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IL DIBATTITO - LietoColle

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ANTONIO PORTA E GLI ACCAMPAMENTI DELLA POESIA<br />

La poesia di Antonio Porta è segnata da una scrittura nomade che ostinatamente rifiuta soste definitive.<br />

Scrivere è per Porta un interminabile viaggio linguistico ed esistenziale che mira a cogliere le mutevoli<br />

manifestazioni dell‟esistere. Quella di Porta, infatti, è una poesia che manda costanti segnali di<br />

passaggi e di mutamenti, sempre vissuti nella concretezza delle forme poetiche, in un costante e<br />

faticoso scontro-incontro col linguaggio. La sperimentazione di Porta non rivela solo la necessità di<br />

evitare il pericolo della cristallizzazione delle forme, il loro ridursi a manierismo di se medesime, ma<br />

una irrequietezza e tensione che esprimono un autentico tentativo di gettare lo sguardo sul reale,<br />

avvicinarlo, scrutarlo, penetrarlo attraverso le infinite possibilità offerte dagli strumenti della poesia.<br />

Gli accampamenti poetici di Porta sono motivati da una duplice necessità: un inesauribile desiderio di<br />

conoscenza e una volontà di aprire passaggi verso altri mondi possibili, capaci di riscattare le atrocità<br />

del presente. Storia e utopia, visibile e invisibile, quindi, linguaggio in frantumi e comunicazione,<br />

rivolta contro le lacerazioni del vivere individuale e collettivo e apertura verso l‟altro: sono queste le<br />

tappe più significative dell‟opera di Porta.<br />

In questo poeta novissimo, la poesia si nutre di un intenso rapporto con la cultura dell‟avanguardia: da<br />

un lato essa esprime l‟urgenza di spazzare via le forme usurate della tradizione e, dall‟altra, è mossa<br />

dalla spinta a costruire progetti di nuovi possibili inizi. Come dire, la forza trasgressiva e demolitrice<br />

dell‟avanguardia mira a progettare nuove cartografie mentali e sociali. L‟abbattimento di forme<br />

convenzionali e atrofizzate di scrittura muove dal desiderio di disfare percezioni e versioni ossificate<br />

del mondo. Anche quando la scrittura poetica di Porta rincoquista, come nelle sue ultime raccolte,<br />

limpidezza e andamento comunicativo, essa non esprime una tappa definitiva o il rifiuto dei linguaggi<br />

che l‟anno preceduta. Il linguaggio poetico di Porta non resta mai immobile, non si lascia circoscrivere<br />

da confini permanenti; esso si misura costantemente con il fluire dell‟esistenza. “Da questo mestiere<br />

(fare poesia) si parte”, egli scrive, “per bucare la pagina, per sfondare oltre i linguaggi automatizzati<br />

che una società ben pianificata vorrebbe imporre... che significato do alla frase «bucare la pagina»?<br />

Questo: uscire dalla letteratura per raggiungere quell'immagine dell'esistenza che in qualche modo<br />

intuiamo possibile... Oppure: anche rimanere nell'ambito della letteratura purché si identifichi<br />

“letteratura” come luogo di interazione tra storia e immaginazione, il cui prodotto è quell'immagine<br />

forte che segna ogni passaggio o trasformazione dell'esistenza” ( “Chi è il poeta?”, in Il progetto<br />

infinito, pp. 14-15).<br />

Porta lascia alla cultura poetica italiana e alle nuove generazioni di poeti e di lettori uno sguardo<br />

intenso e ossessivo sul linguagio e sul mondo. La sua poesia identifica ferite, orrori, angst, e tragedie<br />

della modernità, ma anche pulsioni vitali dell‟esistere, la straordinaria capacità della vita di<br />

rigermogliare. Le antinomie della poesia di Porta, e al livello della ricerca formale e al livello delle<br />

dicotomie tematiche, nascono dalla stessa discordante e dualistica natura del reale.<br />

Dalle prove iniziali (La palpebra rovescita e Aprire) a Cara e Week-end, da Passi passaggi all‟ultima<br />

raccolta uscita un anno prima della morte (1989), Il giardiniere contro il becchino, Porta ha dimostrato<br />

una una forza straordinaria di rinnovamento, la capacità di far rinascere la poesia dilatando generi e<br />

accogliendo una pluralità di registri linguistici.<br />

In un bellissimo poemetto, “Airone”, della sua ultima raccolta, i segni della scrittura sono chiamati a<br />

rinnovarsi ancora una volta per mettersi in salvo dall'immobilità claustrofobica della condizione di<br />

morte: la poesia come l'airone deve spiccare sempre nuovi voli. La presenza della poesia comporta<br />

l'assenza dell'io o il suo trasformarsi nell'altro, uniche possibilità atte a mantenerlo in uno stato di<br />

salutare mobilità e a rendere accessibile il palpitare della vita: “quando l'airone si alza come un falco /<br />

quando poi picchia giù io scompaio / il vento si fa leggero / non c'è più nessuno qui intorno / la mia<br />

penna si mette a scrivere da sola / senza occhi che la sorvegliano / il petto dell'airone è il foglio candido<br />

/ ne ascolto il palpito sul morbido guanciale dell'alba... (lo stellato mi ha attraversato senza dolore / ora<br />

sono albero, ora bottiglia” (sez. 16).<br />

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