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Per correggere le iniquità tra ricchi e poveri<br />

Anche la sanità<br />

si decentra<br />

Bruno Piotti<br />

CONSULENTE OMS<br />

La crisi dei sistemi sanitari dei paesi poveri<br />

ha posto fine al sogno della “Salute<br />

per tutti nell’anno 2000” proposta dall’Organizzazione<br />

Mondiale della Sanità<br />

(1978) e ha spinto i Governi verso le riforme<br />

sanitarie. A partire dall’inizio degli<br />

anni ‘90, la politica dei paesi ricchi e delle<br />

organizzazioni internazionali<br />

(Banca Mondiale e Fondo<br />

Monetario Internazionale)<br />

verso i paesi poveri africani<br />

è stata: prima la crescita del<br />

PIL e poi l’espansione dei<br />

servizi sociali. Questa ricetta<br />

di mercato, di tipo thatcheriano,<br />

applicata a volte in<br />

modo brutale, esigendo <strong>il</strong> pagamento in<br />

contanti delle medicine o dei cesarei, ha<br />

avuto conseguenze molto negative che<br />

continuano a persistere anche dopo 20<br />

anni. La mitica gestione privata dei servizi<br />

sociali, educazione e sanità, ha significato,<br />

ad esempio che ospedali, cliniche<br />

e laboratori di diagnosi “private for profit”<br />

si sono limitati a insediarsi nelle città<br />

più grandi, nei quartieri più ricchi, mentre<br />

le periferie e le vaste zone rurali hanno ricevuto<br />

insufficienti servizi pubblici. Le restrizioni<br />

sulle assunzioni e sui salari del<br />

personale pubblico sanitario ha causato<br />

spesso degrado della qualità e esodo<br />

degli infermieri dai centri periferici alla ricerca<br />

di condizioni di vita migliori. In questo<br />

quadro negativo delle “riforme<br />

sanitarie” imposte, uno dei pochi aspetti<br />

positivi è stata la richiesta pressante del<br />

decentramento politico e amministrativo.<br />

Al decentramento hanno aderito sia Governi<br />

già disposti al libero mercato come<br />

l’Uganda, sia quelli ad economia statale,<br />

come <strong>il</strong> Mozambico. Tutti hanno riformato<br />

le funzioni dei propri Ministeri della<br />

Sanità. Ciò ha avuto un impatto positivo<br />

favorendo la diminuzione della concentrazione<br />

nelle città capitali dei pochi quadri<br />

competenti e di valore, delle risorse<br />

finanziarie e delle attrezzature. I fondi,<br />

governativi o provenienti dagli aiuti inter-<br />

I fondi, governativi o<br />

provenienti dagli aiuti<br />

internazionali o dalle<br />

associazioni laiche e<br />

religiose, sono stati<br />

più equamente<br />

suddivisi tra le regioni<br />

e i comuni<br />

nazionali o dalle associazioni laiche e religiose,<br />

sono stati più equamente suddivisi<br />

tra le regioni e i comuni. Ci sono<br />

differenze tra paese e paese nel grado di<br />

decentramento dei poteri: si va dal decentramento<br />

di alcune, limitate funzioni<br />

ministeriali verso le regioni, conservando<br />

al Ministero l’onere dell’organizzazione<br />

della rete sanitaria<br />

(deconcentration),<br />

alla delega delle decisioni<br />

finanziarie, organizzative e<br />

gestionali dei servizi (devolution)i,<br />

alla delega completa<br />

della politica sanitaria<br />

e della pianificazione complessiva<br />

dei servizi, sul modello delle Regioni<br />

italiane (delegation). Riforme e<br />

decentramento vanno di pari passo con<br />

la privatizzazione dei servizi, o come si<br />

ama dire con <strong>il</strong> “partenariato tra pubblico<br />

FOCUS<br />

e privato”. Anche in questo capitolo le<br />

formule di gestione sono multiple. Per<br />

esempio in Tanzania, Uganda, Zambia e<br />

Camerun si sperimentano forme di contratto<br />

(contracting out) tra gli enti pubblici<br />

e le associazioni “non profit” religiose cristiane<br />

e mussulmane che si impegnano<br />

a fornire alla popolazione di un intero distretto,<br />

i servizi sanitari. Alla fine dell’anno,<br />

l’amministrazione pubblica<br />

regionale o distrettuale paga <strong>il</strong> costo pattuito<br />

delle prestazioni, previa verifica sulla<br />

qualità di quanto erogato.<br />

Il decentramento può potenzialmente<br />

correggere le grandi iniquità di accesso<br />

e di uso dei servizi tra popolazione ricca<br />

e povera. Portando le decisioni sul tipo e<br />

quantità dei servizi nelle mani di autorità<br />

più vicine alle comunità, necessariamente<br />

più sensib<strong>il</strong>i ai bisogni locali, si<br />

avvia un circuito virtuoso. Anche gli aiuti<br />

internazionali possono trovare vie nuove<br />

di approccio, come ad esempio l’iniziativa<br />

dei “Municipi senza frontiere,”, di cui<br />

si parla nell’articolo di fondo di questo<br />

numero, che aiutano a colmare quel divario<br />

abituale nei paesi poveri tra bisogni<br />

di salute, domande di assistenza e scarsezza<br />

di risorse, divario che è stato aggravato<br />

nel passato dalle guerre, da<br />

nuove epidemie come l’AIDS e dal centralismo<br />

condito di burocrazia e di clientelismo.<br />

Campagna di vaccinazione in Angola (foto <strong>CCS</strong>)<br />

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