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IL DIBATTITO - LietoColle

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Come nel caso della Biagini, sembra però che anche per Inglese l‟opera di Porta sia percepita come<br />

priva di fratture, come un continuum che non fa differenza tra il Porta più radicalmente<br />

antisoggettivo e quello del recupero dell‟io, tanto che se l‟immaginario de La palpebra rovesciata –<br />

quello di un volto liquefatto fino al «liquido molecolare» per via dell‟abnorme percezione di un<br />

occhio spalancato sul reale – serviva per affermare con forza l‟estromissione dell‟io dal campo del<br />

poetico, in Inglese è impiegato in un discorso dove si assiste alla contorsione acrobatica di un io<br />

«bestia logorroica», e al presentarsi sulla scena di «io sorgivi e risorti», di una soggettività che<br />

oscilla tra il collettivo e il personale, tra il plurale e il singolare, fino ad aprirsi, nel volumetto<br />

Bilico(16), confluito in seguito ne La distrazione, a una dimensione più marcatamente sociale:<br />

«siamo tutti molto preoccupati / ormai». Interessante, insomma, che anche Inglese sembri voler<br />

«definire le immagini dell‟uomo o degli uomini, delle cose e dei fatti che operano all‟esterno e<br />

all‟interno dell‟esistenza»(17) collocandosi però assai lontano dall‟avversione per il poeta-io del<br />

primo Porta. Per tornare però alla figura del palombaro, si potrebbe sostenere che essa aleggi su<br />

l‟intera opera di Inglese, tanto da sigillare, nell‟immagine di sprofondamento definitivo, il finale de<br />

La distrazione, sicuramente l‟opera più matura e complessa di quest‟autore:<br />

Guardali come ostinati scendono<br />

e cedono ad ogni passo, e dimenticano<br />

a lato, indietro, poche cose, tutte<br />

quelle che hanno, un giornale,<br />

un sacchetto di semi, un bicchiere<br />

di plastica, ma anche i nomi<br />

scordano, di persone anche<br />

vicine, che scendono con loro,<br />

con l‟acqua fino all‟inguine,<br />

e poi le alghe e la schiuma sudicia<br />

al petto, e dopo, per la pressione,<br />

la difficoltà del respiro,<br />

quando anche la vista cala,<br />

scendono del tutto, la testa sotto,<br />

fino a capovolgersi, perduti<br />

i punti di riferimento, la luce<br />

offuscata, verde, nessuna<br />

possibilità di risalita, più.(18)<br />

Credo che, nonostante non sia qui direttamente presente il termine palombaro, sia più che evidente<br />

l‟elaborazione del modello portiano, trattato però in maniera tanto originale da rendere non solo<br />

pressoché nulla l‟evidenza del modello, ma in maniera più importante, da annullare ogni forma di<br />

debito. Non si tratta insomma di essere portiani o di cimentarsi in un omaggio convinto, ma<br />

piuttosto di lasciare che i contatti, le tracce, diventino parte integrante di una poetica autonoma.<br />

Nuova. Di quella portiana resta qui infatti solo l‟idea dello «sprofondamento», un termine<br />

impiegato da Inglese per descrivere la tecnica adottata per fare esplodere il soggetto, dove<br />

l‟esplosione – io credo – non va davvero intesa nel senso della deflagrazione neoavanguardistica (lo<br />

stesso Porta parlava di testi che fossero bombe) ma piuttosto della polverizzazione dell‟io in<br />

soggetto nebulare, collettivo. Il palombaro intento all‟immersione nella poesia di Inglese, infatti,<br />

non è più tanto il poeta, ma un soggetto plurale, una comunità, verrebbe da dire, una società. La sua<br />

poesia (e qui Porta rientra dalla finestra) vuole essere una poesia sociale, che denunci i<br />

condizionamenti percettivi di una società che è purtroppo tuttora «società / materasso,<br />

gommapiuma, carta / assorbente» (Di fronte alla luna). E di fatti, ad assumere particolare rilevanza<br />

nell‟opera di Inglese è soprattutto la violenza, la «macelleria del mondo» esercitata sui corpi e sulle<br />

cose, il che significa, nei termini del suo universo poetico, sull‟intero campo del reale, dacché tutto<br />

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