theology, in «Concilium»,<br />

1969 n° 46, p. 54.<br />

5<br />

Cfr CONSEIL PONTIFICAL POUR LE DIALOGUE INTERRELIGIEUX, Lettre aux présidents des Conférences épiscopales d Asie, d Amérique<br />

et d Océanie, in «La documentation catholique», 1994 n° 2088, pp. 168-170.<br />

6<br />

I quattro principi di Heschel del 1966 sono citati nel contesto del 25° anniversario di Nostra Aetate, in E. I. Cassidy, Address for the<br />

Commemoration in São Paolo, in Information Service , 1990 n° 77, p. 74; cfr M. Eliade - J. Kitagawa, The History of Religions: essays in<br />

methodology, Chicago 1959; vedere anche R. Panikkar, The Interreligious Dialogue., New York 1978, p. 26; idem, The Unknown Christ of Hinduism<br />

(Completely revised and enlarged Edition), New York 1981, pp. 34, 69; idem, The Invisible Harmony: A Universal Theory of Religion or a Cosmic<br />

Confidence in Reality?, in L. Swildler, Towar a Universal Theology of Religion, New York 1987, p. 143; idem, Action and Contemplation as<br />

Categories of Religious Understanding, in Y. Ibish - I. Marculescu, Contemplation and Action in World Religions, London 1978, p. 102.<br />

7<br />

Vedere i commenti sulle dichiarazioni superficiali del von Balthasar in proposito nella sua opera Cordula, Paris 1967 (cap. Quand le sel<br />

s affadit ), di fronte all apertura di P. Rossano in Acculturazione del Vangelo, (congresso di missiologia, Roma 1975), collegate a quelle di J.<br />

Maritain, <strong>Il</strong> contadino della Garonna, Brescia 1973 p. 86, in E. Grasso, <strong>Il</strong> pensiero di K. Rahner sul valore delle religioni non cristiane, Riflessioni<br />

Rh , 1984 n° 1, pp. 8-9.<br />

8<br />

Fa sorridere il semplicismo fondamentalista che viene tuttora proferito a nome della nostra Chiesa: F. Rodé, Exposé à l assemblée plénière du<br />

Conseil pontifical de la culture, in «La documentation catholique», 1994 n° 2094, p. 455.<br />

80


auspicate da personaggi di rilievo della storia 1 . Anche qui, non si potrà fare a meno di guardare al<br />

'popolo di Dio' in mezzo alle genti, con un riesame comune di questa presenza 2 . L'interrogativo<br />

comune di cristiani ed ebrei apre il campo ad una più profonda consapevolezza sul travagliato<br />

cammino religioso dell'umanità 3 . I fratelli della Riforma sottolineano che il <strong>dialogo</strong> con le religioni<br />

non è una relativizzazione della fede ma una non assolutizzazione della nostra conoscenza del<br />

'mistero' 4 . Sorgerà, inevitabilmente l interrogativo sul riferimento a Cristo in questo comune<br />

<strong>dialogo</strong>. Alcuni affermano che la teologia odierna nel suo insieme chiede l abbandono della<br />

posizione antiquata sulla unicità cristiana in un mondo pluralista 5 . Si propone di vedere -da parte<br />

di ognuno nella propria appartenenza religiosa- ogni assoluto come assoluto relazionale e non<br />

assoluto di esclusione o di inclusione 6 . L assoluto isolato in se è una contradizione 7 . Non è<br />

mancato il richiamo romano alla unicità radicale di Cristo, magari inclusiva , da parte<br />

indirettamente ufficiale 8 . Ci si limita -pure talvolta- all accenno sulla centralità del ruolo di Cristo<br />

9 . L'oriente cristiano sa che alcune dinamiche di altre religioni sono di origine orientale cristiana (il<br />

suffismo, dalla tradizione cristiana siriaca) e che le pratiche cultuali orientali sono strettamente<br />

legate alle grandi religioni orientali (la sorgente ebraica o le somiglianze con il buddismo) 10 . <strong>Il</strong><br />

<strong>dialogo</strong> è mediazione. Questa mediazione non è indifferente o neutrale, o -cioè- non consiste<br />

soltanto nel mettersi d'accordo sulla tattica di rapporti misurati ed il gioco è fatto... La mediazione è<br />

vita viva nella <strong>quale</strong> ci si inserisce, facendo propria la scommessa di una 'scambiabilità' condivisa<br />

nella e dalla stessa convivenza umana. Tra il monolitismo dell eteronomia e l individualismo<br />

plurimo dell autonomia , si parlerà di ontonomia come processo di vita relazionata 11 . <strong>Il</strong> terrore<br />

del sincretismo è una delle barriere che più drasticamente ci richiamano alla cosidetta 'prudenza' nel<br />

<strong>dialogo</strong>. Si sa che i rischi di 'miscuio' troppo rapido e quasi da corto-circuito non sono stati frutto di<br />

intenzioni deteriori, nel passato, ma di una mancanza -chissà- della piattaforma e di una<br />

metodologia di scambio dove l'esplorare e l'imparare dall'altro non diventi un diretto identificarsi<br />

formalmente con esso.<br />

OGNI CHIESA STORICA INDIVIDUALE ED IL DIALOGO COMUNE CON LE RELIGIONI<br />

DELL UMANITÀ<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> impostato da una Chiesa per conto proprio (per esempio la Chiesa romana) rischia<br />

di rimpicciolirsi alla sua configurazione ordinaria di incontro ecc 12 ... Non appare sempre in modo<br />

chiaro che l impegno <strong>ecumenico</strong> nel <strong>dialogo</strong> con le religioni dell umanità ha una sua dimensione<br />

prioritaria di iniziativa cristiana comune. Impostato in modo più lungimirante, il <strong>dialogo</strong> tra le<br />

religioni e l'intento cristiano permetterà approfondimenti teologici specifici come, per esempio,<br />

l'accostamento tra reincarnazione e risurrezione, che ci darà occasioni di riscoperte, magari del<br />

mistero stesso della risurrezione 13 . Si proporrà una via e delle premesse metodologiche per portare<br />

1 Cfr ad esempio l editto del re Asoka,della Nubia, in E. Hulzsch, Inscriptions of Asoka, Oxford 1925, vol. XIII<br />

2 A. Soggin, Israele e le nazioni, in «Vita monastica», 1989 n° 51, pp. 59-62; P. Stefani, Israele e le genti nella prospettiva cristiana contemporanea,<br />

ibidem, pp. 73-92.<br />

3 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, <strong>Il</strong> nostro essere - ebrei e cristiani sulla terra di tutti "Cercate lo shalom del paese" (Ger 29, 7), in «Vita<br />

monastica», 1990 n° 55; E. Toaff - M. Cunz - D. Garrone, "Cercate lo shalom del paese" (Ger 29, 7). Meditazione a tre voci, ibidem, pp. 11-32.<br />

4 J.-P. Dassonville, Dossier, les religions orientales: rencontre et dialogue. Point de vue d'un protestant évangélique, in «Unité des chrétiens», 1993<br />

n° 91, pp. 8-9.<br />

5 L. Sanneh, Encountering the West. Christianity and the Global Cultural Process: the African Dimension, New York 1993, p. 182.<br />

6 R. Etchegaray, Intervention à la Conférence internationale sur la paix et la tolérance, in «La documentation catholique», 1994 n° 2090, p. 279; altri<br />

parleranno di relativity a differenza del relativism , di ogni veirtà con i suoi parametri, F. Wilfred, Beyond Settled Foundations, Madras 1993, pp.<br />

