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Vicende storiche della lingua di Roma

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<strong>Vicende</strong> <strong>storiche</strong><br />

<strong>della</strong> <strong>lingua</strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

a cura <strong>di</strong><br />

Michele Loporcaro, Vincenzo Faraoni e Piero Adolfo Di Pretoro<br />

E<strong>di</strong>zioni dell’Orso<br />

Alessandria


© 2012<br />

Copyright by E<strong>di</strong>zioni dell’Orso s.r.l.<br />

via Rattazzi, 47 15121 Alessandria<br />

tel. 0131.252349 fax 0131.257567<br />

e-mail: e<strong>di</strong>zionidellorso@libero.it<br />

http://www.e<strong>di</strong>orso.it<br />

Redazione informatica e impaginazione a cura <strong>di</strong> ARUN MALTESE (bear.am@savonaonline.it)<br />

È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata,<br />

compresa la fotocopia, anche a uso interno e <strong>di</strong>dattico. L’illecito sarà penalmente perseguibile<br />

a norma dell’art. 171 <strong>della</strong> Legge n. 633 del 22.04.41<br />

ISBN 978-88-6274-351-8


INDICE<br />

INTRODUZIONE p. VII<br />

PARTE PRIMA. ASPETTI DI GRAMMATICA STORICA DEL ROMANESCO<br />

I. Paolo D’Achille<br />

Questioni aperte nella storia del romanesco:<br />

una rilettura dei dati documentari 3<br />

II. Vittorio Formentin<br />

Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 29<br />

III. Vincenzo Faraoni<br />

La sorte dei plurali in -ora nel romanesco <strong>di</strong> prima fase 79<br />

IV. Michele Loporcaro<br />

Un paragrafo <strong>di</strong> grammatica storica del romanesco:<br />

lo sviluppo <strong>della</strong> laterale palatale 103<br />

V. Luca Lorenzetti<br />

Etimologia e storia <strong>di</strong> due parole romanesche 133<br />

VI. Giancarlo Schirru<br />

Osservazioni sull’armonia vocalica nei <strong>di</strong>aletti <strong>della</strong> Valle dell’Aniene<br />

e in quelli dei Monti Aurunci 151<br />

PARTE SECONDA. IL ROMANESCO DALL’OTTOCENTO AD OGGI ATTRAVERSO I TESTI<br />

VII. Emiliano Picchiorri<br />

«Un popolante al Santo Padre»: una lettera in romanesco del 1846 177<br />

VIII. Daniele Baglioni<br />

Il romanesco <strong>di</strong> Hugo Schuchardt 195


VI In<strong>di</strong>ce<br />

IX. Clau<strong>di</strong>o Giovanar<strong>di</strong><br />

I Sonetti romaneschi <strong>di</strong> Filippo Chiappini dai manoscritti alle stampe.<br />

Con un testo adespoto (o del Belli?) 213<br />

X. Clau<strong>di</strong>o Costa<br />

Metro e rima nelle Favole romanesche <strong>di</strong> Trilussa 235<br />

XI. Pietro Trifone<br />

Un poeta tra italiano e romanesco: Cesare Pascarella 251<br />

XII. Antonella Stefinlongo<br />

La <strong>lingua</strong> mala <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> Criminale. Lessico e fraseologia 261<br />

PARTE TERZA. DINAMICHE SOCIOLINGUISTICHE<br />

XIII. Rita Fresu<br />

Donne e uomini, popolo e clero. Strati socioculturali e <strong>di</strong>namiche<br />

<strong>di</strong> alfabetizzazione/italianizzazione nella <strong>Roma</strong> preunitaria 281<br />

XIV. Gerald Bernhard<br />

<strong>Roma</strong>nesco rimisurato: una piccola indagine longitu<strong>di</strong>nale 301<br />

XV. Massimo Palermo<br />

Tra ipercorrezione e paro<strong>di</strong>a: aspetti <strong>della</strong> deformazione comica<br />

del romanesco dal Belli a Bombolo 315<br />

INDICE DEI NOMI DI PERSONA 335<br />

INDICE DEI NOMI DI LUOGO 345<br />

INDICE DELLE FORME 349


II.<br />

UN NUOVO TESTO PER LA STORIA DEL ROMANESCO MEDIEVALE*<br />

Vittorio Formentin<br />

Hic incumbe, hic omnem sacri ingenii vim<br />

exerce, ut sparsa recolligas, lapsa erigas, deformata<br />

reformes, nutantia firmes, consumpta<br />

restaures. Eversam domum non destituit vir sapiens,<br />

sed attollit ac reficit (Petrarca, Sen., IX 1,<br />

67).<br />

1. IL REGISTRO DI GIOVANNI CENCI PER I LAVORI DI RIORDINO DEL «GIARDINO» VATI-<br />

CANO (1368 NOVEMBRE 13 – 1369 DICEMBRE 27, ROMA)<br />

A un testo solo accenna il titolo con riguardo all’unità del ‘pezzo’ archivistico,<br />

ma forse <strong>di</strong> testi, al plurale, si dovrebbe piuttosto parlare avendo a mente la varietà<br />

delle mani implicate nell’allestimento del manoscritto, le quali, come appaiono<br />

<strong>di</strong>fferenti in alcuni aspetti <strong>della</strong> scrittura e degli usi grafici, così si<br />

<strong>di</strong>versificano in alcuni particolari <strong>di</strong> rilievo propriamente linguistico. Dell’importante<br />

reperto darò notizia in queste pagine, insistendo sui dati essenziali (inquadramento<br />

storico del documento, descrizione del manoscritto, <strong>di</strong>stinzione degli<br />

scriventi, caratterizzazione del volgare da essi impiegato): dati che dovrebbero<br />

essere comunque sufficienti a mostrare la rilevanza <strong>della</strong> nuova accessione per la<br />

storia del romanesco antico. Per tutto il resto rinvio senz’altro all’e<strong>di</strong>zione cui attendo.<br />

Il testo ritrovato è il registro che documenta le spese relative ai lavori <strong>di</strong> restauro<br />

del viridarium papale, cioè <strong>di</strong> quel vasto complesso <strong>di</strong> terreni – in parte<br />

messi a vigna, in parte destinati alla coltivazione <strong>di</strong> alberi da frutto e ortaggi, in<br />

parte occupati da una peschiera – che facevano parte integrante <strong>della</strong> residenza<br />

pontificia sul colle Vaticano 1 . Tali opere furono eseguite in un momento partico-<br />

* Ringrazio Nello Bertoletti, Antonio Ciaralli, Livio Petrucci e Alfredo Stussi per i loro utili<br />

suggerimenti.<br />

1 Kirsch (1898, XL-XLI; alle pp. 164-5 qualche breve estratto del registro); Ehrle e Egger (1935,<br />

74-6); Re<strong>di</strong>g de Campos (1967, 25-33); Cortonesi (1990).


30 Vittorio Formentin<br />

lare, quando sembrò realizzarsi il sogno del ritorno <strong>della</strong> Santa Sede da Avignone<br />

a <strong>Roma</strong> durante il pontificato <strong>di</strong> Urbano V (1362-1370) 2 , e precisamente nel periodo<br />

compreso tra il 13 novembre 1368 e il 27 <strong>di</strong>cembre 1369, data del consuntivo<br />

(«finalis summa») redatto dal cancellarius Urbis Giovanni Cenci, l’eminente<br />

ufficiale del governo romano che, avendo ricevuto dalla tesoreria pontificia le ingenti<br />

somme necessarie all’esecuzione dei lavori, del loro corretto impiego ad<br />

essa <strong>di</strong>rettamente risponde.<br />

È un momento <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> speranze per <strong>Roma</strong> e per i <strong>Roma</strong>ni, che per la prima<br />

volta dopo il lungo esilio avignonese vedono un papa far ritorno nella sua sede naturale.<br />

Urbano V, infatti, esortato dalle parole appassionate del Petrarca e convinto<br />

dai suoi buoni argomenti (Sen., VII; ep. unica), forte dell’esperienza italiana<br />

maturata come legato apostolico in varie missioni del decennio 1352-1362 3 , confortato<br />

infine dai successi militari e politici conseguiti nei territori dello Stato<br />

<strong>della</strong> Chiesa dall’Albornoz (i cui brillanti risultati – non sfuggiva ad alcuno – potevano<br />

essere consolidati soltanto me<strong>di</strong>ante il ritorno del papato in Italia), si era<br />

finalmente deciso a ristabilire a <strong>Roma</strong> il suo seggio, vincendo le molte resistenze<br />

opposte da una Curia profondamente gallicizzata.<br />

I primi segnali in<strong>di</strong>cativi <strong>della</strong> ferma risoluzione del pontefice furono due lettere<br />

del 10 settembre e del 13 novembre 1365, con cui Urbano incaricò Pietro, vescovo<br />

<strong>di</strong> Orvieto, suo vicario in <strong>Roma</strong>, <strong>di</strong> provvedere prima al restauro del<br />

«palacium nostrum situm apud basilicam principis apostolorum», poi, appunto, al<br />

riassetto del viridario vaticano 4 . Queste le parole del pontefice nel mandato del novembre:<br />

URBANUS EPISCOPUS etc. venerabili fratri Petro episcopo Urbevetano, nostro in spiritualibus<br />

in Urbe vicario, salutem etc. Relatio fide<strong>di</strong>gna nostro patefecit au<strong>di</strong>tui<br />

quod ortus noster apud palacium sancti Petri, olim fructiferarum arborum <strong>di</strong>versitate<br />

copiosus, sic est presentialiter <strong>di</strong>ssipatus, quod in eo orti vel viridarii apparencia<br />

non habetur, sed potius ibidem aut est in parte ager aratilis aut dempsitas<br />

fruticum et spinarum. Volentes igitur quod ortus ipse ad culturam debitam reducatur,<br />

fraternitati tue mandamus quatenus, era<strong>di</strong>catis spinis et fruticibus memoratis<br />

clausuraque, si oportuerit, reparata, ortum ipsum coli facias ac repleri bonis<br />

2 Il francese Guillaume de Grimoard, nato nel 1310 nel castello <strong>di</strong> Grisac en Lozère, abate del<br />

monastero <strong>di</strong> S. Vittore <strong>di</strong> Marsiglia, fu elevato alla <strong>di</strong>gnità apostolica il 28 settembre 1362. Sul ritorno<br />

<strong>di</strong> Urbano V a <strong>Roma</strong> è fondamentale lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Kirsch (1898).<br />

3 Glielo rammentò il Petrarca: «[…] tu […], qui longo et quoti<strong>di</strong>ano rerum usu sic Italiam quasi<br />

tuam propriam domum nosti» (Sen., VII, 72). Si ricor<strong>di</strong> poi che al momento dell’elezione al pontificato<br />

Guglielmo si trovava a Napoli, alla corte <strong>della</strong> regina Giovanna: e anche questo particolare<br />

sembrò un in<strong>di</strong>zio <strong>della</strong> volontà <strong>di</strong>vina (Sen., VII, 89).<br />

4 La prima lettera si legge in Kirsch (1898, 265); la seconda in Theiner (1862, 430 n°<br />

CCCCVIII).


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 31<br />

vitibus et <strong>di</strong>versarum arborum plantis fructiferis et amenis. Datum Avinione I<strong>di</strong>bus<br />

Novembris, pontificatus nostri anno quarto.<br />

Al baleno tenne <strong>di</strong>etro il fulmine, seppur con tempi commisurati al lento abbrivo<br />

<strong>della</strong> pesante macchina curiale. La partenza da Avignone avvenne infatti il<br />

30 aprile 1367; il 19 maggio il papa e la Curia s’imbarcarono nel porto <strong>di</strong> Marsiglia;<br />

del 4 giugno è l’arrivo a Corneto, dove ci furono i primi <strong>di</strong>retti contatti col<br />

comune <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, rappresentato da una delegazione <strong>di</strong>plomatica che offrì a Urbano<br />

le chiavi <strong>di</strong> Castel S. Angelo. Trascorsa l’estate a Viterbo – dove il 23 agosto<br />

morì il car<strong>di</strong>nale Albornoz, per<strong>di</strong>ta gravissima che certo cambiò le sorti <strong>della</strong><br />

successiva politica romana e italiana del pontefice –, il 16 ottobre, scortato da un<br />

esercito <strong>di</strong> 2000 armati posti al comando del marchese d’Este, Urbano entrò in<br />

<strong>Roma</strong> accolto trionfalmente dalla popolazione: il pontefice rimise così piede in S.<br />

Pietro, prendendo residenza nel palazzo vaticano. Vi si trattenne – salvo i soggiorni<br />

estivi a Montefiascone (1368) e a Viterbo (1369) – fino al 17 aprile 1370,<br />

quando (con triste sorpresa dei <strong>Roma</strong>ni) lasciò la città capitolina per Avignone,<br />

dove fece ritorno con tutta la Corte alla fine <strong>di</strong> settembre; e ad Avignone morì<br />

meno <strong>di</strong> tre mesi dopo, il 10 <strong>di</strong>cembre 1370. Durante la sua lunga <strong>di</strong>mora romana<br />

Urbano V promosse lavori e costruzioni <strong>di</strong> ogni genere al Laterano, al Vaticano,<br />

in S. Paolo fuori le mura. Così descrive al Petrarca il fervens opus <strong>di</strong> quei mesi Coluccio<br />

Salutati – allora al séguito del segretario pontificio, Francesco Bruni, amico<br />

<strong>di</strong> entrambi –, in una lettera del 3 aprile 1369 (Epist., II 11, 81):<br />

videres etiam, quod tu ian<strong>di</strong>u deplorasti, templa collapsa, quorum opificia et devotione<br />

et sanctuariis veneranda, ipsa quidem mole admirabilia sunt, ferventi opere<br />

refici: delectareris scio, novi enim animi tui pietatem, cum videres Lateranensem<br />

basilicam, incen<strong>di</strong>o pene consumptam, un<strong>di</strong>que resarciri; Pauli sacratissimam<br />

edem, cuius rectores deformem eius ruinam ian<strong>di</strong>u neglexere, nunc non minori<br />

stu<strong>di</strong>o rastaurari quam constructa fuerit. […] Et nunc circa Petri delubrum, cuius<br />

de maiestate tacere potius quam pauca prosequi consilium est, ne olivi, corrumpenti<br />

vetustate, marcescant, summo opere provideri 5 .<br />

Tra questi lavori <strong>di</strong> restauro, appunto, ci fu anche il rior<strong>di</strong>no del «giar<strong>di</strong>no», la<br />

cui cinta muraria racchiudeva un’area corrispondente all’incirca agli «attuali cortili<br />

del Belvedere, <strong>della</strong> Biblioteca e <strong>della</strong> Pigna, fino al mons Sancti Aegi<strong>di</strong>i» 6 .<br />

5 Coluccio ha in mente le dure parole rivolte dal Petrarca a Urbano: «scito quoniam, te absente,<br />

[…] iacent domus, labant menia, templa ruunt […]. Sed quo animo […] tu ad ripam Rodani, sub<br />

auratis tectorum laquearibus, somnum capis et Lateranum humi iacet et ecclesiarum mater omnium,<br />

tecto carens, ventis patet ac pluviis et Petri ac Pauli sanctissime domus tremunt et Apostolorum<br />

que nunc edes fuerat iam ruina est informisque lapidum acervus, lapideis quoque pectoribus<br />

suspiria extorquens?» (Sen., VII, 43-5).<br />

6 Re<strong>di</strong>g de Campos (1967, 32) e Kirsch (1898, XL-XLI): «Der große Garten mit einem Weinberg


32 Vittorio Formentin<br />

Colui che ricevette dal papa l’incarico <strong>di</strong> sovrintendere alle opere <strong>di</strong> ristrutturazione<br />

del complesso vaticano fu, come abbiamo detto, Giovanni Cenci: le nostre<br />

prime notizie su questo personaggio risalgono al 1367, anno in cui compare<br />

in qualità <strong>di</strong> cancellarius Urbis in due imbreviature del notaio Antonio <strong>di</strong> Lorenzo<br />

Stefanelli de Scambiis, la prima del 15 giugno, la seconda del 14 settembre 7 .<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che appunto dal cancelliere, attraverso il figlio Francesco, si <strong>di</strong>partì<br />

quel ramo a cui appartennero Francesco <strong>di</strong> Cristoforo e sua figlia Beatrice, i protagonisti<br />

delle tragiche vicende che alla fine del sec. XVI segnarono il tracollo<br />

<strong>della</strong> famiglia. Ma ora importa richiamare il fatto che il nostro Giovanni fu un<br />

personaggio <strong>di</strong> primo piano, anzi un vero protagonista <strong>della</strong> storia romana <strong>della</strong><br />

seconda metà del Trecento, come basteranno a <strong>di</strong>mostrare le note seguenti 8 .<br />

Giovanni <strong>di</strong> Giacomo, «nobilis vir» 9 , apparteneva ai Cenci detti «de Arenula»,<br />

dal nome del rione dove la famiglia aveva stabilito la propria residenza principale<br />

nel sec. XIV, giunta al culmine <strong>di</strong> una fortuna costruita nei due secoli precedenti<br />

grazie a un’accorta attività mercantile e cre<strong>di</strong>tizia. L’importanza <strong>della</strong> famiglia e<br />

la profon<strong>di</strong>tà del suo ra<strong>di</strong>camento citta<strong>di</strong>no sono riflesse da un’odonomastica continuativamente<br />

documentata, a <strong>Roma</strong>, dal Trecento fino ai giorni nostri: perché se<br />

oggi possiamo percorrere via Monte dei Cenci e, dopo aver sostato un poco in<br />

piazza dei Cenci ad ammirare la bella facciata a bugnato <strong>della</strong> palazzina <strong>di</strong> famiglia,<br />

possiamo proseguire prendendo a destra sotto l’Arco dei Cenci, già negli atti<br />

notarili me<strong>di</strong>evali troviamo in<strong>di</strong>cati come normali punti <strong>di</strong> riferimento del paesaggio<br />

urbano il Mons de Cinthiis, cioè quel rialzo del terreno, originato dall’accumulo<br />

<strong>di</strong> macerie <strong>di</strong> antichi e<strong>di</strong>fici romani, su cui insisteva il complesso delle<br />

case <strong>della</strong> famiglia; e l’arco che dava il nome a una «domus… que vulgariter <strong>di</strong>citur<br />

et nuncupatur l’Archo delli Cenci»; e ancora lo spiazzo pubblicamente noto<br />

come platea de Cinthiis, appunto nel rione Arenula, dove ci si poteva orientare<br />

sollevando lo sguardo alla Turris de Cinthiis (posta sul Monte, davanti alla chiesa<br />

<strong>di</strong> San Tommaso), <strong>di</strong> cui proprio il nostro Giovanni, liquidando il cugino Nicola,<br />

und einem Fischteiche befand sich nördlich vom Palast, wo jetzt <strong>di</strong>e Bibliothek und <strong>di</strong>e Museen<br />

sich erheben».<br />

7 Non ha invece riscontro nel registro del notaio (Biblioteca Apostolica Vaticana, S. Angelo in<br />

Pescheria, I/3, a. 1367) l’atto del 12 agosto citato in Supino Martini (1979, 515): dal regesto che<br />

la stu<strong>di</strong>osa ne fa, risulta che non <strong>di</strong> altro si tratta che dell’imbreviatura del 14 settembre (cc. 105v-<br />

107r) pubblicata in Fraschetti (1935, 266-8), doc. 2. Per l’atto del 15 giugno, rimasto finora ignoto,<br />

v. l’Appen<strong>di</strong>ce al presente saggio. Sulle mansioni e sui compensi dei cancellarii Urbis informano<br />

alcuni capitoli del terzo libro degli Statuti citta<strong>di</strong>ni promulgati nel 1363 (Statuti, 239-40, 244, 269-<br />

71).<br />

8 Fonti principali delle notizie qui presentate sono Fraschetti (1935) e Supino Martini (1979);<br />

per il quadro d’insieme v. Dupré Theseider (1952, 666-91).<br />

9 Per il significato <strong>di</strong> tale titolo onorifico nella documentazione romana del secondo Trecento<br />

v. Formentin (2008a, 36), con la bibliografia ivi in<strong>di</strong>cata.


