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LE SCARPE DEI SUICIDI - Tobia Imperato - Indymedia Piemonte

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cercare. Devo purtroppo ritornare […]. Appena rientro, immediatamente il primo processo per degli<br />

attacchinaggi assieme a dei compagni anarchici a Ivrea. Secondo processo per una scritta su un muro assieme<br />

ad un compagno anarchico.<br />

Quindi la DIGOS era informata di tutte queste cose e vengono a dire che non hanno notizie sul mio conto,<br />

vengono a dirci che non avevano nessun riferimento mio nella Val Susa prima del ‘97. […] Nella primavera ‘96<br />

compare un articolone sulla solita Luna Nuova, Misteri della Val Susa, nel quale vengo tirato in causa come<br />

cosa non risolta nell’‘81, come persona misteriosa: - Non si capisce perché li hanno condannati a così poco con<br />

tutte quelle armi -. E tutta la storia è inserita in quella faccenda dell’armeria Brown Bess, in quelle faccende di<br />

ritrovamento di esplosivi sulla SITAF. Due bei paginoni ampi, per cui è impossibile che sia sfuggita agli<br />

operatori una questione di questo genere” 577 .<br />

Dopo aver ribattuto punto per punto alle illazioni di Petronzi sulle sue pretese simpatie nei confronti dei fascisti e<br />

della Lega, Silvano critica l’operato di ROS e DIGOS i quali hanno costruito l’immagine di un’organizzazione<br />

terroristica snaturando la realtà dei singoli fatti.<br />

“Parliamo dello spezzone di razzo trovato nella cantina; si parla di uno spezzone di razzo e si dice bomba.<br />

Bomba per il lettore dei quotidiani riporta l’immagine immediatamente a Belgrado, grandi bombe che cadono,<br />

ammazzano, radono al suolo interi palazzi. […] Vengono trovate bombolette antiaggressione vendute<br />

liberamente in tutta Europa e parlano di armi. Voi cosa pensate quando sentite armi? Pensate alle armi che<br />

hanno questi signori [indica gli sbirri presenti in aula, N.d.A.], pistole potenti che uccidono, mitragliette, fucili<br />

mitragliatori” 578 .<br />

La stessa mattina vengono ascoltati i due agenti della Polstrada di Susa, Favro e Bozzi, che avevano fermato<br />

Silvano e lo avevano invitato a seguirli in caserma, i quali affermano di aver agito su istruzioni della DIGOS di Torino e<br />

che il loro compito si era limitato a condurre l’indagato in caserma; alle domande degli avvocati per chiarire l’episodio<br />

rispondono con una sfilza di “non so”, “non ricordo”, “può essere”.<br />

Uno di loro dichiara di aver notato che il bollo di circolazione posto sull’auto dell’imputato era contraffatto. Poiché<br />

un atto criminoso di tale entità, che solo delle raffinate menti di incalliti terroristi avevano potuto architettare, era<br />

sfuggito alla minuziosa rete di telecamere e intercettazioni ambientali e pedinamenti e controlli vari, Tatangelo si<br />

riserva di aggiungerlo ai capi d’accusa, cosa che farà in un’udienza successiva.<br />

Il PM, non disponendo di prove per giustificare le sue accuse, si attacca ormai ad ogni piccolo reato. Anche in<br />

questa udienza si susseguono scontri verbali tra Giordana e Novaro.<br />

PORTE CHIUSE PER I ROS<br />

“I ROS riescono a mentire persino nelle loro comunicazioni riservate”<br />

(Il ROS è nudo).<br />

Il 5 giugno l’udienza procede a porte chiuse perché i poliziotti ed i carabinieri convocati in qualità di testimoni – per<br />

motivi di sicurezza - non vogliono essere visti in volto.<br />

Un’ispettrice della DIGOS viene chiamata a testimoniare sull’attentato alla cabina elettrica SITAF di Giaglione.<br />

Costei, sebbene abbia firmato numerosi verbali dell’inchiesta, con molta semplicità e virginale candore afferma di non<br />

sapere assolutamente nulla, di non aver svolto indagini ma solo lavoro d’ufficio e quindi di rimettersi a quanto<br />

dichiarato dal suo superiore, cioè il Petronzi.<br />

La difesa, oltre a quest’ultimo, non riuscirà a interrogare nessun agente DIGOS che si è occupato delle indagini<br />

relative agli attentati.<br />

E’ poi la volta di un altro ispettore DIGOS, Ignazio Tartaglia, che testimonia sui volantini affibbiati a Silvano. Il<br />

poliziotto sostiene che, dalla postazione di osservazione nella quale si trovava (non essendovi ripari per nascondersi in<br />

prossimità del luogo dove erano ubicati i famigerati volantini), non ha potuto vedere l’imputato raccoglierli, ma di aver<br />

dedotto che solo lui poteva averli presi, perché solamente lui sarebbe passato da lì in quel lasso di tempo. Di più non<br />

dice, alle obiezioni degli avvocati si limita a vari “non saprei” “non ho visto” “non è di mia competenza”.<br />

Appena uscito dalla caserma, Silvano aveva incontrato nel parcheggio antistante una persona anziana, un amico di<br />

suo padre, con il quale si era intrattenuto a chiacchierare una decina di minuti. L’ispettore Tartaglia, che avrebbe dovuto<br />

sorvegliare le sue mosse, non fa alcun cenno dell’episodio. Senz’altro l’aver incontrato questo signore non può<br />

dimostrare che Silvano non ha raccolto i volantini, ma rappresenta un ulteriore elemento sulle lacune della<br />

577 “Seconda dichiarazione di Silvano Pelissero (Estratto)”, Tuttosquat, n. 13, luglio 1999.<br />

Cfr. “Misteri valsusini 15 anni fa – A Bussoleno, quell’arsenale nel pollaio”, Luna Nuova, 7/5/1996.<br />

578 Ibidem (per la parte relativa ai fascisti e la Lega Nord cfr. il cap. “I colpevoli preconfezionati”).<br />

Cfr. ALBERTO GAINO, “Pelissero, l’anarchico anomalo – Da attacchino missino agli esplosivi”, La Stampa, 5/6/1999. PAOLO VIOTTI, “Con i servizi<br />

non c’entro – Pelissero nega ogni rapporto con gli 007”, La Repubblica, 5/6/1999. GIANNI PACCHIARDO, “Pelissero: sono una vittima – Veemente<br />

autodifesa dell’anarchico Valsusino: Credetemi, non c’entro con quegli attentati”, Luna Nuova, 8/6/1999.<br />

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