101-102.<br />

7 R. Panikkar, Man and Religion: a Dialogue with Panikkar, in Jeevadhara , 1981 n° 61, p. 12.<br />

8 Cfr EDITORIALE, L unicità di Gesù e il pluralismo religioso, in La civiltà cattolica , 1995 n° 3474, p. 543.<br />

9 Cfr CONSEIL PONTIFICAL POUR LE DIALOGUE INTERRELIGIEUX, Lettre aux présidents des Conférences épiscopales d Asie, d Amérique<br />

et d Océanie, in La documentation catholique , 1994 n° 2088, p.170 n° 10.<br />

10 O. Clément, Dossier, les religions orientales: rencontre et dialogue. Point de vue d'un orthodoxe, in Unité des chrétiens , 1993 n° 91, p. 10.<br />

11 R. Wilfred, Beyond Settled Foundations, Madras 1993, pp. 102-103; R. Panikkar, Rtatatta: a Preface to a Hindu-Christian Theology, in<br />

Jeevadhara , 1979 n° 49, p. 11.<br />

12 Cfr CONSEIL PONTIFICAL POUR LE DIALOGUE INTERRELIGIEUX, Lettre aux présidents des Conférences épiscopales d Asie, d Amérique<br />

et d Océanie, in La documentation catholique , 1994 n° 2088, p.170 n° 9.<br />

13 H. Bourgeois, Dossier, les religions orientales: rencontre et dialogue. Croyance à la réincarnation et foi au ressuscité, in Unité des chrétiens ,<br />

1993 n° 91, pp. 14-16; è interessante notare come l'argomento reincarnazionista -sottolineare il processo impegnativo della vita (fuori del<br />

81


a termine questo intento, con una distinzione tra principi fondamentali (basic tenets) e verità<br />

esistenziale (existential truth) di una dottrina religiosa per portare avanti la praxis dialogale 1 . Si<br />

considererà talvolta l incontro inter-religioso come incontro tra vari miti di portata universale,<br />

estendendo questo processo ad un tipo di ecumenismo <strong>ecumenico</strong> che non si limita alle Chiese<br />

cristiane tra di loro 2 . <strong>Il</strong> mito sarebbe la concretizzazione religiosa della fede vissuta 3 . Sintomatico<br />

appare la valutazione interreligiosa dell ecumenismo inter-cristiano come una questione tra Chiese<br />

cristiane (senza la dimensione profonda della conversione al mistero di Dio nella <strong>quale</strong> ogni<br />

metodologia trova la sua fonte). Una certa dimensione profonda si discerne -invece- nel<br />

riferimento al <strong>dialogo</strong> intrareligioso : rientrare in se stessi per far maturare la conversione interiore<br />

verso più autentiche consapevolezze di fede 4 . La chiave di conversione emerge, così, anche nel<br />

contesto <strong>interreligioso</strong> 5 . <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> comincia con la presa di coscienza interiore sulla impossibilità<br />

di fare a meno dell altro (e non con una specie di libero arbitrio sulla possibilità di accettare o<br />

rifiutare l altro) 6 . L esame metodologico dell attegiamento dialogale pone la questione di fondo<br />

riguardo all intendimento sulle religioni.<br />

LA PUBBLICAZIONE DEL TESTO DOMINUS IESUS . RIPIEGAMENTO ROMANO DEL<br />

DIALOGO CRISTIANO VERSO LE RELIGIONI DELL UMANITÀ NEL 2000<br />

Salta agli occhi l intento del documento: affermare la specifica esclusiva della dottrina<br />

romana 7 . Non è difficile capire la convergenza di questo testo con l insieme della impostazione<br />

giubilare romana. Manca invece- il venire incontro alle difficoltà sentite da altri. Esso estende la<br />

problematica al di là dell intento <strong>ecumenico</strong> intercristiano stretto per toccare la problematica del<br />

<strong>dialogo</strong> inter-religioso. Non si può ignorare la scelta del momento per pubblicare questo testo.<br />

Colpisce per alcuni- il tono fuori luogo del testo 8 . Più che altro, si temeva in ambito<br />

<strong>ecumenico</strong>- questo tipo di frattura tra gentilezza dei modi e intransigenza intollerante dei<br />

«contenuti» 9 . Ma la pubblicazione del documento ed il suo contesto ci ricordano forse- qualcosa<br />

di fondamentale nel modo di assumere il <strong>dialogo</strong> con le religioni dell umanità da parte del<br />

movimento <strong>ecumenico</strong> stesso. Lo si potrebbe esprimere così: se il <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> impegna le<br />

Chiese tra di loro in svariato modo, il <strong>dialogo</strong> con le altre religioni nella sua ottimizzazione-<br />

coinvolgimento divino) in diverse 'vite' (Bourgeois)- venga usato da alcuni come argomento anti-reincarnazionista nel senso della impegnatività<br />

radicale e volontarista dell'unica vita attuale (C. Maccari, La risposta cristiana al problema della reincarnazione ., in Sette e religioni , 1993 n° 1,<br />

pp. 22-27), a riprova che la problematica viene colta in modo incerto da questa fluttuante puntualizzazione.<br />

1 R. Panikkar, Myth, Faith and Hermeneutics, New York 1979, p. 244; idem, The Unknown Christ of Hinduism (Completely revised and enlarged<br />

Edition), New York 1981, pp. 40-43.<br />

2 R. Panikkar, Towards an Ecumenical Ecumenism, in Journal of Ecumenical Studies , 1982 n° 12, pp. 781-786.<br />

3 R. Panikkar, The Intrareligious Dialogue, New York 1978, pp. 13-22.<br />

4 R. Panikkar, The Intrareligious Dialogue, New York 1978, pp. 10, 14, 40<br />

5 R. Panikkar, The Unknown Christ of Hinduism (Completely revised and enlarged Edition), New York 1981, p. 43; idem, The Intrareligious<br />

Dialogue, New York 1978, pp. 7-21.<br />

6 R. Panikkar, Hermeneutics of Comparative Religion: Paradigms and Models, in Journal of Dharma , 1980 n° 1, pp. 38-40.<br />

7 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione "Dominus Iesus" circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo<br />

e della Chiesa, in «Internet» 2000, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20000806_dominus-<br />

iesus_it.html, nº 3-4: «3. Nella pratica e nell'approfondimento teorico del <strong>dialogo</strong> tra la fede cristiana e le altre tradizioni religiose sorgono domande<br />

nuove, alle quali si cerca di far fronte percorrendo nuove piste di ricerca, avanzando proposte e suggerendo comportamenti, che abbisognano di<br />

accurato discernimento. In questa ricerca la presente Dichiarazione interviene per richiamare ai Vescovi, ai teologi e a tutti i fedeli cattolici alcuni<br />

contenuti dottrinali imprescindibili, che possano aiutare la riflessione teologica a maturare soluzioni conformi al dato di fede e rispondenti alle<br />

urgenze culturali contemporanee. <strong>Il</strong> linguaggio espositivo della Dichiarazione risponde alla sua finalità, che non è quella di trattare in modo organico<br />

la problematica relativa all'unicità e universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo e della Chiesa, né quella di proporre soluzioni alle questioni<br />

teologiche liberamente disputate, ma di riesporre la dottrina della fede cattolica al riguardo, indicando nello stesso tempo alcuni problemi<br />

fondamentali che rimangono aperti a ulteriori approfondimenti, e di confutare determinate posizioni erronee o ambigue. Per questo la Dichiarazione<br />

riprende la dottrina insegnata in precedenti documenti del Magistero, con l'intento di ribadire le verità, che fanno parte del patrimonio di fede della<br />

Chiesa. 4. <strong>Il</strong> perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il<br />

pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio). Di conseguenza, si ritengono superate verità come, ad esempio, il carattere<br />

definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo, la natura della fede cristiana rispetto alla credenza nelle altre religioni, il carattere ispirato dei<br />

libri della Sacra Scrittura, l'unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, l'unità dell'economia del Verbo incarnato e dello Spirito Santo,<br />

l'unicità e l'universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo, la mediazione salvifica universale della Chiesa,<br />

l'inseparabilità, pur nella distinzione, tra il Regno di Dio, Regno di Cristo e la Chiesa, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell'unica Chiesa di Cristo».<br />