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 33<br />

acquisì la piena proprietà nel 1370. È l’area dove sorgono il palazzo Cenci Bolognetti<br />

e il palazzetto Cenci, compresa tra Piazza delle Cinque Scole, via S. Maria<br />

dei Calderari (de Caccabariis), via Arenula e via <strong>di</strong> S. Bartolomeo dei Vaccinari,<br />

con le chiese <strong>di</strong> S. Tommaso, detta appunto ai Cenci 10 , e <strong>di</strong> S. Maria del Pianto<br />

(anticamente <strong>di</strong> S. Salvatore de Caccabariis): il «magnifico e celebrato seggio»<br />

a cui accenna Marco Antonio Altieri nei suoi Nuptiali 11 . <strong>Roma</strong>, potremmo commentare,<br />

sembra fatta apposta per smentire la malinconica conclusione del Narratore<br />

– del resto provvisoria e destinata ad essere rovesciata alla fine del grande<br />

libro –, secondo il quale «les maisons, les routes, les avenues, sont fugitives, hélas!<br />

comme les années».<br />

Giovanni Cenci era quin<strong>di</strong> un esponente tra i più cospicui <strong>di</strong> quella nobiltà citta<strong>di</strong>na<br />

me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> provata fede popolare, nettamente <strong>di</strong>stinta dal ceto baronale per<br />

tenore <strong>di</strong> vita e interessi politici, dalle cui file proveniva il nerbo <strong>della</strong> classe <strong>di</strong>rigente<br />

comunale del secondo Trecento 12 . Giovanni era stato nominato cancellarius<br />

Urbis a vita, probabilmente nella prima metà del 1367, dai presidentes<br />

generali consilio <strong>Roma</strong>ne Urbis, a ristoro dei danni subiti e in riconoscimento<br />

<strong>della</strong> fedeltà <strong>di</strong>mostrata durante la lunga lotta contro Velletri, conclusasi il 20<br />

marzo <strong>di</strong> quell’anno con la riaffida <strong>della</strong> citta<strong>di</strong>na ribelle. 13 In séguito tale carica<br />

gli venne confermata, su richiesta dello stesso Giovanni, da Urbano V con una lettera<br />

del 13 <strong>di</strong>cembre 1368 14 , quando dunque erano già cominciati da circa un<br />

mese i lavori <strong>di</strong> sistemazione del giar<strong>di</strong>no papale, a riprova <strong>della</strong> benevola <strong>di</strong>sposizione<br />

d’animo sempre <strong>di</strong>mostrata da questo pontefice nei confronti del regime<br />

romano e dei suoi rappresentanti.<br />

La carriera pubblica del Cenci ebbe una svolta importante nel 1376, quando,<br />

il 9 febbraio, il governo <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> gli conferì una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatura civile e militare<br />

sulle terre del Patrimonio sottoposte alla giuris<strong>di</strong>zione comunale, terre che erano<br />

state coinvolte nella generale rivolta delle popolazioni <strong>di</strong> quella regione, esasperate<br />

dal malgoverno degli ufficiali pontifici. L’insurrezione delle città del Patrimonio<br />

contro Gregorio XI, scoppiata nell’ottobre del 1375, fu sostenuta e animata<br />

dai Fiorentini, che trovarono un intraprendente alleato in Francesco <strong>di</strong> Vico, <strong>della</strong><br />

10 Tale denominazione è già antica: Egi<strong>di</strong> (1908b, 175).<br />

11 Altieri, Nuptiali, 16.<br />

12 Una tale collocazione sociale del Cenci e del suo nucleo familiare è confermata dalla politica<br />

matrimoniale perseguita dai figli Pietro e Francesco, che dopo la morte del padre si sposarono<br />

rispettivamente con Caterina Sanguigni (figlia <strong>di</strong> Sanguigno <strong>di</strong> Riccardo de Sanguineis) e Lorenza<br />

Cerroni (figlia <strong>di</strong> Lorenzo de Cerronibus), che appartenevano a due tra le famiglie più in vista<br />

<strong>della</strong> nobiltà citta<strong>di</strong>na non baronale, su cui v. lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Maire Vigueur (1976).<br />

13 Il testo <strong>della</strong> riaffida, pronunciata a <strong>Roma</strong> il 20 marzo 1367 da «Bindus de Bar<strong>di</strong>s de Florentia,<br />

miles, Dei gratia alme Urbis Senator illustris», si legge in Falco (1914, 613-34).<br />

14 Fraschetti (1935, 441-2), doc. 61.


34 Vittorio Formentin<br />

riottosa famiglia baronale dei Prefetti <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, ben nota per la sua irrequietezza<br />

ad ogni lettore <strong>della</strong> Cronica d’Anonimo romano. Francesco, impadronitosi <strong>di</strong><br />

Viterbo il 18 novembre, fu subito acclamato signore <strong>di</strong> Toscanella, Corneto, Amelia<br />

e Terni, e in quell’occasione s’impossessò anche <strong>di</strong> alcuni castelli del comune<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>. Allora le massime istituzioni del regime romano – cioè i tre Conservatori,<br />

i due Esecutori <strong>di</strong> giustizia, i quattro Consiglieri <strong>della</strong> Felice Società dei Banderesi<br />

e dei Pavesati e i due Gubernatores pacis et libertatis reipublicae<br />

<strong>Roma</strong>norum (che facevano le veci del terzo collega allora assente da <strong>Roma</strong>) –<br />

elessero Giovanni Cenci «<strong>Roma</strong>ni populi generalem capitaneum, or<strong>di</strong>natorem et<br />

reformatorem ad partes et loca <strong>di</strong>strictus Urbis in Tuscia, Colinea et Sabinea constituta»<br />

15 . Giovanni nei mesi successivi, manovrando abilmente con l’esercito tra<br />

Montalto e Toscanella, <strong>di</strong>ede un contributo importante al ristabilimento dell’autorità<br />

pontificia e comunale nell’intera regione 16 .<br />

Pacificato il Patrimonio, Gregorio XI era potuto allora tornare a <strong>Roma</strong> (17<br />

gennaio 1377), questa volta intenzionato a restarci definitivamente. Ma altre durissime<br />

prove attendevano <strong>Roma</strong> e la Cristianità. Alla morte <strong>di</strong> Gregorio, avvenuta<br />

il 27 marzo 1378, scoppiò infatti lo Scisma <strong>di</strong> occidente: nelle lotte che seguirono<br />

fra i partigiani <strong>di</strong> Urbano VI e quelli dell’antipapa francese Clemente VII,<br />

Giovanni si schierò a fianco <strong>di</strong> Urbano, alla cui elezione aveva forse contribuito,<br />

impiegando poi tutto il suo prestigio nell’azione militare e <strong>di</strong>plomatica che il 29<br />

aprile 1379 indusse alla resa la guarnigione francese <strong>di</strong> Castel Sant’Angelo; la<br />

piena signoria <strong>della</strong> città fu così restituita al legittimo pontefice, che poté rientrare<br />

in S. Pietro 17 . E forse proprio per aver consegnato al papa il Castello si attirò<br />

l’ostilità del governo popolare, come appare da una lettera <strong>di</strong> santa Caterina ai<br />

«signori Banderesi e quattro Buoni Uomini mantenitori <strong>della</strong> Repubblica <strong>di</strong><br />

<strong>Roma</strong>» del 6 maggio 1379, in cui si fa cenno all’«ingratitu<strong>di</strong>ne» che essi avrebbero<br />

allora <strong>di</strong>mostrato al Cenci 18 . Nei primi mesi del 1380 è nominato senatore:<br />

15 Fraschetti (1935, 442-5), doc. 62; Supino (1969, 365-6), doc. 496.<br />

16 Antonelli (1908, 141-50).<br />

17 Per render grazie <strong>della</strong> vittoria Urbano VI si trasferì da S. Maria in Trastevere a S. Pietro a<br />

pie<strong>di</strong> scalzi, meritandosi così la lode <strong>di</strong> santa Caterina: «L’esempio ce ne dà il padre nostro, papa<br />

Urbano VI; che, in segno ch’egli le [le grazie] ricognosce da Dio, s’umilia facendo quell’atto che<br />

già da gran<strong>di</strong>ssimi tempi non fu più, d’andare a processione a pie<strong>di</strong> scalzi» (Lettere, CCCXLIX); e<br />

in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Urbano VI in occasione <strong>della</strong> Pentecoste del 1379: «Godo, padre santissimo,<br />

d’allegrezza cor<strong>di</strong>ale, che gli occhi miei hanno veduto compire la volontà <strong>di</strong> Dio in voi,<br />

cioè in quello atto umile, non usato già gran<strong>di</strong>ssimi tempi, <strong>della</strong> santa processione» (Lettere, CCCLI).<br />

18 La lettera, tutta impostata sul contrasto tra i concetti <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e ingratitu<strong>di</strong>ne, si conclude<br />

appunto con l’exemplum <strong>di</strong> Giovanni, «<strong>di</strong> cui | fu l’opra grande e bella mal gra<strong>di</strong>ta»: «Parmi che<br />

si usi un poca d’ingratitu<strong>di</strong>ne verso Giovanni Cenci, il quale con tanta sollecitu<strong>di</strong>ne e fedeltà, con<br />

schietto cuore, solo per piacere a Dio e per nostra utilità (e questo so che è la verità) ogni altra<br />

cosa abbandonando per trarvi dal flagello che vi era posto <strong>di</strong> Castello Sant’Agnolo, in ciò s’è adoprato<br />

con tanta prudenzia; ora non tanto non mostrino segno <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne, solo <strong>di</strong> ringraziamento,


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 35<br />

in questa veste è documentato dal marzo al settembre <strong>di</strong> quell’anno; come ritiene<br />

Paola Supino Martini, è probabile che in tale elezione si debba riconoscere<br />

«un’espressione <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne da parte <strong>di</strong> Urbano VI» per il fedele alleato. Morì<br />

prima del 23 <strong>di</strong>cembre 1383.<br />

Le opere meticolosamente registrate nel volume <strong>della</strong> Camera Apostolica riguardano<br />

il rior<strong>di</strong>no <strong>della</strong> vigna e del «giar<strong>di</strong>no», o viridarium propriamente detto<br />

(cioè l’orto e il frutteto), e i lavori <strong>di</strong> scavo <strong>di</strong> una peschiera; l’esecuzione <strong>di</strong> tali<br />

opere avrebbe dovuto garantire la qualità, la quantità e l’autonomia degli approvvigionamenti<br />

necessari a una Curia abituata alle delizie avignonesi, e in particolare<br />

al celebre vino <strong>di</strong> Beaune, «quintum nature ad<strong>di</strong>tum elementum», secondo<br />

l’arguta definizione del Petrarca (Sen., IX 1, 18) 19 . Quanto alla funzione utilitaria,<br />

ortofrutticola, non puramente ornamentale del «giar<strong>di</strong>no» me<strong>di</strong>evale, si tratta <strong>di</strong><br />

un’accezione ben documentata fra Due e Trecento per <strong>Roma</strong> e il Lazio, come risulta<br />

dalle citazioni allegate in un mio saggio recente, dove si <strong>di</strong>scute <strong>della</strong> parola<br />

ogliar<strong>di</strong>no ‘giar<strong>di</strong>no’ che ricorre tre volte nella Cronica dell’Anonimo romano<br />

(Formentin 2008b, 28-30) 20 ; ancora oggi, del resto, l’orto e il frutteto sono in francese<br />

le jar<strong>di</strong>n potager e le jar<strong>di</strong>n fruitier (e tutti al ristorante possiamo or<strong>di</strong>nare<br />

una jar<strong>di</strong>nière); ma naturalmente nell’uso la specificazione aggettivale può e poteva<br />

mancare, come nel seguente passo del Premier Livre <strong>di</strong> Rabelais:<br />

Le propos requiert que racontons ce qu’advint à six pèlerins qui venoient de Sainct<br />

Sébastien, près de Nantes, et pour soy héberger celle nuict, de peur des ennemys,<br />

s’estoient musséz au jar<strong>di</strong>n dessus les poyzars, entre les choulx et lectues.<br />

2. DESCRIZIONE DEL MANOSCRITTO<br />

Ho esaminato il registro a più riprese, anche insieme all’amico Antonio Ciaralli,<br />

cui spetta tutto il merito <strong>di</strong> quel che <strong>di</strong> giusto potrò <strong>di</strong>re in questo e nel successivo<br />

paragrafo. In limine bisognerà avvertire che tali note descrivono lo stato<br />

del registro a séguito dell’operazione <strong>di</strong> rilegatura eseguita nel sec. XVI, periodo<br />

a cui risalgono anche la carta <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a iniziale, con filigrana ‘fleur de lis inscrite<br />

ma il vizio dell’invi<strong>di</strong>a e <strong>della</strong> ingratitu<strong>di</strong>ne getta il veleno delle infamie e molta mormorazione»<br />

(Lettere, CCCXLIX).<br />

19 Sul debole dei car<strong>di</strong>nali francesi per il vino <strong>di</strong> Beaune v. (Sen., VII, 119; IX 1, 13-8, 24-5 e 89-<br />

90; Contra eum, 784); Coluccio Salutati (Epist., II 8, 75), lettera al Petrarca del 2 gennaio 1369.<br />

Di fatto Urbano V e i suoi car<strong>di</strong>nali, poco prima <strong>di</strong> partire per <strong>Roma</strong>, si preoccuparono d’inviare a<br />

Corneto ben 65 botti piene <strong>di</strong> vino de Belna (Kirsch 1898, XII e 5, n° 2), mettendo così in pratica<br />

– a <strong>di</strong>re il vero – un mordace consiglio del Petrarca (Sen., VII, 120 e 127). Un’altra citazione letteraria<br />

del vino <strong>di</strong> Beaune è nel Tiers Livre <strong>di</strong> Rabelais, cap. LII.<br />

20 Sia qui notato che il tipo ogliar<strong>di</strong>no manca nel nostro registro. Per l’accezione non ornamentale<br />

del termine cfr. anche il siciliano iar<strong>di</strong>nu ‘agrumeto’.


36 Vittorio Formentin<br />

dans un cercle’ 21 , e le serie <strong>di</strong> cifre arabiche che compaiono, per lo più parzialmente<br />

asportate da una rifilatura che s’indovina abbondante, nei margini inferiore<br />

e superiore <strong>di</strong> alcune carte (sia al recto che al verso).<br />

Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano (ASV), Cam. Ap., Intr. et Ex., 329.<br />

Cart., 1368-1369, mm 400 × 300, cc. I + 108; numerazione meccanica (a cui faremo<br />

riferimento), comprensiva <strong>della</strong> carta <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a cinquecentesca, da 1 a 109,<br />

apposta nell’angolo inferiore esterno del recto; sono bianche le cc. 3v, 88v, 92v,<br />

98r, 108v, 109rv. È presente anche una paginazione a penna, coeva alla stesura del<br />

registro, eseguita in un unico momento con cifre romane scritte nell’angolo superiore<br />

interno del recto ed esterno del verso: inizia col n. ij (= c. 2r) e termina col<br />

n. ccxxv (= c. 108v); in tale antica paginazione si evidenziano le seguenti <strong>di</strong>scontinuità<br />

numeriche: da [v] 22 (= c. 3v) si passa a x (= c. 4r), da clxxviiij (= c. 88v) a<br />

clxxxiiij (= c. 89r), da ccj (= 97v) a cciiij (= 98r).<br />

Il registro consiste <strong>di</strong> 13 fascicoli, composti non già <strong>di</strong> fogli ripiegati e inseriti uno<br />

all’interno dell’altro bensì, quasi interamente, <strong>di</strong> carte singole cucite insieme: I 6<br />

cc. (2-7), II 10 cc. (8-17), III 7 cc. (18-24), IV 8 cc. (25-32), V 9 cc. (33-41), VI 8<br />

cc. (42-49), VII 9 cc. (50-58), VIII 11 cc. (59-69), IX 9 cc. (70-78), X 6 cc. (83-<br />

88), XI 7 cc. (89-95), XII 10 cc. (96-105), XIII 4 cc. (106-109); le cc. 79-82 sono<br />

ora completamente sciolte ed è quin<strong>di</strong> incerto se esse appartenessero in origine al<br />

fasc. IX o al fasc. X; le cc. 96-97 sono solidali e formano dunque l’unico foglio del<br />

registro. Alcune pagine appaiono sporche, come se fossero state usate a lungo<br />

senza protezione: cc. 18v, 34v, 58v, 89r, 103v. La rigatura consiste <strong>di</strong> linee verticali,<br />

tracciate con una punta <strong>di</strong> piombo, funzionali a un’impaginazione ‘a registro’.<br />

Filigrana ‘chien entier’ (mm 70 × 78), <strong>di</strong>sposta sempre al centro <strong>della</strong> carta, ricorrente<br />

in due <strong>di</strong>verse varietà (a alle cc. 3, 4, 7 ecc.; b alle cc. 20, 21, 22 ecc.), simili<br />

al n. 3591 <strong>di</strong> Briquet (1907), un tipo <strong>di</strong>ffusissimo in Italia e in Europa nel sesto, settimo<br />

e ottavo decennio del Trecento 23 : se ne contano ben 54 occorrenze complessive<br />

(37 a + 17 b) da c. 3 a c. 108; una sola volta invece compare, a c. 109 (bianca),<br />

una filigrana con <strong>di</strong>segno ‘deux cercles’, uno sopra l’altro, attraversati da una linea<br />

che termina in forma <strong>di</strong> croce latina (mm 115 × 34), simile al n. 3187 <strong>di</strong> Briquet<br />

(1907) (Siena, 1328) 24 . Una filigrana ‘huchet’ (mm 64 × 83) contrad<strong>di</strong>stingue infine<br />

la carta incollata al piatto posteriore 25 .<br />

21 Del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> mm 48; la filigrana è simile ai nn. 7101, 7102 e 7108 <strong>di</strong> Briquet (1907)<br />

(<strong>Roma</strong>, 1534-37, 1550-51 e 1561) e da confrontare con i nn. 890-907 <strong>di</strong> Piccard (1983) (<strong>Roma</strong>, dal<br />

1556 al 1577).<br />

22 L’angolo superiore esterno delle cc. 2 e 3, danneggiato dall’umi<strong>di</strong>tà, è andato perduto.<br />

23 Il <strong>di</strong>segno è da confrontare anche con i nn. 1244-53 <strong>di</strong> Piccard (1987).<br />

24 La stessa filigrana presenta la carta <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a finale <strong>di</strong> un altro registro camerale: ASV, Cam.<br />

Ap., Intr. et Ex., 126 (Liber expensarum factarum in ae<strong>di</strong>ficio monasterii S. Petri ad aram de Neapoli,<br />

aa. 1338-39).<br />

25 Variante simile al n° 7656 <strong>di</strong> Briquet (1907) (Lucca, 1368-83).


La legatura è in assi <strong>di</strong> cartone rivestite <strong>di</strong> pergamena. Nel piatto anteriore esterno<br />

compare, in alto a sinistra, la serie 3. 56. … (i tre puntini corrispondono a tre segni<br />

evani<strong>di</strong>). Il dosso è sud<strong>di</strong>viso in sei compartimenti, nel secondo e nel terzo dei<br />

quali si legge, <strong>di</strong> mano del sec. XVI: Urban(i) V | Manuale | Introituu(m), | & | Expensar(um),<br />

| pro || conficien(da) | Vinea, | & Viridario | 1368. La stessa intitolazione,<br />

databile anch’essa al sec. XVI, si trova sul recto <strong>della</strong> carta <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a:<br />

Urbani V. | Manuale introituum, et expensarum | pro [con ro corr. su altre lettere,<br />

forse in] conficienda vinea, et | viridario | An(no) 1368.<br />

3. LE MANI DEL REGISTRO<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 37<br />

Nel registro si vedono all’opera scriventi per la maggior parte professionali,<br />

abituati ad impiegare con scioltezza una scrittura documentaria <strong>di</strong> connotazione<br />

cancelleresca. Proprio tale comune connotazione, insieme al prolungarsi nel<br />

tempo delle operazioni <strong>di</strong> registrazione e (da c. 89) alla frequente alternanza delle<br />

mani, a volte anche entro una stessa pagina, non rende agevole il compito <strong>di</strong> chi<br />

voglia <strong>di</strong>stinguere gli interventi dei singoli amanuensi nelle ultime venti carte del<br />

manoscritto. Rinviando ad altra occasione una descrizione esauriente sotto il profilo<br />

paleografico, proponiamo intanto <strong>di</strong> riconoscere nel registro le mani seguenti:<br />

1) mano α, minuscola cancelleresca <strong>di</strong> livello usuale, <strong>di</strong> modulo me<strong>di</strong>o, con<br />

buon allineamento e rispetto <strong>della</strong> giustificazione: cc. 2r-3r, c. 108r righe 1-11;<br />

2) mano β, cancelleresca professionale sicura ed elegante, <strong>di</strong> modulo me<strong>di</strong>o,<br />

compressa lateralmente e angolosa nell’esecuzione: cc. 4r-42v, 89rv, 90v, 91r-<br />

91v (righe 1-23), 100v (righe 26-34), 101r (con interventi <strong>di</strong> altre mani), 101v<br />

(con i. <strong>di</strong> a. m.), 102r (righe 3-4 e 6-12), 102v (tranne la penultima riga, che sembra<br />

<strong>di</strong> ε), 103r (con i. <strong>di</strong> a. m.), 104r (tranne la terzultima e la penultima riga, <strong>di</strong><br />

ε)-105r (righe 1-10);<br />

3) mano γ, cancelleresca professionale <strong>di</strong> modulo tendenzialmente me<strong>di</strong>o ma<br />

con numerose variazioni, tondeggiante nell’esecuzione e priva <strong>di</strong> inclinazione:<br />

cc. 43r-88v, 90r;<br />

4) mano δ, cancelleresca professionale <strong>di</strong> modulo me<strong>di</strong>o-piccolo, <strong>di</strong> livello<br />

corrente e <strong>di</strong> elevata corsività: c. 92r;<br />

5) mano ε, cancelleresca professionale <strong>di</strong> livello corrente e <strong>di</strong> esecuzione corsiva:<br />

91v (righe 24-25), 93r-96r 26 , 97r-100v (righe 1-25), 102r righe 5 e 13 ss.<br />

26 Le registrazioni <strong>di</strong> c. 93rv sono in latino.


38 Vittorio Formentin<br />

(ma la riga 31 spetta alla mano η), 102v (penultima riga), 104r (righe 28-29), 105r<br />

(righe 11-27)-107v;<br />

6) mano ζ, cancelleresca professionale <strong>di</strong> modulo me<strong>di</strong>o-piccolo, inclinata a<br />

destra, ottimamente allineata e impaginata: c. 96v e forse le prime due righe <strong>di</strong> c.<br />

102r;<br />

7) mano η, cancelleresca usuale, dall’esecuzione incerta e dall’allineamento irregolare:<br />

c. 103v e decine <strong>di</strong> interventi sparsi in tutto il registro;<br />

8) mano θ, cancelleresca professionale, fluente e sicura: c. 108r (righe 12-20,<br />

in latino);<br />

9) mano ι, corsiva usuale <strong>di</strong> base cancelleresca: c. 108r (righe 21-22, in latino).<br />

A commento <strong>di</strong> questo elenco osserviamo: ι è la mano del camerario (Solvatur<br />

sibi resta. Cammar(arius)), che autorizza la liquidazione del dovuto a Giovanni<br />

Cenci; η, una mano che mostra una cultura grafica educata alla<br />

cancelleresca senza però essere professionale, spetta senza dubbio ad un personaggio<br />

<strong>di</strong> rilievo, cui è stata affidata un’opera <strong>di</strong> generale revisione e controllo<br />

delle note registrate nel volume 27 . D’altro canto, l’alto livello <strong>di</strong> professionalità<br />

proprio delle altre mani sembra assicurare, in linea <strong>di</strong> massima, l’affidabilità linguistica<br />

delle rispettive testimonianze, nel senso che è garanzia <strong>di</strong> un alto grado<br />

<strong>di</strong> consapevolezza (orto)grafica, ovvero <strong>di</strong> coerenza tra lettere e suoni 28 . Infine,<br />

pur entro il perimetro <strong>di</strong> alcune certezze, come le <strong>di</strong>fferenze irrecusabili esistenti<br />

tra le mani in<strong>di</strong>cate con le sigle α, β, γ, ζ, cui probabilmente si può aggiungere δ,<br />

si deve rilevare la complessiva forte omogeneità delle mani professionali – soprattutto<br />

γ, δ, ε, ζ –, tale da rendere a volte arduo, in situazioni <strong>di</strong> accentuata corsività,<br />

in<strong>di</strong>viduare con sicurezza gli apporti dei singoli scriventi, soprattutto<br />

quando questi si alternano, come capita spesso verso la fine del manoscritto, all’interno<br />

<strong>di</strong> una medesima pagina.<br />

Non si può, infine, passare sotto silenzio la questione posta da α, mano che<br />

scrive soltanto poche carte all’inizio e alla fine del registro, attestando prima la ri-<br />

27 Alla sinistra <strong>della</strong> somma tirata nel margine inferiore <strong>di</strong> ciascuna pagina, espressa con la formula<br />

S(umm)a la p(rese)nte pagi(n)a…, un revisore ha successivamente apposto la sigla B, scritta<br />

con modulo ridotto; l’ipotesi che possa trattarsi <strong>di</strong> η andrà attentamente vagliata (si nota intanto che<br />

la sigla è apposta anche alla somma <strong>di</strong> c. 103v, vergata proprio da η).<br />

