[PDF] Atti del convegno - Regione Emilia-Romagna
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le storie che ci rendono felici o che ci fanno soffrire,perché speriamo di trovare<br />
connessioni significative tra un episodio e l’altro. Ma non solo. Noi vogliamo<br />
scoprire in che modo le nostre storie sono intrecciate a quelle degli altri.<br />
Daniel Taylor usa un’espressione che dal mio punto di vista è bellissima. Lui<br />
dice: “Raccontiamo e ascoltiamo storie per rassicurarci,per essere certi di non<br />
essere rimasti soli in casa.”<br />
Quando Richard Sennett, che è uno dei sociologi viventi più intriganti, più<br />
fecondi, insieme a Edgar Morin, a Zygmunt Barman, quando Sennett vuole<br />
spiegarci le trasformazioni <strong>del</strong>la nostra società, quando scrive un saggio fondamentale<br />
che è appunto “L’uomo flessibile”, nel tentativo di analizzare i<br />
nuovi scenari <strong>del</strong> mondo <strong>del</strong> lavoro, l’autore ci racconta la vita di un messicano<br />
immigrato a Chicago negli anni ’40, e ci parla <strong>del</strong>la sua famiglia e di<br />
suo figlio Rico, ormai diventato adulto negli anni ‘90.<br />
La distanza che separa queste biografie dà al lettore il senso degli accadimenti.<br />
In termine tecnico si chiama “sociologia narrativa”e dal mio punto di<br />
vista ha un impatto straordinario su chi legge sia sul piano emotivo che sul<br />
piano cognitivo.<br />
Fare un intervento di comunità significa perseguire un obbiettivo molto<br />
ambizioso. Significa far sì che i cittadini si sentano consapevoli <strong>del</strong>la loro condizione,<br />
e che si sentano responsabili dei cambiamenti che mettono in moto.<br />
I cambiamenti, per essere efficaci, devono funzionare come processi possibili<br />
e desiderabili. Per questo noi abbiamo bisogno di una buona dose di consapevolezza<br />
e di una buona dose di responsabilità.<br />
Questa è l’idea di una cittadinanza attiva, protagonista <strong>del</strong> proprio destino.<br />
Dunque non si può parlare di prostituzione, di sicurezza, di salute pubblica se<br />
non dando spazio alle voci che stanno dentro questi concetti.<br />
Io credo che i comportamenti e le categorie interpretative debbano essere<br />
rappresentati con le voci degli attori sociali: le voci di tutti, le voci <strong>del</strong>le prostitute,<br />
degli sfruttatori, dei giudici, dei mercanti, dei poliziotti, dei preti, dei<br />
cittadini comuni.<br />
Andiamo negli stessi posti ma non vediamo le stesse cose.<br />
Andiamo negli stessi posti e molte cose non vogliamo proprio vederle. Ecco<br />
perché dobbiamo confrontare sguardi diversi. Ecco perché dobbiamo moltiplicare<br />
la possibilità <strong>del</strong> nostro intendere, la possibilità <strong>del</strong> nostro sguardo.<br />
Io credo che qui non sia essenziale ragionare sulle tecniche espressive, ma sul<br />
senso che noi possiamo dare a questi processi comunicativi.<br />
Nel momento in cui cerchiamo di valorizzare i vissuti soggettivi,noi scopriamo<br />
almeno cinque cose.<br />
1. Che spesso le voci a cui diamo asilo, diritto di espressione, sono prigioniere<br />
di luoghi comuni, di aspettative improbabili, di inganni, di pregiudizi, di<br />
visioni parziali.