8 Ch. Makarian<br />

M. Festraëts, Vatican, l enfer c est les autres, in «L Express», 14/9/2000, pp. 46-47; J.-L. Mouton, La déclaration Dominus<br />

Jesus . Et le dialogue interreligieux?, in «Réforme», 14-09-2000.<br />

9 Cfr H. Trincq, Les quatre vérités du docteur Ratzinger, in «Le Monde», 16-09-2000.<br />

82


impegna tutte le Chiese insieme nel loro consenso di testimonianza . Molte osservazioni<br />

dell autorità dottrinale romana convergono con le posizioni di altre Chiese, che formulerebbero<br />

comunque la loro valutazione nel comune impegno intercristiano verso le religioni dell umanità.<br />

LE CULTURE E LE RELIGIONI NEL DIALOGO<br />

<strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> 'sta piuttosto dalla parte delle culture' o 'sta piuttosto dalla parte del Regno'? O il<br />

<strong>dialogo</strong> è il momento in cui la cultura supera se stessa nell'accogliere l'altro (complessivamente<br />

come cultura) ed entra -dunque- in una dimensione 'oltre' o 'aldilà' o incondizionata? <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> delle<br />

culture sta -forse- risolvendo ciò che le Chiese non sono riuscite a fare fino adesso? Cioè, le Chiese<br />

si trovano implicate in un mondo dove le distanze scompaiono e dove ogni cultura è confrontata con<br />

le altre. A proposito delle culture, ci si chiede se tutto non si riduce ad una questione di<br />

'individualità culturale' 1 ? Ma se parliamo di individualità riguardo alle culture, non arriviamo<br />

-forse- alle stesse difficoltà che avevamo a proposito dell'individualismo? L'individualismo è -forse-<br />

una malattia tipicamente occidentale 2 ? L'individualismo ci richiama ad un'altra presa di coscienza:<br />

là dove esso vige con più o meno intensità (e dovunque ve n'è un pò), si costata che in quanto<br />

individui ci si immagina quasi spontaneamente come contrapposti gli uni agli altri 3 . Potremo<br />

-forse- superare le strettoie della 'predestinazione' come anticipate divisione tra le individualità<br />

compiute di fronte a quelle incompiute 4 ? L'individualizzazione 'separa' ma essa permette una<br />

potenzialità di 'partecipazione', tramite un 'eros' che ci spinge verso l'altro 5 ? Esiste un 'egoismo'<br />

(privato, sociale o culturale) che possa confondere individualità e personalità 6 ? E' vero che la<br />

'personalità' (nella esperienza storica del passato) si acquistava culturalmente nella misura in cui vi<br />

era 'partecipazione' pienamente riconosciuta 7 ? Si dice che questa non contrapposizione può essere<br />

pensata grazie, non ad una chiara definizione dei 'contenuti' individuali e collettivi, ma tramite una<br />

"fluidità di riferimento" 8 nell'intrecciare (come lo fa la tradizione ebraica antica) il linguaggio<br />

sull''uno' o sui 'molti'. La particolarità delle culture sono meno delle 'proprietà' quanto il modo di<br />

articolare diversamente il patrimonio comune dei valori, a secondo di problemi propri da risolvere o<br />

di attenzione specifica data a certe priorità 9 . Inutile dire quanta possa essere l'importanza di tutto<br />

ciò per la comprensione del taglio culturale delle tradizioni cristiane ed ebraiche, o anche religiose.<br />

Inevitabilmente, ci ritroveremo con questa prospettiva inter-culturale e con questa problematica<br />

culturale ogni volta che si cercherà una chiave di approccio per districare la questione della<br />

diversità e dell'unità ultima nel mistero della riconciliazione divina. Da un individualismo culturale<br />

si arriva -forse- al concetto del 'pluralismo culturale'? Questo pluralismo proporrebbe -chissà- il solo<br />

principio di coesistenza tra le culture 10 ? Come risanarci da questo arcaico impulso che ci spinge a<br />

riggettare e disprezzare il 'diverso' in paragone con quello a cui ci siamo abituati come sistema di<br />

vita, come scala di valori, come priorità di esistenza 11 ? E' vero che viviamo ancora da ciò che si<br />

chiamerebbe una 'via orientale' dell'esperienza umana: cioè l'abolizione del 'diverso' tramite<br />

l'immersione nell'"Unico"? La 'via occidentale' sarebbe l'unione grazie alla differenziazione fino in<br />

fondo 12 . Sarà una unione che differenzia 'specializzando' ogni ambito particolare, o sarà invece una<br />

'personalizzazione' multiforme e multidimensionale che avrà luogo 13 ? Ma <strong>quale</strong> sarà questa<br />

personnalizzazione? Inevitabilmente, si scorge nel processo personnalizzante un 'riavolgersi' su se<br />

1 R. A. Sigmond, Cultura e pluralismo culturale, in AA. VV. Evangelizzazione e culture, Roma 1976, vol. I, p. 72.<br />

2 E. Hall, The hidden Dimension, New York 1966, p. 157.<br />

3 P. Teilhard de Chardin, Le phénomène humain, Paris 1955, p. 284.<br />

4 P. Tillich, Systematic Theology, vol. I, London 1968, p. 300.<br />

5 P. Tillich, Systematic Theology, vol. III, London 1968, p. 35.<br />

6 P. Teilhard de Chardin, Le phénomène humain, Paris 1955, p. 292.<br />

7 P. Tillich, Systematic Theology, vol. I, London 1968, p. 194.<br />

8 H. Mühlen, L'Esprit dans l'Eglise, Paris 1969, vol. I, pp. 119-120.<br />

9 Cl. Lévy-Strauss, Race et histoire, Paris 1961, p. 50.<br />

10 D. Mongillo, Esigenze morali dell'Evangelo e culture, in AA. VV., Evangelizzazione e culture, Roma 1976, vol. I, p. 210.<br />

11 Cl. Lévy-Strauss, Race et histoire, Paris 1961, p. 19.<br />

12 P. Teilhard de Chardin, Les directions de l'avenir, Paris 1973, pp. 215-216.<br />

13 P. Teilhard de Chardin, L'avenir de l'homme, Paris 1959, pp. 74-75.<br />

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stessi 1 . Questo potrebbe apparire come rifiuto delle altre 'entità', ma potrebbe anche non essere altro<br />

che una necessaria dimensione della complessità vitale dalla <strong>quale</strong> può delinearsi una 'coscienza' 2 .<br />

Questa complessità, sulla <strong>quale</strong> ritorneremo nel contesto delle culture, non acquista -poi- maggiore<br />

impulso nella segregazione da ogni possibile miscuio, ma proprio nella inter-fecondazione oltre i<br />

confini del proprio 'riavolgimento' già configurato 3 . Le culture ci chiedono -forse- "taciter vel<br />

magna voce" (per riprendere la formula sui segni dei tempi dell'esortazione apostolica "Evangelii<br />

nuntiandi"): "qual'è la vostra specificità non segregativa?" e "qual'è la vostra capacità di assumere la<br />

complessità culturale nella vivacità dei confronti?"... La potenzialità culturale umana sarebbe quella<br />

di mettere tutto in relazione con tutto, attraverso tutti? L'unità-relazionalità valorizzerà -forse-<br />

questa prospettiva? Dipenderà dalla relazionalità viva se una cultura 'ce la fa' o se si esaurisce 4 ?<br />

