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In un libro l'<strong>Italia</strong> vista dai bambini immigrati<br />

Il mondo<br />

è di tutti<br />

Daniela Fiori<br />

Il motivo principale per cui ho amato questo<br />

libro è tutto racchiuso nel piacere di<br />

una riscoperta: quella della voce dei<br />

bambini, del loro punto di vista sulle<br />

cose, della loro capacità di descrivere <strong>il</strong><br />

mondo senza troppe sovrastrutture. Una<br />

sensazione sim<strong>il</strong>e a quella che si prova<br />

prendendo in mano <strong>il</strong> quaderno di un<br />

qualsiasi alunno delle elementari e ci si<br />

trova conquistati dalla semplicità e dalla<br />

verità di certe frasi o pensieri, non importa<br />

quanto sgrammaticati. “<strong>Italia</strong>ni, per<br />

esempio” è la raccolta che Giuseppe Caliceti,<br />

da 25 anni insegnante di scuola primaria,<br />

ha voluto dedicare alle riflessioni<br />

e ai racconti dei propri alunni di origine<br />

straniera. Un modo inconsueto ma particolarmente<br />

efficace, almeno secondo chi<br />

scrive, di affrontare un tema complesso<br />

come quello dell'immigrazione. Ai bambini<br />

è estraneo <strong>il</strong> gioco delle parti che caratterizza<br />

<strong>il</strong> mondo degli adulti, dove le<br />

responsab<strong>il</strong>ità della politica si riducono<br />

spesso a prese di posizione ideologiche<br />

e interessi particolari e strumentalizzazioni<br />

si sostituiscono alla<br />

capacità di guardare al futuro<br />

con equ<strong>il</strong>ibrio e un pizzico<br />

di fantasia. Lo sguardo<br />

dei bambini sul mondo è<br />

più libero del nostro ed è innegab<strong>il</strong>e<br />

che -ascoltandolianche<br />

<strong>il</strong> nostro sguardo su<br />

di loro riesca a liberarsi di<br />

molti ostacoli e preconcetti.<br />

Com'è quindi questa “<strong>Italia</strong> vista dai<br />

bambini immigrati”? Gli spunti offerti dal<br />

libro sono infiniti, quanto le possiblità<br />

d'incrociare e confrontare le centinaia di<br />

definizioni (presentate quali voci di un originale<br />

“dizionario”) di cui sono autori<br />

bambini di diverse età e diverse provenienze<br />

geografiche. Alcuni percorsi di lettura<br />

hanno particolarmente stimolato la<br />

mia riflessione e cercherò di condividerli<br />

con voi ut<strong>il</strong>izzando proprio le parole dei<br />

piccoli alunni.<br />

Il primo percorso riguarda la specifica<br />

Questi bambini,<br />

insieme ai nostri<br />

bambini, affrontano<br />

ogni giorno tra i banchi<br />

di scuola questioni<br />

di grande complessità<br />

e lo fanno in modo<br />

maturo.<br />

condizione del bambino straniero, diversa<br />

da quella del genitore, che in<br />

quanto adulto ha scelto di abbondonare<br />

<strong>il</strong> proprio Paese d'origine e riesce<br />

con una certa fac<strong>il</strong>ità a rimanere<br />

consapevole della propria identità<br />

culturale. Scrive Isham, 8 anni, marocchino:<br />

“Se io potevo, non partivo”.<br />

Gli fa eco Sheela, 9 anni,<br />

dello Sri Lanka: “I bambini non<br />

sono migrati, sono portati, perchè<br />

li portano i loro genitori”. E<br />

quando finalmente questi<br />

alunni riescono a mettere radici<br />

restano comunque confusi,<br />

non capiscono quanto<br />

possa essere lecito per loro<br />

sentirsi “italiani”. Lo spiega<br />

bene, tra gli altri, Vera, 11<br />

anni: “Io sono nata in <strong>Italia</strong>,<br />

a Montecchio, però mia<br />

mamma e mio papà sono albanesi e<br />

anche io allora sono albanese. Io ho fatto<br />

l'as<strong>il</strong>o qui, la scuola qui. Io vorrei chiedere<br />

al maestro due cose. La prima<br />

cosa è questa: io sono ita-<br />

liana o albanese o tutte e<br />

due? La seconda: ma io<br />

sono immigrata o no?”.<br />

Più che in qualsiasi dibattito<br />

da talk show, in queste parole<br />

si trova tutta la serietà<br />

della sfida posta dalle “seconde<br />

generazioni”, nate,<br />

cresciute ed educate in <strong>Italia</strong>,<br />

senza veder garantiti i propri diritti di<br />

cittadinanza. Il mondo degli adulti, invischiato<br />

nelle proprie polemiche, non sa<br />

rispondere a domande come quella di<br />

Vera.<br />

Questi bambini, insieme ai nostri bambini,<br />

s'interrogano ogni giorno tra i banchi di<br />

scuola su questioni di grande complessità<br />

e lo fanno in modo sorprendentemente<br />

maturo. Ci osservano, confrontano<br />

le nostre abitudini, i nostri simboli culturali<br />

e religiosi, li mettono a confronto con<br />

quelli dei propri genitori. Nel libro tro-<br />

TERZAPAGINA<br />

viamo riflessioni sul battesimo, sui matrimoni<br />

misti, sul modo di educare i figli,<br />

per poi concludere, come fa saggiamente<br />

Yue, 8 anni, originaria della Cina,<br />

che “<strong>il</strong> mondo è di tutti”.<br />

Mentre Tong, altro piccolo cinese, si stupisce<br />

delle notizie secondo cui i suoi<br />

connazionali servono gatto al ristorante;<br />

mentre Jaffar, marocchino, non capisce<br />

perchè “se uno in <strong>Italia</strong> ha rubato, italiani<br />

dicono che è stato uno straniero”, mentre<br />

Saverio, 8 anni, albanese, quasi si<br />

stupisce di sé stesso perchè “io finora<br />

non mi sento cattivo. Io finora non ho mai<br />

rubato e ucciso nessuno”... Tamu, 11<br />

anni, del Burkina Faso, spiega loro e a<br />

tutti noi una cosa importante: “Ho capito<br />

che inventare un pregiudizio è fac<strong>il</strong>issimo:<br />

tu prendi una cosa che ti è capitata<br />

e dopo fai che vale per tutti”.<br />

Caliceti Giuseppe, <strong>Italia</strong>ni per esempio,<br />

Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano, febbraio 2010, pp.237<br />

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