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IL DIBATTITO - LietoColle

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Lì, nel bel mezzo della piazza più affollata, della vegetazione più fiorente, la poesia abitava il<br />

deserto. Fuori dal pensiero e dalla convivenza civile, tutto per lei poteva essere deserto: la notte da<br />

cui Dio si è ritratto, per Hopkins; le terre desolate di Eliot; la natura senza uomo di Pasternak; la<br />

campagna di Pessoa; le baie di Gover dove Thomas si perde in solitario, quotidiano,<br />

vagabondaggio; le ere geologiche di Mandel'stam; l‟aria e la sabbia trionfanti in un futuro dove, per<br />

Ponge, non c'è più uomo (4).<br />

In quel suo spazio impossibile, ma necessario, la poesia mi appariva piena di oggetti che<br />

sembravano affacciarsi dal mondo esterno e resistere artigliando cose reali che non possono essere<br />

"macinate" nel dispositivo del testo, non possono essere lette solo come parole. L'ingessatura di un<br />

arto e i tulipani della Plath, una chiesa armena di Mandel'stam, il ciclamino cremisi di Williams, il<br />

corvo di Hughes, la roccia di Stevens o il muro scrostato di Pasolini erano, da questo punto di vista,<br />

oggetti rivelatori e minacciosi, presenze incarnate.<br />

Mi è parso, allora, che i versi di Stevens, Mandel‟stam, Thomas o Plath, Pasolini o Luzi,<br />

rispondessero a domande nuove, che forse nessuno aveva neppure formulate, ma che si<br />

affacciavano con prepotenza dalle loro pagine. Ho cominciato a seguire il filo intricato delle letture,<br />

delle rilevazioni. Collegando, smontando e rimontando, mi è parso di scorgere un disegno che, qui,<br />

presento all‟insegna del realismo, ma che in realtà si estende in una sorta di scavalcamento, di uscita<br />

verso uno spazio grande, del tipo di quella comunicazione grande di cui - riprendendo George<br />

Bataille - parla anche Antonio Porta. Oppure Heaney quando presenta la letteratura come una<br />

vetrina contro cui si rischia di andare a sbattere. Un ostacolo da aggirare per inseguire le<br />

interruzioni della pagina, i passaggi e i buchi "che conducono dall'altra parte" del vetro, fino a<br />

ritrovare la semplice verità espressa da Rainer Maria Rilke con un solo comando: "devi cambiare la<br />

tua vita".<br />

Cambiare per la poesia (come per tutto ciò che si ama) è l‟imperativo assoluto, necessario ma<br />

severo, di Rilke. Più conciliante, ma non troppo dissimile, l‟invito - che viene da Yves Bonnefoy(5)<br />

- ad abbandonare il libro dopo la lettura di una poesia. In ogni verso, egli sente forte la spinta ad<br />

andare al di là della pagina, ad uscire, cercare cose vive - città o luoghi deserti, campi coltivati o<br />

monti selvaggi - ad amare, leggendo d‟amore come già Paolo e Francesca. Interruzione essenziale,<br />

richiamo irresistibile all‟esperienza, al desiderio: questo è il punto.<br />

E dunque non ero solo io a chiudere il libro, a lasciare una pagina dopo l‟emozione di alcuni versi.<br />

All‟interruzione che temevo fosse mia paura, fretta o approssimazione, Bonnefoy dava il valore di<br />

un salto, un‟uscita verso il mondo, verso un incontro, una presenza.<br />

In ogni caso, nel ripercorrere le mie letture di poesia - che sono poi la stoffa di questo libro -<br />

riconosco la "curiosità un po' predatoria" cui allude, parlando di sé, Seamus Heaney. È l‟interesse di<br />

uno che lavora, di uno che studia la letteratura per imparare a scrivere, come già spiegava Eliot, nel<br />

1926, introducendo poetici metafisici:<br />

il mio punto di vista non è quello di un professore, ma quello della critica letteraria, e in particolare di un<br />

certo tipo di critica letteraria. La mia posizione è quella di un artigiano, di uno che cerca da diciotto anni di<br />

fare versi in inglese, studiando il lavoro dei poeti morti che hanno fatto versi migliori. L'interesse di uno che<br />

lavora è tutto sul presente e sull'immediato futuro: egli studia la letteratura del passato per imparare come<br />

scrivere nel presente e nell'immediato futuro (6).<br />

Con quest‟avidità e quest‟atteggiamento ho letto e lavorato - parlo del modo di raccogliere i<br />

materiali non certo del merito e dei risultati - riscrivendo, riorganizzando, ampliando e precisando<br />

quanto già abbozzato e pubblicato prima sulla rivista “Il piccolo Hans” e, nel 1997, in Lirica<br />

moderna e contemporanea, nella “Biblioteca letteratura” diretta, per La nuova Italia, da Mario<br />

Lavagetto.<br />

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