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nb - Il Poligrafo

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cataloghi di mostre e musei<br />

immagini tratte da<br />

<strong>Il</strong> fascino discreto della Stereoscopia...<br />

44 notiziariobibliografico59<br />

scritti in italiano e in inglese, si avvale della<br />

presentazione di Italo Zannier, che introduce<br />

alla magia della stereofotografia e degli<br />

anaglifi, ovverosia una coppia di immagini<br />

colorate che riproducono lo stesso soggetto<br />

ma con diversi colori complementari, in<br />

modo da dare la sensazione del rilievo.<br />

Nel saggio di Carlo Minici Zotti vengono ripercorse<br />

tutte le tappe e le scoperte che portarono<br />

all’invenzione dello stereoscopio:<br />

uno strumento scientifico che, attraverso<br />

l’osservazione di due immagini dello stesso<br />

soggetto, riprese a una distanza pari a quella<br />

dei nostri occhi (6 cm circa), dà origine a<br />

una terza immagine virtuale, che viene percepita<br />

come tridimensionale.<br />

La “storia” ha inizio nel 1838 quando lo<br />

scienziato Charles Wheatstone annuncia<br />

alla Royal Society di Londra il principio della<br />

visione stereoscopica, ma si dovrà attendere<br />

il 1849 per la creazione del primo strumento<br />

che permetta tale “visione magica”,<br />

opera del fisico scozzese David Brewster.<br />

<strong>Il</strong> catalogo, riccamente illustrato, segue le<br />

sezioni tematiche scelte anche per l’esposizione<br />

della mostra. È doveroso ricordare<br />

che tutte le immagini provengono dall’importante<br />

raccolta conservata presso il Museo<br />

delle Magiche Visioni di Padova. Una<br />

sezione si costituisce di numerosi esemplari<br />

di strumenti scientifici che si datano<br />

dal XIX al XX secolo, mentre un’altra è interamente<br />

dedicata alle immagini di Venezia<br />

realizzate tra gli altri da Alinari, Bresolin e<br />

Naya. Di particolare rilevanza il lavoro di<br />

Carlo Ponti non solo per i cataloghi con le<br />

vedute di Venezia ma anche per l’invenzione<br />

dell’Aletoscopio, un visore per immagini<br />

di notevoli dimensioni, in seguito perfezionato<br />

nel Megaletoscopio, che “conteneva<br />

le vedute che illustravano i paesi e i monumenti<br />

delle più grandi e lontane città del<br />

mondo”. Si comprende quindi l’importanza<br />

di questi strumenti che fecero conoscere<br />

luoghi mitici e lontani a un vasto pubblico<br />

in una visione comunque “magica”, antesignana<br />

delle ricerche dei fratelli Lumière e<br />

del cinema.<br />

Completano il catalogo degli occhiali speciali<br />

necessari per apprezzare la tridimensionalità<br />

delle immagini. | Viviana Cattelan |<br />

Padova Couture. Artigianato nella moda,<br />

catalogo della mostra (Padova, Palazzo della<br />

Ragione, 31 ottobre - 21 dicembre 2008),<br />

a cura di Maria Beatrice Autizi, Padova,<br />

<strong>Il</strong> <strong>Poligrafo</strong>, 2008, 4°, pp. 370, ill., e 35,00.<br />

Questa mostra, che ha avuto come splendida<br />

cornice il Salone di Palazzo della Ragione,<br />

ha dato ampio respiro ad un’iniziativa<br />

che ha visto protagonisti i piccoli imprenditori<br />

e gli artigiani di Padova che si occupano<br />

di moda e di abbigliamento.<br />

La scelta del luogo per l’esposizione non è<br />

stata casuale, perché il Palazzo della Ragione<br />

nel corso della propria storia è stato sì un<br />

tribunale nel quale veniva amministrata la<br />

giustizia, ma anche un punto di riferimento<br />

per i commerci e la vita economica della<br />

città. Nelle piazze circostanti si vendevano<br />

merci di ogni tipo, tra cui spiccavano i prodotti<br />

dell’artigianato locale. Grazie a fonti<br />

scritte riguardanti la Padova medioevale sappiamo<br />

esattamente quali erano questi prodotti:<br />

le calzature, le maglie, le seterie, i guanti<br />

e le pellicce. Osservando gli affascinanti<br />

affreschi del Salone, dipinti da Giotto agli<br />

inizi del Trecento e ridipinti dopo l’incendio<br />

scoppiato nel 1420 da Nicolò Miretto e Stefano<br />

da Ferrara, veniamo trasportati con<br />

l’immaginazione nelle botteghe – laboratorio<br />

degli artigiani dell’epoca; davanti ai nostri<br />

occhi lo scalpellino, l’arrotino e il calzolaio,<br />

la donna che fila, il pittore, il fabbro e<br />

il conciatore di pelli svolgono il loro lavoro<br />

quotidiano con sapienza e impegno.<br />

Due caratteristiche che contraddistinguono<br />

anche il lavoro degli artigiani contemporanei,<br />

eredi di questa antica tradizione padovana<br />

e veneta. Per l’allestimento della mostra<br />

in Salone sono state selezionate dall’UPA<br />

47 ditte artigianali, considerate rappresentative<br />

per creatività, qualità e professionalità<br />

nella moda: atelier sartoriali per uomo<br />

e donna, camicerie, maglifici, pelliccerie,<br />

ricamifici, laboratori orafi, calzaturifici e<br />

acconciatori.<br />

A completamento di questa esposizione una<br />

serie di abiti del Novecento da collezioni venete,<br />

vesti e costumi di scena appartenuti ad<br />

Eleonora Duse e tre creazioni del grande<br />

stilista Pierre Cardin. | Barbara Giaccaglia |

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