Cultura vorrebbe dire interazione 5 ? Ma allora, la 'culturalità' è fondamentalmente '<strong>dialogo</strong>' o<br />

scambio di tutti con tutto? <strong>Il</strong> "<strong>dialogo</strong> delle culture" è innanzi tutto "le culture come <strong>dialogo</strong>"! Le<br />

culture sono le reti di inter-dipendenza tra i vari ambiti di una data esperienza umana 6 : tra i vari<br />

campi dell'attività e del pensiero. In quanto <strong>dialogo</strong>, l'identità culturale supera passato e fissità<br />

presente, per aprirsi al processo dinamico della ri-creazione incessante della relazionalità di<br />

convivenza concreta 7 .<br />

FARE IL PUNTO OGGI: DAI POCHI CHE SI SALVANO ENTRANDO DALLA PORTA<br />

STRETTA AI TANTI CHE VERRANNO DA ORIENTE ED OCCIDENTE, SETTENTRIONE E<br />

MERIDIONE<br />

La stessa liturgia romana rievoca un certo tipo di illusorietà nelle letture della fine dell anno<br />

ordinario, nella sua fase finale dell anno ((C) la maturazione finale dell insegnamento liturgico<br />

domenicale) nel percorso dei tre anni del ciclo (domenica XXI dell anno ordinario C). La questione<br />

sempre in qualche modo una questione conclusiva- interpella Cristo: Signore, saranno pochi<br />

quelli che si salvano? (Lc 23, 22) E Gesù da la sua risposta in contropiede: prima dice<br />

sforzatevi di entrare dalla porta stretta Molti cercheranno di entrarvi e non potranno (Lc 13,<br />

23-24), Egli drammatizza poi la ristrettezza di questo tipo di accesso recusando chi volesse usare a<br />

proprio vantaggio l argomentazione di una vicinanza visibile col Signore abbiamo mangiato e<br />

bevuto con te (Lc 13, 25-26). Poi Egli ribalta completamente ed in modo paradossale la<br />

prospettiva allora verranno da occidente e da oriente, da settentrione e da meridione ultimi che<br />

saranno primi sedersi alla mensa di Abramo (Lc 13 29-30). La salvezza potrebbe restringere<br />

oltremodo la possibilità di entrare , ma la lungimirante Saggezza di Dio potrebbe chiamare un<br />

numero incalcolabile da oriente ed occidente, da settentrione e meridione Chi esclude tanti altri a<br />

nome di una salvezza intransigente verso tutti quelli di fuori potrebbe trovarsi fuori esso stesso<br />

nei pianti e stridori di denti (Lc 13, 28-29). Sembra farsi strada il prospetto che la salvezza non<br />

sarà l ultima risposta di Dio In <strong>quale</strong> modo potrà compiersi questa ospitalità per i tanti da oriente<br />

ed occidente, da settentrione e meridione? Nel vangelo, poi, segue l esclamazione sconsolante di<br />

Gesù su Gerusalemme quante volte ho voluto (Dio attraverso i profeti che mandava) riunire i tuoi<br />

abitanti attorno a me se avessi voluto (Lc 13, 34). Saranno forse i criteri della salvezza che<br />

non appaiono abbastanza trasparenti noi abbiamo mangiato e bevuto con te (Lc 13, 26) o cioè<br />

noi abbiamo fatto parte della tua schiera L interrogativo suscita una dovuta curiosità spirituale:<br />

che cosa non è stato sufficiente nella impostazione della stratta porta della salvezza ? E ci rimane<br />

anche la questione aperta: sarà il <strong>dialogo</strong> con le religioni dell umanità ad aprirci l anima e lo spirito<br />

verso un orizzonte più ampio che quello della stratta salvezza ? Sarà questa una via che<br />

corrisponde alla lungimiranza divina nella sua imprevedibile Saggezza? Ma la liturgia di quella<br />

1 P. Teilhard de Chardin, Science et Christ, Paris 1965, p. 204.<br />

2 P. Teilhard de Chardin, Le phénomène humain, Paris 1955, p. 271.<br />

3 P. Teilhard de Chardin, La vision du passé, Paris 1957, pp. 290-291.<br />

4 E. Hall, The silent Language, New York 1959, p. 87.<br />

5 B. Malinowskij, Une théorie scientifique de la culture, Paris 1970, p. 61.<br />

6 UNESCO, Projet de plan a moyen terme de 1984 a 1989, Rapport 4xC4, Paris 1982, p. 191, n 11040.<br />

7 UNESCO, Projet de plan a moyen terme de 1984 a 1989, Rapport 4xC4, Paris 1982, p. 195, n 11066.<br />

84


domenica incalza nella prima lettura per non lasciare dubbi su ciò che la Chiesa intende: radunerò<br />

gente da tutte le nazioni e da tutte le lingue (Is 66, 18-21). E per finire il discorso- si riprende<br />

nella seconda lettura la lettera riassuntiva di amonimento: Se il Signore ti da una lezione come<br />

un padre al proprio figlio ti sentirai dapprima rattristato, ma poi ti riprenderai nella gioia (cfr<br />

Ebr 12 5-13). <strong>Il</strong> Signore non tralascia di darci quella lezione che sul momento ci sorprende perché<br />

non eravamo forse preparati a cogliere ciò che Egli stava apparecchiando La consolazione sarà di<br />

appianare il sentiero per potervi camminare (Ebr 12, 23). Chi chiude tutto tra baluardi sempre<br />

più spessi e stretti potrebbe non trovare posto per se stesso in questo prospetto<br />

85<br />

La via dialogale<br />

ultima della conversione del cuore fino in fondo- si conferma immancabilmente come via di<br />

apertura al dilà di ciò che avremmo potuto intuire<br />

CONCLUSIONE<br />

È POSSIBILE FARE UN BILANCIO DEI REQUISITI DECISI PER IL<br />

PROSEGUIMENTO DELL IMPEGNO ECUMENICO<br />

Gli anni 1965-1975 hanno visto l avvio e la fioritura di diversi dialoghi tra le Chiese. Si<br />

faceva però- notare già negli anni 70 che i temi di dialoghi sembravano ricorrenti e ripetitivi,<br />

suggerendo la necessità di formulare qualche bilancio su ciò che rimane veramente decisivo nei<br />

confronti e nelle convergenze 1 . I primi passi dialogali si sono interessati innanzitutto al battesimo,<br />

poi all Eucaristia, ed infine al ministero, arrivando così agli anni 80.<br />

I DIALOGHI E LA TEOLOGIA<br />

Nel loro impegno complessivo di approfondimento mutuo, i dialoghi stanno diventando una<br />

fonte teologica propria, tra i testi di convergenza ed i contributi di ognuno nel trattare i temi in<br />

discussione, che la stessa ricerca teologica deve ormai prendere in conto come documentazione<br />

ecclesiale ufficiale o di autori individuali 2 .<br />

LA FORMAZIONE AL DIALOGO<br />

<strong>Il</strong> rimedio migliore per non cadere nell indifferenza ecumenica è proprio l incentivo educativo<br />

comune 3 . Lo scopo educazionale consiste nel rendere l intento <strong>ecumenico</strong> non più un ambito<br />

elittistico ma comune nell impegno dei battezzati 4 . Occorre, perciò, preparare i futuri ministri a<br />

1<br />

J. Hamer, Rapport du Secrétaire, in «Information service», 1970 nº 2, p. 10: «Si l'on fait l'inventaire des thèmes traités dans les divers dialogues, on<br />

remarque que certains reviennent plus fréquemment: l'autorité dans l'Eglise (particulièrement l'autorité enseignante), le ministère, l'eucharistie, Eglise<br />

et Monde, changement et identité dans l'Eglise. Je crois qu'il y aurait intérêt, pour nous catholiques, de faire le bilan des résultats obtenus de manière à<br />

identifier avec précision les points névralgiques des problèmes qui demeurent et à nous équiper mieux pour la poursuite des dialogues en cours et pour<br />

tous ceux qui pourraient s'ouvrir sur les mêmes sujets. L'établissement d'un tel bilan avec confrontation à nos propres critères devrait faire l'objet<br />

d'une large collaboration entre catholiques».<br />

2<br />

Cfr J. F. Puglisi S. J. Voicu, A Bib1iography of Interchurch and Interconfessional Theological Dialogues, Centro Pro Unione, Rome 1984 ; H.<br />