28 Ma, naturalmente, non si pretenda troppo (penso soprattutto alla resa delle doppie, incerta in<br />

tutte le mani tranne η).


cezione delle ingenti somme erogate dalla tesoreria pontificia via via che l’opera<br />

procedeva, poi l’ammontare complessivo delle spese effettivamente sostenute per<br />

l’esecuzione dei lavori e insieme la somma che alla Camera Apostolica rimaneva<br />

da corrispondere a saldo. Se si considera che in queste due sezioni il personaggio<br />

che <strong>di</strong>ce ‘io’ è Giovanni Cenci («Item su(m)ma tuto lo receputo p(er) mi Ia(n)ni<br />

Cençio cancellero de <strong>Roma</strong> […] fiorini sei milia quatrocento sesanta cinque et s.<br />

xxxvij» c. 3r; «Item resta quello che io Ia(n)ni <strong>di</strong>go recepere p(er) la sopra<strong>di</strong>cta<br />

casone fiorini d’oro cento sesanta doa | et s. v et den. xj» c. 108r) e se, soprattutto,<br />

si bada alla natura delle attestazioni fornite, implicanti una responsabilità personale<br />

<strong>di</strong>retta del pubblico ufficiale in sede <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>conto finanziario, non apparirà<br />

inverosimile l’ipotesi <strong>di</strong> trovarci <strong>di</strong> fronte alla mano dello stesso cancelliere <strong>di</strong><br />

<strong>Roma</strong> 29 . È un’ipotesi che, fino al momento <strong>di</strong> una conferma o <strong>di</strong> una confutazione<br />

definitiva che potranno venire solo dal confronto con un testo <strong>di</strong> Giovanni Cenci<br />

in<strong>di</strong>scutibilmente autografo, manterrà a mio parere un <strong>di</strong>screto margine <strong>di</strong> probabilità.<br />

4. LA LINGUA DEL REGISTRO<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 39<br />

Se la pertinenza romana del registro è un dato <strong>di</strong> cui prendere atto, rimane da<br />

<strong>di</strong>mostrare se sia possibile localizzare a <strong>Roma</strong> anche gli scriventi. Con il seguente<br />

spoglio intendo dunque descrivere la natura del volgare impiegato dalle singole<br />

mani e verificare se essa è compatibile con l’ipotesi <strong>di</strong> un’attribuzione dei relativi<br />

testi alla città <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>. A tal fine il criterio con cui mi sono regolato nello spoglio,<br />

<strong>di</strong> tipo manuale, è puramente qualitativo: e dunque innanzi tutto ho usato la<br />

massima <strong>di</strong>screzionalità nel selezionare gli esempi ritenuti utili all’assunto; <strong>di</strong><br />

ogni lemma segnalo poi, per ciascuna mano e con rinvio alla carta che lo contiene,<br />

soltanto la prima occorrenza, salvo deroghe puntuali concesse in casi <strong>di</strong><br />

particolare rilievo; <strong>di</strong> norma, infine, non fornisco la lista completa delle forme<br />

che documentano un certo fenomeno, accontentandomi per lo più degli ‘eccetera’<br />

<strong>di</strong> Don Magnifico. Pur nella consapevolezza che, nello stu<strong>di</strong>o linguistico dei testi<br />

antichi, la quantità è a volte qualità, del tutto sproporzionata a questa occasione<br />

sarebbe stata la scelta <strong>di</strong> una presentazione esauriente, per il rispetto quantitativo,<br />

29 Il secondo argomento è senz’altro più forte del primo, poiché è ben noto il caso <strong>di</strong> registri in<br />

cui la stessa forma <strong>di</strong> scrittura soggettiva si mantiene pur al variare delle mani. Un esempio <strong>di</strong> quest’uso,<br />

del resto, ci è dato dal nostro stesso registro, in cui la sezione <strong>della</strong> mano β si apre con la<br />

seguente intestazione: «In nomine Domini, amen. Anno eiusdem millesimo ccc o lxviij pontificatus<br />

domini Urbani pape quinti, in<strong>di</strong>ctione vij a , mense novembris, | <strong>di</strong>e xiij, de mandato domini nostri<br />

summi pontificis, ego Iohannes de Cenciis cancellarius Urbis incepi laborare | vineam<br />

supra<strong>di</strong>cti domini nostri» (c. 4r.1-3).


40 Vittorio Formentin<br />

dell’ingente materiale linguistico del registro, tanto più che un commento <strong>di</strong> questo<br />

tipo costituirà il corredo principale <strong>della</strong> futura e<strong>di</strong>zione, che potrà oltre a tutto<br />

avvalersi <strong>di</strong> un’elaborazione elettronica dei dati 30 .<br />

GRAFIA<br />

Per gli usi grafici noto soltanto un paio <strong>di</strong> fenomeni, comuni del resto all’area<br />

me<strong>di</strong>ana e centro-meri<strong>di</strong>onale.<br />

4.1. Uso <strong>di</strong> b per [bː]<br />

(β) abe 4r, abero 22r ecc.; però, soprattutto quando ha largo spazio a <strong>di</strong>sposizione,<br />

può scrivere anche bb: abbe 13v bis ecc., Sabbate 15r ecc., obbe<strong>di</strong>enti 89r,<br />

subbioni 89r e sobbioni 89v;<br />

(γ) abe 43r, abero 44r, piobe 44r 31 ;<br />

(δ) subioni 92r;<br />

(ε) subioni 95v 32 ;<br />

(η) abe 49r, piobe 75v.<br />

4.2. Uso <strong>di</strong> g(i) per [j(ː)]<br />

(α) <strong>di</strong>go 108r ‘devo’;<br />

(β) Caffagio 34v (accanto a Caffaio 37r), Fiagiano 36v, Iagia 4r; v. anche le<br />

voci del verbo gire citate nel § 4.32.1;<br />

(γ) Cafagio 43r e Caffagio 54v, Iagia 45r, (lo Cieccho de) Giuctio 49r e (lo<br />

Cieccho d(e)) Giuczo 59v, da giu<strong>di</strong>care alla luce <strong>di</strong> (lo Ciecho d(e)) Iuczo 57r 33 ,<br />

Fiagiano 64r, pogio 79v;<br />

(δ) Cafagio 92r, Iagia 92r;<br />

(ε) Cafagio 99r, Iagia 94v, rugio 94r, hugio 94v (se, come sembra, è affine a<br />

‘uggia’); v. anche le voci del verbo gire citate nel § 4.32.1;<br />

(η) agio 103v.<br />

30 Le forme del manoscritto vengono citate secondo i criteri e<strong>di</strong>toriali consueti: in particolare,<br />

tutte le abbreviazioni sono sciolte tra parentesi tonde. Si avverte che, innanzi a consonante bilabiale,<br />

il titulus per la nasale e la nota tironiana a forma <strong>di</strong> 9 sono sciolti convenzionalmente (m) e (com),<br />

senza che questo pregiu<strong>di</strong>chi la possibilità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa scelta da compiersi all’atto dell’e<strong>di</strong>zione,<br />

sulla base <strong>di</strong> un’esauriente <strong>di</strong>samina dell’uso delle singole mani.<br />

31 Compare piobe già in alcune note apposte da (γ) alle cc. 27rv ecc., nella sezione vergata da<br />

(β).<br />

32 Scritto interamente e poi depennato e sostituito con obe<strong>di</strong>e(n)ti (subioni si ritrova per altro<br />

a c. 98v).<br />

33 In un’iscrizione del sec. XIV o del sec. XV in. in S. Maria sopra Minerva si leggeva il nome<br />

ANTONIO DE IVZZO (D’Achille 1987, 72 n. 12).


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 41<br />

FONETICA<br />

4.3. Esempi <strong>di</strong> Ĕ] <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

Per ogni mano si dànno prima gli esempi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttongamento che riguardano i<br />

nomi propri, poi, separati da un punto e virgola, quelli relativi ai nomi comuni, in<strong>di</strong>cando<br />

tra parentesi l’eventuale presenza <strong>di</strong> doppioni non <strong>di</strong>ttongati:<br />

(β) Ceccariello 104r (Cecarello 104r), Ceccoliello 4v 34 , Iacoviello 4v (Iacovello<br />

12v), Liello 7r (Lello 36v), Monticielli 104r (Mo(n)ticelli 104r) 35 ,<br />

Roto(n)niello 104r (Rotu(n)dello 104r), Tiraliello 4r, Viello 10r e, al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong><br />

serie suffissata in -iello 36 , Lorienzo delli Mastri 37r 37 ; fie(r)ro 89r, fie(r)ri 90v<br />

(fe(r)ri 89r), rastielli 89v, stie(r)ro 26r (ste(r)ro 21r), tiempo 23v;<br />

(γ) Cechariello 44r (Cecarello 69r), Ceccholiello 56v, Iacoviello 43r,<br />

Ia(n)niello 82r, Liello 48v, <strong>Roma</strong>niello 45v (<strong>Roma</strong>nello 46v), Tyraliello 45r, Viello<br />

50v;<br />

(δ) Ceccholiello 92r, Iacoviello 92r, Liello 92r, Viello 92r; fieri 92r ‘ferri’;<br />

(ε) Iacovielo 99r, Liello 95v; fieri 91v ‘ferri’;<br />

(η) Iacoviello 45v, Ia(n)niello 82r; piecççi [sic] 100r.<br />

4.4. Esempi <strong>di</strong> Ĕ[ <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

(α) recepiè’ 2r ‘ricevetti’ 38 ;<br />

(β) Pietro 6r; <strong>di</strong>ei 90v ‘<strong>di</strong>e<strong>di</strong>’;<br />

(γ) Pietro 43r (però Petro 43v) 39 ; <strong>di</strong>ei 66r;<br />

(δ) <strong>di</strong>ei 92r e <strong>di</strong>e’ 92r ‘<strong>di</strong>e<strong>di</strong>’;<br />

(ε) Pietro 94v (però Petro Catalog(n)ia 100r); <strong>di</strong>ei 91v e <strong>di</strong>e’ 102r;<br />

(ζ) <strong>di</strong>ei 96v;<br />

(η) <strong>di</strong>ei 100r, grieci 80v.<br />

4.5. Esempi <strong>di</strong> Ŏ] <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

(η) (Marthomeo delli) Tuosti 100r bis.<br />

34 Lo stesso in<strong>di</strong>viduo compare come Cecolillo 15r, per cui potrebbe trattarsi o <strong>di</strong> riduzione del<br />

<strong>di</strong>ttongo ie a i (Ernst 1970, 47) o, più probabilmente, <strong>di</strong> una sostituzione <strong>di</strong> suffisso (Rohlfs 1966-<br />

1969, § 1083; Vignuzzi 1984, 40; P. Trifone 1988, 236).<br />

35 In un caso come Mo(n)ticelli il primo elemento del <strong>di</strong>ttongo potrebbe essere stato assorbito<br />

dall’affricata palatale precedente (Ernst 1970, 46).<br />

36 In cui è forse da comprendere (Iacoviello d’) Angniello 18v.<br />

37 Si veda <strong>di</strong> contro la serie Laure(n)tio d’Allixio 17r, Laure(n)zo d’Allixio 18v, Laurencio d’Allixio<br />

19v, in cui l’assenza del <strong>di</strong>ttongo è correlata alla presenza <strong>di</strong> soluzioni latineggianti (au e ci/ti;<br />

però anche Renzo d’Allixio 32v).<br />

38 Questa forma verbale, ripetuta tante volte a c. 2rv, la prima volta è stata scritta recepei, ma<br />

lo scrivente ha sovrapposto alle lettere -ei due apici da intendere certamente come un segno d’inversione.<br />

39 E già Petro (da Pisa) in un’aggiunta <strong>di</strong> (γ) a c. 27v.


42 Vittorio Formentin<br />

4.6. Esempi <strong>di</strong> Ŏ[ <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

(β) (Ioh(ann)i) Buono 16r; fuoro 15v;<br />

(γ) fuoro 45r, suoi 52r 40 ;<br />

(ε) fuoro 101r;<br />

(η) fuoro 41r, polçuoli 100r.<br />

4.7. Esempi <strong>di</strong> Ĕ] non <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

Nell’uso delle singole mani la vocale tonica ricorre sempre senza <strong>di</strong>ttongo nei<br />

lemmi seguenti (gli antroponimi precedono al solito le altre forme):<br />

(α) Baroncelli 2r; la serie cento, docento e ducento, trece(n)to ecc. nonché comandamento<br />

2r (per cui v. Ernst 1970, 31);<br />

(β) (Nucio) Verso 6v 41 e inoltre Ainello 19v, Angniellello 19v, Angne- 25v,<br />

Martinello 24r, Pisanello 39r, Stephanello Baro(n)cello 6r e Stephanello delli<br />

Baro(n)celli 90v; mezo 101r, merli 103r, pezi 101v, terso 37r, terzo 37r e terzi<br />

103r; forme verbali: stettero 33r;<br />

(γ) Laurenzo 43r, (Nucio) Verso 43r e inoltre Pisanello 63v, Stephanello 60v<br />

(Aucello 68v è un oltramontano); feri 90r ‘ferri’, mezo 46r, rasteli 90r;<br />

(δ) fero 92r ‘ferro’, rastelli 92r;<br />

(ε) Renzo 94r e poi Angelelo 94v, Angnello 100r, (Cola de) Vanello 95r; adpreso<br />

100r ‘appresso’, ferro 91v, merli 100v, mezo 99r, mezi 100r e la serie botecello<br />

99r, caneli 102r, castello (de S(an)c(t)o Angelo) 104r, c(ri)vello 100r, lionceli<br />

102r, po(n)tisseli 94v, vasseli 99v; forme verbali: steteno 99v;<br />

(ζ) (Nucio) Verso 96r;<br />

(η) me(r)li 100v, meçço 71v, preçço 100r, resto 103r, ste(r)ro 19v, te(r)çi 72v<br />

(a parte co(m)mandam(en)tto 103v).<br />

4.8. Esempi <strong>di</strong> Ĕ[ non <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

(γ) Stephano 44v; greci 83r;<br />

(ε) pei 94r PEDES.<br />

4.9. Esempi <strong>di</strong> Ŏ] non <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

(α) Giorgio 2r;<br />

(β) Giorgio 17r; grossi 101r, Nostro (Signore) 34v, olio 100v 42 , posto 101v<br />

40 La forma fuoro s’incontra già in alcune note apposte da (γ) a c. 27 (recto e verso), entro la<br />

sezione vergata da (β); quanto al possessivo suoi, si noti che nel contesto si assimila il numerale<br />

‘due’ che precede: Colecta (et) duoi suoi (com)pa(n)gni ad capare la p(re)ta 52r.<br />

41 Verso, senza <strong>di</strong>ttongo, anche in OspSalv (Liello Verso: 178 e 185).<br />

42 In questo lemma, seguendo Ernst (1970, 40-5), si considera la tonica in sillaba implicata.


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 43<br />

(romanesco ant. puosto), scorzo 102v e scorzi 102v, unità <strong>di</strong> misura per ari<strong>di</strong> (romanesco<br />

ant. scuorço < SCŎRTEUM, e dunque affine all’it. scorza < SCŎRTEA REW<br />

7742) 43 , solli 14r;<br />

(γ) Capo-lo(n)go 48r; pori 48v ‘porri’, tosto 54r;<br />

(ε) (Marthomeo de li) Thosti 94v; Nostro (Signore) 99v, pori 95r ‘porri’, posto<br />

101v, scorzo 95v;<br />

(ζ) orto 96v.<br />

Per gli esempi relativi al suffisso *-ŎCEUS v. il § 4.32.3.<br />

4.10. Esempi <strong>di</strong> Ŏ[ non <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -Ŭ, -Ī<br />

(β) va qui, se l’accento è sulla penultima, la serie Buciolo 10v, Cenciolo 6r, Cecholo<br />

7v, Cecolo 13v, e certo Spagnolo 24r; ho(min)i 4r (in piene lettere homini<br />

19v) e inoltre aquiglolo 101r, pulzoly 101r;<br />

(γ) ho(min)i 43r, pogio 79v < PŎDJUM (però pugio 80r) e suffisso -òlo: malioli<br />

45r, malglioli 45r e anche maioli 46r < MALLEOLUS ‘vecchio tralcio <strong>di</strong> vite in forma<br />

<strong>di</strong> martello’, Spangnolo 43r;<br />

(ε) ho(min)i 94r; suffisso -òlo: Spangnolo 94v, vignaroli 97r;<br />

(η) ho(min)i 41r.<br />

43 Le forme citate da Ernst (1970, 44-5) sono prive <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttongo (scorsi nei Diari <strong>di</strong> Stefano Caffari,<br />

scorzo nel Castelletti), che compare invece nello strano (per -e) scuorze del Burchiello (Ernst<br />

1970, 49); ma scuorzi, assieme a scorzi, è documentato nella tra<strong>di</strong>zione, come si ricava dall’apparato<br />

<strong>di</strong> Zaccarello (2000, 50), ed è messo a testo da Ugolini (1985); manca il <strong>di</strong>ttongo anche nello<br />

scorzo delle carte <strong>di</strong> Battista Frangipane (M. Trifone 1998, 80 e 432-3), dove per altro è citato lo<br />

scuorzo <strong>di</strong> un’annotazione autografa <strong>di</strong> Paolo Carbone (P. Trifone 1990, 76); v. anche scuerzi nel<br />

Diario del nepesino Antonio Lotieri de Pisano (Mattesini 1985, 64). Per la sua antichità, e per il<br />

fatto <strong>di</strong> essere rimasta finora ignota nell’ambito degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> parte filologico-linguistica, merita<br />

<strong>di</strong> essere segnalata l’iscrizione incisa sulla misura marmorea per ari<strong>di</strong> del Comune romano, proveniente<br />

dalla piazza del Campidoglio dove si teneva il mercato e oggi conservata nel Palazzo dei<br />

Conservatori insieme a un coevo congium vini: si tratta <strong>di</strong> uno dei frequenti esempi <strong>di</strong> riuso dell’antico<br />

nella <strong>Roma</strong> me<strong>di</strong>evale, dato che i due congi cilindrici sono stati ricavati da rocchi <strong>di</strong> colonna<br />

a ventiquattro scanalature, poi decorati con protomi leonine. L’epigrafe, mista <strong>di</strong> elementi<br />

capitali e <strong>di</strong> elementi gotici, recita: + SCVORÇO · (le lettere sono precedute da una croce e seguite<br />

da un punto triangolare a mezz’altezza). Sull’iscrizione, che ha dunque una «funzione […] costitutiva<br />

dell’identità dell’oggetto» (nella terminologia <strong>di</strong> Petrucci 2010, 28), v. Forcella (1869, 27,<br />

n° 9), con datazione al sec. XIV; Capobianchi (1896, 359 n. 1), con datazione entro il sec. XIII; Giuliano<br />

(1982, 233, 236 fig. 14 e 239 n. 11), con datazione «attorno al 1200» proposta sulla base <strong>di</strong><br />

una perizia orale <strong>di</strong> Armando Petrucci; da ultimo Parisi Presicce (2009, 44-7 fig. 14), con datazione<br />

alla prima metà del sec. XIII; si segnala che in tutti questi stu<strong>di</strong> la parola è stata trascritta o resa in<br />

modo variamente impreciso. Considerato il fatto che l’iscrizione volgare costituisce una sorta <strong>di</strong><br />

palinsesto epigrafico, dal momento che + SCVORÇO · ha sostituito una precedente iscrizione (verosimilmente<br />

latina) scalpellata, s’intende che l’intero problema, a cominciare dal dato fondamentale<br />

<strong>della</strong> datazione, andrebbe riesaminato sulla base <strong>di</strong> un’attenta comparazione con gli usi<br />

epigrafici romani del Due-Trecento.


