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[PDF] Atti del convegno - Regione Emilia-Romagna

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E chi sono gli interlocutori privilegiati <strong>del</strong>la nostra comunicazione sociale?<br />

Cioè a chi ci rivolgiamo? Sicuramente alle istituzioni e alle agenzie che hanno<br />

il potere di influenzare il fenomeno prostituzione: la magistratura, la stampa,<br />

i media, le forze <strong>del</strong>l’ordine, i servizi sociali, il sistema educativo. Ma esiste<br />

un’altra variabile che è essenziale. Esiste un altro target, un altro destinatario<br />

irrinunciabile.<br />

Nel gioco terribile tra vittima e persecutore, cioè tra la prostituzione in condizione<br />

di schiavitù e il suo padrone, c’è sempre, comunque, uno spettatore.<br />

C’è sempre comunque un cittadino distratto, disimpegnato, inerte. Colui o<br />

colei che ripetono: “è il mestiere più vecchio <strong>del</strong> mondo”,“la prostituzione c’è<br />

sempre stata e continuerà ad esserci”,”se c’è una domanda non può mancare<br />

un’offerta”, dimenticando che nella stragrande maggioranza dei casi l’offerta<br />

non è libera, ma è un’offerta coatta.<br />

Generalmente quello che io chiamo “lo spettatore”, è una persona che non si<br />

lascia coinvolgere attivamente. È qualcuno che resta freddo, distante quando<br />

qualcun altro chiede aiuto. Lo spettatore mantiene uno sguardo opaco verso<br />

chi ha bisogno di assistenza e protezione.È l’atteggiamento di quel contadino<br />

polacco di Treblinka che con candore dice,quando qualcuno gli chiedeva: ”Ma<br />

scusi, lei non si accorgeva di quello che succedeva a poche centinaia di metri<br />

dal suo campo?”e lui dice: ”Se ti tagli un dito, io non sento niente.”<br />

Questa non è soltanto una prova di cinismo, ma è un’espressione autoassolutoria,<br />

cioè una forma di dissonanza cognitiva con cui noi dobbiamo fare i<br />

conti. È l’atteggiamento per esempio che registriamo spesso sui giornali.<br />

A Napoli, qualche settimana fa, in un cantiere edile dove si lavorava in nero,<br />

un giovane di 26 anni cade, si ferisce mortalmente, e gli altri suoi compagni<br />

scappano, temono per sé e non vogliono essere coinvolti.<br />

Lo spettatore per proteggersi da un coinvolgimento diventa miope nel cuore<br />

e nella mente. Ma lo spettatore, se smette di essere inerte, può influenzare le<br />

conseguenze di una situazione a rischio, accettando di mettersi in gioco. Cioè<br />

lo spettatore può trasformarsi in un cittadino attivo.<br />

Perché questo avvenga, perché questo sia possibile, lo spettatore deve essere<br />

aiutato a vedere e a sentire e inoltre non deve sentirsi solo. Cioè deve sentirsi<br />

in qualche modo approvato e gratificato per la sua azione di sostegno, e in<br />

qualche modo ha bisogno di sentirsi tutelato.<br />

Che cosa favorisce l’azione <strong>del</strong>lo spettatore? Che cosa favorisce il suo senso di<br />

responsabilità? In che modo lui diventa un soggetto solidale? Sicuramente ci<br />

sono alcune variabili: il fatto che lui abbia o non abbia ricevuto un’educazione<br />

appropriata. Cioè come a dire che nel suo iter educativo sia stato valorizzato<br />

l’altruismo o comunque valori morali di solidarietà verso gli altri. Il fatto che<br />

ci sia stato rispetto alla vittima un rapporto pregresso. L’idea che lo spettatore<br />

si rende conto di poter incidere concretamente in una situazione, cioè la con-

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