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I Racconti tra realtà e leggenda di Mister X - Patrizio Marozzi

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non saprei formulare adeguatamente i processi psichici rilevati empiricamente. Al Sé,<br />

dunque, bisogna dare almeno il valore <strong>di</strong> un'ipotesi, come quella della struttura<br />

dell'atomo. E quand'anche dovessimo restare anche qui chiusi in un'immagine, sarebbe<br />

un'immagine potentemente viva, a interpretare la quale le mie forze non bastano. Io non<br />

dubito che sia un'immagine; ma è un'immagine in cui siamo ancora contenuti." Sono<br />

perfettamente conscio che in questo libro ho posto esigenze tutt'altro che consuete<br />

all'intelligenza del mio lettore. Ho fatto il possibile per spianare la via della comprensione,<br />

ma non ho potuto eliminare la maggiore<br />

<strong>di</strong>fficoltà, cioè il fatto che le esperienze su cui si fonda la mia esposizione sono ai più<br />

ignote e perciò es<strong>tra</strong>nee. Per conseguenza non posso attendere che i miei lettori accettino<br />

tutte le mie conclusioni.<br />

(da L'IO e L'Inconscio <strong>di</strong> Carl Gustav Jung)<br />

Nella crisi <strong>di</strong> identità in cui sono la maggior parte degli "addetti alla mente", dovrebbe<br />

bastare la reale comprensione <strong>di</strong> questo brano <strong>di</strong> Jung per riportare ognuno <strong>di</strong> loro nella<br />

reale <strong>di</strong>mensione; ma appunto la sua non reale comprensione fa si che ognuno interpreti<br />

se stesso e purtroppo Jung a suo piacimento. Confondendo le crisi d'identità <strong>di</strong> una<br />

categoria, con il "ruolo" <strong>di</strong> addetto alla mente che si è scelto per professione,<br />

strutturandolo a tal punto, per pratica economica, e in alcuni casi, spero<br />

rari, per giustificare le proprie patologie terapeutiche. Tutto ciò contribuisce a sviluppare<br />

la pratica dell'uso della "pasticca" salva tutto. In questo modo non si fa che indebolire<br />

quella che è la reale "integrazione" dei processi psichici, at<strong>tra</strong>verso la vera comprensione<br />

dell'esperienza sintomatologica. Ma mi chiedo se comparisse uno Junghiano ci sarebbe<br />

veramente qualcuno in grado <strong>di</strong> riconoscerlo? Forse solo quella persona - che ancora nella<br />

pratica degli addetti alla mente viene definita paziente - che troverebbe in quest'essere<br />

umano la vera con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un vissuto psichico elaborato. Penso che sia ora <strong>di</strong> superare<br />

il concetto <strong>di</strong> ruolo negli adatti alla mente, il concetto stesso della retribuzione economica<br />

come scambio compensativo <strong>tra</strong> due esseri umani che scelgono <strong>di</strong> parlare insieme.<br />

Qualche giorno fa ho ritrovato <strong>tra</strong> le mie cose un inserto che il quoti<strong>di</strong>ano La Repubblica<br />

pubblicava alcuni anni fa: si chiamava "Mercurio"; c'era un articolo intitolato: "Jung, l'altro<br />

Freud"; in un brano dell'articolo ho letto: Il principale <strong>di</strong>ssacratore delle tesi più ar<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

Jung è Mario<br />

Trevi, specialista <strong>tra</strong> i più autorevoli, <strong>di</strong>rettore della prestigiosa rivista "Metaxù". "Un certo<br />

neojunghismo italiano prescinde totalmente dalla teoria degli archetipi, giu<strong>di</strong>candola<br />

infondata", spiega Trevi. "Non è scientificamente accettabile che l'uomo, animale scacciato<br />

dalla natura e privato dei suoi istinti, possa essere governato dagli archetipi, da queste<br />

immagini originarie dell'inconscio espresse principalmente nei miti e nelle<br />

fiabe... Il processo d'in<strong>di</strong>viduazione è invece ciò che è davvero vivo in Jung. Implica il<br />

rifiuto a lasciarsi assorbire nelle forme collettive della cultura". Non so se quello che<br />

riporta l'articolo sia il reale pensiero <strong>di</strong> Trevi, sicuramente in base a quello che vi viene<br />

espresso non vi è un vero<br />

vissuto psichico dell'esperienza dell'archetipo e del suo sviluppo empirico. Se è giusto, in<br />

parte, quello che vi si esprime riguardo al processo d'in<strong>di</strong>viduazione, tale processo <strong>di</strong>venta<br />

vano, proprio perché non tiene conto che nel reale sviluppo per l'acquisizione e<br />

integrazione del<br />

materiale psichico per il processo d'in<strong>di</strong>viduazione junghiano, l'esperienza psichica<br />

dell'archetipo è inelu<strong>di</strong>bile. L'INDIVIDUAZIONE si compie proprio

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