44 Vittorio Formentin<br />

4.11. Esempi <strong>di</strong> Ĕ[ <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -A, -E, -O<br />

(β) miesa ‘mezza’ 23v bis;<br />

4.12. Esempi <strong>di</strong> Ŏ[ <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -A, -E, -O<br />

(β) (Pietro Macça-)fuora 19v, (Menchia-)buona 37v, 103r bis.<br />

4.13. Esempi <strong>di</strong> Ĕ[ non <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -A, -E, -O<br />

(β) greca 101v, preta 36v, prete 36r;<br />

(γ) (S(an)c(t)a Maria Scola) Greca 46v, venere 51v ‘venerdì’ 44 e inoltre<br />

p(re)ta, p(re)te 43r;<br />

(ε) (S(an)c(t)a Maria Scola) Greca 99v, pede 101v, pè < PEDEM 94v; per il <strong>di</strong>ttongo<br />

<strong>di</strong> (Ioh(ann)i da) Riete 96r v. Formentin (2010, 204);<br />

(η) pret(a) 100r, prete 103r.<br />

4.14. Esempi <strong>di</strong> Ŏ[ non <strong>di</strong>ttongata in presenza <strong>di</strong> -A, -E, -O<br />

(β) aquiglola 102r, homo 100v, quartarolle (= -ole) 101r, ova 101r, (Menchia-)<br />

bona 103r quater;<br />

(γ) (S(an)c(t)a Maria) Scola (Greca) 46v, (Mengia-)bona 53v, 82r, 82v;<br />

(ε) fora (da Porta Portesa) 99v, (S(an)c(t)o Brancazio de) fora 100r e (Pietro<br />

Maza-)fora 94v, (S(an)c(t)a Ma(r)ia) Scola (G(re)ca) 99r; inoltre lignola 94r,<br />

quarterole 98v, viole 94r;<br />

(η) fore 103r bis.<br />

4.15. (Assenza <strong>di</strong>) anafonesi<br />

Si registrano le seguenti forme (regolarmente) non anafonetiche:<br />

(β) (Cola) Venciguera 8r, accanto a (Cola) Vinceguera 4r, (Paulo) Tagla-l-onto<br />

103r 45 , ponti 101r ‘punte’ (v. il § 4.36); in posizione protonica pentura 100v, reponciata<br />

101v, spontare 27r;<br />

(γ) (Coluza de Paulo) Talia-l-onto 85r;<br />

(ε) (Coluza de Paulo) Talia-l-oncto (de <strong>Roma</strong>) 105r; in posizione protonica<br />

penct(ur)a 100v;<br />

(η) in protonia pe(n)tore e pe(n)tura 103r.<br />

44 Quanto al dato lessicale, il tipo normale a <strong>Roma</strong> è venerdì(e), venardì(e): v. gli esempi raccolti<br />

in M. Trifone (1998, 455); però trovo appunto venere in una nota <strong>di</strong> spese <strong>della</strong> Compagnia<br />

del Gonfalone del 1490 (Vattasso 1903, 75).<br />

45 Da confrontare con Antonio Pista-l-onto <strong>di</strong> OspSalv, 189.


4.16. Esiti <strong>di</strong> AU<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 45<br />

(α) oro 2r; non significa molto l’alternanza, fuori d’accento, fra tressaureri 2v<br />

e tressareri 2v, considerato che si tratta <strong>di</strong> un gallicismo;<br />

(β) Paulo 4v e, in protonia, Laure(n)zo 18v (e cavoli 39r);<br />

(γ) Paulo 43r (accanto al ben noto Paluzo 48r, da spiegarsi per <strong>di</strong>ssimilazione;<br />

Mattesini 1985, 96 e 163), Laurenzo 43r (e Lore(n)zo 64r) 46 ; (Petrone de) Chio<strong>di</strong>o<br />

59v equivarrà piuttosto a Clo<strong>di</strong>o che a Clau<strong>di</strong>o 47 ;<br />

(δ) Paulo 92r e Palo 92r, forse rifatto sul <strong>di</strong>minutivo Paluzo 48 ;<br />

(ε) Paulo 94r, cauli 95r, nauratura 102r ‘doratura’, Paluzo 98v;<br />

(η) Paolo 70r, Paulo 100r, cavoli 49r 49 .<br />

4.17. Altre particolarità del vocalismo tonico<br />

(α) notevole <strong>di</strong>go 108r ‘devo’, verosimilmente [ˈ<strong>di</strong>j(ː)o]; appena si accenna al<br />

solito <strong>di</strong>cto 2r, sopra<strong>di</strong>cto 2r, supra<strong>di</strong>ta 3r, sopra<strong>di</strong>tta 108r, mentre lo strano e più<br />

volte ripetuto suopra<strong>di</strong>cto 2r, con un inatteso uo in corrispondenza <strong>di</strong> Ŭ in posizione<br />

semitonica, o è un caso d’iper<strong>di</strong>ttongamento o è una forma (grafica?) <strong>di</strong><br />

compromesso tra sopra- e supra-;<br />

(β) (Pietro) Preite (Ioh(ann)i) 12r e, con scioglimento univoco del compen<strong>di</strong>o,<br />

(Pietro) P(re)ite (Ioh(ann)i) 6v, ma anche, in tutte lettere, (Pietro) Prete (Ia(n)ni)<br />

13r e perfino (Pietro) P(re)vite (Ioh(ann)i) 7r; si noti, da un lato, la vocale tonica<br />

alta <strong>di</strong> intra 101r ‘entra’, mugle 102v 50 , pista 102v ‘pesta(ta)’, pulv(er)e 102v,<br />

rugio e rugia 104r, unce 101v e unde 101r, dall’altro la vocale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Menchia(-buona)<br />

37v < MĔNTULA (REW 5513.1) e <strong>di</strong> sponga 101v < *SPONGA (REW<br />

8173.2) 51 ;<br />

(γ) lo Lopo 44v (ma anche Ia(n)ni de Lupo 63r), pista 56v, mesore (Lore(n)zo)<br />

64r, bricia 75v ‘breccia’ e brecia 76v; Mengia(-bona) 53v;<br />

(ε) dozena 94v (β ha invece dozina 101r), mulia 102v, rugio 94r, uschio 96r e<br />

hustiu 96r bis ‘uscio’;<br />

(η) ha ì nel deverbale ca(r)rio 103v ‘trasporto col carro’.<br />

46 Per tesaure e tesore <strong>di</strong> c. 45r v. la successiva n. 58.<br />

47 Sigismundo de Chio<strong>di</strong>o in OspSalv, 178.<br />

48 Cfr. Pietropalo Cortese in OspSalv, 207.<br />

49 Per gli esiti <strong>di</strong> -AUT (-AVIT) v. il § 4.42.2.<br />

50 La forma mugle ricorre una sola volta in una pagina che conta molte occorrenze <strong>di</strong> mogle, e<br />

potrebbe quin<strong>di</strong> essere un occasionale latinismo (v. per altro la seguente n. 53 e proprio MVGLIE<br />

in un’iscrizione quattrocentesca <strong>di</strong> S. Maria in Aquiro: D’Achille 1987, 92), così come il successivo<br />

pulv(er)e <strong>di</strong> contro al normale polv(er)e tante volte ripetuto nella stessa c. 102v.<br />

51 Al v. 209 <strong>della</strong> Lauda sui segni <strong>della</strong> fine del mondo si ha spongnia in rima con vergongnia<br />

(Vattasso 1901, 95).


46 Vittorio Formentin<br />

Il vocalismo <strong>di</strong> Lopo, mesore, pista, Preite, rugio è schiettamente romanesco<br />

e lo stesso si deve <strong>di</strong>re per la ì <strong>di</strong> ca(r)rio, da confrontare con le forme rizotoniche<br />

dei verbi in -ĬDJARE del romanesco antico del tipo guerria ‘guerreggia’, spessiano<br />

‘spesseggiano’ (Cronica 1 , XVIII 1040, XXVI 299), (se) accoctii ‘osi’ (nei<br />

ban<strong>di</strong> pubblicati in Re 1928) e col moderno cottìo (Lorenzetti 2010 e v. al capitolo<br />

V, § 2 <strong>di</strong> questo volume) 52 . Si noti che iod interno, da solo o in unione con<br />

altri suoni consonantici, sembra avere una certa efficacia metafonizzante: <strong>di</strong>go<br />

DĒBEO, rugio RŬBEUM (REW 7408), uschio e hustiu < ŌSTIUM, e così forse si dovrà<br />

spiegare anche la ì delle forme rizotoniche dei verbi in -ĬDJARE (-ìo < -ijo < -ejo<br />

< -ĬDJO), senza dover pensare a un’influenza esercitata dalle forme rizoatone 53 .<br />

4.18. Conservazione <strong>di</strong> e protonica (anche in fonosintassi) e intertonica<br />

(α) de passim, prefisso re- (recepiè’ 2r), però <strong>di</strong>cembre 2r accanto a decenbre<br />

2r;<br />

(β) de passim, prefissi de- (dechiarati 37v), re- (recotere 13v), se clitico 13r,<br />

centenaro 101r e ce(n)tenara 101r, Femenella 27v, mesurare 38v, peschera 13v<br />

ecc.;<br />

(γ) de passim, prefisso de- (decl(ar)ati 82v), prefisso re- (refrescar la vigna<br />

44v);<br />

(δ) de passim;<br />

(ε) de passim, prefisso re- (recalzata 95v), Angelelo 94v, botecello 99r, careca(r)e<br />

100r (ma caricare 99v), centenaro e centenara 94r, decembr(e) 102r,<br />

mes(ur)are 100v ecc.;<br />

(ζ) de passim;<br />

(η) de passim, prefisso re- (recosire 95r), peschiera 19v; segnalo qui anche fegure<br />

103v.<br />

4.19. Innalzamento <strong>di</strong> e protonica in i<br />

(α) missere lo trosarero 2r (e messere lo trossarero 2r) 54 , pischera 3r;<br />

52 Per lopo e preite v. Formentin (2008a, 28 n. 14 e 87), con la bibliografia ivi in<strong>di</strong>cata. Per mesore<br />

< MEUM (o MEUS) SENIOREM v. Castellani (19762 , 86-7); il commento <strong>di</strong> Mengaldo (1979) al<br />

Messure, quinto <strong>di</strong>ci? <strong>di</strong> De vulg. eloq., I, XI, 2; D’Achille (1989, 7) (MISSORE ANDREA DE<br />

ERAMO in un’iscrizione trecentesca <strong>di</strong> S. Giovanni <strong>della</strong> Pigna); M. Trifone (1998, glossario, s.v.<br />

missere); Sattin (2007, 33). Per pista v. Cronica1 (glossario, s.v. pistare); pista ‘pestata’ nella rappresentazione<br />

<strong>di</strong> s. Giovanni Battista (Vattasso 1901, 72); pisto (in rima con tristo) nel cosiddetto<br />

Frammento B <strong>della</strong> Passione (Vattasso 1903, 53); Incarbone Giornetti (2006, s.v. pisto); infine si<br />

richiami l’Antonio Pista-l-onto citato nella precedente n. 45. Per rugio v. M. Trifone (1998, 85 e<br />

427-8).<br />

53 Lo stesso effetto, che si produrrebbe sempre in modo non sistematico, potrebbe essere riconosciuto<br />

ad altri suoni palatali (cfr. bricia e mugle, che pure si è proposto <strong>di</strong> spiegare altrimenti).<br />

54 Per la i <strong>di</strong> missere in romanesco, oltre al già citato M. Trifone (1998, glossario, s.v. missere),<br />

v. Formentin (2008a, 88).


(β) mis(er) (Laure(n)zo) 42v, pischera 24r, (Nostro) Signore 34v, Tiballo 101r<br />

(ma Theballo 21r), Tignoso 37r;<br />

(γ) mis(er) (Laurenzo) 43r, pischera 43r, Ti(n)gnoso 48r; notevole l’innalzamento<br />

<strong>della</strong> vocale del clitico si in si pagàno 51v, 83r ‘furono pagati’ (accanto a<br />

se pagàno 51r), si pagòno 67r, 72v e si partiro 54r;<br />

(ε) gita(r)e 99r, minore 102r, pischera 96r, Tiballo 99v;<br />

(η) mise(r) 103v.<br />

4.20. Innalzamento <strong>di</strong> e postonica in i nei proparossitoni<br />

(α) vada qui bolissa 2r ‘polizza’, però quindecemillia 108r, per altro univerbato<br />

nel manoscritto;<br />

(β) Angillo 104r, asino 9r, asini 15r, Bulgamino 13v, Domenico 103r, homini<br />

19v, pastino 18v, P(re)vite (Ioh(ann)i) 7r, (Nucio de Matheo) Rustico 18v ecc.;<br />

(γ) asini 43r, pastino 43r;<br />

(δ) Vulgamino 92r;<br />

(ε) asini 98v, manici 95v, refici 102r ‘orefice’ e ‘orefici’, ma (castello de<br />

S(an)c(t)o) Angelo 104r;<br />

(ζ) p(ro)ximo 96v;<br />

(η) asini 47v, pastino 43v, piubica 103v.<br />

Per le caratteristiche del fenomeno in romanesco antico v. Formentin (2008a,<br />

88; 2008b, 35-6) 55 .<br />

4.21. Passaggio <strong>di</strong> -er- ad -ar- e trattamento <strong>di</strong> -ar-<br />

(β) -ar- etimologico in quartarolle 101r;<br />

(γ) -er- postonico è conservato in (<strong>di</strong>e) venere 51v ‘venerdì’, secondo la norma<br />

romana (P. Trifone 1986, 138-9; Macciocca 2000, 242; 2004, 84);<br />

(ε) e protonica davanti a r passa ad a in partusi 95v bis ‘fori’; -ar- si conserva<br />

in vignaroli 97v e in quartarolle 99v, che <strong>di</strong> solito però, nella parte scritta da questa<br />

mano, compare come quarterole 98v ecc.;<br />

(η) co(m)parat(a) 100r.<br />

4.22. Vocalismo finale<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 47<br />

Un tratto comune a tutte le mani è la confluenza <strong>di</strong> -Ŭ e -O in -o, per cui la vocale<br />

finale <strong>di</strong> prato < PRATUM non è <strong>di</strong>stinta da quella <strong>di</strong> qua(n)no < QUANDO, il<br />

che comporta, in assenza <strong>di</strong> metafonesi da -Ŭ, l’identità del determinante neoneutro<br />

rispetto al maschile: (α) quello neutro 108r; (γ) questo neutro 75v. Con -u<br />

55 Si deve sottolineare che si tratta <strong>di</strong> un altro fenomeno per cui il romanesco antico ab origine<br />

«concorda con i <strong>di</strong>aletti toscani e si oppone a quelli me<strong>di</strong>ani e meri<strong>di</strong>onali [nella fattispecie, non<br />

estremi]» (P. Trifone 1992, 21).


48 Vittorio Formentin<br />

in tutto il registro abbiamo soltanto (ε) hustiu 96r bis, leggibile forse come una<br />

sorta <strong>di</strong> armonizzazione integrale innescata da iod (cfr. il § 4.17), per la quale sia<br />

la vocale tonica che l’atona finale convergono sul tratto [+alto] 56 .<br />

Vigono con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> tipo romanesco anche nella <strong>di</strong>stinzione -e ≠ -i: in particolare,<br />

nessuna mano mostra segni del passaggio <strong>di</strong> -i a -e alla maniera umbra<br />

ovvero <strong>di</strong> affievolimento <strong>di</strong> -i in -e (= [-ə]) <strong>di</strong> tipo napoletano 57 . Detto questo, notiamo<br />

che ricorre -e in (ε) inanze 96r; -i invece nel suffisso -(i)eri sing. (Ernst<br />

1970, 65): (α) trosareri, tressaureri e tressareri 2v (che una volta attrae anche il<br />

precedente ‘messere’: misseri lo tressaureri 2v); (β) (Ang(i)lo) arcieri 18v, con cui<br />

vanno gli antroponimi (β) Vallieri 36v, (γ) Gualte(r)i 83v, Guarneri 58v, (η) Gualtieri<br />

84v 58 ; (α) usa anche -ero: (α) cancellero 3r, trosarero (tross-) 2r; -(i)ero anche<br />

in (ε): caretero 100r e, in funzione antroponimica, Penete[n]tiero 95v. In (ε) abbiamo<br />

-i dopo un’affricata palatale: refici ‘orefice’ 102r, identico al plurale refici<br />

ivi; e viceversa -e in miliare 94v bis, 95r ‘migliaio’ (plur. miliara) 59 .<br />

4.23. Esiti <strong>di</strong> B-, V-, -B-, -RB-, -BR-<br />

Il passaggio <strong>di</strong> B- a v- in posizione fonosintatticamente debole è attestato soltanto<br />

in:<br />

(γ) (la) vocha 70v;<br />

(δ) si registra qui l’antroponimo (Liello) Vulgamino 92r, cui corrisponde in (β)<br />

(Liello) Bulgamino 13v.<br />

In (ε) si segnala la forma (<strong>della</strong>) guascha 96r ‘vasca (per il mosto)’, che potrebbe<br />

essere una «falsche Rekonstruktion» collegata al non univoco trattamento<br />

locale <strong>di</strong> w- (del tipo vardare/guardare) 60 : comunque sia, è la prima attestazione<br />

conosciuta <strong>della</strong> parola volgare stando non solo al DEI e al DELI ma anche al<br />

Corpus TLIO (maggio 2011).<br />

Passaggio <strong>di</strong> B- a m- in «Eigennamen» e in contesto per lo più <strong>di</strong> assimilazione<br />

consonantica (Ernst 1970, 67-8):<br />

56 I due esempi ricorrono entro un unico sintagma: p(er) lo d(i)c(t)o hustiu; la stessa mano, due<br />

righe sopra, ha però scritto p(er) l’uschio.<br />

57 In (ε) li pome 95r andrà inteso come plurale <strong>di</strong> lo pome 101v (forma alternante con lo pomo<br />

102r).<br />

58 La mano (γ), alle c. 45r e 46r, scrive lo tesore, lo tesaure e perfino le tesore (sempre in un<br />

contesto, a <strong>di</strong>re il vero, <strong>di</strong> affollamento scrittorio), dove si tratta certo, in tutti i casi, del ‘tesoriere’<br />

(solo nel primo caso è intervenuta la mano η correggendo in tesoreri); è invece plurale mest(er)i<br />

49r.<br />

59 Perfettamente ambientato a <strong>Roma</strong>: «unum miliare cum <strong>di</strong>mi<strong>di</strong>o pecudum plus vel minus» in<br />

un’imbreviatura <strong>di</strong> Antonio Scambi del 29 aprile 1367 (Biblioteca Apostolica Vaticana, S. Angelo<br />

in Pescheria, I/3, c. 51r), «unum miliare boni et puri et necti melis» in un’altra imbreviatura del<br />

notaio Francesco <strong>di</strong> Stefano de Caputgallis del 20 ottobre 1380 (Mosti 1994, 344).<br />

60 L’it. vasca è comunemente ritenuto una retroformazione dal lat. VASCULUM (REW 9164). La<br />

forma del registro vaticano può essere accostata all’(era) guago ‘(era) vago’ del ms. Amburghese<br />

delle Storie (Ernst 1970, 104; Macciocca 2004, 104).


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 49<br />

(β) Marthomeo 104r, Martomeolo 105r;<br />

(γ) Martomeo 52v (Marth- 73v);<br />

(ε) Marthomeo 94v, Mocha-Bela 100r 61 ;<br />

(η) Ma(r)thomeo 100r.<br />

Per lo sviluppo -B- > -v- in posizione intervocalica oltre il modello toscano si<br />

registrano gli antroponimi Iacovo (esempi al § 4.32.1), Iacoviello (esempi al §<br />

4.3), in (β) P(re)vite 7r e Savo 25r (Mattesini 1985, 177; P. Trifone 1990, 77) 62 ;<br />

sia qui menzionato anche il toponimo Tivoli 104r (β), che la stessa mano scrive<br />

Tiguli a c. 41v.<br />

Il gruppo -RB- appare sempre, almeno graficamente, conservato:<br />

(β) arbori 8r, erba 33r;<br />

(γ) arbo(r)i 50r, carbonara 59r, -e 59v, erba 78v;<br />

(ε) arbori 94r, erbe 95r;<br />

(η) erba 35r.<br />

Per -BR- in posizione interna rileviamo che (α) aveva scritto dapprima due<br />

volte otovre 2v (Rohlfs 1966-1969, § 261; Ernst 1970, 68), forma poi corretta in<br />

otobre (con -br- come febraro 2r e libre 108r).<br />

4.24. Occlusive sorde in posizione intervocalica<br />

In un quadro <strong>di</strong> generale conservazione delle sorde intervocaliche segnaliamo:<br />

(α) recepiè’ 2r, receputo 3r;<br />

(β) da una parte pacati 23v ter, dall’altra aguti 101r ‘chio<strong>di</strong>’, parola per la<br />

quale la sonorizzazione <strong>della</strong> velare è notoriamente anche toscana (Castellani<br />

1976 2 , 133); la d <strong>di</strong> spadaro 6r è normale in romanesco antico (Ernst 1970, 99;<br />

Formentin 2008a, 88-9);<br />

(γ) oltre a pagàno 51r ecc., mostra alcuni peculiari esempi <strong>di</strong> sonorizzazione:<br />

iudare 51r (accanto a iuta(r)e 66r), recod(er)e 44r < *RECŎTERE (Merlo 1949, 84),<br />

che è recotere 13v in (β), cov(er)to 72v (accanto a cop(er)to 71r);<br />

(δ) caduna 92r (Rohlfs 1966-1969, § 501);<br />

(ε) oltre ad aguti 96r, latuga 96r e spadaro 91v, questa mano scrive anche a<strong>di</strong>udaro<br />

94r e iudaro 100r (insieme a a<strong>di</strong>uta(r)e 100r), agu<strong>di</strong> 96r, caduna 102r, rugiadela<br />

100v 63 ;<br />

61 Si ricor<strong>di</strong>no il LIELLO VOCCHABELLA <strong>di</strong> un’iscrizione votiva <strong>di</strong> San Giovanni in Laterano<br />

del 1365 (D’Achille 1987, 77 e fig. 12) e il IOANNES BVCCABELLA <strong>di</strong> un’altra epigrafe<br />

latina del sec. XIV (D’Achille 1987, 83 n. 69); inoltre Voccabella, Bocca- in OspSalv, 201 e 203,<br />

e Jacovo Boccabella nel <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Cola Colleine (Sattin 2007, 26).<br />

62 Il nome è frequente in OspSalv; S. Savo anche nel <strong>di</strong>ario del Colleine (Sattin 2007, 31).<br />

63 In (β) ricorre invece la normale forma roman(esc)a: <strong>di</strong>ei ad quello che p(re)stao la rugitella<br />

dello comuno 104r (la misura ufficiale del comune per la calce); a riscontro si può citare l’iscrizione,<br />

databile alla seconda metà del Trecento, + RUGITELLA DE GRANO ·, che si legge sull’orlo<br />

superiore del cippo marmoreo sul quale posava originariamente l’urna cineraria <strong>di</strong> Agrippina seniore,<br />

moglie <strong>di</strong> Germanico, proveniente dal mausoleo <strong>di</strong> Augusto: quando, al tempo del governo<br />

popolare del secondo Trecento, il cippo fu convertito in misura pubblica, sotto all’iscrizione in


50 Vittorio Formentin<br />

(η) co(r)ritoro 101v ‘corridoio’.<br />

Notevole in (α) la sonorizzazione <strong>della</strong> p- (secondariamente) iniziale nel grecismo<br />

bolissa ‘polizza, attestazione scritta’, parola molte volte ripetuta a c. 2rv,<br />

accanto alla quale si trova impiegata una volta sola, proprio nella prima posta, la<br />

forma politia 2r, che (con Castellani 2000, 196-7) andrà letto polìzia 64 .<br />

4.25. Occlusive sonore in posizione intervocalica<br />

(ε) non rappresenterà un caso <strong>di</strong> -D- <strong>di</strong>leguata pei (da rose, de le rose, de le<br />

viole) 94r ‘pie<strong>di</strong>’ (per la particolare accezione v. DEI, s.v. piede 2 ), trattandosi piuttosto<br />

<strong>di</strong> un plurale rifatto sul singolare apocopato pè 94v, che questa mano usa insieme<br />

a pede 101v.<br />

Noterò ancora la conservazione <strong>della</strong> velare in tegole 101r (β) e fegure 103v<br />

(η).<br />

4.26. Assimilazione dei nessi -ND-, -MB-, -LD- (e -KS-)<br />

(α) presenta solo forme senza assimilazione: comandamento 2r, quindecemillia<br />

108r;<br />

(β) -ND- (con)nuto 100v ‘condotto’, Granne (Bernardo) 42v, (Meolo)<br />

Roto(n)niello 104r (alternato nella stessa pagina a (Meo) Rotu(n)dello),<br />

spa(n)n(er)e 18v; -MB- pio(m)mo 101v; -LD- Astallo 6v (e Stallo 91r), Raynallo<br />

15v, Siniballo 6r, sollatura 101v ‘saldatura’ (e solat(ur)a 102r), solli 14r, Theballo<br />

21r (e Tiballo 101r); ben attestate, per altro, sono anche le forme in cui i<br />

nessi originari appaiono conservati: (con)duto 103r, fendere 89v, Fun<strong>di</strong> 26r, Pandalpho<br />