Meyer<br />

L. Vischer, Growth in Agreement Reports and Agreed Statements of Ecumenical Conversations on a World Level, New York /<br />

WCC,Geneva, 1984 ; S. J. Voicu G. Cereti (ed.), Enchiridion Oecumenicum. Documenti del Dialogo Teologico Interconfessionale, Bologna 1988.<br />

3 R. E. Lange, Malaise in the Ecumenical Movement, in «Ecumenical Review», 1971 nº 1, p. 8: «Apart from diakonia and a critical social<br />

commitment, it is the educational process which is the most effective means of kindling the tradition of faith».<br />

4 J. Hamer, Rapport du Secrétaire, in «Information service», 1971 nº 13, p. 10: «5. Nous sommes en période d'éducation oecuménique. Deux<br />

documents parus cette année me paraissent très importants dans cette perspective: la deuxième partie du directoire sur l'oecuménisme dans<br />

l'enseignement supérieur et le document de travail offert aux conférences épiscopales sur le dialogue oecuménique. Commencée dans les séminaires<br />

et les universités, la formation oecuménique devra faire sentir. ses effets dans les paroisses, dans la prédication dominicale et dans le catéchisme.<br />

Aujourd'hui encore l'oecuménisme reste trop l'affaire d'un « club », d'une « élite » intellectuelle; il se juxtapose à la formation courante et ne la<br />

pénètre pas assez. Changer les mentalités pour les former est une tâche urgente à laquelle l'impatience oecuménique ne peut pas rester indifférente.<br />

C'est une tâche fondamentale, base et condition de tout développement ultérieur sérieux».


questa dimensione della vita ecclesiale odierna 1 . Proprio per evitare le prese di posizioni negative,<br />

le direttive sulla formazione teologica «Sapientia cristiana» includono la necessità di inserire la<br />

tematica ecumenica nella formazione teologica 2 , tra le discipline obbligatorie della formazione<br />

teologica, nel programma fondamentale, lo studio delle questioni ecumeniche 3 .<br />

PROMUOVERE LA RICONCILIAZIONE ATTRAVERSO GLI EVENTI ECCLESIALI<br />

La conversione di una Chiesa nella sua complessiva presa di coscienza appariva assai<br />

chiaramente nell intento dell Anno Santo del 1975: il frutto dell Anno Santo è la riconciliazione<br />

(rilevato dai commentatori 4 ), la via di attuazione è il rinnovamento e la sorgente è la conversione<br />

interiore o metanoia 5 , con «le attività e le iniziative che, a secondo delle varie necessità della<br />

Chiesa e opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l unità dei cristiani » 6 ,<br />

particolarmente nell apertura ecumenica della Chiesa 7 . Per quanto riguarda il Giubileo 2000, il<br />

riferimento <strong>ecumenico</strong> è molto più contenuto 8 . Colpisce subito il tono diverso della impostazione:<br />

1 Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica "Sapienza christiana", in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, pp. 492: «Le questioni ecumeniche devono<br />

essere accuratamente trattate, secondo le norme emanate dalla competente Autorità Ecclesiastica: anche le relazioni con le religioni non cristiane sono<br />

da considerare con attenzione, e saranno esaminati con scrupolosa diligenza i problemi che scaturiscono dall'ateismo contemporaneo»; etiam cfr p.<br />

513.<br />

2 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica «Sapientia christiana», in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, nº 8, p. 492: «Le questioni ecumeniche<br />

devono essere accuratamente trattate, secondo le norme emanate dalla competente Autorità Ecclesiastica: anche le relazioni con le religioni non<br />

cristiane sono da considerare con attenzione, e saranno esaminati con scrupolosa diligenza i problemi che scaturiscono dall'ateismo contemporaneo».<br />

3 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica «Sapientia christiana», in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, nº 8, p. 513: «Le discipline obbligatorie sono:<br />

I) Nel primo ciclo: a) Le discipline filosofiche richieste per la Teologia, quali sono soprattutto la Filosofia sistematica, con le sue parti principali, e la<br />

sua evoluzione storica. b) Le discipline teologiche, e cioè: --la Sacra Scrittura: introduzione ed esegesi; --la Teologia fondamentale, con riferimento<br />

anche alle questioni circa l'ecumenismo, le religioni non-cristiane e l'ateismo; --la Teologia dogmatica; --la Teologia morale e spirituale; --la Liturgia;<br />

--la Storia della Chiesa, la Patrologia e l'Archeologia; --il Diritto Canonico. c) Le discipline ausiliarie, cioè alcune scienze umane e, oltre alla lingua<br />

latina, le lingue bibliche, nella misura in cui siano richieste per i cicli seguenti».<br />

4 Nel suo noto articolo del 1973, il Direttore generale del Segretariato di «Fede e Costituzione», il pastore Lukas Vischer, ha raccolto le prime<br />

reazioni, all'annuncio dato dal papa dando anche un suo giudizio: L. Vischer, L'Année Sainte, une occasion à saisir pour l'occuménisme, in «La via<br />

protestante», 3 août 1973; vedere anche, L. Vischer, Année Sainte, s'engager ensemble?, in «Convergence», 1973 nº 3, pp. 15-17), p. 5: «Paul VI a<br />

souligné que l'année devrait être une année de «réconciliation», de réconciliation et de paix parmi les hommes séparés. Des commentateurs<br />

catholiques ont tout de suite déclaré que l'Année Sainte devrait aussi être une année de réconciliation des Eglises séparées. L'espoir a donc été<br />

exprimé que l'Année Sainte puisse rendre une contribution au mouvement occuménique. Comment pouvons-nous répondre à cette attente?».<br />

5 Paolo VI, Bolla papale Apostolorum Limina , in «Anno Santo», 1974 nº 9-10, p. 223, nº VII: «Vogliamo, da ultimo, proclamare che la<br />

riconciliazione fra i cristiani è uno degli scopi centrali dell'Anno Santo. La riconciliazione di tutti gli uomini con Dio, «nostro Padre», dipende, infatti,<br />

dal ristabilimento della comunione tra coloro che già hanno riconosciuto ed accolto nella fede Gesù Cristo come il Signore della misericordia, che<br />

libera gli uomini e li unisce nello Spirito di amore e di verità. In questo modo, l'anno giubilare, che la Chiesa cattolica ha assunto come parte della<br />

propria tradizione, può costituire un periodo molto propizio di rinnovamento spirituale a servizio della causa dell'unità dei cristiani. Ricordiamo,<br />

inoltre, che il Concilio Vaticano <strong>Il</strong> ha indicato come fondamento di questa ricerca della riconciliazione tra tutti i cristiani che non vi è vero<br />

ecumenismo senza conversione interiore, poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento dello spirito, dalla rinuncia a se stessi, dal<br />

pieno esercizio della carità, dalla fedeltà che si presta alla verità rivelata. <strong>Il</strong> movimento <strong>ecumenico</strong>, al <strong>quale</strong> la Chiesa cattolica, per quanto può, dà la<br />

sua adesione e per mezzo del <strong>quale</strong> le Chiese e comunità non ancora in piena comunione con la Sede apostolica cercano e desiderano l'unità perfetta<br />

voluta da Cristo, trova in questo tema una delle sue più concrete realizzazioni. Ristabilire l'unità nella piena comunione ecclesiale è, infatti,<br />

responsabilità ed impegno di tutta la Chiesa. L'«Anno di grazia», dunque, in questo senso, offre l'opportunità di fare speciale penitenza per le divisioni<br />

tra i cristiani, dà occasione di rinnovamento in quanto esperienza approfondita della vita di santità in Cristo ed è un passo verso la riconciliazione<br />

dell'intensificazione del <strong>dialogo</strong> e della collaborazione concreta dei cristiani per la salvezza del mondo: «che siano in noi una cosa sola, affinché il<br />

mondo creda»».<br />

6 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto «Unitatis Redintegratio», Città del Vaticano 1965, nº 4.<br />

