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Duplessis, Giorgio, Le meraviglie dell'incisione ... - Toni Pecoraro

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tutte pochissime; più fortunato, il Gabinetto delle stampe di Parigi ne ha più da solo che tutte le altre<br />

collezioni insieme. La stampa di Giuditta ed Oloferne e l'altra di Bacco seduto appiè d'una vigna,<br />

che si vedono in quel Gabinetto, basterebbero da sole, al bisogno, per dare un'alta opinione del<br />

talento di quest'artista; sono queste però le sue più belle, e sono anche interessanti perché provano<br />

che l'autore non conobbe, come la più parte de' suoi contemporanei, le stampe di Alberto Duro,<br />

introdottesi allora in Italia, o che, se le conobbe, non se ne preoccupò punto, e seppe sfuggire<br />

alla loro influenza.<br />

Giulio Campagnola era un dotto, sapea di greco e di latino, e conosceva l'ebraico. Dotto esso pure,<br />

suo padre, s'era per tempo applicato a dargli un'istruzione solida e variata. Mentre si approfondiva<br />

negli studi linguistici, il suo gusto per le arti belle si manifestava con tanta schiettezza di<br />

disposizioni naturali, che uno de' suoi contemporanei, Matteo Rosso, in una lettera ad Ettore<br />

Teofane, non si peritò di scrivere, che le sue opere possono gareggiare con quelle dei grandi maestri<br />

veneziani; che, meglio di qualunque, egli poteva riprodurre una pittura di Mantegna o di Gian<br />

Bellino, e che nei ritratti, nessuno prima di lui ottenne tanta perfetta rassomiglianza dei menomi<br />

lineamenti. <strong>Le</strong>vando la tara dovuta all'esagerazione ammirativa dell'entusiasta Matteo Rosso, amico<br />

di Campagnola , bisogna ammettere che i principii del giovin Giulio fossero brillantissimi. Egli fa<br />

tra gli uomini d'ingegno chiamati alla sua Corte da Ercole di Ferrara, ma non si può asserire che vi<br />

figurasse precisamente come pittore. Nessun quadro col suo nome rimase alla posterità, per<br />

giudicare del suo talento, non restano che alcune stampe da lui firmate, e risparmiate dal tempo.<br />

Queste non spiccano tutte per gli stessi pregi; alcune, ispirate dalle opere di Alberto Duro, sono<br />

curiose per la singolarità dell'imitazione; altre riproducono delle opere che si possono credere<br />

facilmente ispirate da <strong>Giorgio</strong>ne, da Gian Bellino, o da Mantegna, conservano schietto il gusto<br />

particolare a questi artisti, senza darne precisamente la forma rigorosa negli oggetti rappresentati,<br />

sia di figura o d'altro, e mostrano l'incisore che sacrifica alcun poco alle, attrattive del colorito, la<br />

verità assoluta del disegno; altre finalmente, rappresentanti paesaggi tolti dai luoghi da lui abitati,<br />

fanno fede d'uno studio della natura, che non si rivela nelle sue figure, almeno allo stesso grado. È<br />

merito del Campagnola d'essere stato uno dei primi che nell'incisione pensassero a dar conto del<br />

colorito del quadro rappresentato; come è pure tra i primi che usarono le punteggiature più o meno<br />

discoste, pratica che può entro certi limiti, far presentire 1'invenzione futura delle acquetinte.<br />

La parentela di Domenico con Giulio Campagnola, non è bene stabilita, ma è certo che i due<br />

omonimi associarono qualche volta i loro ingegni, e che nell'incisione il Concerto, questi due artisti<br />

lavorarono assieme, aiutandosi l'un l'altro. La collaborazione dei due Campagnola è provata anche<br />

da un disegno rappresentante San Sebastiano. Impaziente troppo di confidare al metallo od alla tela<br />

le sue impressioni, Domenico non cura abbastanza la correttezza delle forme, e non si dà pensiero<br />

alcuno della bellezza; la sua foga lo trascina; benché egli abbia frequentato lo studio di Tiziano, da<br />

certi suoi lavori lo si crederebbe scolaro di un maestro meno castigato; del Tintoretto, per esempio,<br />

perché, come questi, esagera deliberatamente i contorni, e sforza le movenze e le espressioni col<br />

pretesto di accusarle meglio. La gelosia, che alcuni pretesero avesse ispirato coi suoi quadri al<br />

Tiziano, è una favoletta che perde ogni credito guardando i suoi dipinti, nei quali, se per sapiente<br />

lavorio di pennello le lontananze del paesaggio reggono al paragone glorioso con quelle del Tiziano,<br />

recano però sempre qualche deficienza di tocco, mentre i primi piani mancano al confronto di<br />

ampiezza e grandiosità.<br />

Benedetto Montagna, nato a Vicenza, lavorava dal 1505 al 1524. Pittore di grandissima scienza nel<br />

disegno, austera e grandioso nell'espressione, aveva un taglio più pesante di quello del Mocetto e<br />

disegno mene delicato, e fra quelli finora nominati, fu uno dei più influenzati dalle opere di Alberto<br />

Duro. <strong>Le</strong> sue prime stampe, che riproducono le sue pitture, mancano di grazia; ma il Sacrificio di<br />

Abramo, che è la sua incisione più importante, è ben composta ed eseguita con grande abilità, e nel<br />

disegno, mostra più dolcezza che di consueto. <strong>Le</strong> belle prove delle stampe del Montagna sono molto<br />

rare, perché incideva, in un metallo tenero, suscettibile di piccola tiratura, e perché il suo lavoro era<br />

tale che , a lastra stanca, perdeva ogni bellezza.<br />

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