16r, p(er)to(n)data 103r, tend(er)e 36v, unde 101r ecc.; caldararo 101v,<br />

Rainaldo 36v, Sinibaldo 9r, Thebaldo 21v; pio(m)bo 101r; questa mano documenta<br />

anche l’assimilazione -KS- > -ss- (graficamente -s-) oltre i limiti <strong>della</strong> <strong>lingua</strong><br />

letteraria: capocosa 101r < CAPUT + COXA.<br />

(γ) -ND- (con)nuto 60v; -MB- pio(m)mare 87r e i(m)pio(m)mare 87v, scomora(r)e<br />

60v < *EXCOMBORARE; -LD- Theballo 45r; i nessi appaiono invece conservati<br />

in co(n)ducto e (con)duct(o) 60r, ma(n)dò 45r bis, monda(r)e 48r e<br />

mu(n)da(r)e 49r, Orlando 52r, Raymu(n)do 79r ecc.; pionbare 87r;<br />

volgare vi furono raffigurati un Pavesato e un Balestriere che sorreggono con la destra lo stemma<br />

coronato del popolo romano recante la <strong>di</strong>visa + SPQR (Capobianchi 1896, 371-2; Natale 1939,<br />

33-4; Ebert-Schifferer 1988, 93 e fig. 3); in questi saggi si accenna anche a una coeva misura pubblica<br />

per la calce, oggi perduta ma ancora nota nel Cinquecento (Capobianchi 1896, 380; Ebert-<br />

Schifferer 1988, 108). Alla misura ufficiale <strong>della</strong> rugitella per la ven<strong>di</strong>ta <strong>della</strong> calce fa riferimento<br />

un bando del 1447: «Item che tutti li calcaresi de <strong>Roma</strong> siano tenuti et debiano vendere la calce ad<br />

mesura de rugitelle usate et sigillate et iuste» (Re 1928, 93). Per la rugitella come misura <strong>di</strong> terreno<br />

v. Ugolini (1932, 437).<br />

64 Documentazione d’area romanesca e me<strong>di</strong>ana <strong>della</strong> parola in M. Trifone (1998, 406).


(ε) -ND- (con)nuto 100r, Fu(n)ni 94v e l’ipercorretto vendero 94v ‘vennero’;<br />

-LD- Siniballo 95r, Tiballo 99v; esempi <strong>di</strong> conservazione dei nessi: (con)ducto<br />

96r, descende 103r, donde 102r, fondo 100v, mo[n]<strong>di</strong>cia 94r, q(ua)ndo 94v; saldare<br />

102r, saldatura 102r; piu(m)bo 95r, impiu(m)bare 95r, -ati 95r.<br />

(η) -ND- qua(n)no 102r; -MB- inpio(m)mare 101r; esempi <strong>di</strong> conservazione dei<br />

nessi: co(m)mandam(en)tto 103v, co(n)dut(to) 101v, rotonde 100r; anche in questa<br />

mano capocosse 75r.<br />

4.27. Affricazione <strong>della</strong> sibilante dopo liquida e nasale<br />

Il fenomeno, come nei testi romaneschi <strong>di</strong> mano notarile recentemente stu<strong>di</strong>ati<br />

(Formentin 2008a, 90-1), è documentato solo in<strong>di</strong>rettamente dalle seguenti forme,<br />

spiegabili come esempi <strong>di</strong> «Hyperkorrektismus» o <strong>di</strong> «etymologisch unrichtige<br />

Schreibung» (Ernst 1970, 83):<br />

(β) terso 37r (però calçolaro 13v);<br />

(ε) pranso 97r (però recalzata 95v)<br />

(ζ) comensàno 96v (accanto a comenzàno 96v).<br />

4.28. PL-, (-)BL-, FL-<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 51<br />

In questi gruppi consonantici si assiste alla semplice palatalizzazione <strong>della</strong> laterale,<br />

con un risultato <strong>di</strong> tipo toscano proprio anche del romanesco antico (Ernst<br />

1970, 80):<br />

(β) PL- pianta(r)e 39r, piobe 37r, pio(m)bo 101r; BL- bianchi 100v, Biancha<br />

5r; FL- Fiagiano 36v < FLAVIANUS;<br />

(γ) PL- piobe 44r 65 , pionbare 87r e pio(m)mare 87r, più 54r; BL- Biasio 49v; FL-<br />

Fiagiano 63v;<br />

(δ) -BL- subioni 92r < SUBULŌNE (REW 8404);<br />

(ε) PL- pianta 95r, pia(n)time 95r; BL- bianchi 100r e, in posizione interna tra<br />

vocali, (Andreozo de) Nibio 106r e subioni 95v; si segnala qui Mon(te)flascone<br />

100r 66 ;<br />

(η) PL- piane 101v, pia(n)tati 94v, piobe 75v, inpio(m)mare 101r e, assai notevole,<br />

piubica 103v (Ugolini 1932, 438; Macciocca 2004, 117) 67 ; BL- Biasio 62v.<br />

4.29. CL- e palatalizzazione <strong>di</strong> [kːj] (o [cː])<br />

(β) conservazione, almeno grafica, del nesso iniziale in clavellare 101v, altrimenti<br />

Chio<strong>di</strong>o 59v e chiovi 101v; in posizione intervocalica (Tore) Vechia 15v e<br />

il notevole piccioni 101r equivalente a (ε) picchioni 99r ‘picconi’ (picchione<br />

65 Si veda la precedente n. 31.<br />

66 Una forma <strong>di</strong> compromesso è Fliorença 2r accanto a fiorini 2r (α).


52 Vittorio Formentin<br />

100v), esempio che pare dunque documentare il fenomeno <strong>della</strong> palatalizzazione<br />

<strong>di</strong> [kːj] (o [cː]) > [tːʃ] (Ernst 1970, 82; P. Trifone 1990, 79; Sattin 2007, 32);<br />

(γ) lo stesso fatto fonetico pare riflesso dalla forma (Civita) Veccia 77v e 79v,<br />

che affianca il più frequente (Civita) Vecchia 75v;<br />

(ε) clavelare 100v.<br />

4.30. L davanti a consonante<br />

Sempre intatta l innanzi a consonante coronale:<br />

(α) altra 3r, valseno 2r;<br />

(β) altri 22r, calce 36r, calçolaro 13v, pulzoly 101r;<br />

(γ) altri 49r, calce 43r, volta 75v e il nome proprio Gualte(r)i 83v;<br />

(ε) alt(r)e 97r, calce 100v, colse 94r e colsono 94v, spelta 94r, recalzata 95v,<br />

recalciarita 95v;<br />

(η) altre 103v, calce 78r, polçuoli 100r.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che «esempi <strong>di</strong> jotizzazione <strong>della</strong> l più cons. nei testi romaneschi<br />

dal Duecento al Quattrocento conservati in trascrizione coeva non si rinvengono»<br />

(Ugolini 1983, 54) 68 .<br />

Anche innanzi ad altro tipo <strong>di</strong> consonante l appare conservata, senza subire<br />

rotacismo: (α) Canselmo 2v; (β) Alberto 4v, Bulgamino 13v, calcarese 104r, Ghalghano<br />

5r, palme 101v, ulmo 101r; (γ) Gulielmo 54v; (δ) Vulgamino 92r; (η) olmo<br />

100r bis; (ε) olmo 100v.<br />

4.31. -GN-<br />

(β) questa mano documenta i vari esiti centro-meri<strong>di</strong>onali del nesso (-n-, -in-,<br />

-nn-): falename 9v, (Iacoviello d(e)) Ainello 19v, (Ia(n)ni dello) Renno 104v; inoltre<br />

(Iacoviello d’) Angniello 18v, Angniellello 19v, ligno 101v, stagno 101v;<br />

(γ) falena(m)e 79r;<br />

(ε) lena 100v, epperò ligno 98v, (Pietro Ia(n)ni) Angnello 100r, Regno 100v,<br />

stagno 102r;<br />

(η) leno 98v, lena 100r.<br />

4.32. J e nessi <strong>di</strong> consonante + J<br />

4.32.1. J-, -J-<br />

(α) Ia(n)ni 3r e, con grafia g(i) (sempre che non si voglia pensare a toscanismi),<br />

genaro 2r; magio 2v;<br />

67 Aggiungi piubicamente due volte in un bando del 22 maggio 1447 (Re 1928, 85).<br />

68 È stato poi osservato che anche le epigrafi in volgare dei secoli XIV e XV «non mostrano<br />

[…] nessun esempio <strong>di</strong> l iotacizzata» (D’Achille 1989, 6 n. 12).


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 53<br />

(β) Iacovo 13v, Iacoviello 4v, Ioh(ann)i 5v, iova<strong>di</strong>e 41v ecc. e, con <strong>di</strong>versa<br />

grafia, gié 100v ‘andò’;<br />

(γ) Iacovo 43r, Iacoviello 43r, Ia(n)ni 43r ecc. e gié 46r 69 ;<br />

(δ) Iacoba 93r, Ia(n)petrachia 92r, Iacoviello 92r;<br />

(ε) Iacovo 100r, Ia(n)ni 94v, Ia(n)petrachia 94r, iunczi 95r, verosimilmente da<br />

JŬNCEUS (REW 4615) ecc., gié e giero 94r;<br />

(ζ) Ia(n)nucio 96v, iu(n)io 96v, iulio 96v; maio 96v.<br />

(η) Iacobo 103r, Iacoviello 45v, Iacovo 103v, Ia(n)ni 38r, Ia(n)niello 82r.<br />

4.32.2. -BJ-, -VJ-<br />

(α) <strong>di</strong>go 108r DĒBEO, che intenderei [ˈ<strong>di</strong>j(ː)o];<br />

(β) rugio e rugia 104r ‘rubbio, rubbia’, per cui v. REW 7408 e Vignuzzi (1984,<br />

52 n. 122);<br />

(ε) rugio 94r, rugiadela 100v;<br />

(η) agio 103v HABEO.<br />

Per -VJ- registro il toponimo Fiagiano 36v (β), 64r (γ); iova<strong>di</strong>e 41v (β) mostrerebbe<br />

forse l’incrocio del tipo JOVIS DIES col tipo settentrionale JOVIA (DIES),<br />

ovvero l’influsso delle forme settentrionali in -a sul tipo JOVIS DIES?<br />

4.32.3. -CJ-<br />

Se si prescinde dai riflessi dei suffissi -ŪCEUS e *-ŎCEUS, in posizione intervocalica<br />

troviamo quasi soltanto l’affricata palatale [tːʃ]:<br />

(β) lo Riciuto 37v alias lo Griciuto 36v (cfr. capelli gricci nei Tractati <strong>di</strong> s.<br />

Francesca <strong>Roma</strong>na: Incarbone Giornetti 2006, 87; e Griccio antroponimo nel Diario<br />

<strong>di</strong> Antonio Lotieri: Mattesini 1985, 145);<br />

(γ) brecia 76v e bricia 75v ‘breccia’ (<strong>di</strong> etimo tuttavia <strong>di</strong>scusso), lo Griciuto<br />

66v;<br />

(ε) ciò hè 95r;<br />

(η) brecia 79r, facie 103r ‘facce’; e inoltre ciò è 94v.<br />

Con l’affricata dentale si presenta invece:<br />

(ε) brazia 94v plur. <strong>di</strong> bratio 94v (unità <strong>di</strong> misura).<br />

I riflessi onomastici del suffisso -ŪCEUS si <strong>di</strong>spongono in una doppia serie,<br />

com’è normale in romanesco antico (Formentin 2008a, 90):<br />

(β) 1. [tːʃ] in Bucio 6r (e Cobucio 18v), (Con)tucio 20r, Matiucio 18v (e Matucio<br />

19v), Nucio 4r, Nucio <strong>Roma</strong>nucio 36r, Petrucio 39r, Tucio 4v, Tonucio 16r<br />

ecc.; 2. [tːs] in Coluza 18r, Luço 9r (e Luzo 90v), Marteluzo 6v, Mathiuzo 101v<br />

ecc.; si <strong>di</strong>rebbe che i due esiti possano convivere anche in riferimento ad un medesimo<br />

in<strong>di</strong>viduo, a giu<strong>di</strong>care dall’alternanza tra Lucio Siniballo 8v e Luço Siniballo<br />

9r, Luzo Siniballo 9v;<br />

(γ) 1. [tːʃ] in Bucio 43r, Ianucio 50r, Iacovucio 45v, Lenucio 49r, Mactiucio<br />

69 Questa mano scrive anche zié 44v, cié 66r.


54 Vittorio Formentin<br />

48r, Mactucio 50r, Nucio <strong>Roma</strong>nucio 43r, Petrucio 43v, Tucio 43r ecc., e nel nome<br />

comune p(re)tucio 44r; 2. [tːs] in Coluza 44v, Lenuzo 53v, Mactuzo 52r, Martheluzo<br />

43r, Paluzo 48r, Micheluzo 102r ecc.;<br />

(δ) [tːʃ] in (Con)tucio 92r, Tucio 92r;<br />

(ε) 1. [tːʃ] in (Con)tucio 94r, Nucio 94v, Tucio 94r; 2. [tːs] in Coluza 94v, Martheluzo<br />

99v, Micheluzo 102r, Paluzo 98v;<br />

(ζ) [tːʃ] in Ia(n)nucio 96v, Nucio 96v.<br />

Per *-ŎCEUS è documentato solo l’esito in affricata dentale:<br />

(β) Comorozo 24r, Matiozo 91r, Stephanoza 4v, Tomarozo 25r 70 ;<br />

(γ) Sca(n)gniozo 43r;<br />

(δ) Stephanoza 92r;<br />

(ε) A(n)dreozo 99v, Paloço 107v, Vanozo 102r;<br />

(ζ) Sca(n)gnozo 96v.<br />

In posizione postconsonantica il risultato è un’affricata dentale in (ε) recalzata<br />

95v, iunczi 95r < JŬNCEUS; <strong>di</strong> contro (β) unce 101v.<br />

4.32.4. -DJ-<br />

(β) esito j (> Ø) nei verbi in -iare < -IDIARE: lingnioliare 21r, cariare 28v; per<br />

‘mezzo, -a’ ricorrono sia mezo 101r, meza 23v che miesa [sic] 23v bis, secondo il<br />

noto tipo romanesco antico e più generalmente me<strong>di</strong>ano (Formentin 2000); non<br />

specifico è aiutare 33r, per cui v. LEI (I 721-3); vadano qui anche iornata 23v ter<br />

e giornata 37v;<br />

(γ) da un lato caria(r)e 44v e pogio 79v (con grafia -gi- verosimilmente per<br />

[j(ː)]), dall’altro mezo 46r;<br />

(ε) andrà qui hugio 94v, se, come credo, è affine all’it. ‘uggia’, tosc. uzza <<br />

*ŪDJA (Castellani 1955, 10) 71 ; epperò meza 94r, mezo 99r.<br />

(η) ca(r)riare 62v, però meçço 71v.<br />

4.32.5. -LJ-<br />

Noto soltanto, in (γ), la serie malioli 45r, malglioli 45r, maioli 46r < MALLEO-<br />

LUS: come andrà intesa quest’ultima forma? pare inverosimile pensare a una<br />

riduzione <strong>di</strong> [ʎː] a [j(ː)] (si veda il saggio <strong>di</strong> Michele Loporcaro al cap. IV); si<br />

dovrà pensare piuttosto a un’incertezza <strong>di</strong> natura grafica, riscontrabile in altro<br />

modo anche nella forma talar(e) 43v accanto a taliar (le p(re)te) 46v ‘tagliare’;<br />

(ε) segnalo, con la ben nota grafia lg(i) per [ʎː], algii 95v ALLIUM.<br />

4.32.6. -RJ-<br />

(α) -ARIUS > -aro: genaro 2r, febraro 2r;<br />

70 TOMAROZO, TOMAROÇO in D’Achille (1987, 72 n. 12, e 91), dove (sempre a p. 72 n.<br />

12) si cita anche un PETRVCIO MARTELVZO.<br />

71 Do il contesto: «Diei in vj brazia de pano q(ua)ndo fo ad hugio lo melangolo de lo Schiavo,<br />

| p(er) s. ij p(er) bratio s(omm)a s. xij».


(β) -ARIUS, -ARIA > -aro, -ara: caldararo 101v, calçolaro 13v, centenaro 101r,<br />

ce(n)tenara 101r, ferraro 89r, (Tucio) Ia(n)porcaro 103r, marmoraro 34v, portararo<br />

37r, 72 somaro 7r, spadaro 6r, tavernaro 24v;<br />

(γ) -ARIUS, -ARIA > -aro, -ara: carbonara 59r, feraro 90r, marmoraro 53v, matarazaro<br />

60r, portararo 43r, somari 43r, tavernaro 43v; è dotto salario 46r col <strong>di</strong>ssimilato<br />

selario 46r, che è la forma normalmente usata da questa mano (selari,<br />

forse per errore, a c. 49v);<br />

(ε) -ARIUS, -ARIA > -aro, -ara: buffularo 99v (bufu- 100r), centenaro 94r, centenara<br />

94r, feraro 95v, marmoraro 99v; per miliare 94v bis, 95r ‘migliaio’, plur.<br />

miliara 95r, v. il § 4.22;<br />

(ζ) il dotto selario 96v;<br />

(η) -ARIUS, -ARIA > -aro, -ara: ce(n)tinaro 100r, ma(r)moraro 82r, po(r)tararo<br />

71v; dotto sala(r)io 71v 73 .<br />

4.32.7. -SJ-<br />

(α) casone 3r;<br />

(ε) casone 93r; casio 97r ‘cacio’, che, se non è grafia latineggiante, pare accennare<br />

a [ʃ] 74 ;<br />

(η) cascione 103v; vada qui recosire 95r, anche se si muoverà da CO(N)SUERE,<br />

con regolare <strong>di</strong>leguo <strong>della</strong> semiconsonante dopo s.<br />

4.32.8. -SSJ-<br />

L’esito è [ʃː]:<br />

(β) e (γ) Roscio 21r, 43r.<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 55<br />

4.32.9. -TJ-<br />

L’esito normale in posizione intervocalica è rappresentato da (β) pallazo 101r,<br />

(δ) maza 92r, (ε) poczolana 100v, (η) poççolana 103v ecc. (a parte il solito <strong>di</strong>vergente<br />

rasone 103r e gli etimologizzanti racione 100v e ratione 102r; latineggiante<br />

anche (ε) mo[n]<strong>di</strong>cia 94r). Dopo consonante abbiamo da una parte (β)<br />

(con)ciare 14v, aco(n)cia(r)e 39r, (η) raco(n)ciatur(e) 90v, dall’altra (γ)<br />

(con)tia(r)e 44r, (ε) contiare 100r, co(n)tiat(ur)a 100v. In corrispondenza <strong>di</strong> -STJsono<br />

gli assai notevoli uschio 96r e hustiu 96r bis <strong>di</strong> (ε), <strong>di</strong> contro all’uscio 102r<br />

<strong>di</strong> (η).<br />

72 In un bando del 23 giugno 1448: «Item che nullo portararo de porte né de ponti […] dega né<br />

possa tenere vasciella ecc.» (Re 1928, 99).<br />

73 Per -(i)eri e -(i)ero v. il § 4.22; il relativo suffisso femminile compare come -(i)era: (β) conigliera<br />

15v, coniglera 33r, peschera 13v, e l’antroponimo Cimera 24r. Presso le altre mani: (γ) pischera<br />

43r; (η) peschiera 19v (che è la forma normale per questa mano) e peschera 28v.<br />

74 Per le attestazioni <strong>di</strong> -SJ- > -ʃ- nei testi romaneschi antichi v. D’Achille (1987, 82), con i rinvii<br />

bibliografici ivi in<strong>di</strong>cati.


56 Vittorio Formentin<br />

4.33. Varia<br />

La mano (β), che scrive regolarmente decina, -e 100v, (Magna-)lucerta 36v,<br />

pece 101v, vernice 100v ecc., presenta anche navescella 101v e portesella 101v<br />

(da intendere anche questa forma con [ʃ(ː)]?), che andranno confrontati con il<br />

po(n)tisseli 94v <strong>di</strong> (ε), che a sua volta scrive con regolarità decina, -e 100r, facitura<br />

102r, manici 95v, noce 97v, prunaci 94v (e anche botecello 99r ter) ecc. 75 :<br />

forse allora per queste forme <strong>di</strong>minutive – ammesso che le <strong>di</strong>verse grafie rappresentino<br />

sempre una sibilante palatale (che sarebbe allora geminata?) – bisognerà<br />

cercare una spiegazione piuttosto morfologica, cioè analogica, che fonetica (influenza<br />

dei tipi ‘arboscello’, ‘ramoscello’ < -USCELLUS?) 76 .<br />

In (γ) abbiamo alcuni esempi <strong>di</strong> sonorizzazione dopo nasale, anche in fonosintassi<br />

(Ernst 1970, 96) 77 : Mengia-bona 53v, 82r, 82v, no(n) ge piobe sop(ra)<br />

72v ‘non ci piovve sopra’. Notevole -MN- > [ɲː] in cologna 87r (γ), 101v (ε) (nella<br />

stessa pagina β scrive collona 101v). Non si manifesta palatalizzazione <strong>di</strong> LL innanzi<br />

a -Ī: (γ) cavali 47v, 75v.<br />

Si segnalano in (ε) gli esempi del passaggio <strong>di</strong> -l- a -r- nell’ultima sillaba dei<br />

proparossitoni (Rohlfs 1966-1969, § 221-a): bufuri 99v, che si contrappone nella<br />

stessa posta a buffularo 99v (e a bufularo 100r) 78 ; tavore 100v (ma tavola 100v,<br />

tavole 102r); forse reattivo a questa tendenza è ficula 97v ‘fichi’ (= ficora).<br />

4.34. Reliquie <strong>della</strong> flessione<br />

MORFOLOGIA<br />

Interessantissime tracce <strong>di</strong> un sistema flessivo (proto)romanzo a due casi si<br />

evidenziano prima <strong>di</strong> tutto nel settore dei nomi propri <strong>di</strong> persona:<br />

(β) Cecho Sayno 20v e Ceccone Sayno 20r; Symon 11v e Symone 11r;<br />

(γ) Biasio de (Com)pagno 51v e Biasio de (Com)pagnone 49v; Pietro de Chio<strong>di</strong>o<br />

60r, 62r ecc. e Petrone de Chio<strong>di</strong>o 59v, 61v ecc.; Càrita da Gobio 79r (così<br />

leggerei in luogo <strong>di</strong> Carità) e Caritate da Gobio 79v.<br />

75 (ε) cusina 103r ‘cucina’ sarà un gallicismo, e la stessa ipoteca varrà per (ζ) sciaschuno, sciascuno<br />

96v; (α) <strong>di</strong>sembre 2r pare i<strong>di</strong>osincrasia grafica a fronte <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 2r e decenbre 2r.<br />

76 Questa supposizione pare accre<strong>di</strong>tata dalla forma del nome (Paulo) Manoscela in una posta<br />

<strong>di</strong> c. 100v scritta da (β), se è corretto vedervi un equivalente del ben attestato Manosella (Cronica1 ,<br />

VII 36, con le varianti riportate in apparato; Cronica2 , 215 n. 71; e proprio un Paulus Manosella<br />

è menzionato tra i Reformatores rei publice <strong>Roma</strong>ne nella riaffida <strong>di</strong> Velletri del 20 marzo 1367:<br />

Falco 1914, 629), dunque questa volta con -sc- in corrispondenza <strong>di</strong> una -s- primaria.<br />

77 Aggiungo un paio <strong>di</strong> esempi da SFrR: i(n) ganna ‘in gola’ (ms. T, c. 157r.6), Fra(n)gesca (ibidem,<br />

c. 174v.14).<br />

78 Riscontri in Vignuzzi (1984, 49) (bufara) e P. Trifone (1988, 252) (bufuri). Ma (β) ha buffalli<br />

101v, con lo stesso vocalismo <strong>di</strong> (Ianni) Bufalaro (Egi<strong>di</strong> 1908b, 203) e del lat. bufalarii nel<br />

Diario del nepesino Antonio Lotieri de Pisano (Mattesini 1985, 123).