7 Paolo VI, Udienza Generale del 10 giugno 1973, in «L Osservatore Romano», 11 giugno 1973: «È un anno di rinnovamento spirituale e di<br />

riconciliazione, a tutti i livelli di riconciliazione con Dio e fra i fratelli vi sia bisogno; anno che noi vogliamo considerare come la conseguenza e<br />

l'applicazione del Concilio: quello che ci diede gli insegnamenti del Vangelo per l'epoca nostra»; cfr idem, in «La documentation catholique», 1973 nº<br />

1633, p. 593: «C'est la théologie de la vie, telle que le Concile l'a tracée qui, dix ans après la clôture de ce même Concile, interroge notre fidélité à son<br />

enseignement rénovateur et notre capacité à établir de nouveau notre conscience personnelle et notre vie sociale dans la justice et dans la paix».<br />

8 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Tertio millennio adveniente , Città del Vaticano 1994, nº 34: «Tra i peccati che esigono un maggiore<br />

impegno di penitenza e di conversione devono essere annoverati certamente quelli che hanno pregiudicato l'unità voluta da Dio per il suo Popolo.<br />

Nel corso dei mille anni che si stanno concludendo, ancor più che nel primo millennio, la comunione ecclesiale, «talora non senza colpa di uomini<br />

d'entrambe le parti», 1 ha conosciuto dolorose lacerazioni che contraddicono apertamente alla volontà di Cristo e sono di scandalo al mondo. 2 Tali<br />

peccati del passato fanno sentire ancora, purtroppo, il loro peso e permangono come altrettante tentazioni anche nel presente. t necessario farne<br />

ammenda, invocando con forza il perdono di Cristo. In quest'ultimo scorcio di millennio, la Chiesa deve rivolgersi con più accorata supplica allo<br />

Spirito Santo implorando da Lui la grazia dell'unità dei cristiani. E questo un problema cruciale per la testimonianza evangelica nel mondo.<br />

Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II sono state molte le iniziative ecumeniche intraprese con generosità ed impegno: si può dire che tutta l'attività<br />

delle Chiese locali e della Sede Apostolica abbia assunto in questi anni un respiro <strong>ecumenico</strong>. <strong>Il</strong> Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei<br />

Cristiani è divenuto uno dei principali centri propulsori del processo verso la piena unità. Siamo però tutti consapevoli che il raggiungimento di<br />

questo traguardo non può essere solo frutto di sforzi umani, pur indispensabili. L'unità, in definitiva, è dono dello Spirito Santo. A noi è chiesto di<br />

assecondare questo dono senza indulgere a leggerezze e reticenze nella testimonianza della verità, ma mettendo in atto generosamente le direttive<br />

tracciate dal Concilio e dai successivi documenti della Santa Sede, apprezzati anche da molti tra i cristiani non in piena comunione con la Chiesa<br />

cattolica. Ecco, dunque, uno dei compiti dei cristiani incamminati verso l'anno 2000. L'avvicinarsi della fine del secondo millennio sollecita tutti ad<br />

un esame di coscienza e ad opportune iniziative ecumeniche, così che al Grande Giubileo ci si possa presentare. se non del tutto uniti, almeno molto<br />

più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio. È necessario al riguardo - ognuno lo vede uno sforzo enorme. Bisogna proseguire nel<br />

86


non più la riconciliazione in via di compimento ma i peccati e le colpe del passato negli<br />

allontanamenti 1 .<br />

UNA DOCUMENTAZIONE DIALOGALE POCO ADOPERATA<br />

Dalla notevole documentazione su questi dialoghi si metteva a disposizione della Chiesa<br />

romana degli orientamenti che potevano riprospettare l approccio comune sul mistero<br />

dell Eucaristia. La pubblicazione dell enciclica Ecclesia de Eucharistia non confermò però- che<br />

l insieme dei testi di convergenza approvati dalle commissioni miste era stato assimilato 2 . La<br />

speranza suscitata dal titolo non trovò eco sostanziale nell articolazione del testo 3 . La tappa più<br />

recente della fase dialogale pone l interrogativo sulla ricezione effettiva, da parte delle Chiese, dei<br />

frutti del <strong>dialogo</strong> interecclesiale nella sua più ampia co-redazione (per esempio il <strong>dialogo</strong><br />

multilaterale più conosciuto: il BEM) 4 .<br />

UNA LETTURA SPIRITUALE O UNA LECTIO CONTINUA DEI TESTI DI<br />

CONVERGENZA SORTI DAI DIALOGHI<br />

<strong>dialogo</strong> dottrinale, ma soprattutto impegnarsi di più nella preghiera ecumenica. Essa s'è molto intensificata dopo il Concilio, ma deve crescere ancora<br />

coinvolgendo sempre più i cristiani, in sintonia con la grande invocazione di Cristo, prima della Passione: « Padre ... siano anch'essi in noi una cosa<br />

sola» (Gv 17, 2 1)».<br />

( 1 CONC. Ecum. VAT. II, Decr. sull'Ecumenismo Unitatis redintegratio, 3. / 2 Ibidem, 1.)<br />

1<br />

Cfr A. Joos, La gestione delle colpe e del perdono, in A. Nesti, Spectaculum Jubilaei, Bologna 2002.<br />

2<br />

LUTHERAN WORLD FEDERATION, Statement of the Lutheran World Federation General Secretary,Rev. Dr Ishmael Noko,on the encyclical<br />

Ecclesia de Eucharistia, in «Internet» 2004, http://www.lutheranworld.org/News/LWI/EN/1224.EN.html: «GENEVA, 17 April 2003 (LWI) - The<br />

Lutheran World Federation (LWF) has expressed concern that although the encyclical on the Eucharist published by Pope John Paul II today<br />

acknowledges significant achievements of ecumenical dialogues involving the Roman Catholic Church, it "shows that the many years" of such<br />

discussions have not resulted in new considerations concerning the Eucharist. In a statement today, LWF General Secretary Rev. Dr Ishmael Noko<br />

notes the encyclical's mention of significant achievements of ecumenical dialogues with the Roman Catholic Church in recent years, but criticizes the<br />

document's emphasis on "a lack of sacramental order of the ministry" in the Reformation churches, as a result of which "the full reality of the<br />

Eucharist is not maintained in these churches." The issue then, says Noko, is how bilateral dialogues involving the Roman Catholics, may indeed have<br />

an effect on the rules and regulations of eucharistic administration. The encyclical, "Ecclesia de Eucharistia," formally addressed to Roman Catholic<br />

Christians, and published on Holy Thursday, focuses on the Eucharist and its relationship to the church. Noko however notes that large parts of the<br />

document, including core theological sections interpreting the meaning of the Eucharist, are of relevance to Lutherans. The general secretary points<br />

out that the Joint Declaration on the Doctrine of Justification (JDDJ), signed by representatives of the LWF and Vatican in 1999, officially expresses<br />

agreements in basic truths of the gospel. "We understand that ecclesiological and canonical factors hinder direct consequences of such agreements in<br />

the area of church practices," Noko says. But he cautions that if no consequences for institutional church relations emerge, this could be detrimental to<br />

the strength of the ecumenical movement. Noko notes there is recognition that celebrating and sharing communion together are expressions of a high<br />

level of church fellowship that is not immediately expected in relations with the Roman Catholic Church. The question therefore, he continues, is<br />

