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LE SCARPE DEI SUICIDI - Tobia Imperato - Indymedia Piemonte

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“Per chi ha dimenticato, o non ha mai saputo, che viaggiare significa modificare il proprio percorso o le<br />

proprie fermate secondo il proprio umore, il TGV può sembrare un progresso e tanto più indiscutibile poiché la<br />

possibilità di viaggiare realmente è via via impedita da altri progressi della stessa risma. Quel che rimane della<br />

campagna, da cui è stato astratto tutto ciò che non si identifica economicamente e dove non restano che<br />

bistecche a quattro zampe, ettari di prati bonificati, e quote di mammelle, non merita più che essere attraversato<br />

a gran velocità” 201 .<br />

“[…] la proliferazione di una tecnologia autodistruttrice permette di aggirare la contraddizione storica di una<br />

ricchezza perpetuamente confiscata. Di conseguenza, si può descrivere il TGV come un’arma ulteriore<br />

nell’arsenale attraverso cui la società presente combatte le possibilità emancipatrici […]” 202 .<br />

“L’unico interesse generale che meriti essere discusso in questa fine di secolo, è il tentativo di mettere fine al<br />

saccheggio della vita, e non di guadagnare qualche decina di minuti […]. E l’unica crescita che valga la pena<br />

di affermare è quella, qualitativa, dell’esistenza umana, l’unica che permetta di uscire da quest’oscura<br />

preistoria economica. […] Nessuno sfugge al disastro. Anche se non tutti viviamo lungo il percorso del TGV.<br />

Viviamo tutti lungo quello dell’Economia” 203 .<br />

Del resto se il capitalismo, nella sua immensa voracità, non mostra alcuna sensibilità nei confronti degli esseri<br />

umani, che – sempre in nome della civiltà e del progresso - domina, sfrutta, avvelena, affama, espone a rischi mortali,<br />

massacra in continue guerre, perché mai dovrebbe porsi degli scrupoli nei confronti degli animali, della vegetazione o<br />

del paesaggio?<br />

Comunque, al di là delle valutazioni etiche di chi come noi pensa che la vita dell’uomo sulla terra dovrebbe<br />

svolgersi in piena armonia con la natura, il progetto TAV (nato in Italia nel 1991 con la costituzione dell’omonima<br />

società) è un non senso anche sul piano del profitto che dovrebbe stare alla base di ogni investimento capitalista: si<br />

tratta infatti di una grossa bufala, spinta da politici foraggiati da vari gruppi finanziari (tra cui la FIAT fa la parte del<br />

leone), per mungere le casse dello Stato e spremere i piccoli risparmiatori che tentano di aumentare il proprio gruzzolo<br />

puntando alla roulette truccata del gran capitale. Il rapporto che esiste tra investimenti e futuri guadagni, determinati dal<br />

numero dei possibili utenti dell’alta velocità, è decisamente sfavorevole.<br />

“[…] critiche sono state fatte a suo tempo alla concessionaria TAV, società a capitale misto pubblico (40 %) e<br />

privato (60 %). Sotto accusa la filosofia di fondo del progetto: il tanto reclamizzato limitato peso sul bilancio<br />

dello Stato. Da un lato, il contributo effettivo dello Stato va al di là del 40 % reso pubblico. Al conto bisogna<br />

aggiungere gli interessi sui mutui contratti dalla concessionaria, il materiale rotabile pagato interamente dalle<br />

FS, la manutenzione delle linee, i nodi, le stazioni, e il loro utilizzo per i treni. Secondo stime attendibili il<br />

contributo dello Stato sale intorno al 70 % dell’investimento complessivo. Ma c’è un altro aspetto paradossale,<br />

per la TAV, che in futuro l’alta velocità abbia clienti, cioè che ci siano o no passeggeri sufficienti a ripagare<br />

l’investimento, è assolutamente indifferente. […] Nel contratto di concessione è previsto che se la domanda si<br />

rivelerà minore del previsto comunque le FS faranno fronte ai debiti della TAV” 204 .<br />

“Nel giudicare economicamente infondata tutta l’impresa ci siamo attenuti al criterio dichiarato del<br />

capitalismo, quello per cui è accettabile qualunque investimento che comporti un profitto superiore o almeno<br />

uguale a quello medio. Non ci siamo affidati a considerazioni etiche, o a modelli di vita e di sviluppo<br />

alternativo. La peculiarità di questa vicenda è che ci si trova davanti al mistero di persone che hanno<br />

apparentemente programmato un disastro economico, sapendo perfettamente di farlo. Per capire, è sufficiente<br />

sostituire la regola del capitalismo teorico a quella del capitalismo reale, la quale dice, più o meno: è<br />

accettabile qualsiasi disastro economico purché le perdite siano addossate all’intera comunità, e i guadagni<br />

rimangano nelle mani di chi gestisce l’operazione. Il che, per dirla tutta, non è una grande novità. Ma in questo<br />

caso l’applicazione del principio è stata veramente grandiosa, lo schieramento di forze che l’ha sostenuta nuovo<br />

e impressionante, e il cambiamento di regole che l’iniziativa ha comportato tale da modificare strutturalmente i<br />

lineamenti del diritto” 205 .<br />

Le leve di questo vasto meccanismo che è il progetto TAV sono naturalmente in mani molto potenti che non si<br />

cureranno certo né degli elevati danni al territorio né di quelli causati alle persone che in questo territorio vivono.<br />

“[…] si tratta di una truffa. […] Nella architettura finanziaria prevista sulla carta il 40 % [del finanziamento…]<br />

veniva messo a disposizione dallo Stato a fondo perduto […]; il rimanente doveva essere reperito dai privati.<br />

Ma nessuno presta cifre di decine e decine di migliaia di miliardi a una società, la TAV, con appena un capitale<br />

di 140 miliardi, perché manca qualsiasi garanzia di restituzione. Qui il colpo di genio. I soldi saranno dei<br />

201<br />

Treni ad alta nocività, cit., p. 17 (TGV - Train à Grande Vitesse - è l’equivalente francese del TAV).<br />

Sul concetto di velocità cfr. IVAN ILLICH, “Prigionieri della velocità”, Libertaria, n. 4, ottobre-dicembre 2001. THOMAS HYLLAND ERIKSEN, Tempo<br />

tiranno – Velocità e lentezza nell’era dell’informatica, Edizioni Elèuthera, Milano, 2003.<br />

202<br />

Treni ad alta nocività, cit., p. 19.<br />

203<br />

Ibidem, p. 25.<br />

204<br />

MARCO D’AURIA, “FS/ladri con pedigree per treni superveloci”, Avvenimenti, 2/10/1996, p. 22.<br />

205<br />

CLAUDIO CANCELLI, “L’alta velocità: borghesia di Stato, sistema di partiti, costi per i lavoratori”, Sindacalismo di Base, n. 7, settembre 1998,<br />

pp. 41-42 (l’articolo è riprodotto in Alta velocità - Breve storia di una inutile nocività e di un progetto per Torino e la Valsusa, Istrice<br />

Autoproduzioni, Torino, 2001).<br />

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