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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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co di una ventina di giorni la sua pratica per la grazia<br />

avrebbe ricevuto la spinta finale. Possibile, s’interroga<br />

l’avvocato Passeri, che a un soffio dalla libertà definitiva,<br />

decida di attraversare un vespaio? L’altro mistero,<br />

ammesso che sia corretto definirlo così, riguarda a suo<br />

parere la rottura <strong>del</strong> rapporto tra <strong>Mesina</strong> e il vecchio<br />

difensore, Gabriella Banda. Nella fase immediatamente<br />

successiva all’arresto, quella dei primi interrogatori<br />

nel carcere di Novara, è anche comparso l’avvocato<br />

Giannino Guiso, designato con un telegramma difensore<br />

di fiducia. Avrebbe dovuto lavorare in tandem<br />

con Gabriella Banda. Invece accade qualcosa di singolare:<br />

Guiso assiste a un incontro tra imputato e pubblico<br />

ministero, poi si ritira. A distanza di pochi giorni, fa<br />

lo stesso l’avvocato Banda. Che sulla questione, come<br />

abbiamo già avuto occasione di dire, non intende parlare:<br />

«Il <strong>caso</strong> è chiuso». Rimanda i chiarimenti a un futuro<br />

vago e imprecisato, limitandosi a puntualizzare,<br />

quasi fosse davanti ad allievi che studiano diritto penale,<br />

che un difensore può rinunciare al mandato in qualunque<br />

momento. Perché non nascano dubbi di carattere<br />

personale o privato, rammenta di aver svolto il suo<br />

lavoro con impegno e partecipazione, augura «a Graziano<br />

buona fortuna, ne ha bisogno». Chiude con una<br />

frase enigmatica: «Mi dispiace».<br />

Cos’è accaduto? È uno degli interrogativi di questa<br />

vicenda. Alcuni hanno preso corpo nelle tesi che l’avvocato<br />

Passeri proporrà in Appello. A cominciare dalla<br />

mancanza di un esame dattiloscopico sulle armi. «Possibile<br />

che chi ha un’arma in casa non la maneggi, non la<br />

sfiori, non ne verifichi in qualche modo la funzionalità?»<br />

Deplorevole dimenticanza, nessuno ci ha pensato.<br />

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Poi c’è l’incongruenza <strong>del</strong>le perquisizioni eseguite a ridosso<br />

<strong>del</strong>la visita di giornalisti (e di chiunque altro avesse<br />

voluto approfittare), le piccole preoccupanti manomissioni<br />

a una serratura e a una finestra.<br />

«È tutto, tutto insensato» per un difensore, sia pure<br />

d’ufficio, con la pretesa di voler capire, possibilmente<br />

arrivare alla verità. Certo, resta la terribile prova <strong>del</strong>le<br />

intercettazioni, telefoniche e ambientali. <strong>Mesina</strong> ha detto<br />

che qualcuno ha imitato la sua voce. Ammesso che sia<br />

vero (ma non è possibile a meno che non si voglia sconfinare<br />

ai limiti <strong>del</strong>le conoscenze tecnologiche), potrebbe<br />

essere accaduto solo per le intercettazioni sul telefono.<br />

Ma che dire di quelle ambientali, cioè <strong>del</strong>le “pulci”<br />

nascoste nella villetta di San Marzanotto? Registrare<br />

dialoghi familiari e successivamente sovrapporre voci<br />

diverse per irrobustire il castello <strong>del</strong>l’accusa è impensabile,<br />

un’operazione che metterebbe in difficoltà perfino<br />

gli eroi polizieschi d’un romanzo.<br />

Tutto questo non impedisce di avvistare qualche<br />

nebbia. Domenico Anfossi, altro protagonista <strong>del</strong> processo,<br />

è stato sottoposto a perizia psichiatrica e dichiarato<br />

sano di mente. La sua, hanno detto i medici, è una<br />

personalità di tipo schizoide ma questo non ne altera<br />

l’attendibilità né la fondatezza <strong>del</strong>le deposizioni.<br />

Mettendo insieme tutti questi elementi, viene da<br />

pensare che nei suoi diciotto mesi di libertà Graziano<br />

<strong>Mesina</strong> abbia cercato inconsciamente di tornare in prigione:<br />

prima rischiando di bruciarsi (e difatti s’è bruciato)<br />

col sequestro Kassam e, subito dopo, con la storia<br />

<strong>del</strong>le armi ad Asti. Troppe domande restano senza risposta,<br />

sospese sul filo <strong>del</strong>la imperscrutabilità <strong>del</strong>l’anima<br />

o di qualcosa che le somiglia. La logica non aiuta a<br />

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