"how on the way toward full communion relations, the intermediary pastoral arrangements in the area of the Eucharist may be ecumenically<br />

widened." Noko calls for concerted effort "so that the issue of the sacramental life of our churches - where Christ himself is really present" may be<br />

less an area of disunity and more a divine source of the unity for which "Christ prayed and for which we all so deeply long."».<br />

3<br />

A. Joos, Ecclesia de Eucharistia: paradossale attesa escatologica dall Eucharistia. chiavi e prospettive di lettura, in «Ecclesia Mater», 2004, pp. :<br />

«Accenno di ambientazione. Non Eucharistia de Ecclesia ma Ecclesia de Eucharistia <strong>Il</strong> titolo dell Enciclica apre alle migliori speranze: tutto il<br />

XXº secolo spirituale e teologico si nutre di questa promessa, dalla via d uscita eucaristica nelle tragiche diaspore cristiane tracciata dall ecclesiologia<br />

eucaristica dell oriente attuale, alle riscoperte eucharistiche occidentali che i movimenti di rinnovamento rendono possibili sia verso il Concilio<br />

Vaticano II (sorgente della priorità vitale della fractio panis in LG 7) sia nelle altre tradizioni cristiane congiuntamente coinvolte nella scommessa<br />

del movimento <strong>ecumenico</strong> (cfr i corsi ecumenici sulla teologia del XX secolo). Si tratta di una autentica santificazione eucaristica attraverso la<br />

meditazione cristiana recente, alla pari o più promettente di tante beatificazioni ufficiali dell ultimo trentennio trascorso. Questo rapporto Chiesa-<br />

Eucaristia o Eucaristia-Chiesa supera di gran lunga i timori che avrebbero potuto fare da sfondo al documento: perdita del senso della sacramentalità<br />

(sacralità) o della devozionalità eucaristica (sct W. Kasper). Ovviamente, una sigla così alta induce per chi ha condiviso questi passi di rigenerazione<br />

ecclesiale- a premettere un percorso di meditazione eucaristica ancora più elevato ACCENNO COMUNICAZIONALE. PERCHÉ E COME<br />

SPIEGARE ALLORA UNA DELUSIONE? Si sà qual è stata la prima impressione meravigliata e positivamente incuriosita all annuncio del titolo<br />

dell Enciclica e la delusione ecumenica profonda leggendo il testo (cfr commenti ecumenici del momento). Come spiegarlo, visto che il testo rimane<br />

classicamente occidental-cattolico? Forse, proprio a causa del titolo: dopo tanta insistenza nel passato ecclesiastico recente sulla Eucharistia de<br />

Ecclesia si prospetta una Ecclesia de Eucharistia , è un titolo da prima pagina in ambito <strong>ecumenico</strong> Anzi, questa formulazione è così<br />

identificabile E situabile nel pensiero teologico inter-cristiano odierno, che esso implica davvero una visione rinnovata dell Eucaristia e della<br />

Chiesa. Per chi sapeva di quest ultimo, non poteva che esserci delusione riguardo alla stesura come appare poi. Gli editorialisti sanno bene che un<br />

titolo strepitoso in prima pagina di un grande quotidiano non corrisponde sempre al contenuto grigiamente abituale dell articolo tecnicamente<br />

articolato Si consigliava negli ambiti ecclesiastici così prudenti- de non eccedere mai in quanto a ciò che si annunciasse o presentasse come<br />

contributo ecclesiale, lasciando (modestamente) che il contenuto affermasse da se il suo valore. Vi è qualcosa di apprezzabile in questa circospezione,<br />

che non segue integralmente i dettami secolari nel giornalismo dell attualità di grido».<br />

4<br />

P. Ricca, <strong>Il</strong> Bem e il <strong>futuro</strong> dell ecumenismo. Un parere sui documenti di Lima, in «Protestantesimo», 1983 nº 3, p. 158: «Nel BEM confluiscono<br />

entrambe e si fanno interpellazioni alle chiese, invitate a pronunciarsi, «al più alto livello possibile di autorità». Dovrebbe così concludersi ii tempo<br />

de<strong>Il</strong> ecumenismo delegato. Le risposte ufficiali sono giustamente considerate come una tappa di importanza vitale nel processo <strong>ecumenico</strong> di<br />

ricezione. <strong>Il</strong> BEM sembra dunque destinato a diventare il primo grande test <strong>ecumenico</strong> su scala mondiale, ii primo «rivelatore» dell effettiva<br />

disponibilità delle Chiese non più solo sul piano del <strong>dialogo</strong>, ma su quello<br />

87<br />

assai più coinvolgente<br />

della «ricezione». Ricevere un documento<br />

come il BEM significa certo, anzitutto, vagliarne criticamente i contenuti fondamentali, ma anche -e non meno- disporsi a viverli, nella misura,<br />

s intende, consentita dalla coscienza di fede di ciascuno, nella <strong>quale</strong> la lealtà confessionale non dovrà soffocare l esigenza ecumenica, e l esigenza<br />

ecumenica non dovrà prevaricare sulla obbedienza evangelica».


La via dialogale consiste nell'impostare una 'lettura comune' delle sorgenti ecumeniche della<br />

fede ed auspicabilmente anche dei testi interreligiosi. Si tratta di istaurare una 'lettura ecumenica' ed<br />

una lettura interreligiosa , o di una 'lettura comune dei testi ecumenici' e di una lettura comune dei<br />

testi interreligiosi in modo da superare senza demonizzare le differenze non 'essenziali' in ogni<br />

denominazione o tradizione religiosa 1 . Si tratta di una attuazione -contestualizzata oggi- della<br />

'lectio divina' nota nella tradizione di alcune Chiese 2 . Ovviamente, questa lectio divina e lectio<br />

continua<br />

sorge dalla lectio divina<br />

della Parola, di cui la pastorale stessa avverte l intensa richiesta<br />

da parte del popolo di Dio 3 . La Parola si ritrova nei grandi testi rivelativi delle religioni<br />

dell umanità. Si tratterà di una lettura ecumenica della Bibbia (con tutto ciò che implica come<br />

preparazione nella traduzione ecumenica della Bibbia stessa), via nevralgica della testimonianza<br />

4<br />

comune e superamento del fondamentalismo nella nuova evangelizzazione . La valorizzazione<br />

spirituale delle altre religioni nella lectio divina è tutta da impostare e da articolare. Questa<br />

dimensione della lectio divina si riallaccia con la premessa della prospettiva ecumenica sulla<br />

preghiera<br />

congiunta prima, durante e dopo<br />

la piena comunione compiuta (cfr introduzione<br />

generale n 4). Ma la via dialogale aprirà anche i tesori spirituali delle altre tradizioni religiose nella<br />

lungimiranza divina e nella indicibile Saggezza, al dilà della possibile ristrettezza di una salvezza<br />

non ancora abbastanza prospettata in avanti. Si delinea così anche il senso da dare all intento dei<br />

testi di convergenza, da redigere e prospettare in forma doxologica e da offrire con una qualità<br />

capace di nutrire la comune meditazione delle comunità credenti. Non si tratta, in questo senso una<br />

strategia<br />

o una tattica<br />

ma una metodologia di approfondimento comune nei vari contesti di<br />

sensibilità ecclesiale, religiosa e culturale. La metodologia ecumenica ed interreligiosa entra così a<br />

far parte dell'orizonte interdisciplinare ormai specifico della interculturalità odierna. La questione si<br />

pone -in ambito <strong>ecumenico</strong>- se intenderemo i testi di convergenza come 'informazione' o come 'testi<br />

di principio'. L'informazione sembra -talvolta- ai nostri esperti come un flusso non vincolante. I<br />

concetti di principio danno, invece, la garanzia di impegno mentale vincolante per testi dottrinali.<br />

