IL DIBATTITO - LietoColle
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È da qui che il poeta per Antonio Porta si pone in una sorta di stato di responsabilità in grado di<br />
cogliere – per sé e per i suoi attenti vendicatori – ogni piccolo movimento/sommovimento<br />
linguistico, ogni minima variazione linguistica, sapendo che è nell'ora e adesso della parola, che il<br />
poeta diventa storia e vicenda, diventa vita e morte insieme, ma soprattutto sapendo che in questa<br />
trasformazione/registrazione, il poeta diventa mondo, diventa corpo: lettore e uomo tra gli uomini.<br />
“Il lettore diventa necessariamente un coautore, pur dovendo tener conto dell'intenzione<br />
e del progetto del l'autore primo. Dunque , o lettore, è alla tua vita che affido la mia<br />
scrittura in versi. Fai una prova, sperimenta anche tu. Ascolta il suono della poesia, poi<br />
confessa a te stesso se è davvero riuscita vendicare tutti i bambini.” (PI, pp. 56-57)<br />
Ma ciò cui Antonio Porta premeva dirci, a proposito della poesia, era la sua progettualità. Un<br />
metodo intenzionale dell'atto scrittorio che faceva parte di un processo ben chiaro di espressività<br />
poetica. Un montaggio delle parole all'interno di un'architettura chiara e responsabile. Il potere delle<br />
parole, dunque, bisognava gestirlo nella sua complessità e nella sua organizzazione semantica. Il<br />
potere del progetto risiedeva nel fatto di poter narrare in poesia una storia e non esaurirsi in un'unica<br />
gettata emotiva del singolo testo. Porta ci ha insegnato dunque l'arte classica della composizione,<br />
dell'assemblaggio, della manifattura. La parola diventava così una parte di un tutto del senso, al<br />
quale ogni poeta doveva risponderne in prima persona. Il progettare era per Antonio Porta una<br />
possibilità in più di farsi carico dell'esistenza, intesa come la parte di un tutto indagabile disegna<br />
bile/desiderabile, nel quale intravedere delle soluzioni che solo in un lavorio continuo della lingua<br />
potevano farsi possibili. Una lingua messa alla prova, posta nella sua istanza più grande: la<br />
comunicazione.<br />
“All'interno della forma-poesia si può lavorare a progetti diversi [...] il progetto appare<br />
chiaro ma la soluzione arriva solo lavorandoci e spesso è una soluzione che è la lingua a<br />
dettare, a suggerire, al di là del senso acquisito, o del significato precostituito.” (PI, p.<br />
56)<br />
Ma Antonio Porta sapeva che fare poesia, significava anche fare per la poesia e la sua<br />
attenzione/capacità di organizzare eventi culturali è stato l'altro modo di essere poeta e ad<br />
insegnarci ad essere poeti.<br />
Porta dunque è stato un poeta dell'attenzione al nuovo, al cambiamento, una persona capace di<br />
concedere spazio ai giovani e soprattutto, attento alle loro speranze e desideri. Porta è stato il poeta<br />
della fecondazione e vorrei concludere questa mia breve testimonianza citando un passo posto in<br />
epigrafe al Progetto infinito, aggiungendovi un grazie diretto al senso del suo fare ostinato, che<br />
tanto silenzio, fino ad ora, ha tentato di obliare, inutilmente:<br />
“...voglio un sacrificio<br />
senza vittime... come deciderlo?... come liberare il cavallo<br />
prescelto e lasciarlo andare via libero, vivo,eccitato, pronto<br />
alla fecondazione... se nella storia degli uomini un solo<br />
piccolo popolo c'è riuscito, ci riusciremo anche noi... che cosa<br />
manca... quali ferite troppo profonde dobbiamo medicare'<br />
Questo è il mio testamento... che la vita si riaccenda subito...” (PI, p. 11)<br />
Stefano Raimondi<br />
Milano, maggio 2009<br />
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