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XIV<br />

no dell’automotive, la subforn<strong>it</strong>ura dell’automobile<br />

e dei trasporti in generale. Hanno ragione per un<br />

fatto evidente quanto oggettivo: se l’Italia è la seconda<br />

industria europea dell’automotive dopo l’immancabile<br />

Germania (diciamo immancabile poiché<br />

qualsiasi classifica relativa alla manifattura vede i<br />

tedeschi sempre al primo posto) Brescia è il secondo<br />

polo <strong>it</strong>aliano dopo Torino. Un complesso che a livello<br />

nazionale comprende qualcosa come 1700 aziende<br />

che danno lavoro a 161mila persone per un fatturato<br />

di 40 miliardi di euro di cui il 18% all’export, nel<br />

quale Brescia gioca un ruolo da comprimario con<br />

300 aziende, 20mila addetti di cui due terzi occupati<br />

in realtà medio-grandi, 7 miliardi di fatturato<br />

il 4% dei quali destinato alla ricerca e innovazione.<br />

Investimento necessario, detto per inciso, se si vuole<br />

stare al passo con gli standard qual<strong>it</strong>ativi imposti<br />

dalla comm<strong>it</strong>tenza, che costringe così il subforn<strong>it</strong>ore<br />

a innovare continuamente: ecco perché, contraria-<br />

Le alleanze<br />

verticali di filiera<br />

al posto<br />

delle alleanze<br />

orizzontali di<br />

prodotto<br />

mente a quanto si può<br />

pensare, l’automotive,<br />

nonostante la sua condizione<br />

subalterna nei<br />

confronti della grande<br />

azienda comm<strong>it</strong>tenti,<br />

investe un punto percentuale<br />

in più rispetto<br />

al 3% della media indu-<br />

Economia<br />

striale <strong>it</strong>aliana. Perché, si chiedono gli industriali<br />

bresciani più avveduti e lungimiranti, non creare<br />

a Brescia un centro di acquisto dell’automotive in<br />

grado di negoziare prezzi delle materie prime più<br />

favorevoli? Un conto è la singola azienda che tratta<br />

l’acquisto di una part<strong>it</strong>a di 1000 tonnellate, un altro<br />

è un buyer che tratta una part<strong>it</strong>a da 1 milione di<br />

tonnellate. Insomma, anche qui l’aggregazione è la<br />

condizione necessaria per la competizione.<br />

non Solo TerZISTI<br />

Subforn<strong>it</strong>ura? Contoterzismo? Contolavorismo? Ma<br />

chi mai ha inventato quel prefisso diminutivo “sub”,<br />

quasi spregiativo e del tutto improprio dal momento<br />

che si riferisce ad una manifattura adulta e rispettata,<br />

“matura” quel tanto che basta per non essere obsoleta,<br />

tuttora compet<strong>it</strong>iva perché estremamente innovativa e<br />

tecnologicamente aggiornata? Ma perché la meccanica<br />

più avanzata deve essere appellata con quel “sub” abusivo<br />

e quasi spregiativo? “Sub” di chi e per chi?<br />

Sub-acqueo e sub-alterno è appropriato, sub-forn<strong>it</strong>ore<br />

molto meno. Ma quali “sub”, quali terzisti, quali<br />

contolavoristi se siamo di fronte al nerbo, al perno,<br />

al nucleo, al nocciolo duro dell’industria meccanica<br />

<strong>it</strong>aliana, uno dei pochi comparti manifatturieri che il<br />

mondo ci invidia e che reggono la competizione con la<br />

Germania e col Sol Levante (due parametri irrinunciabili<br />

per qualsiasi pertinente confronto o qualsivo-<br />

Economia<br />

ettore lonati.<br />

glia attendibile graduatoria industriale)? L’automotive<br />

e tutto l’enorme indotto che ne segue è uno dei<br />

pochi settori che consentono al Belpaese di restare<br />

vivo e vegeto, cioè v<strong>it</strong>ale e compet<strong>it</strong>ivo ossia avere<br />

