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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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Perché quella domenica di settembre, san Pacifico, ha<br />

corso seriamente il rischio di tornare in galera in via definitiva.<br />

«Avevo appuntamento con un mio cugino che abita<br />

là. Sto cercando lavoro». E le foto? «Quali foto?» <strong>Mesina</strong><br />

mente su tutta la linea. Neppure una parola si avvicina,<br />

sia pure vagamente, alla verità. Cosa nasconde? L’aspetto<br />

singolare e inquietante è che non sia stato arrestato.<br />

I soldi in valigia erano puliti? «Pulitissimi. Soldi<br />

di un’intervista. L’ho dimostrato, altrimenti sarei uscito<br />

con le manette dalla caserma». Che senso ha tenere dieci<br />

milioni in contanti come bagaglio a mano? «Non mi<br />

fido. La mia casa a Crescentino è una specie di colabrodo.<br />

Circola brutta gente di questi tempi». Meglio far<br />

finta di avere un portafoglio gonfio e portarselo appresso.<br />

Anche se è grande e, in un certo senso, imbarazzante.<br />

Ma coi ladri che ci sono in giro, meglio non fidarsi. E<br />

reggere il colpo di un cugino («cugino in non so che grado»)<br />

che spazza via senza pietà un fragilissimo alibi.<br />

Graziano cercava lavoro da quelle parti? Non gli risulta.<br />

Avevano un appuntamento? Non esattamente. Alle<br />

11 <strong>del</strong> mattino il suo telefono è squillato, sono Graziano<br />

ti devo parlare. Un’ora dopo era da me.<br />

Solo? No, in compagnia di un amico. Giuseppe <strong>Mesina</strong>,<br />

titolare <strong>del</strong>la spaghetteria Mariposa, un passo da<br />

piazza Garibaldi e dunque dal Tribunale, dice di non sapere<br />

nulla a eccezione di una specie di carica dei carabinieri.<br />

Mancava qualche minuto alle 14, i clienti, una<br />

ventina, l’occhio felicemente spento di chi è arrivato alla<br />

frutta dopo un buon pranzo, quando appaiono tre <strong>signor</strong>i<br />

in divisa e, subito dopo, una decina in borghese.<br />

Grosso modo, un carabiniere ogni due avventori. «Il<br />

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mio locale è frequentato da gente rispettabile, mi ha dato<br />

molto fastidio quel che è accaduto». E che è accaduto?<br />

Nulla di grave. Salvo che tutti, nessuno escluso, sono<br />

accuratamente perquisiti. Minuti di tensione, tavolo<br />

per tavolo, vengono fatte aprire borse, controllati portafogli<br />

e documenti. Che c’entrano gli altri clienti col solito<br />

sardo <strong>del</strong> tavolo in fondo? Niente, ma non si sa mai.<br />

Con <strong>Mesina</strong>, che viene <strong>signor</strong>ilmente portato via, la<br />

cautela non è mai troppa.<br />

Mercoledì 14 ottobre 1992, l’imputato ha scarne dichiarazioni<br />

da fare. Esordisce dicendo che la sua vita è<br />

una galera; una galera soltanto un po’ più grande di<br />

quelle che era abituato a frequentare. Non l’aveva messo<br />

in conto, ma le misure restrittive <strong>del</strong>la sorveglianza<br />

speciale sono intollerabili: divieto di uscire da casa prima<br />

<strong>del</strong>le sei <strong>del</strong> mattino, rientro non più tardi <strong>del</strong>le 23 e<br />

ogni giorno firma in caserma o in questura. «D’accordo<br />

non dovevo andare a Parma, ma non ho fatto nulla di<br />

male. Non posso continuare a vivere come se fossi ancora<br />

in carcere. Perciò non fuggo, sto al mio posto.<br />

Non credo che per una sciocchezza come questa possano<br />

decidere di sbattermi nuovamente dentro». <strong>Mesina</strong><br />

finge di non capire che, a parte il fastidio <strong>del</strong>le sue prigioni,<br />

il Tribunale vuole sapere altro: perché aveva<br />

quelle foto? La vicenda dei dieci milioni viene nel frattempo<br />

chiarita. «Danaro che apparteneva legittimamente<br />

all’imputato».<br />

Si tratta, ed è il primo <strong>caso</strong> in Italia, di revocare la<br />

condizionale a un detenuto condannato all’ergastolo.<br />

Per un perverso segno <strong>del</strong> destino, rientrando in carcere<br />

<strong>Mesina</strong> non ha più la possibilità di uscirne, visto che<br />

ha una condanna a vita. Al di là <strong>del</strong>la sorte di un uomo, è<br />

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