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Vicende storiche della lingua di Roma

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34 Vittorio Formentin<br />

riottosa famiglia baronale dei Prefetti <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, ben nota per la sua irrequietezza<br />

ad ogni lettore <strong>della</strong> Cronica d’Anonimo romano. Francesco, impadronitosi <strong>di</strong><br />

Viterbo il 18 novembre, fu subito acclamato signore <strong>di</strong> Toscanella, Corneto, Amelia<br />

e Terni, e in quell’occasione s’impossessò anche <strong>di</strong> alcuni castelli del comune<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>. Allora le massime istituzioni del regime romano – cioè i tre Conservatori,<br />

i due Esecutori <strong>di</strong> giustizia, i quattro Consiglieri <strong>della</strong> Felice Società dei Banderesi<br />

e dei Pavesati e i due Gubernatores pacis et libertatis reipublicae<br />

<strong>Roma</strong>norum (che facevano le veci del terzo collega allora assente da <strong>Roma</strong>) –<br />

elessero Giovanni Cenci «<strong>Roma</strong>ni populi generalem capitaneum, or<strong>di</strong>natorem et<br />

reformatorem ad partes et loca <strong>di</strong>strictus Urbis in Tuscia, Colinea et Sabinea constituta»<br />

15 . Giovanni nei mesi successivi, manovrando abilmente con l’esercito tra<br />

Montalto e Toscanella, <strong>di</strong>ede un contributo importante al ristabilimento dell’autorità<br />

pontificia e comunale nell’intera regione 16 .<br />

Pacificato il Patrimonio, Gregorio XI era potuto allora tornare a <strong>Roma</strong> (17<br />

gennaio 1377), questa volta intenzionato a restarci definitivamente. Ma altre durissime<br />

prove attendevano <strong>Roma</strong> e la Cristianità. Alla morte <strong>di</strong> Gregorio, avvenuta<br />

il 27 marzo 1378, scoppiò infatti lo Scisma <strong>di</strong> occidente: nelle lotte che seguirono<br />

fra i partigiani <strong>di</strong> Urbano VI e quelli dell’antipapa francese Clemente VII,<br />

Giovanni si schierò a fianco <strong>di</strong> Urbano, alla cui elezione aveva forse contribuito,<br />

impiegando poi tutto il suo prestigio nell’azione militare e <strong>di</strong>plomatica che il 29<br />

aprile 1379 indusse alla resa la guarnigione francese <strong>di</strong> Castel Sant’Angelo; la<br />

piena signoria <strong>della</strong> città fu così restituita al legittimo pontefice, che poté rientrare<br />

in S. Pietro 17 . E forse proprio per aver consegnato al papa il Castello si attirò<br />

l’ostilità del governo popolare, come appare da una lettera <strong>di</strong> santa Caterina ai<br />

«signori Banderesi e quattro Buoni Uomini mantenitori <strong>della</strong> Repubblica <strong>di</strong><br />

<strong>Roma</strong>» del 6 maggio 1379, in cui si fa cenno all’«ingratitu<strong>di</strong>ne» che essi avrebbero<br />

allora <strong>di</strong>mostrato al Cenci 18 . Nei primi mesi del 1380 è nominato senatore:<br />

15 Fraschetti (1935, 442-5), doc. 62; Supino (1969, 365-6), doc. 496.<br />

16 Antonelli (1908, 141-50).<br />

17 Per render grazie <strong>della</strong> vittoria Urbano VI si trasferì da S. Maria in Trastevere a S. Pietro a<br />

pie<strong>di</strong> scalzi, meritandosi così la lode <strong>di</strong> santa Caterina: «L’esempio ce ne dà il padre nostro, papa<br />

Urbano VI; che, in segno ch’egli le [le grazie] ricognosce da Dio, s’umilia facendo quell’atto che<br />

già da gran<strong>di</strong>ssimi tempi non fu più, d’andare a processione a pie<strong>di</strong> scalzi» (Lettere, CCCXLIX); e<br />

in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Urbano VI in occasione <strong>della</strong> Pentecoste del 1379: «Godo, padre santissimo,<br />

d’allegrezza cor<strong>di</strong>ale, che gli occhi miei hanno veduto compire la volontà <strong>di</strong> Dio in voi,<br />

cioè in quello atto umile, non usato già gran<strong>di</strong>ssimi tempi, <strong>della</strong> santa processione» (Lettere, CCCLI).<br />

18 La lettera, tutta impostata sul contrasto tra i concetti <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e ingratitu<strong>di</strong>ne, si conclude<br />

appunto con l’exemplum <strong>di</strong> Giovanni, «<strong>di</strong> cui | fu l’opra grande e bella mal gra<strong>di</strong>ta»: «Parmi che<br />

si usi un poca d’ingratitu<strong>di</strong>ne verso Giovanni Cenci, il quale con tanta sollecitu<strong>di</strong>ne e fedeltà, con<br />

schietto cuore, solo per piacere a Dio e per nostra utilità (e questo so che è la verità) ogni altra<br />

cosa abbandonando per trarvi dal flagello che vi era posto <strong>di</strong> Castello Sant’Agnolo, in ciò s’è adoprato<br />

con tanta prudenzia; ora non tanto non mostrino segno <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne, solo <strong>di</strong> ringraziamento,

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