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I Racconti tra realtà e leggenda di Mister X - Patrizio Marozzi

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così <strong>di</strong> buon umore e cosi sicuro <strong>di</strong> me che mi concessi persino una sigaretta. Avrei potuto<br />

anche uscire, secondo le intese del dì innanzi. Dario M. voleva introdurci laggiù al Circolo<br />

dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Preneste altolocati; voleva presentarci e mos<strong>tra</strong>rci la sala, il biliardo, la<br />

stanza <strong>di</strong> lettura. Non volendo mortificare quell’anima buona avevamo accettato, ma a<br />

uscire fu soltanto Sch., dato che l’attacco era scusa sufficiente per me. Alzatosi da tavola<br />

egli se ne andò senza <strong>di</strong> me con la faccia agra a fianco <strong>di</strong> Dario, giù per la via verso il<br />

convegno dei buoni borghesi e dei bifolchi, e io rimasi solo.<br />

Me ne stetti qui nella sala accanto alle finestre chiuse, presso la mia lampada e mi misi a<br />

leggere Kierkegaard dove <strong>di</strong>ce del Don Giovanni <strong>di</strong> Mozart.<br />

Ed ecco d’un subito colpire mi sento da un gelo tagliente come quando uno se ne sta<br />

d’inverno nella stanza calda e all’improvviso una fines<strong>tra</strong> spalancata accoglie il freddo<br />

esterno. Ma il gelo non veniva <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro me, dove sono le finestre; no, mi colpiva in faccia.<br />

Alzo gli occhi dal libro, guardo la sala, noto che Sch. dev’essere tornato, perché non sono<br />

più solo: c’è qualcuno seduto nella penombra sul <strong>di</strong>vano <strong>di</strong> crine, che col tavolino e con le<br />

se<strong>di</strong>e sta circa nel mezzo della stanza dove pren<strong>di</strong>amo la prima colazione. È seduto<br />

nell’angolo del <strong>di</strong>vano, con le gambe accavalcate, ma non è Sch. un altro, più piccolo <strong>di</strong> lui,<br />

e non si può <strong>di</strong>re che sia un vero signore. Il freddo però mi avvolge <strong>di</strong> continuo.<br />

— Chi è costà? — grido in italiano con la gola un po’ stretta, puntando le mani sui<br />

braccioli della se<strong>di</strong>a, in modo che il libro mi scivola dalle ginocchia e cade. Mi risponde la<br />

voce calma e lontana dell’altro, una voce che <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> buona scuola, con una gradevole<br />

risonanza nasale:<br />

(da Faust <strong>di</strong> Thomas Mann. Traduzione <strong>di</strong> Ervinio Pocar)<br />

hgfgggdMEFISTOFELE Presento i miei ossequi all’illustre professore! Però mi avete<br />

fatto sudare un bel po’.<br />

FAUST Come ti chiami?<br />

MEFISTOFELE La domanda mi pare meschina per uno che ha in tanto <strong>di</strong>spregio la<br />

Parola, e, remoto a ogni apparenza, vive solo nel profondo delle entità.<br />

FAUST Presso i tuoi pari, signor mio, il nome <strong>di</strong>ce anche l’essenza, sia che vi si chiami<br />

Belzebù, Abaddona, Diavolo. Dunque tu chi sei?<br />

MEFISTOFELE Una parte <strong>di</strong> quella forza che vuole costantemente il Male e opera<br />

costantemente il Bene.<br />

FAUST Che significa questo indovinello?<br />

MEFISTOFELE Io sono lo Spirito che sempre nega. Ed a ragione; perché tutto ciò che<br />

nasce merita <strong>di</strong> perire; perciò meglio sarebbe che niente nascesse. Quin<strong>di</strong> tutto ciò che voi<br />

chiamate peccato, <strong>di</strong>struzione, e, insomma, Male, è il mio vero elemento.<br />

FAUST Ti <strong>di</strong>ci una parte; ma davanti a me vedo un tutto.<br />

MEFISTOFELE Più modesta la verità ch’io ti <strong>di</strong>co. L’uomo, questo microcosmo, si<br />

considera un tutto. Ma io non sono che una parte della parte che in origine era un tutto,<br />

una parte della tenebra che generò la luce, la superba luce, che ora alla Madre Notte<br />

contende il primato e lo spazio; ma non le riesce, ché, per quanto si affanni, essa è<br />

prigioniera dei corpi cui aderisce. Fluisce dai corpi, i corpi fa belli, ogni corpo ne intercetta

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