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immagini tratte da<br />

Déco. Arte in Italia 1919-19139<br />

bassandone il costo di produzione, le incisioni<br />

in rame, che risultavano preferibili<br />

per la maggiore durata della lastra; organizzò<br />

un efficace sistema di vendita “porta a<br />

porta” mediante ambulanti; infine creò un<br />

nutrito campionario di soggetti in versioni e<br />

formati diversi, talvolta attingendo, seppure<br />

con l’introduzione di qualche modifica, ai<br />

repertori dei maggiori centri europei, quali<br />

Augsburg e Parigi. <strong>Il</strong> contributo di Elisabetta<br />

Gulli Grigioni (Stampe remondiniane a<br />

soggetto religioso. Approfondimenti e confronti)<br />

traccia un interessante confronto iconografico<br />

tra alcune immagini sacre remondiniane<br />

e altre analoghe di diversa origine, proponendo<br />

il simbolo del cuore quale “parametro<br />

esplorativo”.<br />

In appendice sono elencate, con una dettagliata<br />

didascalia, le opere presenti in mostra.<br />

La suddivisione per collocazione espositiva<br />

di queste ultime contribuisce a rendere<br />

il volume un’agile guida per il visitatore.<br />

| Clara Pagnacco |<br />

<br />

Déco. Arte in Italia 1919-1939, a cura di Francesca<br />

Cagianelli e Dario Matteoni, catalogo<br />

della mostra (Rovigo, Palazzo Roverella,<br />

31 gennaio - 28 giugno 2009), Milano, Silvana<br />

Editoriale, 2009, 4°, pp. 237, ill., e 35,00.<br />

L’elegante mezzo busto di Wally Toscanini<br />

in costume da odalisca, immortalato in un<br />

ritratto del 1925 di Alberto Martini, è la suggestiva<br />

immagine di copertina del volume<br />

Déco. Arte in Italia 1919-1939. <strong>Il</strong> testo, edito<br />

da Silvana Editoriale, è il catalogo della mostra<br />

tenutasi dal 31 gennaio al 28 giugno<br />

2009 a Rovigo negli spazi della Pinacoteca<br />

di Palazzo Roverella, esposizione che ha<br />

raccolto numerose opere d’eccelsi maestri<br />

dell’arte italiana, fra cui Giacomo Balla,<br />

Guido Cadorin, Felice Casorati, Fortunato<br />

Depero e Mario Sironi. Centoquarantasei<br />

riproduzioni di capolavori del Novecento,<br />

suddivise all’interno del catalogo secondo<br />

le 11 sezioni della mostra, accompagnano<br />

i saggi dei due curatori, Francesca Caginelli<br />

e Dario Matteoni, oltre ai testi degli studiosi<br />

Matteo Fochessati, Elena Pontiggia e<br />

Franco Sborgi.<br />

A Dario Matteoni spetta, nel saggio <strong>Il</strong> gusto<br />

déco: non solo stile, la ricostruzione storica<br />

dell’affermarsi nel linguaggio, dapprima ad<br />

uso esclusivo degli specialisti e successivamente<br />

anche del grande pubblico, del termine<br />

“Déco”. Coniata negli anni Sessanta,<br />

tale parola trova una definitiva consacrazione<br />

in ambito storico-artistico nel 1968,<br />

quando Bevis Hillier pubblica a Londra il<br />

volume Art Déco of 20s e 30s, definendo “Art<br />

cataloghi di mostre e musei<br />

Decò” come un “modern style” sviluppatosi<br />

negli anni Venti e che raggiunse il suo<br />

più maturo compimento nel decennio successivo.<br />

Criticamente avvalorabile l’argomentazione<br />

di Rossana Bassaglia (1983)<br />

che ha connotato il Déco come un orientamento<br />

artistico della cultura borghese vicina<br />

alle avanguardie, con influenze di carattere<br />

stilistico e iconografico. Emblematico<br />

in tal senso il lavoro del futurista Giacomo<br />

Balla, data la presenza in alcune sue<br />

opere degli anni Venti di un evidente gusto<br />

déco, come mostra il dipinto La Bio<strong>nb</strong>runa<br />

(1926). Fu proprio il Futurismo – spiega<br />

Matteo Foschessati nel saggio presente<br />

nel volume – il movimento d’avanguardia<br />

che maggiormente interpretò la modernità,<br />

con i temi della macchina, della velocità<br />

e della città, ad offrire elementi culturali<br />

e iconografici di riferimento alle produzioni<br />

déco. La realtà metropolitana, “la<br />

città che sale” celebrata nel manifesto futurista<br />

di Marinetti nel 1909, ma anche<br />

nel noto quadro di Boccioni, negli anni<br />

successivi sarà infatti spesso presente nelle<br />

opere d’Art Déco, come nell’opera La folla<br />

di Sexto Canegallo, pittore genovese di matrice<br />

simbolista. Un “intreccio di rapporti”<br />

si stabilisce anche fra Art Déco e Novecento<br />

Italiano, il movimento nato nel 1929 a<br />

Milano intorno alla figura di Margherita<br />

Sarfatti, nel cui “Ritorno all’ordine” Elena<br />

Pontiggia riscontra elementi convergenti<br />

con la rigida geometrizzazione che connota<br />

le opere déco.<br />

Non solo le produzioni pittoriche sono protagoniste<br />

di tali catene di rapporti tematici<br />

fra i movimenti d’avanguardia e l’Art Déco,<br />

dato che le vicende che segnano l’iter storiografico<br />

di questo stile-gusto artistico, sia in<br />

Italia che all’estero, sono strettamente legate<br />

alla storia delle arti applicate e dell’architettura,<br />

come evidenzia Franco Sborgi nel suo<br />

contributo, riscontrando l’apporto Déco nell’epocale<br />

integrazione fra “arte pura” e arti<br />

decorative. Le opere realizzate per l’industria<br />

ceramica dall’architetto milanese Giò Ponti,<br />

come la straordinaria coppa in porcellana policroma<br />

Funerailles de Thais (1927 ca.), consentono<br />

di imbastire prolifici raffronti con la<br />

produzione pittorica e scultorea degli anni<br />

Venti e Trenta del Novecento.<br />

Estremamente ricca di variabili culturali e<br />

legami concettuali, l’Art Déco si connette a<br />

numerose “storie” parallele, dalle Biennali<br />

di Monza (1923-1930) a “Valori plastici”, argomenti<br />

indagati a cura di Alessia Vedova<br />

nell’apparato di voci presente nel volume.<br />

| Giovanna Ficarazzi |<br />

<br />

notiziariobibliografico59 41

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