LE SCARPE DEI SUICIDI - Tobia Imperato - Indymedia Piemonte
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Il primo è la difesa dell’illegalità. Secondo i nostri anonimi strateghi della lotta sociale 735 non si può essere innocenti<br />
di un’accusa di reato (la classica montatura) e al tempo stesso condividere le motivazioni di chi compie quel tipo di<br />
reato. Questa è un’assurdità, sia sul piano logico che giuridico. Una persona è sempre e comunque innocente di un reato<br />
se non lo ha commesso, a prescindere delle sue opinioni in merito (o di quelle dei suoi compagni). Se non si ha chiaro<br />
ciò non si fa altro che portare acqua al mulino della magistratura, che vorrebbe costruire le proprie inchieste non su fatti<br />
concreti ma solo sulle opinioni degli imputati (“non ti sei dissociato, perciò condividi questo tipo di azioni, quindi e<br />
giusto che paghi, anche se non ne sei stato l’esecutore materiale”, vedi gli arresti dei presunti Black Bloc del G8 operati<br />
dalla magistratura genovese e le allucinanti elucubrazioni sul “concorso psichico”, contenute nelle motivazioni).<br />
Altro elemento di ambiguità degli squatter sarebbe il rifiuto di rapportarsi con le istituzioni. Secondo i tardo-leninisti<br />
della colonna torinese del Luther Blissett Project si può andare tranquillamente a braccetto con sindaci ed assessori,<br />
magari anche con sbirri e magistrati, senza perdere la faccia perché “nessuno nella storia dei movimenti sociali radicali<br />
ha mai misurato il grado di radicalità e di sovversione dall’illegalità delle proprie pratiche” 736 . Giro di parole che<br />
dissimula lo slogan “Con ogni mezzo necessario”. Eticamente inaccettabile e ripugnante per qualsiasi libertario, altro<br />
che situazionisti!<br />
A simili baggianate si può rispondere che la legalità o l’illegalità di una pratica è un problema che riguarda solo chi<br />
riconosce allo Stato il diritto di stabilire i confini del lecito. Quanta “radicalità” e quanta “sovversione” possano poi<br />
svilupparsi con la sponsorizzazione delle istituzioni, mi sembra del resto ampiamente dimostrato dai risultati delle<br />
pratiche legalitarie dei disobbedienti (inclusa ovviamente la colonna torinese del Luther Blissett Project) come si sono<br />
sviluppate in quest’ultimo periodo (concertazione con le massime autorità, scontri di piazza simulati d’accordo con le<br />
questure, ecc.).<br />
Come ad altri detrattori, che parlano dall’interno del movimento, in realtà quello che rode agli ignoti Luther Blisset<br />
torinesi - e infatti lo ammettono a chiare lettere - è “l’egemonia culturale della filosofia squatters” 737 .<br />
“In città (in ogni città) c’è una piccola minoranza di persone che non vogliono dialogare, non stanno nella legalità,<br />
non la riconoscono, né riconoscono il valore del dialogo. […] Così a Torino, in una dimensione un po’ particolare<br />
perché fortemente ideologizzati in senso anarchico” 738 .<br />
Peccato - per loro - che nel movimento torinese gli anarchici non siano una “piccola minoranza”!<br />
735 “Lo squatter teme ogni concreta manifestazione di strategia e di arte della guerra”, ibidem., pp. 146<br />
736 Ibidem, p. 164.<br />
737 Ibidem..<br />
738 Ibidem, p. 156.<br />
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