LE SCARPE DEI SUICIDI - Tobia Imperato - Indymedia Piemonte
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se, purtroppo, è lui la vittima designata): non impegnarsi a fondo su questa vicenda significa non aver compreso<br />
la portata del disegno repressivo in atto, il tentativo di far passare come terrorista chiunque non sia allineato<br />
con lo Stato e le istituzioni, oggi gli squatter, domani i sindacalisti di base (non a caso si è parlato di questa<br />
area in occasione della rinascita delle BR), domani l’altro chiunque dica qualcosa che va contro il conformismo<br />
imperante.<br />
Contro tale disegno avrebbe dovuto battersi con tutte le sue energie, con tutte le sue componenti, un movimento<br />
anarchico che avesse avuto ancora un minimo di vitalità.<br />
Una parte degli anarchici ha mostrato il fianco alla repressione. Laudi e Tatangelo sentitamente<br />
ringraziano” 104 .<br />
Il 22 aprile Silvano, ormai del tutto debilitato dal protrarsi dello sciopero della fame, viene trasferito, per ordine del<br />
ministero dell’interno, al supercarcere di Novara. Qui, uno dei carceri di massima sicurezza in cui le condizioni di vita<br />
sono particolarmente dure, trova la solidarietà di diversi compagni, tra cui Marco Camenisch, col quale stringerà un<br />
rapporto di fraterna amicizia 105 .<br />
Il 29, su pressione dei compagni detenuti che temono per la sua vita, interrompe lo sciopero che dura ormai da 30<br />
giorni e inoltra una nuova istanza per la concessione degli arresti domiciliari, che viene nuovamente respinta 106 .<br />
Il 23 a Rovereto un gruppo di anarchici invade la sede di due giornali locali e vi lancia un sacco di escrementi con il<br />
volantino “Giornalisti, veniamo a restituirvi un po’ della vostra merda” 107 .<br />
Il 25 si tiene un presidio davanti al carcere delle Vallette con la parola d’ordine “Silvano libero - Liberi tutti”.<br />
Il 27 notte, a un mese esatto dalla morte di Baleno, qualcuno bersaglia di uova di vernice colorata il palazzo della<br />
sede torinese dell’ordine dei giornalisti 108 .<br />
Il 28, davanti all’ingresso di Palazzo Nuovo, l’Università di facoltà umanistiche dove Vattimo è docente, si tiene un<br />
incontro tra la sua “portinaia” - un giovane che reciterà tale parte - e il presidente Gonzalo, assistito dal suo “ministro<br />
per la droga”. L’illustre filosofo, teorico del “pensiero molle”, è ridicolizzato tra le risate dei suoi studenti. La DIGOS<br />
ferma il presidente Gonzalo mentre si allontana dall’Ateneo 109 .<br />
CONTINUA LO SCIOPERO DELLA FAME<br />
“Il fatto di essere anarchico negli anni è stato uno stile di vita,<br />
un modo di vivere che mi ha contraddistinto,<br />
ha contraddistinto tutta la mia esistenza”.<br />
Silvano<br />
Il 5 maggio Silvano fa uscire dal carcere di Novara una dichiarazione in cui, oltre a ribadire il suo anarchismo,<br />
riconferma la propria estraneità agli attentati e sabotaggi avvenuti in Val di Susa:<br />
“Confermo e sottolineo di essere anarchico insurrezionalista e individualista. Parlo a nome mio e non a nome di<br />
Soledad e Edoardo. Evidenzio di essere incompatibile con qualunque vostro modo di vivere. Con il sistema del<br />
lavoro salariato e del rispetto della proprietà e della ricchezza in qualsivoglia modo acquisita. Evidenzio di<br />
essere ostile al progetto TAV in Italia come in Francia come in Germania o altrove. Sono ostile al turismo sia<br />
104<br />
“Processo Pelissero”, Tuttosquat, n. 14, 31/12/1999.<br />
Sul Bollettino Interno della FAI (n. 6, 1999) è riprodotto, senza commento, un articolo del Diario della Settimana, in cui sono ripetute diverse<br />
calunnie su Silvano.<br />
“Silvano Pelissero (proprio lui), allora estremista di destra, proprietario del pollaio-arsenale, se la cava con una condanna a 2 anni con la condizionale<br />
grazie a una discussa perizia [?] secondo cui le armi erano inservibili (come avranno fatto a esplodere?). Da allora sparisce. Si dice che si sia trasferito<br />
a Cuneo. Tornerà poi in Valle, ora a incitare la Lega Nord alla lotta armata, ora in veste di anarchico, oggi inquisito dal giudice Maurizio Laudi per le<br />
bombe dell’anno scorso”, LUCA RASTELLO, “I misteri della Val Susa”, Il Diario della Settimana, n. 15, 14-20/4/1999.<br />
105<br />
“Permane in generale la caratteristica del carcere di Novara come una sorta di centro di quel buco nero emergenzialista al servizio di una<br />
cricca totalitaria e terroristica di potere composta da varie parti delle burocrazie giuridiche, militari, politiche e dell’informazione (cioè<br />
disinformazione e manipolazione) mass mediale in larga parte occulta, e dalle leve del potere reale”, da una lettera di Marco Camenisch a Radio<br />
Black Out.<br />
Marco Camenisch è un anarchico elvetico detenuto da molti anni nelle carceri italiane, su cui pesa la condanna a un’altra lunga pena detentiva da<br />
scontare in Svizzera, una volta saldati i conti con la giustizia del nostro paese. Nel 2002 verrà estradato e sottoposto a dure vessazioni nel supercarcere<br />
di Pfäffikon.<br />
Cfr. AA. VV., Rassegnazione è complicità – Il caso Marco Camenisch, Edizioni L’Affranchi, Salorino (CH), 1992. Libertà per Marco Camenisch,<br />
Torino, 2003.<br />
106<br />
“Si insiste […] che noi tre, io Soledad Maria Rosas ed Edoardo Massari, eravamo e siamo (nonostante il suicidio di Edo) ancora un gruppo<br />
organizzato, dotato di strutture e risorse tali da praticare una piccola (o grande a giudicare dagli obiettivi) guerriglia quotidiana, affermazioni dei<br />
giudici del Tribunale della Libertà”, Lettera di Silvano dal carcere di Novara, datata 15/6/1998.<br />
107<br />
Cfr. L’Evasione - Pagine anarchiche, n. 14, maggio 1998, Rovereto (TN) , ora in Ultima fermata, cit., p. 84.<br />
108<br />
Cfr. “Imbrattata la sede del sindacato giornalisti – Squatter ancora in azione”, La Repubblica, 29/4/1998. “Raid degli squatter contro il palazzo<br />
dei giornalisti”, La Stampa, 29/4/1998.<br />
109<br />
Vattimo si era distinto nel denigrare Baleno dopo la sua morte (“Lettera di Vattimo - Massari, una scelta di vita coerente”, cit.) e nello sparare<br />
cazzate dopo il corteo del 4 aprile (ID., “Non c’è molto da capire”, La Stampa, 5/4/1998).<br />
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