Nel settore dei nomi comuni personali, in (γ) ricorre varie volte il tipo compagno<br />

/ compagnone, entro contesti quasi esattamente sovrapponibili e con le due<br />

forme documentate a brevissima <strong>di</strong>stanza l’una dall’altra (a volte entro la stessa<br />

pagina o carta) 79 . Da una parte abbiamo dunque la forma nominativale: Pietro de<br />

Catalog(n)ia ad impire p(er) s. xij, conpagni de Pietro iij p(er) s. x l’uno 60r, Pietro<br />

Catalogia [sic] ad scomora(r)e la pischera p(er) s. xij, conpagni de Pietro iij<br />

p(er) s. x l’uno 60v, Aucello fra(n)cescho, Daniel (com)pagno suo 69v; dall’altra<br />

la forma accusativale: Pietro Catalog(n)ia p(er) s. xij, conpagnoni de Pietro iij ad<br />

fa(r)e le p(re)te p(er) le tane p(er) s. x l’uno 60v, Aucello francescho, Daniel<br />

(com)pagnone suo 70v.<br />

Nella serie antroponimica è <strong>di</strong> grande rilievo il fatto che il nome proprio <strong>di</strong><br />

forma nominativale e accusativale si riferisce alla stessa persona 80 , come negli<br />

esempi lidensi e veneziani segnalati da Salvioni (1906, 214 n. 1) e da Bertoletti<br />

(2006, 179): Pero Floca e Perun Floca negli atti <strong>di</strong> Lio Mazor, Marco e Marcon,<br />

Francesco e Francescon nei Testi veneziani <strong>di</strong> Stussi (1965). Naturalmente le nostre<br />

forme, come quelle settentrionali, sono ormai (e da tempo) sintatticamente defunzionalizzate<br />

(nel registro romano compaiono in elenchi nominali): ma il caso<br />

è comunque <strong>di</strong> grande rilevanza, perché la coesistenza <strong>di</strong> forme nominativali e accusativali<br />

dello stesso nome riferite alla stessa persona da una stessa mano entro<br />

lo stesso documento prova che anche in area italoromanza, in particolari settori<br />

<strong>della</strong> flessione nominale, il processo <strong>di</strong> semplificazione <strong>della</strong> complessità pluricasuale<br />

del latino è passato attraverso una fase strutturalmente (almeno) bicasuale<br />

(Formentin 2002, 300; Bertoletti 2006, 183).<br />

4.35. Plurali in -a<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 57<br />

(β) orna 103r, plur. <strong>di</strong> orno 103r ‘ornamento’; rugia 104r, plur. <strong>di</strong> rugio 104r;<br />

solo plur. ova 101r;<br />

(ε) brazia 94v, plur. <strong>di</strong> bratio 94v (unità <strong>di</strong> misura); solo plur. bolog(n)ina 94v<br />

(moneta), canestra 94r, ciffa 100r e cifa 99v (accanto a ciffi 98v, che è forma<br />

anche <strong>di</strong> (β) 101r), vasa 101r (accanto a vassi 99r); va qui anche ficula 97v ‘fichi’<br />

(= ficora).<br />

Notevole in (α) il numerale doa in fiorini d’oro cento sesanta doa 108r, esempio<br />

in cui la posizione occupata dal numerale nella frase dà piena ragione al-<br />

79 E si vedano in LYstR (20.21) le due forme affrontate nella lezione <strong>di</strong> L e in quella <strong>di</strong> A: altri<br />

conpangi L e altri conpangioni A. Si può per altro sospettare che la vitalità <strong>della</strong> coppia compagno<br />

/ compagnone possa essere stata favorita se non determinata dal prestigio, anche letterario,<br />

del modello galloromanzo.<br />

80 Questo vale anche per la coppia Symon / Symone, pur in mancanza <strong>di</strong> un determinante, dato<br />

che ci assicura dell’identità del personaggio l’identità <strong>della</strong> sequenza nominale: Pesce, Ioço de<br />

Biancha, Symone, Cecho Galgano, Alberto ecc. 11r e Pesce, Ioço de Biancha, Symon, Cecho Galgano,<br />

Alberto ecc. 11v.


58 Vittorio Formentin<br />

l’ipotesi genetica formulata da Ernst (1970, 164): «Ob doa einen lat. Pl. des Neutrums<br />

fortsetzt, erscheint mir fraglich […]. Dort, wo doa auftritt, findet es sich<br />

nirgends in Verbindung mit einem Substantiv, das eine Form des Neutrums erfordern<br />

oder wenigstens erklären könnte [come nel tipo settentrionale doa braza].<br />

[…] Ich […] möchte […] annehmen, daß doa […] <strong>di</strong>e betonte Form ist») 81 .<br />

Da segnalare la presenza <strong>di</strong> plurali in -a <strong>di</strong> singolari femm. in -a, secondo il tipo<br />

messo a fuoco da Sabatini (1966, 189-91) 82 :<br />

(β) le p(re)ta 39v, le foglia 39v;<br />

(γ) le p(re)ta 43r.<br />

4.36. Plurali del tipo li vie e li mura<br />

(γ) de li vie 57r, a li vie 57v (ma anche a le vie 56v, le vie 58r);<br />

(ε) li spese 93r, 97r, 106r, de li… teste 102r.<br />

Basta allargare il contesto degli esempi <strong>di</strong> (ε) per accertarci che non siamo <strong>di</strong><br />

fronte a uno schema <strong>di</strong> accordo alternante (come femminile al singolare, come<br />

maschile al plurale), del tipo, caratteristico del romanesco antico, la votte era venenata<br />

/ li votti erano venenati, che riguarda i sostantivi etimologicamente femminili<br />

<strong>della</strong> III declinazione latina:<br />

Queste sono li spese f(a)c(t)e 93r, 97r, Queste sono li spese de poczolana<br />

f(a)c(t)e 106r, saldat(ur)a de li d(i)c(t)e teste 102r.<br />

Come si vede, gli elementi attributivi e pre<strong>di</strong>cativi riferentisi al sostantivo plurale<br />

(Queste, f(a)c(t)e, d(i)c(t)e) mostrano un accordo al femminile, con una desinenza<br />

-e che è del resto la stessa del nome <strong>di</strong> I classe (spese, teste). Possiamo<br />

<strong>di</strong>re, per altro, che un tale inusitato schema d’accordo (l-a spes-a / l-i spes-e) costituisce<br />

l’in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> una situazione d’incertezza morfologica che poteva più facilmente<br />

insorgere in una varietà caratterizzata, come il romanesco antico, da un<br />

para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> vero e proprio genere alternante del tipo l-a chiav-e / l-i chiav-i, per<br />

<strong>di</strong> più complicato dalla compresenza nel sistema del tipo l-e chiav-e (Ernst 1970,<br />

122-4) 83 . Comunque si voglia giu<strong>di</strong>care delle origini <strong>di</strong> un tal tipo morfologico,<br />

non mancano riscontri provenienti proprio da testi romaneschi antichi: «E volse<br />

81 Di norma, in con<strong>di</strong>zioni proso<strong>di</strong>co-sintattiche <strong>di</strong>verse (<strong>di</strong> protonia sintattica), abbiamo in<br />

tutte le mani l’indeclinabile doi, come <strong>di</strong> regola nel romanesco antico: per gli esempi v. il § 4.45.<br />

Per la forma duoi 52r v. la precedente n. 40.<br />

82 Ancora nell’autografo Fascetto <strong>di</strong> memorie <strong>storiche</strong> <strong>di</strong> Antonio de Vasco: tre messa la settimana<br />

accanto a tre messe la sectimana (Chiesa 1911, 550.81 e 551.58); e le pontica ‘le botteghe’<br />

nel <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Cola Colleine (Sattin 2007, 34).<br />

83 Nel registro vaticano: (β) le vite 32v bis.


destrugere li presenti vactalge & quelle ke deveano venire» (LYstR, 196.15 A),<br />

«De li <strong>di</strong>cti v. annutine [‘delle predette cinque (vacche) annutine’] c’è j. iuvencho<br />

de iij anni» (Caff., II, 603); e ve<strong>di</strong> anche «Agi li fronne delli finochi e tran(n)e lo<br />

suco e mettile nelle orechie» (Ernst 1966, 153), dove pur si muoverà da un sing.<br />

la fronne.<br />

Del resto, che il tipo alternante la chiave / li chiavi abbia esercitato attrazione<br />

sul tipo la spesa / le spese (→ li spesi) è confermato da plurali come li bieti, li femini,<br />

li mascari e dalla coppia la rama / li rami ‘il ramo, i rami’ sicuramente seppur<br />

spora<strong>di</strong>camente documentati in alcuni testi romaneschi del sec. XV e XVI,<br />

come il ricettario <strong>di</strong> Stefano Baro[n]cello, i Tractati <strong>di</strong> s. Francesca <strong>Roma</strong>na, il<br />

<strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Cola Colleine (Ernst 1966, 146; Incarbone Giornetti 2006, 79 e 131; Sattin<br />

2007, 34); nel nostro registro potrebbe appartenere a questo tipo il plurale<br />

ponti, che sembra valere ‘punte’ nella posta seguente: (β) Diei ad Viello ferraro<br />

p(er) aco(n)cime de xij ponti de piccioni [‘picconi’] et gravine [‘picconi con<br />

un’estremità a punta e l’altra ad unghia’] p(er) s. uno p(er) una —————-<br />

S(umm)a s. xij 101r (decisivo il femminile una, nell’espressione <strong>di</strong>stributiva ‘uno<br />

per [ogn]una’, che accenna a un singolare la ponta).<br />

Andrà probabilmente considerato un’altra spia dell’instabilità morfologica <strong>di</strong><br />

un sistema nominale particolarmente complesso il plurale li d(i)c(t)i mura 100r<br />

(ε).<br />

4.37. Genere<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 59<br />

Notevole, in (ε), la seme 95v femminile (Rohlfs 1966-1969, § 385), del resto<br />

accanto a lo seme 96r maschile; nella sezione spettante alla stessa mano sono maschili<br />

i sostantivi in -ime: lo (co)p(er)time 100r ‘materiale <strong>di</strong> copertura’ 84 , lo<br />

pia(n)time 95v, uno serime 102r ‘serratura’; in (β) aco(n)cime 101r ‘accomodatura’<br />

ricorre senza determinante.<br />

4.38. Articolo determinativo e preposizioni articolate<br />

In tutte le mani del registro l’articolo determinativo maschile, singolare e (se<br />

attestato) plurale, è sempre <strong>di</strong> forma forte (lo e li), fatta salva l’eccezione rappresentata<br />

da tuto-l <strong>di</strong>e 37r (β); da rilevare ancora il tipo lo ’nca(n)nato 34r (β), cioè<br />

l’aferesi <strong>della</strong> i- seguita da nasale + consonante dopo l’articolo, che conserva invece<br />

la propria vocale.<br />

(α) preferisce ll nella preposizione articolata composta con de: dello sopra<strong>di</strong>cto<br />

mese 2r, Nicolò delli Alberti 2v, dello mese 2v, <strong>della</strong> vigna 3r ecc.; mentre<br />

in quella composta con da la scempia si alterna alla doppia: da lo suopra<strong>di</strong>cto<br />

84 Appunto lo copertime nelle Miracole de <strong>Roma</strong> (Monaci 1915, 565, cap. 5).


60 Vittorio Formentin<br />

Iuva(n)ni 2r, da lo <strong>di</strong>cto Iacopo 2v, da lo <strong>di</strong>to Iacopo 2v ecc. accanto a dallo suopra<strong>di</strong>cto<br />

Giorgio 2r, dallo <strong>di</strong>to Iuva(n)ni 2v; questa mano presenta anche un esempio<br />

<strong>di</strong> forma debole: del mese d’agosto 2v.<br />

Le preposizioni articolate in (β) hanno quasi sempre ll (Formentin 2008a, 92):<br />

alla conigliera 15v, alla peschera 13v ecc., dello giar<strong>di</strong>no 13v, <strong>della</strong> Matrice 13v,<br />

dello papa 15r, <strong>della</strong> peschera 17r ecc., dalla cusina 103r, dallo d(i)c(t)o Cecho<br />

89r, nello (con)nuto 101r, nella fontana 100r, colli buffalli 101v ecc. (esempi con<br />

la scempia: de la peschera 30r, de li Mastri 30r). Insieme al tipo ‘nello’ ricorre<br />

anche il tipo ‘in lo’: in li cancani 101v, i(n) la portesella 101v. Notevole il pur isolato<br />

femminile plurale al vie 32v, che, se non è un errore, va ad incrementare la<br />

nota casistica d’area me<strong>di</strong>ana: v. Vignuzzi (1994, 355-6) e da ultimo Formentin<br />

(2010, 206 n. 63).<br />

Tipica <strong>di</strong> (γ) è l’alternanza <strong>di</strong> l e ll, con una preferenza per il tipo con la scempia:<br />

a la pischera 43r, a la vigna 51v ecc., co· la careta 52r, de la sciaquata 52v,<br />

de la pischera 52v, de l’aqua 67r, de lo Roscio 52v ecc., ma anche co(n) la careta<br />

45r, con llo (com)pagno 48v, collo (com)pagno 55r, dello Roscio 47v, <strong>della</strong> careta<br />

50r, dello lione 70v, dell’aqua 57r ecc. Tipo ‘innello’: innella vi(n)gna 73r.<br />

La mano (ε) mostra una situazione analoga a quella <strong>di</strong> (γ), preferendo per altro<br />

nella composizione con AD e CUM il tipo etimologizzante ad lo, cu(m) lo: ad lo<br />

Negro 94r, ad lo d(i)c(t)o Cola 94v, ad lo d(i)c(t)o Tucio 98v, ad la vigna 95r, ad<br />

l’arbori 95v ecc. (a la pischera 96r, a lo d(i)c(t)o Tucio 98v, a la vigna 100r);<br />

cu(m) la ciba 94r, cu(m) li asini 98v, cu(m) lo palo 99r, cu(m) li bufuri 99v; de le<br />

rose 94r, de le viole 94r, de lo conte 94v, de la lignola 94v, de lo Schiavo 94v, de<br />

le cesanesse 94v, de li Thosti 94v ecc., e <strong>di</strong> contro dello Schiavo 94v, dello spinazo<br />

95v, dello p(a)pa 95r, (Liello) dello Penete[n]tiero 95v, <strong>della</strong> guascha 96r,<br />

delli vignaroli 97r ecc.; tipo ‘in lo’: in la vigna 96r, in lo p(ra)to 96r, in la colo(n)a<br />

101r, in lo pede 101v ecc.<br />

La mano (ζ) ha con la scempia de lo mese 96v; tipo ad lo: ad l’orto 96v, ad lo<br />

d(i)c(t)o Nucio 96v, ad lo d(i)c(t)o Ianucio 96v; tipo ‘innelo’: i(n)nela vigna 96v.<br />

In (η) le preposizioni articolate ricorrono con ll: alla peschiera 26r, alla vingnia<br />

40r, allo prato 40v ecc.; colli ca(m)pi 103r; dalla fo(n)tan(a) 100v, dalla pesciera<br />

101v; <strong>della</strong> peschiera 19v, delle capocosse <strong>della</strong> fo(n)tan(a) 75r, delli<br />

peperingni 103r, delli Tuosti 100r ecc.; e si noti anche p(er) llo prato 84v, p(er)<br />

lli spini 94v, p(er) lla pret(a) 100r ecc.; tipo ‘innello’: i(n)nella peschiera 100r,<br />

i(n)nella ‹d(i)c(t)a› vingnia 103v.<br />

4.39. Pronome personale<br />

Forme toniche dell’obliquo <strong>di</strong> origine dativale: (α) p(er) mi 3r e 108r.<br />

4.40. Possessivo<br />

Il possessivo <strong>di</strong> 3 a pers. sing., quando accompagna un nome <strong>di</strong> parentela o as-


similabile, è regolarmente posposto al sostantivo (la barra verticale in<strong>di</strong>ca il cambio<br />

<strong>di</strong> riga):<br />

(β) Pietro da Rezio | Laure(n)zo fr(at)e suo 35v, Iacoviello Caffagio | Martelluzo<br />

fr(at)e suo 36r ecc.;<br />

(γ) Iacovielo Cafagio | Martheluzo fr(at)e suo 43r, Pietro de Catalog(n)ia | lo<br />

(com)pagno suo 43v ecc. (però Colecta (et) duoi suoi (com)pa(n)gni 52r).<br />

In (ε) ricorre anche, con un sostantivo d’altro genere, il possessivo anteposto,<br />

in forma sia piena che ridotta, con un’erosione fonetica dovuta probabilmente alla<br />

protonia sintattica: p(er) suo selario 100r e de so selario 100r.<br />

Per il possessivo <strong>di</strong> 3 a pers. plur. abbiamo loro posposto e lor anteposto:<br />

(ε) a la vigna loro 100r, p(er) lor casone 93r, p(er) lor spese 97r;<br />

(ζ) p(er) lo selario loro 96v.<br />

4.41. Pronome relativo<br />

L’unica forma del relativo semplice, anche nella funzione sintattica <strong>di</strong> soggetto,<br />

è che:<br />

(β) Quello che portà l’acqua 7r, <strong>di</strong>ei alli mastri ferrar(i) che sta(n)no allo pallazo<br />

dello p(a)p(a) 101r ecc.;<br />

(γ) Ho(min)i che sta(n)no ad capare le p(re)te 44v, Fuoro grieci 85 xvj che cariàno<br />

le p(re)te 80v ecc.;<br />

(ε) Ho(min)i iij che giero cu(m) la ciba ad colg(er)e li pei de le viole 94r, uno<br />

che gié ad colg(er)e le saiectole 94r, uno h(om)o che portao l’obe<strong>di</strong>enti de casa<br />

de Siniballo ad la vigna dello p(a)pa 95r ecc.<br />

(η) p(er) lli spini che fuoro pia(n)tati 94v, p(er) l’asini che fecero lo ca(r)rio<br />

<strong>della</strong> preta 103v.<br />

4.42. Verbo<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 61<br />

4.42.1. In<strong>di</strong>cativo presente<br />

(α) Coniugazione in a: 3 a pers. sing. resta 108r, su(m)ma 2r. Coniugazione in<br />

e: 1 a pers. sing. <strong>di</strong>go 108r ‘devo’;<br />

(β) Coniugazione in a: 3 a pers. sing. intra 101r. Coniugazione in e: 3 a pers.<br />

sing. mette 13r;<br />

(ε) Coniugazione in i: 3 a pers. sing. ecxe [sic] 102r ‘esce’;<br />

(η) Notevole la 3 a pers. sing. veo 100v ‘viene’, accanto a ve 101r.<br />

4.42.2. In<strong>di</strong>cativo perfetto<br />

(α) Coniugazione in e: 1 a pers. sing. recepiè’ 2r ‘ricevetti’. Forme forti: 3 a pers.<br />

plur. valseno 2r.<br />

85 grieci è correzione <strong>di</strong> (η) su ho(min)i <strong>di</strong> (γ).


62 Vittorio Formentin<br />

(β) Coniugazione in a: 1 a pers. sing. comparai 89r; 3 a pers. sing. ca(r)iao 101v,<br />

pesao 101r, portao 101r, p(re)stao 104r e portà 7r 86 ; 1 a pers. plur. cariamo 101v;<br />

3 a pers. plur. pesaro 89r. Coniugazione in i: 3 a pers. sing. s(er)vio 37v. Forme<br />

forti: 3 a pers. sing. adusse 101v, piobe 37r; 3 a pers. plur. ruppero 90v.<br />

(γ) Coniugazione in a: 1 a pers. sing. conprai 90r; 3 a pers. sing. lavorò 71r,<br />

ma(n)dò 45r bis 87 ; 3 a pers. plur. pesaro 90r e poi cariàno 80v, pagàno 51r, 83r e<br />

pagòno 67r, 72v. Coniugazione in i: 3 a pers. sing. s(er)vì 54r e s(er)vio 55v; 3 a<br />

pers. plur. partiro 54r, s(er)viro 49v. Forme forti: 3 a pers. sing. piobe 44r 88 .<br />

(ε) Coniugazione in a: 1 a pers. sing. co(m)prai 100r; 3 a pers. sing. arechao 94r,<br />

cariao 99v, (com)prao 99v, forao 100v, lavorao 99v, pesao 102r, portao 94v; 1 a<br />

pers. plur. portamo 100r; 3 a pers. plur. a<strong>di</strong>udaro 94r e iudaro 100r, gitarono 100r,<br />

pesaro 95r, pia(n)tàno 97r. Forme forti: 3 a pers. sing. adusse 99r, colse 94r; 3 a<br />

pers. plur. adhuseno 94v ‘misero ad uggia, aduggiarono’, colsono 94v, vendero<br />

94v ‘vennero’.<br />

(ζ) Coniugazione in a: 3 a pers. sing. comenzao 96v; 3 a pers. plur. comenzàno<br />

e comensàno 96v. Coniugazione in i: 3 a pers. plur. s(er)viro 96v.<br />

(η) Coniugazione in i: 3 a pers. plur. serviero 43r (Ernst 1970, 155-6; M. Trifone<br />

1998, 171; Macciocca 2000, 184). Forme forti: 3 a pers. sing. piobe 75v.<br />

4.42.3. Essere<br />

(β) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. sing. è 41v; 3 a pers. plur. so(n)no 4r e in tutte<br />

lettere sonno 20r. In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. sing. fo 101r; 3 a pers. plur. fuoro 15v.<br />

(γ) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. plur. sono 43r. In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. plur.<br />

fuoro 45r.<br />

(ε) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. sing. hè 95r; 3 a pers. plur. sono 97r. In<strong>di</strong>cativo<br />

perfetto: 3 a pers. sing. fo 94v; 3 a pers. plur. fuoro 101r.<br />

(η) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. sing. è 102v; 3 a pers. plur. so(n)no 49v. In<strong>di</strong>cativo<br />

perfetto: 3 a pers. sing. fo 100r; 3 a pers. plur. fuoro 41r.<br />

4.42.4. Avere<br />

(β) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. sing. abe 4r, abbe 13v; 3 a pers. plur. abero 22r.<br />

(γ) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. sing. abe 43r; 3 a pers. plur. abero 44r.<br />

(η) In<strong>di</strong>cativo presente: 1 a pers. sing. agio 103v. In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers.<br />

sing. abe 49r.<br />

86 Nel contesto mi sembra più probabile che si tratti <strong>di</strong> un perfetto che <strong>di</strong> un presente. Per il tipo<br />

portà v. Ernst (1970, 154) e M. Trifone (1998, 166-7 e 170), con la bibliografia complessiva ivi in<strong>di</strong>cata.<br />

87 Si noti la relativa precocità <strong>di</strong> questi esempi <strong>di</strong> desinenza toscaneggiante rispetto alla situazione<br />

descritta in Ernst (1970, 154).