voce in cap<strong>it</strong>olo nel novero delle potenze industriali<br />

occidentali. Siamo al secondo posto nel vecchio Continente<br />

e al terzo nel mondo, il che significa non essere<br />

spinti alla deriva del sottosviluppo preindustriale<br />

o sospinti verso quella artificiale, volatile e virtuale<br />

cioè immateriale, dello pseudosviluppo postindustriale,<br />

terziario e finanziario. In una parola, parass<strong>it</strong>ario.<br />

FaMIGlIarI non FaMIlISTI<br />

I maggiori player del settore meccanico – Streparava,<br />

Camozzi, Metelli, Omr (Bonometti), Cromodora<br />

(Dallera) e Lonati, per salire fino all’ottone di<br />

Lumezzane e discendere all’acciaio e all’alluminio<br />

dell’hinterland – sono attenti alle sfide future che attendono<br />

le imprese del settore. Prima fra tutte, come<br />

dice la seconda generazione delle c<strong>it</strong>ate dinastie ¬– a<br />

conferma che la struttura familiare, purché non diventi<br />

familismo culturale, può convivere con l’assetto<br />

manageriale – il fare sistema per competere meglio<br />

sui mercati esteri. La meccanica bresciana è oggi<br />

orientata alla innovazione sostenibile. Come dire i<br />

materiali del futuro. Tema affascinante e di grande<br />

interesse oltre che comparto strategico per eccellenza,<br />

quello dei cosiddetti metalli leggeri e più ancora<br />

i metalli rari, settore dove la Cina, per chi non lo<br />

sapesse, è leader mondiale. Tecnologie e impiantistica,<br />

oltre ai nuovi metalli, hanno oggi un posto di<br />

rilievo nella manifattura bresciana. Senza contare i<br />

contesto e contorno dei servizi, la nota “componente<br />

immateriale” che può fare comunque la differenza<br />

nella competizione globale.<br />

VI12 MESI<br />

XV<br />

aGGreGarSI e non DIrSI aDDIo<br />

Non addio ma arrivederci. Nel senso che bisogna aggregarsi<br />

non solo per competere o crescere ma, al<br />

punto in cui sono giunte le cose, per sopravvivere.<br />

Ma il must di un comparto compet<strong>it</strong>ivo come la meccanica<br />

bresciana deve essere quello di saper divulgare<br />

sul piano culturale ciò che per gli addetti ai<br />

lavori è chiaro sul piano professionale. Ci spieghiamo.<br />

Il “secondario avanzato”, cioè i settori produttivi,<br />

deve saper diventare anche evento culturale, non<br />

solo realtà economica; un epifenomeno sociale, non<br />

solo fenomeno industriale. È necessario a tal fine<br />

che la cultura industriale diventi parte integrante di<br />

una moderna accezione di cultura tout court. Comp<strong>it</strong>o<br />

ovviamente non facile ma obiettivo possibile se<br />

affidato ad una comunicazione sapientemente mirata,<br />

saggiamente dosata e attentamente motivata.<br />

Se la manifattura vuole sopravvivere come settore<br />

produttivo e comparto industriale, se vuole insomma<br />

crescere come moderna “cultura” industriale,<br />

deve sapersi trasformare in “civiltà” imprend<strong>it</strong>oriale.<br />

Obiettivo, ripetiamo, quanto mai arduo in un<br />

tempo nel quale l’industria (la old economy, ovvero<br />

la ricchezza senza valore) sembra passata di moda<br />

per fare posto alla finanza (la new economy, ovvero il<br />

valore senza ricchezza). Ma, ripetiamo a conclusione<br />

di tele breve digressione, è meglio la ricchezza reale<br />

senza valore nominale dell’industria che il valore<br />

nominale senza ricchezza reale della finanza. Anche<br />

se la realtà non è così grossolanamente schematica,<br />

poiché è il mercato che decide il valore da assegnare<br />

alla ricchezza o la ricchezza da attribuire al valore,<br />

occorre riaffermare una semplice lapalissiana ver<strong>it</strong>à:<br />

l’industria produce ricchezza, la finanza, creando<br />

valore, la trasferisce.<br />

pierluigi e paolo Streparava.<br />

mArzo 2012

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