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Vicende storiche della lingua di Roma

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64 Vittorio Formentin<br />

Si noti il valore locativo espresso tramite la preposizione a (meri<strong>di</strong>onalismo<br />

sintattico): (ε) p(er) la grate de lo fero che sta a lo saquatore de la pischera 102r,<br />

p(er) doy caneli de fero li quali stano a la fontana 103r, (η) Cola de Casama[la]<br />

abe alla vingnia ho(min)i iiij 85r ecc. Per quanto riguarda l’uso delle preposizioni<br />

articolate, in una serie <strong>di</strong> più elementi la preposizione e perfino l’articolo<br />

possono essere omessi dopo il primo: (α) p(er) l’opra <strong>della</strong> vigna, lo çiar<strong>di</strong>no,<br />

pischera 3r ‘<strong>della</strong> vigna, del giar<strong>di</strong>no e <strong>della</strong> peschiera’.<br />

Uso del pronome esso in funzione <strong>di</strong> soggetto e obliquo preposizionale con<br />

referenti personali (Vignuzzi 1995, 161): (β) Esso [= Pietro Prete Ia(n)ni] se mette<br />

p(er) lavoratore j 13r; (ε) da esso 99v, da essi 100r; (η) da esso 103v; con valore<br />

aggettivale, nel senso <strong>di</strong> ‘suddetto’: (η) i(n)nella vingnia […] de esso Cola 103v.<br />

Esempi <strong>di</strong> 3 a pers. sing. in funzione <strong>di</strong> 3 a pers. plur. (Ernst 1970, 162-3): (β) <strong>di</strong>ei<br />

ad ho(min)i ij che adusse lo ca(n)none dello pio(m)mo 101v, (ε) quili che le portao<br />

99r.<br />

4.44. Un primo bilancio<br />

Mi pare che si possa affermare che i dati dello spoglio relativi alle varie mani,<br />

e in particolare a quelle a cui si deve la massima parte del volgare trascritto nel<br />

registro (β, γ, ε, η), corrispondono assai coerentemente al sistema grammaticale<br />

del cosiddetto romanesco <strong>di</strong> prima fase, talché, avendo a mente le descrizioni<br />

schematiche per tratti che ne sono state proposte (P. Trifone 1992, 21-3; Vignuzzi<br />

1995, 160-1; M. Trifone 1998, 213-5; P. Trifone 2008, 27-30), si fa prima a in<strong>di</strong>care<br />

quei fenomeni che non rispondono all’appello, come l’epitesi <strong>di</strong> -ne e le 3 e<br />

pers. plur. dell’in<strong>di</strong>cativo presente del tipo <strong>di</strong>co nelle coniugazioni <strong>di</strong>verse dalla<br />

I (del resto assenti al pari <strong>di</strong> quelle del tipo <strong>di</strong>cono) 89 . Se poi dalla generalità degli<br />

schemi scen<strong>di</strong>amo ad una maggiore precisione <strong>di</strong> dettaglio, ci si rivelano subito<br />

altre congruenze significative e anzi rivelatrici perché mostrano una coincidenza<br />

<strong>della</strong> <strong>lingua</strong> del registro con quella dei più importanti testi del romanesco antico<br />

in alcuni particolari che deflettono dall’astratta regolarità dello schema grammaticale:<br />

in altre parole, quel che allo stato <strong>della</strong> documentazione <strong>di</strong>sponibile fino a<br />

ieri appariva un’i<strong>di</strong>osincrasia impre<strong>di</strong>cibile si <strong>di</strong>mostra essere, nella sequenza<br />

delle testimonianze ora felicemente integrata dal registro vaticano, il segno <strong>di</strong><br />

un’intima solidarietà locale.<br />

88 Per altri esempi <strong>della</strong> medesima forma aggiunti dalla mano (γ) nella sezione spettante a (β)<br />

v. la precedente n. 31.<br />

89 Per altro deducibile dall’attestato stagono ‘stanno’ <strong>di</strong> (ε). Cosa <strong>di</strong>versa, naturalmente, sono<br />

le forme sonno, sono, stanno, che convivono nel sistema del romanesco antico accanto a quelle<br />

d’origine analogica soco e staco (Ernst 1970, 142 e 160). Sia viceversa rilevata nella morfologia<br />

verbale la presenza <strong>di</strong> forme assai caratteristiche come stao ‘sta’ (β) e (ε), vao ‘va’ (ε), veo ‘viene’<br />

(η).

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