4.42.5. Dare<br />

(β) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 1 a pers. sing. <strong>di</strong>ei 90v;<br />

(γ) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 1 a pers. sing. <strong>di</strong>ei 66r;<br />

(δ) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 1 a pers. sing. <strong>di</strong>ei 92r e <strong>di</strong>e’ 92r;<br />

(ε) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 1 a pers. sing. <strong>di</strong>ei 94r e <strong>di</strong>e’ 102r;<br />

(η) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 1 a pers. sing. <strong>di</strong>ei 100r.<br />

4.42.6. Fare<br />

(η) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. plur. fecero 103v.<br />

4.42.7. Stare<br />

(β) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. sing. stao 103r; 3 a pers. plur. sta(n)no 101r. In<strong>di</strong>cativo<br />

perfetto: 3 a pers. plur. stettero 33r.<br />

(γ) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. plur. sta(n)no 44v. In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers.<br />

plur. steno 72v.<br />

(ε) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. sing. stao 96r e sta 99v, 3 a pers. plur. stagono<br />

102r e stano 102r. In<strong>di</strong>cativo imperfetto: 3 a pers. sing. stava 99v. In<strong>di</strong>cativo perfetto:<br />

3 a pers. plur. steteno 99v.<br />

4.42.8 Andare/gire<br />

(β) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. sing. gié 100v.<br />

(γ) In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers. sing. gié 46r, scritto anche cié 66r e zié 44v.<br />

(ε) In<strong>di</strong>cativo presente: 3 a pers. sing. vao 102r. In<strong>di</strong>cativo perfetto: 3 a pers.<br />

sing. gié 94r; 3 a pers. plur. giero 94r.<br />

4.43. Varia<br />

II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 63<br />

NOTE DI SINTASSI<br />

Riguardo alla sintassi dell’articolo notiamo prima <strong>di</strong> tutto l’osservanza <strong>della</strong><br />

legge Migliorini: (β) la p(re)ta dello marmoro 101v, lo ca(n)none dello pio(m)mo<br />

101v (≠ çeppe de fie(r)ro iiij 89v, gravine de fie(r)ro ij 89v); (ε) la testa de lo<br />

lione de lo m(ar)mo 100r, p(er) la grate de lo fero 102r bis (≠ p(er) doy caneli de<br />

fero 102r, p(er) tavole de piu(m)bo 102r). L’articolo è poi impiegato anche nei<br />

numeri posti in relazione con altri numeri (del tipo «gliene <strong>di</strong>è cento, e non sentì<br />

le <strong>di</strong>ece»): (β) A llingniollare la vigna fuoro homini viij, delli quali li q(u)atro<br />

abero s. xviij l’uno et l’altri quatro abero s. xvj l’uno 22r; (γ) Cola Casamala<br />

sop(ra)sta(n)t(e) abe ho(min)i xiij ad zapare p(er) s. x l’uno; li quatro abero<br />

p(er)ché piobe s. v l’uno, li viiij si partiro più tosto abero bolo(n)gini j p(er) uno<br />

54r. Espressione delle frazioni: (β) fuoro pacati p(er) uno terso <strong>di</strong>e 37r, (γ) fuoro<br />

pagati p(er) j t(er)tio de <strong>di</strong>e 67r ‘per un terzo <strong>della</strong> giornata lavorativa’. L’articolo<br />

può mancare con tutto: (η) p(er) tuct(o) <strong>di</strong>e 83r.


64 Vittorio Formentin<br />

Si noti il valore locativo espresso tramite la preposizione a (meri<strong>di</strong>onalismo<br />

sintattico): (ε) p(er) la grate de lo fero che sta a lo saquatore de la pischera 102r,<br />

p(er) doy caneli de fero li quali stano a la fontana 103r, (η) Cola de Casama[la]<br />

abe alla vingnia ho(min)i iiij 85r ecc. Per quanto riguarda l’uso delle preposizioni<br />

articolate, in una serie <strong>di</strong> più elementi la preposizione e perfino l’articolo<br />

possono essere omessi dopo il primo: (α) p(er) l’opra <strong>della</strong> vigna, lo çiar<strong>di</strong>no,<br />

pischera 3r ‘<strong>della</strong> vigna, del giar<strong>di</strong>no e <strong>della</strong> peschiera’.<br />

Uso del pronome esso in funzione <strong>di</strong> soggetto e obliquo preposizionale con<br />

referenti personali (Vignuzzi 1995, 161): (β) Esso [= Pietro Prete Ia(n)ni] se mette<br />

p(er) lavoratore j 13r; (ε) da esso 99v, da essi 100r; (η) da esso 103v; con valore<br />

aggettivale, nel senso <strong>di</strong> ‘suddetto’: (η) i(n)nella vingnia […] de esso Cola 103v.<br />

Esempi <strong>di</strong> 3 a pers. sing. in funzione <strong>di</strong> 3 a pers. plur. (Ernst 1970, 162-3): (β) <strong>di</strong>ei<br />

ad ho(min)i ij che adusse lo ca(n)none dello pio(m)mo 101v, (ε) quili che le portao<br />

99r.<br />

4.44. Un primo bilancio<br />

Mi pare che si possa affermare che i dati dello spoglio relativi alle varie mani,<br />

e in particolare a quelle a cui si deve la massima parte del volgare trascritto nel<br />

registro (β, γ, ε, η), corrispondono assai coerentemente al sistema grammaticale<br />

del cosiddetto romanesco <strong>di</strong> prima fase, talché, avendo a mente le descrizioni<br />

schematiche per tratti che ne sono state proposte (P. Trifone 1992, 21-3; Vignuzzi<br />

1995, 160-1; M. Trifone 1998, 213-5; P. Trifone 2008, 27-30), si fa prima a in<strong>di</strong>care<br />

quei fenomeni che non rispondono all’appello, come l’epitesi <strong>di</strong> -ne e le 3 e<br />

pers. plur. dell’in<strong>di</strong>cativo presente del tipo <strong>di</strong>co nelle coniugazioni <strong>di</strong>verse dalla<br />

I (del resto assenti al pari <strong>di</strong> quelle del tipo <strong>di</strong>cono) 89 . Se poi dalla generalità degli<br />

schemi scen<strong>di</strong>amo ad una maggiore precisione <strong>di</strong> dettaglio, ci si rivelano subito<br />

altre congruenze significative e anzi rivelatrici perché mostrano una coincidenza<br />

<strong>della</strong> <strong>lingua</strong> del registro con quella dei più importanti testi del romanesco antico<br />

in alcuni particolari che deflettono dall’astratta regolarità dello schema grammaticale:<br />

in altre parole, quel che allo stato <strong>della</strong> documentazione <strong>di</strong>sponibile fino a<br />

ieri appariva un’i<strong>di</strong>osincrasia impre<strong>di</strong>cibile si <strong>di</strong>mostra essere, nella sequenza<br />

delle testimonianze ora felicemente integrata dal registro vaticano, il segno <strong>di</strong><br />

un’intima solidarietà locale.<br />

88 Per altri esempi <strong>della</strong> medesima forma aggiunti dalla mano (γ) nella sezione spettante a (β)<br />

v. la precedente n. 31.<br />

89 Per altro deducibile dall’attestato stagono ‘stanno’ <strong>di</strong> (ε). Cosa <strong>di</strong>versa, naturalmente, sono<br />

le forme sonno, sono, stanno, che convivono nel sistema del romanesco antico accanto a quelle<br />

d’origine analogica soco e staco (Ernst 1970, 142 e 160). Sia viceversa rilevata nella morfologia<br />

verbale la presenza <strong>di</strong> forme assai caratteristiche come stao ‘sta’ (β) e (ε), vao ‘va’ (ε), veo ‘viene’<br />

(η).


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 65<br />

Non è solo il caso <strong>della</strong> ben nota asimmetria fra la serie anteriore e quella posteriore<br />

nelle attestazioni del <strong>di</strong>ttongamento metafonetico (§§ 4.3-4.10), particolarmente<br />

in sillaba impe<strong>di</strong>ta 90 ; penso invece a coincidenze sorprendenti e<br />

impreve<strong>di</strong>bili in minime ‘eccezioni’ lessicali alla regola generale del <strong>di</strong>ttongamento<br />

per metafonia. Gli antichi testi romaneschi mostrano una singolare renitenza<br />

alla <strong>di</strong>ttongazione metafonetica nel continuatore del numerale or<strong>di</strong>nale<br />

TĔRTIUS: abbiamo solo terzo nella Cronica (Corpus TLIO: 11 occ.), solo terso,<br />

tersi e tertio nei Tractati <strong>di</strong> s. Francesca <strong>Roma</strong>na (Incarbone Giornetti 2006, 161),<br />

solo terzo nelle scritte <strong>di</strong> Paolo Carbone (P. Trifone 1990, 75) e così pure solo<br />

terso, terzo, terzi nel registro dell’ASV (§ 4.7). Parimenti, il nome Stefanello non<br />

<strong>di</strong>ttonga né nel registro né nella Cronica (6 occ.) né nelle formule volgari dei lo<strong>di</strong><br />

trecenteschi (Formentin 2008a, 85), opponendosi alla legione dei vari Ceccoliello,<br />

Iacoviello, Miciniello, Tiraliello e via <strong>di</strong>cendo 91 .<br />

Ancora: nessuno può dubitare del carattere specificamente romano <strong>della</strong> massima<br />

parte degli antroponimi documentati nel registro; ma tale onomastica, si <strong>di</strong>rà,<br />

è qualcosa <strong>di</strong> dato, che attesta semplicemente l’origine capitolina <strong>della</strong> massima<br />

parte delle maestranze utilizzate nei lavori <strong>di</strong> riassetto del viridario pontificio, e<br />

non vale quin<strong>di</strong> a confermare l’origine romana degli scriventi, che è ciò che ci interessa.<br />

Questa riserva può però applicarsi anche alla tipicissima equivalenza locale<br />

<strong>di</strong> nome e ipocoristico, che ritroviamo tal quale nei quaterni abreviaturarum<br />

dei notai capitolini del Trecento e nella Cronica 92 ? Perché Bucio de Cenciolo 6r<br />

compare nel registro anche come Bucio de Cencio 6v e Iacovo Cecagata 13v<br />

come Iacoviello Cecagatta 14r e Laure(n)zo d’Allixio 18v come Renzo d’Allixio<br />

32v. E la si può applicare anche all’equivalenza, non meno caratteristica, <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

ipocoristici dello stesso nome base impiegati per in<strong>di</strong>care la stessa persona? Qualche<br />

esempio: (β) Iacoviello Spina 15v alias Viello Spina 13r; Ceccho d(e) Stephanoza<br />

4v alias Ceccoliello d(e) Stephan(o)ça 4v e Cecholo de Stephanoza 7v;<br />

Bucio de Cenciolo 6r (che già conosciamo) alias Buciolo de Cenciolo 10v; Savo<br />

de Nucio 25r alias Savo de Nuciolo 26r; e parimenti (γ) Nuciolo d(i)c(t)o Zito 59v<br />

e Nucio d(i)c(t)o Zito 60r; Ia(n)ni d(i)c(t)o Masia 63v e Ianucio d(i)c(t)o Masia<br />

64r; Tucio dello Zito 66v e Tuciolo dello Zito 67r ecc. Si obietterà che anche in<br />

questo caso l’alternanza poteva già essere nelle cedole da cui i vari amanuensi<br />

90 «Der Diphthong scheint bei Ŏ <strong>di</strong>e ganze Zeit hindurch nicht so stark ausgeprägt gewesen zu<br />

sein und ist anscheinend auch wieder früh aus dem röm. Dialekt verschwunden» (Ernst 1970, 47).<br />

Per risultati analoghi a quelli offerti dal nostro registro v. Macciocca (1982, 63-4; 2000, 193) e M.<br />

Trifone (1998, 79-80).<br />

91 Lo stesso <strong>di</strong>scorso andrà ripetuto per Baroncello, -celli, sempre senza ie, nel nostro registro<br />

come in OspSalv e nel ricettario <strong>di</strong> Stefano Baroncello (dove pur è scritto sempre Barocello: Miani<br />

1984, 247): alla luce del Monticielli schedato al § 4.3, per cui v. anche Ugolini (1932, 429), non si<br />

tratterà soltanto <strong>di</strong> un fatto grafico.<br />

92 Per l’equivalenza Nicola/Cola nella Cronica v. l’In<strong>di</strong>ce dei nomi in Cronica 1 .


66 Vittorio Formentin<br />

copiavano: sarà però lecito controdedurne almeno la localizzazione romana dell’estensore<br />

(o degli estensori) <strong>di</strong> quelle cedole, ed è una conclusione che, in vista<br />

<strong>della</strong> questione che si <strong>di</strong>scuterà nel prossimo paragrafo, sarà opportuno tenere ben<br />

ferma.<br />

Vi è infatti un tratto <strong>della</strong> <strong>lingua</strong> del registro che parrebbe contrad<strong>di</strong>re l’ipotesi<br />

<strong>di</strong> una localizzazione romana degli scriventi: l’innalzamento metafonetico delle<br />

vocali me<strong>di</strong>oalte, la cui pertinenza alla grammatica del romanesco antico, pur affermata<br />

in passato da stu<strong>di</strong>osi autorevoli come Clemente Merlo e Francesco A.<br />

Ugolini, oggi, dopo la fondamentale monografia <strong>di</strong> Ernst, è perlopiù negata dalla<br />

comunità scientifica 93 . La ragione principale <strong>di</strong> una tale opinione è da ricercarsi<br />

nell’esiguità e nell’ambivalenza delle pretese attestazioni del fenomeno, ricavate<br />

da testi magari anche me<strong>di</strong>evali ma pervenutici in tra<strong>di</strong>zione tarda non sempre<br />

linguisticamente affidabile e spesso per <strong>di</strong> più sospettabili <strong>di</strong> mostrare un vocalismo<br />

piuttosto latineggiante che metafonetico (connutto 94 , iuveni, munno, pilo,<br />

simplici, vitro ecc.) o da testi <strong>di</strong>alettologicamente ipercaratterizzati come avviene<br />

(o può avvenire) nella più tarda produzione <strong>di</strong>alettale riflessa, dal Burchiello al<br />

Castelletti: tutte caratteristiche che non si possono certo attribuire alla documentazione<br />

offerta dal registro del Cenci.<br />

4.45. Innalzamento metafonetico delle vocali me<strong>di</strong>oalte<br />

Occorre <strong>di</strong>re subito che il fenomeno è indotto soltanto da -Ī ed è limitato elettivamente<br />

a pronomi, nomi e aggettivi i cui referenti occupano una posizione gerarchica<br />

elevata nella scala <strong>di</strong> animatezza, definitezza e in<strong>di</strong>viduazione:<br />

a) Pronomi <strong>di</strong>mostrativi [+personale]<br />

(ε) quili che colsono le saiectole 94v (altri esempi <strong>di</strong> quili: 97r, 99r).<br />

b) Nomina agentis in -tore<br />

(β) So(n)no li lavoraturi xxxxvij 4r quinquies (altri esempi <strong>di</strong> lavoraturi: 4v<br />

quinquies, 5r ter ecc.); Quello che portà l’acqua alli muraturi cum uno somaro 10r<br />

(altri esempi <strong>di</strong> muraturi: 10v, 11r, 11v ecc.); Mastri seccaturi ij 19r bis;<br />

(γ) Tuti li lavoraturi 80r; Mast(ri) m(ur)aturi ij ovvero iiij 50r bis e in tutte<br />

lettere Mastri muraturi xj 69r (altri esempi <strong>di</strong> m(ur)aturi e muraturi: 63r, 63v, 64r<br />

ecc.) 95 .<br />

93 Si veda Merlo (1929, 47; 1931, 78-9), Ugolini (1932, 429; 1982, 42-3 ecc.; 1983, 5), Ernst<br />

(1970, 53-8), Serianni (1984, 274), D’Achille (1987, 84), Macciocca (2000, 203 e 214) e da ultimo<br />

P. Trifone (2008, 28).<br />

94 Esempi <strong>di</strong> (con)nutto e co(n)ducto ‘condotto’ sono anche nel nostro registro (v. il § 4.26).<br />

95 Appena occorre <strong>di</strong>re che i rispettivi singolari escono regolarmente in -tore: (β) lavoratore 13r,


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 67<br />

c) Aggettivi etnici<br />

(γ) Daniel, Aucello francischi ad lavora(r)e li marmori 75r e Daniel, Aucello<br />

francischi marmorari 75v.<br />

Per comprendere bene il fenomeno a cui ci troviamo <strong>di</strong> fronte dovremo tener<br />

presenti alcuni fatti concomitanti:<br />

1) l’innalzamento metafonetico, come si <strong>di</strong>ceva, è indotto soltanto da -Ī, mentre<br />

-Ŭ non ha efficacia metafonizzante, come <strong>di</strong>mostrano prima <strong>di</strong> tutto le seguenti<br />

forme complementari <strong>di</strong> singolare in -o < -Ŭ impiegate dalle stesse mani che attestano<br />

il rispettivo plurale metafonizzato in -i: (ε) quelo che colse le saiectole 94r,<br />

quelo che l’arechao 94r; (γ) Aucello fra(n)cesco ad m(ur)a(r)e 69r, Aucello<br />

fra(n)cesco 75v, Aucello fra(n)cescho 75v, 76r. E poi la testimonianza concorde<br />

dell’onomastica registrata dai vari scriventi: (β) (Ang(i)lo de Cola) Caroso 18r,<br />

Ceccho (d(e) Stephanoza) 4v 96 , Domenico 103r, Francesco 36v, (Bucio) Meritoso<br />

36r, Negro (delli Mastri) 17r, (Iacovo dello) Roscio 21r, (Nucio de Matheo)<br />

Rosso 20r, (Cola) Tignoso 37r e (Coluza) Ia(n)tignoso 36v ecc.; (γ) Domenico<br />

60v, (Antonio de) Fra(n)cesco 44v, (Bucio) Meritoso 44v, (Iacovo de) Roscio 43r,<br />

(Bucio d(i)c(t)o) Sordo 80r, Coluza Ti(n)gnoso 48r e Coluza Ia(n)tignoso 54r ecc.;<br />

(ε) ad lo Negro 94r, A(n)dreozo Capo-negro 99v; (η) (Michele de) Cecho 47v. Si<br />

aggiungano i seguenti esempi pronominali che paiono altrettanto <strong>di</strong>mostrativi:<br />

(β) Quello che portà l’acqua 7r, Esso [= Pietro Prete Ia(n)ni] se mette p(er) lavoratore<br />

j 13r; (γ) Ite(m) quello co(n) la careta 45r; (ε) p(er) la p(re)ta de [sic]<br />

m(ur)are che (com)prao da esso 99v. Alla luce <strong>di</strong> questi dati, casi come (ε)<br />

piu(m)bo 95r e ligno 98v andranno considerati latinismi (il primo è conservativo<br />

anche per -mb- e ha accanto i rizoatoni impiu(m)bare 95r e impiu(m)bati 95r; il<br />

secondo è latineggiante anche per -gn-: cfr. il § 4.31) 97 .<br />

2) Non tutte le classi morfolessicali che rispettano le con<strong>di</strong>zioni suin<strong>di</strong>cate <strong>di</strong><br />

animatezza, definitezza e in<strong>di</strong>viduazione mostrano la metafonesi da -Ī. Se in (ε)<br />

il pronome <strong>di</strong>mostrativo [+personale] quili ha la tonica metafonizzata, non così avviene,<br />

sempre in (ε), per il pronome personale essi: Diei ad Pietro Ia(n)ni Angnello<br />

(et) ad Iacovo d(i)c(t)o lo Gino p(er) la p(re)ta la q(ua)le co(m)prai da<br />

essi che stava a la vigna loro adpreso ad S(an)c(t)o Brancazio de fora ll. lxj s. ij<br />

100r.<br />

3) Le mani (β), (γ) ed (ε), per le medesime forme e parole per le quali docu-<br />

muratore 34v; (γ) m(ur)atore 77v ecc. Si rilevi qui la congruenza dei casi <strong>di</strong> metafonesi del registro<br />

con il soccessuri [+personale] dello statuto <strong>della</strong> Fraternita <strong>di</strong> S. Maria delle Grazie, dove troviamo<br />

anche instruminti e tenuri [–personale] (Pelaez 1946, poste 12, 15 e 22); il primo e l’ultimo<br />

esempio anche in Ernst (1970, 54); altri esempi <strong>di</strong> -uri sono citati in Macciocca (2000, 209-10).<br />

96 Però (Nucio de) Ciccho 10r, alias (Nucio de) Cecho 6v, che è la forma normale.<br />

97 Sarà un altro latinismo ulmo 101r (β), a fronte <strong>di</strong> olmo 100r bis (η) e 100v (ε).


68 Vittorio Formentin<br />

mentano la metafonesi, presentano isolati controesempi: (β) So(n)no li lavoratori<br />

vj c xxxx 8r; (γ) Mast(ri) muratori iij 43v 98 ; (ε) quelli che a<strong>di</strong>udaro 94r. Versa vice,<br />

la mano (β) presenta un’occorrenza <strong>di</strong> plurale metafonetico che riguarda sì un sostantivo<br />

in -tore, ma con referente inanimato, seppure ad alta ‘agentività’ semantica<br />

(ste(r)raturi de fie(r)ro ij 89v) e un esempio d’innalzamento in con<strong>di</strong>zioni<br />

non metafonetiche (Iacoviello Caffagio murature alla sede dello Nostro Signo(r)e<br />

36r) 99 .<br />

4) I nomi plurali in -i caratterizzati dal tratto [–personale] non mostrano <strong>di</strong> regola<br />

metafonesi, e ciò vale anche per i suffissati in -tore: (γ) p(er) li saquatori<br />