Ma è proprio così? La trasculturalità e l'interdisciplinarietà articolate come flusso informativo del o<br />

del sapere inserisce il tema della 'novità' come 'diversità' già riconosciuta come legittima dinamica<br />

dell'unità stessa. Sembra che -in questo senso- l'anticipazione umana dell'era postmoderna ci metti<br />

in presenza di alcuni 'segni dei tempi' che precedono la nostra stessa 'miopia mentale' cristiana.<br />

Così, si potrà giungere all'intento della comprensione organica delle verità della fede: "spiegare con<br />

più profondità ed esattezza che possa essere compreso anche dai nostri fratelli cristiani" 5 . Tale<br />

esposizione delle espressioni di fede terrà conto che certe formule, parole o termini, hanno un<br />

significato radicalmente diversa da una comunione cristiana all'altra 6 . Le differenze si estendono<br />

poi anche ai 'modi di pensare' nelle altre sensibilità religiose o alle metodologie con cui le varie<br />

comunità articolano la propria interpretazione della fede 7 . Si parlerà di verità dell'ordine dei mezzi<br />

e dell'ordine dei fini 8 .<br />

I testi di convergenza devono portare ad un consenso sostanziale , ma qual è questa<br />

sostanzialità ? Riguardo al <strong>dialogo</strong> teologico, si proponevano soprattutto di seguire il metodo dei<br />

documenti di lavoro (né consenso, né dichiarazione comune) che abbia però una data autorità<br />

riconosciuta, e che esprimerebbe la maturazione vicendevole sulle questioni teologiche 9 . Vedendo<br />

1 L. F. Fuchs, The Reading of Ecumenical Texts, in Centro pro Unione , 1994 n 46, pp. 3-5.<br />

2 L. F. Fuchs, The Reading of Ecumenical Texts, in Centro pro Unione , 1994 n 46, p. 5.<br />

3 C. M. Martini, The pastoral Practice of Lectio Divina , in Information Service , 1990 n 77, pp. 55-60.<br />

4 Cfr L. Feldkämpfer, 25 Years Dei Verbum and the Catholic biblical Federation, in Information Service , 1990 n 77, p.62.<br />

5 CONCILIO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, n 11.<br />

6 SECRETARIATE FOR CHRISTIAN UNITY, Dialogue, in Information Service , 1970 n 2, p. 8.<br />

7 DISCIPLES-ROMAN CATHOLIC DIALOGUE, An Adventure in Understanding, in Ecumenical Trends , 1974 n 3, p. 42.<br />

8 L. Sartori, Teologia ecumenica, Padova 1987, pp. 191-216; A. Dulles, Che cosa deve confessare un <strong>futuro</strong> credo <strong>ecumenico</strong>, in Concilium , 1978<br />

n<br />

8, pp. 122-127; W. Hryniewicz, La hiérarchie des vérités. Implications oecuméniques d'une idée chrétienne, in Irénikon , 1978 n<br />

88<br />

4, pp. 470-491;<br />

E. R. Tura, Con la bocca e con il cuore. <strong>Il</strong> credo cristiano ieri e oggi, Padova 1992, pp. 7-13.<br />

9 J. Hamer, Rapport, in «Information service», 1969 n° 7, p. 12: «Ma solution personnelle - strictement limitée au domaine du dialogue théologique<br />

dans lequel sont engagées des convictions religieuses et Ia profession de foi - serait celle-ci: le niveau habituel de notre travail devrait être le


la reazione degli organi dottrinali della Chiesa cattolica di comunione romana, questa sostanzialità<br />

sembra riflettere un ritorno alle formulazioni puntuali di questa medesima Chiesa 1 . Due chiavi si<br />

presentano qui: il ritorno come uniformità con le formulazioni di una Chiesa ed il problema della<br />

formulazione come convergenza di linguaggio allorché si insiste sulle sostanzialità e si è soliti<br />

considerare il linguaggio come esteriorità di fronte alla sostanza dei contenuti . <strong>Il</strong> criterio della<br />

distinzione tra il deposito della fede contenuto nelle nostre sante dottrine e la forma e<br />

l enunciazione, pure nello stesso senso e con la stessa portata<br />

2<br />

. Si chiede sempre maggiore<br />

'convergenza' 3 . La tematica dottrinale non può fare a meno, partendo da questo interrogativo, di<br />

intrecciarsi con la dinamica del lavoro intellettuale del contesto odierno di civiltà, civiltà ormai a<br />

dimensione planetaria, con particolari risvolti riguardo alla diversità di culture e mentalità in<br />

contatto tra loro. La riflessione ecumenica imposterà, dunque, la questione dei testi di convergenza<br />

dalla chiave interculturale più che da quella filosofica o storica. L interrogativo sostanziale<br />

riguarderà ciò che la interculturalità può offrire alla riprospezione dei documenti di convergenza<br />

per fargli uscire dalla loro occidentalità , sapendo che -detto questo- non si è ancora trovata il<br />

parametro per convergenze di altro tipo, stile o dinamica. D altra parte, si dirà che i documenti<br />

4<br />

comuni aiutano la teologia a diventare doxologia comune: essi si trasfigureranno in preghiera .<br />

Dalla nostra introduzione sul <strong>dialogo</strong> con Dio nel Suo mistero, ritroviamo qui la via d uscita<br />

dei dialoghi come nutrimento spirituale verso una pienezza rivelativa recepita fino in fondo<br />

==========================<br />

document de travail (study document) qui n'est ni un consensus doctrinal, ni une declaration commune mais un instrument par lequel, grâce à des<br />

rencontres régulières sur des questions essentielles, nos vues mûrissent ensemble. <strong>Il</strong> vaut la peine de noter que le C.OE.E. n'attend pas davantage ni<br />

de nous, ni de ses Eglises-membres . De tels documents de travail jouent un rôle important dans l'oecuménisme théologique: d'où la nécessité de<br />

déterminer exactement leur autorité et leur genre littéraire sans minimiser leur importance. Jadis, les théologiens étaient, dans leurs sujets, leur<br />

audience, leurs méthodes et leur langage, prisonniers du confessionalisme au point d'à peine comprendre les théologiens des autres Eglises. Une<br />

théologie sans lien ecclésial serait une fraud, mais le véritable oecuménisme permet, sur le plan technique, une certaine mise en commun des thèmes,<br />

du vocabulaire et des méthodes».<br />

1<br />

ANGLICAN - ROMAN CATHOLIC DIALOGUE GROUP IN THE UNITED STATES, How can we recognize substantial Agreement ?, in<br />

Origins , 1993 n 3, pp. 42-43 (n 8-22).<br />

2<br />

Cfr i vari modi di riprendere questo criterio: John Paul II - Patriarch Zakka I of Antioch, Common Declaration, in Catholic International , 1991 n<br />

14, pp. 662-663; Giovanni XXIII, Discorso per l apertura del Concilio Vaticano II, in Acta Apostolicae Sedis , 1962: Est enim aliud ipsum<br />

depositum Fidei, seu veritates, quae veneranda doctrina nostra continentur, aliud modus, quo eadem enuntiantur, eodem tamen sensu eademque<br />

sententia ; EGLISE CATHOLIQUE DE COMMUNION ROMAINE, Catéchisme de l Eglise catholique, Paris 1992, n 835.<br />

3<br />

G. dal Ferro, <strong>Il</strong> <strong>dialogo</strong> <strong>ecumenico</strong> nel concilio e nel past-concilio, in Studi ecumenici , 1993 n 11, pp. 79-98.<br />

4<br />

WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Wordl Assembly of Vancouver Gathered for Life , Geneva 1983, pp. 43-52.<br />

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