52r, (ε) de li saq(ua)tori 99v 100 , con ó come il sing. (ε) saquatore 102r, saq(ua)tore<br />

102r ‘canale <strong>di</strong> deflusso’. Parimenti, sempre e solo -oni nei plurali dei suffissati<br />

in -one o assimilabili: (β) melloni 39r, subbioni 89r, sobbioni 89v, çapponi 89r,<br />

piccioni 101r, tiviglioni 101r; (δ) subioni 92r; (ε) lioni 102r, subioni 95v, picchioni<br />

99r. Anche il numerale ‘due’, infine, non mostra mai innalzamento metafonetico,<br />

qualunque sia la natura del sostantivo maschile a cui si riferisce: (β) doi figli 17r,<br />

doi altri lavoraturi 38v, doi (com)pagni 38v; (γ) doy t(er)zi de la iornata 27r, doi<br />

t(er)zi de <strong>di</strong>e 72v, doy cavali 75v; (ε) doy fassi 94r, doy centri 95r, doy canoli<br />

d’ubi<strong>di</strong>enti 100v, doy caneli de fero 102r; (η) doi te(r)çi 72v 101 .<br />

5) Al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> casistica illustrata, è a mio giu<strong>di</strong>zio probabile che si abbiano<br />

esempi <strong>di</strong> metafonesi nei plurali feriti 95r ‘ferretti’ e iunczi 95r ‘giunchi’ <strong>di</strong><br />

(ε), che, se la grafia cz rappresenta (come sembra) un’affricata dentale, ricondurrei<br />

a JŬNCEUS (REW 4615) 102 .<br />

6) Un altro caso in cui la metafonesi interessa un sostantivo plurale con referente<br />

[–personale], anzi [–animato], mostra un’evidente determinazione morfolessicale,<br />

cioè la salvaguar<strong>di</strong>a dell’alternanza <strong>di</strong> genere in una coppia omora<strong>di</strong>cale:<br />

(ε) <strong>di</strong>ei in xxx circhî p(er) barellete p(er) portare l’aqua ad l’arbori 95v, <strong>di</strong>ei in<br />

xxj circhî p(er) le tine p(er) l’aqua 100v ≠ <strong>di</strong>ei in ij libr. de brochete p(er) clavelare<br />

le cierchie de le tinoze 100v. Cfr. nel <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> Colonnella (Valle del Tronto):<br />

[ˈɲilːə] ‘agnello, -i’ ≠ [ˈɲɛlːə] ‘agnella, -e’, però [fraˈtɛlːə] ‘fratello’ ≠ [fraˈtilːə] ‘fratelli’<br />

(Barbato 2008, 284) 103 .<br />

98 Prescin<strong>di</strong>amo da lavoratori j 88r, per la possibilità che la forma del sostantivo sia stata determinata,<br />

nella mente dello scrivente, da un’esitazione mentale tra il plurale come esponente generico<br />

<strong>di</strong> un lemma in una lista (del tipo bicchieri x, con x > 1) e il concreto referente singolare,<br />

cioè tra, poniamo, un *lavoraturi iij e un lavoratore j.<br />

99 Potrebbe aver influenzato lo scrivente il fatto che in quest’occasione Iacoviello non è solo<br />

ma lavora cum (com)pagno j, com’è annotato nella riga sottostante?<br />

100 Anche in (η) saq(ua)tori 99v.<br />

101 Per le forme doa e duoi v. il § 4.35.<br />

102 Contesto: <strong>di</strong>ei in iunczi s. iiij, dunque quattro sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> iunczi che servirono p(er) recosire le<br />

spo(r)t(e), come specifica un’aggiunta puntuale <strong>di</strong> (η). Nell’ipotesi (a mio giu<strong>di</strong>zio improbabile)<br />

che la grafia cz stia per un’affricata palatale si potrebbe ricondurre iunczi al tipo ‘giunco, -ci’,<br />

donde si è qua e là ricavato il tipo ‘giuncio’ sing. (Salvioni 1912, 542); nulla cambierebbe in or<strong>di</strong>ne<br />

alla questione <strong>della</strong> metafonesi.<br />

103 Nel caso <strong>di</strong> toponimi con vocale tonica metafonizzata da -Ī(S) come (β) (Noffrio de) Fun<strong>di</strong>


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 69<br />

Un meccanismo tale, per cui l’armonizzazione risulta tendenzialmente fissata<br />

negli elementi più alti nella scala <strong>di</strong> animatezza, in<strong>di</strong>viduazione e definitezza,<br />

come i pronomi e i nomi personali (i nomi propri sono esclusi perché ovviamente<br />

non pluralizzabili), mi sembra analizzabile piuttosto come un fenomeno regressivo<br />

che ingre<strong>di</strong>ente: a partire da una fase predocumentaria in cui la metafonesi<br />

da -Ī era generale, essa si sarebbe progressivamente ritirata, conservandosi solo nei<br />

casi <strong>di</strong> nomi con referente personale, negli elementi maschili <strong>di</strong> coppie con alternanza<br />

<strong>di</strong> genere e in pochi altri fossili appartenenti allo strato lessicale più arcaico,<br />

come quello spettante alla sfera del lavoro manuale e dei suoi attrezzi (feriti,<br />

iunczi). Si potrebbe dunque ricostruire la seguente trafila <strong>di</strong>acronica ideale: a)<br />

metafonia delle me<strong>di</strong>oalte generale da -Ī > b) metafonia delle me<strong>di</strong>oalte ristretta<br />

ai nomi con referente personale e con alternanza <strong>di</strong> genere > c) metafonia delle<br />

me<strong>di</strong>oalte eliminata (sta<strong>di</strong>o riconoscibile nell’antico romanesco ‘classico’, rappresentato<br />

dalla veste linguistica in cui ci è pervenuta la Cronica).<br />

A conclusione <strong>di</strong> questo fin troppo lungo saggio propongo un paio <strong>di</strong> riflessioni.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto si deve richiamare l’attenzione sul dato dell’omogeneità con<br />

cui si presenta il fenomeno grammaticale nelle mani (β), (γ) ed (ε) del registro: a<br />

meno che non si opti per l’ipotesi (a prima vista assai poco economica) <strong>di</strong> una<br />

fonte comune – cioè <strong>di</strong> un unico estensore delle cedole dalla cui copiatura è stato<br />

ricavato il registro – 104 , la pluralità e la congruenza delle testimonianze rendono<br />

inverosimile se non proprio impossibile pensare a una precisa venatura provinciale,<br />

estranea alla variabilità linguistica interna <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>; bisognerebbe pensare<br />

a tre <strong>di</strong>versi scriventi tutti originari <strong>di</strong> un paese x <strong>della</strong> provincia romana, messi<br />

contemporaneamente all’opera nell’allestimento <strong>di</strong> un registro sicuramente confezionato<br />

a <strong>Roma</strong>. E poi: un unicum tipologico come quello descritto, senza termini<br />

<strong>di</strong> paragone – per quel che so – nell’area me<strong>di</strong>ana e centro-meri<strong>di</strong>onale antica<br />

e moderna, dove potrebbe avere una plausibilità maggiore che a <strong>Roma</strong>? Certo<br />

esso si lascia leggere benissimo come un capitolo, finora solo immaginabile, <strong>della</strong><br />

storia <strong>della</strong> <strong>lingua</strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> e solo <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, talché potremmo proporre la formula<br />

(scherzosa, ma non troppo) <strong>di</strong> «Ur-romanesco» o «ex-romanesco», salvo precisare<br />

che l’ipotizzata persistenza <strong>di</strong> una tale vena <strong>di</strong> vocalismo arcaizzante entro il variegato<br />

repertorio linguistico <strong>della</strong> <strong>Roma</strong> trecentesca – dove gli sta<strong>di</strong> b) e c), già<br />

<strong>di</strong>sposti in un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>acronico ideale, si potevano intersecare in uno stato sincronico<br />

internamente articolato e complesso – contribuirebbe a connotare ancor<br />

meglio una stratificazione sociolinguistica che si è supposta (Vignuzzi 1994, 360)<br />

<strong>di</strong> natura non soltanto <strong>di</strong>astratica e <strong>di</strong>afasica ma anche <strong>di</strong>atopica, con screziature<br />

riconducibili a <strong>di</strong>verse varietà rionali.<br />

26r, (γ) (Ioh(ann)i da) Spoliti 45v, (ε) (lo conte de) Fu(n)ni 94v si tratterà <strong>di</strong> assunzione <strong>di</strong>retta <strong>della</strong><br />

forma locale.<br />

104 Ma si ricor<strong>di</strong> la conclusione minimalista («almeno») cui eravamo pervenuti alla fine del §<br />

4.44.


70 Vittorio Formentin<br />

APPENDICE<br />

Stando alle <strong>di</strong>ligenti ricerche del Fraschetti il più antico documento in cui compare<br />

il nome <strong>di</strong> Giovanni Cenci è una promissio pacis stipulata appunto da Giovanni,<br />

cancellarius Urbis, a nome anche del fratello Pietro, a favore <strong>di</strong> dominus<br />

Iacobus et dominus Paulus canonici ecclesie Sancte Marie in Transtiberim, filii<br />

condam domini Petri de Magistris Luce, de regione Sancti Angeli, innanzi ai notai<br />

Antonio <strong>di</strong> Lorenzo Scambi e Giacomo Mastri il 14 settembre 1367 (Biblioteca<br />

Apostolica Vaticana, S. Angelo in Pescheria, I/3, cc. 105v-107r) 105 . Precedente<br />

<strong>di</strong> qualche mese è però un altro atto del medesimo protocollo (c. 76rv), nel quale<br />

Giovanni Cenci, che già si fregia del titolo <strong>di</strong> cancellarius Urbis, è in<strong>di</strong>cato tra i<br />

testimoni <strong>della</strong> subarratio che sancisce il matrimonio <strong>di</strong> Alexius condam magistri<br />

Pauli de Vallatis de regione Sancti Angeli con domina Maria filia condam Iacobi<br />

Bellihominis de regione Transtiberim. Ecco il testo dell’imbreviatura (i numeri in<br />

apice in<strong>di</strong>cano la rigatura del manoscritto):<br />

In<strong>di</strong>ctione V a , mense iunii, <strong>di</strong>e XV.<br />

2 In presentia mei notarii etc. Hec est subarratio et hoc est 3 matrimonium inceptum<br />

et confirmatum per verba de presenti 4 per Alexium condam magistri Pauli de<br />

Vallatis de regione 5 Sancti Angeli ex una parte et dominam Mariam filiam condam<br />

6 Iacobi Bellihominis de regione Transtiberim uxorem eius ex altera 7 et facta et stipulata<br />

per me notarium in presentia infrascriptorum testium 8 sub hac forma et sub<br />

hiis verbis, videlicet primo interrogatus 9 <strong>di</strong>ctus Alexius per me notarium si volebat<br />

et vult 10 <strong>di</strong>ctam dominam Mariam ibidem presentem et au<strong>di</strong>entem in eius legitimam<br />

11 uxorem, qui Alexius respon<strong>di</strong>t et <strong>di</strong>xit quod volebat et vult; 12 et e<br />

converso secundo interrogata <strong>di</strong>cta domina Maria per me notarium 13 si volebat et<br />

vult <strong>di</strong>ctum Alexium ibidem presentem et 14 au<strong>di</strong>entem in eius legitimum maritum,<br />

que domina tunc respon<strong>di</strong>t et 15 <strong>di</strong>xit quod volebat et vult ipsum pro eius marito;<br />

et hoc 16 <strong>di</strong>cto <strong>di</strong>ctus Alexius cum quodam anulo aureo cum quodam 17 lapide<br />

pretioso in <strong>di</strong>gito manus destre ipsius domine 18 anullaris eam subarravit in signum<br />

veri matrimonii.<br />

105 Fraschetti (1935, 193 n.); l’atto è pubblicato alle pp. 266-8 (doc. 2). Si è già detto che in Supino<br />

Martini (1979, 515), questo stesso istrumento è in<strong>di</strong>cato con la data erronea del 12 agosto<br />

(verosimilmente per uno scambio con la data del doc. 3 del Fraschetti, che è sì del 12 agosto, ma<br />

del 1376). I due canonici <strong>di</strong> S. Maria in Trastevere che costituiscono la controparte <strong>di</strong> Giovanni e<br />

Pietro Cenci sono in<strong>di</strong>cati dal Fraschetti come filii condam domini Petri de Magistris (donde Supino<br />

Martini 1979, 515): sulla base <strong>della</strong> ricognizione <strong>di</strong>retta del documento il nome familiare va<br />

però rettificato, come qui si è scritto, in de Magistris Luce, la nota famiglia romana «<strong>di</strong> antica tra<strong>di</strong>zione<br />

‘giuri<strong>di</strong>ca’» (Lori Sanfilippo 2001, 464 n. 29), volgarmente detta (de) Mastro Luca (Egi<strong>di</strong><br />

1908b, 178, 180 ecc.). Nello stesso protocollo dello Scambi si trova anche la promissio pacis stipulata<br />

dai due canonici, con normale reciprocità, a favore <strong>di</strong> Giovanni e Pietro Cenci (cc. 107r-<br />

109r).


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 71<br />

19 Actum Rome in regione Transtiberim presentibus hiis testibus videlicet Iohanne<br />

de 20 Cinthiis cancellario Urbis, domino Mactheo de Baccariis [76v] legum doctore,<br />

Ceccho de Vallatis, domino Paulo 2 de Vallatis, Nicolao Tordonerii, Tucio Tordonerii,<br />

3 Iohanne de Bulgaminis notario, omnibus de regione Sancti Angeli, et 4 Dominico<br />

Petri Leonis de regione Ripe ad hoc vocatis etc.<br />

[76r] 18. anullaris: così. [76v] 2. Nicolao: con -o corr. su -us.<br />

[76r] 4. Alexium condam magistri Pauli de Vallatis: proprio ad Alessio e a Paolo<br />

Vallati si accenna in Lori Sanfilippo (2001, 395 n. 16) (per altri rappresentanti<br />

<strong>della</strong> famiglia, tra cui un Cecco, v. ad in<strong>di</strong>cem, p. 571). 17-18. in <strong>di</strong>gito manus destre<br />

ipsius domine anullaris: inten<strong>di</strong> in <strong>di</strong>gito anulari manus destre ipsius domine.<br />

19. Iohanne de Cinthiis cancellario Urbis… de regione Sancti Angeli: Giovanni<br />

compare qui come appartenente al rione S. Angelo (contiguo al rione Arenula),<br />

probabilmente perché in S. Angelo il cancelliere possedeva beni immobili e conduceva<br />

una parte importante dei suoi affari; nell’atto del 14 settembre, già citato,<br />

Giovanni è invece detto, come <strong>di</strong> norma, de regione Arenule (Fraschetti 1935, 266).<br />

La stessa ambivalenza rionale, per il Cenci, è attestata nel protocollo del notaio Lorenzo<br />

Staglia (a. 1372), doc. 61 (S. Angelo) e doc. 126 (Arenula): Lori Sanfilippo<br />

(1986, 70 e 140). [76r.20-76v.3] Troviamo qui riuniti alcuni personaggi eminenti<br />

del rione S. Angelo, alcuni dei quali furono membri (come Giovanni Cenci) <strong>della</strong><br />

prestigiosa Società del Salvatore ad Sancta Sanctorum: così il facoltoso giurista<br />

Matteo de Baccariis 106 e i due Tordoneri, Nicola e Tuccio (Egi<strong>di</strong> 1908a, 322, 325<br />

e 334), quest’ultimo spesso menzionato nel registro camerale come «soprastante»;<br />

quanto al notaio Iohannes de Bulgaminis si tratterà <strong>di</strong> «Giovanni <strong>di</strong> Giacomo <strong>di</strong><br />

Giordano imperiali auctoritate notarius, attivo tra il 1360 e il 1379» (Lori Sanfilippo<br />

2001, 444 n. 62) 107 . Si noti che alcune imbreviature <strong>di</strong> Antonio <strong>di</strong> Lorenzo<br />

Scambi ci mostrano Matteo de Baccariis, Nicola Tordoneri e Domenico Petri Leonis<br />

in relazione d’affari proprio con i Cenci (Lori Sanfilippo 2001, 354).<br />

106 In un atto del 1365 rogato dal notaio Antonio Goioli Petri Scopte Matteo de Vaccariis è in<strong>di</strong>cato<br />

come iudex palatinus et collateralis presentium dominorum Septem Reformatorum Urbis senatus<br />

officium exercentium (Mosti 1991, 215, doc. 129); e appunto «in ecclesia Sancti Angeli in<br />

Foro piscium» si celebrava la messa <strong>di</strong> suffragio per l’anima <strong>di</strong> missere Mactheo delli Vaccari,<br />

doctore de lege, secondo il Libro <strong>di</strong> anniversari dell’Ospedale del Salvatore (ivi è menzionato<br />

anche Cola de Tordonieri: Egi<strong>di</strong> 1908b, 182). Matteo dei Baccari è poi spesso citato nel saggio <strong>di</strong><br />

Maire Vigueur (1976).<br />

107 Viene da chiedersi se il nostro Giovanni de Bulgaminis non sia per caso tutt’uno col Nucius<br />

(che è ipocoristico anche <strong>di</strong> Iohannes) de Bulgaminis de regione Sancti Angeli, notaio e membro<br />

<strong>della</strong> Società del Salvatore: si vedano Egi<strong>di</strong> (1908a, 325; 1908b, 182; nei due elenchi il suo nome<br />

succede imme<strong>di</strong>atamente a quello <strong>di</strong> Tuccio Tordoneri) e Lori Sanfilippo (1986, 139 n. 4).


72 Vittorio Formentin<br />

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Cronica 1 Anonimo romano, Cronica, a cura <strong>di</strong> G. Porta, Milano, Adelphi, 1979.<br />

Cronica 2 Anonimo romano, Cronica, a cura <strong>di</strong> G. Porta, Milano, Adelphi, 1981.<br />

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2. STUDI*<br />

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1908 La dominazione pontificia nel Patrimonio negli ultimi venti anni del periodo<br />

* Per i saggi apparsi dapprima in rivista o in miscellanee e poi raccolti in volume è in<strong>di</strong>cato<br />

l’anno <strong>di</strong> prima pubblicazione, mentre il numero <strong>di</strong> pagina rinvia alla silloge. Si segnala qui il<br />

lemma bibliografico più importante apparso durante le more <strong>di</strong> stampa <strong>di</strong> questo volume: N. Bertoletti,<br />

Nuove briciole <strong>di</strong> romanesco antico, in «Lingua e Stile» 46, 2011, pp. 177-223.


II. Un nuovo testo per la storia del romanesco me<strong>di</strong>evale 73<br />

avignonese, in «Archivio <strong>della</strong> R. Società <strong>Roma</strong>na <strong>di</strong> Storia Patria» 31, pp.<br />

121-68.<br />

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2008 Metafonia napoletana e metafonia sabina, in I <strong>di</strong>aletti meri<strong>di</strong>onali tra arcaismo<br />

e interferenza, Atti del Convegno Internazionale <strong>di</strong> Dialettologia<br />

(Messina, 4-6 giugno 2008), a cura <strong>di</strong> A. De Angelis, Palermo, Centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

filologici e linguistici siciliani, pp. 275-89.<br />

Bertoletti, N.<br />

2006 Un continuatore <strong>di</strong> AMITA e la flessione imparisillaba nei nomi <strong>di</strong> parentela,<br />

in «Lingua e Stile» 41, pp. 159-200.<br />

Briquet, C.M.<br />

1907 Les Filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition<br />

vers 1282 jusqu’en 1600, Genève, Jullien.<br />

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1896 Le immagini simboliche e gli stemmi <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, in «Archivio <strong>della</strong> R. Società<br />

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Castellani, A.<br />

1955 Di alcune etimologie italiane (‘abbronzare’, ‘uggia’, ‘ruzzare’, ‘stoviglia’,<br />

‘matrigna’), in «Orbis» 4, pp. 529-31; rist. in Id., Saggi <strong>di</strong> linguistica e filologia<br />

italiana e romanza (1946-1976), 3 voll., <strong>Roma</strong>, Salerno E<strong>di</strong>trice, 1980,<br />

vol. II, pp. 9-11.<br />

1976 2 I più antichi testi italiani. E<strong>di</strong>zione e commmento, Bologna, Pàtron.<br />

2000 Grammatica storica <strong>della</strong> <strong>lingua</strong> italiana, I. Introduzione, Bologna, il Mulino.<br />

Chiesa, G. (a cura <strong>di</strong>)<br />

1911 Antonio de Vasco, Il <strong>di</strong>ario <strong>della</strong> città <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> dall’anno 1480 all’anno 1492,<br />

Città <strong>di</strong> Castello, Lapi (RR.II.SS., t. XXIII, parte III).<br />

Corpus Banca dati del Tesoro <strong>della</strong> Lingua Italiana delle Origini, consultabile in rete<br />

TLIO all’in<strong>di</strong>rizzo http://www.vocabolario.org/ (s’intenda compreso nella sigla<br />

anche il cosiddetto Corpus TLIO aggiuntivo, comprendente i testi non ancora<br />

lemmatizzati).<br />

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1990 Il giar<strong>di</strong>no del papa. Pratiche agricole e lavoro salariato nella <strong>Roma</strong> <strong>di</strong> fine<br />

Duecento, in Scritti in memoria <strong>di</strong> Giuseppe Marchetti Longhi, I, Anagni,<br />

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1987 Iscrizioni votive e sepolcrali in volgare dei secoli XIV-XVI, in F. Sabatini, S.<br />

Raffaelli e P. D’Achille, Il volgare nelle chiese <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>. Messaggi graffiti,<br />

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ieri e oggi, Atti del Convegno del Centro <strong>Roma</strong>nesco Trilussa e del<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze del <strong>lingua</strong>ggio dell’Università <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> «La Sapienza»<br />

(<strong>Roma</strong>, 12-13 ottobre 1984), a cura <strong>di</strong> T. De Mauro, <strong>Roma</strong>, Bulzoni,<br />

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74 Vittorio Formentin<br />

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1983 Per la storia del <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> nel Cinquecento. I <strong>Roma</strong>ni alla Minerva,<br />

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1992 Per la definizione <strong>della</strong> scripta romanesca «<strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>o» nel sec. XV: le<br />

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vol. II.2, Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete vom Mittelalter<br />

bis zur Renaissance / Les <strong>di</strong>fférentes langues romanes et leurs régions<br />

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Zaccarello, M. (a cura <strong>di</strong>)<br />

2000 I sonetti del Burchiello, ed. critica <strong>della</strong> vulgata quattrocentesca, Bologna,<br />

Commissione per i testi <strong>di</strong> <strong>lingua</strong>.

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